CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
YVES BOT
presentate il 12 novembre 2015 ( 1 )
Causa C‑12/14
Commissione europea
contro
Repubblica di Malta
«Inadempimento di uno Stato — Previdenza — Pensioni di vecchiaia — Norme anticumulo — Persone che beneficiano di una pensione di vecchiaia nella vigenza del regime nazionale e di una pensione di funzionario nella vigenza del regime di un altro Stato membro — Riduzione dell’importo della pensione di vecchiaia»
I – Introduzione
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1. |
Nella normativa di diritto derivato che coordina i sistemi previdenziali degli Stati membri, figurano norme speciali che limitano o vietano l’applicazione delle disposizioni anticumulo nazionali per effetto delle quali la pensione di vecchiaia spettante ad un assicurato in uno Stato membro deve essere dedotta per il fatto di beneficiare di una prestazione della stessa natura in un altro Stato membro. |
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2. |
L’attuazione di tali norme speciali si colloca al centro della presente controversia, con la quale la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica di Malta, prevedendo una norma che vieta il cumulo di una pensione di vecchiaia nazionale e di una pensione di vecchiaia di pubblico dipendente di altri Stati membri, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza, da un lato, dell’articolo 46 ter del regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità ( 2 ), e, dall’altro, dell’articolo 54 del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale ( 3 ). |
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3. |
Le fattispecie all’origine di tale procedimento, sorte in un contesto storico particolare, richiamato dalla Repubblica di Malta nelle proprie memorie, riguardano cittadini maltesi in pensione che, avendo lavorato per i servizi britannici a Malta anteriormente al 31 marzo 1979, data in cui le ultime forze britanniche hanno lasciato l’isola, percepiscono sia una pensione di vecchiaia maltese sia una pensione «complementare» di dipendente pubblico del Regno Unito, la quale, in forza di una norma anticumulo contenuta nella legislazione maltese, viene dedotta dalla pensione di vecchiaia maltese. |
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4. |
Nelle presenti conclusioni, sosterrò che la circostanza che un regime pensionistico di uno Stato membro, rientrante nella qualificazione di legislazione relativa ad un settore di sicurezza sociale, ai sensi degli articoli 1, lettera j), del regolamento n. 1408/71 e 1, lettera l), del regolamento n. 883/2004, non sia stato dichiarato come tale dallo Stato membro di cui fa parte, non incide su tale qualificazione. |
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5. |
Farò parimenti valere che, nonostante il fatto che le pensioni di anzianità concesse in base ai regimi dei pubblici dipendenti del Regno Unito vengano versate a complemento della pensione di vecchiaia di base corrisposta dal Servizio sanitario nazionale (National Health Service) e dipendano dal posto ricoperto dall’interessato, esse rientrano nella sfera di applicazione del sistema di coordinamento dei regimi previdenziali. |
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6. |
Ne concluderò che il ricorso deve essere accolto. |
II – Contesto normativo
A – Diritto dell’Unione
1. Il regolamento n. 1408/71
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7. |
Il regolamento n. 1408/71 mira al coordinamento, nel quadro della libera circolazione delle persone, delle legislazioni nazionali sulla sicurezza sociale. |
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8. |
L’articolo 1 di tale regolamento, intitolato «Definizioni», dispone quanto segue: «Ai fini dell’applicazione del presente regolamento: (...)
Questo termine esclude le disposizioni contrattuali, esistenti o future, che siano state o meno oggetto di una decisione dei pubblici poteri che le renda vincolanti o estenda il loro campo di applicazione (…). (...)». |
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9. |
L’articolo 4 del regolamento n. 1408/71, che definisce l’ambito di applicazione ratione materiae di tale regolamento, prevede, al suo paragrafo 1: «Il presente regolamento si applica a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti: (...)
(...)». |
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10. |
L’articolo 5 del regolamento n. 1408/71, intitolato «Dichiarazioni degli Stati membri sul campo d’applicazione del presente regolamento», obbliga, segnatamente, gli Stati membri a menzionare, in dichiarazioni notificate al Presidente del Consiglio dell’Unione europea e pubblicate sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, le legislazioni e i regimi di cui all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento medesimo. |
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11. |
L’articolo 46 ter del regolamento n. 1408/71, intitolato «Disposizioni particolari applicabili in caso di cumulo di prestazioni della stessa natura dovute in virtù della legislazione di due o più Stati membri», precisa quanto segue: «1. Le clausole di riduzione, sospensione o soppressione previste dalla legislazione di uno Stato membro non sono applicabili a una prestazione calcolata conformemente all’articolo 46, paragrafo 2. 2. Clausole di riduzione, sospensione o soppressione previste dalla legislazione di uno Stato membro sono applicabili ad una prestazione calcolata conformemente all’articolo 46, paragrafo 1, lettera a), punto i), soltanto quando si tratti:
(...) Le prestazioni di cui alle lettere a) e b) e gli accordi sono menzionati nell’allegato IV, parte D». |
2. Il regolamento n. 883/2004
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12. |
Il regolamento n. 883/2004 ha sostituito, a decorrere dal 1o maggio 2010, il regolamento n. 1408/71. |
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13. |
Ai sensi dell’articolo 1 di tale regolamento, intitolato «Definizioni»: «Ai fini del presente regolamento si intende per: (...)
Questo termine esclude le disposizioni contrattuali diverse da quelle che servono ad attuare un obbligo di assicurazione derivante dalle leggi e dai regolamenti di cui al comma precedente o che hanno formato oggetto di una decisione delle autorità pubbliche che le rende vincolanti o che ne estende l’ambito d’applicazione purché lo Stato membro interessato rilasci una dichiarazione al riguardo, provvedendo a notificarla al presidente del Parlamento europeo e al presidente del Consiglio (...). (...)». |
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14. |
Il successivo articolo 3, intitolato «Ambito d’applicazione “ratione materiae”», al paragrafo 1 così dispone: «Il presente regolamento si applica a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti: (...)
