CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 9 settembre 2015 ( 1 )

Causa C‑115/14

RegioPost GmbH & Co. KG

contro

Stadt Landau

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberlandesgericht Koblenz (Germania)]

«Situazione puramente interna — Identità nazionale — Articolo 4, paragrafo 2, TUE — Libera prestazione dei servizi — Articolo 56 TFUE — Direttiva 96/71/CE — Articolo 3, paragrafo 1 — Direttiva 2004/18/CE — Articolo 26 — Appalti pubblici — Servizi postali — Normativa nazionale che impone agli offerenti e ai loro subappaltatori di impegnarsi a corrispondere un salario minimo al personale che esegue le prestazioni oggetto dell’appalto pubblico»

I – Introduzione

1.

Ci si chiede se, nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, un’amministrazione aggiudicatrice di uno Stato membro sia autorizzata, con riguardo alle disposizioni del diritto dell’Unione, ad esigere che gli offerenti e i loro subappaltatori si impegnino a corrispondere il salario orario minimo legale al personale che sarà incaricato di eseguire le prestazioni oggetto di tale appalto.

2.

È questo, in sostanza, il fulcro delle questioni sottoposte dall’Oberlandesgericht Koblenz (Germania) nell’ambito di una controversia tra la RegioPost GmbH & Co. KG (in prosieguo: la «RegioPost»), un fornitore di servizi postali, e la Stadt Landau in der Pfalz, un comune situato nel Land Rheinland‑Pfalz.

3.

Tale problematica, che la Corte ha già affrontato nelle cause che hanno dato origine alle sentenze Rüffert (C‑346/06, EU:C:2008:189) e Bundesdruckerei (C‑549/13, EU:C:2014:2235), in circostanze di diritto e di fatto tuttavia diverse, richiede, in sostanza, di interpretare le disposizioni della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi ( 2 ) e l’articolo 56 TFUE in materia di libera prestazione di servizi.

4.

Dalla decisione di rinvio emerge che, il 23 aprile 2013, la Stadt Landau in der Pfalz ha indetto, a livello europeo, una gara d’appalto, avente ad oggetto un appalto pubblico relativo ai servizi postali di detta città, suddiviso in due lotti.

5.

È pacifico che, all’epoca dei fatti oggetto del procedimento principale, non esistevano in Germania né un salario minimo generale, posto che quest’ultimo è stato introdotto, alla tariffa oraria di EUR 8,50 (lordi) solo dal 1o gennaio 2015, né un contratto collettivo di applicazione generale obbligatoria applicabile ai rapporti e alle condizioni di lavoro nel settore dei servizi postali.

6.

Ciò premesso, conformemente alle indicazioni del bando di gara indetto dalla Stadt Landau in der Pfalz relative alla «capacità economica e finanziaria» dell’aggiudicatario, quest’ultimo doveva rispettare le disposizioni della legge del Land Rheinland‑Pfalz, del 1o dicembre 2010, relativa alla garanzia del rispetto dei contratti collettivi e del salario minimo nell’aggiudicazione degli appalti pubblici [Landesgesetz zur Gewährleistung von Tariftreue und Mindestentgelt bei öffentlichen Auftragsvergaben (Landestariftreuegesetz); in prosieguo: la «LTTG»].

7.

L’articolo 1 della LTTG enuncia che tale legge mira a lottare contro le distorsioni della concorrenza, nell’ambito dell’aggiudicazione degli appalti pubblici, che derivano dall’utilizzo di personale con basso salario e a ridurre gli oneri per i regimi di previdenza sociale. L’amministrazione aggiudicatrice può pertanto aggiudicare appalti pubblici unicamente a imprese che corrispondono ai loro dipendenti il salario minimo previsto dalla legge.

8.

L’articolo 3, paragrafo 1, della LTTG precisa che gli appalti pubblici possono essere aggiudicati solo alle società che, all’atto della presentazione dell’offerta, si impegnino per iscritto a corrispondere al loro personale, per l’esecuzione della prestazione, un salario di almeno EUR 8,50 (lordi) all’ora (salario minimo) e ad applicare, a favore dei dipendenti, durante l’esecuzione, le modifiche del salario minimo. All’epoca dei fatti oggetto del procedimento principale, a norma della procedura prevista all’articolo 3, paragrafo 2, della LTTG, il salario orario minimo di cui all’articolo 3 della LTTG è stato elevato a EUR 8,70 (lordi) mediante regolamento del governo del Land Rheinland‑Pfalz. Inoltre, l’articolo 3, paragrafo 1, della LTTG aggiunge che, in assenza della dichiarazione relativa al salario minimo all’atto della presentazione dell’offerta e nel caso in cui essa non sia presentata neppure dopo una richiesta in tal senso, l’offerta non viene valutata.

9.

Il capitolato d’oneri dell’appalto in questione conteneva una «dichiarazione modello» ai sensi dell’articolo 3 della LTTG che invitava gli offerenti a fornire, all’atto della presentazione della loro offerta, una propria dichiarazione relativa al rispetto del salario minimo e alcune dichiarazioni a nome dei loro subappaltatori.

10.

Il 16 maggio 2013 la RegioPost ha affermato che le dichiarazioni relative al salario minimo di cui all’articolo 3 della LTTG erano contrarie al diritto degli appalti pubblici. Essa ha allegato alla propria offerta, presentata entro il termine stabilito, alcune dichiarazioni dei subappaltatori predisposte dagli stessi, senza tuttavia presentarne una per sé.

11.

Il 25 giugno 2013 la Stadt Landau in der Pfalz ha concesso alla RegioPost la possibilità di produrre, a posteriori, nel termine di quattordici giorni, le dichiarazioni relative al salario minimo di cui all’articolo 3 della LTTG, indicando al contempo che avrebbe escluso l’offerta della RegioPost qualora quest’ultima non avesse dato seguito a tale richiesta.

12.

Il 27 giugno 2013, senza aver prodotto le dichiarazioni richieste dall’amministrazione aggiudicatrice, la RegioPost ha ribadito le proprie censure e ha annunciato che, in caso di esclusione della sua offerta, avrebbe presentato un ricorso.

13.

L’11 luglio 2013 l’amministrazione aggiudicatrice ha comunicato alla RegioPost che la sua offerta non poteva essere valutata in assenza delle dichiarazioni richieste. In tale sede essa ha indicato che i due lotti dell’appalto in questione sarebbero stati aggiudicati, rispettivamente, alla PostCon Deutschland GmbB e alla Deutsche Post AG.

14.

Il 23 ottobre 2013 la Vergabekammer Rheinland-Pfalz (organo competente in materia di appalti pubblici del Land Rheinland‑Pfalz) ha respinto il ricorso presentato dalla RegioPost, ritenendo, in particolare, che l’offerta di quest’ultima fosse stata correttamente esclusa a motivo dell’assenza delle dichiarazioni relative al salario minimo che erano state legittimamente richieste dall’amministrazione aggiudicatrice.

15.

Investito della controversia in appello, il giudice del rinvio ritiene che la soluzione di quest’ultima dipenda dalla soluzione della questione se l’articolo 3 della LTTG sia compatibile con il diritto dell’Unione.

16.

