CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PEDRO CRUZ VILLALÓN

presentate il 25 giugno 2015 ( 1 )

Causa C‑32/14

ERSTE Bank Hungary Zrt.

contro

Attila Sugár

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Fővárosi Törvényszék (Ungheria)]

«Tutela dei consumatori — Clausole abusive nei contratti stipulati tra i professionisti e i consumatori — Direttiva 93/13/CEE — Articoli 6 e 7 — Valutazione delle clausole abusive dei contratti — Mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione delle clausole abusive — Esecuzione forzata degli atti pubblici che incorporano un contratto — Apposizione della formula esecutiva da parte di un notaio — Obblighi del notaio — Esame d’ufficio delle clausole abusive — Sindacato giurisdizionale — Principi di equivalenza e di effettività»

1. 

La direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori ( 2 ) impone ai notai, quando questi ultimi svolgono un ruolo centrale nell’esecuzione forzata di contratti stipulati tra professionisti e consumatori, particolari obblighi per quanto riguarda il controllo delle clausole contrattuali abusive, analoghi a quelli che, in forza di una giurisprudenza ormai abbondante della Corte, incombono ai giudici nazionali?

2. 

È questo, in sostanza, il problema principale e inedito che sollevano le due questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte nella presente causa. Quest’ultima si distingue per ciò dalle numerose controversie che sono state sottoposte alla Corte in questi ultimi anni, in particolare da giudici ungheresi ( 3 ) o spagnoli ( 4 ) chiamati a valutare la compatibilità della normativa nazionale con i requisiti derivanti segnatamente dagli articoli 6 e 7 della direttiva 93/13.

I – Contesto normativo

A – Il diritto dell’Unione

3.

L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 così dispone:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

4.

L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 così prevede:

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

B – Il diritto nazionale

5.

Le diverse disposizioni del diritto nazionale pertinenti nell’ambito del procedimento principale sono contenute nella legge n. IV del 1959, che istituisce il codice civile ( 5 ), nella legge n. LIII del 1952, che istituisce il codice di procedura civile ungherese ( 6 ), nella legge n. III del 1994 sull’esecuzione forzata giudiziale ( 7 ) e, infine, nella legge n. XLI del 1991, relativa ai notai ( 8 ).

1. Il codice civile

6.

L’articolo 209 del codice civile prevede quanto segue:

«1)   Una condizione contrattuale generale o una clausola di un contratto stipulato con un consumatore che non sia stata oggetto di negoziato individuale è abusiva se, in violazione dei requisiti di buona fede e di lealtà, determina i diritti e gli obblighi delle parti derivanti dal contratto, in modo unilaterale e ingiustificato, a detrimento della parte contraente che non è l’autore della clausola.

2)   Per accertare il carattere abusivo di una clausola, devono essere esaminate tutte le circostanze esistenti al momento della stipula del contratto che hanno indotto le parti a concluderlo, nonché la natura del servizio convenuto e la relazione tra la clausola controversa e le altre clausole del contratto o altri contratti.

3)   Mediante norma speciale possono essere determinate le clausole dei contratti stipulati con i consumatori che devono essere qualificate abusive o che dovranno essere considerate abusive fino a prova contraria».

7.

L’articolo 209/A del codice civile così dispone:

«1)   La parte pregiudicata può impugnare le clausole abusive figuranti nel contratto quali condizioni generali di contratto.

2)   Sono nulle le clausole abusive figuranti in contratti stipulati con consumatori quali condizioni generali di contratto o che il professionista abbia stabilito in modo unilaterale, predeterminato e senza negoziato individuale. La nullità può essere invocata solo nell’interesse del consumatore».

2. Il codice di procedura civile

8.

L’articolo 366 del codice di procedura civile dispone quanto segue:

«Se nell’ambito del procedimento di esecuzione forzata giudiziale non è stata possibile l’estinzione o la limitazione dell’esecuzione ai sensi degli articoli 41 o 56 della legge (…) sull’esecuzione forzata giudiziale (...), il debitore che ritiene ingiusta l’esecuzione può promuovere contro il creditore esecutante un procedimento giudiziale per l’estinzione o la limitazione dell’esecuzione».

9.

L’articolo 369 del codice di procedura civile così prevede:

«Si può promuovere un procedimento di estinzione o limitazione dell’esecuzione disposta mediante un atto pubblico munito di formula esecutiva o mediante un titolo esecutivo analogo se:

a)

il credito per il quale è prevista l’esecuzione non è sorto in modo valido,

b)

il credito si è estinto totalmente o parzialmente,

c)

il creditore esecutante ha concesso una proroga per l’adempimento e il termine non è ancora decorso,

d)

il debitore intende far valere un credito che può essere oggetto di compensazione».

10.

L’articolo 370 del codice di procedura civile dispone quanto segue:

«Il giudice al quale sia assegnato il procedimento di estinzione o di limitazione dell’esecuzione può disporre la sospensione dell’esecuzione».

3. La legge sull’esecuzione forzata giudiziale

11.

La legge sull’esecuzione forzata giudiziale prevede che l’esecuzione forzata di un credito possa essere disposta da un giudice o da un notaio. Il suo articolo 224/A così dispone:

«Quando spetta al notaio disporre l’esecuzione forzata, occorre applicare le presenti disposizioni adattandole come segue:

a)

per “giudice che dispone l’esecuzione” s’intende il notaio; per “decisione emessa dal giudice che dispone l’esecuzione” s’intende la decisione adottata dal notaio; (...)».

12.

Ai sensi dell’articolo 13 della legge sull’esecuzione forzata giudiziale:

«1)   Si può predisporre un titolo esecutivo qualora il provvedimento cui si deve dare esecuzione:

a)

comporti un’obbligazione di pagamento (somma di denaro),

b)

sia definitivo o provvisoriamente esecutivo, e

c)

sia decorso il termine per l’adempimento. (…)».

13.

L’articolo 23/C della legge sull’esecuzione forzata giudiziale dispone quanto segue:

«1)   Il notaio che ha predisposto il documento appone la formula esecutiva sull’atto notarile qualora questo contenga:

a)

l’impegno avente ad oggetto la prestazione e la controprestazione o l’impegno unilaterale,

b)

il nome del creditore e quello del debitore,

c)

l’oggetto, il quantitativo (importo) e la causa dell’obbligazione,

d)

le modalità e il termine di adempimento.

2)   Se l’obbligazione è stata subordinata all’adempimento di una condizione o al decorso di un termine, la sua esecutorietà richiede altresì che l’adempimento della condizione o il decorso del termine siano precisati nell’atto. (…)

5)   Si può procedere all’esecuzione qualora il credito previsto nell’atto notarile possa essere oggetto di esecuzione forzata giudiziale e qualora sia decorso il termine per l’adempimento del credito. (…)».

14.

Ai sensi dell’articolo 31/E, paragrafo 2, della legge sull’esecuzione forzata giudiziale:

«La procedura notarile, quale attività di volontaria giurisdizione in materia civile, produce effetti analoghi a quelli del procedimento giurisdizionale. Le decisioni adottate dal notaio producono effetti analoghi a quelli delle decisioni adottate dai giudici locali».

