SENTENZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA DELL’UNIONE EUROPEA

(Prima Sezione)

26 marzo 2015

CW

contro

Parlamento europeo

«Funzione pubblica — Funzionari — Ricorso di annullamento — Articolo 12 bis dello Statuto — Norme interne relative al comitato consultivo sulle molestie morali e relativa prevenzione sul luogo di lavoro — Articolo 24 dello Statuto — Richiesta di assistenza — Errori manifesti di valutazione — Insussistenza — Ruolo e poteri del comitato consultivo sulle molestie morali e relativa prevenzione sul luogo di lavoro — Consultazione facoltativa da parte del funzionario — Ricorso per risarcimento danni»

Oggetto:

Ricorso proposto ai sensi dell’articolo 270 TFUE, applicabile al Trattato CEEA in virtù del suo articolo 106 bis, con cui CW chiede in particolare, da un lato, l’annullamento della decisione del Parlamento europeo, dell’8 aprile 2013, recante rigetto della richiesta di assistenza presentata dalla ricorrente per molestie psicologiche di cui si ritiene vittima per fatto dei suoi superiori gerarchici e, dall’altro lato, la condanna del Parlamento a pagarle il risarcimento dei danni.

Decisione:

Il ricorso è respinto. Il Parlamento europeo sopporterà le proprie spese ed è condannato a sopportare la metà delle spese sostenute da CW. CW sopporterà la metà delle proprie spese.

Massime

  1. Ricorsi dei funzionari – Previo reclamo amministrativo – Decisione di rigetto – Considerazione della motivazione ivi figurante

    (Statuto dei funzionari, artt. 90 e 91)

  2. Funzionari – Obbligo di assistenza dell’amministrazione – Ambito di applicazione – Portata – Limiti

    (Statuto dei funzionari, art. 24)

  3. Funzionari – Molestie psicologiche – Nozione – Comportamento avente per oggetto o per effetto il discredito dell’interessato o il deterioramento delle sue condizioni di lavoro – Requisito della reiterazione del comportamento – Requisito dell’intenzionalità del comportamento – Portata – Insussistenza del requisito dell’intento doloso del molestatore

    (Statuto dei funzionari, art. 12 bis, § 3)

  4. Funzionari – Molestie psicologiche – Nozione – Rigetto della richiesta di partecipazione ad una formazione linguistica – Esclusione

    (Statuto dei funzionari, art. 12 bis, § 3)

  5. Funzionari – Molestie psicologiche – Nozione – Riorganizzazione dei compiti all’interno di un’unità – Esclusione

    (Statuto dei funzionari, art. 12 bis, § 3)

  6. Funzionari – Molestie psicologiche – Nozione – Tono sarcastico del superiore gerarchico in una comunicazione indirizzata all’interessato – Esclusione – Considerazione del comportamento del funzionario

    (Statuto dei funzionari, art. 12 bis, § 3)

  7. Funzionari – Molestie psicologiche – Nozione – Controllo delle informazioni raccolte nel corso delle riunioni di un gruppo di lavoro da parte del rappresentante di una unità prima della loro diffusione all’unità – Esclusione

    (Statuto dei funzionari, art. 12 bis, § 3)

  8. Funzionari – Molestie psicologiche – Nozione – Istruzioni al funzionario di presentare le sue scuse al suo capo unità con messaggio di posta elettronica inviato a tutta l’unità – Esclusione

    (Statuto dei funzionari, art. 12 bis, § 3)

  9. Funzionari – Molestie psicologiche – Nozione – Valutazione delle capacità professionali di un funzionario da parte di un collega che ha reso dichiarazioni negative nei suoi confronti – Esclusione

    (Statuto dei funzionari, art. 12 bis, § 3)

  10. Funzionari – Molestie psicologiche – Nozione – Valutazione complessiva di più eventi

    (Statuto dei funzionari, artt. 11, 12 bis, § 3, e 24)

  11. Funzionari – Obbligo di assistenza dell’amministrazione – Applicazione in materia di molestie psicologiche – Obbligo dell’interessato di consultare preventivamente il comitato consultivo competente per le denunce di molestie morali prima di presentare una richiesta di assistenza – Insussistenza

    (Statuto dei funzionari, artt. 12 bis e 24)