Più in particolare, esso ritiene che l’articolo 3 della LTTG contiene una «condizione particolare in merito all’esecuzione dell’appalto» che si basa su talune «considerazioni sociali» ai sensi dell’articolo 26 della direttiva 2004/18, condizione che sarebbe lecita solo ove fosse compatibile con le disposizioni del diritto dell’Unione relative alla libera prestazione dei servizi.

17.

Orbene, il giudice del rinvio ritiene di non essere in grado di verificare tale compatibilità, anche tenendo conto della giurisprudenza della Corte, in particolare della sentenza Rüffert (C‑346/06, EU:C:2008:189).

18.

Per quanto concerne la compatibilità dell’articolo 3 della LTTG con l’articolo 56, primo comma, TFUE, il giudice del rinvio osserva che l’obbligo, per le imprese stabilite in altri Stati membri, di adattare i salari corrisposti ai loro dipendenti al livello di remunerazione, normalmente più elevato, applicabile nel luogo di esecuzione dell’appalto in Germania, fa perdere a tali imprese un vantaggio concorrenziale. Di conseguenza, l’obbligo previsto dall’articolo 3 della LTTG costituirebbe un ostacolo vietato, in linea di principio, dall’articolo 56, primo comma, TFUE.

19.

Il giudice del rinvio ritiene che, nondimeno, il diritto dell’Unione non osterebbe all’applicazione dell’articolo 3 della LTTG alle predette imprese ove si constatasse che le condizioni d’applicazione dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi ( 3 ) erano soddisfatte.

20.

Esso nutre tuttavia dubbi al riguardo.

21.

Da un lato, il giudice del rinvio rileva che, sebbene l’articolo 3 della LTTG costituisca in effetti una disposizione legislativa che stabilisce essa stessa la tariffa minima salariale, tale disposizione non garantirebbe a tutto il personale impiegato dagli aggiudicatari il pagamento di un siffatto salario. Essa si limiterebbe, infatti, a vietare alle amministrazioni aggiudicatrici di aggiudicare un appalto pubblico ad offerenti che non si impegnino a corrispondere il salario minimo ai soli lavoratori impiegati per l’esecuzione di tale appalto.

22.

Dall’altro, il giudice del rinvio sottolinea che l’obbligo previsto dall’articolo 3 della LTTG si applica solo agli appalti pubblici e non all’esecuzione di appalti privati. Orbene, un lavoratore impiegato per l’esecuzione di un siffatto appalto non sarebbe meno meritevole di tutela sociale rispetto a un lavoratore che esegue un appalto pubblico. A tal riguardo, il giudice del rinvio osserva che l’applicazione della sentenza Rüffert (C‑346/06, EU:C:2008:189) in una situazione come quella in esame nel procedimento principale sarebbe oggetto di dibattito in Germania. Inoltre, il giudice del rinvio manifesta seri dubbi in merito alla tesi secondo la quale il requisito di un’applicazione generale di una tariffa minima salariale a tutti i tipi di appalto in questione sarebbe limitato solo alla situazione, all’origine della sentenza Rüffert, in cui detta tariffa sia stabilita mediante contratti collettivi e non mediante disposizioni legislative.

23.

Infine, qualora si concludesse per la compatibilità del requisito stabilito dall’articolo 3 della LTTG con l’articolo 56 TFUE, secondo il giudice del rinvio occorrerebbe poi interrogarsi sulla compatibilità della sanzione prevista dall’articolo 3 della LTTG, ossia dell’esclusione dell’offerente dalla partecipazione alla procedura di aggiudicazione dell’appalto, con l’articolo 26 della direttiva 2004/18. In particolare, il giudice del rinvio esprime i propri dubbi sulla questione se la condizione di cui all’articolo 3 della LTTG possa essere qualificata come criterio di selezione qualitativo, la cui inosservanza potrebbe giustificare l’esclusione di un offerente. Inoltre, esso osserva che la sanzione prevista all’articolo 3 della LTTG è inutile poiché l’aggiudicatario sarebbe contrattualmente tenuto a corrispondere il salario minimo legale una volta concluso l’appalto, posto che l’inadempimento di tale obbligo è soggetto a una penale prevista all’articolo 7 della LTTG.

24.

In tale contesto, il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 56, primo comma, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 96/71, debba essere interpretato nel senso che osta ad una norma nazionale che imponga ad un ente pubblico aggiudicatore di attribuire appalti esclusivamente alle imprese, e ai loro subappaltatori, che, all’atto della presentazione dell’offerta, si impegnino per iscritto a corrispondere ai propri dipendenti, impiegati per l’esecuzione del contratto, un salario minimo fissato dallo Stato solo per gli appalti pubblici ma non per quelli privati, qualora non siano previsti né un salario minimo legale di applicazione generale, né un contratto collettivo di applicazione generale vincolante per i potenziali aggiudicatari ed eventuali subappaltatori.

2)

In caso di soluzione negativa della prima questione:

se il diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici, in particolare l’articolo 26 della direttiva 2004/18, debba essere interpretato nel senso che osta ad una norma nazionale, come l’articolo 3, paragrafo 1, terza frase, della LTTG, che prevede l’esclusione obbligatoria di un’offerta nel caso in cui un operatore economico non abbia assunto, già all’atto della presentazione dell’offerta, mediante dichiarazione separata, un obbligo di fare al quale, in caso di aggiudicazione, sarebbe tenuto contrattualmente, anche in mancanza di tale dichiarazione».

25.

Tali questioni sono state oggetto di osservazioni scritte della Stadt Landau in der Pfalz, della Deutsche Post AG, del governo tedesco, danese, italiano, austriaco e norvegese nonché della Commissione europea. Fatti salvi il governo italiano e il governo austriaco, dette parti e la RegioPost hanno presentato osservazioni orali all’udienza del 29 aprile 2015.

II – Analisi

A – Sulla prima questione pregiudiziale

26.

Con la prima questione, il giudice del rinvio interroga la Corte sulla compatibilità con l’articolo 56 TFUE e con l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 96/71 di una normativa adottata da un ente federale di uno Stato membro che obbliga gli offerenti e i loro subappaltatori a impegnarsi, mediante una dichiarazione scritta da allegare alla loro offerta, a corrispondere al personale che sarà incaricato di eseguire le prestazioni oggetto di un appalto pubblico un salario orario minimo pari ad EUR 8,70 (lordi), stabilito dalla predetta normativa.

1. Sulla competenza della Corte

27.

La Stadt Landau in der Pfalz, il governo tedesco e il governo italiano sostengono che, essendo tutti gli elementi di cui al procedimento principale circoscritti all’interno della Repubblica federale di Germania, non occorre rispondere a tale questione, poiché le disposizioni del diritto dell’Unione sulla libera prestazione dei servizi non sarebbero applicabili a un caso di questo tipo.

28.

Siffatto argomento, a mio avviso, non può essere accolto.

29.

Certamente, come risulta dalla decisione di rinvio, tutte le imprese che hanno partecipato alla procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico in questione hanno la propria sede in Germania, detto appalto è eseguito nel territorio tedesco, e, inoltre, non risulta da alcun elemento del fascicolo che imprese subappaltatrici aventi sede nel territorio di altri Stati membri siano state chiamate a partecipare all’esecuzione del suddetto appalto.