15.

Gli articoli 211, paragrafo 2, e 212, paragrafo 1, della legge sull’esecuzione forzata giudiziale dispongono quanto segue:

«Articolo 211

(…)

2)   Se il giudice inserisce in un documento la formula esecutiva in violazione di legge, tale formula dovrà essere soppressa. (…)

Articolo 212

1)   Il giudice che dispone l’esecuzione può procedere alla revoca del mandato di esecuzione o alla soppressione della formula esecutiva in qualsiasi momento, su istanza di parte, sulla base delle informazioni a disposizione del pubblico ufficiale incaricato dell’esecuzione o d’ufficio. (…)».

II – Fatti della controversia principale

16.

Il 18 dicembre 2007, la Erste Bank Hungary Zrt. ( 9 ), ricorrente nel procedimento principale, e il sig. Attila Sugár ( 10 ), convenuto nel procedimento principale, stipulavano, con atto pubblico, un contratto di mutuo e un contratto di costituzione di ipoteca, mediante i quali la prima concedeva al secondo un prestito di importo pari a 30687 franchi svizzeri (CHF) al fine di finanziare l’acquisto di un appartamento.

17.

Il 19 dicembre 2007, il debitore, sulla base di tale contratto, sottoscriveva una dichiarazione di riconoscimento di debito mediante atto notarile, conferendo alla Erste Bank, da un lato, il diritto di risolvere il contratto di mutuo in caso di inadempimento, da parte del debitore, dei suoi obblighi contrattuali e, dall’altro, il diritto di procedere alla riscossione del debito risultante dal contratto, sulla base di un certificato di liquidazione redatto dalla medesima, ottenendo dal notaio l’apposizione della formula esecutiva sui vari atti.

18.

Poiché il debitore non ottemperava al proprio obbligo di pagamento, la Erste Bank, da una parte, risolveva il contratto e, dall’altra, chiedeva l’apposizione della formula esecutiva nei confronti del debitore. Il 13 dicembre 2011, il notaio accoglieva tale domanda, in quanto i requisiti previsti dalla legge a tal fine erano soddisfatti.

19.

Con istanza del 5 giugno 2013, il debitore chiedeva al notaio la soppressione della formula esecutiva apposta sull’atto pubblico che incorporava il contratto di mutuo, sostenendo che quest’ultimo conteneva clausole abusive e non teneva conto delle disposizioni di legge relative al credito al consumo.

20.

Il 13 giugno 2013, il notaio respingeva tale istanza. Egli constatava che l’atto conteneva un’obbligazione unilaterale, il nome del creditore e quello del debitore, l’importo del debito e la causa dell’obbligazione nonché le modalità e i termini di adempimento, e che esso precisava la condizione di cui attestava la realizzazione, la data di quest’ultima, nonché il fatto che era stato munito della formula esecutiva il 13 dicembre 2011. Il notaio precisava altresì che il procedimento notarile ha natura di volontaria giurisdizione e che egli non era autorizzato a pronunciarsi su una controversia tra le parti in merito alle clausole del contratto o alla legittimità della risoluzione di quest’ultimo, in quanto tali questioni rientrano nella competenza esclusiva degli organi giurisdizionali. Osservava inoltre di essere tenuto esclusivamente ad attestare che il creditore avesse effettuato la risoluzione, e che le parti potevano peraltro contestare le disposizioni del contratto dinanzi al giudice e disponevano, quale ulteriore mezzo di ricorso, della possibilità di avviare un procedimento volto a limitare o ad escludere l’esecuzione forzata.

21.

Il debitore proponeva quindi, dinanzi al giudice del rinvio, un ricorso volto all’annullamento della decisione del notaio e alla soppressione della formula esecutiva. Egli censura il fatto di essere stato qualificato come debitore e sostiene che il notaio ha incluso clausole abusive e dati erronei nell’atto notarile di riconoscimento del debito. Ritiene che, al momento della redazione dell’atto pubblico di riconoscimento del debito, avrebbe dovuto essere rilevata la presenza di clausole nulle nel contratto. Contesta inoltre il fatto che l’autenticazione possa consentire l’apposizione della formula esecutiva, in quanto viene effettuata su domanda del creditore e sulla base dei soli dati contabili comunicati da quest’ultimo. Il procedimento di apposizione della formula esecutiva costituirebbe pertanto un abuso di diritto, in quanto subordina a una dichiarazione unilaterale del creditore esecutante una circostanza che si può esaminare solo in un procedimento contraddittorio.

III – Questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

22.

Alla luce di tali circostanze, la Fővárosi Törvényszék (Corte d’appello metropolitana) ha deciso di sottoporre alla Corte le due questioni pregiudiziali seguenti:

«1)

Se sia conforme all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE un procedimento di uno Stato membro ai sensi del quale, in caso di inadempimento da parte del consumatore di un’obbligazione sancita da un atto corretto da un punto di vista formale redatto da un notaio, la controparte del consumatore rivendichi un importo, da essa stessa indicato, mediante la predisposizione di una cosiddetta formula esecutiva, senza che sia necessario instaurare un procedimento giurisdizionale in contraddittorio in cui si possa esaminare l’abusività delle clausole contenute nel contratto che costituisce il fondamento della formula esecutiva.

2)

Se il consumatore possa chiedere, nell’ambito di tale procedimento, che sia soppressa la formula esecutiva già apposta, e questo sul fondamento del fatto che non sia stato effettuato l’esame dell’abusività delle clausole contenute nel contratto che ne costituiscono il fondamento, nonostante, ai sensi della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea pronunciata nella causaC‑472/11 [Banif Plus Bank, EU:C:2013:88], il giudice sia tenuto a informare il consumatore in merito all’esistenza di clausole abusive che lo stesso abbia constatato».

23.

Hanno presentato osservazioni scritte il governo ungherese e la Commissione europea. La Erste Bank, i governi ungherese e tedesco nonché la Commissione hanno anche presentato osservazioni orali nel corso dell’udienza pubblica tenutasi il 5 febbraio 2015. Il governo tedesco ha precisato di aver voluto intervenire in udienza in quanto nell’ordinamento tedesco esiste un procedimento analogo a quello previsto dal diritto ungherese.

IV – Sulle questioni pregiudiziali

A – Le osservazioni presentate alla Corte

24.

I governi ungherese e tedesco concordano nel considerare che la direttiva 93/13 non osta a un procedimento di apposizione della formula esecutiva che presenti le caratteristiche di quello di cui trattasi nel procedimento principale. Il parere della Commissione è, invece, completamente opposto.

25.

Il governo ungherese, dopo aver richiamato la giurisprudenza pertinente della Corte e aver presentato le principali caratteristiche del procedimento semplificato di esecuzione forzata notarile di cui trattasi nel procedimento principale, afferma essenzialmente di non escludere qualsiasi controllo delle clausole abusive, da parte degli stessi notai oppure dei giudici nazionali.

26.

