Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo

Parti

Nella causa T‑412/13,

Chin Haur Indonesia, PT, con sede in Tangerang (Indonesia), rappresentata da T. Müller-Ibold e F.-C. Laprévote, avvocati,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da S. Boelaert, in qualità di agente, assistita da R. Bierwagen, avvocato,

convenuto,

sostenuto dalla

Commissione europea, rappresentata da J.-F.Brakeland e M. França, in qualità di agenti,

e dalla

Maxcom Ltd, con sede in Plovdiv (Bulgaria), rappresentata da L. Ruessmann, avvocato, e J. Beck, solicitor,

intervenienti,

avente ad oggetto la domanda di annullamento parziale del regolamento di esecuzione (UE) n. 501/2013 del Consiglio, del 29 maggio 2013, che estende il dazio antidumping definitivo istituito dal regolamento di esecuzione (UE) n. 990/2011 sulle importazioni di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese alle importazioni di biciclette spedite dall’Indonesia, dalla Malaysia, dallo Sri Lanka e dalla Tunisia, indipendentemente dal fatto che siano o no dichiarate originarie dell’Indonesia, della Malaysia, dello Sri Lanka e della Tunisia (GU L 153, pag. 1),

IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

composto da M. van der Woude (relatore), presidente, I. Wiszniewska-Białecka e I. Ulloa Rubio, giudici,

cancelliere: S. Spyropoulos, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 settembre 2014,

ha pronunciato la seguente

Motivazione della sentenza

Sentenza

Fatti

1. La ricorrente, Chin Haur Indonesia, PT, è una società di origine taiwanese che importa biciclette dall’Indonesia nell’Unione europea. Essa contesta l’estensione a talune imprese indonesiane del dazio antidumping definitivo, istituito dal regolamento di esecuzione (UE) n. 990/2011 del Consiglio, del 3 ottobre 2011, sulle importazioni di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese a seguito di un riesame in previsione della scadenza a norma dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1225/2009 (GU L 261, pag. 2).

Principali procedure antidumping e antisovvenzioni iniziali

2. Con regolamento (CEE) n. 2474/93, dell’8 settembre 1993, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni nella Comunità di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese e che decide la riscossione definitiva del dazio antidumping provvisorio (GU L 228, pag. 1), il Consiglio delle Comunità europee ha istituito un dazio antidumping definitivo pari al 30,6% sulle importazioni di biciclette originarie della Cina.

3. A seguito di un riesame in previsione della scadenza delle misure avviato ai sensi del proprio regolamento (CE) n. 384/96, del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 1996, L 56, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343, pag. 51, rettifica GU 2010, L 7, pag. 22; in prosieguo: il «regolamento di base»)], e, in particolare, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento n. 384/96 (divenuto articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base), il Consiglio, con regolamento (CE) n. 1524/2000, del 10 luglio 2000, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese (GU L 175, pag. 39), ha deciso di mantenere il dazio antidumping pari al 30,6%.

4. A seguito di un riesame intermedio a norma dell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento n. 384/96 (divenuto articolo 11, paragrafo 3, del regolamento di base), il Consiglio, con regolamento (CE) n. 1095/2005, del 12 luglio 2005, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di biciclette originarie del Vietnam e modifica il regolamento (CE) n. 1524/2000 (GU L 183, pag. 1), ha aumentato il dazio antidumping in vigore al 48,5%.

5. Nell’ottobre 2011, a seguito di un riesame avviato in previsione della scadenza delle misure ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base, il Consiglio, con il regolamento di esecuzione n. 990/2011, ha deciso di mantenere il dazio antidumping al 48,5%.

6. Nell’aprile 2012, la Commissione europea ha annunciato l’apertura di una procedura antisovvenzioni riguardante le importazioni all’interno dell’Unione di biciclette originarie della Cina, ai sensi dell’articolo 10 del regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio, dell’11 giugno 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri della Comunità europea (GU L 188, pag. 93).

7. Da un lato, il 22 maggio 2013, la Commissione ha adottato la decisione 2013/227/UE, che conclude il procedimento antisovvenzioni relativo alle importazioni di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese (GU L 136, pag. 15), senza istituire altre misure antisovvenzioni. Dall’altro, il 29 maggio 2013, il Consiglio ha adottato il regolamento (UE) n. 502/2013, che modifica il regolamento di esecuzione n. 990/2011 (GU L 153, pag. 17), in seguito a un riesame intermedio a norma dell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento di base.

Procedura riguardante l’elusione

8. Il 14 agosto 2012, la Commissione ha ricevuto una domanda da parte della Federazione europea di fabbricanti di biciclette (FEFB), in nome di tre produttori di biciclette dell’Unione, che la invitava, da un lato, ad aprire un’inchiesta sulla possibile elusione delle misure antidumping istituite sulle importazioni di biciclette originarie della Cina e, dall’altro, a disporre la registrazione delle importazioni di biciclette spedite dall’Indonesia, dalla Malaysia, dallo Sri Lanka e dalla Tunisia, indipendentemente dal fatto che fossero o no dichiarate originarie dell’Indonesia, della Malaysia, dello Sri Lanka e della Tunisia.

9. Il 25 settembre 2012, la Commissione ha adottato il regolamento (UE) n. 875/2012 che apre un’inchiesta relativa alla possibile elusione delle misure antidumping, istituite dal regolamento di esecuzione (UE) n. 990/2011, con importazioni di biciclette provenienti dall’Indonesia, dalla Malaysia, dallo Sri Lanka e dalla Tunisia, indipendentemente dal fatto che siano o no dichiarate originarie dell’Indonesia, della Malaysia, dello Sri Lanka e della Tunisia, e che dispone la registrazione di tali importazioni (GU L 258, pag. 21).

10. Tale inchiesta mirava, segnatamente, a esaminare la presunta modificazione della configurazione degli scambi a seguito dell’aumento del dazio antidumping intervenuto nel 2005. Essa ha riguardato il periodo compreso fra il 1º gennaio 2004 e il 31 agosto 2012 (in prosieguo: il «periodo dell’inchiesta»). Per il periodo compreso fra il 1º settembre 2011 e il 31 agosto 2012 (in prosieguo: il «periodo di riferimento») sono stati raccolti dati più approfonditi al fine di esaminare l’eventuale indebolimento degli effetti riparatori delle misure in vigore e l’esistenza del dumping.

11. La ricorrente è stata informata dell’apertura dell’inchiesta antielusione e, il 26 settembre 2012, ha ricevuto un modulo di esenzione. Essa è stata invitata a rispondere a tale modulo, per via elettronica, entro il 2 novembre 2012.

12. Il 5 novembre 2012, la Commissione ha ricevuto una copia cartacea del modulo di esenzione inviato dalla ricorrente. In tale modulo, la ricorrente ha segnatamente affermato di non avere eseguito operazioni di assemblaggio in un paese terzo, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base.

13. Il 27 novembre 2012, la Commissione ha inviato alla ricorrente una lettera con la quale le chiedeva di mettere a sua disposizione alcuni documenti durante la visita di verifica, in particolare i fogli di lavoro utilizzati per elaborare la risposta al modulo di esenzione. La ricorrente ha confermato la ricezione di tale lettera il 28 novembre 2012.

14. Il 29 novembre 2012, la Commissione ha inviato alla ricorrente una nuova lettera chiedendo a quest’ultima di trasmetterle entro il 3 dicembre 2012 nuove informazioni riguardo tredici elementi mancanti nella sua risposta al modulo di esenzione. La ricorrente, il 3 e il 4 dicembre 2012, ha inviato alla Commissione alcuni documenti.

15. La visita di verifica si è svolta il 6 e il 7 dicembre 2012 presso la sede della ricorrente. In tale occasione, la ricorrente ha presentato alla Commissione un modulo di esenzione modificato.

16. Il 28 gennaio 2013, la Commissione ha informato la ricorrente di voler applicare, nei suoi confronti, l’articolo 18 del regolamento di base. La ricorrente ha presentato le proprie osservazioni il 4 febbraio 2013.

17. Il 21 marzo 2013, la Commissione ha inviato alla ricorrente, nonché alle autorità indonesiane e cinesi, il documento di informazione generale presentando le proprie conclusioni sulle operazioni di trasbordo e di assemblaggio e dando atto della propria intenzione di proporre l’estensione delle misure antidumping istituite sulle importazioni di biciclette dalla Cina alle importazioni dall’Indonesia. Nell’allegato B del documento di informazione generale, la Commissione ha respinto la richiesta di esenzione della ricorrente, in particolare, a causa dell’inattendibilità delle informazioni fornite.

18. Con lettera del 9 aprile 2013, la ricorrente ha replicato alle conclusioni del documento di informazione generale. Essa ha presentato nuove osservazioni a tal riguardo il 28 maggio 2013.

19. Il 29 maggio 2013, il Consiglio ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) n. 501/2013 che estende il dazio antidumping definitivo istituito dal regolamento di esecuzione (UE) n. 990/2011 alle importazioni di biciclette spedite dall’Indonesia, dalla Malaysia, dallo Sri Lanka e dalla Tunisia, indipendentemente dal fatto che siano o no dichiarate originarie dell’Indonesia, della Malaysia, dello Sri Lanka e della Tunisia (GU L 153, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento impugnato»).

Regolamento impugnato

20. Nei considerando da 28 a 33 del regolamento impugnato, da una parte, il Consiglio ha sottolineato che quattro società indonesiane, che rappresentano il 91% del totale delle importazioni dall’Indonesia nell’Unione durante il periodo di riferimento, avevano presentato una richiesta di esenzione a norma dell’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento di base. Dall’altra, esso ha ritenuto che i dati presentati da una di dette società erano risultati inverificabili e poco attendibili. Malgrado le osservazioni presentate, il Consiglio ha ritenuto che non si potesse tenere conto delle informazioni fornite da tale società. Conformemente all’articolo 18 del regolamento di base, le conclusioni relative a tale società si sono pertanto basate sui dati disponibili. Per quanto riguarda le altre tre società, si ritiene che abbiano collaborato.

21. Nei considerando da 45 a 48 del regolamento impugnato, il Consiglio, dopo aver studiato l’evoluzione dei flussi commerciali tra la Cina, l’Indonesia e l’Unione, nonché l’evoluzione dei volumi di produzione, ha concluso per l’esistenza di una modificazione della configurazione degli scambi tra l’Indonesia e l’Unione, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base, successivamente all’inasprimento delle misure antidumping nel luglio 2005.

22. Nei considerando da 59 a 67 del regolamento impugnato, il Consiglio ha studiato la natura delle pratiche elusive attuate.

23. Nei considerando da 60 a 64 del regolamento impugnato, il Consiglio ha verificato l’esistenza di operazioni di trasbordo. Esso ha innanzitutto ritenuto che per le tre società che hanno collaborato non fosse stata accertata l’esistenza di operazioni di trasbordo. Invece, per quanto riguarda la società per la quale, secondo il Consiglio, è giustificata l’applicazione dell’articolo 18 del regolamento di base, «[d]all’inchiesta è emerso che i macchinari posseduti dalla società non giustificavano il volume delle sue esportazioni nell’Unione nel periodo di riferimento» e, «[i]n assenza di altre giustificazioni si può concludere che la società fosse coinvolta in pratiche di elusione attraverso il trasbordo» (considerando 62 del regolamento impugnato). Tenuto conto dell’esistenza di una modificazione della configurazione degli scambi, degli accertamenti riguardo alla società per la quale è giustificata l’applicazione dell’articolo 18 del regolamento di base e del fatto che tutti i produttori esportatori indonesiani non si sono manifestati e non tutti hanno quindi collaborato, il Consiglio ha concluso per l’esistenza del trasbordo di prodotti originari della Repubblica popolare cinese attraverso l’Indonesia.

24. Nei considerando da 65 a 67 del regolamento impugnato, il Consiglio ha valutato l’esistenza di operazioni di assemblaggio. Esso ha ritenuto, da una parte, che non fosse stata accertata l’esistenza di operazioni di assemblaggio per quanto concerne tre società che hanno collaborato e, dall’altra, che non fosse stato possibile stabilire se la quarta società, per la quale era stato applicato l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base, fosse coinvolta in operazioni di assemblaggio. Non è stata quindi accertata l’esistenza di operazioni di assemblaggio attraverso l’Indonesia, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base.

25. Nel considerando 92 del regolamento impugnato, il Consiglio ha sottolineato che dall’inchiesta non era emersa una sufficiente motivazione o giustificazione economica oltre all’elusione delle misure in vigore nei confronti del prodotto in esame.

26. Nei considerando 94 e 95 del regolamento impugnato, da una parte, il Consiglio ha sottolineato che il confronto tra il livello di eliminazione del pregiudizio quale stabilito in sede di riesame intermedio nel 2005 e la media ponderata dei prezzi all’esportazione nel corso del periodo di riferimento aveva evidenziato un notevole fenomeno di underselling. Dall’altra, esso ha ricordato che l’incremento delle importazioni nell’Unione dall’Indonesia era stato considerato significativo in termini di quantità. Il Consiglio ha quindi ritenuto, nel considerando 96 del regolamento impugnato, che le misure in vigore fossero indebolite in termini di quantitativi e di prezzi.

27. Nei considerando da 99 a 102 del regolamento impugnato, il Consiglio ha esaminato, in conformità all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base, se esistessero prove dell’esistenza del dumping in relazione al valore normale determinato nel riesame intermedio concluso nel 2005. Per stabilire i prezzi all’esportazione dall’Indonesia influenzati da pratiche di elusione, sono state prese in considerazione solo le esportazioni dei produttori esportatori che non hanno collaborato. Sono stati quindi utilizzati i migliori dati disponibili, nella fattispecie il prezzo medio all’esportazione registrato, secondo i dati Comext di Eurostat, per le biciclette esportate dall’Indonesia nell’Unione durante il periodo di riferimento. A seguito di diversi adeguamenti del valore normale e del prezzo all’esportazione, il confronto tra i due valori ha dimostrato, secondo il Consiglio, l’esistenza del dumping.

28. In tali circostanze, il Consiglio ha concluso per l’esistenza di un’elusione, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base, tramite operazioni di trasbordo attraverso l’Indonesia. Esso ha quindi esteso il dazio antidumping definitivo del 48,5%, previsto all’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione n. 990/2011, alle importazioni del prodotto in esame spedite dall’Indonesia, indipendentemente dal fatto che fossero o no dichiarate originarie di tale paese. A seguito degli accertamenti di cui al precedente punto 20, il Consiglio ha concesso un’esenzione dall’estensione delle misure a tre dei quattro esportatori che hanno presentato una richiesta di esenzione.

Procedimento e conclusioni delle parti

29. Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 9 agosto 2013, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

30. Con atto separato allegato al ricorso, la ricorrente ha altresì chiesto al Tribunale che la causa fosse trattata secondo il procedimento accelerato di cui all’articolo 76 bis del regolamento di procedura del Tribunale.

31. A seguito della modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Settima Sezione alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

32. La domanda con la quale è stato chiesto che la causa fosse trattata secondo il procedimento accelerato è stata accolta con decisione della Settima Sezione del Tribunale in data 8 ottobre 2013.

33. Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 17 ottobre e l’8 novembre 2013, la Commissione e la FEFB hanno chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

34. Con ordinanza dell’11 novembre 2013, il presidente della Settima Sezione del Tribunale ha accolto la domanda d’intervento della Commissione.

35. Con ordinanza del 17 dicembre 2013, la Settima Sezione del Tribunale ha respinto l’istanza d’intervento della FEFB.

36. Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 marzo 2014, la Maxcom Ltd ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

37. Con lettere del 27 marzo e del 15 maggio 2014, ai sensi delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 64 del regolamento di procedura, il Tribunale ha interrogato per iscritto la ricorrente e ha invitato il Consiglio a rispondere ad alcune domande e a depositare taluni documenti. Le parti hanno ottemperato a tali misure di organizzazione del procedimento entro i termini impartiti.

38. Con ordinanza del 16 luglio 2014, la Settima Sezione del Tribunale ha ammesso la domanda di intervento della Maxcom.

39. La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

– annullare l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, del regolamento impugnato, nella parte in cui tali disposizioni riguardano la ricorrente;

– condannare il Consiglio alle spese.

40. Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione e dalla Maxcom, chiede che il Tribunale voglia:

– respingere il ricorso;

– condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

Sulla ricevibilità

41. Nelle proprie risposte scritte alle misure di organizzazione del procedimento, e poi in udienza, il Consiglio ha contestato la ricevibilità dell’intero ricorso. Sulla base di un articolo di stampa al quale avrebbe avuto accesso durante il procedimento giudiziario, il Consiglio afferma che la ricorrente non sarebbe un autentico produttore indonesiano di biciclette e che la sua stessa esistenza sarebbe dubbia. Il Consiglio deduce dall’articolo di stampa che solo la società cinese F. opererebbe come produttore in Indonesia. Date le circostanze, la richiesta di esenzione della ricorrente sarebbe stata presentata in nome della società errata. Pertanto, il ricorso dovrebbe essere integralmente respinto in quanto irricevibile.

42. La ricorrente contesta l’argomento del Consiglio giacché infondato e basato su fatti che non fanno parte del fascicolo.

43. A tal riguardo, va osservato che il breve articolo di stampa, di lunghezza pari ad una sola pagina per quanto concerne la ricorrente, sul quale si basa il Consiglio, è ambiguo e, in ogni caso, non può costituire il fondamento dell’affermazione del Consiglio.

44. Infatti, dall’articolo di stampa in esame emerge che la ricorrente, società di origine taiwanese, si sarebbe stabilita in Indonesia dopo il 1990. Essa sarebbe un produttore di parti di biciclette e venderebbe i propri prodotti nel Sud-est asiatico, in Indonesia, nell’America del Sud e in Italia. Essa avrebbe altresì destinato uno dei propri stabilimenti all’assemblaggio di biciclette per l’impresa cinese F. A seguito dell’istituzione dei dazi antidumping europei sulle importazioni di biciclette cinesi, la ricorrente avrebbe concesso in locazione il proprio stabilimento alla società F. L’esatta natura dei rapporti tra la ricorrente e quest’ultima non è stata precisata in modo chiaro.

45. Pertanto, indipendentemente dalla questione se la produzione di un breve articolo di stampa possa rimettere in discussione la ricevibilità di un ricorso, in assenza di altri elementi di prova, si deve osservare che le affermazioni del Consiglio, di cui al precedente punto 41, non sono per nulla corroborate dal predetto articolo di stampa.

46. Poiché il Consiglio non ha fornito altri elementi a tal riguardo, si deve confermare la ricevibilità del ricorso.

Nel merito

47. A sostegno del presente ricorso la ricorrente deduce tre motivi. Con il primo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base, eccepisce alcuni errori di diritto e di valutazione del Consiglio per quanto concerne l’esistenza di un’elusione e la natura dei dati disponibili. Il secondo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 18 del regolamento di base, del principio di proporzionalità nonché dell’obbligo di motivazione, riguarda l’accertamento dell’omessa collaborazione. Il terzo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base e del principio di parità di trattamento, riguarda l’esistenza del dumping.