30.

È altresì vero che le disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi non sono applicabili ad attività i cui elementi rilevanti, nel loro complesso, si collocano all’interno di un solo Stato membro ( 4 ).

31.

Tuttavia, la Corte si ritiene competente a statuire su questioni che vertono, in particolare, sull’interpretazione delle disposizioni del Trattato relative alle libertà fondamentali in fattispecie nelle quali tutti gli elementi sono circoscritti a un solo Stato membro in tre casi: qualora non si possa «affatto escludere» che cittadini di altri Stati membri possano, in situazioni simili, trovarsi ad essere assoggettati alle misure nazionali controverse dello Stato membro in questione nell’esercizio di una delle predette libertà ( 5 ), qualora il diritto interno vieti le discriminazioni cosiddette «alla rovescia» ( 6 ) e/o qualora, per risolvere una controversia puramente interna, il diritto interno rinvii, in linea di principio in modo «diretto e incondizionato», alle norme del diritto dell’Unione ( 7 ).

32.

Nell’ambito del primo orientamento giurisprudenziale appena menzionato, la Corte ha precisato, nelle sentenze Venturini e a. nonché Sokoll-Seebacher, di essere competente a statuire in merito a questioni pregiudiziali che, malgrado il carattere puramente interno delle situazioni all’origine delle stesse questioni, riguardavano la compatibilità con la libertà di stabilimento garantita dal Trattato di normative nazionali che erano idonee a produrre effetti non circoscritti a un solo Stato membro. Infatti, in tali casi, non si poteva «affatto escludere» che cittadini di altri Stati membri fossero stati o fossero interessati ad avvalersi della libertà fondamentale considerata nelle predette cause ( 8 ).

33.

Al di là della situazione particolare oggetto del procedimento principale, la Corte sembra quindi concentrarsi sulla verifica se, in ragione del suo oggetto o della sua stessa natura, la misura nazionale in esame possa produrre effetti transfrontalieri. In caso affermativo, la Corte accetterà di rispondere alle questioni che le sono sottoposte.

34.

Tale giurisprudenza può essere trasposta alla presente causa.

35.

La LTTG ha lo scopo di imporre agli aggiudicatari di appalti pubblici organizzati dagli enti aggiudicatori del Land Rheinland‑Pfalz il rispetto del salario minimo stabilito da detto Land, nell’esecuzione di tali appalti. L’articolo 3 della LTTG obbliga ciascuno degli offerenti nonché i loro eventuali subappaltatori, indipendentemente dalla loro nazionalità o dal luogo della loro residenza, a impegnarsi per iscritto, all’atto della presentazione dell’offerta, a rispettare il predetto salario minimo nel caso in cui l’appalto sia loro infine aggiudicato. La LTTG, in quanto tale, può quindi produrre effetti al di là del territorio tedesco poiché i requisiti previsti da tale legge si applicano indistintamente a tutte le gare d’appalto, incluse quelle a livello dell’Unione europea, indette dagli enti aggiudicatori del Land Rheinland‑Pfalz.

36.

Tale era, del resto, la situazione al momento della gara d’appalto all’origine del procedimento principale. Infatti, come emerge dal fascicolo trasmesso dal giudice del rinvio e com’è stato confermato in udienza dalla Stadt Landau in der Pfalz, l’appalto pubblico in questione è stato indetto a livello dell’Unione e il suo valore stimato eccede ampiamente la soglia di EUR 200000 prevista all’articolo 7, lettera b), della direttiva 2004/18, applicabile, al momento dei fatti oggetto del procedimento principale, agli appalti pubblici di servizi ( 9 ).

37.

Non può quindi affatto escludersi che, al momento della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, tale gara d’appalto abbia potuto interessare un dato numero di imprese stabilite in alcuni Stati membri diversi dalla Germania, ma che dette imprese non abbiano alla fine partecipato alla procedura di aggiudicazione per ragioni che possono essere connesse ai requisiti previsti dall’articolo 3 della LTTG.

38.

Ma è soprattutto il collegamento del procedimento principale alle disposizioni della direttiva 2004/18, la cui applicabilità è indubbia, che mi induce a ritenere che occorra respingere l’eccezione di incompetenza o di irricevibilità sollevata dalla Stadt Landau in der Pfalz e dal governo tedesco e italiano ( 10 ).

39.

Come giustamente rilevato dal giudice del rinvio, l’articolo 26 di tale direttiva attribuisce alle amministrazioni aggiudicatrici il diritto di «esigere condizioni particolari in merito all’esecuzione dell’appalto», che possono includere «considerazioni sociali», purché esse siano precisate nel bando di gara o nel capitolato d’oneri e siano «compatibili con il diritto [dell’Unione]».

40.

Il rinvio in tal modo operato dall’articolo 26 della direttiva 2004/18 alle disposizioni del diritto dell’Unione significa che le condizioni relative al rispetto di una tariffa minima salariale previste all’articolo 3 della LTTG, che sono connesse all’esecuzione dell’appalto pubblico, devono essere compatibili con le predette disposizioni, quindi anche con la libera prestazione dei servizi garantita dal Trattato.

41.

Inoltre, come già statuito dalla Corte, l’obbligo del rispetto del principio della parità di trattamento corrisponde all’essenza stessa delle direttive in materia di appalti pubblici, che mirano in particolare a favorire lo sviluppo di una concorrenza effettiva ed enunciano criteri di attribuzione dell’appalto volti a garantire una siffatta concorrenza ( 11 ).

42.

Posto che il giudice del rinvio deve, così come l’amministrazione aggiudicatrice, assicurare che sia garantita la parità di trattamento tra gli offerenti che partecipano a una gara relativa a un appalto rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/18, quest’ultima impone dunque a detto giudice di conformarsi, per le soluzioni da apportare a una situazione puramente interna, alle soluzioni adottate nel diritto dell’Unione, al fine, in particolare, di evitare che vi siano discriminazioni tra gli operatori economici o eventuali distorsioni della concorrenza ( 12 ).

43.

Per tale ragione, in ogni caso, dato che il bando di gara nella causa principale rientra nell’ambito di applicazione delle disposizioni della direttiva 2004/18, mi sembra che siano anzitutto le condizioni di applicazione dell’articolo 26 di quest’ultima che costituiscono, in realtà, l’oggetto dell’interpretazione richiesta dal giudice del rinvio nella sua prima questione pregiudiziale. Quindi, se la prima questione deferita dal giudice del rinvio è riformulata in modo da riguardare l’interpretazione dell’articolo 26 della direttiva 2004/18, la Corte è necessariamente competente a interpretare tale articolo. Infatti, l’applicabilità delle disposizioni della direttiva 2004/18 non dipende da un nesso effettivo con la libera circolazione tra gli Stati membri; tali disposizioni sono rilevanti nel momento in cui l’importo dell’appalto oggetto della causa principale supera la soglia di applicazione di tale direttiva ( 13 ), il che avviene nella causa principale.

44.

In tali circostanze, ritengo che la Corte sia competente a rispondere alla prima questione pregiudiziale deferita dal giudice del rinvio. Come indicato, una siffatta competenza è, a mio avviso, evidente se tale questione deve essere riformulata nel senso che essa riguarda l’interpretazione della portata delle condizioni previste all’articolo 26 della direttiva 2004/18.