(...)». |
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15. |
Il successivo articolo 9, intitolato «Dichiarazioni degli Stati membri sull’ambito di applicazione del presente regolamento», al paragrafo 1 prevede quanto segue: «Gli Stati membri notificano per iscritto alla Commissione (…) le legislazioni e i regimi di cui all’articolo 3 (…). In tali notifiche è indicata la data di entrata in vigore delle leggi e dei regimi in questione (...)». |
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16. |
L’articolo 54 del regolamento medesimo, intitolato «Cumulo di prestazioni della stessa natura», così recita: «1. In caso di cumulo di prestazioni della stessa natura dovute secondo la legislazione di due o più Stati membri, le clausole anticumulo previste dalla legislazione di uno Stato membro non sono applicabili a una prestazione prorata. 2. Le clausole anticumulo si applicano a una prestazione autonoma soltanto quando si tratta:
(...) Le prestazioni e gli accordi di cui alle lettere a) e b) sono elencati nell’allegato IX». |
3. La direttiva 98/49/CE
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17. |
L’obiettivo della direttiva 98/49/CE ( 4 ) consiste, a termini del suo articolo 1, primo periodo, nel tutelare i diritti degli iscritti a regimi pensionistici complementari che si spostano da uno Stato membro all’altro, contribuendo così alla rimozione degli ostacoli che si frappongono alla libera circolazione dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi. |
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18. |
Nel considerando 4 di tale direttiva si afferma che «il sistema di coordinamento previsto [nel regolamento n. 1408/71] e, in particolare, le regole in materia di cumulo non sono appropriati per i regimi pensionistici complementari, a eccezione dei regimi coperti dal termine “legislazione”». |
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19. |
Ai sensi del successivo considerando 5, «nessuna pensione o prestazione dovrebbe essere simultaneamente assoggettata alle disposizioni della presente direttiva e a quelle [del regolamento n. 1408/71]». |
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20. |
A termini dell’articolo 1, secondo periodo, della direttiva medesima, la tutela degli iscritti riguarda i diritti a pensione a titolo di regimi pensionistici complementari sia volontari sia obbligatori, «ad eccezione dei regimi disciplinati dal regolamento (…) n. 1408/71». |
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21. |
A termini del successivo articolo 3: «Ai fini della presente direttiva si intende per:
(...)». |
B – La normativa maltese
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22. |
L’articolo 56 della legge sulla sicurezza sociale (Social Security Act) prevede che, laddove una persona abbia diritto ad una pensione di anzianità diversa da una pensione di anzianità che sia stata, in qualsivoglia momento, commutata totalmente, qualsiasi pensione acquisita in conformità alle disposizioni di cui agli articoli da 53 a 55 della legge stessa viene dedotta dall’importo di tale pensione di anzianità. |
III – Procedimento precontenzioso
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23. |
A seguito di tre petizioni rivolte al Parlamento da tre cittadini maltesi, in cui si lamentava che l’importo della pensione da essi percepita in forza di tre regimi pensionistici del Regno Unito, ossia quelli concernenti il personale dell’amministrazione pubblica, del Servizio sanitario nazionale e delle forze armate ( 5 ), veniva dedotto dalla loro pensione legale di vecchiaia maltese, e ciò in applicazione dell’articolo 56 della legge sulla sicurezza sociale, la Commissione intimava alla Repubblica di Malta, con lettera del 25 novembre 2010, di presentare osservazioni. |
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24. |
Con lettera del 27 gennaio 2011, la Repubblica di Malta rispondeva sostenendo, sostanzialmente, che le pensioni versate dai regimi dei dipendenti pubblici del Regno Unito non ricadrebbero nell’ambito di applicazione dei regolamenti nn. 1408/71 e 883/2004, |
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25. |
Con lettera del 28 dicembre 2011, la Repubblica di Malta forniva alla Commissione giustificazioni complementari. |
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26. |
Il 28 febbraio 2012, la Commissione trasmetteva alla Repubblica di Malta un parere motivato, nel quale confermava la propria posizione ed invitava lo Sato medesimo a conformarsi a tale parere motivato entro il termine di due mesi a decorrere dalla sua notifica. |
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27. |
Avendo la Repubblica di Malta, nella propria risposta del 25 luglio 2012, ribadito la propria posizione, la Commissione decideva di proporre il presente ricorso. |
IV – Il ricorso
A – La ricevibilità del ricorso
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28. |
La Repubblica di Malta contesta la ricevibilità del ricorso, sostenendo che avrebbero dovuto essere diretto non nei suoi confronti, bensì nei confronti del Regno Unito. |
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29. |
A sostegno di tale tesi, la Repubblica di Malta fa valere che i regimi in questione non sono stati menzionati nella dichiarazione fatta dal Regno Unito in applicazione degli articoli 5 del regolamento n. 1408/71 e 9, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, in quanto il Regno Unito ritiene che tali regimi costituiscano regimi professionali complementari non ricompresi nell’ambito di applicazione di tali regolamenti, bensì in quello della direttiva 98/49. |
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30. |
Orbene, a parere della Repubblica di Malta, se la Commissione non concorda con la dichiarazione fatta da uno Stato membro in ordine alle prestazioni ricomprese nell’ambito di applicazione del settore del coordinamento dei regimi previdenziali, l’Istituzione, nel suo ruolo di custode dei trattati, è tenuta a proseguire l’esame della causa direttamente con lo Stato membro interessato, senza poter percorrere una via indiretta, avviando un procedimento nei confronti di un altro Stato membro che applica correttamente le disposizioni di detti regolamenti in conformità a tale dichiarazione. Secondo la Repubblica di Malta, procedere contro uno Stato membro manifestamente non in grado di fornire gli elementi di prova relativi ad un regime pensionistico che lo stesso non gestisce costituirebbe una violazione del diritto ad un processo equo. |
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31. |
Il Regno Unito, intervenuto nel procedimento a sostegno della Repubblica di Malta, afferma che la Commissione, avvalendosi del procedimento previsto all’articolo 258 TFUE per mettere in discussione le misure di un altro Stato membro, incorre in uno sviamento di potere. Secondo il Regno Unito, lo Stato membro oggetto di tale contestazione indiretta viene privato della protezione conferita dal procedimento precontenzioso e, quale interveniente, dispone di diritti procedurali più limitati nella procedura di infrazione avviata. |
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32. |
Non condivido tale tesi e sostengo, al contrario, la tesi opposta, secondo la quale il mancato esercizio, da parte della Commissione, di un ricorso preliminare per inadempimento nei confronti del Regno Unito per omessa notifica dei regimi in questione in forza della dichiarazione effettuata in applicazione degli articoli 5 del regolamento n. 1408/71 e 9, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 non incide affatto sulla ricevibilità dell’azione esercitata nei confronti della Repubblica di Malta a causa dell’applicazione, da parte di tale Stato membro, di una norma anticumulo nazionale. |
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33. |