Sul primo motivo, relativo alle violazioni dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base

48. Il primo motivo della ricorrente si articola in due parti, che riguardano, in primo luogo, la questione se abbia effettivamente avuto luogo una modificazione della configurazione degli scambi e, in secondo luogo, la conclusione del Consiglio secondo la quale la ricorrente ha svolto operazioni di trasbordo.

– Sulla modificazione della configurazione degli scambi

49. In primo luogo, la ricorrente sostiene che le statistiche cinesi relative alle esportazioni di biciclette in Indonesia, sulle quali si è segnatamente basato il Consiglio per stabilire l’esistenza di una modificazione della configurazione degli scambi, sono errate. Secondo la ricorrente, esisterebbe un tasso di restituzione all’esportazione più elevato per le biciclette rispetto alle parti di biciclette, il che indurrebbe gli esportatori cinesi a dichiarare esportazioni di semplici parti come esportazioni di biciclette complete. Ciò premesso, le statistiche cinesi relative alle esportazioni di biciclette sarebbero artificiosamente elevate, poiché la maggior parte delle biciclette esportate è in realtà costituita da parti di biciclette. La Repubblica popolare cinese avrebbe dunque esportato un numero nettamente inferiore di biciclette in Indonesia rispetto a quello indicato nella tabella 2 del regolamento impugnato.

50. In secondo luogo, la ricorrente ritiene che i dati utilizzati per dimostrare una modificazione della configurazione degli scambi siano insufficienti per fondare l’accertamento del trasbordo, nella misura in cui non vi sarebbe alcuna correlazione evidente tra le esportazioni di biciclette dalla Cina verso l’Indonesia e le esportazioni dall’Indonesia verso l’Unione.

51. In terzo luogo, il Consiglio non avrebbe valutato spiegazioni alternative al presunto cambiamento nella configurazione degli scambi. In particolare, la sua analisi dei volumi di produzione sarebbe inconcludente e riguarderebbe un periodo errato.

52. Il Consiglio contesta tutti questi argomenti in quanto infondati.

53. A tal riguardo, in primo luogo, occorre sottolineare che, innanzitutto, dal documento che contiene l’elenco dei diversi tassi di restituzione per le biciclette e per le parti di biciclette, fornito dalla ricorrente, emerge che sembrano effettivamente esistere diversi tassi di restituzione all’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») per le parti di biciclette e per le biciclette complete.

54. Tuttavia, la ricorrente non ha apportato alcun elemento di prova capace di dimostrare che, di conseguenza, gli esportatori cinesi o le autorità doganali dichiarassero esportazioni di semplici parti di biciclette come esportazioni di biciclette complete. Infatti, la ricorrente ha presentato solo alcuni documenti che rig uardano un numero limitato di transazioni. Seppure tali documenti avessero un qualsiasi valore probatorio riguardo all’esistenza di tale pratica, essi non possono dimostrare di per sé che tale pratica fosse sufficientemente abituale per rimettere in discussione le statistiche utilizzate dal Consiglio. In definitiva, la ricorrente non ha dimostrato, in ogni caso, che tale pratica fosse sufficientemente abituale per rimettere in discussione la validità delle statistiche cinesi.

55. La ricorrente sostiene poi che la Commissione, durante la propria inchiesta, avrebbe potuto facilmente individuare l’esistenza di una pratica siffatta, nella misura in cui quest’ultima sarebbe ben nota agli operatori del settore. In sostanza, la ricorrente sostiene che la Commissione ha violato il proprio obbligo di diligenza.

56. A tal riguardo, da una parte, il Consiglio afferma, senza essere contraddetto dalla ricorrente, che nessuna delle altre parti interessate da tale inchiesta o dalle altre inchieste condotte contemporaneamente sembra aver menzionato l’esistenza di una pratica siffatta. Inoltre, le autorità indonesiane e cinesi, alle quali sono stati trasmessi i risultati dell’inchiesta, non hanno mai contestato l’attendibilità delle statistiche utilizzate con riguardo ai loro dati. Non vi erano quindi ragioni, per il Consiglio, di dubitare dell’attendibilità di tali statistiche.

57. Dall’altra, occorre rilevare che la ricorrente ha segnalato la presunta esistenza di tale pratica solo il 28 maggio 2013, ossia la vigilia dell’adozione del regolamento impugnato e oltre 40 giorni dopo la scadenza del termine impartito per presentare osservazioni sul documento di informazione generale. Essa non l’aveva mai menzionata in precedenza. L’argomento della ricorrente è stato quindi sollevato in una fase molto tardiva dell’inchiesta.

58. In tali circostanze, la ricorrente non ha dimostrato l’esistenza di un errore di valutazione o di una violazione del principio di diligenza da parte delle istituzioni dell’Unione riguardo alle statistiche utilizzate.

59. In secondo luogo, occorre osservare che i dati presentati dal Consiglio, nei considerando da 45 a 55 del regolamento impugnato, dimostrano l’esistenza di una modificazione della configurazione degli scambi, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base, tra la Cina e l’Unione, tra la Cina e l’Indonesia e, infine, tra l’Indonesia e l’Unione.

60. Infatti, innanzitutto, dal considerando 45 e dalla tabella 1 del regolamento impugnato emerge che le esportazioni di biciclette dalla Cina nell’Unione si sono ridotte di oltre l’80% nel corso del periodo dell’inchiesta. Tra l’inasprimento dei dazi nel 2005 e la fine del periodo di riferimento, le importazioni sono state divise per tre. Inoltre, le esportazioni di biciclette dalla Cina in Indonesia sono aumentate di oltre l’83% nel corso del periodo dell’inchiesta, come emerge dal considerando 51 e dalla tabella 2 del regolamento impugnato. Infine, le esportazioni di biciclette dall’Indonesia nell’Unione si sono moltiplicate di 2,6 volte nel corso del periodo dell’inchiesta. Come emerge dal considerando 46 e dalla tabella 1 del regolamento impugnato, se le importazioni dall’Indonesia si sono ridotte di molto nel 2009, da una parte, esse sono rimaste a un livello nettamente superiore a quello del 2004 e del 2005, e, dall’altra, sono nuovamente aumentate tra il 2010 e il 2012.

61. Certamente, come sottolineato dalla ricorrente, le importazioni indonesiane dalla Cina si sono ridotte del 10,1% mentre le esportazioni indonesiane nell’Unione sono aumentate del 18,6% nel 2007. Tuttavia, una siffatta variazione annuale non può neppure rimettere in discussione la tendenza emersa dai dati delle istituzioni dell’Unione. Infatti, come correttamente sottolineato dal Consiglio, tra la modificazione dei flussi tra la Cina e l’Indonesia e tra l’Indonesia e l’Unione può emergere uno scarto temporale dovuto, in particolare, all’esistenza di scorte.

62. In tali circostanze, il Consiglio non ha commesso errori concludendo, sulla base di tali dati, per l’esistenza di una modificazione della configurazione degli scambi.

63. In terzo luogo, il Consiglio, secondo la ricorrente, non avrebbe preso in considerazione spiegazioni alternative all’elusione durante il suo esame dell’evoluzione delle esportazioni dall’Indonesia nell’Unione.

64. A tal riguardo, occorre ricordare che il regolamento di base non attribuisce alla Commissione alcun potere di inchiesta che le consenta di imporre alle società di partecipare all’inchiesta o di fornire informazioni. Pertanto, il Consiglio e la Commissione dipendono dalla collaborazione volontaria delle parti nel fornire loro le informazioni necessarie entro i termini impartiti (sentenza del 24 maggio 2012, JBF RAK/Consiglio, T‑555/10, EU:T:2012:262, punto 80).

65. Nella fattispecie, innanzitutto, occorre considerare che dagli elementi del fascicolo emerge che, nel corso dell’inchiesta, non è stata fornita alcuna spiegazione alternativa. In particolare, il Consiglio sottolinea che le autorità indonesiane non hanno presentato alcuna osservazione contraddittoria per quanto concerne la causa della modificazione della configurazione degli scambi.

66. Inoltre, occorre rilevare che la ricorrente stessa, durante le fasi amministrativa e giudiziaria, non ha neppure fornito una spiegazione alternativa in grado di spiegare la modificazione della configurazione degli scambi diversa dall’istituzione del dazio antidumping iniziale. Essa si è limitata a sottolineare che il Consiglio non aveva preso in considerazione spiegazioni alternative all’elusione, senza fornire chiarimenti, eccetto la sua critica riguardo all’analisi da parte del Consiglio dell’evoluzione dei volumi di produzione.

67. Per quanto concerne l’evoluzione dei volumi di produzione, la ricorrente ritiene che l’analisi del Consiglio non sia completa, giacché quest’ultima non verte né su tutto il periodo di inchiesta né su tutte le società esportatrici indonesiane.

68. Dal considerando 56 e dalla tabella 3 del regolamento impugnato emerge che le istituzioni dell’Unione hanno condotto un’inchiesta sull’evoluzione dei volumi di produzione delle società che hanno collaborato tra il 2009 e la fine del periodo di riferimento. Da tale analisi emerge che le società indonesiane che hanno collaborato hanno aumentato la loro produzione del 54% durante tale periodo.

69. A tal riguardo, occorre sottolineare, innanzitutto, che le istituzioni dell’Unione erano legittimate a basarsi sui dati delle sole società indonesiane che hanno collaborato, posto che i dati inerenti alle altre società non sono, per tale ragione, né disponibili né attendibili. Poi, come ha correttamente sottolineato il Consiglio, dalle tabelle da compilare, allegate al modulo di esenzione, emerge che i richiedenti dovevano fornire chiarimenti riguardo ai loro volumi di produzione fin dal 2004. La Commissione ha quindi correttamente condotto un’inchiesta sui volumi di produzione durante tutto il periodo di inchiesta. Nelle sue memorie, il Consiglio ha spiegato di essersi limitato al periodo compreso tra il 2009 e l’agosto 2012, giacché i dati relativi ai primi anni non erano tutti completi per tutte le società.

70. Pertanto, nella misura in cui non è stata individuata, durante l’inchiesta, alcuna giustificazione diversa dall’istituzione di un dazio antidumping e la ricorrente, durante le fasi amministrativa e giudiziaria, non ha prodotto il benché minimo elemento concreto a tal riguardo, il Consiglio poteva correttamente concludere per un’assenza di spiegazione alternativa alla modificazione della configurazione degli scambi.

71. Pertanto, la prima parte del primo motivo va integralmente respinta, in quanto infondata.

– Sul compimento di operazioni di trasbordo

72. Nell’ambito della seconda parte del motivo, la ricorrente solleva tre censure.

73. In primo luogo, la ricorrente sostiene che il Consiglio ha commesso un errore di valutazione nel concludere, nel considerando 62 del regolamento impugnato (v. precedente punto 23), che le capacità di produzione della società non giustificavano il volume delle sue esportazioni nell’Unione.

74. In secondo luogo, la ricorrente sostiene che il Consiglio ha commesso un errore di diritto nel dedurre l’esistenza di trasbordi unicamente dalla modificazione della configurazione degli scambi. Il Consiglio non avrebbe né apportato prove dell’esistenza di tali operazioni di trasbordo né dimostrato un nesso causale tra dette operazioni e la presunta modificazione della configurazione degli scambi.

75. In terzo luogo, la ricorrente ritiene che, in assenza di altre prove, gli elementi forniti avrebbero dovuto costituire i fatti disponibili, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base.

76. Il Consiglio contesta tutti gli argomenti della ricorrente.

77. Per quanto concerne la prima censura, la ricorrente sostiene di essere effettivamente un produttore di biciclette di origine indonesiana e che non si può dunque ritenere che essa sia coinvolta in pratiche di elusione. Dalla sua risposta al modulo di esenzione emergerebbe, in particolare, che [riservato] (1) . Essa non contesta il fatto di aver importato un dato numero di parti smontate dalla Cina. Tali parti smontate sarebbero state in seguito utilizzate per fabbricare biciclette nel suo stabilimento di Tangerang (Indonesia), che avrebbe impiegato circa [riservato] . Secondo la ricorrente, il processo di fabbricazione svoltosi nel suo stabilimento comprendeva tutte le fasi di produzione di una bicicletta.

78. La ricorrente si basa in sostanza sulla propria risposta al modulo di esenzione e sulla relazione di revisione dello Studio V. del 28 novembre 2011, oggetto di riesame il 16 luglio 2012, per sostenere che il Consiglio disponesse di informazioni sufficienti per ritenere che non sussisteva trasbordo.

79. Inoltre, la ricorrente sostiene che il fatto, da una parte, che i propri macchinari non mostrassero alcun segno di usura al momento della visita di verifica e, dall’altra, che lo stabilimento non fosse operativo al momento della predetta visita non ha alcun valore probatorio, contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio. La ricorrente sottolinea altresì che l’affermazione del Consiglio, nel considerando 29 del regolamento impugnato, secondo la quale essa avrebbe fatto ricorso ad un fabbricante cinese come fornitore di parti di bicicletta, sarebbe in contraddizione con l’accertamento del fatto che la stessa non fabbricava biciclette e con l’accertamento del trasbordo.

80. A tal riguardo, occorre rilevare che il regolamento di base non attribuisce alla Commissione alcun potere d’inchiesta che le consenta di imporre alle imprese di partecipare all’inchiesta o di fornire informazioni. Pertanto, il Consiglio e la Commissione dipendono dalla collaborazione volontaria delle parti di fornire loro le informazioni necessarie entro i termini impartiti. In tale contesto, le informazioni fornite nel modulo di esenzione nonché la successiva visita di verifica, che la Commissione può effettuare in loco, sono essenziali per lo svolgimento della procedura antielusione. Spetta quindi alle società che collaborano dare prova della precisione e dell’esattezza delle informazioni e degli elementi di prova che esse trasmettono sia nelle loro risposte ai quesiti scritti e orali sia al momento della visita di verifica (v., in tal senso, sentenza JBF RAK/Consiglio, punto 64 supra, EU:T:2012:262, punto 80 e la giurisprudenza ivi citata).

81. Nella fattispecie, va osservato che la ricorrente ha effettivamente fornito un dato numero di elementi rilevanti nel modulo di esenzione e nel modulo di esenzione modificato. In particolare, essa ha fornito informazioni aggregate, nell’ambito delle tabelle allegate ai predetti moduli, riguardo alle proprie capacità produttive, alla propria produzione effettiva, alle proprie vendite all’esportazione, al proprio volume d’affari, ad alcuni dati finanziari e contabili come le spese generali dello stabilimento, alle scorte, agli acquisti di parti smontate nonché all’origine di tali acquisti, al processo di fabbricazione e ai costi di produzione. Essa ha altresì prodotto alcuni rendiconti finanziari.

82. Tuttavia, in primo luogo, va osservato che le informazioni fornite dalla ricorrente nel primo modulo di esenzione, presentato il 5 novembre 2012, sono risultate carenti giacché in larga parte incomplete.

83. Infatti, le informazioni fornite nel modulo di esenzione presentato il 5 novembre 2012 non consentivano di stabilire, segnatamente, né il costo rispettivo delle parti di biciclette né la loro origine, il che rendeva impossibile, in tale fase, stabilire se la ricorrente fosse un produttore di biciclette indonesiano e, dunque, concederle un’esenzione ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base.

84. Con lettera del 29 novembre 2012, la Commissione ha chiesto alla ricorrente, mediante tredici quesiti specifici, di fornirle le informazioni mancanti, entro il 3 dicembre 2012, ossia prima della visita di verifica. Con lettera del 3 dicembre 2012, la ricorrente ha fornito alcuni elementi relativi unicamente a due dei tredici quesiti della Commissione, fatto che la ricorrente non contesta.

85. In secondo luogo, durante la visita di verifica del 6 e del 7 dicembre 2012, la ricorrente ha fornito una versione modificata del modulo di esenzione, nel quale sono stati aggiornati solo alcuni aspetti, ossia, segnatamente, le informazioni relative a parti di biciclette acquistate in paesi diversi dalla Cina. Tuttavia, le informazioni fornite nel modulo di esenzione modificato rimanevano incomplete, fatto che non è peraltro contestato dalla ricorrente. In particolare, trattandosi dei dati relativi alle proprie esportazioni, la ricorrente non ha, in particolare, fornito i valori cif (costo, assicurazione, nolo) di talune operazioni verso l’Unione. La ricorrente non ha nemmeno dichiarato spese di imballaggio, di garanzie o spese bancarie.

86. Le informazioni fornite nel modulo di esenzione modificato sono risultate altresì contraddittorie e non verificabili.

87. Infatti, innanzitutto, i dati forniti nelle due tabelle, allegate ai moduli di esenzione presentati, relativi all’origine delle parti di biciclette acquistate dalla ricorrente, non erano coerenti, fatto non contestato da quest’ultima. Orbene, tali dati sono essenziali nell’ambito di una procedura relativa ad un’eventuale elusione di dazi antidumping.

88. Poi, dagli elementi del fascicolo emerge che i dipendenti della ricorrente, durante la visita di verifica, da una parte, non hanno prodotto i fogli di lavoro che hanno consentito di compilare i moduli di esenzione (v., a tal riguardo, il successivo punto 112), e, dall’altra, non hanno spiegato il modo in cui erano stati elaborati i dati forniti nei moduli di esenzione, fatto che non è contestato dalla ricorrente. Sembra che i dati forniti dalla ricorrente siano stati elaborati a mano, con l’ausilio di una semplice calcolatrice.

89. Infine, dagli elementi del fascicolo emerge altresì che la ricorrente non è stata in grado di produrre altri documenti oltre alle proprie dichiarazioni fiscali, ad alcuni moduli doganali e a numerose copie di fatture. La ricorrente non disponeva di relazioni di revisione annuali, né di sistemi di compatibilità che consentissero di verificare facilmente i dati indicati nei moduli di esenzione e il carattere esaustivo degli elenchi di operazioni. Non è stato ad esempio possibile correlare i volumi di produzione con le vendite e le scorte. Va sottolineato, a tal riguardo, che, con lettera del 27 novembre 2012, la Commissione aveva preliminarmente informato la ricorrente che quest’ultima avrebbe dovuto fornire, durante la visita di verifica, tutti i documenti, in particolare i fogli di lavoro, che le consentissero di verificare i dati indicati nel modulo di esenzione.

90. In terzo luogo, a seguito della visita di verifica, la Commissione, con lettera del 28 gennaio 2013 con la quale informava la ricorrente della propria volontà di applicarle l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base, ha nuovamente concesso alla ricorrente la possibilità di produrre i documenti necessari. La risposta della ricorrente del 4 febbraio 2013, di lunghezza pari ad una sola pagina, non ha fornito, a tal riguardo, alcun nuovo elemento essenziale, posto che la ricorrente si è limitata, in sostanza, ad affermare nuovamente che essa aveva collaborato correttamente. Nella risposta al documento di informazione generale del 9 aprile 2013, la ricorrente non ha neppure fornito elementi concreti che possano giustificare i dati indicati nel modulo di esenzione, né li ha forniti nella sua lettera tardiva del 28 maggio 2013.