2. Nel merito

45.

Alla luce delle precedenti osservazioni sulla riformulazione della questione deferita dal giudice del rinvio, ritengo che quest’ultimo intenda sapere, in sostanza, se l’articolo 26 della direttiva 2004/18 vada interpretato nel senso che esso osta alla normativa di un ente regionale di uno Stato membro che obblighi gli offerenti e i loro subappaltatori ad impegnarsi, mediante una dichiarazione scritta da allegare alla loro offerta, a corrispondere al personale che sarà chiamato a eseguire le prestazioni oggetto di un appalto pubblico un salario orario minimo di EUR 8,70 (lordi), stabilito dalla predetta normativa.

46.

L’articolo 26 della direttiva 2004/18 autorizza le amministrazioni aggiudicatrici a subordinare l’esecuzione dell’appalto pubblico a «condizioni particolari», che possono includere «considerazioni sociali», purché, da un lato, tali condizioni siano precisate nel bando di gara o nel capitolato d’oneri e, dall’altro, siano «compatibili con il diritto [dell’Unione]».

47.

Nella fattispecie, il rispetto da parte dell’aggiudicatario delle disposizioni della LTTG, in particolare dell’articolo 3 di quest’ultima, era chiaramente prescritto sia nel bando di gara sia nel capitolato d’oneri di cui alla causa principale. Peraltro, è indubbio, a mio avviso, che le «considerazioni sociali», di cui all’articolo 26 della direttiva 2004/18, includono il rispetto da parte di un’impresa aggiudicataria e dei suoi eventuali subappaltatori, nell’esecuzione di un appalto pubblico, di una tariffa minima salariale stabilita dalla legge a favore dei lavoratori impiegati per tale mansione.

48.

Il considerando 34 della medesima direttiva conferma che «[d]urante l’esecuzione di un appalto pubblico si applicano le leggi, le regolamentazioni (…), nazionali (…) in vigore in materia di condizioni di lavoro (…), purché tali norme, nonché la loro applicazione, siano conformi al diritto [dell’Unione]» ( 14 ). Il rispetto di una tariffa minima salariale può perfettamente far parte della categoria delle condizioni di lavoro ( 15 ).

49.

Ai sensi dell’articolo 26 della direttiva 2004/18, letto alla luce del considerando 34 di quest’ultima, la possibilità di imporre il rispetto di una siffatta tariffa minima salariale deve comunque essere compatibile con il diritto dell’Unione.

50.

Pertanto, si tratta di verificare se il requisito del rispetto di una tariffa minima salariale nell’esecuzione di un appalto pubblico, come quella in questione nella causa principale, sia compatibile con le disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione.

51.

A tal riguardo, il giudice del rinvio nonché le parti interessate ritengono che un esame siffatto debba anzitutto, se non esclusivamente, essere realizzato alla luce dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 96/71, in quanto tale disposizione disciplina le condizioni di lavoro e di occupazione che gli Stati membri possono esigere da parte di imprese che distacchino lavoratori, temporaneamente, nell’ambito di una prestazione di servizi.

52.

Tale approccio non mi convince.

53.

Ciò perché è pacifico che la causa principale non rientra nell’ambito di alcuna delle misure di distacco di lavoratori di cui all’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 96/71. In particolare, ai fini dell’esecuzione dell’appalto pubblico per il quale essa ha presentato l’offerta, la RegioPost, con sede in Germania, non intendeva né fare appello a uno stabilimento o a un’impresa del proprio gruppo che avrebbe distaccato lavoratori nel territorio tedesco né tantomeno utilizzare i servizi di un’impresa di lavoro temporaneo o di cessione temporanea di lavoratori di un altro Stato membro, beneficiando del distacco di questi ultimi in Germania.

54.

Sotto il profilo dell’applicazione della direttiva 96/71, la situazione all’origine della presente causa non differisce in sostanza da quella che ha dato luogo alla sentenza Bundesdruckerei (C‑549/13, EU:C:2014:2235), nella quale la Corte ha escluso la possibilità di esaminare la compatibilità con le disposizioni di tale direttiva della normativa di un Land tedesco, che imponeva il rispetto, da parte di imprese aggiudicatrici di un appalto pubblico, di una tariffa minima salariale stabilita dalla medesima normativa, in quanto la situazione in esame nel procedimento principale non rientrava in una delle tre misure transnazionali di cui all’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 96/71 ( 16 ).

55.

Infatti, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale in tale causa emergeva che l’impresa Bundesdruckerei intendeva eseguire l’appalto pubblico in questione (che riguardava la digitalizzazione di documenti e la conversione di dati a favore di un comune tedesco) non già mediante il distacco di lavoratori nel territorio tedesco, bensì affidandolo a lavoratori di una delle sue controllate stabilita nel territorio di un altro Stato membro, ossia la Polonia ( 17 ).

56.

In altri termini, secondo il ragionamento della Corte, sebbene si trattasse di una situazione transnazionale, quest’ultima non implicava il trasferimento, in via temporanea, di lavoratori nel territorio tedesco per la prestazione dei servizi in questione.

57.

Si deve inoltre rilevare che, per escludere l’applicazione della direttiva 96/71, la Corte ha prestato attenzione non già alla situazione che si presentava al momento in cui l’amministrazione aggiudicatrice ha indetto il proprio bando di gara a livello dell’Unione europea, momento in cui poteva ancora essere eseguito un distacco di lavoratori nel territorio tedesco, bensì alla situazione specifica dell’impresa Bundesdruckerei, all’origine del rinvio pregiudiziale.

58.

La Corte ha quindi dedotto da tali circostanze che solo l’interpretazione dell’articolo 56 TFUE era rilevante nella causa Bundesdruckerei (C‑549/13, EU:C:2014:2235, punto 29).

59.

Tale deve altresì essere, a mio avviso, l’approccio che occorre adottare nella presente causa.

60.

Pertanto, in una situazione come quella oggetto della causa principale, ritengo che il rinvio operato dall’articolo 26 della direttiva 2004/18 al diritto dell’Unione riguardi esclusivamente l’articolo 56 TFUE.

61.

Quanto alla verifica della compatibilità di una norma di diritto nazionale, come l’articolo 3 della LTTG, con l’articolo 56 TFUE, essa richiede in sostanza di stabilire se la tariffa minima salariale prevista dalla normativa del Land Rheinland‑Pfalz costituisca una restrizione alla libera prestazione di servizi, che possa essere giustificata dagli obiettivi di lotta contro le distorsioni della concorrenza o di tutela dei lavoratori, come sostenuto dalla Stadt Landau in der Pfalz e dal governo tedesco.

62.

Innanzitutto, alla luce della giurisprudenza della Corte, non vi è alcun dubbio che, esigendo il rispetto di una tariffa minima salariale oraria di EUR 8,70 (lordi) da parte degli aggiudicatari di appalti pubblici e dei loro eventuali subappaltatori, una normativa, come quella del Land Rheinland‑Pfalz, può imporre ai prestatori di servizi con sede in Stati membri diversi dalla Germania, nei quali i salari minimi sono inferiori, un onere economico supplementare, atto ad impedire, ostacolare o rendere meno attraenti l’esecuzione delle loro prestazioni in Germania. Una siffatta misura nazionale è tale da costituire una restrizione ai sensi dell’articolo 56 TFUE ( 18 ).