In primo luogo, occorre rammentare che, secondo costante giurisprudenza, la Commissione dispone di un potere discrezionale per proporre un ricorso per inadempimento nel momento in cui lo ritenga opportuno ( 6 ), e le considerazioni sulle quali si fonda tale decisione non possono avere alcuna incidenza sulla ricevibilità di tale ricorso ( 7 ). Inoltre, la Commissione è l’unica competente a decidere per quale comportamento od omissione imputabile allo Stato membro interessato il procedimento debba essere intrapreso ( 8 ). |
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34. |
Orbene, dichiarare irricevibile il ricorso per inadempimento esperito nei confronti della Repubblica di Malta sulla base del rilievo che la Commissione non ha avviato preliminarmente una procedura di infrazione nei confronti del Regno Unito equivarrebbe a imporre all’istituzione l’obbligo di introdurre due ricorsi a causa di due comportamenti materialmente differenti, benché essa disponga del potere discrezionale di esercitarne uno solo, e ad imporle, inoltre, un ordine di esercizio di questi due ricorsi, sebbene la Commissione, nel sistema istituito dall’articolo 258 TFUE, disponga parimenti di un potere discrezionale nella determinazione di tale ordine. |
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35. |
È nell’esercizio di tale potere discrezionale che la Commissione, a seguito di petizioni presentate da taluni cittadini maltesi, ha deciso di proporre ricorso nei confronti della Repubblica di Malta, contestandole l’inadempimento consistente nell’applicazione di una norma anticumulo che prevede la riduzione della pensione di vecchiaia maltese in caso di concorso con un’altra pensione, invece di esperire ricorso per inadempimento nei confronti del Regno Unito per non aver menzionato i regimi in questione nella dichiarazione prevista dai regolamenti nn. 1408/71 e 883/2004. |
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36. |
In secondo luogo, la Corte ha ripetutamente affermato che uno Stato membro non può giustificare l’inadempimento degli obblighi che gli incombono in forza del Trattato FUE adducendo il fatto che anche altri Stati membri sarebbero venuti meno e verrebbero meno ai loro obblighi ( 9 ), e che la Commissione è libera di avviare un procedimento per inadempimento contro alcuni soltanto degli Stati membri che si trovino in una situazione analoga dal punto di vista del rispetto del diritto dell’Unione ( 10 ). Nella fase della ricevibilità, l’impossibilità di avvalersi dell’eccezione di inadempimento comporta che il fatto che non sia stato proposto un ricorso per inadempimento nei confronti di uno Stato membro non è pertinente per valutare la ricevibilità di un ricorso per inadempimento presentato nei confronti di un altro Stato membro ( 11 ). La ricevibilità del presente ricorso diretto avverso la Repubblica di Malta non può quindi essere rimessa in discussione dal fatto che la Commissione non ha proposto un ricorso per inadempimento nei confronti del Regno Unito. |
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37. |
In terzo luogo, risulta parimenti da giurisprudenza costante che il procedimento previsto dall’articolo 258 TFUE si basa sull’accertamento oggettivo dell’inosservanza da parte di uno Stato membro degli obblighi impostigli dal Trattato FUE o da un atto di diritto derivato. Una volta giunti a un siffatto accertamento, è irrilevante che l’inadempimento derivi dalla volontà dello Stato membro cui è addebitabile, dalla negligenza di tale Stato, oppure dalle difficoltà tecniche cui quest’ultimo abbia dovuto far fronte ( 12 ). Per riprendere la formula sancita dalla Corte, il procedimento per inadempimento costituisce, in quanto tale, l’ultima ratio per imporre il rispetto del diritto dell’Unione, facendo prevalere gli interessi dell’Unione consacrati dal Trattato ( 13 ). |
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38. |
La Repubblica di Malta, per giustificare l’inosservanza dei suoi obblighi, non può pertanto eccepire difficoltà di comprensione di regimi pensionistici stranieri, del resto inerenti all’applicazione sia di un sistema di coordinamento di diversi regimi previdenziali sia di una norma anticumulo nazionale che prevede la riduzione della pensione segnatamente in caso di concorso con talune prestazioni corrisposte in altri Stati membri. |
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39. |
In quarto luogo, non posso condividere l’argomento del Regno Unito secondo il quale la Commissione, agendo indirettamente nei confronti di tale Stato membro, in via incidentale, privandolo del diritto ad essere sentito, commetterebbe uno sviamento di potere. Lo sviamento di potere presuppone l’adozione, da parte di un’istituzione dell’Unione, di un atto allo scopo esclusivo, o quanto meno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati o di eludere una procedura appositamente prevista dal Trattato per far fronte alle circostanze del caso di specie. Orbene, nella specie, dal momento che l’oggetto del ricorso, quale si evince dall’atto introduttivo, corrisponde all’oggetto della controversia come definito nella lettera di diffida e nel parere motivato, non può essere validamente sostenuto che la Commissione, che non è tenuta a indicare i motivi che l’hanno indotta a proporre un ricorso per inadempimento, avrebbe commesso uno sviamento di potere ( 14 ). |
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40. |
Che la Corte venga chiamata precisare, in occasione di un ricorso per inadempimento proposto avverso uno Stato membro, la qualificazione, con riferimento al diritto dell’Unione, di una normativa di un altro Stato membro, non rimette in discussione la ricevibilità dell’inadempimento e non significa che i diritti procedurali di quest’ultimo Stato membro, interveniente nel procedimento, siano violati. A tal riguardo, occorre rilevare che l’argomento che il Regno Unito ritiene di poter trarre in via analogica dal fatto che, nell’ambito dell’articolo 267 TFUE, un rinvio pregiudiziale proveniente da un giudice di uno Stato membro consentirebbe di esaminare unicamente le misure adottate da tale Stato membro, poggia su una premessa erronea, in quanto, al contrario, la Corte ha ammesso la ricevibilità di una questione pregiudiziale intesa a consentire ad un giudice di uno Stato membro di valutare la compatibilità con il diritto dell’Unione delle disposizioni di un altro Stato membro ( 15 ). |
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41. |
Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, ritengo che il presente ricorso per inadempimento debba essere dichiarato ricevibile. |
B – La fondatezza del ricorso
1. Sull’ambito di applicazione ratione personae dei regolamenti nn. 1408/71 e 883/2004
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42. |
Affermando che il presente procedimento verte, in pratica, sostanzialmente su due categorie di pensioni, fra cui quella che raggruppa i cittadini maltesi che non hanno mai lavorato nel Regno Unito o in un altro Stato membro e che percepiscono una pensione di anzianità del Regno Unito esclusivamente per effetto dell’attività lavorativa svolta per i servizi britannici a Malta prima della chiusura della base militare britannica, conclusa il 31 marzo 1979 ( 16 ), la Repubblica di Malta sostiene che, in assenza di un elemento transfrontaliero, tale categoria non rientra in alcun caso nell’ambito di applicazione ratione personae dei regolamenti nn. 1408/71 e 883/2004. |
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43. |
Tale argomentazione è manifestamente priva di fondamento. |
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44. |
In primo luogo, contestando l’applicabilità del sistema di coordinamento dei sistemi previdenziali solo in relazione ai cittadini maltesi che hanno sempre lavorato a Malta, la Repubblica di Malta riconosce in tal modo l’applicabilità di tale sistema a quei cittadini maltesi che hanno parimenti lavorato nel Regno Unito o in un altro Stato membro. L’eventuale esclusione di talune particolari fattispecie non è dunque idonea a rendere infondata la censura della Commissione relativa all’incompatibilità con il diritto dell’Unione della normativa anticumulo maltese. |