91. In quarto luogo, per quanto concerne la relazione di revisione dello Studio V. del 28 novembre 2011, oggetto di riesame il 16 luglio 2012, occorre osservare che la predetta relazione non dimostra, in ogni caso, che la ricorrente stessa producesse biciclette originarie dell’Indonesia o potesse soddisfare i criteri previsti all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base, come correttamente sottolineato dal Consiglio.

92. Infatti, tale relazione non riguarda la questione se la ricorrente non fosse coinvolta in pratiche, processi o lavorazioni per i quali non vi fosse una sufficiente motivazione o giustificazione economica diversa dall’istituzione del dazio antidumping iniziale. Tale relazione dimostra, al più, che, nel momento della sua pubblicazione, la ricorrente era coinvolta nella produzione di biciclette, fatto che non è contestato. A tal riguardo, occorre sottolineare che detta relazione di revisione verte in sostanza sulle condizioni di lavoro e sulla qualità dell’organizzazione. Essa non contiene, pertanto, alcun dato rilevante sull’evoluzione, in particolare, dei volumi di produzione e sull’origine delle parti smontate.

93. Inoltre, le foto e il video forniti dalla ricorrente al Tribunale non dimostrano neppure che essa fosse un produttore indonesiano di biciclette e, pertanto, che non fosse coinvolta in un’elusione ai sensi dell’articolo 13 del regolamento di base, posto che tali documenti non consentono di individuare specificamente, in particolare, l’origine delle materie prime utilizzate.

94. Pertanto, i moduli di esenzione, la relazione di revisione dello Studio V. e le foto prodotte in diversi momenti del procedimento giudiziario sui quali si fonda la ricorrente non consentono di dimostrare che essa fosse un esportatore di origine indonesiana o che soddisfacesse i criteri previsti dall’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base.

95. Va tuttavia osservato che, sulla base degli elementi del fascicolo, il Consiglio non disponeva di indizi sufficienti per concludere in modo esplicito, nel considerando 62 del regolamento impugnato, che la ricorrente non disponesse di capacità produttive sufficienti, alla luce dei volumi esportati nell’Unione, né, pertanto, che essa fosse coinvolta in operazioni di trasbordo, ossia la spedizione del prodotto oggetto delle misure attraverso paesi terzi.

96. A tal riguardo, in primo luogo, occorre sottolineare che il ragionamento del Consiglio si fonda, in larga misura, su alcuni accertamenti eseguiti dagli agenti della Commissione durante la visita di verifica.

97. Secondo gli agenti della Commissione, è emerso, in particolare, che la ricorrente non disponeva dei macchinari necessari per produrre parti sufficienti rispetto ai volumi dichiarati. Essi hanno osservato che lo stabilimento di produzione della ricorrente era chiuso a chiave quando sono arrivati e che alcuni macchinari di produzione erano nuovi o non erano stati probabilmente utilizzati di recente. Inoltre, non c’era né una macchina tranciatrice né una macchina saldatrice. Gli agenti della Commissione avrebbero chiesto, senza successo, di vedere le materie prime relative ai cerchi in lega e ai telai grezzi. Essi avrebbero trovato, invece, alcune casse contenenti biciclette complete recanti la menzione «fabbricate in Indonesia», senza alcuna menzione del fornitore cinese della ricorrente, nonché altre scatole contenenti telai privi d’indicazione d’origine. Il team ha sottolineato che tutti i telai visti erano stati consegnati da alcuni fornitori ed erano già verniciati. Infine, i dipendenti della ricorrente non sarebbero stati in grado di fornire spiegazioni sul processo di produzione.

98. Orbene, nessuna di tali osservazioni, considerate individualmente o nel complesso, segnala in modo convincente l’esistenza di trasbordi.

99. Infatti, nella misura in cui l’attività dell’impresa è fortemente rallentata dopo l’apertura dell’inchiesta antielusione, non si possono trarre conclusioni dal fatto che lo stabilimento fosse in buono stato e che le scorte di materie prime fossero poche al momento della visita di verifica. A tal riguardo, la ricorrente ha peraltro sottolineato di avere venduto alcuni elementi della propria catena di produzione considerato il calo delle proprie attività. Essa ha altresì riferito, con il supporto di fatture, che alcuni macchinari di produzione erano stati acquistati recentemente, a seguito di un incendio avvenuto nel proprio stabilimento il 23 aprile 2009. Essa avrebbe, pertanto, effettuato nuovi investimenti in due occasioni, nel maggio 2009 e nel luglio 2011, in particolare in catene di assemblaggio.

100. Certamente, alcune osservazioni, come il fatto che il fornitore cinese della ricorrente non fosse per nulla menzionato o che alcune scatole contenessero alcuni telai privi d’indicazione d’origine, contribuivano a generare un dubbio sulle attività effettive della ricorrente, dubbi inoltre confermati dal fatto che quest’ultima non aveva giustificato i dati forniti nel modulo di esenzione. Tuttavia, tali elementi non dimostravano per nulla l’esistenza di trasbordi effettuati dalla ricorrente.

101. Per quanto concerne il fatto che i dipendenti della ricorrente incontrati durante la visita di verifica non fossero in grado di fornire chiarimenti sul processo di produzione, fatto che è peraltro contestato dalla ricorrente, occorre notare che dalle risposte scritte del Consiglio ai quesiti scritti del Tribunale emerge che il team della Commissione ha incontrato solo alcuni impiegati della divisione vendite e non specialisti della produzione.

102. In secondo luogo, il Consiglio si è basato, per quanto concerne gli accertamenti in fatto di cui al precedente punto 97, quasi esclusivamente sulla relazione della missione degli agenti della Commissione, ad eccezione di ogni altro elemento materiale. Orbene, la maggior parte delle osservazioni tratte dalla relazione della missione sono contestate dalla ricorrente, in particolare per quanto concerne il fatto che le linee di assemblaggio non funzionavano o che alcune scorte di materie prime non esistevano. Certamente, il Consiglio, nelle proprie memorie e in udienza, ha fatto riferimento ad alcune foto prodotte dalla ricorrente o prese dagli agenti della Commissione durante la visita di verifica. Tuttavia, tali foto non forniscono alcuna indicazione sulla questione se la ricorrente fosse coinvolta in operazioni di trasbordo.

103. In terzo luogo, il Consiglio fonda altresì il proprio ragionamento sul fatto che la ricorrente non ha fornito le prove in grado di dimostrare che essa fosse un produttore indonesiano o che soddisfacesse i criteri previsti all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base. Orbene, se tale osservazione è stata avallata nel precedente punto 94, ciò non significa, di per sé, che la ricorrente partecipasse ad operazioni di trasbordo.

104. Tenuto conto di quanto suesposto ai punti da 95 a 103, il Consiglio non disponeva di indizi sufficienti per concludere che la ricorrente non disponesse di capacità produttive sufficienti per giustificare i volumi esportati nell’Unione e che essa fosse, pertanto, coinvolta in operazioni di trasbordo.

105. Certamente, non può escludersi che, tra tutte le pratiche, processi o lavorazioni per le quali non vi sia una sufficiente motivazione o giustificazione economica diversa dall’istituzione del dazio antidumping iniziale, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento di base, la ricorrente fosse coinvolta in operazioni di trasbordo. Tuttavia, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione in udienza, il fatto che la ricorrente non abbia potuto dimostrare che essa fosse un produttore indonesiano o che soddisfacesse quanto previsto dall’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base non consentiva al Consiglio di ritenere, per difetto, che esistessero trasbordi effettuati dalla ricorrente, posto che una siffatta eventualità non emergeva affatto dal regolamento di base o dalla giurisprudenza.

106. In tali circostanze, la seconda parte del primo motivo va accolta, non essendo necessario trattare le altre censure della ricorrente.

Sul secondo motivo, relativo a violazioni dell’articolo 18 del regolamento di base, del principio di proporzionalità e dell’obbligo di motivazione

107. A sostegno del secondo motivo, la ricorrente deduce quattro parti che intendono dimostrare, in particolare, che il Consiglio avrebbe commesso errori di diritto e di valutazione, nei considerando da 29 a 33 del regolamento impugnato, nel ritenere che essa non avesse collaborato, ai sensi dell’articolo 18 del regolamento di base. Con la prima parte, essa sostiene di aver collaborato con la migliore diligenza, fatto di cui il Consiglio non avrebbe tenuto conto, in violazione dell’articolo 18 del regolamento di base. Con la seconda parte, altresì relativa ad una violazione dell’articolo 18 del regolamento di base, essa contesta l’osservazione relativa all’omessa collaborazione. Con la terza parte, essa sostiene che il Consiglio non avrebbe adempiuto il proprio obbligo di motivazione, in particolare per non aver indicato di quali dati disponibili ha tenuto conto, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base. Con la quarta parte, essa ritiene che il Consiglio, in violazione dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base, non abbia preso in considerazione le informazioni che essa ha fornito nel corso dell’inchiesta. Inoltre, il fatto di non prendere in considerazione tutte le informazioni che ha fornito violerebbe il principio di proporzionalità.

108. Il Consiglio contesta tutti gli argomenti della ricorrente.

109. Il Tribunale ritiene che vada trattata, innanzitutto, la seconda parte, successivamente la prima, la terza e la quarta parte.

– Sull’accertamento dell’omessa collaborazione

110. A sostegno della seconda parte del secondo motivo, la ricorrente adduce alcuni argomenti che tendono a dimostrare che l’accertamento dell’omessa collaborazione è errato. Essa sostiene, in particolare, che la mancata presentazione dei fogli di lavoro non era sufficiente, di per sé, a condurre ad un accertamento di omessa collaborazione.

111. A tal riguardo, va anzitutto ricordato che l’articolo 18, paragrafo 1, primo periodo, del regolamento di base autorizza le istituzioni a ricorrere ai dati disponibili qualora una parte interessata rifiuti l’accesso alle informazioni necessarie, o non le comunichi entro i termini fissati dal presente regolamento, oppure ostacoli gravemente l’inchiesta. L’utilizzo di dati disponibili è altresì autorizzato se una parte interessata fornisce un’informazione falsa o fuorviante. Dalla formulazione di tale disposizione emerge che queste quattro condizioni sono alternative, cosicché, qualora una sola di esse sia soddisfatta, le istituzioni possono ricorrere ai dati disponibili per fondare le proprie conclusioni preliminari o definitive (sentenza del 22 maggio 2014, Guangdong Kito Ceramics e a./Consiglio, T‑633/11, EU:T:2014:271, punto 44).

112. Nella fattispecie, in primo luogo, va constatato che l’omessa collaborazione non si fonda soltanto, nel regolamento impugnato, sulla mancata presentazione dei fogli di lavoro, che consentono di riconciliare la risposta al modulo di esenzione con i documenti finanziari e contabili dell’esportatore. Si fonda, altresì, sui ritardi nella comunicazione delle informazioni richieste, sul carattere contraddittorio e poco attendibile di queste ultime, nonché sulle difficoltà riscontrate durante la visita di verifica. Infatti, è stato già provato, nell’ambito del primo motivo, che i dati forniti dalla ricorrente si sono rivelati incompleti, contraddittori e inverificabili. La ricorrente non ha quindi fornito accesso alle informazioni necessarie, ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 111.

113. In secondo luogo, la ricorrente afferma che le incoerenze che sono emerse nei propri dati relativi alla produzione erano dovute a ritardi tra i periodi di registrazione e l’effettiva cadenza produttiva. Essa ritiene che la sua lettera del 4 febbraio 2013 possa provare tale affermazione. Orbene, è sufficiente osservare che la lettera del 4 febbraio 2013 non contiene alcun elemento di prova al riguardo.

114. In terzo luogo, la ricorrente sottolinea che almeno una parte delle informazioni fornite era corretta, nella misura in cui il Consiglio stesso avrebbe ammesso che i dati comunicati riguardo alle vendite all’esportazione erano esatti. Orbene, dal considerando 31 del regolamento impugnato emerge effettivamente che il Consiglio ha approvato l’accertamento secondo cui i dati erano corretti. Tuttavia, anzitutto, tali dati, secondo il Consiglio, riguardano tutte le vendite all’esportazione e non le sole esportazioni nell’Unione, per le quali non è stata possibile una riconciliazione, fatto che la ricorrente non contesta. Il fatto, poi, che i dati relativi alle esportazioni siano corretti e verificabili non implica che i dati relativi all’origine dei prodotti esportati debbano anch’essi essere approvati.

115. In quarto luogo, quanto al fatto che un responsabile delle vendite della ricorrente fosse contemporaneamente impiegato da un produttore cinese che era il suo principale fornitore di parti di biciclette, è vero che tale fatto, di per sé, non è tale da provare l’omessa collaborazione, ai sensi dell’articolo 18 del regolamento di base. Tuttavia, le spiegazioni fornite dalla ricorrente riguardo allo status del predetto impiegato si sono rivelate particolarmente confuse, il che rileva ai fini della valutazione della collaborazione della ricorrente. Va altresì sottolineato che la ricorrente aveva dichiarato, nel suo modulo di esenzione, di non avere alcuna connessione con imprese cinesi. Tenuto conto della rilevanza che potesse rivestire il fatto che un responsabile delle vendite della ricorrente fosse altresì alle dipendenze di una società di biciclette cinese, al fine di provare un’elusione attraverso l’Indonesia, era, in ogni caso, legittimo che la Commissione interrogasse la ricorrente a tal riguardo e che ciò fosse menzionato nel regolamento impugnato.

116. In quinto luogo, la ricorrente sostiene che l’omessa collaborazione riguarda solo le operazioni di assemblaggio e non le operazioni di trasbordo. Essa sottolinea, a tal riguardo, che la collaborazione che si presume insufficiente concerne solo il valore delle parti di origine cinese. Orbene, a suo avviso, tale informazione era necessaria unicamente per stabilire se essa fosse coinvolta in operazioni di assemblaggio, ossia se essa rispettasse le norme riguardanti la proporzione di parti importate dalla Cina nel valore complessivo del prodotto fabbricato, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base. Posto che l’elusione attraverso l’Indonesia era, nel regolamento impugnato, unicamente fondata su operazioni di trasbordo, l’accertamento dell’omessa collaborazione riguarderebbe, secondo la ricorrente, alcune conclusioni irrilevanti ai fini della censura di elusione sollevata dal Consiglio.

117. A tal riguardo, anzitutto, occorre rilevare che dal modulo di esenzione presentato dalla ricorrente emerge che quest’ultima ha cercato di dimostrare che essa soddisfaceva i criteri previsti all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base. Era dunque legittimo che la Commissione, nell’allegato B del documento di informazione generale, motivasse la propria decisione di non concedere un’esenzione alla ricorrente specificando che essa non era stata in grado di effettuare i calcoli inerenti ai predetti criteri, sulla base delle informazioni fornite. Occorre ricordare, a tal proposito, che l’inchiesta ha riguardato l’esistenza di un’elusione attraverso l’Indonesia e non l’esistenza di una forma particolare di elusione. La Commissione, nel considerando 9 del regolamento n. 875/2012 che apre l’inchiesta antielusione, ha peraltro menzionato, per quanto concerne l’Indonesia, eventuali operazioni di trasbordo e di assemblaggio.

118. Inoltre, va ricordato che la ricorrente non ha dimostrato di essere un produttore di biciclette di origine indonesiana né di soddisfare i criteri previsti all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base, ossia che essa non è stata in grado di dimostrare l’origine del numero consistente di biciclette che la stessa esportava nell’Unione. Le informazioni fornite dalla ricorrente erano, in ogni caso, insufficienti, posto che l’inchiesta mirava a stabilire se la ricorrente avesse partecipato a un’elusione del dazio antidumping iniziale attraverso l’Indonesia, indipendentemente dalla successiva qualificazione attribuita dal Consiglio a tali pratiche.

119. Ciò considerato, la censura in esame va respinta in quanto infondata.

120. Pertanto, la seconda parte del secondo motivo dev’essere integralmente respinta in quanto infondata.

– Sugli effetti della collaborazione della ricorrente

121. Con la prima parte, la ricorrente sostiene che il Consiglio, in violazione dell’articolo 18 del regolamento di base, non avrebbe tenuto conto del fatto che essa aveva collaborato con la migliore diligenza. Essa sottolinea a tal riguardo, in particolare, di aver presentato una richiesta di esenzione, nonché un questionario modificato e di aver accettato di ricevere il team della Commissione durante la visita di verifica. Inoltre, la collaborazione si sarebbe svolta in circostanze difficili, posto che la ricorrente dispone di risorse amministrative limitate e non è al corrente delle procedure amministrative della Commissione.

122. A tale proposito, in primo luogo, si deve rilevare che l’utilizzo dei dati disponibili è giustificato, in particolare, qualora un’impresa si rifiuti di collaborare o qualora essa fornisca un’informazione falsa o fuorviante, posto che l’articolo 18, paragrafo 1, secondo periodo, del regolamento di base non richiede un comportamento intenzionale. Infatti, l’entità dello sforzo compiuto da una parte interessata per comunicare determinate informazioni non è necessariamente collegata alla qualità intrinseca delle informazioni comunicate e, in ogni caso, non costituisce il solo elemento determinante. Così, se alla fine non si ottengono le informazioni richieste, la Commissione è legittimata a fare ricorso ai dati disponibili relativi alle informazioni richieste (sentenza del 4 marzo 2010, Sun Sang Kong Yuen Shoes Factory/Consiglio, T‑409/06, Racc., EU:T:2010:69, punti 103 e 104).

123. Inoltre, occorre ricordare altresì che spetta alle istituzioni dell’Unione decidere se, al fine di verificare le informazioni fornite da una parte interessata, esse ritengano che sia necessario corroborare tali informazioni attraverso una visita di verifica nei locali di tale parte e che, nel caso in cui una parte interessata ostacoli la verifica dei dati da essa forniti, sia applicabile l’articolo 18 del regolamento di base e i dati disponibili possano essere utilizzati. Se è vero che un rifiuto di accogliere una visita di verifica viola l’obbligo di cooperazione leale e diligente del quale l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base cerca di garantire il rispetto, il fatto di sottoporsi ad essa non può dar luogo di per sé ad un accertamento di collaborazione (v., in tal senso, sentenza del 25 ottobre 2011, Transnational Company «Kazchrome» e ENRC Marketing/Consiglio, T‑192/08, Racc., EU:T:2011:619, punti 273 e 275).

124. In tali circostanze, il fatto di aver presentato un modulo di esenzione, in seguito una versione modificata, nonché di aver accolto gli agenti della Commissione all’atto della visita di verifica non può essere sufficiente ad accertare la collaborazione o a comportare l’obbligo delle istituzioni dell’Unione di tener conto delle informazioni carenti. Inoltre, non si può ritenere che, nella fattispecie, i dati richiesti dalla Commissione comportino un notevole onere amministrativo. Peraltro, secondo il Consiglio, il servizio di vendita e amministrativo della ricorrente era costituito da sedici persone, fatto che quest’ultima non contesta.