63.

In secondo luogo, si tratta di verificare se una siffatta misura nazionale possa essere giustificata con riguardo, in particolare, all’obiettivo della tutela dei lavoratori.

64.

A tal riguardo, sia la RegioPost sia la Commissione ritengono, con riferimento, segnatamente, ai punti 29 e 39 della sentenza Rüffert (C‑346/06, EU:C:2008:189), che ciò non si verificherebbe nel caso di specie poiché la tutela concessa dall’articolo 3, paragrafo 1, della LTTG non si estende ai lavoratori impiegati per l’esecuzione di appalti privati.

65.

Non condivido tale posizione.

66.

Nella sentenza Rüffert è stato chiesto alla Corte se fosse compatibile con l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 96/71 e con l’articolo 56 TFUE la normativa di un Land tedesco che esigeva da parte degli aggiudicatari di appalti pubblici nel settore dell’edilizia e dei trasporti pubblici di passeggeri il rispetto, nell’esecuzione dei predetti appalti, della tariffa salariale prevista da un contratto collettivo cui rinviava la normativa del Land in questione.

67.

Con riguardo all’interpretazione della direttiva 96/71 che assume altresì, secondo il ragionamento adottato dalla Corte nella sentenza Rüffert (C‑346/06, EU:C:2008:189), una rilevanza ai fini dell’interpretazione dell’articolo 56 TFUE, si poneva pertanto la questione se il contratto collettivo oggetto di tale causa fosse stato dichiarato di applicazione generale, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva. La Corte ha statuito che ciò non era avvenuto nel caso di specie e che, pertanto, le modalità con cui si stabiliva la tariffa minima salariale previste dalla direttiva 96/71 non erano soddisfatte.

68.

Andando un po’ oltre tale problema ( 19 ) ed esaminando l’effetto generale e vincolante di un contratto collettivo come quello oggetto della presente causa, la Corte ha statuito, al punto 29 della sentenza Rüffert (C‑346/06, EU:C:2008:189), che un effetto del genere non poteva essere constatato poiché, in particolare, la «legislazione» del Land in questione, che rinviava al rispetto della tariffa salariale prevista da tale contratto, «si applica[va] unicamente agli appalti pubblici, e non anche agli appalti privati».

69.

Al punto 39 della sentenza Rüffert (C‑346/06, EU:C:2008:189), punto che si inserisce nel ragionamento «confermativo» della Corte relativo all’articolo 56 TFUE, quest’ultima ha ribadito parola per parola la suddetta valutazione, contenuta al punto 29 della predetta sentenza.

70.

La portata della valutazione di cui ai punti 29 e 39 della sentenza Rüffert deve cionondimeno e ormai essere relativizzata alla luce dell’articolo 26 della direttiva 2004/18, disposizione del tutto nuova nel diritto dell’Unione degli appalti pubblici e che non era applicabile al momento dei fatti all’origine della predetta sentenza ( 20 ).

71.

Come già indicato, l’articolo 26 della direttiva 2004/18 autorizza gli Stati membri a esigere da parte degli aggiudicatari di appalti pubblici il rispetto di condizioni particolari, ivi incluse le condizioni di lavoro, nell’esecuzione di tali appalti. Al fine di mantenere un effetto utile per tale autorizzazione, gli Stati membri devono essere autorizzati, a mio avviso, ad adottare disposizioni legislative, regolamentari o amministrative che stabiliscano condizioni di lavoro, ivi compresa una tariffa minima salariale, nel contesto specifico degli appalti pubblici, a favore dei lavoratori che forniscono servizi per l’esecuzione di tali appalti.

72.

È evidente che, nell’esercizio di tale competenza, gli Stati membri e le amministrazioni aggiudicatrici devono garantire il rispetto dei principi di trasparenza e non discriminazione, quali risultano dall’articolo 26 della direttiva 2004/18 con riferimento al diritto dell’Unione.

73.

Tuttavia, l’esercizio di tale competenza non può, a mio avviso, essere subordinato al fatto che le condizioni di lavoro interessate, come, nella fattispecie, la tariffa minima salariale, siano altresì applicabili ai lavoratori che eseguono appalti privati. Se così fosse, allora tali condizioni perderebbero la loro qualità di «condizioni particolari» ai sensi dell’articolo 26 della direttiva 2004/18. Inoltre, imporre una siffatta estensione all’esecuzione di appalti privati determinerebbe, in fine, l’obbligo degli Stati membri di istituire una tariffa minima salariale, di applicazione generale, su tutto o su parte del loro territorio, il che non è affatto imposto, attualmente, dal diritto dell’Unione ( 21 ).

74.

In un contesto come quello di cui al procedimento principale, una siffatta estensione, che sarebbe motivata da uno spirito di coerenza della normativa del Land, mi sembrerebbe addirittura tale da pregiudicare le competenze dei Länder.

75.

Come evidenziato da numerose parti interessate, mentre i Länder sono competenti, nel diritto tedesco, a stabilire norme relative alla retribuzione minima nell’ambito dell’aggiudicazione degli appalti pubblici, essi non possiedono alcuna competenza in materia di fissazione di una tariffa minima salariale applicabile a tutti i lavoratori.

76.

Ne conseguirebbe, ove si accogliesse la tesi della RegioPost e della Commissione, che, in una causa come quella oggetto del procedimento principale, un Land non potrebbe applicare la propria normativa che mira a recepire l’autorizzazione concessa dalla direttiva 2004/18 in quanto l’ambito di applicazione di una siffatta normativa dovrebbe estendersi al di là del settore specifico degli appalti pubblici per il quale il Land ha esercitato la propria competenza.

77.

Pertanto, il Land sarebbe obbligato a non applicare tale normativa fino al momento in cui lo Stato federale abbia deciso di istituire una tariffa minima salariale, di applicazione generale.

78.

Al livello dello Stato federale, tale approccio, che, se si segue la logica dell’argomentazione della RegioPost e della Commissione, sarebbe necessario per rispettare il requisito di estensione agli appalti privati del trattamento riservato fino ad oggi agli appalti pubblici, comporterebbe, in realtà, la trasformazione della facoltà offerta agli Stati membri di istituire un salario minimo nel loro territorio in un vero e proprio obbligo, il che, come ho già precisato, non risulta affatto dallo stato di sviluppo attuale del diritto dell’Unione.

79.

Al livello del Land, l’istituzione di una siffatta tariffa minima salariale da parte dello Stato federale renderebbe superflue le disposizioni legislative del Land che mirano specificamente a garantire il rispetto da parte degli aggiudicatari del versamento di un salario minimo a favore dei lavoratori che eseguono un appalto pubblico nel suo territorio.

80.

In circostanze del genere, la competenza del Land in materia sarebbe significativamente ridotta, se non inesistente.

81.