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45. |
In secondo luogo e soprattutto, l’assenza di spostamento fisico non esclude l’esistenza di un collegamento idoneo a rendere applicabili i regolamenti nn. 1408/71 e 883/2004. Se effettivamente tali regolamenti non si applicano alle situazioni che, in tutti i loro elementi, si collocano all’interno di un solo Stato membro ( 17 ), risulta da giurisprudenza costante che il criterio determinante ai fini dell’applicabilità di detti regolamenti è il collegamento della persona di cui trattasi ad un regime previdenziale di uno o più Stati membri nell’ambito del quale essa ha maturato periodi di assicurazione ( 18 ). |
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46. |
Orbene, la categoria delle pensioni che, secondo la Repubblica di Malta, sarebbe esclusa dall’ambito di applicazione ratione personae dei regolamenti nn. 1408/71 e 883/2004, raggruppa persone che hanno diritto ad una pensione di vecchiaia maltese, nonché ad una pensione di vecchiaia di categoria del Regno Unito in forza di uno dei regimi in questione. Tale doppia affiliazione è sufficiente a giustificare l’applicabilità di detti regolamenti. |
2. Sull’ambito di applicazione ratione materiae dei regolamenti nn. 1408/71 e 883/2004
a) Sull’incidenza della mancata menzione dei regimi in questione nella dichiarazione prevista agli articoli 5 del regolamento n. 1408/71 e 9, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004
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47. |
La Repubblica di Malta afferma di ritenersi totalmente vincolata dalle valutazioni effettuata dal Regno Unito dei propri regimi pensionistici dei pubblici dipendenti, i quali sono stati costantemente omessi dalla sua dichiarazione in forza degli articoli 5 del regolamento n. 1408/71 e 9, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004. |
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48. |
La Repubblica d’Austria e il Regno Unito condividono la posizione della Repubblica di Malta quanto alle conseguenze dell’omessa dichiarazione da parte di uno Stato membro. |
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49. |
La Commissione sostiene la posizione contraria. |
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50. |
Tale questione ha già trovato risposta nella giurisprudenza della Corte. |
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51. |
Nella sentenza Beerens ( 19 ), la Corte ha infatti affermato che la circostanza che una legge od altro provvedimento normativo interno non siano stati menzionati nella dichiarazione di cui all’articolo 5 del regolamento n. 1408/71 non può, di per sé, provare che detta legge o detto provvedimento esulino dalla sfera d’applicazione ratione materiae di tale regolamento ( 20 ). |
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52. |
Tale soluzione giurisprudenziale, ripetutamente ribadita dalla Corte, segnatamente nella sua sentenza Pérez García e a. ( 21 ), mi sembra perfettamente giustificata. Infatti, se, come suggerito dalla Repubblica di Malta, dalla Repubblica d’Austria e dal Regno Unito, l’applicazione dei regolamenti nn. 1408/71 e 883/2004 ad una determinata legge dovesse essere esclusa per il solo fatto che essa non è stata menzionata dallo Stato membro nella sua dichiarazione, le disposizioni di tali regolamenti verrebbero private del loro contenuto e l’applicazione uniforme dei medesimi diverrebbe impossibile, in quanto ogni Stato membro potrebbe discostarsi unilateralmente dalle norme di coordinamento dei regimi previdenziali astenendosi dal menzionare un regime che, tuttavia, rientrerebbe oggettivamente nell’ambito di applicazione ratione materiae di detti regolamenti. |
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53. |
Va osservato, inoltre, che, come si evince dall’impiego degli indicativi presenti «menzionano» e «notificano» rispettivamente agli articoli 5 del regolamento n. 1408/71 e 9, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, tali disposizioni esprimono non una semplice facoltà, bensì un vero e proprio obbligo per gli Stati membri di dichiarare le loro norme di legge e regolamentari al fine di determinare la portata esatta del sistema di coordinamento dei regimi previdenziali. Tale obbligo di dichiarazione sarebbe privo di qualsivoglia efficacia qualora agli Stati membri fosse consentito escludere, per loro omissione, dall’ambito di applicazione di tale sistema regimi che, tuttavia, rispondono oggettivamente alla qualificazione di «regimi di sicurezza sociale». |
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54. |
Del resto, la giurisprudenza relativa all’assenza di incidenza dell’assenza di dichiarazione rispecchia un’altra giurisprudenza, anch’essa costante, ai sensi della quale «la distinzione fra prestazioni escluse dall’ambito di applicazione del regolamento n. 1408/71 e prestazioni che vi rientrano è basata essenzialmente sugli elementi costitutivi di ciascuna prestazione, segnatamente sulle sue finalità e sui presupposti per la sua attribuzione, e non sul fatto che essa sia o no qualificata previdenziale da una normativa nazionale» ( 22 ). La nozione di prestazione previdenziale riceve pertanto, nel diritto dell’Unione, una definizione autonoma, indifferente ai criteri nazionali di classificazione. |
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55. |
Aggiungo che, contrariamente alla tesi sostenuta dalla Repubblica d’Austria, non ritengo che la portata della giurisprudenza della Corte relativa all’incidenza dell’omessa dichiarazione dovrebbe essere circoscritta allo Stato membro che avrebbe dovuto effettuare la dichiarazione, mentre gli altri Stati membri potrebbero ritenere che la legislazione non menzionata nella dichiarazione non rientri nell’ambito di applicazione ratione materiae dei regolamenti nn. 1408/71 e 883/2004. La soluzione suggerita, consistente nel qualificare in maniera diversa, con riferimento al diritto dell’Unione, un regime nazionale in funzione dello Stato membro di cui trattasi, arrecherebbe manifestamente pregiudizio in maniera diretta al requisito di applicazione uniforme delle norme di coordinamento dei sistemi previdenziali. |
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56. |
Sono queste le ragioni per cui ritengo che la circostanza che i regimi in questione non siano stati menzionati dal Regno Unito nella dichiarazione effettuata in applicazione degli articoli 5 del regolamento n. 1408/71 e 9, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 non può, di per sé, dimostrare che tali regimi non ricadano nell’ambito di applicazione ratione materiae di tali regolamenti. |
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57. |
Non nego le difficoltà concrete con le quali può scontrarsi lo Stato membro messo di fronte all’omessa dichiarazione di un regime da parte di un altro Stato membro, ma non vi ravviso tuttavia una ragione per giustificare una violazione delle norme di coordinamento dei sistemi previdenziali. Del resto, le difficoltà pratiche appena menzionate dovrebbero venire in parte risolte tramite la predisposizione di un sistema di cooperazione e di scambio di dati fra le autorità e le istituzioni degli Stati membri ( 23 ). Inoltre, come sottolineato dalla Commissione, gli Stati membri hanno la possibilità di interpellarla in caso di dubbio oppure rivolgersi alla commissione amministrativa per il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, fra i cui compiti rientra appunto quello di trattare ogni questione di interpretazione delle norme di coordinamento ( 24 ). Aggiungo che la difficoltà, ovvero l’impossibilità nella quale si troverebbe la Repubblica di Malta di procedere ad un esame dei regimi in questione deve essere valutata tenendo conto del fatto che detto Stato membro ed il regno Unito condividono una storia comune idonea ad agevolare la comprensione, da parte della Repubblica di Malta, del sistema pensionistico applicabile ai propri cittadini che hanno lavorato prima del 1979 per le forze britanniche sul territorio maltese. |