125. In secondo luogo, occorre sottolineare che l’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base prevede che, qualora le informazioni presentate da una parte interessata non siano le migliori sotto ogni profilo, ciò non vuol dire che esse debbano essere disattese, a condizione che le eventuali carenze non siano tali da provocare eccessive difficoltà per l’elaborazione di conclusioni sufficientemente precise e che le informazioni siano state presentate entro i termini fissati, siano verificabili e la parte interessata abbia agito con la migliore diligenza. Dalla sua formulazione emerge che le quattro condizioni sono cumulative. Di conseguenza, il fatto che non sia soddisfatta una sola di esse non consente l’applicazione di tale disposizione e, quindi, di prendere in considerazione le informazioni in questione (sentenza Guangdong Kito Ceramics e a./Consiglio, punto 111 supra, EU:T:2014:271, punto 100).

126. Nella fattispecie, nella misura in cui la ricorrente non ha fornito le informazioni necessarie, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base, in grado di dimostrare che essa fosse un produttore di origine indonesiana o che soddisfacesse i criteri previsti all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base, come è stato dimostrato nei precedenti punti da 80 a 94, l’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base non poteva essere applicato. Inoltre, è stato già dimostrato che, anche nell’ipotesi in cui, da una parte, essa avesse fornito le informazioni necessarie, e, dall’altra, avesse effettivamente collaborato con la migliore diligenza, le informazioni fornite non potevano essere controllate.

127. La prima parte del secondo motivo deve pertanto essere respinta in quanto infondata.

– Sulla motivazione

128. In primo luogo, la ricorrente sostiene che il Consiglio avrebbe dovuto distinguere la collaborazione per quanto concerne la censura relativa all’assemblaggio da quella inerente al trasbordo. Posto che il Consiglio non ha specificato se le informazioni fornite attenessero alla censura relativa al trasbordo o a quella relativa all’assemblaggio, il regolamento impugnato sarebbe viziato da un difetto di motivazione.

129. In secondo luogo, la ricorrente adduce che il Consiglio, dopo aver respinto tutte le informazioni fornite, non ha chiarito quale fosse la natura delle informazioni disponibili, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base, sulle quali esso si è basato per affermare l’esistenza di un’elusione. Essa sostiene, altresì, che il Consiglio avrebbe dovuto precisare in che misura i dati disponibili utilizzati fossero i migliori possibili.

130. Si deve rammentare che la motivazione di un atto delle istituzioni dell’Unione deve far apparire, in forma chiara e non equivoca, l’iter logico seguito dall’autore dell’atto, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e di difendere i propri diritti e al giudice di esercitare il proprio controllo (sentenza del Tribunale del 27 settembre 2005, Common Market Fertilizers/Commissione, T‑134/03 e T‑135/03, Racc., EU:T:2005:339, punto 156). Inoltre, il problema di stabilire se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 296 TFUE dev’essere risolto alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v., in tal senso, sentenze del 29 febbraio 1996, Belgio/Commissione, C‑56/93, Racc., EU:C:1996:64, punto 86, e del 27 novembre 1997, Kaysersberg/Commissione, T‑290/94, Racc., EU:T:1997:186, punto 150).

131. Nel caso di specie, il Consiglio, per le ragioni qui di seguito esposte, ha rispettato tali principi.

132. In primo luogo, per quanto concerne l’argomento della ricorrente secondo il quale il Consiglio avrebbe dovuto distinguere la collaborazione per quanto concerne la censura relativa all’assemblaggio da quella inerente al trasbordo, va ricordato che al precedente punto 117 è stato provato che l’inchiesta ha riguardato l’esistenza di un’elusione attraverso l’Indonesia e non l’esistenza di una forma particolare di elusione. Inoltre, gli elementi da tenere in considerazione per valutare la collaborazione erano simili per quanto riguarda sia il trasbordo sia l’assemblaggio. Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, non si doveva pertanto dissociare la valutazione della collaborazione della ricorrente concernente la censura relativa all’assemblaggio da quella inerente al trasbordo.

133. Inoltre, va osservato che la motivazione presentata ai considerando da 29 a 33 del regolamento impugnato è adeguatamente dimostrata, alla luce della giurisprudenza citata al precedente punto 130.

134. Infatti, dal considerando 29 del regolamento impugnato emerge che il Consiglio ha ritenuto che i dati comunicati dalla ricorrente non fossero attendibili. Innanzitutto, la ricorrente non avrebbe conservato i fogli di lavoro utilizzati per compilare il modulo di esenzione. Di conseguenza, essa non sarebbe stata in grado di dimostrare che tali dati erano esatti. Poi, sono state riscontrate alcune inesattezze nei dati sottoposti a ricalcolo durante la visita di verifica sulla base dei documenti disponibili presso la sede della ricorrente. Infine, dall’inchiesta sarebbe emerso che il responsabile delle vendite della società era altresì alle dipendenze di un produttore cinese di biciclette, che era il principale fornitore di parti smontate della ricorrente.

135. Dai considerando 30 e 31 del regolamento impugnato emerge che la Commissione, dopo aver informato la ricorrente del fatto che non intendesse prendere in considerazione le informazioni da essa fornite, le ha concesso la possibilità di presentare osservazioni. In tali osservazioni, la ricorrente avrebbe affermato di essersi dimostrata molto collaborativa e di avere fornito tutti i documenti richiesti, a parte i fogli di lavoro, che non le sarebbero mai stati richiesti. Il Consiglio sottolinea al riguardo che, in realtà, i fogli di lavoro sono stati richiesti prima della verifica in loco. Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui i calcoli di verifica, effettuati in loco, non erano corretti a causa delle errate spiegazioni fornite da un solo lavoratore, il Consiglio fa presente che in realtà erano stati chiesti chiarimenti a diversi lavoratori, i quali non erano stati in grado di indicare né la fonte dei dati riportati nel modulo di esenzione, né come essi fossero stati elaborati.

136. Il Consiglio ha quindi concluso, nei considerando 32 e 33 del regolamento impugnato, che non si era potuto tenere conto delle informazioni fornite dalla ricorrente e che, conformemente all’articolo 18 del regolamento di base, le conclusioni ad essa relative si erano basate sui dati disponibili.

137. In secondo luogo, si deve constatare che, certamente, il Consiglio, nel regolamento impugnato, non ha indicato in modo esplicito la natura esatta dei dati disponibili.

138. Tuttavia, dai considerando da 28 a 33, 45, 46, 50, 51, 55, 56, 92 e da 98 a 102 del regolamento impugnato si evince, in particolare, che i dati disponibili comprendono tutti i dati utilizzati dal Consiglio per accertare l’esistenza di un’elusione da parte della ricorrente, ossia, segnatamente, le informazioni che consentono di accertare una modificazione della configurazione degli scambi, l’assenza di una spiegazione alternativa credibile e i dati della banca dati Comext di Eurostat utilizzati per dare prova, da un lato, dell’indebolimento degli effetti riparatori del dazio antidumping iniziale e, dall’altro, dell’esistenza di elementi che provino l’esistenza di un dumping in relazione ai valori normali precedentemente dimostrati. Inoltre, i dati disponibili comprendono tutti gli elementi rilevanti del fascicolo, ivi compresa la denuncia (considerando da 10 a 17 del regolamento impugnato).

139. In terzo luogo, riguardo all’argomento secondo cui il Consiglio avrebbe dovuto spiegare perché i dati disponibili utilizzati fossero i migliori possibili, va osservato che un obbligo siffatto non si evince né dall’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base né dalla giurisprudenza. L’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base dispone che il Consiglio è autorizzato a fondare le proprie conclusioni sui dati disponibili qualora i dati forniti siano carenti (v. precedente punto 111). Nel caso di specie, posto che i dati forniti erano carenti, il Consiglio non era quindi tenuto a spiegare perché i dati disponibili utilizzati fossero migliori rispetto ai dati forniti. Occorre inoltre sottolineare che la ricorrente non ha sostenuto che altri dati disponibili fossero migliori rispetto ai dati disponibili utilizzati dal Consiglio. L’argomento della ricorrente dev’essere pertanto respinto in quanto infondato.

140. In tali circostanze, la terza parte del secondo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

– Sul fatto di tener conto delle informazioni aggiuntive fornite dalla ricorrente

141. Con la quarta parte, la ricorrente sostiene che il Consiglio ha violato l’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base e il principio di proporzionalità escludendo tutti i dati forniti senza valutare se alcune informazioni potessero essere utilizzate per quanto concerne la censura relativa al trasbordo. Essa sottolinea di avere fornito tempestivamente le informazioni, che erano facilmente verificabili per quanto riguarda la censura relativa al trasbordo.

142. In primo luogo, per quanto concerne la violazione dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base, è stato già ricordato, al precedente punto 125, che l’applicazione del predetto articolo 18, paragrafo 3, implica che siano soddisfatte le quattro condizioni cumulative relative, in particolare, al fatto che le eventuali carenze non siano tali da provocare eccessive difficoltà per l’elaborazione di conclusioni sufficientemente precise e che le informazioni fornite siano verificabili. Orbene, nella fattispecie, è stato già dimostrato, nell’ambito del primo motivo, che le informazioni fornite dalla ricorrente erano rimaste incomplete, contraddittorie e non verificabili, il che escludeva l’applicazione dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base, indipendentemente dal tipo di elusione considerato.

143. La censura relativa alla violazione dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base va quindi respinta in quanto infondata.

144. In secondo luogo, occorre rammentare che, in forza del principio di proporzionalità, la legittimità di una normativa dell’Unione è subordinata alla condizione che i mezzi che essa impiega siano idonei a realizzare l’obiettivo da essa legittimamente perseguito e non vadano al di là di ciò che è necessario per raggiungerlo, fermo restando che, qualora si presenti una scelta tra più misure appropriate, è necessario ricorrere, in linea di principio, alla meno restrittiva (sentenza del 5 giugno 1996, NMB France e a./Commissione, T‑162/94, Racc., EU:T:1996:71, punto 69).

145. Nella fattispecie, la ricorrente ritiene, in sostanza, che fosse sproporzionato escludere tutte le informazioni fornite senza valutare se alcune di esse potessero essere utilizzate per quanto riguarda la censura relativa al trasbordo.

146. A tal riguardo, basta ricordare che la ricorrente non ha fornito le informazioni che dimostrano che essa era un esportatore indonesiano o che soddisfaceva i criteri previsti all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base. Il Consiglio ha escluso le predette informazioni senza violare, dunque, il principio di proporzionalità.

147. Ciò premesso, occorre respingere la quarta parte del secondo motivo in quanto infondata.

148. Pertanto, il secondo motivo dev’essere integralmente respinto.

Sul terzo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base e del principio di parità di trattamento

149. In primo luogo, la ricorrente sostiene che il Consiglio ha commesso errori di fatto e di valutazione nell’utilizzare i dati sul prezzo ottenuti dalla banca dati Comext di Eurostat. Secondo la ricorrente, è stato riconosciuto, in occasione di tutte le fasi di esame dei regolamenti antidumping relativi a biciclette e a parti di biciclette provenienti dalla Cina, che i dati della banca dati Comext di Eurostat non fossero attendibili e non consentissero paragoni convincenti.

150. In secondo luogo, il Consiglio avrebbe violato l’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base e il principio di parità di trattamento nell’escludere i dati della ricorrente sui prezzi all’esportazione, la cui attendibilità è stata confermata nel considerando 31 del regolamento impugnato. Secondo la ricorrente, il fatto di avere tenuto conto dei dati delle società che hanno collaborato avrebbe falsato i dati relativi all’esistenza del dumping.

151. Il Consiglio contesta gli argomenti della ricorrente.

152. A tal riguardo, occorre ricordare che dall’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base emerge che l’esistenza di un’elusione presuppone l’esistenza di elementi che provino l’esistenza del dumping in relazione ai valori normali dimostrati durante l’inchiesta antidumping iniziale.

153. Inoltre, dal regolamento di base emerge che le istituzioni dell’Unione devono scegliere il metodo più appropriato al fine di calcolare il dumping e che questa scelta presuppone la valutazione di situazioni economiche complesse (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 1992, Minolta Camera/Consiglio, C‑178/87, Racc., EU:C:1992:112, punto 41).

154. Nella fattispecie, in primo luogo, occorre ricordare che è stato già provato che la ricorrente non avesse collaborato, ai sensi dell’articolo 18 del regolamento di base, posto che i dati forniti non erano attendibili né verificabili.

155. Certamente, dal considerando 31 del regolamento impugnato emerge che, per quanto concerne il valore delle vendite all’esportazione, la riconciliazione è effettivamente risultata corretta. Tuttavia, come sostiene il Consiglio, senza che la ricorrente lo contesti, solo il valore aggregato di tutte le esportazioni ha potuto essere riconciliato con i libri contabili e verificato. Inoltre, le informazioni fornite erano incomplete, posto che la ricorrente non ha mai fornito le informazioni necessarie (v., a tal riguardo, i precedenti punti 85 e 114).

156. In tali circostanze, nella misura in cui il Consiglio non disponeva di dati attendibili per quanto concerne la ricorrente e le società che non si erano manifestate, esso poteva legittimamente basarsi sui dati disponibili.

157. In secondo luogo, la ricorrente contesta l’utilizzo dei dati ottenuti dalla banca dati Comext di Eurostat in quanto dati disponibili, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base. Essa si riferisce al regolamento n. 1095/2005, al regolamento di esecuzione n. 990/2011 e al regolamento n. 502/2013, nei quali sarebbe stata contestata l’attendibilità di tali dati.

158. A tal riguardo, innanzitutto, occorre sottolineare che i tre regolamenti citati dalla ricorrente non riguardavano procedure antielusione. Essi riguardavano, rispettivamente, l’istituzione di un dazio antidumping definitivo, un riesame in previsione della scadenza delle misure e un riesame intermedio.

159. Occorre notare, altresì, che i prezzi all’esportazione per i produttori che non hanno collaborato sono stati calcolati in modi diversi nei tre regolamenti. Nel regolamento n. 1095/2005, sono stati utilizzati i dati delle società che hanno collaborato, posto che i dati della banca dati Comext di Eurostat non sono stati considerati sufficientemente precisi in caso di riesame completo delle conclusioni relative al dumping e al pregiudizio. Invece, nel regolamento di esecuzione n. 990/2011, sono stati utilizzati i dati dalla banca dati Comext di Eurostat, posto che ha collaborato solo un’impresa. Nel regolamento n. 502/2013, i dati della banca dati Comext di Eurostat sono stati utilizzati solo parzialmente, posto che tali dati non sono stati ritenuti, di nuovo, sufficientemente precisi per il caso specifico di riesame intermedio.

160. Contrariamente a quanto afferma la ricorrente, i dati della banca dati Comext di Eurostat non sono stati quindi considerati carenti nei tre regolamenti menzionati. Inoltre, è opportuno sottolineare che il dumping è stato calcolato in modi diversi in funzione dell’oggetto dell’inchiesta e delle circostanze del caso di specie.

161. Tali regolamenti riguardavano, poi, la Cina e il Vietnam, e non l’Indonesia. La ricorrente non ha apportato alcun elemento di prova in grado di dimostrare che tali osservazioni sarebbero altresì rilevanti per quanto concerne l’Indonesia.

162. In tali circostanze, gli argomenti della ricorrente riguardo all’attendibilità dei dati della banca dati Comext di Eurostat devono essere respinti in quanto infondati.

163. In terzo luogo, per quanto concerne gli argomenti relativi ad una violazione del principio di parità di trattamento, la ricorrente ritiene che, se i dati utilizzati dal Consiglio, vale a dire, secondo la stessa, sostanzialmente i dati degli esportatori che hanno collaborato, costituivano effettivamente le prove del dumping, la Commissione avrebbe dovuto aprire un’inchiesta antidumping riguardo agli altri produttori indonesiani invece di indicare la ricorrente quale unico e improbabile soggetto responsabile delle difficoltà del settore industriale dell’Unione.

164. Al riguardo, prima di tutto, occorre ricordare che le istituzioni dell’Unione hanno affermato l’esistenza di elementi che provino l’esistenza del dumping in connessione con i valori normali dimostrati durante la precedente inchiesta antidumping e non con il valore normale delle vendite di tali esportatori nel loro mercato nazionale. I risultati presentati nel regolamento impugnato non hanno quindi fornito alcuna indicazione quanto alla necessità di avviare un’inchiesta antidumping indipendente con riguardo ai produttori indonesiani. Inoltre, occorre altresì ricordare che i produttori che hanno collaborato sono stati in grado di provare che essi non partecipavano all’elusione, contrariamente alla ricorrente.

165. Il Consiglio ha precisato poi, in risposta a un quesito scritto del Tribunale, che i volumi e il valore delle esportazioni dei produttori che hanno collaborato sono stati rimossi dai dati aggregati che riguardano tutti gli esportatori indonesiani disponibili nella banca dati Comext di Eurostat. Pertanto, il Consiglio non ha utilizzato i dati dei produttori che hanno collaborato al fine di affermare l’esistenza di elementi che provino l’esistenza del dumping, contrariamente a quanto afferma la ricorrente.

166. Tenuto conto di quanto enunciato ai precedenti punti da 152 a 165, si deve concludere che la ricorrente non ha provato l’esistenza di errori di diritto o di valutazione del Consiglio, né una violazione del principio di parità di trattamento, per quanto concerne l’esistenza di elementi che provino l’esistenza del dumping.

167. Pertanto, il terzo motivo va integralmente respinto in quanto infondato.

168. Tenuto conto di tutto quanto precede, in particolare nel precedente punto 106, l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, del regolamento impugnato va annullato, nella parte in cui concerne la ricorrente.

Sulle spese

169. Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente ne ha fatto domanda, il Consiglio, rimasto soccombente, va condannato alle spese.

170. La Commissione e la Maxcom sopporteranno le proprie spese, conformemente all’articolo 87, paragrafo 4, primo e terzo comma, del regolamento di procedura.

(1) .

(1)  – Dati riservati omessi.

Dispositivo

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

dichiara e statuisce:

1) L’articolo 1, paragrafi 1 e 3, del regolamento di esecuzione (UE) n. 501/2013 del Consiglio, del 29 maggio 2013, che estende il dazio antidumping definitivo istituito dal regolamento di esecuzione (UE) n. 990/2011 sulle importazioni di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese alle importazioni di biciclette spedite dall’Indonesia, dalla Malaysia, dallo Sri Lanka e dalla Tunisia, indipendentemente dal fatto che siano o no dichiarate originarie dell’Indonesia, della Malaysia, dello Sri Lanka e della Tunisia, nella parte in cui concerne la Chin Haur Indonesia, PT, è annullato.

2) Il Consiglio dell’Unione europea sopporterà le spese della Chin Haur Indonesia, nonché le proprie spese.

3) La Commissione europea e la Maxcom Ltd sopporteranno le proprie spese.


SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

19 marzo 2015 ( *1 )

«Dumping — Importazioni di biciclette spedite dall’Indonesia, dalla Malaysia, dallo Sri Lanka e dalla Tunisia — Estensione a tali importazioni del dazio antidumping definitivo istituito sulle importazioni di biciclette originarie della Cina — Elusione — Omessa collaborazione — Articoli 13 e 18 del regolamento (CE) n. 1225/2009 — Obbligo di motivazione — Errore di valutazione»

Nella causa T‑412/13,

Chin Haur Indonesia, PT, con sede in Tangerang (Indonesia), rappresentata da T. Müller-Ibold e F.-C. Laprévote, avvocati,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da S. Boelaert, in qualità di agente, assistita da R. Bierwagen, avvocato,

convenuto,

sostenuto dalla

Commissione europea, rappresentata da J.-F.Brakeland e M. França, in qualità di agenti,

e dalla

Maxcom Ltd, con sede in Plovdiv (Bulgaria), rappresentata da L. Ruessmann, avvocato, e J. Beck, solicitor,

intervenienti,

avente ad oggetto la domanda di annullamento parziale del regolamento di esecuzione (UE) n. 501/2013 del Consiglio, del 29 maggio 2013, che estende il dazio antidumping definitivo istituito dal regolamento di esecuzione (UE) n. 990/2011 sulle importazioni di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese alle importazioni di biciclette spedite dall’Indonesia, dalla Malaysia, dallo Sri Lanka e dalla Tunisia, indipendentemente dal fatto che siano o no dichiarate originarie dell’Indonesia, della Malaysia, dello Sri Lanka e della Tunisia (GU L 153, pag. 1),

IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

composto da M. van der Woude (relatore), presidente, I. Wiszniewska-Białecka e I. Ulloa Rubio, giudici,

cancelliere: S. Spyropoulos, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 settembre 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti

1

La ricorrente, Chin Haur Indonesia, PT, è una società di origine taiwanese che importa biciclette dall’Indonesia nell’Unione europea. Essa contesta l’estensione a talune imprese indonesiane del dazio antidumping definitivo, istituito dal regolamento di esecuzione (UE) n. 990/2011 del Consiglio, del 3 ottobre 2011, sulle importazioni di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese a seguito di un riesame in previsione della scadenza a norma dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1225/2009 (GU L 261, pag. 2).

Principali procedure antidumping e antisovvenzioni iniziali

2

Con regolamento (CEE) n. 2474/93, dell’8 settembre 1993, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni nella Comunità di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese e che decide la riscossione definitiva del dazio antidumping provvisorio (GU L 228, pag. 1), il Consiglio delle Comunità europee ha istituito un dazio antidumping definitivo pari al 30,6% sulle importazioni di biciclette originarie della Cina.

3

A seguito di un riesame in previsione della scadenza delle misure avviato ai sensi del proprio regolamento (CE) n. 384/96, del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 1996, L 56, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343, pag. 51, rettifica GU 2010, L 7, pag. 22; in prosieguo: il «regolamento di base»)], e, in particolare, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento n. 384/96 (divenuto articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base), il Consiglio, con regolamento (CE) n. 1524/2000, del 10 luglio 2000, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese (GU L 175, pag. 39), ha deciso di mantenere il dazio antidumping pari al 30,6%.

4

A seguito di un riesame intermedio a norma dell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento n. 384/96 (divenuto articolo 11, paragrafo 3, del regolamento di base), il Consiglio, con regolamento (CE) n. 1095/2005, del 12 luglio 2005, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di biciclette originarie del Vietnam e modifica il regolamento (CE) n. 1524/2000 (GU L 183, pag. 1), ha aumentato il dazio antidumping in vigore al 48,5%.

5

Nell’ottobre 2011, a seguito di un riesame avviato in previsione della scadenza delle misure ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base, il Consiglio, con il regolamento di esecuzione n. 990/2011, ha deciso di mantenere il dazio antidumping al 48,5%.

6

Nell’aprile 2012, la Commissione europea ha annunciato l’apertura di una procedura antisovvenzioni riguardante le importazioni all’interno dell’Unione di biciclette originarie della Cina, ai sensi dell’articolo 10 del regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio, dell’11 giugno 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri della Comunità europea (GU L 188, pag. 93).

7

Da un lato, il 22 maggio 2013, la Commissione ha adottato la decisione 2013/227/UE, che conclude il procedimento antisovvenzioni relativo alle importazioni di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese (GU L 136, pag. 15), senza istituire altre misure antisovvenzioni. Dall’altro, il 29 maggio 2013, il Consiglio ha adottato il regolamento (UE) n. 502/2013, che modifica il regolamento di esecuzione n. 990/2011 (GU L 153, pag. 17), in seguito a un riesame intermedio a norma dell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento di base.

Procedura riguardante l’elusione

8

Il 14 agosto 2012, la Commissione ha ricevuto una domanda da parte della Federazione europea di fabbricanti di biciclette (FEFB), in nome di tre produttori di biciclette dell’Unione, che la invitava, da un lato, ad aprire un’inchiesta sulla possibile elusione delle misure antidumping istituite sulle importazioni di biciclette originarie della Cina e, dall’altro, a disporre la registrazione delle importazioni di biciclette spedite dall’Indonesia, dalla Malaysia, dallo Sri Lanka e dalla Tunisia, indipendentemente dal fatto che fossero o no dichiarate originarie dell’Indonesia, della Malaysia, dello Sri Lanka e della Tunisia.

9

Il 25 settembre 2012, la Commissione ha adottato il regolamento (UE) n. 875/2012 che apre un’inchiesta relativa alla possibile elusione delle misure antidumping, istituite dal regolamento di esecuzione (UE) n. 990/2011, con importazioni di biciclette provenienti dall’Indonesia, dalla Malaysia, dallo Sri Lanka e dalla Tunisia, indipendentemente dal fatto che siano o no dichiarate originarie dell’Indonesia, della Malaysia, dello Sri Lanka e della Tunisia, e che dispone la registrazione di tali importazioni (GU L 258, pag. 21).

10

Tale inchiesta mirava, segnatamente, a esaminare la presunta modificazione della configurazione degli scambi a seguito dell’aumento del dazio antidumping intervenuto nel 2005. Essa ha riguardato il periodo compreso fra il 1o gennaio 2004 e il 31 agosto 2012 (in prosieguo: il «periodo dell’inchiesta»). Per il periodo compreso fra il 1o settembre 2011 e il 31 agosto 2012 (in prosieguo: il «periodo di riferimento») sono stati raccolti dati più approfonditi al fine di esaminare l’eventuale indebolimento degli effetti riparatori delle misure in vigore e l’esistenza del dumping.

11

La ricorrente è stata informata dell’apertura dell’inchiesta antielusione e, il 26 settembre 2012, ha ricevuto un modulo di esenzione. Essa è stata invitata a rispondere a tale modulo, per via elettronica, entro il 2 novembre 2012.

12

Il 5 novembre 2012, la Commissione ha ricevuto una copia cartacea del modulo di esenzione inviato dalla ricorrente. In tale modulo, la ricorrente ha segnatamente affermato di non avere eseguito operazioni di assemblaggio in un paese terzo, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base.

13

Il 27 novembre 2012, la Commissione ha inviato alla ricorrente una lettera con la quale le chiedeva di mettere a sua disposizione alcuni documenti durante la visita di verifica, in particolare i fogli di lavoro utilizzati per elaborare la risposta al modulo di esenzione. La ricorrente ha confermato la ricezione di tale lettera il 28 novembre 2012.

14

Il 29 novembre 2012, la Commissione ha inviato alla ricorrente una nuova lettera chiedendo a quest’ultima di trasmetterle entro il 3 dicembre 2012 nuove informazioni riguardo tredici elementi mancanti nella sua risposta al modulo di esenzione. La ricorrente, il 3 e il 4 dicembre 2012, ha inviato alla Commissione alcuni documenti.

15

La visita di verifica si è svolta il 6 e il 7 dicembre 2012 presso la sede della ricorrente. In tale occasione, la ricorrente ha presentato alla Commissione un modulo di esenzione modificato.

16

Il 28 gennaio 2013, la Commissione ha informato la ricorrente di voler applicare, nei suoi confronti, l’articolo 18 del regolamento di base. La ricorrente ha presentato le proprie osservazioni il 4 febbraio 2013.

17

Il 21 marzo 2013, la Commissione ha inviato alla ricorrente, nonché alle autorità indonesiane e cinesi, il documento di informazione generale presentando le proprie conclusioni sulle operazioni di trasbordo e di assemblaggio e dando atto della propria intenzione di proporre l’estensione delle misure antidumping istituite sulle importazioni di biciclette dalla Cina alle importazioni dall’Indonesia. Nell’allegato B del documento di informazione generale, la Commissione ha respinto la richiesta di esenzione della ricorrente, in particolare, a causa dell’inattendibilità delle informazioni fornite.

18

Con lettera del 9 aprile 2013, la ricorrente ha replicato alle conclusioni del documento di informazione generale. Essa ha presentato nuove osservazioni a tal riguardo il 28 maggio 2013.

19

Il 29 maggio 2013, il Consiglio ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) n. 501/2013 che estende il dazio antidumping definitivo istituito dal regolamento di esecuzione (UE) n. 990/2011 alle importazioni di biciclette spedite dall’Indonesia, dalla Malaysia, dallo Sri Lanka e dalla Tunisia, indipendentemente dal fatto che siano o no dichiarate originarie dell’Indonesia, della Malaysia, dello Sri Lanka e della Tunisia (GU L 153, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento impugnato»).

Regolamento impugnato

20

Nei considerando da 28 a 33 del regolamento impugnato, da una parte, il Consiglio ha sottolineato che quattro società indonesiane, che rappresentano il 91% del totale delle importazioni dall’Indonesia nell’Unione durante il periodo di riferimento, avevano presentato una richiesta di esenzione a norma dell’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento di base. Dall’altra, esso ha ritenuto che i dati presentati da una di dette società erano risultati inverificabili e poco attendibili. Malgrado le osservazioni presentate, il Consiglio ha ritenuto che non si potesse tenere conto delle informazioni fornite da tale società. Conformemente all’articolo 18 del regolamento di base, le conclusioni relative a tale società si sono pertanto basate sui dati disponibili. Per quanto riguarda le altre tre società, si ritiene che abbiano collaborato.

21

Nei considerando da 45 a 48 del regolamento impugnato, il Consiglio, dopo aver studiato l’evoluzione dei flussi commerciali tra la Cina, l’Indonesia e l’Unione, nonché l’evoluzione dei volumi di produzione, ha concluso per l’esistenza di una modificazione della configurazione degli scambi tra l’Indonesia e l’Unione, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base, successivamente all’inasprimento delle misure antidumping nel luglio 2005.

22

Nei considerando da 59 a 67 del regolamento impugnato, il Consiglio ha studiato la natura delle pratiche elusive attuate.

23

Nei considerando da 60 a 64 del regolamento impugnato, il Consiglio ha verificato l’esistenza di operazioni di trasbordo. Esso ha innanzitutto ritenuto che per le tre società che hanno collaborato non fosse stata accertata l’esistenza di operazioni di trasbordo. Invece, per quanto riguarda la società per la quale, secondo il Consiglio, è giustificata l’applicazione dell’articolo 18 del regolamento di base, «[d]all’inchiesta è emerso che i macchinari posseduti dalla società non giustificavano il volume delle sue esportazioni nell’Unione nel periodo di riferimento» e, «[i]n assenza di altre giustificazioni si può concludere che la società fosse coinvolta in pratiche di elusione attraverso il trasbordo» (considerando 62 del regolamento impugnato). Tenuto conto dell’esistenza di una modificazione della configurazione degli scambi, degli accertamenti riguardo alla società per la quale è giustificata l’applicazione dell’articolo 18 del regolamento di base e del fatto che tutti i produttori esportatori indonesiani non si sono manifestati e non tutti hanno quindi collaborato, il Consiglio ha concluso per l’esistenza del trasbordo di prodotti originari della Repubblica popolare cinese attraverso l’Indonesia.

24

Nei considerando da 65 a 67 del regolamento impugnato, il Consiglio ha valutato l’esistenza di operazioni di assemblaggio. Esso ha ritenuto, da una parte, che non fosse stata accertata l’esistenza di operazioni di assemblaggio per quanto concerne tre società che hanno collaborato e, dall’altra, che non fosse stato possibile stabilire se la quarta società, per la quale era stato applicato l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base, fosse coinvolta in operazioni di assemblaggio. Non è stata quindi accertata l’esistenza di operazioni di assemblaggio attraverso l’Indonesia, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base.

25

Nel considerando 92 del regolamento impugnato, il Consiglio ha sottolineato che dall’inchiesta non era emersa una sufficiente motivazione o giustificazione economica oltre all’elusione delle misure in vigore nei confronti del prodotto in esame.

26

Nei considerando 94 e 95 del regolamento impugnato, da una parte, il Consiglio ha sottolineato che il confronto tra il livello di eliminazione del pregiudizio quale stabilito in sede di riesame intermedio nel 2005 e la media ponderata dei prezzi all’esportazione nel corso del periodo di riferimento aveva evidenziato un notevole fenomeno di underselling. Dall’altra, esso ha ricordato che l’incremento delle importazioni nell’Unione dall’Indonesia era stato considerato significativo in termini di quantità. Il Consiglio ha quindi ritenuto, nel considerando 96 del regolamento impugnato, che le misure in vigore fossero indebolite in termini di quantitativi e di prezzi.

27

Nei considerando da 99 a 102 del regolamento impugnato, il Consiglio ha esaminato, in conformità all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base, se esistessero prove dell’esistenza del dumping in relazione al valore normale determinato nel riesame intermedio concluso nel 2005. Per stabilire i prezzi all’esportazione dall’Indonesia influenzati da pratiche di elusione, sono state prese in considerazione solo le esportazioni dei produttori esportatori che non hanno collaborato. Sono stati quindi utilizzati i migliori dati disponibili, nella fattispecie il prezzo medio all’esportazione registrato, secondo i dati Comext di Eurostat, per le biciclette esportate dall’Indonesia nell’Unione durante il periodo di riferimento. A seguito di diversi adeguamenti del valore normale e del prezzo all’esportazione, il confronto tra i due valori ha dimostrato, secondo il Consiglio, l’esistenza del dumping.

28

In tali circostanze, il Consiglio ha concluso per l’esistenza di un’elusione, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base, tramite operazioni di trasbordo attraverso l’Indonesia. Esso ha quindi esteso il dazio antidumping definitivo del 48,5%, previsto all’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione n. 990/2011, alle importazioni del prodotto in esame spedite dall’Indonesia, indipendentemente dal fatto che fossero o no dichiarate originarie di tale paese. A seguito degli accertamenti di cui al precedente punto 20, il Consiglio ha concesso un’esenzione dall’estensione delle misure a tre dei quattro esportatori che hanno presentato una richiesta di esenzione.

Procedimento e conclusioni delle parti

29

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 9 agosto 2013, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

30

Con atto separato allegato al ricorso, la ricorrente ha altresì chiesto al Tribunale che la causa fosse trattata secondo il procedimento accelerato di cui all’articolo 76 bis del regolamento di procedura del Tribunale.

31

A seguito della modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Settima Sezione alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

32

La domanda con la quale è stato chiesto che la causa fosse trattata secondo il procedimento accelerato è stata accolta con decisione della Settima Sezione del Tribunale in data 8 ottobre 2013.

33

Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 17 ottobre e l’8 novembre 2013, la Commissione e la FEFB hanno chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

34

Con ordinanza dell’11 novembre 2013, il presidente della Settima Sezione del Tribunale ha accolto la domanda d’intervento della Commissione.

35

Con ordinanza del 17 dicembre 2013, la Settima Sezione del Tribunale ha respinto l’istanza d’intervento della FEFB.

36

Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 marzo 2014, la Maxcom Ltd ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

37

Con lettere del 27 marzo e del 15 maggio 2014, ai sensi delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 64 del regolamento di procedura, il Tribunale ha interrogato per iscritto la ricorrente e ha invitato il Consiglio a rispondere ad alcune domande e a depositare taluni documenti. Le parti hanno ottemperato a tali misure di organizzazione del procedimento entro i termini impartiti.

38

Con ordinanza del 16 luglio 2014, la Settima Sezione del Tribunale ha ammesso la domanda di intervento della Maxcom.

39

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, del regolamento impugnato, nella parte in cui tali disposizioni riguardano la ricorrente;

condannare il Consiglio alle spese.

40

Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione e dalla Maxcom, chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

Sulla ricevibilità

41

Nelle proprie risposte scritte alle misure di organizzazione del procedimento, e poi in udienza, il Consiglio ha contestato la ricevibilità dell’intero ricorso. Sulla base di un articolo di stampa al quale avrebbe avuto accesso durante il procedimento giudiziario, il Consiglio afferma che la ricorrente non sarebbe un autentico produttore indonesiano di biciclette e che la sua stessa esistenza sarebbe dubbia. Il Consiglio deduce dall’articolo di stampa che solo la società cinese F. opererebbe come produttore in Indonesia. Date le circostanze, la richiesta di esenzione della ricorrente sarebbe stata presentata in nome della società errata. Pertanto, il ricorso dovrebbe essere integralmente respinto in quanto irricevibile.

42

La ricorrente contesta l’argomento del Consiglio giacché infondato e basato su fatti che non fanno parte del fascicolo.

43

A tal riguardo, va osservato che il breve articolo di stampa, di lunghezza pari ad una sola pagina per quanto concerne la ricorrente, sul quale si basa il Consiglio, è ambiguo e, in ogni caso, non può costituire il fondamento dell’affermazione del Consiglio.

44

Infatti, dall’articolo di stampa in esame emerge che la ricorrente, società di origine taiwanese, si sarebbe stabilita in Indonesia dopo il 1990. Essa sarebbe un produttore di parti di biciclette e venderebbe i propri prodotti nel Sud-est asiatico, in Indonesia, nell’America del Sud e in Italia. Essa avrebbe altresì destinato uno dei propri stabilimenti all’assemblaggio di biciclette per l’impresa cinese F. A seguito dell’istituzione dei dazi antidumping europei sulle importazioni di biciclette cinesi, la ricorrente avrebbe concesso in locazione il proprio stabilimento alla società F. L’esatta natura dei rapporti tra la ricorrente e quest’ultima non è stata precisata in modo chiaro.

45

Pertanto, indipendentemente dalla questione se la produzione di un breve articolo di stampa possa rimettere in discussione la ricevibilità di un ricorso, in assenza di altri elementi di prova, si deve osservare che le affermazioni del Consiglio, di cui al precedente punto 41, non sono per nulla corroborate dal predetto articolo di stampa.

46

Poiché il Consiglio non ha fornito altri elementi a tal riguardo, si deve confermare la ricevibilità del ricorso.

Nel merito

47

A sostegno del presente ricorso la ricorrente deduce tre motivi. Con il primo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base, eccepisce alcuni errori di diritto e di valutazione del Consiglio per quanto concerne l’esistenza di un’elusione e la natura dei dati disponibili. Il secondo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 18 del regolamento di base, del principio di proporzionalità nonché dell’obbligo di motivazione, riguarda l’accertamento dell’omessa collaborazione. Il terzo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base e del principio di parità di trattamento, riguarda l’esistenza del dumping.

Sul primo motivo, relativo alle violazioni dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base

48

Il primo motivo della ricorrente si articola in due parti, che riguardano, in primo luogo, la questione se abbia effettivamente avuto luogo una modificazione della configurazione degli scambi e, in secondo luogo, la conclusione del Consiglio secondo la quale la ricorrente ha svolto operazioni di trasbordo.