Si potrebbe, certo, tentare di sostenere che, nella fattispecie ipotizzata nei precedenti paragrafi delle presenti conclusioni, i Länder sarebbero sempre autorizzati ad adottare una tariffa (minima) salariale superiore a quella stabilita a livello federale al fine, in particolare, di tener conto dei costi della vita locale. Tuttavia resterebbe la questione se una tariffa siffatta conservi la qualifica di tariffa minima salariale e se, soprattutto, la stessa non debba essere estesa ai lavoratori impiegati per l’esecuzione di appalti privati. In definitiva, i Länder dovrebbero semplicemente rinunciare a esercitare la loro competenza nel settore degli appalti pubblici, applicando in tale settore la tariffa minima salariale adottata a livello federale.

82.

Orbene, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, TUE, l’Unione rispetta l’identità nazionale degli Stati membri, insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali.

83.

È vero che gli Stati membri che hanno una struttura federale, come la Repubblica federale di Germania, non possono eccepire la ripartizione interna delle competenze tra le autorità degli enti regionali o locali e le autorità federali al fine di eludere il rispetto degli obblighi ad essi incombenti in forza del diritto dell’Unione ( 22 ). Per garantire il rispetto dei predetti obblighi, tali differenti autorità sono tenute a coordinare l’esercizio delle loro rispettive competenze ( 23 ).

84.

Tale requisito presuppone tuttavia che le competenze di tali autorità possano essere effettivamente esercitate. A mio avviso, dall’articolo 4, paragrafo 2, TUE deriva che il diritto dell’Unione non può privare un ente regionale o locale dell’esercizio effettivo delle competenze che gli sono state conferite in seno allo Stato membro interessato. Orbene, come tendono a dimostrare le precedenti considerazioni, questa sarebbe, in definitiva, la conseguenza della tesi della RegioPost e della Commissione secondo cui, al fine di essere compatibile con l’articolo 56 TFUE, la norma di cui all’articolo 3 della LTTG a favore dei lavoratori che eseguono un appalto pubblico dovrebbe essere estesa ai lavoratori impiegati per l’esecuzione di appalti privati.

85.

Mi sembra quindi perfettamente coerente, tenuto conto della competenza del Land Rheinland‑Pfalz, che l’ambito di applicazione dell’articolo 3 della LTTG si limiti ai lavoratori che eseguono appalti pubblici.

86.

Tale approccio è altresì coerente, a mio avviso, con la giurisprudenza della Corte riguardante le considerazioni ambientali particolari, indistintamente applicabili, che possono essere imposte dalle amministrazioni aggiudicatrici. In tal senso, detta giurisprudenza afferma in particolare che considerazioni di questo tipo possono essere valutate nell’ambito dell’esame dei criteri di attribuzione di prestazioni di servizi di trasporto urbano oggetto di appalti pubblici e sono compatibili con il principio di non discriminazione, senza che occorra che tali considerazioni siano, inoltre, estese alle imprese di trasporto urbano quando eseguono appalti privati ( 24 ). Ora, occorre osservare che l’articolo 26 della direttiva 2004/18 si riferisce alle considerazioni ambientali allo stesso modo delle considerazioni sociali esaminate nella presente causa. L’analogia, indicata dal governo tedesco, tra questi due tipi di considerazioni mi sembra chiaramente evidenziare la necessità di consentire agli Stati membri di adottare misure specifiche per l’ambito della vita economica costituito dal settore degli appalti pubblici.

87.

Inoltre, una misura nazionale, come l’articolo 3 della LTTG, mi sembra del tutto proporzionata. Infatti, essa impone il rispetto del salario minimo stabilito dal Land Rheinland‑Pfalz da parte degli aggiudicatari o dei loro subappaltatori solo a favore dei loro lavoratori che siano impiegati per l’esecuzione degli appalti pubblici e non a favore di tutti i loro dipendenti.

88.

Di conseguenza, ritengo che l’articolo 3 della LTTG possa essere giustificato dall’obiettivo della tutela dei lavoratori e che pertanto l’articolo 56 TFUE non osti all’applicazione di una siffatta disposizione in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, senza che occorra che l’ambito di applicazione di tale disposizione sia esteso agli appalti privati.

89.

Alla luce di tali considerazioni, suggerisco di rispondere alla prima questione pregiudiziale deferita dal giudice del rinvio come segue: l’articolo 26 della direttiva 2004/18 dev’essere interpretato nel senso che esso non osta alla normativa di un ente regionale di uno Stato membro che obbliga gli offerenti e i loro subappaltatori a impegnarsi, mediante una dichiarazione scritta da allegare alla loro offerta, a corrispondere al personale che sarà chiamato a eseguire le prestazioni oggetto di un appalto pubblico un salario minimo orario di EUR 8,70 (lordi), stabilito dalla predetta normativa.

B – Sulla seconda questione pregiudiziale

90.

Con la seconda questione pregiudiziale il giudice del rinvio intende sapere, in sostanza, se l’articolo 26 della direttiva 2004/18 debba cionondimeno essere interpretato nel senso che esso osta a una disposizione di un ente regionale di uno Stato membro, come l’articolo 3, paragrafo 1, della LTTG, che prevede l’esclusione obbligatoria di un’offerta nel caso in cui l’offerente non si obblighi, all’atto della presentazione dell’offerta, in una dichiarazione separata, a rispettare la tariffa minima salariale stabilita dalla predetta disposizione, cui egli sarebbe in ogni caso contrattualmente tenuto anche in caso di aggiudicazione dell’appalto.

91.

Tale questione richiede l’esame, da un lato, dei motivi per i quali gli Stati membri sono autorizzati a verificare il rispetto delle condizioni stabilite dall’articolo 26 della direttiva 2004/18 e, dall’altro, nel caso in cui tali condizioni non siano soddisfatte, della questione se una sanzione, quale l’esclusione dalla partecipazione alla procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico, risulti adeguata.

92.

Fatta salva la RegioPost, tutte le parti che hanno presentato osservazioni su tale questione ritengono che gli Stati membri siano autorizzati a controllare il rispetto delle condizioni previste all’articolo 26 della direttiva 2004/18, fra l’altro tramite un sistema di dichiarazione di impegno all’atto della presentazione dell’offerta dell’offerente e che, in assenza di una siffatta dichiarazione, l’amministrazione aggiudicatrice sia autorizzata ad escludere l’offerente dalla procedura di aggiudicazione.

93.

Condivido la tesi sostenuta da queste ultime parti.

94.

Quanto al primo punto, è evidente, a mio avviso, che se, come penso, gli Stati membri sono autorizzati ai sensi del diritto dell’Unione ad adottare disposizioni legislative o regolamentari che mirano a imporre alle imprese aggiudicatarie condizioni di lavoro particolari, come il rispetto di una tariffa minima salariale, nell’ambito dell’esecuzione di appalti pubblici, tale autorizzazione implica necessariamente che essi possano adottare misure che consentono all’amministrazione aggiudicatrice di garantire che gli offerenti e i loro subappaltatori siano pronti a rispettare tali condizioni nel caso in cui l’appalto sia loro aggiudicato.

95.

Nel caso di specie, la misura in questione assume la forma di una dichiarazione di impegno per iscritto che deve fornire l’offerente sia per sé sia, eventualmente, per i propri subappaltatori.

96.