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58. |
Dal momento che mi rifiuto di ritenere che l’omessa dichiarazione di un regime equivalga all’esclusione del medesimo dall’ambito di applicazione ratione materiae dei regolamenti nn. 1408/71 e 883/2004, occorre verificare se i regimi in questione rispondano o meno oggettivamente alla qualificazione di «regimi di sicurezza sociale», ai sensi di tali regolamenti. |
b) Sulla qualificazione dei regimi in questione
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59. |
Secondo le disposizioni di cui all’articolo 1, lettera j), del regolamento n. 1408/71, «il termine “legislazione” indica, per ogni Stato membro, le leggi, i regolamenti, le disposizioni statutarie e ogni altra misura di applicazione, esistenti o future, concernenti i settori e i regimi di sicurezza sociale di cui all’articolo 4, paragrafi 1 e 2», mentre, secondo le disposizioni di cui all’articolo 1, lettera l), del regolamento n. 883/2004, tale termine designa, «in relazione a ciascuno Stato membro, le leggi, i regolamenti, le altre disposizioni legali e ogni altra misura di attuazione riguardanti i settori di sicurezza sociale di cui all’articolo 3, paragrafo 1». |
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60. |
Per rientrare nell’ambito del coordinamento dei regimi previdenziali, un regime pensionistico deve pertanto, da un lato, presentare il carattere di una «legislazione», ai sensi delle summenzionate disposizioni e, dall’altro, soddisfare la condizione secondo la quale esso deve riguardare uno dei settori espressamente menzionati agli articoli 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1408/71 e 3, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004. |
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61. |
Quanto alla prima condizione, si deve rammentare che la Corte ha dichiarato che la nozione di «legislazione» ai sensi dell’articolo 1, lettera j), del regolamento n. 1408/71 si caratterizza per il suo contenuto ampio, che comprende tutti i tipi di provvedimenti legislativi, regolamentari ed amministrativi adottati dagli Stati membri, e va intesa come riferentesi al complesso dei provvedimenti nazionali vigenti in materia ( 25 ). Tali considerazioni valgono parimenti per l’articolo 1, lettera l), del regolamento n. 883/2004. |
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62. |
Orbene, pur sollevando un’obiezione, sulla quale ritornerò, relativa al fatto che tale criterio non dovrebbe occupare il posto esclusivo che gli conferisce la Commissione, il Regno Unito non contesta il fatto che le disposizioni che disciplinano i regimi in questione abbiano una fonte normativa, ai sensi delle summenzionate disposizioni, essendo previsti dalle disposizioni dei regolamenti relativi al regime pensionistico principale dei pubblici dipendenti del 1974 (Principal Civil Service Pension Scheme 1974), al regime pensionistico del Servizio sanitario nazionale del 1995 (National Health Service Pension Scheme 1995) e al regime pensionistico delle forze armate del 1975 (Armed Forces Pension Scheme 1975). |
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63. |
Quanto alla seconda condizione, da costante giurisprudenza emerge che una prestazione può essere considerata di natura previdenziale se è attribuita ai beneficiari prescindendo da ogni valutazione individuale e discrezionale delle loro esigenze personali, in base ad una situazione definita ex lege e se si riferisce ad uno dei rischi espressamente elencati agli articoli 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1408/71 e 3, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 ( 26 ). |
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64. |
In primo luogo, è pacifico e non contestato che le disposizioni relative all’attribuzione della pensione conferiscono ai beneficiari un diritto legalmente definito e che quest’ultima viene attribuita automaticamente alle persone che rispondono a taluni criteri obiettivi, prescindendo da ogni valutazione individuale e discrezionale delle esigenze personali. |
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65. |
In secondo luogo, occorre verificare se i regimi in questione si riferiscano al rischio di vecchiaia di cui agli articoli 4, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 1408/71 e 3, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 883/2004. |
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66. |
A tal riguardo, occorre rammentare che, secondo costante giurisprudenza, le prestazioni di vecchiaia contemplate da tali disposizioni sono essenzialmente caratterizzate dal fatto che esse mirano a garantire i mezzi di sussistenza a coloro che, raggiunta una certa età, cessano l’attività lavorativa e non sono più tenuti a restare a disposizione degli organi amministrativi competenti in materia di occupazione ( 27 ). Dal momento che le prestazioni versate in forza dei regimi in questione perseguono esattamente lo stesso obiettivo, consistente nel proteggere le persone che hanno raggiunto una certa età garantendo loro la possibilità di disporre dei mezzi necessari con riguardo, segnatamente, alle loro esigenze quali pensionati, esse costituiscono prestazioni di vecchiaia. |
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67. |
Poiché la condizione relativa alla concessione della prestazione, a prescindere da ogni valutazione individuale e discrezionale, e quella relativa al suo collegamento a uno dei rischi elencati agli articoli 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1408/71 e 3, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 sono soddisfatte, ne consegue che i regimi in questione, i quali hanno, peraltro, una fonte legale, devono essere qualificati come «regimi di sicurezza sociale», ai sensi dei regolamenti nn. 1408/71 e 883/2004. |
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68. |
Occorre quindi verificare se gli argomenti dedotti dal Regno Unito rimettano in discussione tale conclusione. |
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69. |
In primo luogo, il Regno Unito contesta il carattere esclusivo e decisivo del criterio meramente formale attinente all’origine legale del regime. Esso fa valere, a tal riguardo, che i regimi in questione presentano un carattere «professionale» e procurano ai loro beneficiari prestazioni professionali «complementari», che vanno ad integrare la pensione di vecchiaia di base versata dal Servizio sanitario nazionale, e che corrispondono, di conseguenza, alla definizione di una «pensione complementare» ai sensi della direttiva 98/49. Tali regimi si sottrarrebbero pertanto alle norme di coordinamento dei sistemi previdenziali, per fare esclusivamente parte delle disposizioni speciali che disciplinano i regimi professionali pensionistici integrativi. |
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70. |
Non condivido questa conclusione. A mio avviso, la duplice natura, professionale e complementare, di un regime pensionistico non esclude necessariamente tale regime dall’ambito di applicazione dei regolamenti nn. 1408/71 e 883/2004 se, per il resto, esso corrisponde formalmente alla qualificazione di «legislazione di sicurezza sociale», come avviene per i regimi in questione. |
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71. |
È certo che la diversità dei regimi pensionistici integrativi, i quali occupano un posto estremamente variabile da uno Stato membro all’altro, rende delicata la distinzione fra i regimi che ricadono nell’ambito di applicazione delle norme di coordinamento contenute nei regolamenti nn. 1408/71 e 883/2004 e i regimi complementari disciplinati dalle norme speciali contenute nella direttiva 98/49, nonché nella direttiva 2014/50/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai requisiti minimi per accrescere la mobilità dei lavoratori tra Stati membri migliorando l’acquisizione e la salvaguardia di diritti pensionistici complementari ( 28 ). |
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72. |