Infatti, e innanzitutto, la legge sui notai imporrebbe a questi ultimi di verificare, al momento della redazione dell’atto pubblico, la conformità alla legge e il carattere abusivo delle varie clausole dell’operazione giuridica sottostante.

27.

Peraltro, sebbene il procedimento di soppressione della formula esecutiva, che ha il solo scopo di consentire il controllo della legittimità del procedimento di apposizione della formula esecutiva, escluda qualsiasi controllo della validità delle clausole del contratto, rimane il fatto che il consumatore avrebbe la possibilità, da una parte, di avviare un procedimento giurisdizionale volto ad ottenere la dichiarazione di invalidità del contratto, a prescindere dal fatto che l’esecuzione forzata sia stata o meno richiesta, e, dall’altra, di far valere l’invalidità del contratto nell’ambito di un procedimento volto alla limitazione o all’estinzione di un’esecuzione forzata (articolo 369 del codice di procedura civile).

28.

Nell’ambito di tali procedure, i giudici nazionali potrebbero e dovrebbero procedere al controllo del carattere abusivo delle clausole dei contratti o delle condizioni generali di contratto e, nel rispetto dell’articolo 163 del codice di procedura civile e conformemente alla giurisprudenza della Kúria (Corte suprema di Ungheria) ( 11 ), rilevare d’ufficio i casi di nullità manifesta che possano essere stabiliti sulla base degli elementi di prova disponibili.

29.

Il sistema ungherese realizzerebbe pertanto un giusto equilibrio tra, da una parte, la garanzia di un efficace perseguimento degli obiettivi della direttiva 93/13 e, dall’altra, la salvaguardia degli obiettivi e della specificità del procedimento notarile, senza rendere impossibile o eccessivamente difficile ai singoli l’esercizio dei loro diritti.

30.

Il governo tedesco, che precisa che il titolo esecutivo notarile esiste nell’ordinamento tedesco, ha sostenuto in udienza che l’articolo 7 della direttiva 93/13 imponeva l’esistenza di mezzi adeguati per neutralizzare le clausole abusive dei contratti, il che non implicherebbe necessariamente un controllo d’ufficio. Poiché i procedimenti nazionali di esecuzione forzata rientrano nell’autonomia procedurale nazionale, fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività, spetterebbe al giudice del rinvio esaminare se le disposizioni nazionali in questione, analizzate nel loro contesto tenendo conto di tutti i mezzi di ricorso esistenti, siano tali da rendere impossibile o eccessivamente difficile ai consumatori l’esercizio dei diritti loro attribuiti dalla direttiva 93/13.

31.

In tale ambito, occorrerebbe tener conto della funzione generale del notaio, come definita dalla legge nazionale, nonché degli obblighi di controllo che gli incombono, delle modalità concrete secondo le quali è apposta la formula esecutiva sull’atto pubblico e delle modalità del controllo giurisdizionale dell’esecuzione forzata.

32.

Il governo tedesco precisa, a tal riguardo, che la Corte ha dichiarato che, se è vero che la direttiva 93/13 impone, nelle controversie che coinvolgono un professionista e un consumatore, un intervento positivo, esterno al rapporto contrattuale, del giudice nazionale investito di tali controversie, il rispetto del principio dell’effettività non può giungere al punto di supplire integralmente alla completa passività del consumatore interessato ( 12 ).

33.

Per contro, la Commissione, che propone una risposta per ciascuna delle questioni, ritiene che la direttiva 93/13, come interpretata dalla Corte, osti alla normativa ungherese.

34.

In risposta alla prima questione e facendo riferimento principalmente alla sentenza Banco Español de Crédito ( 13 ), essa sostiene che gli articoli 6 e 7 della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro che prevede che il notaio possa emettere un atto idoneo a dar luogo all’esecuzione forzata sul fondamento di un contratto di mutuo incorporato in un atto pubblico senza aver verificato l’eventuale carattere abusivo delle varie clausole del contratto.

35.

Il notaio dovrebbe innanzitutto poter verificare, se del caso d’ufficio, nella fase dell’apposizione della formula esecutiva sull’atto pubblico che incorpora il contratto, il carattere abusivo delle clausole del contratto, qualora disponga di tutti gli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine, come avviene normalmente, e informarne le parti.

36.

A tal riguardo, essa rileva che, mentre un atto notarile munito della formula esecutiva produce, in virtù dell’articolo 31/E, paragrafo 2, della legge sull’esecuzione forzata giudiziale, lo stesso effetto di una decisione adottata da un giudice locale, il notaio può soltanto verificare, nel corso del procedimento di esecuzione, il rispetto dei requisiti di cui all’articolo 23/C, paragrafo 1, della legge sull’esecuzione forzata giudiziale. Il consumatore può quindi invocare la protezione delle disposizioni legislative sulle clausole contrattuali soltanto se avvia un procedimento volto all’estinzione o alla limitazione dell’esecuzione forzata ai sensi dell’articolo 369 del codice di procedura civile, poiché il giudice adito può in tal caso sospendere l’esecuzione.

37.

La Commissione ha inoltre precisato in udienza che tale obbligo, per il consumatore, di adire un giudice per contestare una clausola abusiva non era conforme al principio di effettività. Ha peraltro aggiunto che, se il notaio fosse informato da un giudice nazionale della proposizione di un ricorso da parte di un consumatore, dovrebbe poter sospendere il procedimento di apposizione della formula esecutiva.

38.

Il notaio inoltre, nella fase di redazione dell’atto pubblico che incorpora il contratto, dovrebbe verificare d’ufficio, dati gli obblighi di consulenza che gli incombono in forza della legge sui notai, il carattere abusivo delle clausole del contratto e contribuire così alla realizzazione dell’obiettivo di cui all’articolo 7 della direttiva 93/13.

39.

In risposta alla seconda questione e rinviando a tal riguardo alla sentenza Banif Plus Bank ( 14 ), la Commissione sostiene che, se il notaio deve constatare d’ufficio, nella fase dell’esecuzione forzata, il carattere abusivo delle clausole del contratto su cui si basa l’atto notarile, il consumatore deve a fortiori poter prendere l’iniziativa di contestare l’atto notarile idoneo a dar luogo all’esecuzione forzata e di chiedere la soppressione della formula esecutiva per il fatto che il notaio non ha constatato il carattere abusivo delle clausole del contratto.

B – Analisi

40.

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che consente a un notaio che abbia redatto, in osservanza dei requisiti formali, un atto pubblico riguardante un contratto tra un professionista e un consumatore, di apporre su tale atto la formula esecutiva e di avviare quindi, al di fuori di qualsiasi procedimento contenzioso dinanzi a un giudice e senza procedere ad alcuna previa verifica del carattere abusivo delle clausole del contratto, l’esecuzione forzata del contratto nei confronti del consumatore che non abbia adempiuto ai propri obblighi.

41.

Con la sua seconda questione, esso chiede inoltre se, alla luce della sentenza Banif Plus Bank ( 15 ), la direttiva 93/13 debba essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che non consenta a un consumatore di chiedere la soppressione della formula esecutiva apposta su un atto pubblico riguardante un contratto con un professionista invocando la mancata valutazione preliminare del carattere abusivo delle clausole contrattuali.