Contrariamente a ciò che sembra essere stato indicato nel bando di gara nella causa principale, tale dichiarazione non risulta corrispondere a un documento relativo al livello minimo di capacità economica e finanziaria che può essere richiesto all’offerente, ai sensi dell’articolo 47 della direttiva 2004/18, livello che può essere dimostrato mediante una o più delle referenze elencate in tale articolo o mediante qualsiasi altro documento considerato idoneo dall’amministrazione aggiudicatrice, relativi in particolare al bilancio o al fatturato globale o del settore di attività dell’operatore economico.

97.

Infatti, si tratta anzitutto di una dichiarazione di impegno al rispetto della legge, ossia, in particolare, delle condizioni di lavoro imposte dalla normativa del Land Rheinland‑Pfalz nell’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’appalto pubblico.

98.

È certamente possibile sostenere, come affermato dalla Commissione all’udienza dinanzi alla Corte, che la dimostrazione della capacità dell’offerente o dei suoi subappaltatori di corrispondere il salario minimo stabilito dalla normativa del Land Rheinland‑Pfalz ai dipendenti impiegati per l’esecuzione dell’appalto pubblico richieda una data capacità finanziaria.

99.

Se la Corte dovesse ritenere che la dichiarazione di impegno al versamento di un salario minimo sia inerente alla capacità finanziaria dell’offerente, il requisito della presentazione di una siffatta dichiarazione non sarebbe, in ogni caso, vietato dall’articolo 47 della direttiva 2004/18. Infatti, la Corte ha già precisato che l’elenco degli elementi che consentono di valutare il livello minimo di capacità economica e finanziaria richiesto non è esaustivo ( 25 ).

100.

In ogni caso, una siffatta dichiarazione di impegno a corrispondere il salario minimo stabilito dalla normativa del Land Rheinland‑Pfalz non può, di per sé, far pesare sull’offerente un onere ulteriore talmente insopportabile da rendere la procedura di aggiudicazione più gravosa di quanto lo sarebbe ove non fosse richiesta la produzione di una siffatta dichiarazione. Infatti, mediante tale dichiarazione, l’amministrazione aggiudicatrice intende unicamente verificare che l’offerente si impegni a rispettare la condizione di esecuzione dell’appalto prevista dall’articolo 3 della LTTG. Una tale dichiarazione è del resto, come sostenuto dalla Commissione, un mezzo adeguato per verificare che gli offerenti e i loro subappaltatori soddisfino le condizioni di esecuzione degli appalti pubblici. Esigere la presentazione di una siffatta dichiarazione consente altresì di garantire la trasparenza delle condizioni particolari del bando di gara e/o del capitolato d’oneri, sensibilizzando gli offerenti sull’importanza attribuita dall’amministrazione aggiudicatrice alle predette condizioni.

101.

Quanto al secondo punto, ossia la questione dell’esclusione dalla procedura di aggiudicazione nel caso in cui l’offerente rifiuti di presentare una siffatta dichiarazione di impegno, condivido l’argomento della Commissione secondo cui tale situazione autorizza a supporre che l’offerente non intenda sottostare alla condizione prevista dall’articolo 3 della LTTG.

102.

Sarebbe paradossale e poco compatibile con l’utilizzo razionale dei fondi pubblici proseguire una procedura di aggiudicazione di un appalto con un siffatto operatore economico ed, eventualmente, concludere l’appalto con tale operatore per dover in seguito infliggere allo stesso alcune penali contrattuali a causa del mancato rispetto della condizione di cui all’articolo 3 della LTTG.

103.

Del resto, occorre osservare che il considerando 34 della direttiva 2004/18 prevede segnatamente che, in caso di mancato rispetto degli obblighi connessi all’osservanza delle leggi e delle regolamentazioni in vigore in materia, in particolare, delle condizioni di lavoro, gli Stati membri possono qualificare una siffatta inosservanza quale colpa grave o reato che incide sulla moralità professionale dell’operatore economico e che può comportare l’esclusione di quest’ultimo dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico.

104.

Se il rifiuto di presentare una dichiarazione di impegno relativa al salario minimo non può, a mio avviso, in quanto tale, essere considerato come colpa grave, l’idea sottesa al considerando 34 della direttiva 2004/18 è proprio quella di ammettere che gli Stati membri abbiano il diritto di escludere un operatore economico che non ha alcuna intenzione di rispettare le condizioni di lavoro applicabili nel luogo di esecuzione dell’appalto pubblico. Non si può, a mio avviso, esigere che gli Stati membri riservino una siffatta misura unicamente alle situazioni in cui le loro autorità constatino una violazione degli obblighi connessi al rispetto delle predette condizioni di lavoro da parte dell’aggiudicatario dell’appalto pubblico.

105.

L’esclusione dell’offerente dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto in ragione del fatto che egli si rifiuti di presentare la dichiarazione di impegno di cui all’articolo 3 della LTTG costituisce quindi, a mio avviso, una misura appropriata al fine di evitare che l’amministrazione aggiudicatrice possa essere portata a selezionare un candidato che non ha l’intenzione di adempiere agli obblighi imposti da tale amministrazione aggiudicatrice in materia di rispetto del salario minimo.

106.

Infine, come si evince dai fatti oggetto del procedimento principale, occorre rilevare che l’esclusione di un offerente che, all’atto della presentazione della propria offerta, non abbia allegato una dichiarazione di impegno relativa al salario minimo, non è automatica. Infatti, ai sensi dell’articolo 3 della LTTG, prima di essere autorizzata a escludere una siffatta offerta, l’amministrazione aggiudicatrice deve nuovamente richiedere la produzione della dichiarazione di impegno entro un dato termine, il che consente di rettificare i casi di svista o di errore da parte dell’offerente all’atto della presentazione dell’offerta. Un obbligo siffatto a carico dell’amministrazione aggiudicatrice sembra essere una misura del tutto proporzionata.

107.

Alla luce di tali considerazioni, suggerisco di rispondere alla seconda questione pregiudiziale come segue: l’articolo 26 della direttiva 2004/18 dev’essere interpretato nel senso che esso non osta alla normativa di un ente regionale di uno Stato membro che prevede l’esclusione obbligatoria di un’offerta nel caso in cui un offerente che partecipa a una gara di appalto pubblico non si obblighi, per sé e per i propri subappaltatori, in una dichiarazione separata all’atto della presentazione dell’offerta e dopo essere stato nuovamente invitato a farlo dall’amministrazione aggiudicatrice, a rispettare la tariffa minima salariale stabilita dalla predetta normativa, nel caso in cui a tale offerente fosse aggiudicata l’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’appalto pubblico in questione.

III – Conclusione

108.

Alla luce di tutte le precedenti considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni poste dall’Oberlandesgericht Koblenz nel seguente modo:

«1)

L’articolo 26 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, dev’essere interpretato nel senso che esso non osta alla normativa di un ente regionale che obbliga gli offerenti e i loro subappaltatori a impegnarsi, mediante una dichiarazione scritta da allegare alla loro offerta, a corrispondere al personale che sarà chiamato a eseguire le prestazioni oggetto di un appalto pubblico un salario minimo orario di EUR 8,70 (lordi), stabilito dalla predetta normativa.