Fra le diverse presentazioni di una costruzione «a pilastri» che sono state proposte ( 29 ), quella della Commissione suddivide i sistemi pensionistici in tre pilastri; il primo raggruppa «i regimi pubblici di sicurezza sociale» di base, obbligatori e finanziati per la maggior parte secondo il principio di ripartizione, il secondo «i regimi professionali», caratterizzati dal loro collegamento con un’occupazione e funzionanti nella maggior parte dei casi tramite capitalizzazione, e il terzo «i piani pensionistici a livello individuale». In tale costruzione, i regimi del secondo e del terzo pilastro formano «i regimi integrativi» destinati ad «integrare i regimi pubblici» ( 30 ). |
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73. |
Questo schema classico di una struttura a pilastri offre, tuttavia, solamente una presentazione imperfetta e meramente descrittiva della diversità dei sistemi pensionistici, e non può essere munita di una qualsivoglia portata normativa, in particolare per quanto attiene all’opposizione fra i regimi coordinati e i regimi ricompresi nella sfera d’applicazione della direttiva 98/49. |
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74. |
Per determinare il criterio distintivo fra queste due categorie di regimi, occorre anzitutto procedere ad un’interpretazione letterale delle disposizioni applicabili, la quale rivela un criterio attinente alla fonte, legale o contrattuale, del regime considerato. Mentre gli articoli 1, lettera j), del regolamento n. 1408/71 e 1, lettera l), del regolamento n. 883/2004 contrappongono le «legislazioni» di sicurezza sociale, le quali ricadono nell’ambito di applicazione di tali regolamenti, alle «disposizioni contrattuali», che ne sono escluse ( 31 ), l’articolo 3 della direttiva 98/49 definisce le pensioni complementari come le pensioni di anzianità e, ove previsto dalle norme di un regime pensionistico complementare stabilite in conformità delle legislazioni e delle prassi nazionali, le prestazioni di invalidità e di reversibilità «destinate a integrare o a sostituire le prestazioni erogate dai regimi legali di sicurezza sociale per gli stessi casi» ( 32 ). |
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75. |
La portata dell’articolo 3 della direttiva 98/49 viene precisata dai considerando 3 e 4 della medesima, i quali enunciano rispettivamente che il sistema di coordinamento previsto in particolare dal regolamento n. 1408/71 non si estende ai regimi pensionistici complementari, «a eccezione» dei regimi coperti dal termine «legislazione» e di quelli oggetto di una dichiarazione, e che le regole in materia di cumulo non sono appropriate per i regimi pensionistici complementari, «a eccezione» dei regimi coperti dal termine «legislazione». |
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76. |
Si evince chiaramente da tali disposizioni che, ai fini dell’applicazione delle norme di coordinamento, il legislatore dell’Unione ha inteso fissare un criterio generale ed esclusivo relativo alla fonte legale o contrattuale del regime di cui trattasi. Non occorre pertanto operare una distinzione a seconda che il regime sia distributivo o contributivo, né a seconda del suo carattere obbligatorio o facoltativo né, ancora, a seconda della sua modalità di finanziamento, per ripartizione o capitalizzazione. Inoltre, l’esclusione espressa dei regimi pensionistici complementari dall’ambito di applicazione della direttiva 98/49 allorché essi sono coperti dal termine «legislazione» implica l’inclusione di tali regimi legali complementari nell’ambito di applicazione dei regolamenti nn. 1408/71 e 883/2004. |
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77. |
Tale interpretazione s’impone, poi, per ragioni connesse alla certezza del diritto, in quanto la definizione di un criterio obiettivo e semplice da utilizzare consente di garantire un’applicazione uniforme delle norme di coordinamento dei sistemi previdenziali a tutti i regimi legali, mentre i regimi di origine contrattuale sono, in linea di principio, esclusi, a meno che essi non siano stati dichiarati dagli Stati membri. |
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78. |
L’inclusione di tutti i regimi pensionistici legali, compresi quelli integrativi, nell’ambito di applicazione della normativa di diritto derivato che coordina i sistemi previdenziali si rivela, infine, conforme all’obiettivo di protezione dei diritti sociali delle persone che si spostano all’interno dell’Unione. In assenza di coordinamento, l’esercizio della libertà di circolazione potrebbe, infatti, venire scoraggiata nel caso dei beneficiari di una pensione di vecchiaia complementare concessa da un regime legale, soprattutto allorché il regime di base procura loro soltanto un reddito minimo di sussistenza. Alla luce di tale obiettivo fondamentale, le difficoltà pratiche di coordinamento generate dalla diversità dei sistemi pensionistici ( 33 ) non mi sembrerebbero giustificare l’esclusione dei regimi legali integrativi dall’ambito di applicazione dei regolamenti nn. 1408/71 e 883/2004, la quale sarebbe in ogni caso contraria alla volontà del legislatore dell’Unione quale emerge univocamente dalle disposizioni di tali regolamenti ( 34 ). |
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79. |
Ne consegue che, contrariamente a quanto asserito dal Regno Unito, l’applicabilità di detti regolamenti non può essere esclusa per il solo motivo che le pensioni concesse dai regimi in questione sono pensioni complementari rispetto a quelle corrisposte dal Servizio sanitario nazionale. La circostanza che tali pensioni siano intese non a garantire agli interessati un mero reddito minimo di sussistenza, bensì a procurare loro un reddito in funzione dell’importo dei contributi versati durante la loro attività è parimenti irrilevante. |
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80. |
In secondo luogo, il Regno Unito ritiene che i diritti ad una pensione di categoria in forza dei regimi in questione costituiscano non prestazioni previdenziali, bensì una retribuzione. Esso si basa sulla consolidata giurisprudenza della Corte, e in particolare sulla sentenza Barber ( 35 ), secondo la quale la circostanza che una prestazione venga corrisposta dopo la cessazione del rapporto di lavoro non esclude che essa possa avere carattere di retribuzione, anche se è prevista dalla legge ( 36 ), nonché sulla sentenza Beune ( 37 ), la quale ha riconosciuto che un regime pensionistico applicabile al pubblico impiego che dipende essenzialmente dal posto ricoperto dall’interessato, si ricollega alla retribuzione che quest’ultimo percepiva ( 38 ). |
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81. |
Il Regno Unito afferma, a sostegno della propria tesi, che l’importo dei diritti a pensione è determinato in funzione della durata dell’impiego e dell’ultima retribuzione, e che le pensioni così concesse non sono intese al versamento di un sostentamento di base, come dimostra il fatto che tali pensioni possono essere caratterizzate da un importo considerevolmente più elevato rispetto a quello della pensione corrisposta nell’ambito del regime previdenziale legale. |
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82. |
Come riconosciuto ripetutamente dalla Corte, «la circostanza che talune prestazioni siano corrisposte dopo la cessazione del rapporto di lavoro non esclude che esse possano avere carattere di “retribuzione” ai sensi dell’[articolo 157 TFUE]» ( 39 ). La Corte ha quindi affermato che «le prestazioni concesse in forza di un regime pensionistico, il quale è strutturato essenzialmente in funzione del posto coperto dall’interessato, si ricollegano alla retribuzione che quest’ultimo percepiva e rientrano nelle previsioni dell’[articolo 157 TFUE]» ( 40 ), anche se il regime ha una base normativa. |
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83. |