42.

Al fine di comprendere appieno il significato di tali due questioni, occorre iniziare descrivendo con precisione il duplice intervento del notaio nell’ambito del procedimento di apposizione della formula esecutiva di cui trattasi nel procedimento principale, sia che avvenga nella fase di apposizione della formula propriamente detta, su istanza del creditore, sia che avvenga nella fase della sua eventuale soppressione, su istanza del debitore, in entrambi i casi con un controllo strettamente formale.

1. Il duplice intervento del notaio nell’ambito del procedimento di apposizione della formula esecutiva

43.

La legge ungherese stabilisce, molto concretamente, un meccanismo semplificato o snellito di esecuzione forzata degli obblighi contrattuali, che si basa su un duplice intervento dei notai, creando al contempo un precedente nell’esercizio, ad opera delle parti del contratto, delle loro prerogative. Essa consente così a una banca che, come nel caso del procedimento principale, abbia concluso un contratto di mutuo ipotecario con un privato e abbia incaricato un notaio di redigere un atto pubblico contenente un riconoscimento di debito da parte del debitore, di chiedere a tale notaio ( 16 ), in caso di inadempimento del contratto da parte del debitore, di apporre la formula esecutiva sull’atto pubblico. In altre parole, essa consente alla banca di chiedere al notaio, sulla base degli elementi che la stessa gli fornisce, di avviare, nel rispetto di taluni requisiti formali, l’esecuzione forzata del contratto, senza che a tal fine occorra adire un giudice. È solo in un secondo momento che il debitore può adire detto notaio al fine di ottenere la soppressione della formula esecutiva così apposta.

44.

Gli obblighi che incombono al notaio nella fase di apposizione della formula esecutiva sull’atto pubblico da lui redatto sono elencati nell’articolo 23/C della legge sull’esecuzione forzata giudiziale, che riprende il contenuto dell’articolo 112 della legge sui notai. Tali disposizioni prevedono che un notaio possa apporre detta formula esecutiva qualora siano soddisfatte le quattro condizioni da esse definite: l’atto pubblico deve contenere l’impegno relativo alla prestazione e alla controprestazione, i nomi del creditore e del debitore, l’oggetto dell’obbligazione, il suo importo e la sua causa nonché, infine, le sue modalità di esecuzione e il suo termine.

45.

Come ha confermato il governo ungherese, il controllo così operato dal notaio, sulla sola base dei documenti prodotti dalla parte che richiede l’apposizione della formula esecutiva, è di ordine puramente formale. Egli non è tenuto, in particolare, a valutare d’ufficio il carattere abusivo delle clausole del contratto da eseguire in applicazione dell’atto pubblico, ancorché disponga di tutti gli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine.

46.

La normativa ungherese prevede che il notaio possa, successivamente, sopprimere ( 17 ) la formula esecutiva apposta su un atto pubblico, su istanza del debitore, soppressione a cui si procede di diritto qualora l’apposizione sia avvenuta in violazione della legge. Il notaio che dispone l’esecuzione forzata può anche procedere alla revoca del mandato di esecuzione o alla soppressione della formula esecutiva in qualsiasi momento, su istanza di parte, sulla base delle informazioni a disposizione del pubblico ufficiale incaricato dell’esecuzione o d’ufficio.

47.

Il governo ungherese ha dichiarato, a tal riguardo, che detta procedura aveva il solo scopo di consentire il controllo della legittimità della procedura di apposizione della formula esecutiva, vale a dire del rispetto dei requisiti formali menzionati al paragrafo 13 delle presenti conclusioni. Pertanto, così come al notaio non è consentito controllare le varie clausole del contratto al momento dell’apposizione della formula esecutiva, non gli è consentito esercitare un siffatto controllo neanche nell’ambito del procedimento di soppressione di detta formula esecutiva.

48.

Alla luce dell’esposizione che precede, risulta chiaro che le due questioni pregiudiziali del giudice del rinvio sollevano un unico problema, che riguarda essenzialmente l’attribuzione al notaio di competenze in materia di dichiarazione del carattere esecutivo di un’obbligazione contrattuale – nella fattispecie un debito ipotecario – e che le stesse devono pertanto essere esaminate congiuntamente.

49.

Al fine di poter proporre una risposta utile a tali due questioni, occorre ricordare innanzitutto, oltre alla sentenza Banif Plus Bank espressamente citata dal giudice del rinvio nella sua seconda questione ( 18 ), le principali affermazioni della giurisprudenza pertinente della Corte riguardo alla direttiva 93/13 e, in particolare, ai suoi articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1.

2. La definizione data dalla Corte dei principali requisiti della direttiva 93/13

50.

Ai sensi dell’articolo 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), nelle politiche dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione dei consumatori, e tale imperativo vale per l’applicazione della direttiva 93/13 ( 19 ). La Corte ha anche avuto l’opportunità di precisare che il giudice nazionale, nell’attuare il diritto dell’Unione, deve rispettare i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, quale garantita dall’articolo 47 della Carta ( 20 ), tutela che deve valere sia sul piano della designazione dei giudici competenti a conoscere delle azioni fondate sul diritto dell’Unione, sia per quanto riguarda la definizione delle modalità procedurali relative a tali azioni ( 21 ).

51.

Ai sensi di una giurisprudenza costante della Corte, il sistema di tutela istituito dalla direttiva 93/13 è fondato sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere nelle trattative sia il grado di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni predisposte dal professionista, senza poter incidere sul contenuto delle stesse ( 22 ).

52.

Di conseguenza, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 prevede che le clausole abusive non vincolino il consumatore.

53.

La Corte ha ripetutamente dichiarato che tale disposizione era imperativa e tendeva a sostituire all’equilibrio formale, che il contratto determina fra i diritti e gli obblighi delle parti contraenti, un equilibrio reale, finalizzato a ristabilire l’uguaglianza tra queste ultime ( 23 ).

54.

Essa ne ha reiteratamente dedotto, in particolare, che il giudice nazionale è tenuto ad esaminare d’ufficio la natura abusiva di una clausola contrattuale che ricade nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 e, in tal modo, ad ovviare allo squilibrio che esiste tra il consumatore e il professionista, una volta che esso dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine ( 24 ), in quanto esiste un rischio non trascurabile che, soprattutto per ignoranza, il consumatore non faccia valere l’illiceità della clausola oppostagli ( 25 ).

55.

La Corte ha statuito, in particolare, che il giudice nazionale doveva adottare d’ufficio misure istruttorie al fine di accertare se una clausola rientrasse nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 e, in caso affermativo, valutare d’ufficio la natura eventualmente abusiva di una clausola siffatta ( 26 ). Essa ha precisato, inoltre, che il giudice nazionale che accerti il carattere abusivo di una clausola di un contratto è tenuto anche, da un lato, senza attendere che il consumatore presenti una domanda a tal fine, a trarre tutte le conseguenze che derivano, secondo il diritto nazionale, da tale accertamento, e in ogni caso nel rispetto del principio del contraddittorio ( 27 ), affinché quest’ultimo non sia vincolato da tale clausola e, dall’altro, a valutare, in linea di principio sulla base di criteri oggettivi, se il contratto di cui trattasi possa sussistere senza detta clausola ( 28 ).