  12. Funzionari – Obbligo di assistenza dell’amministrazione – Applicazione in materia di molestie psicologiche – Potere discrezionale dell’amministrazione – Decisione di respingere senza indagine amministrativa una richiesta di assistenza – Considerazione degli elementi forniti dal richiedente e di quelli noti all’amministrazione – Ammissibilità

    (Statuto dei funzionari, artt. 12 bis e 24)

  1.  Alla luce del carattere evolutivo del procedimento precontenzioso, la motivazione contenuta nella decisione di rigetto del reclamo dev’essere presa in considerazione anche per l’esame della legittimità dell’atto lesivo iniziale, dovendosi presumere che tale motivazione coincida con quella di quest’ultimo atto.

    (v. punto 33)

    Riferimento:

    Tribunale della funzione pubblica: sentenza Mocová/Commissione, F‑41/11, EU:F:2012:82, punto 21

  2.  Per quanto riguarda i provvedimenti da adottare in una situazione che rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 24 dello Statuto, un’istituzione può adottare sanzioni disciplinari contro i funzionari oggetto di una denuncia per molestie, che si tratti o meno di superiori gerarchici della presunta vittima, o anche decidere di riassegnarli, solo quando i provvedimenti istruttori disposti dimostrino con certezza l’esistenza, da parte dei funzionari interessati, di un comportamento lesivo del buon funzionamento del servizio o della dignità e della reputazione di un altro funzionario.

    (v. punto 40)

    Riferimento:

    Corte: sentenza Katsoufros/Corte di giustizia, 55/88, EU:C:1989:409, punto 16

    Tribunale di primo grado: sentenze Dimitriadis/Corte dei Conti, T‑294/94, EU:T:1996:24, punto 39, e Schmit/Commissione, T‑144/03, EU:T:2005:158, punto 108

  3.  La molestia psicologica è definita come una «condotta inopportuna» la quale, innanzitutto, si realizza attraverso comportamenti, parole, atti, gesti o scritti che si manifestino «in maniera durevole, ripetitiva o sistematica», il che implica che le molestie psicologiche debbano intendersi come un processo che si colloca necessariamente nel tempo e presuppone l’esistenza di azioni ripetute o continuative, e che siano «intenzionali», e non invece «accidentali». In secondo luogo, per rientrare nella definizione, tali comportamenti, parole, atti, gesti o scritti devono produrre l’effetto di ledere la personalità, la dignità o l’integrità fisica o psichica di una persona.

    Non è quindi necessario dimostrare che i comportamenti, parole, atti, gesti o scritti di cui trattasi siano stati attuati con l’intenzione di ledere la personalità, la dignità o l’integrità fisica o psichica di una persona. In altri termini, possono esservi molestie psicologiche senza che sia dimostrato che il molestatore abbia voluto, con il proprio comportamento, screditare la vittima o deteriorarne intenzionalmente le condizioni di lavoro. È sufficiente che tali comportamenti, ove volontari, abbiano comportato obiettivamente conseguenze del genere.

    (v. punti 41 e 42)

    Riferimento:

    Tribunale della funzione pubblica: sentenze Cantisani/Commissione, F‑71/10, EU:F:2012:71, punto 89, e CQ/Parlamento, F‑12/13, EU:F:2014:214, punti 76 e 77, e la giurisprudenza citata

  4.  Non integra la fattispecie delle molestie psicologiche il fatto che il superiore gerarchico sostenga la richiesta di uno dei suoi sottoposti di partecipare ad una formazione linguistica e che tale richiesta sia successivamente respinta dal servizio competente.

    Infatti, l’esame delle richieste di partecipazione a formazioni linguistiche, organizzate parzialmente o totalmente in orario di lavoro, al di fuori del luogo di lavoro e finanziate dall’istituzione, rientra nella competenza del servizio della formazione professionale che istruisce la pratica di richiesta al fine di selezionare, tenuto conto delle disponibilità di bilancio, le persone che soddisfano i requisiti stabiliti dall’istituzione in considerazione dell’interesse del servizio.

    Anche se ci si può ragionevolmente attendere da un capo unità che egli conosca, in linea generale, le regole applicabili in materia, non si può esigere che questi determini o predìca se una richiesta di formazione da parte di un suo sottoposto soddisfa le condizioni di ammissibilità.