Tuttavia, il fatto che una pensione di vecchiaia che è stata versata al lavoratore a causa del suo rapporto di lavoro debba essere considerata una retribuzione ai fini dell’applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile, sancito dall’articolo 157 TFUE, non significa tuttavia che tale pensione non riveste il carattere di una prestazione previdenziale ai fini dell’applicazione delle misure di coordinamento previste dai regolamenti nn. 1408/71 e 883/2004. |
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84. |
Infatti, contrariamente a quanto sostenuto dal Regno Unito nelle proprie memorie, le qualificazioni di «retribuzione», ai sensi dell’articolo 157 TFUE, e di «pensione di vecchiaia», ai sensi dei regolamenti nn. 1408/71 e 883/2004, non si escludono a vicenda, in quanto obbediscono a finalità distinte e ricorrono a criteri diversi. |
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85. |
Occorre rilevare, in particolare, che il criterio determinante per qualificare una prestazione come «retribuzione», ai sensi dell’articolo 157 TFUE, il quale poggia sulla constatazione che tale prestazione discende dal rapporto di lavoro, è irrilevante per valutare se detta prestazione debba essere qualificata come «prestazione di sicurezza sociale». Analogamente, i criteri specifici elaborati dalla Corte per valutare se una pensione di vecchiaia concessa da un regime pensionistico dei dipendenti pubblici fondato sulla legge debba essere qualificata come «retribuzione», secondo i quali tale prestazione è direttamente proporzionale agli anni di servizio prestati e il suo importo deve essere calcolato in base all’ultima retribuzione, sono irrilevanti per qualificare la prestazione con riferimento alle disposizioni relative al coordinamento dei regimi previdenziali. |
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86. |
Peraltro, si deve necessariamente rilevare che la Corte ha già riconosciuto tale possibilità di cumulo di qualificazioni ritenendo, nella sentenza Niemi ( 41 ), che una prestazione corrisposta in base ad un regime pensionistico che sia stato dichiarato rientrante nel campo di applicazione del regolamento n. 1408/71 deve essere qualificata come «retribuzione», alla luce dell’articolo 157 TFUE, allorché essa soddisfa i criteri caratterizzanti il rapporto di lavoro ( 42 ). |
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87. |
Ne consegue che né la circostanza che i regimi in questione siano regimi di categoria che concedono pensioni collegate al rapporto di lavoro anteriore e che si ritiene rappresentino un trattamento continuato che ricompensa lo sforzo compiuto nel periodo di attività, né il fatto che tali prestazioni siano direttamente proporzionali agli anni di servizio prestati e che il loro importo sia calcolato in base all’ultima retribuzione, sono idonei ad escludere l’applicazione dei regolamenti nn. 1408/71 e 883/2004, allorché dette prestazioni costituiscono prestazioni previdenziali. Del resto, va osservato che, successivamente alla modifica intervenuta in seguito all’adozione del regolamento (CE) n. 1606/98 ( 43 ), i regimi pensionistici speciali dei dipendenti pubblici sono espressamente inclusi nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1408/71, benché essi costituiscano regimi professionali caratterizzati dal fatto che la pensione percepita è considerata un semplice prolungamento del trattamento di attività ( 44 ). |
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88. |
Tale conclusione non viene rimessa in discussione neanche dalla circostanza, invocata dal Regno Unito, secondo la quale le pensioni corrisposte dal regime pensionistico delle forze armate dal 1975 non erano dovute unicamente all’età pensionabile legale, in quanto, in particolare, una pensione vitalizia veniva versata a partire dall’età di 37 anni agli ufficiali con 16 anni di servizio dopo i 21 anni di età o a partire dall’età di 40 anni per gli altri membri delle forze armate con 22 anni di servizio dopo i 18 anni di età. |
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89. |
A prescindere dal fatto che tale argomentazione riguarda uno soltanto dei tre regimi in questione, ritengo che la circostanza che talune pensioni vengano percepite immediatamente dai loro beneficiari, non appena essi cessano le loro funzioni, pur non avendo raggiunto l’età pensionabile legale, non modifica la natura di tali pensioni, le quali, rivestendo il carattere di un vitalizio, potranno essere percepite fino al decesso. |
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90. |
Tale interpretazione della nozione di prestazione di vecchiaia risulta avvalorata dalla definizione di ««prestazione anticipata di vecchiaia» ( 45 ), fornita dall’articolo 1, lettera x), del regolamento n. 883/2004 per distinguerla dalla «prestazione di pensionamento anticipato» la quale, del resto, ricade parimenti nell’ambito di applicazione ratione materiae di tale regolamento. Infatti, una prestazione anticipata di vecchiaia designa «una prestazione erogata prima del raggiungimento dell’età di normale pensionamento e che continua ad essere erogata anche dopo che è stata raggiunta tale età, oppure è sostituita da un’altra prestazione di vecchiaia». La possibilità di anticipare l’inizio della pensione non significa dunque che non si sia in presenza di una prestazione di vecchiaia, nell’accezione autonoma che tale nozione riveste nel diritto dell’Unione. |
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91. |
Detta interpretazione risulta inoltre confermata dalla giurisprudenza della Corte, la quale ammette che la circostanza che il beneficio di una pensione venga riconosciuto prima che l’interessato abbia raggiunto l’età pensionabile non significa, tuttavia, che tale prestazione non costituisce una pensione di vecchiaia ( 46 ). |
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92. |
Alla luce del complesso di tali considerazioni, ritengo che le pensioni corrisposte dai regimi in questione rientrino nell’ambito di applicazione dei regolamenti nn. 1408/71 e 883/2004. Inoltre, alla luce del fatto che la Repubblica di Malta non contesta che, con la loro base di calcolo, la pensione maltese e le pensioni versate dai regimi in questione rientrino nell’ambito di applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 46 ter del regolamento n. 1408/71 e 54 del regolamento n. 883/2004, ne deduco la fondatezza della censura con cui viene contestato alla Repubblica di Malta di avere applicato la normativa anticumulo maltese a tali pensioni, senza tenere conto delle regole enunciate in tali disposizioni. |
V – Conclusione
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93. |
Alla luce dei suesposti rilievi, suggerisco alla Corte di:
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( 1 ) Lingua originale: il francese.
( 2 ) Nel testo modificato e aggiornato dal regolamento (CE) n. 118/97 del Consiglio, del 2 dicembre 1996 (GU 1997, L 28, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 592/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008 (GU L 177, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 1408/71»).
( 3 ) GU L 166, pag. 1, e rettifica in GU 2004, L 200, pag. 1.
( 4 ) Direttiva del Consiglio, del 29 giugno 1998, relativa alla salvaguardia dei diritti a pensione complementare dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi che si spostano all’interno della Comunità europea (GU L 209, pag. 46).
( 5 ) In prosieguo: i «regimi in questione».
( 6 ) V., in tal senso, sentenza Commissione/Grecia (C‑351/13, EU:C:2014:2150, punto 24 e la giurisprudenza ivi citata).
( 7 ) V., in tal senso, sentenze Commissione/Polonia (C‑311/09, EU:C:2010:257, punto 19 e la giurisprudenza ivi citata), nonché Commissione/Germania (C‑591/13, EU:C:2015:230, punto 14).
( 8 ) V. sentenza Commissione/Belgio (C‑395/13, EU:C:2014:2347, punto 32 e la giurisprudenza ivi citata).
( 9 ) V. sentenza Commissione/Spagna (C‑48/10, EU:C:2010:704, punto 33 e la giurisprudenza ivi citata).
( 10 ) V. sentenza Commissione/Italia (C‑531/06, EU:C:2009:315, punto 24).
( 11 ) V. sentenza Commissione/Francia (C‑1/00, EU:C:2001:687, punto 75).