2)

L’articolo 26 della direttiva 2004/18 dev’essere interpretato nel senso che esso non osta nemmeno alla normativa di un ente regionale di uno Stato membro che prevede l’esclusione obbligatoria di un’offerta nel caso in cui un offerente che partecipa a una gara di appalto pubblico non si obblighi, per sé e per i propri subappaltatori, in una dichiarazione separata all’atto della presentazione dell’offerta e dopo essere stato nuovamente invitato a farlo dall’amministrazione aggiudicatrice, a rispettare la tariffa minima salariale stabilita dalla predetta normativa, nel caso in cui a tale offerente fosse aggiudicata l’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’appalto pubblico in questione».


( 1 )   Lingua originale: il francese.

( 2 )   GU L 134, pag. 114, rettifiche in GU L 351, pag. 44 e GU 2005, L 329, pag. 40. Tale direttiva è stata modificata da ultimo dal regolamento (UE) n. 1251/2011 della Commissione, del 30 novembre 2011, che modifica le direttive 2004/17/CE, 2004/18/CE e 2009/81/CE del Parlamento europeo e del Consiglio riguardo alle soglie di applicazione in materia di procedure di aggiudicazione degli appalti (GU L 319, pag. 43). Essa è stata sostituita dalla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18 (GU L 94, pag. 65). Quest’ultima direttiva non era tuttavia applicabile all’epoca dei fatti all’origine del procedimento principale.

( 3 )   GU 1997, L 18, pag. 1.

( 4 )   V., segnatamente, sentenza Omalet (C‑245/09, EU:C:2010:808, punto 12), e ordinanza Tudoran (C‑92/14, EU:C:2014:2051, punto 37).

( 5 )   V., segnatamente, in materia di libertà di stabilimento, sentenza Blanco Pérez e Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07, EU:C:2010:300, punto 40) e, nel settore della libera prestazione dei servizi, sentenze Garkalns (C‑470/11, EU:C:2012:505, punto 21), e Citroën Belux (C‑265/12, EU:C:2013:498, punto 33).

( 6 )   V., in particolare, sentenze Guimont (C‑448/98, EU:C:2000:663, punto 23); Salzmann (C‑300/01, EU:C:2003:283, punto 34); Susisalo e a. (C‑84/11, EU:C:2012:374, punti 2122), e Ordine degli Ingegneri di Verona e Provincia e a. (C‑111/12, EU:C:2013:100, punto 34).

( 7 )   V., inter alia, sentenze Dzodzi (C‑297/88 e C‑197/89, EU:C:1990:360, punto 37); Cicala (C‑482/10, EU:C:2011:868, punto 19); Nolan (C‑583/10, EU:C:2012:638, punto 47), e Romeo (C‑313/12, EU:C:2013:718, punto 23).

( 8 )   Sentenze Venturini e a. (da C‑159/12 a C‑161/12, EU:C:2013:791, punti 2526), e Sokoll‑Seebacher (C‑367/12, EU:C:2014:68, punti 1011).

( 9 )   I servizi di cui alla direttiva 2004/18 comprendono i servizi di trasporto postali terrestri, ai sensi del punto 4 dell’allegato II A. La soglia di EUR 200000 di cui all’articolo 7, lettera b), della direttiva 2004/18 è stata fissata dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera b) del regolamento n. 1251/2011.

( 10 )   Sebbene tali parti sostengano che la prima questione sia irricevibile, le conseguenze dell’accertamento dell’esistenza di una situazione puramente interna dovrebbero indurre la Corte a dichiarare, in linea di principio, la propria incompetenza a rispondere alla questione. Infatti, si tratta qui di una situazione che, in linea di principio, non possiede alcun collegamento con il diritto dell’Unione e che non può quindi essere rettificata mediante l’invio di una nuova domanda di pronuncia pregiudiziale.

( 11 )   V. sentenze Concordia Bus Finland (C‑513/99, EU:C:2002:495, punto 81), e Fabricom (C‑21/03 e C‑34/03, EU:C:2005:127, punto 26).

( 12 )   V., per analogia, per quanto concerne l’obbligo, che deriva dall’applicazione della normativa nazionale, di estendere le soluzioni adottate dal diritto dell’Unione alle situazioni puramente interne: sentenze Modehuis A. Zwijnenburg (C‑352/08, EU:C:2010:282, punto 33), e Isbir (C‑522/12, EU:C:2013:711, punto 28).

( 13 )   V., per analogia, per quanto riguarda la direttiva 93/37/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori (GU L 199, pag. 54), che è stata abrogata dalla direttiva 2004/18, sentenza Michaniki (C‑213/07, EU:C:2008:731, punti 2930).

( 14 )   Il corsivo è mio.

( 15 )   A titolo illustrativo, l’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 96/71 che elenca le «condizioni di lavoro e di occupazione» che gli Stati membri hanno il diritto di esigere dalle imprese che distaccano lavoratori nel loro territorio per la prestazione di servizi prevede, segnatamente, la «tariffa minima salariale».

( 16 )   Sentenza Bundesdruckerei (C‑549/13, EU:C:2014:2235, punto 27).

( 17 )   Idem (punti 25 e 26).

( 18 )   V. sentenza Rüffert (C‑346/06, EU:C:2008:189, punto 37). V. altresì sentenza Bundesdruckerei (C‑549/13, EU:C:2014:2235, punto 30).

( 19 )   La Corte ha infatti verificato se il contratto collettivo in questione soddisfacesse le condizioni materiali di cui all’articolo 3, paragrafo 8, della direttiva 96/71, disposizione che si applica, così come confermato dalla stessa al punto 27 della sentenza Rüffert (C‑346/06, EU:C:2008:189), solo agli Stati membri privi di un sistema di dichiarazione di applicazione generale dei contratti collettivi (come nel caso del Regno di Svezia, nella causa Laval un Partneri, C‑341/05, EU:C:2007:809). Orbene, posto che la Repubblica federale di Germania possedeva un sistema siffatto, non occorreva esaminare se le condizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 8, della direttiva 96/71 fossero soddisfatte.

( 20 )   Infatti, mentre il termine di recepimento della direttiva 2004/18 era previsto per il 31 gennaio 2006, i fatti all’origine della causa Rüffert si sono svolti durante gli anni 2003 e 2004.

( 21 )   Sull’assenza di un obbligo siffatto che risulterebbe in particolare dalla direttiva 96/71, v. sentenza Commissione/Germania (C‑341/02, EU:C:2005:220, punto 26), nonché le mie conclusioni nella causa Laval un Partneri (C‑341/05, EU:C:2007:291, paragrafo 196).

( 22 )   V., segnatamente, sentenza Carmen Media Group (C‑46/08, EU:C:2010:505, punto 69 e la giurisprudenza ivi citata).

( 23 )   V. sentenze Carmen Media Group (C‑46/08, EU:C:2010:505, punto 70), nonché Digibet e Albers (C‑156/13, EU:C:2014:1756, punto 35).

( 24 )   V. sentenza Concordia Bus Finland (C‑513/99, EU:C:2002:495, punti da 83 a 86).

( 25 )   V. sentenza Édukövízig e Hochtief Construction (C‑218/11, EU:C:2012:643, punto 28).