    (v. punti 51 e 52)

  5.  La decisione di un capo unità di privare uno dei suoi sottoposti di una mansione può essere annunciata durante una riunione di unità, senza che ciò possa costituire, di per sé, un atto qualificabile come molestie psicologiche.

    Allo stesso modo, una decisione della gerarchia di privare temporaneamente un funzionario di talune delle sue mansioni professionali accessorie non può costituire, in quanto tale, una prova di molestie psicologiche e non può affatto essere qualificata come abuso di potere.

    (v. punti 64 e 105)

    Riferimento:

    Tribunale della funzione pubblica: sentenza K/Parlamento, F‑15/07, EU:F:2008:158, punto 38

  6.  Le parole o i gesti accidentali, anche se possono apparire inappropriati, sono esclusi dal campo di applicazione dell’articolo 12 bis, paragrafo 3, dello Statuto.

    Così, una riunione organizzata tra un funzionario e il suo direttore, tenuta in presenza del suo capo unità, può facilmente apparire, dal punto di vista di un osservatore imparziale e ragionevole, come un ultimo tentativo della gerarchia di porre fine ad una situazione difficile, quale quella che si verifica nel caso di un progressivo intensificarsi di messaggi di posta elettronica del funzionario interessato, in particolare quando queste siano inviate essenzialmente negli orari normalmente dedicati al lavoro o quando continue controversie turbino il funzionamento di un’unità.

    Quanto all’affermazione di detto funzionario, secondo cui il direttore gli avrebbe oralmente riferito che un capo unità ha sempre ragione e dev’essere ascoltato, oltre alla necessità di produrre prove che consentano di apprezzare la realtà, il tono o ancora il tenore di tale dichiarazione, è in ogni caso inerente al funzionamento di un’amministrazione che la gerarchia possa decidere di questioni quali quelle relative all’adozione di processi verbali o alle modalità di comunicazione da privilegiarsi tra i membri di un’unità amministrativa, in particolare in presenza di situazioni di evidenti eccessi che vanno a risolversi in conflitti personali.

    Peraltro, anche nel caso in cui i toni di taluni messaggi di posta elettronica inviati dai superiori gerarchici al funzionario in questione possano sembrare alquanto fermi, le eventuali reazioni esasperate dei superiori possono, in certe circostanze, essere considerate comunque scusabili, tenuto conto del comportamento del funzionario.

    Inoltre, il fatto che un capo unità invii ad un funzionario un messaggio di posta elettronica il cui contenuto può essere percepito dal destinatario come sarcastico non supera i limiti della critica ragionevole, specie quando il funzionario interessato dia prova di bellicosità e di propensione alla contestazione nell’ambito di una controversia con il suo superiore gerarchico.

    (v. punti 66, 72, 73, 94 e 97)

    Riferimento:

    Corte: sentenza Fonzi/Commissione, 27/64 e 30/64, EU:C:1965:73, pag. 640

    Tribunale della funzione pubblica: sentenze CW/Parlamento, F‑48/13, EU:F:2014:186, punto 123, e CQ/Parlamento, EU:F:2014:214, punto 95

  7.  Non integra la fattispecie delle molestie psicologiche la decisione del capo unità di controllare il contenuto delle informazioni raccolte dal rappresentante dell’unità durante le riunioni di un gruppo di lavoro, prima che siano diffuse all’intera unità. Infatti, una tale decisione rientra nelle prerogative del capo unità ed è del tutto comprensibile tenuto conto del rischio che la diffusione di informazioni erronee possa ostacolare il buon funzionamento dell’unità, rischio tanto più grande nel caso di una persona recentemente nominata e inesperta nella mansione.

    (v. punto 77)

    Riferimento:

    Tribunale della funzione pubblica: sentenza CQ/Parlamento, EU:F:2014:214, punti 102‑104

  8.  Nel caso di fatti connessi ad una denuncia di molestie psicologiche, quando l’interessato ha indebitamente e pubblicamente revocato in dubbio l’autorità e la credibilità del suo diretto superiore gerarchico, ossia il capo unità, in occasione di una riunione dell’unità, e in un messaggio di posta elettronica diretto al capo unità e in copia a tutti i componenti dell’unità ha mosso nuove rimostranze al capo unità, occorre ritenere che l’ordine del direttore all’interessato di presentare le proprie scuse a quello stesso pubblico non oltrepassa i limiti del suo potere discrezionale nella gestione dei suoi servizi. In particolare, tenuto conto di tale infondata messa in causa del capo unità all’interno dell’unità e di fronte al suo superiore gerarchico, vale a dire il direttore, quest’ultimo può esigere, allo stesso modo, che le scuse che l’interessato aveva già comunicato al capo unità siano inviate anche ai componenti dell’unità.