56.

In tale contesto, occorre precisare che, nella sentenza Banif Plus Bank ( 29 ), citata espressamente dal giudice del rinvio nella seconda delle sue questioni, alla Corte veniva chiesto, in particolare, se gli articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 dovessero essere interpretati nel senso che essi ostano o, al contrario, consentono che il giudice nazionale che abbia accertato d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale informi le parti di aver rilevato l’esistenza di una causa di nullità e le inviti a presentare una dichiarazione al riguardo.

57.

Nella fattispecie, l Corte ha statuito che gli articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 dovevano essere interpretati nel senso che il giudice nazionale che abbia rilevato d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale non è tenuto, per poter trarre le conseguenze derivanti da tale accertamento, ad attendere che il consumatore, informato dei suoi diritti, presenti una dichiarazione diretta ad ottenere l’annullamento di detta clausola. Essa ha tuttavia aggiunto che il principio del contraddittorio imponeva, di norma, al giudice nazionale che abbia rilevato d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale di informarne le parti della controversia e di dare loro la possibilità di discuterne in contraddittorio secondo le forme previste al riguardo dalle norme nazionali di procedura ( 30 ).

58.

La Corte ha precisato, infine, che la direttiva 93/13 doveva essere interpretata nel senso che osta ad una normativa di uno Stato membro la quale non preveda, nel contesto di un procedimento di esecuzione ipotecaria, motivi di opposizione tratti dal carattere abusivo di una clausola contrattuale che costituisce il fondamento del titolo esecutivo, e, al contempo, non consenta al giudice del merito, competente a valutare il carattere abusivo di una clausola del genere, di emanare provvedimenti provvisori, tra cui, in particolare, la sospensione di detto procedimento esecutivo, allorché la concessione di tali provvedimenti risulti necessaria per garantire la piena efficacia della sua decisione finale ( 31 ).

59.

La medesima direttiva osta altresì ad una normativa nazionale che non consente al giudice dell’esecuzione, nell’ambito di un procedimento di esecuzione ipotecaria, di adottare provvedimenti provvisori, tra i quali, segnatamente, la sospensione dell’esecuzione, allorché la concessione di tali provvedimenti sia necessaria a garantire la piena efficacia della decisione finale del giudice investito del relativo procedimento di merito, competente ad esaminare il carattere abusivo di tale clausola ( 32 ).

60.

Da una giurisprudenza altrettanto costante della Corte risulta peraltro che, in mancanza, nel diritto dell’Unione, di un’armonizzazione dei meccanismi nazionali di esecuzione forzata, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire tali norme, in forza del principio di autonomia processuale, a condizione, tuttavia, che esse non siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (principio di effettività) ( 33 ). La Corte ha precisato inoltre che i procedimenti nazionali di esecuzione sono soggetti agli obblighi derivanti dalla sua giurisprudenza che impone al giudice nazionale di esaminare d’ufficio la natura abusiva di una clausola contrattuale che ricade nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 ( 34 ).

61.

La Corte ha dichiarato, in tale contesto, che, al fine di stabilire se una disposizione procedurale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione, occorre esaminare tale disposizione tenendo conto del suo ruolo nell’insieme del procedimento, dello svolgimento e delle peculiarità dello stesso, dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali ( 35 ), posto tuttavia che le caratteristiche specifiche dei procedimenti che si svolgono nel contesto nazionale tra i professionisti ed i consumatori non possono costituire un elemento atto a pregiudicare la tutela giuridica di cui devono godere questi ultimi in forza delle disposizioni della direttiva 93/13 ( 36 ).

62.

È alla luce di tali principi che occorre esaminare, nel contesto normativo in cui si inserisce, il procedimento di apposizione della formula esecutiva di cui trattasi nel procedimento principale.

3. Le risposte alle questioni pregiudiziali

63.

Dopo aver esposto il contesto normativo della presente causa, va sottolineato che il problema che è al centro delle due questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio deriva dal fatto che la normativa ungherese prevede che la dichiarazione del carattere esecutivo di un’obbligazione contenuta in un contratto tra un professionista e un consumatore, come il debito ipotecario di cui trattasi nel procedimento principale, possa essere richiesta a un notaio, senza che sia stato preliminarmente esaminato, se del caso d’ufficio e nel rispetto del contraddittorio, l’eventuale carattere abusivo delle clausole contrattuali, indipendentemente dai mezzi di ricorso che consentano peraltro di contestare il contratto o la sua esecuzione forzata. Lo stesso regime disciplina l’eventuale domanda successiva di soppressione della formula esecutiva.

64.

L’argomento centrale sia del debitore che della Commissione è che detta possibilità di avviare l’esecuzione forzata di un contratto è tale da violare la giurisprudenza della Corte sopra richiamata riguardante la direttiva 93/13, tra cui la sentenza Banif Plus Bank ( 37 ). Infatti, poiché, come si è affermato, l’apposizione, da parte di un notaio, della formula esecutiva su un atto pubblico contenente un contratto produce effetti analoghi a quelli di una decisione giurisdizionale, ne consegue necessariamente che tale giurisprudenza deve applicarsi integralmente all’intervento del notaio. Il notaio sarebbe quindi soggetto, in particolare, all’obbligo di rilevare d’ufficio l’eventuale carattere abusivo delle clausole contrattuali e di invitare le parti a discuterne in contraddittorio.

65.

Tale lettura della giurisprudenza della Corte omette tuttavia un elemento fondamentale, vale a dire il fatto che quest’ultima riguarda specificamente il ruolo del giudice nazionale chiamato ad esercitare le sue funzioni, iscrivendosi quindi rigorosamente nell’esercizio della funzione giurisdizionale. Detta giurisprudenza parte quindi dalla premessa che ad essere adito sia un giudice, il quale può esaminare, se del caso d’ufficio, prima di dichiarare esecutiva un’obbligazione contrattuale, a partire dal momento in cui dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine, l’eventuale presenza di clausole abusive, suscitare una discussione in contraddittorio tra le parti a tal riguardo e trarre le conseguenze che ne derivino, dichiarando nulle le clausole abusive o opponendosi all’esecuzione forzata, «alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali» ( 38 ).

66.

La possibilità di estendere al notaio, nelle situazioni in cui una normativa nazionale gli attribuisce il potere di apporre la formula esecutiva su un atto pubblico contenente un contratto, e successivamente di sopprimerla alla scadenza, la facoltà di esercitare competenze che rientrano direttamente nella funzione giurisdizionale si scontra con difficoltà praticamente insormontabili, che riguardano il principio del monopolio di detta funzione giurisdizionale.

67.