( 12 ) V. sentenza Commissione/Italia (C‑68/11, EU:C:2012:815, punti 62 e 63).
( 13 ) V. sentenza Commissione/Spagna (C‑196/07, EU:C:2008:146, punto 28 e la giurisprudenza ivi citata).
( 14 ) V., in tal senso, sentenza Commissione/Spagna (C‑562/07, EU:C:2009:614, punto 25).
( 15 ) V. segnatamente, in tal senso, sentenza Eau de Cologne & Parfümerie-Fabrik 4711 (C‑150/88, EU:C:1989:594, punto 12).
( 16 ) Secondo la Repubblica di Malta, l’altra categoria di cittadini interessati raggruppa le persone impiegate presso i servizi britannici a Malta prima del 31 marzo 1979 e che hanno continuato a lavorare nel Regno Unito dopo tale data, oppure che hanno lavorato prima nel pubblico impiego del Regno Unito e, successivamente, a Malta.
( 17 ) V., in tal senso, ordinanza El Youssfi (C‑276/06, EU:C:2007:215, punto 39 e la giurisprudenza ivi citata), nonché sentenza Governo della Communauté française e gouvernement wallon (C‑212/06, EU:C:2008:178, punto 33 e la giurisprudenza ivi citata).
( 18 ) V., in tal senso, sentenza Keller (C‑145/03, EU:C:2005:211, punto 38 e la giurisprudenza ivi citata).
( 19 ) 35/77, EU:C:1977:194.
( 20 ) Punto 9. La Corte aveva già indicato, in relazione al regolamento n. 3 del Consiglio, del 25 settembre 1958, relativo alla sicurezza sociale dei lavoratori migranti (GU 1958, 30, pag. 561), che ha preceduto il regolamento n. 1408/71 e che prevedeva parimenti la notifica delle legislazioni previdenziali nazionali, che l’applicabilità del regolamento n. 3 a una legge determinata non si poteva escludere per il solo fatto che questa, essendo entrata in vigore successivamente a detto regolamento, non fosse stata notificata [v., in tal senso, sentenze van der Veen (100/63, EU:C:1964:65, pag. 1122) e Dingemans (24/64, EU:C:1964:86, pag. 1274)].
( 21 ) C‑225/10, EU:C:2011:678, punto 36 e la giurisprudenza ivi citata. V., parimenti, sentenza Snares (C‑20/96, EU:C:1997:518, punto 35 e la giurisprudenza ivi citata).
( 22 ) V. sentenza Lachheb (C‑177/12, EU:C:2013:689, punto 28 e la giurisprudenza ivi citata).
( 23 ) V. capo II del regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento n. 883/2004 (GU L 284, pag. 1).
( 24 ) V. articolo 72, lettera a), del regolamento n. 883/2004.
( 25 ) V. sentenze Commissione/Belgio (150/79, EU:C:1980:201, punto 4 e la giurisprudenza ivi citata), nonché de Ruyter (C‑623/13, EU:C:2015:123, punto 32).
( 26 ) V. sentenza Commissione/Slovacchia (C‑361/13, EU:C:2015:601, punto 47 e la giurisprudenza ivi citata).
( 27 ) Ibidem (punto 55 e la giurisprudenza ivi citata).
( 28 ) GU L 128, pag. 1.
( 29 ) Talune classificazioni sono state elaborate dalla Banca mondiale, la quale distingue un primo pilastro composto da un regime gestito dallo Stato con partecipazione obbligatoria e il cui obiettivo limitato consiste nel ridurre la povertà fra le persone anziane; un secondo pilastro costituito da un sistema di risparmio obbligatorio gestito dal settore privato, e un terzo pilastro costituito dal risparmio volontario (v. relazione della Banca mondiale intitolata «Averting the old age crisis: policies to protect the old and promote growth», Oxford University Press, 1994, pag. 16), dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), la quale distingue un primo pilastro che raggruppa le pensioni redistributive e un secondo pilastro composto dalle pensioni obbligatorie di natura assicurativa [v. OCDE (2006), «Typologie des régimes de retraite», in Les pensions dans les pays de l’OCDE 2005: Panorama des politiques publiques, Éditions OCDE] e da Eurostat (v. Classification of funded pension schemes and impact on government finance, Office des publications officielles des Communautés européennes, Lussemburgo, 2004).
( 30 ) V. pag. 2 della comunicazione della Commissione, dell’11 maggio 1999, intitolata «Verso un mercato unico per i regimi pensionistici integrativi – Risultati della consultazione relativa al Libro verde sui regimi pensionistici integrativi nel mercato unico» [COM(1999) 134 def.].
( 31 ) Salvo dichiarazione fatta dallo Stato membro interessato.
( 32 ) Il corsivo è mio.
( 33 ) Nel documento di lavoro del 20 ottobre 2005 [SEC(2005) 1293], allegato alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al miglioramento della trasferibilità dei diritti a pensione complementare [COM(2005) 507 definitivo], la Commissione ha rilevato, in particolare, la difficoltà di applicare le norme sul cumulo ai regimi pensionistici integrativi (punto 4.4 di tale documento) [v., parimenti, sui problemi connessi al coordinamento di questo tipo di regimi, Leppik, L., «Co-ordination of pensions in the European Union: the case of mandatory defined-contribution schemes in the Central and Eastern European countries», European Journal of Social Security, volume 8, 1 (2006), pag. 35].
( 34 ) Si deve rilevare che il considerando 4 della direttiva 98/49, il quale enuncia che le regole applicabili in materia di cumulo non sono appropriate per i regimi pensionistici complementari, ad eccezione dei regimi ricompresi nel termine «legislazione», dimostra chiaramente che il Consiglio, pur essendo consapevole delle difficoltà pratiche che potevano derivarne, ha ritenuto che esse non dovessero ostare all’applicazione del sistema di coordinamento ai regimi legali.
( 35 ) C‑262/88, EU:C:1990:209.
( 36 ) Punti 12, 16 e 17.
( 37 ) C‑7/93, EU:C:1994:350.
( 38 ) Punto 46.
( 39 ) V. sentenza Maruko (C‑267/06, EU:C:2008:179, punto 44 e la giurisprudenza ivi citata).
( 40 ) V. sentenza Commissione/Grecia (C‑559/07, EU:C:2009:198, punto 42).
( 41 ) C‑351/00, EU:C:2002:480.
( 42 ) Punto 45.
( 43 ) Regolamento del Consiglio, del 29 giugno 1998, che modifica il regolamento n. 1408/71 e il regolamento (CEE) n. 574/72 che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento n. 1408/71 al fine di estenderlo ai regimi speciali per i dipendenti pubblici (GU L 209, pag. 1).
( 44 ) V., segnatamente, per quanto attiene al regime pensionistico dei dipendenti pubblici francesi, sentenza Griesmar (C‑366/99, EU:C:2001:648) e, per il regime pensionistico dei dipendenti pubblici finlandesi, la sentenza Niemi (C‑351/00, EU:C:2002:480).
( 45 ) Il corsivo è mio.
( 46 ) V., in tal senso, sentenza Öztürk (C‑373/02, EU:C:2004:232, punto 67).