    Tenuto conto anche del fatto che il direttore, pur suggerendo il testo per il messaggio di scuse, lascia all’interessato il compito di formularle, un osservatore imparziale e ragionevole, dotato di una sensibilità normale e posto nelle stesse condizioni, può considerare come non eccessiva e non censurabile una tale iniziativa del direttore e vi ravviserebbe non un atto riconducibile alla nozione di molestie psicologiche, ma piuttosto un tentativo di richiamare un membro del personale il cui comportamento sia tale da pregiudicare il buon funzionamento del servizio.

    (v. punti 91 e 93)

    Riferimento:

    Tribunale della funzione pubblica: sentenza Nanopoulos/Commissione, F‑30/08, EU:F:2010:43, punto 247

  9.  Non può essere considerata come manifestazione di molestie psicologiche ai sensi dell’articolo 12 bis dello Statuto il fatto che un collega, che nel passato aveva fatto dichiarazioni che descrivevano in modo negativo i comportamenti del funzionario interessato, faccia parte di una commissione giudicatrice incaricata di valutarne le competenze linguistiche.

    (v. punto 114)

  10.  Dopo aver esaminato uno per uno gli eventi evidenziati e aver concluso che non possono essere considerati come manifestazioni di molestie psicologiche ai sensi dell’articolo 12 bis dello Statuto, occorre ancora farne una valutazione complessiva.

    Nelle circostanze del caso di specie, considerate nella loro globalità, gli eventi evidenziati rivelano di certo un rapporto conflittuale in un contesto amministrativo difficile, ma non attestano la presenza di atti inopportuni o volontari: le affermazioni e i comportamenti documentati dimostrano tutt’al più una gestione maldestra della situazione conflittuale da parte dei superiori gerarchici, e non una deliberata intenzione di agire in modo inopportuno nei confronti del ricorrente.

    In particolare, in presenza di un comportamento del funzionario, presunta vittima, caratterizzato da testardaggine, intransigenza e, talvolta, quasi d’insubordinazione, l’interessato non può sostenere di non comprendere le ragioni delle decisioni assunte dai suoi superiori gerarchici. A tal proposito, la portata delle nozioni di molestie psicologiche e di obbligo di assistenza, di cui agli articoli 12 bis e 24 dello Statuto, non possono arrivare al punto da consentire alla presunta vittima di revocare in dubbio sistematicamente ogni autorità gerarchica se non addirittura di ritenersi esonerata dagli obblighi espressamente previsti dallo Statuto, quali quelli relativi al regime dei congedi o all’obbligo di leale cooperazione con i propri superiori.

    Occorre anche ricordare che il dovere di lealtà di cui all’articolo 11 dello Statuto, come del resto il dovere per qualsiasi funzionario, ai sensi dell’articolo 12 dello Statuto, di astenersi da qualsiasi atto e da qualsiasi comportamento che possano ledere la dignità della sua funzione, implicano, per qualunque sottoposto, l’obbligo di astenersi dal revocare in dubbio, senza fondamento, l’autorità dei propri superiori e, in ogni caso, l’obbligo di far prova di misura e prudenza nell’invio di messaggi di posta elettronica che si inscrivono in un tale contesto nonché nella scelta dei destinatari di detti messaggi.

    In una situazione in cui il funzionario asseritamente vittima non è in alcuna misura privato delle proprie mansioni principali, il fatto che gli siano tolte talune mansioni accessorie, quand’anche predilette dall’interessato, non ha oggettivamente per effetto, nel contesto più ampio di eventi che denotano un comportamento non adeguato del funzionario nei confronti della gerarchia, di ledere la sua personalità, la sua dignità o la sua integrità fisica o psichica.