Infatti, la direttiva 93/13, come interpretata dalla Corte, non può avere come conseguenza di imporre agli Stati membri una modifica della funzione notarile di portata tale da condurre il notaio a promuovere un incidente contraddittorio tra le parti di un contratto, al termine del quale egli sarebbe tenuto a decidere sul carattere abusivo di una clausola contrattuale e sulla sua eventuale nullità.

68.

In tale prospettiva, ritengo che non si possa che rispondere negativamente, fatte salve talune precisazioni, alle due questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio, come riformulate ai paragrafi 40 e 41 delle presenti conclusioni.

69.

Innanzitutto, la direttiva 93/13 deve essere interpretata nel senso che essa non osta, in linea di principio, alla normativa di uno Stato membro che, come è incontestabilmente suo diritto, consenta a un notaio di apporre la formula esecutiva su atto pubblico contenente un contratto, senza che preliminarmente avvenga alcun controllo, se del caso d’ufficio, del carattere eventualmente abusivo delle clausole contrattuali.

70.

Certamente, come ha rilevato la Commissione in udienza, il procedimento di esecuzione semplificata di cui trattasi nel procedimento principale consente, se del caso, a un professionista di ottenere da un notaio, in un primo momento, una dichiarazione del carattere esecutivo di un’obbligazione contrattuale, senza che si instauri necessariamente e preliminarmente un procedimento giudiziario in contraddittorio. Il consumatore che intenda opporvisi è quindi obbligato a proporre un ricorso per contestare la validità del contratto, oppure a proporre un ricorso volto all’estinzione o alla limitazione dell’esecuzione forzata a norma dell’articolo 369 del codice di procedura civile.

71.

Tuttavia, il semplice fatto che la normativa nazionale non abbia incorporato l’obbligo, per il notaio, di rilevare d’ufficio, nella fase di apposizione della formula esecutiva sull’atto pubblico riguardante un contratto concluso tra un professionista e un consumatore, il carattere abusivo delle clausole di tale contratto e, sempre nel rispetto del contraddittorio, di trarne le conseguenze, non può, di per sé, portare alla conclusione che il diritto ungherese non è compatibile con la direttiva 93/13, sempre che, peraltro, a detto consumatore sia garantita una tutela giurisdizionale effettiva.

72.

Da una parte, infatti, la direttiva 93/13 non fornisce un fondamento sufficiente per contestare la competenza di principio degli Stati membri di attribuire ai notai il potere di apporre la formula esecutiva su un atto pubblico riguardante un contratto. Dall’altra, non è possibile estendere al notaio il mandato conferito al giudice dalla direttiva 93/13, quale interpretata dalla Corte.

73.

Peraltro, come ho già osservato, tutta la giurisprudenza pertinente della Corte riguardante la particolare responsabilità dei giudici nazionali nell’attuazione della direttiva 93/13, e in particolare la necessità di consentire loro di valutare d’ufficio l’eventuale carattere abusivo delle clausole di un contratto, si basa sul presupposto che questi ultimi siano preliminarmente aditi da una delle parti di tale contratto.

74.

Orbene, come ha affermato in sostanza il governo tedesco, né la direttiva 93/13 né la giurisprudenza pertinente della Corte possono essere interpretate nel senso che gli Stati membri siano tenuti a prevedere un obbligo giuridico per i notai di sostituirsi ai giudici nazionali al fine di controllare, nel rispetto del contraddittorio, il carattere abusivo delle clausole dei contratti contenuti negli atti pubblici da essi redatti, oppure, più in generale, a modificare le loro norme di procedura civile in modo tale che i notai dispongano del potere di ovviare alla totale passività dei consumatori che non abbiano esercitato il loro diritto di ricorso.

75.

Inoltre, per necessità di coerenza con quanto precede e per quanto riguarda la seconda questione, la direttiva 93/13 deve essere parimenti interpretata nel senso che non osta a una normativa nazionale che non consenta a un consumatore di chiedere la soppressione della formula esecutiva apposta su un atto pubblico riguardante un contratto con un professionista invocando la mancata valutazione preliminare del carattere abusivo delle clausole contrattuali.

76.

Infatti, imporre al notaio, sulla sola base della direttiva 93/13, l’obbligo di pronunciarsi sulla presenza di clausole abusive al termine di un procedimento in contraddittorio, nella fase di apposizione della formula esecutiva su un atto pubblico riguardante un contratto, è altrettanto difficile che imporgli il medesimo obbligo nell’ambito di un procedimento di soppressione di detta formula. È pertanto sufficiente rinviare, a tal riguardo, alle considerazioni esposte ai paragrafi da 69 a 74 delle presenti conclusioni.

77.

Ciò detto, una risposta adeguata alle questioni sollevate dal giudice del rinvio, che sia utile a quest’ultimo e resti coerente con lo spirito della direttiva 93/13, quale interpretata dalla Corte, non può limitarsi a questa sola dichiarazione di compatibilità di principio della normativa di cui trattasi nel procedimento principale. Al contrario, è necessario formulare alcuni «caveat», desunti in larga misura dalla giurisprudenza della Corte. Occorre infatti insistere, precisandoli, sugli obblighi che incombono sia ai notai sia ai giudici nazionali, per quanto riguarda l’obiettivo specifico della tutela dei consumatori perseguito dalla direttiva 93/13 e, più in generale, i requisiti derivanti dal diritto a una tutela giurisdizionale effettiva ai sensi dell’articolo 47 della Carta.

78.

Per quanto riguarda i notai, innanzitutto, dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio e dalle osservazioni scritte e orali presentate alla Corte risulta che la legge sui notai, che sancisce l’importanza del loro ruolo nella prevenzione delle controversie e nella diminuzione del carico di lavoro dei giudici, definisce i loro obblighi, al suo articolo 1, in termini molto generali. Essi sono tenuti, in particolare, con la loro consulenza, nei procedimenti rientranti nelle proprie attribuzioni, a prestare assistenza alle parti, assicurando la parità di trattamento di queste ultime, nell’esercizio dei loro diritti e nell’adempimento dei loro obblighi.

79.

L’articolo 3, paragrafo 1, della legge sui notai precisa inoltre che «il notaio deve rifiutare di prestare la sua assistenza qualora essa sia incompatibile con i suoi obblighi, in particolare qualora la sua assistenza sia richiesta ai fini di un’operazione giuridica contraria alla legge o che tende ad aggirare quest’ultima o il cui scopo è vietato o abusivo». L’articolo 3, paragrafo 2, della legge sui notai aggiunge che, «[q]ualora, nel corso del procedimento, il notaio rilevi un elemento che solleva dubbi, senza che ciò lo obblighi a rifiutare la sua assistenza, è tenuto ad attirare l’attenzione delle parti su tale elemento e a farne menzione per iscritto. Se la parte solleva un’obiezione riguardo a detto elemento, il notaio rifiuta la propria assistenza».

80.

Nella fase di redazione degli atti pubblici riguardanti un contratto, i notai hanno quindi, alla luce degli obblighi incombenti agli Stati membri in forza dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, che impone loro di prevedere mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra i professionisti e i consumatori, una particolare responsabilità d’informazione e di consulenza del consumatore.

81.