– Sulla modificazione della configurazione degli scambi

49

In primo luogo, la ricorrente sostiene che le statistiche cinesi relative alle esportazioni di biciclette in Indonesia, sulle quali si è segnatamente basato il Consiglio per stabilire l’esistenza di una modificazione della configurazione degli scambi, sono errate. Secondo la ricorrente, esisterebbe un tasso di restituzione all’esportazione più elevato per le biciclette rispetto alle parti di biciclette, il che indurrebbe gli esportatori cinesi a dichiarare esportazioni di semplici parti come esportazioni di biciclette complete. Ciò premesso, le statistiche cinesi relative alle esportazioni di biciclette sarebbero artificiosamente elevate, poiché la maggior parte delle biciclette esportate è in realtà costituita da parti di biciclette. La Repubblica popolare cinese avrebbe dunque esportato un numero nettamente inferiore di biciclette in Indonesia rispetto a quello indicato nella tabella 2 del regolamento impugnato.

50

In secondo luogo, la ricorrente ritiene che i dati utilizzati per dimostrare una modificazione della configurazione degli scambi siano insufficienti per fondare l’accertamento del trasbordo, nella misura in cui non vi sarebbe alcuna correlazione evidente tra le esportazioni di biciclette dalla Cina verso l’Indonesia e le esportazioni dall’Indonesia verso l’Unione.

51

In terzo luogo, il Consiglio non avrebbe valutato spiegazioni alternative al presunto cambiamento nella configurazione degli scambi. In particolare, la sua analisi dei volumi di produzione sarebbe inconcludente e riguarderebbe un periodo errato.

52

Il Consiglio contesta tutti questi argomenti in quanto infondati.

53

A tal riguardo, in primo luogo, occorre sottolineare che, innanzitutto, dal documento che contiene l’elenco dei diversi tassi di restituzione per le biciclette e per le parti di biciclette, fornito dalla ricorrente, emerge che sembrano effettivamente esistere diversi tassi di restituzione all’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») per le parti di biciclette e per le biciclette complete.

54

Tuttavia, la ricorrente non ha apportato alcun elemento di prova capace di dimostrare che, di conseguenza, gli esportatori cinesi o le autorità doganali dichiarassero esportazioni di semplici parti di biciclette come esportazioni di biciclette complete. Infatti, la ricorrente ha presentato solo alcuni documenti che riguardano un numero limitato di transazioni. Seppure tali documenti avessero un qualsiasi valore probatorio riguardo all’esistenza di tale pratica, essi non possono dimostrare di per sé che tale pratica fosse sufficientemente abituale per rimettere in discussione le statistiche utilizzate dal Consiglio. In definitiva, la ricorrente non ha dimostrato, in ogni caso, che tale pratica fosse sufficientemente abituale per rimettere in discussione la validità delle statistiche cinesi.

55

La ricorrente sostiene poi che la Commissione, durante la propria inchiesta, avrebbe potuto facilmente individuare l’esistenza di una pratica siffatta, nella misura in cui quest’ultima sarebbe ben nota agli operatori del settore. In sostanza, la ricorrente sostiene che la Commissione ha violato il proprio obbligo di diligenza.

56

A tal riguardo, da una parte, il Consiglio afferma, senza essere contraddetto dalla ricorrente, che nessuna delle altre parti interessate da tale inchiesta o dalle altre inchieste condotte contemporaneamente sembra aver menzionato l’esistenza di una pratica siffatta. Inoltre, le autorità indonesiane e cinesi, alle quali sono stati trasmessi i risultati dell’inchiesta, non hanno mai contestato l’attendibilità delle statistiche utilizzate con riguardo ai loro dati. Non vi erano quindi ragioni, per il Consiglio, di dubitare dell’attendibilità di tali statistiche.

57

Dall’altra, occorre rilevare che la ricorrente ha segnalato la presunta esistenza di tale pratica solo il 28 maggio 2013, ossia la vigilia dell’adozione del regolamento impugnato e oltre 40 giorni dopo la scadenza del termine impartito per presentare osservazioni sul documento di informazione generale. Essa non l’aveva mai menzionata in precedenza. L’argomento della ricorrente è stato quindi sollevato in una fase molto tardiva dell’inchiesta.

58

In tali circostanze, la ricorrente non ha dimostrato l’esistenza di un errore di valutazione o di una violazione del principio di diligenza da parte delle istituzioni dell’Unione riguardo alle statistiche utilizzate.

59

In secondo luogo, occorre osservare che i dati presentati dal Consiglio, nei considerando da 45 a 55 del regolamento impugnato, dimostrano l’esistenza di una modificazione della configurazione degli scambi, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base, tra la Cina e l’Unione, tra la Cina e l’Indonesia e, infine, tra l’Indonesia e l’Unione.

60

Infatti, innanzitutto, dal considerando 45 e dalla tabella 1 del regolamento impugnato emerge che le esportazioni di biciclette dalla Cina nell’Unione si sono ridotte di oltre l’80% nel corso del periodo dell’inchiesta. Tra l’inasprimento dei dazi nel 2005 e la fine del periodo di riferimento, le importazioni sono state divise per tre. Inoltre, le esportazioni di biciclette dalla Cina in Indonesia sono aumentate di oltre l’83% nel corso del periodo dell’inchiesta, come emerge dal considerando 51 e dalla tabella 2 del regolamento impugnato. Infine, le esportazioni di biciclette dall’Indonesia nell’Unione si sono moltiplicate di 2,6 volte nel corso del periodo dell’inchiesta. Come emerge dal considerando 46 e dalla tabella 1 del regolamento impugnato, se le importazioni dall’Indonesia si sono ridotte di molto nel 2009, da una parte, esse sono rimaste a un livello nettamente superiore a quello del 2004 e del 2005, e, dall’altra, sono nuovamente aumentate tra il 2010 e il 2012.

61

Certamente, come sottolineato dalla ricorrente, le importazioni indonesiane dalla Cina si sono ridotte del 10,1% mentre le esportazioni indonesiane nell’Unione sono aumentate del 18,6% nel 2007. Tuttavia, una siffatta variazione annuale non può neppure rimettere in discussione la tendenza emersa dai dati delle istituzioni dell’Unione. Infatti, come correttamente sottolineato dal Consiglio, tra la modificazione dei flussi tra la Cina e l’Indonesia e tra l’Indonesia e l’Unione può emergere uno scarto temporale dovuto, in particolare, all’esistenza di scorte.

62

In tali circostanze, il Consiglio non ha commesso errori concludendo, sulla base di tali dati, per l’esistenza di una modificazione della configurazione degli scambi.

63

In terzo luogo, il Consiglio, secondo la ricorrente, non avrebbe preso in considerazione spiegazioni alternative all’elusione durante il suo esame dell’evoluzione delle esportazioni dall’Indonesia nell’Unione.

64

A tal riguardo, occorre ricordare che il regolamento di base non attribuisce alla Commissione alcun potere di inchiesta che le consenta di imporre alle società di partecipare all’inchiesta o di fornire informazioni. Pertanto, il Consiglio e la Commissione dipendono dalla collaborazione volontaria delle parti nel fornire loro le informazioni necessarie entro i termini impartiti (sentenza del 24 maggio 2012, JBF RAK/Consiglio, T‑555/10, EU:T:2012:262, punto 80).

65

Nella fattispecie, innanzitutto, occorre considerare che dagli elementi del fascicolo emerge che, nel corso dell’inchiesta, non è stata fornita alcuna spiegazione alternativa. In particolare, il Consiglio sottolinea che le autorità indonesiane non hanno presentato alcuna osservazione contraddittoria per quanto concerne la causa della modificazione della configurazione degli scambi.

66

Inoltre, occorre rilevare che la ricorrente stessa, durante le fasi amministrativa e giudiziaria, non ha neppure fornito una spiegazione alternativa in grado di spiegare la modificazione della configurazione degli scambi diversa dall’istituzione del dazio antidumping iniziale. Essa si è limitata a sottolineare che il Consiglio non aveva preso in considerazione spiegazioni alternative all’elusione, senza fornire chiarimenti, eccetto la sua critica riguardo all’analisi da parte del Consiglio dell’evoluzione dei volumi di produzione.

67

Per quanto concerne l’evoluzione dei volumi di produzione, la ricorrente ritiene che l’analisi del Consiglio non sia completa, giacché quest’ultima non verte né su tutto il periodo di inchiesta né su tutte le società esportatrici indonesiane.

68

Dal considerando 56 e dalla tabella 3 del regolamento impugnato emerge che le istituzioni dell’Unione hanno condotto un’inchiesta sull’evoluzione dei volumi di produzione delle società che hanno collaborato tra il 2009 e la fine del periodo di riferimento. Da tale analisi emerge che le società indonesiane che hanno collaborato hanno aumentato la loro produzione del 54% durante tale periodo.

69

A tal riguardo, occorre sottolineare, innanzitutto, che le istituzioni dell’Unione erano legittimate a basarsi sui dati delle sole società indonesiane che hanno collaborato, posto che i dati inerenti alle altre società non sono, per tale ragione, né disponibili né attendibili. Poi, come ha correttamente sottolineato il Consiglio, dalle tabelle da compilare, allegate al modulo di esenzione, emerge che i richiedenti dovevano fornire chiarimenti riguardo ai loro volumi di produzione fin dal 2004. La Commissione ha quindi correttamente condotto un’inchiesta sui volumi di produzione durante tutto il periodo di inchiesta. Nelle sue memorie, il Consiglio ha spiegato di essersi limitato al periodo compreso tra il 2009 e l’agosto 2012, giacché i dati relativi ai primi anni non erano tutti completi per tutte le società.

70

Pertanto, nella misura in cui non è stata individuata, durante l’inchiesta, alcuna giustificazione diversa dall’istituzione di un dazio antidumping e la ricorrente, durante le fasi amministrativa e giudiziaria, non ha prodotto il benché minimo elemento concreto a tal riguardo, il Consiglio poteva correttamente concludere per un’assenza di spiegazione alternativa alla modificazione della configurazione degli scambi.

71

Pertanto, la prima parte del primo motivo va integralmente respinta, in quanto infondata.

– Sul compimento di operazioni di trasbordo

72

Nell’ambito della seconda parte del motivo, la ricorrente solleva tre censure.

73

In primo luogo, la ricorrente sostiene che il Consiglio ha commesso un errore di valutazione nel concludere, nel considerando 62 del regolamento impugnato (v. precedente punto 23), che le capacità di produzione della società non giustificavano il volume delle sue esportazioni nell’Unione.

74

In secondo luogo, la ricorrente sostiene che il Consiglio ha commesso un errore di diritto nel dedurre l’esistenza di trasbordi unicamente dalla modificazione della configurazione degli scambi. Il Consiglio non avrebbe né apportato prove dell’esistenza di tali operazioni di trasbordo né dimostrato un nesso causale tra dette operazioni e la presunta modificazione della configurazione degli scambi.

75

In terzo luogo, la ricorrente ritiene che, in assenza di altre prove, gli elementi forniti avrebbero dovuto costituire i fatti disponibili, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base.

76

Il Consiglio contesta tutti gli argomenti della ricorrente.

77

Per quanto concerne la prima censura, la ricorrente sostiene di essere effettivamente un produttore di biciclette di origine indonesiana e che non si può dunque ritenere che essa sia coinvolta in pratiche di elusione. Dalla sua risposta al modulo di esenzione emergerebbe, in particolare, che [riservato] ( 1 ). Essa non contesta il fatto di aver importato un dato numero di parti smontate dalla Cina. Tali parti smontate sarebbero state in seguito utilizzate per fabbricare biciclette nel suo stabilimento di Tangerang (Indonesia), che avrebbe impiegato circa [riservato]. Secondo la ricorrente, il processo di fabbricazione svoltosi nel suo stabilimento comprendeva tutte le fasi di produzione di una bicicletta.

78

La ricorrente si basa in sostanza sulla propria risposta al modulo di esenzione e sulla relazione di revisione dello Studio V. del 28 novembre 2011, oggetto di riesame il 16 luglio 2012, per sostenere che il Consiglio disponesse di informazioni sufficienti per ritenere che non sussisteva trasbordo.

79

Inoltre, la ricorrente sostiene che il fatto, da una parte, che i propri macchinari non mostrassero alcun segno di usura al momento della visita di verifica e, dall’altra, che lo stabilimento non fosse operativo al momento della predetta visita non ha alcun valore probatorio, contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio. La ricorrente sottolinea altresì che l’affermazione del Consiglio, nel considerando 29 del regolamento impugnato, secondo la quale essa avrebbe fatto ricorso ad un fabbricante cinese come fornitore di parti di bicicletta, sarebbe in contraddizione con l’accertamento del fatto che la stessa non fabbricava biciclette e con l’accertamento del trasbordo.

80

A tal riguardo, occorre rilevare che il regolamento di base non attribuisce alla Commissione alcun potere d’inchiesta che le consenta di imporre alle imprese di partecipare all’inchiesta o di fornire informazioni. Pertanto, il Consiglio e la Commissione dipendono dalla collaborazione volontaria delle parti di fornire loro le informazioni necessarie entro i termini impartiti. In tale contesto, le informazioni fornite nel modulo di esenzione nonché la successiva visita di verifica, che la Commissione può effettuare in loco, sono essenziali per lo svolgimento della procedura antielusione. Spetta quindi alle società che collaborano dare prova della precisione e dell’esattezza delle informazioni e degli elementi di prova che esse trasmettono sia nelle loro risposte ai quesiti scritti e orali sia al momento della visita di verifica (v., in tal senso, sentenza JBF RAK/Consiglio, punto 64 supra, EU:T:2012:262, punto 80 e la giurisprudenza ivi citata).

81

Nella fattispecie, va osservato che la ricorrente ha effettivamente fornito un dato numero di elementi rilevanti nel modulo di esenzione e nel modulo di esenzione modificato. In particolare, essa ha fornito informazioni aggregate, nell’ambito delle tabelle allegate ai predetti moduli, riguardo alle proprie capacità produttive, alla propria produzione effettiva, alle proprie vendite all’esportazione, al proprio volume d’affari, ad alcuni dati finanziari e contabili come le spese generali dello stabilimento, alle scorte, agli acquisti di parti smontate nonché all’origine di tali acquisti, al processo di fabbricazione e ai costi di produzione. Essa ha altresì prodotto alcuni rendiconti finanziari.

82

Tuttavia, in primo luogo, va osservato che le informazioni fornite dalla ricorrente nel primo modulo di esenzione, presentato il 5 novembre 2012, sono risultate carenti giacché in larga parte incomplete.

83

Infatti, le informazioni fornite nel modulo di esenzione presentato il 5 novembre 2012 non consentivano di stabilire, segnatamente, né il costo rispettivo delle parti di biciclette né la loro origine, il che rendeva impossibile, in tale fase, stabilire se la ricorrente fosse un produttore di biciclette indonesiano e, dunque, concederle un’esenzione ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base.

84

Con lettera del 29 novembre 2012, la Commissione ha chiesto alla ricorrente, mediante tredici quesiti specifici, di fornirle le informazioni mancanti, entro il 3 dicembre 2012, ossia prima della visita di verifica. Con lettera del 3 dicembre 2012, la ricorrente ha fornito alcuni elementi relativi unicamente a due dei tredici quesiti della Commissione, fatto che la ricorrente non contesta.

85

In secondo luogo, durante la visita di verifica del 6 e del 7 dicembre 2012, la ricorrente ha fornito una versione modificata del modulo di esenzione, nel quale sono stati aggiornati solo alcuni aspetti, ossia, segnatamente, le informazioni relative a parti di biciclette acquistate in paesi diversi dalla Cina. Tuttavia, le informazioni fornite nel modulo di esenzione modificato rimanevano incomplete, fatto che non è peraltro contestato dalla ricorrente. In particolare, trattandosi dei dati relativi alle proprie esportazioni, la ricorrente non ha, in particolare, fornito i valori cif (costo, assicurazione, nolo) di talune operazioni verso l’Unione. La ricorrente non ha nemmeno dichiarato spese di imballaggio, di garanzie o spese bancarie.

86

Le informazioni fornite nel modulo di esenzione modificato sono risultate altresì contraddittorie e non verificabili.

87

Infatti, innanzitutto, i dati forniti nelle due tabelle, allegate ai moduli di esenzione presentati, relativi all’origine delle parti di biciclette acquistate dalla ricorrente, non erano coerenti, fatto non contestato da quest’ultima. Orbene, tali dati sono essenziali nell’ambito di una procedura relativa ad un’eventuale elusione di dazi antidumping.

88

Poi, dagli elementi del fascicolo emerge che i dipendenti della ricorrente, durante la visita di verifica, da una parte, non hanno prodotto i fogli di lavoro che hanno consentito di compilare i moduli di esenzione (v., a tal riguardo, il successivo punto 112), e, dall’altra, non hanno spiegato il modo in cui erano stati elaborati i dati forniti nei moduli di esenzione, fatto che non è contestato dalla ricorrente. Sembra che i dati forniti dalla ricorrente siano stati elaborati a mano, con l’ausilio di una semplice calcolatrice.

89

Infine, dagli elementi del fascicolo emerge altresì che la ricorrente non è stata in grado di produrre altri documenti oltre alle proprie dichiarazioni fiscali, ad alcuni moduli doganali e a numerose copie di fatture. La ricorrente non disponeva di relazioni di revisione annuali, né di sistemi di compatibilità che consentissero di verificare facilmente i dati indicati nei moduli di esenzione e il carattere esaustivo degli elenchi di operazioni. Non è stato ad esempio possibile correlare i volumi di produzione con le vendite e le scorte. Va sottolineato, a tal riguardo, che, con lettera del 27 novembre 2012, la Commissione aveva preliminarmente informato la ricorrente che quest’ultima avrebbe dovuto fornire, durante la visita di verifica, tutti i documenti, in particolare i fogli di lavoro, che le consentissero di verificare i dati indicati nel modulo di esenzione.

90

In terzo luogo, a seguito della visita di verifica, la Commissione, con lettera del 28 gennaio 2013 con la quale informava la ricorrente della propria volontà di applicarle l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base, ha nuovamente concesso alla ricorrente la possibilità di produrre i documenti necessari. La risposta della ricorrente del 4 febbraio 2013, di lunghezza pari ad una sola pagina, non ha fornito, a tal riguardo, alcun nuovo elemento essenziale, posto che la ricorrente si è limitata, in sostanza, ad affermare nuovamente che essa aveva collaborato correttamente. Nella risposta al documento di informazione generale del 9 aprile 2013, la ricorrente non ha neppure fornito elementi concreti che possano giustificare i dati indicati nel modulo di esenzione, né li ha forniti nella sua lettera tardiva del 28 maggio 2013.

91

In quarto luogo, per quanto concerne la relazione di revisione dello Studio V. del 28 novembre 2011, oggetto di riesame il 16 luglio 2012, occorre osservare che la predetta relazione non dimostra, in ogni caso, che la ricorrente stessa producesse biciclette originarie dell’Indonesia o potesse soddisfare i criteri previsti all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base, come correttamente sottolineato dal Consiglio.