    (v. punti 117, 118, 122 e 123)

    Riferimento:

    Tribunale di primo grado: sentenza Lo Giudice/Commissione, T‑154/05, EU:T:2007:322, punti 104 e 105

    Tribunale della funzione pubblica: sentenze Tzirani/Commissione, F‑46/11, EU:F:2013:115, punto 97, e CQ/Parlamento, EU:F:2014:214, punto 128

  11.  A differenza della lettera e della finalità dell’articolo 12 bis dello Statuto, l’articolo 24 dello Statuto non riguarda specificatamente la prevenzione o la lotta contro le molestie, ma consente più in generale, a qualunque persona cui si riferisce lo Statuto, di chiedere l’intervento dell’autorità che ha il potere di nomina perché questa adotti ogni misura volta ad assistere il funzionario, in particolare nei procedimenti a carico di autori di minacce, oltraggi, ingiurie, diffamazioni, attentati contro la persona o i beni di cui egli sia oggetto, a motivo della sua qualità e delle sue funzioni.

    Così, la presentazione di una richiesta di assistenza ai sensi dell’articolo 24 dello Statuto non richiede, anche qualora si tratti di una richiesta di assistenza relativa ad un caso di molestie, che l’interessato consulti preventivamente il comitato consultivo sulle molestie di un’istituzione, istituito in base all’articolo 12 bis dello Statuto, prima di rivolgersi all’autorità che ha il potere di nomina, unica autorità competente a trattare la richiesta di assistenza.

    (v. punti 137 e 138)

    Riferimento:

    Tribunale della funzione pubblica: sentenza Faita/CESE, F‑92/11, EU:F:2013:130, punto 91

  12.  In presenza di una richiesta di assistenza presentata ai sensi dell’articolo 24 dello Statuto, spetta in linea di principio all’istituzione adottare gli opportuni provvedimenti, in particolare promuovendo un’indagine, al fine di accertare i fatti all’origine della denuncia, in collaborazione con l’autore di quest’ultima.

    Tuttavia, per quanto riguarda la legittimità di una decisione recante rigetto di una richiesta di assistenza senza che sia stata avviata un’indagine amministrativa, il giudice dell’Unione deve esaminare la fondatezza di tale decisione alla luce degli elementi che sono stati portati a conoscenza dell’amministrazione, in particolare dal funzionario interessato nella sua richiesta di assistenza, quando la medesima si è pronunciata.

    Così, l’autorità che ha il potere di nomina ha il diritto, nel trattare la richiesta di assistenza, di prendere in considerazione le informazioni di cui essa sia già a conoscenza e alle quali l’autore della richiesta di assistenza si riferisca direttamente o indirettamente.

    Inoltre, quando ai fini di una nuova indagine occorre interrogare le stesse persone già sentite nell’ambito di un’altra indagine su fatti che, quanto ad alcuni di essi, sono identici, e tale indagine non è necessariamente idonea ad apportare ulteriori chiarimenti rispetto agli elementi di prova sufficientemente esaurienti sottoposti dall’autore della denuncia all’autorità che ha il potere di nomina, l’istituzione non commette un errore manifesto di valutazione nella scelta delle misure e dei mezzi di applicazione dell’articolo 24 dello Statuto per la quale essa dispone di un ampio potere discrezionale, e, pertanto, non contravviene a tale norma, allorché si rifiuta di ordinare l’avvio di una nuova indagine su larga scala. Infatti, l’autorità che ha il potere di nomina può validamente ritenere di avere una conoscenza sufficiente dei fatti, tale da consentirle di respingere come non fondata la richiesta di assistenza, senza avvertire la necessità di affidare al comitato consultivo sulle molestie o a qualsiasi altro organo l’avvio di indagini supplementari.

    Alla luce di ciò, nel respingere il reclamo contro tale decisione di diniego di assistenza per un motivo attinente al suo carattere asseritamente prematuro, in quanto il ricorrente avrebbe dovuto preventivamente consultare il comitato consultivo sulle molestie, l’autorità che ha il potere di nomina si basa su un motivo erroneo e che può indurre in errore i funzionari e gli agenti sulle rispettive competenze e responsabilità del comitato consultivo sulle molestie e dell’autorità che ha il potere di nomina in materia di molestie psicologiche, essendo quest’ultima la sola autorità competente a trattare una richiesta di assistenza basata sull’articolo 24 dello Statuto.

    (v. punti 142, 143, 145, 147, 150 e 154)

    Riferimento:

    Tribunale della funzione pubblica: sentenza Faita/CESE, EU:F:2013:130, punto 98