In situazioni come quelle di cui al procedimento principale, il notaio deve provvedere scrupolosamente, al momento della redazione di un atto pubblico riguardante un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, non solo ad avvisare il consumatore dell’eventuale esistenza di clausole contrattuali abusive che egli abbia rilevato, ma anche ad informarlo del potere, che gli attribuisce la legge, di apporre alla scadenza la formula esecutiva su tale atto pubblico, ed eventualmente di decidere sulla sua soppressione, sulla sola base di un controllo formale, nonché delle conseguenze che derivano da detta apposizione, segnatamente sul piano processuale.

82.

Nel caso di specie, dalle considerazioni che precedono risulta che il notaio, secondo il diritto ungherese, è autorizzato a svolgere, nella fase di redazione di un atto pubblico riguardante un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, un ruolo di prevenzione del carattere abusivo delle clausole di tale contratto, e che egli può, quantomeno, e segnatamente in caso di dubbi sul carattere abusivo di una clausola, informarne le parti, e specialmente il consumatore, il quale può quindi, se del caso, esercitare il proprio diritto di ricorso adendo il giudice nazionale competente.

83.

Le disposizioni generali della legge sui notai sono pertanto, in linea di principio, idonee a contribuire al rispetto dei requisiti stabiliti dall’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, che impone agli Stati membri di prevedere mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra i professionisti e i consumatori. Spetta tuttavia al giudice del rinvio, l’unico competente ad interpretare il diritto nazionale, valutare le circostanze del procedimento principale e trarne, se del caso, le conseguenze.

84.

Per quanto riguarda i giudici, occorre poi ricordare che gli Stati membri sono tenuti a garantire ai consumatori una tutela giurisdizionale effettiva, offrendo loro la possibilità di impugnare il contratto stesso e/o di opporsi alla sua esecuzione forzata, mediante mezzi di ricorso che non siano soggetti a condizioni, in particolare di termine, che rendano eccessivamente difficile o praticamente impossibile l’esercizio dei diritti garantiti dalla direttiva 93/13 ( 39 ), e che consentano al giudice di esaminare, se del caso d’ufficio a partire dal momento in cui disporrà di tutti gli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine, il carattere abusivo delle clausole del contratto e, nel rispetto del principio del contraddittorio, trarne le conseguenze alle condizioni stabilite dall’ordinamento nazionale, conformemente alla giurisprudenza della Corte.

85.

Nel caso di specie, dalle spiegazioni fornite sia dal giudice del rinvio che dal governo ungherese, risulta che il diritto ungherese prevede che il consumatore possa, da una parte, proporre un ricorso per contestare la validità del contratto e, dall’altra, avviare un procedimento volto all’estinzione o alla limitazione dell’esecuzione forzata, ai sensi dell’articolo 369 del codice di procedura civile. Nell’ambito di quest’ultimo procedimento, il consumatore può inoltre chiedere, come ha rilevato la Commissione, la sospensione dell’esecuzione forzata del contratto avviata con l’apposizione della formula esecutiva da parte del notaio.

86.

Il consumatore potrebbe così, innanzitutto, adire in qualsiasi momento, prima o dopo l’apposizione della formula esecutiva, i giudici nazionali con un ricorso che contesti la validità del contratto sulla base del quale è stato redatto l’atto pubblico munito della formula esecutiva.

87.

Egli potrebbe inoltre, una volta apposta la formula esecutiva, e fatta salva la possibilità, già menzionata, di chiederne la soppressione, avviare un procedimento volto all’estinzione o alla limitazione dell’esecuzione forzata, ai sensi dell’articolo 369 del codice di procedura civile, nell’ambito del quale gli sarebbe possibile invocare l’invalidità del contratto e chiedere la sospensione dell’esecuzione, a norma dell’articolo 370 del codice di procedura civile.

88.

È nell’ambito di tali procedimenti che l’insieme della giurisprudenza pertinente della Corte, richiamata ai paragrafi da 51 a 62 delle presenti conclusioni, deve trovare piena applicazione. Il rispetto dei requisiti stabiliti da tale giurisprudenza si impone con una particolare forza nell’ambito di un procedimento come quello previsto dagli articoli 369 e 370 del codice di procedura civile, in quanto la prima di dette disposizioni elenca in modo tassativo i motivi per i quali è possibile chiedere l’estinzione o la limitazione dell’esecuzione forzata avviata con l’apposizione, da parte di un notaio, della formula esecutiva su un atto pubblico riguardante un contratto, tra i quali non figura l’eventuale carattere abusivo delle clausole contrattuali.

89.

Di conseguenza, alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle due questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio dichiarando che gli articoli 6 e 7 della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano, in linea di principio, a una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che consenta a un notaio che abbia redatto, in osservanza dei requisiti formali, un atto pubblico riguardante un contratto tra un professionista e un consumatore di avviare l’esecuzione forzata del contratto nei confronti del consumatore che non abbia adempiuto i propri obblighi, procedendo all’apposizione della formula esecutiva su tale atto oppure rifiutandosi di procedere alla soppressione di quest’ultima, senza che, in alcuna delle fasi del procedimento, sia avvenuto un controllo del carattere abusivo delle clausole del contratto.

90.

Incombe tuttavia al notaio, nel momento in cui redige un tale atto pubblico, l’obbligo di informare detto consumatore dell’eventuale esistenza di clausole contrattuali abusive che egli abbia rilevato, nonché del potere, attribuitogli dalla legge, di avviare l’esecuzione forzata del contratto sulla sola base di un controllo formale, e delle conseguenze che ne derivano, segnatamente sul piano processuale.

91.

Per contro, la medesima direttiva osta a una normativa nazionale che impedisca a un giudice nazionale, indipendentemente dalla natura del procedimento nell’ambito del quale egli sia adito, di esaminare d’ufficio, nel rispetto del principio del contraddittorio, il carattere abusivo delle clausole del contratto, qualora disponga di tutti gli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine, e di trarne le conseguenze.

V – Conclusione

92.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue alle due questioni pregiudiziali sollevate dal Fővárosi Törvényszék:

Gli articoli 6 e 7 della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano, in linea di principio, a una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che consenta a un notaio che abbia redatto, in osservanza dei requisiti formali, un atto pubblico riguardante un contratto tra un professionista e un consumatore, di avviare l’esecuzione forzata del contratto nei confronti del consumatore che non abbia adempiuto i propri obblighi, procedendo all’apposizione della formula esecutiva su tale atto oppure rifiutandosi di procedere alla soppressione di quest’ultima, senza che, in alcuna delle fasi del procedimento, sia avvenuto un controllo del carattere abusivo delle clausole del contratto.

Incombe tuttavia al notaio, nel momento in cui redige un tale atto pubblico, l’obbligo di informare detto consumatore dell’eventuale esistenza di clausole contrattuali abusive che egli abbia rilevato, nonché del potere, attribuitogli dalla legge, di avviare l’esecuzione forzata del contratto sulla sola base di un controllo formale, e delle conseguenze che ne derivano, segnatamente sul piano processuale.