92

Infatti, tale relazione non riguarda la questione se la ricorrente non fosse coinvolta in pratiche, processi o lavorazioni per i quali non vi fosse una sufficiente motivazione o giustificazione economica diversa dall’istituzione del dazio antidumping iniziale. Tale relazione dimostra, al più, che, nel momento della sua pubblicazione, la ricorrente era coinvolta nella produzione di biciclette, fatto che non è contestato. A tal riguardo, occorre sottolineare che detta relazione di revisione verte in sostanza sulle condizioni di lavoro e sulla qualità dell’organizzazione. Essa non contiene, pertanto, alcun dato rilevante sull’evoluzione, in particolare, dei volumi di produzione e sull’origine delle parti smontate.

93

Inoltre, le foto e il video forniti dalla ricorrente al Tribunale non dimostrano neppure che essa fosse un produttore indonesiano di biciclette e, pertanto, che non fosse coinvolta in un’elusione ai sensi dell’articolo 13 del regolamento di base, posto che tali documenti non consentono di individuare specificamente, in particolare, l’origine delle materie prime utilizzate.

94

Pertanto, i moduli di esenzione, la relazione di revisione dello Studio V. e le foto prodotte in diversi momenti del procedimento giudiziario sui quali si fonda la ricorrente non consentono di dimostrare che essa fosse un esportatore di origine indonesiana o che soddisfacesse i criteri previsti dall’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base.

95

Va tuttavia osservato che, sulla base degli elementi del fascicolo, il Consiglio non disponeva di indizi sufficienti per concludere in modo esplicito, nel considerando 62 del regolamento impugnato, che la ricorrente non disponesse di capacità produttive sufficienti, alla luce dei volumi esportati nell’Unione, né, pertanto, che essa fosse coinvolta in operazioni di trasbordo, ossia la spedizione del prodotto oggetto delle misure attraverso paesi terzi.

96

A tal riguardo, in primo luogo, occorre sottolineare che il ragionamento del Consiglio si fonda, in larga misura, su alcuni accertamenti eseguiti dagli agenti della Commissione durante la visita di verifica.

97

Secondo gli agenti della Commissione, è emerso, in particolare, che la ricorrente non disponeva dei macchinari necessari per produrre parti sufficienti rispetto ai volumi dichiarati. Essi hanno osservato che lo stabilimento di produzione della ricorrente era chiuso a chiave quando sono arrivati e che alcuni macchinari di produzione erano nuovi o non erano stati probabilmente utilizzati di recente. Inoltre, non c’era né una macchina tranciatrice né una macchina saldatrice. Gli agenti della Commissione avrebbero chiesto, senza successo, di vedere le materie prime relative ai cerchi in lega e ai telai grezzi. Essi avrebbero trovato, invece, alcune casse contenenti biciclette complete recanti la menzione «fabbricate in Indonesia», senza alcuna menzione del fornitore cinese della ricorrente, nonché altre scatole contenenti telai privi d’indicazione d’origine. Il team ha sottolineato che tutti i telai visti erano stati consegnati da alcuni fornitori ed erano già verniciati. Infine, i dipendenti della ricorrente non sarebbero stati in grado di fornire spiegazioni sul processo di produzione.

98

Orbene, nessuna di tali osservazioni, considerate individualmente o nel complesso, segnala in modo convincente l’esistenza di trasbordi.

99

Infatti, nella misura in cui l’attività dell’impresa è fortemente rallentata dopo l’apertura dell’inchiesta antielusione, non si possono trarre conclusioni dal fatto che lo stabilimento fosse in buono stato e che le scorte di materie prime fossero poche al momento della visita di verifica. A tal riguardo, la ricorrente ha peraltro sottolineato di avere venduto alcuni elementi della propria catena di produzione considerato il calo delle proprie attività. Essa ha altresì riferito, con il supporto di fatture, che alcuni macchinari di produzione erano stati acquistati recentemente, a seguito di un incendio avvenuto nel proprio stabilimento il 23 aprile 2009. Essa avrebbe, pertanto, effettuato nuovi investimenti in due occasioni, nel maggio 2009 e nel luglio 2011, in particolare in catene di assemblaggio.

100

Certamente, alcune osservazioni, come il fatto che il fornitore cinese della ricorrente non fosse per nulla menzionato o che alcune scatole contenessero alcuni telai privi d’indicazione d’origine, contribuivano a generare un dubbio sulle attività effettive della ricorrente, dubbi inoltre confermati dal fatto che quest’ultima non aveva giustificato i dati forniti nel modulo di esenzione. Tuttavia, tali elementi non dimostravano per nulla l’esistenza di trasbordi effettuati dalla ricorrente.

101

Per quanto concerne il fatto che i dipendenti della ricorrente incontrati durante la visita di verifica non fossero in grado di fornire chiarimenti sul processo di produzione, fatto che è peraltro contestato dalla ricorrente, occorre notare che dalle risposte scritte del Consiglio ai quesiti scritti del Tribunale emerge che il team della Commissione ha incontrato solo alcuni impiegati della divisione vendite e non specialisti della produzione.

102

In secondo luogo, il Consiglio si è basato, per quanto concerne gli accertamenti in fatto di cui al precedente punto 97, quasi esclusivamente sulla relazione della missione degli agenti della Commissione, ad eccezione di ogni altro elemento materiale. Orbene, la maggior parte delle osservazioni tratte dalla relazione della missione sono contestate dalla ricorrente, in particolare per quanto concerne il fatto che le linee di assemblaggio non funzionavano o che alcune scorte di materie prime non esistevano. Certamente, il Consiglio, nelle proprie memorie e in udienza, ha fatto riferimento ad alcune foto prodotte dalla ricorrente o prese dagli agenti della Commissione durante la visita di verifica. Tuttavia, tali foto non forniscono alcuna indicazione sulla questione se la ricorrente fosse coinvolta in operazioni di trasbordo.

103

In terzo luogo, il Consiglio fonda altresì il proprio ragionamento sul fatto che la ricorrente non ha fornito le prove in grado di dimostrare che essa fosse un produttore indonesiano o che soddisfacesse i criteri previsti all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base. Orbene, se tale osservazione è stata avallata nel precedente punto 94, ciò non significa, di per sé, che la ricorrente partecipasse ad operazioni di trasbordo.

104

Tenuto conto di quanto suesposto ai punti da 95 a 103, il Consiglio non disponeva di indizi sufficienti per concludere che la ricorrente non disponesse di capacità produttive sufficienti per giustificare i volumi esportati nell’Unione e che essa fosse, pertanto, coinvolta in operazioni di trasbordo.

105

Certamente, non può escludersi che, tra tutte le pratiche, processi o lavorazioni per le quali non vi sia una sufficiente motivazione o giustificazione economica diversa dall’istituzione del dazio antidumping iniziale, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento di base, la ricorrente fosse coinvolta in operazioni di trasbordo. Tuttavia, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione in udienza, il fatto che la ricorrente non abbia potuto dimostrare che essa fosse un produttore indonesiano o che soddisfacesse quanto previsto dall’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base non consentiva al Consiglio di ritenere, per difetto, che esistessero trasbordi effettuati dalla ricorrente, posto che una siffatta eventualità non emergeva affatto dal regolamento di base o dalla giurisprudenza.

106

In tali circostanze, la seconda parte del primo motivo va accolta, non essendo necessario trattare le altre censure della ricorrente.

Sul secondo motivo, relativo a violazioni dell’articolo 18 del regolamento di base, del principio di proporzionalità e dell’obbligo di motivazione

107

A sostegno del secondo motivo, la ricorrente deduce quattro parti che intendono dimostrare, in particolare, che il Consiglio avrebbe commesso errori di diritto e di valutazione, nei considerando da 29 a 33 del regolamento impugnato, nel ritenere che essa non avesse collaborato, ai sensi dell’articolo 18 del regolamento di base. Con la prima parte, essa sostiene di aver collaborato con la migliore diligenza, fatto di cui il Consiglio non avrebbe tenuto conto, in violazione dell’articolo 18 del regolamento di base. Con la seconda parte, altresì relativa ad una violazione dell’articolo 18 del regolamento di base, essa contesta l’osservazione relativa all’omessa collaborazione. Con la terza parte, essa sostiene che il Consiglio non avrebbe adempiuto il proprio obbligo di motivazione, in particolare per non aver indicato di quali dati disponibili ha tenuto conto, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base. Con la quarta parte, essa ritiene che il Consiglio, in violazione dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base, non abbia preso in considerazione le informazioni che essa ha fornito nel corso dell’inchiesta. Inoltre, il fatto di non prendere in considerazione tutte le informazioni che ha fornito violerebbe il principio di proporzionalità.

108

Il Consiglio contesta tutti gli argomenti della ricorrente.

109

Il Tribunale ritiene che vada trattata, innanzitutto, la seconda parte, successivamente la prima, la terza e la quarta parte.

– Sull’accertamento dell’omessa collaborazione

110

A sostegno della seconda parte del secondo motivo, la ricorrente adduce alcuni argomenti che tendono a dimostrare che l’accertamento dell’omessa collaborazione è errato. Essa sostiene, in particolare, che la mancata presentazione dei fogli di lavoro non era sufficiente, di per sé, a condurre ad un accertamento di omessa collaborazione.

111

A tal riguardo, va anzitutto ricordato che l’articolo 18, paragrafo 1, primo periodo, del regolamento di base autorizza le istituzioni a ricorrere ai dati disponibili qualora una parte interessata rifiuti l’accesso alle informazioni necessarie, o non le comunichi entro i termini fissati dal presente regolamento, oppure ostacoli gravemente l’inchiesta. L’utilizzo di dati disponibili è altresì autorizzato se una parte interessata fornisce un’informazione falsa o fuorviante. Dalla formulazione di tale disposizione emerge che queste quattro condizioni sono alternative, cosicché, qualora una sola di esse sia soddisfatta, le istituzioni possono ricorrere ai dati disponibili per fondare le proprie conclusioni preliminari o definitive (sentenza del 22 maggio 2014, Guangdong Kito Ceramics e a./Consiglio, T‑633/11, EU:T:2014:271, punto 44).

112

Nella fattispecie, in primo luogo, va constatato che l’omessa collaborazione non si fonda soltanto, nel regolamento impugnato, sulla mancata presentazione dei fogli di lavoro, che consentono di riconciliare la risposta al modulo di esenzione con i documenti finanziari e contabili dell’esportatore. Si fonda, altresì, sui ritardi nella comunicazione delle informazioni richieste, sul carattere contraddittorio e poco attendibile di queste ultime, nonché sulle difficoltà riscontrate durante la visita di verifica. Infatti, è stato già provato, nell’ambito del primo motivo, che i dati forniti dalla ricorrente si sono rivelati incompleti, contraddittori e inverificabili. La ricorrente non ha quindi fornito accesso alle informazioni necessarie, ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 111.

113

In secondo luogo, la ricorrente afferma che le incoerenze che sono emerse nei propri dati relativi alla produzione erano dovute a ritardi tra i periodi di registrazione e l’effettiva cadenza produttiva. Essa ritiene che la sua lettera del 4 febbraio 2013 possa provare tale affermazione. Orbene, è sufficiente osservare che la lettera del 4 febbraio 2013 non contiene alcun elemento di prova al riguardo.

114

In terzo luogo, la ricorrente sottolinea che almeno una parte delle informazioni fornite era corretta, nella misura in cui il Consiglio stesso avrebbe ammesso che i dati comunicati riguardo alle vendite all’esportazione erano esatti. Orbene, dal considerando 31 del regolamento impugnato emerge effettivamente che il Consiglio ha approvato l’accertamento secondo cui i dati erano corretti. Tuttavia, anzitutto, tali dati, secondo il Consiglio, riguardano tutte le vendite all’esportazione e non le sole esportazioni nell’Unione, per le quali non è stata possibile una riconciliazione, fatto che la ricorrente non contesta. Il fatto, poi, che i dati relativi alle esportazioni siano corretti e verificabili non implica che i dati relativi all’origine dei prodotti esportati debbano anch’essi essere approvati.

115

In quarto luogo, quanto al fatto che un responsabile delle vendite della ricorrente fosse contemporaneamente impiegato da un produttore cinese che era il suo principale fornitore di parti di biciclette, è vero che tale fatto, di per sé, non è tale da provare l’omessa collaborazione, ai sensi dell’articolo 18 del regolamento di base. Tuttavia, le spiegazioni fornite dalla ricorrente riguardo allo status del predetto impiegato si sono rivelate particolarmente confuse, il che rileva ai fini della valutazione della collaborazione della ricorrente. Va altresì sottolineato che la ricorrente aveva dichiarato, nel suo modulo di esenzione, di non avere alcuna connessione con imprese cinesi. Tenuto conto della rilevanza che potesse rivestire il fatto che un responsabile delle vendite della ricorrente fosse altresì alle dipendenze di una società di biciclette cinese, al fine di provare un’elusione attraverso l’Indonesia, era, in ogni caso, legittimo che la Commissione interrogasse la ricorrente a tal riguardo e che ciò fosse menzionato nel regolamento impugnato.

116

In quinto luogo, la ricorrente sostiene che l’omessa collaborazione riguarda solo le operazioni di assemblaggio e non le operazioni di trasbordo. Essa sottolinea, a tal riguardo, che la collaborazione che si presume insufficiente concerne solo il valore delle parti di origine cinese. Orbene, a suo avviso, tale informazione era necessaria unicamente per stabilire se essa fosse coinvolta in operazioni di assemblaggio, ossia se essa rispettasse le norme riguardanti la proporzione di parti importate dalla Cina nel valore complessivo del prodotto fabbricato, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base. Posto che l’elusione attraverso l’Indonesia era, nel regolamento impugnato, unicamente fondata su operazioni di trasbordo, l’accertamento dell’omessa collaborazione riguarderebbe, secondo la ricorrente, alcune conclusioni irrilevanti ai fini della censura di elusione sollevata dal Consiglio.

117

A tal riguardo, anzitutto, occorre rilevare che dal modulo di esenzione presentato dalla ricorrente emerge che quest’ultima ha cercato di dimostrare che essa soddisfaceva i criteri previsti all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base. Era dunque legittimo che la Commissione, nell’allegato B del documento di informazione generale, motivasse la propria decisione di non concedere un’esenzione alla ricorrente specificando che essa non era stata in grado di effettuare i calcoli inerenti ai predetti criteri, sulla base delle informazioni fornite. Occorre ricordare, a tal proposito, che l’inchiesta ha riguardato l’esistenza di un’elusione attraverso l’Indonesia e non l’esistenza di una forma particolare di elusione. La Commissione, nel considerando 9 del regolamento n. 875/2012 che apre l’inchiesta antielusione, ha peraltro menzionato, per quanto concerne l’Indonesia, eventuali operazioni di trasbordo e di assemblaggio.

118

Inoltre, va ricordato che la ricorrente non ha dimostrato di essere un produttore di biciclette di origine indonesiana né di soddisfare i criteri previsti all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base, ossia che essa non è stata in grado di dimostrare l’origine del numero consistente di biciclette che la stessa esportava nell’Unione. Le informazioni fornite dalla ricorrente erano, in ogni caso, insufficienti, posto che l’inchiesta mirava a stabilire se la ricorrente avesse partecipato a un’elusione del dazio antidumping iniziale attraverso l’Indonesia, indipendentemente dalla successiva qualificazione attribuita dal Consiglio a tali pratiche.

119

Ciò considerato, la censura in esame va respinta in quanto infondata.

120

Pertanto, la seconda parte del secondo motivo dev’essere integralmente respinta in quanto infondata.

– Sugli effetti della collaborazione della ricorrente

121

Con la prima parte, la ricorrente sostiene che il Consiglio, in violazione dell’articolo 18 del regolamento di base, non avrebbe tenuto conto del fatto che essa aveva collaborato con la migliore diligenza. Essa sottolinea a tal riguardo, in particolare, di aver presentato una richiesta di esenzione, nonché un questionario modificato e di aver accettato di ricevere il team della Commissione durante la visita di verifica. Inoltre, la collaborazione si sarebbe svolta in circostanze difficili, posto che la ricorrente dispone di risorse amministrative limitate e non è al corrente delle procedure amministrative della Commissione.

122

A tale proposito, in primo luogo, si deve rilevare che l’utilizzo dei dati disponibili è giustificato, in particolare, qualora un’impresa si rifiuti di collaborare o qualora essa fornisca un’informazione falsa o fuorviante, posto che l’articolo 18, paragrafo 1, secondo periodo, del regolamento di base non richiede un comportamento intenzionale. Infatti, l’entità dello sforzo compiuto da una parte interessata per comunicare determinate informazioni non è necessariamente collegata alla qualità intrinseca delle informazioni comunicate e, in ogni caso, non costituisce il solo elemento determinante. Così, se alla fine non si ottengono le informazioni richieste, la Commissione è legittimata a fare ricorso ai dati disponibili relativi alle informazioni richieste (sentenza del 4 marzo 2010, Sun Sang Kong Yuen Shoes Factory/Consiglio, T‑409/06, Racc., EU:T:2010:69, punti 103 e 104).

123

Inoltre, occorre ricordare altresì che spetta alle istituzioni dell’Unione decidere se, al fine di verificare le informazioni fornite da una parte interessata, esse ritengano che sia necessario corroborare tali informazioni attraverso una visita di verifica nei locali di tale parte e che, nel caso in cui una parte interessata ostacoli la verifica dei dati da essa forniti, sia applicabile l’articolo 18 del regolamento di base e i dati disponibili possano essere utilizzati. Se è vero che un rifiuto di accogliere una visita di verifica viola l’obbligo di cooperazione leale e diligente del quale l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base cerca di garantire il rispetto, il fatto di sottoporsi ad essa non può dar luogo di per sé ad un accertamento di collaborazione (v., in tal senso, sentenza del 25 ottobre 2011, Transnational Company «Kazchrome» e ENRC Marketing/Consiglio, T‑192/08, Racc., EU:T:2011:619, punti 273 e 275).

124

In tali circostanze, il fatto di aver presentato un modulo di esenzione, in seguito una versione modificata, nonché di aver accolto gli agenti della Commissione all’atto della visita di verifica non può essere sufficiente ad accertare la collaborazione o a comportare l’obbligo delle istituzioni dell’Unione di tener conto delle informazioni carenti. Inoltre, non si può ritenere che, nella fattispecie, i dati richiesti dalla Commissione comportino un notevole onere amministrativo. Peraltro, secondo il Consiglio, il servizio di vendita e amministrativo della ricorrente era costituito da sedici persone, fatto che quest’ultima non contesta.

125

In secondo luogo, occorre sottolineare che l’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base prevede che, qualora le informazioni presentate da una parte interessata non siano le migliori sotto ogni profilo, ciò non vuol dire che esse debbano essere disattese, a condizione che le eventuali carenze non siano tali da provocare eccessive difficoltà per l’elaborazione di conclusioni sufficientemente precise e che le informazioni siano state presentate entro i termini fissati, siano verificabili e la parte interessata abbia agito con la migliore diligenza. Dalla sua formulazione emerge che le quattro condizioni sono cumulative. Di conseguenza, il fatto che non sia soddisfatta una sola di esse non consente l’applicazione di tale disposizione e, quindi, di prendere in considerazione le informazioni in questione (sentenza Guangdong Kito Ceramics e a./Consiglio, punto 111 supra, EU:T:2014:271, punto 100).