Per contro, la medesima direttiva osta a una normativa nazionale che impedisca a un giudice nazionale, indipendentemente dalla natura del procedimento nell’ambito del quale egli sia adito, di esaminare d’ufficio, nel rispetto del principio del contraddittorio, il carattere abusivo delle clausole del contratto, qualora disponga di tutti gli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine, e di trarne le conseguenze.


( 1 )   Lingua originale: il francese.

( 2 )   GU L 95, pag. 2.

( 3 )   V., in particolare, sentenze Pannon GSM (C‑243/08, EU:C:2009:350); VB Pénzügyi Lízing (C‑137/08, EU:C:2010:659); Invitel (C‑472/10, EU:C:2012:242); Banif Plus Bank (C‑472/11, EU:C:2013:88); Jőrös (C‑397/11, EU:C:2013:340); Kásler e Káslerné Rábai (C‑26/13, EU:C:2014:282), nonché Baczó e Vizsnyiczai (C‑567/13, EU:C:2015:88), e ordinanza Sebestyén (C‑342/13, EU:C:2014:1857).

( 4 )   V., in particolare, sentenze Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (da C‑240/98 a C‑244/98, EU:C:2000:346); Mostaza Claro (C‑168/05, EU:C:2006:675); Asturcom Telecomunicaciones (C‑40/08, EU:C:2009:615); Banco Español de Crédito (C‑618/10, EU:C:2012:349); Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164); Barclays Bank (C‑280/13, EU:C:2014:279); Sánchez Morcillo e Abril García (C‑169/14, EU:C:2014:2099); Unicaja Banco e Caixabank (C‑482/13, C‑484/13, C‑485/13 e C‑487/13, EU:C:2015:21), nonché ordinanza Banco Popular Español e Banco de Valencia (C‑537/12 e C‑116/13, EU:C:2013:759).

( 5 )   In prosieguo: il «codice civile».

( 6 )   In prosieguo: il «codice di procedura civile».

( 7 )   In prosieguo: la «legge sull’esecuzione forzata giudiziale».

( 8 )   In prosieguo: la «legge sui notai».

( 9 )   In prosieguo: la «Erste Bank».

( 10 )   In prosieguo: il «debitore».

( 11 )   Il governo ungherese cita, a tal riguardo, le decisioni n. 2/2010 del 28 luglio 2010 e n. 2/2012 del dicembre 2012.

( 12 )   Sentenza Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 56).

( 13 )   C‑618/10, EU:C:2012:349.

( 14 )   C‑472/11, EU:C:2013:88.

( 15 )   C‑472/11, EU:C:2013:88.

( 16 )   In udienza è stato precisato che il diritto ungherese consente, qualora le circostanze lo richiedano, che intervengano due notai: il primo per redigere l’atto pubblico e il secondo per apporre la formula esecutiva.

( 17 )   Articoli 211 e 224/A della legge sull’esecuzione forzata giudiziale.

( 18 )   C‑472/11, EU:C:2013:88, punto 17.

( 19 )   V., in particolare, sentenze Pohotovosť (C‑470/12, EU:C:2014:101, punto 52), e Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 47).

( 20 )   V. sentenze Banif Plus Bank (C‑472/11, EU:C:2013:88, punto 29), Sánchez Morcillo e Abril García (C‑169/14, EU:C:2014:2099, punto 35), e Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 47).

( 21 )   V. sentenze Alassini e a. (da C‑317/08 a C‑320/08, EU:C:2010:146, punto 49), nonché Sánchez Morcillo e Abril García (C‑169/14, EU:C:2014:2099, punto 35).

( 22 )   V., in particolare, sentenze Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (da C‑240/98 a C‑244/98, EU:C:2000:346, punto 25); Mostaza Claro (C‑168/05, EU:C:2006:675, punto 25); Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 44); Barclays Bank (C‑280/13, EU:C:2014:279, punto 32); Sánchez Morcillo e Abril García (C‑169/14, EU:C:2014:2099, punto 22), nonché Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 48).

( 23 )   V., in particolare, sentenze Banco Español de Crédito (C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 40), nonché Sánchez Morcillo e Abril García (C‑169/14, EU:C:2014:2099, punto 23).

( 24 )   V., in particolare, sentenze Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 46); Barclays Bank (C‑280/13, EU:C:2014:279, punto 34), e Sánchez Morcillo e Abril García (C‑169/14, EU:C:2014:2099, punto 24), nonché ordinanza Banco Popular Español e Banco de Valencia (C‑537/12 e C‑116/13, EU:C:2013:759, punto 41).

( 25 )   V. sentenza Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (da C‑240/98 a C‑244/98, EU:C:2000:346, punto 26).

( 26 )   V. sentenza VB Pénzügyi Lízing (C‑137/08, EU:C:2010:659, punti da 49 a 56), a proposito di una clausola attributiva della competenza giurisdizionale territoriale esclusiva contenuta nel contratto che costituiva l’oggetto della controversia; v. anche sentenze Banco Español de Crédito (C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 44), e Banif Plus Bank (C‑472/11, EU:C:2013:88, punto 24).

( 27 )   V. sentenza Banif Plus Bank (C‑472/11, EU:C:2013:88, punti da 17 a 36).

( 28 )   V. sentenza Jőrös (C‑397/11, EU:C:2013:340, punto 48).

( 29 )   C‑472/11, EU:C:2013:88, punto 17.

( 30 )   V. punti da 17 a 36.

( 31 )   V. sentenze Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punti da 49 a 64), e Barclays Bank (C‑280/13, EU:C:2014:279, punto 36).

( 32 )   V. ordinanza Banco Popular Español e Banco de Valencia (C‑537/12 e C‑116/13, EU:C:2013:759, punto 60), e sentenza Sánchez Morcillo e Abril García (C‑169/14, EU:C:2014:2099, punto 28).

( 33 )   V. sentenze Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 50); Pohotovosť (C 470/12, EU:C:2014:101, punto 46); Barclays Bank (C‑280/13, EU:C:2014:279, punto 37); Sánchez Morcillo e Abril García (C‑169/14, EU:C:2014:2099, punto 31), e Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 50), nonché ordinanza Banco Popular Español e Banco de Valencia (C‑537/12 e C‑116/13, EU:C:2013:759, punto 45).

( 34 )   V. sentenze Pohotovosť (C‑470/12, EU:C:2014:101, punto 51), nonché Sánchez Morcillo e Abril García (C‑169/14, EU:C:2014:2099, punto 24).

( 35 )   V. sentenze Asociación de Consumidores Independientes de Castilla y León (C‑413/12, EU:C:2013:800, punto 34), e Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 52).

( 36 )   V. sentenze Banco Español de Crédito (C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 55); Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 62), e Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 53).

( 37 )   C‑472/11, EU:C:2013:88.

( 38 )   V., in particolare, sentenze Asturcom Telecomunicaciones (C‑40/08, EU:C:2009:615, punto 58), e Banif Plus Bank (C‑472/11, EU:C:2013:88, punti 2527).

( 39 )   Sulla questione dei termini di decadenza, v. conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa BBVA (C‑8/14, EU:C:2015:321).