126

Nella fattispecie, nella misura in cui la ricorrente non ha fornito le informazioni necessarie, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base, in grado di dimostrare che essa fosse un produttore di origine indonesiana o che soddisfacesse i criteri previsti all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base, come è stato dimostrato nei precedenti punti da 80 a 94, l’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base non poteva essere applicato. Inoltre, è stato già dimostrato che, anche nell’ipotesi in cui, da una parte, essa avesse fornito le informazioni necessarie, e, dall’altra, avesse effettivamente collaborato con la migliore diligenza, le informazioni fornite non potevano essere controllate.

127

La prima parte del secondo motivo deve pertanto essere respinta in quanto infondata.

– Sulla motivazione

128

In primo luogo, la ricorrente sostiene che il Consiglio avrebbe dovuto distinguere la collaborazione per quanto concerne la censura relativa all’assemblaggio da quella inerente al trasbordo. Posto che il Consiglio non ha specificato se le informazioni fornite attenessero alla censura relativa al trasbordo o a quella relativa all’assemblaggio, il regolamento impugnato sarebbe viziato da un difetto di motivazione.

129

In secondo luogo, la ricorrente adduce che il Consiglio, dopo aver respinto tutte le informazioni fornite, non ha chiarito quale fosse la natura delle informazioni disponibili, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base, sulle quali esso si è basato per affermare l’esistenza di un’elusione. Essa sostiene, altresì, che il Consiglio avrebbe dovuto precisare in che misura i dati disponibili utilizzati fossero i migliori possibili.

130

Si deve rammentare che la motivazione di un atto delle istituzioni dell’Unione deve far apparire, in forma chiara e non equivoca, l’iter logico seguito dall’autore dell’atto, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e di difendere i propri diritti e al giudice di esercitare il proprio controllo (sentenza del Tribunale del 27 settembre 2005, Common Market Fertilizers/Commissione, T‑134/03 e T‑135/03, Racc., EU:T:2005:339, punto 156). Inoltre, il problema di stabilire se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 296 TFUE dev’essere risolto alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v., in tal senso, sentenze del 29 febbraio 1996, Belgio/Commissione, C‑56/93, Racc., EU:C:1996:64, punto 86, e del 27 novembre 1997, Kaysersberg/Commissione, T‑290/94, Racc., EU:T:1997:186, punto 150).

131

Nel caso di specie, il Consiglio, per le ragioni qui di seguito esposte, ha rispettato tali principi.

132

In primo luogo, per quanto concerne l’argomento della ricorrente secondo il quale il Consiglio avrebbe dovuto distinguere la collaborazione per quanto concerne la censura relativa all’assemblaggio da quella inerente al trasbordo, va ricordato che al precedente punto 117 è stato provato che l’inchiesta ha riguardato l’esistenza di un’elusione attraverso l’Indonesia e non l’esistenza di una forma particolare di elusione. Inoltre, gli elementi da tenere in considerazione per valutare la collaborazione erano simili per quanto riguarda sia il trasbordo sia l’assemblaggio. Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, non si doveva pertanto dissociare la valutazione della collaborazione della ricorrente concernente la censura relativa all’assemblaggio da quella inerente al trasbordo.

133

Inoltre, va osservato che la motivazione presentata ai considerando da 29 a 33 del regolamento impugnato è adeguatamente dimostrata, alla luce della giurisprudenza citata al precedente punto 130.

134

Infatti, dal considerando 29 del regolamento impugnato emerge che il Consiglio ha ritenuto che i dati comunicati dalla ricorrente non fossero attendibili. Innanzitutto, la ricorrente non avrebbe conservato i fogli di lavoro utilizzati per compilare il modulo di esenzione. Di conseguenza, essa non sarebbe stata in grado di dimostrare che tali dati erano esatti. Poi, sono state riscontrate alcune inesattezze nei dati sottoposti a ricalcolo durante la visita di verifica sulla base dei documenti disponibili presso la sede della ricorrente. Infine, dall’inchiesta sarebbe emerso che il responsabile delle vendite della società era altresì alle dipendenze di un produttore cinese di biciclette, che era il principale fornitore di parti smontate della ricorrente.

135

Dai considerando 30 e 31 del regolamento impugnato emerge che la Commissione, dopo aver informato la ricorrente del fatto che non intendesse prendere in considerazione le informazioni da essa fornite, le ha concesso la possibilità di presentare osservazioni. In tali osservazioni, la ricorrente avrebbe affermato di essersi dimostrata molto collaborativa e di avere fornito tutti i documenti richiesti, a parte i fogli di lavoro, che non le sarebbero mai stati richiesti. Il Consiglio sottolinea al riguardo che, in realtà, i fogli di lavoro sono stati richiesti prima della verifica in loco. Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui i calcoli di verifica, effettuati in loco, non erano corretti a causa delle errate spiegazioni fornite da un solo lavoratore, il Consiglio fa presente che in realtà erano stati chiesti chiarimenti a diversi lavoratori, i quali non erano stati in grado di indicare né la fonte dei dati riportati nel modulo di esenzione, né come essi fossero stati elaborati.

136

Il Consiglio ha quindi concluso, nei considerando 32 e 33 del regolamento impugnato, che non si era potuto tenere conto delle informazioni fornite dalla ricorrente e che, conformemente all’articolo 18 del regolamento di base, le conclusioni ad essa relative si erano basate sui dati disponibili.

137

In secondo luogo, si deve constatare che, certamente, il Consiglio, nel regolamento impugnato, non ha indicato in modo esplicito la natura esatta dei dati disponibili.

138

Tuttavia, dai considerando da 28 a 33, 45, 46, 50, 51, 55, 56, 92 e da 98 a 102 del regolamento impugnato si evince, in particolare, che i dati disponibili comprendono tutti i dati utilizzati dal Consiglio per accertare l’esistenza di un’elusione da parte della ricorrente, ossia, segnatamente, le informazioni che consentono di accertare una modificazione della configurazione degli scambi, l’assenza di una spiegazione alternativa credibile e i dati della banca dati Comext di Eurostat utilizzati per dare prova, da un lato, dell’indebolimento degli effetti riparatori del dazio antidumping iniziale e, dall’altro, dell’esistenza di elementi che provino l’esistenza di un dumping in relazione ai valori normali precedentemente dimostrati. Inoltre, i dati disponibili comprendono tutti gli elementi rilevanti del fascicolo, ivi compresa la denuncia (considerando da 10 a 17 del regolamento impugnato).

139

In terzo luogo, riguardo all’argomento secondo cui il Consiglio avrebbe dovuto spiegare perché i dati disponibili utilizzati fossero i migliori possibili, va osservato che un obbligo siffatto non si evince né dall’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base né dalla giurisprudenza. L’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base dispone che il Consiglio è autorizzato a fondare le proprie conclusioni sui dati disponibili qualora i dati forniti siano carenti (v. precedente punto 111). Nel caso di specie, posto che i dati forniti erano carenti, il Consiglio non era quindi tenuto a spiegare perché i dati disponibili utilizzati fossero migliori rispetto ai dati forniti. Occorre inoltre sottolineare che la ricorrente non ha sostenuto che altri dati disponibili fossero migliori rispetto ai dati disponibili utilizzati dal Consiglio. L’argomento della ricorrente dev’essere pertanto respinto in quanto infondato.

140

In tali circostanze, la terza parte del secondo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

– Sul fatto di tener conto delle informazioni aggiuntive fornite dalla ricorrente

141

Con la quarta parte, la ricorrente sostiene che il Consiglio ha violato l’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base e il principio di proporzionalità escludendo tutti i dati forniti senza valutare se alcune informazioni potessero essere utilizzate per quanto concerne la censura relativa al trasbordo. Essa sottolinea di avere fornito tempestivamente le informazioni, che erano facilmente verificabili per quanto riguarda la censura relativa al trasbordo.

142

In primo luogo, per quanto concerne la violazione dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base, è stato già ricordato, al precedente punto 125, che l’applicazione del predetto articolo 18, paragrafo 3, implica che siano soddisfatte le quattro condizioni cumulative relative, in particolare, al fatto che le eventuali carenze non siano tali da provocare eccessive difficoltà per l’elaborazione di conclusioni sufficientemente precise e che le informazioni fornite siano verificabili. Orbene, nella fattispecie, è stato già dimostrato, nell’ambito del primo motivo, che le informazioni fornite dalla ricorrente erano rimaste incomplete, contraddittorie e non verificabili, il che escludeva l’applicazione dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base, indipendentemente dal tipo di elusione considerato.

143

La censura relativa alla violazione dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base va quindi respinta in quanto infondata.

144

In secondo luogo, occorre rammentare che, in forza del principio di proporzionalità, la legittimità di una normativa dell’Unione è subordinata alla condizione che i mezzi che essa impiega siano idonei a realizzare l’obiettivo da essa legittimamente perseguito e non vadano al di là di ciò che è necessario per raggiungerlo, fermo restando che, qualora si presenti una scelta tra più misure appropriate, è necessario ricorrere, in linea di principio, alla meno restrittiva (sentenza del 5 giugno 1996, NMB France e a./Commissione, T‑162/94, Racc., EU:T:1996:71, punto 69).

145

Nella fattispecie, la ricorrente ritiene, in sostanza, che fosse sproporzionato escludere tutte le informazioni fornite senza valutare se alcune di esse potessero essere utilizzate per quanto riguarda la censura relativa al trasbordo.

146

A tal riguardo, basta ricordare che la ricorrente non ha fornito le informazioni che dimostrano che essa era un esportatore indonesiano o che soddisfaceva i criteri previsti all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento di base. Il Consiglio ha escluso le predette informazioni senza violare, dunque, il principio di proporzionalità.

147

Ciò premesso, occorre respingere la quarta parte del secondo motivo in quanto infondata.

148

Pertanto, il secondo motivo dev’essere integralmente respinto.

Sul terzo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base e del principio di parità di trattamento

149

In primo luogo, la ricorrente sostiene che il Consiglio ha commesso errori di fatto e di valutazione nell’utilizzare i dati sul prezzo ottenuti dalla banca dati Comext di Eurostat. Secondo la ricorrente, è stato riconosciuto, in occasione di tutte le fasi di esame dei regolamenti antidumping relativi a biciclette e a parti di biciclette provenienti dalla Cina, che i dati della banca dati Comext di Eurostat non fossero attendibili e non consentissero paragoni convincenti.

150

In secondo luogo, il Consiglio avrebbe violato l’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base e il principio di parità di trattamento nell’escludere i dati della ricorrente sui prezzi all’esportazione, la cui attendibilità è stata confermata nel considerando 31 del regolamento impugnato. Secondo la ricorrente, il fatto di avere tenuto conto dei dati delle società che hanno collaborato avrebbe falsato i dati relativi all’esistenza del dumping.

151

Il Consiglio contesta gli argomenti della ricorrente.

152

A tal riguardo, occorre ricordare che dall’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base emerge che l’esistenza di un’elusione presuppone l’esistenza di elementi che provino l’esistenza del dumping in relazione ai valori normali dimostrati durante l’inchiesta antidumping iniziale.

153

Inoltre, dal regolamento di base emerge che le istituzioni dell’Unione devono scegliere il metodo più appropriato al fine di calcolare il dumping e che questa scelta presuppone la valutazione di situazioni economiche complesse (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 1992, Minolta Camera/Consiglio, C‑178/87, Racc., EU:C:1992:112, punto 41).

154

Nella fattispecie, in primo luogo, occorre ricordare che è stato già provato che la ricorrente non avesse collaborato, ai sensi dell’articolo 18 del regolamento di base, posto che i dati forniti non erano attendibili né verificabili.

155

Certamente, dal considerando 31 del regolamento impugnato emerge che, per quanto concerne il valore delle vendite all’esportazione, la riconciliazione è effettivamente risultata corretta. Tuttavia, come sostiene il Consiglio, senza che la ricorrente lo contesti, solo il valore aggregato di tutte le esportazioni ha potuto essere riconciliato con i libri contabili e verificato. Inoltre, le informazioni fornite erano incomplete, posto che la ricorrente non ha mai fornito le informazioni necessarie (v., a tal riguardo, i precedenti punti 85 e 114).

156

In tali circostanze, nella misura in cui il Consiglio non disponeva di dati attendibili per quanto concerne la ricorrente e le società che non si erano manifestate, esso poteva legittimamente basarsi sui dati disponibili.

157

In secondo luogo, la ricorrente contesta l’utilizzo dei dati ottenuti dalla banca dati Comext di Eurostat in quanto dati disponibili, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base. Essa si riferisce al regolamento n. 1095/2005, al regolamento di esecuzione n. 990/2011 e al regolamento n. 502/2013, nei quali sarebbe stata contestata l’attendibilità di tali dati.

158

A tal riguardo, innanzitutto, occorre sottolineare che i tre regolamenti citati dalla ricorrente non riguardavano procedure antielusione. Essi riguardavano, rispettivamente, l’istituzione di un dazio antidumping definitivo, un riesame in previsione della scadenza delle misure e un riesame intermedio.

159

Occorre notare, altresì, che i prezzi all’esportazione per i produttori che non hanno collaborato sono stati calcolati in modi diversi nei tre regolamenti. Nel regolamento n. 1095/2005, sono stati utilizzati i dati delle società che hanno collaborato, posto che i dati della banca dati Comext di Eurostat non sono stati considerati sufficientemente precisi in caso di riesame completo delle conclusioni relative al dumping e al pregiudizio. Invece, nel regolamento di esecuzione n. 990/2011, sono stati utilizzati i dati dalla banca dati Comext di Eurostat, posto che ha collaborato solo un’impresa. Nel regolamento n. 502/2013, i dati della banca dati Comext di Eurostat sono stati utilizzati solo parzialmente, posto che tali dati non sono stati ritenuti, di nuovo, sufficientemente precisi per il caso specifico di riesame intermedio.

160

Contrariamente a quanto afferma la ricorrente, i dati della banca dati Comext di Eurostat non sono stati quindi considerati carenti nei tre regolamenti menzionati. Inoltre, è opportuno sottolineare che il dumping è stato calcolato in modi diversi in funzione dell’oggetto dell’inchiesta e delle circostanze del caso di specie.

161

Tali regolamenti riguardavano, poi, la Cina e il Vietnam, e non l’Indonesia. La ricorrente non ha apportato alcun elemento di prova in grado di dimostrare che tali osservazioni sarebbero altresì rilevanti per quanto concerne l’Indonesia.

162

In tali circostanze, gli argomenti della ricorrente riguardo all’attendibilità dei dati della banca dati Comext di Eurostat devono essere respinti in quanto infondati.

163

In terzo luogo, per quanto concerne gli argomenti relativi ad una violazione del principio di parità di trattamento, la ricorrente ritiene che, se i dati utilizzati dal Consiglio, vale a dire, secondo la stessa, sostanzialmente i dati degli esportatori che hanno collaborato, costituivano effettivamente le prove del dumping, la Commissione avrebbe dovuto aprire un’inchiesta antidumping riguardo agli altri produttori indonesiani invece di indicare la ricorrente quale unico e improbabile soggetto responsabile delle difficoltà del settore industriale dell’Unione.

164

Al riguardo, prima di tutto, occorre ricordare che le istituzioni dell’Unione hanno affermato l’esistenza di elementi che provino l’esistenza del dumping in connessione con i valori normali dimostrati durante la precedente inchiesta antidumping e non con il valore normale delle vendite di tali esportatori nel loro mercato nazionale. I risultati presentati nel regolamento impugnato non hanno quindi fornito alcuna indicazione quanto alla necessità di avviare un’inchiesta antidumping indipendente con riguardo ai produttori indonesiani. Inoltre, occorre altresì ricordare che i produttori che hanno collaborato sono stati in grado di provare che essi non partecipavano all’elusione, contrariamente alla ricorrente.

165

Il Consiglio ha precisato poi, in risposta a un quesito scritto del Tribunale, che i volumi e il valore delle esportazioni dei produttori che hanno collaborato sono stati rimossi dai dati aggregati che riguardano tutti gli esportatori indonesiani disponibili nella banca dati Comext di Eurostat. Pertanto, il Consiglio non ha utilizzato i dati dei produttori che hanno collaborato al fine di affermare l’esistenza di elementi che provino l’esistenza del dumping, contrariamente a quanto afferma la ricorrente.

166

Tenuto conto di quanto enunciato ai precedenti punti da 152 a 165, si deve concludere che la ricorrente non ha provato l’esistenza di errori di diritto o di valutazione del Consiglio, né una violazione del principio di parità di trattamento, per quanto concerne l’esistenza di elementi che provino l’esistenza del dumping.

167

Pertanto, il terzo motivo va integralmente respinto in quanto infondato.

168

Tenuto conto di tutto quanto precede, in particolare nel precedente punto 106, l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, del regolamento impugnato va annullato, nella parte in cui concerne la ricorrente.

Sulle spese

169

Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente ne ha fatto domanda, il Consiglio, rimasto soccombente, va condannato alle spese.

170

La Commissione e la Maxcom sopporteranno le proprie spese, conformemente all’articolo 87, paragrafo 4, primo e terzo comma, del regolamento di procedura.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

dichiara e statuisce:

 

1)

L’articolo 1, paragrafi 1 e 3, del regolamento di esecuzione (UE) n. 501/2013 del Consiglio, del 29 maggio 2013, che estende il dazio antidumping definitivo istituito dal regolamento di esecuzione (UE) n. 990/2011 sulle importazioni di biciclette originarie della Repubblica popolare cinese alle importazioni di biciclette spedite dall’Indonesia, dalla Malaysia, dallo Sri Lanka e dalla Tunisia, indipendentemente dal fatto che siano o no dichiarate originarie dell’Indonesia, della Malaysia, dello Sri Lanka e della Tunisia, nella parte in cui concerne la Chin Haur Indonesia, PT, è annullato.

 

2)

Il Consiglio dell’Unione europea sopporterà le spese della Chin Haur Indonesia, nonché le proprie spese.

 

3)

La Commissione europea e la Maxcom Ltd sopporteranno le proprie spese.

 

Van der Woude

Wiszniewska-Białecka

Ulloa Rubio

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo, il 19 marzo 2015.

Firme

Indice

 

Fatti

 

Principali procedure antidumping e antisovvenzioni iniziali

 

Procedura riguardante l’elusione

 

Regolamento impugnato

 

Procedimento e conclusioni delle parti

 

In diritto

 

Sulla ricevibilità

 

Nel merito

 

Sul primo motivo, relativo alle violazioni dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base

 

– Sulla modificazione della configurazione degli scambi

 

– Sul compimento di operazioni di trasbordo

 

Sul secondo motivo, relativo a violazioni dell’articolo 18 del regolamento di base, del principio di proporzionalità e dell’obbligo di motivazione

 

– Sull’accertamento dell’omessa collaborazione

 

– Sugli effetti della collaborazione della ricorrente

 

– Sulla motivazione

 

– Sul fatto di tener conto delle informazioni aggiuntive fornite dalla ricorrente

 

Sul terzo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base e del principio di parità di trattamento

 

Sulle spese


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

( 1 ) Dati riservati omessi.