SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

21 aprile 2015 ( *1 )

«Impugnazione — Politica estera e di sicurezza comune — Misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica araba siriana — Misure dirette contro persone ed entità che traggono vantaggio dalle politiche del regime — Prova della fondatezza dell’iscrizione negli elenchi — Complesso di indizi»

Nella causa C‑630/13 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 25 novembre 2013,

Issam Anbouba, residente in Homs (Siria), rappresentato da M.‑A. Bastin, J.‑M. Salva e S. Orlandi, avvocati,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da A. Vitro, R. Liudvinaviciute e M.‑M. Joséphidès, in qualità di agenti,

convenuto in primo grado,

sostenuto da

Commissione europea, rappresentata da S. Pardo Quintillán e F. Castillo de la Torre, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente in sede d’impugnazione,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da V. Skouris, presidente, K. Lenaerts, vice‑presidente, A. Tizzano, R. Silva de Lapuerta, C. Vajda e S. Rodin, presidenti di sezione, A. Rosas (relatore), E. Juhász, A. Borg Barthet, C. Toader, M. Safjan, D. Šváby e F. Biltgen, giudici,

avvocato generale: Y. Bot

cancelliere: V. Tourrès, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 18 novembre 2014,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 gennaio 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la sua impugnazione, il sig. Anbouba chiede alla Corte di annullare la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 13 settembre 2013, Anbouba/Consiglio (T‑592/11, EU:T:2013:427; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), mediante la quale tale giudice ha respinto il suo ricorso inteso all’annullamento:

della decisione 2011/684/PESC del Consiglio, del 13 ottobre 2011, che modifica la decisione 2011/273/PESC relativa a misure restrittive nei confronti della Siria (GU L 269, pag. 33);

della decisione 2011/782/PESC del Consiglio, del 1o dicembre 2011, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria e che abroga la decisione 2011/273/PESC (GU L 319, pag. 56);

del regolamento (UE) n. 1011/2011 del Consiglio, del 13 ottobre 2011, che modifica il regolamento (UE) n. 442/2011 concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria (GU L 269, pag. 18);

del regolamento (UE) n. 36/2012 del Consiglio, del 18 gennaio 2012, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria e che abroga il regolamento (UE) n. 442/2011 (GU L 16, pag. 1), e

del regolamento di esecuzione (UE) n. 410/2012 del Consiglio, del 14 maggio 2012, che attua l’articolo 32, paragrafo 1, del regolamento n. 36/2012 (GU L 126, pag. 3),

nella misura in cui il nome del sig. Anbouba compare negli elenchi delle persone alle quali si applicano le misure restrittive decise a norma degli atti suddetti (in prosieguo: gli «atti controversi»).

Fatti all’origine della controversia

2

Il 9 maggio 2011 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato, sulla base dell’articolo 29 TUE, la decisione 2011/273/PESC, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria (GU L 121, pag. 11). Come risulta dal punto 2 di tale decisione, «[l]’Unione europea ha fermamente condannato la violenta repressione, effettuata anche con l’uso di pallottole vere, delle pacifiche manifestazioni di protesta avvenute in varie località della Siria, che ha portato alla morte di numerosi manifestanti, al ferimento di altri e a detenzioni arbitrarie». Il punto 3 di detta decisione è così formulato:

«Data la gravità della situazione occorre imporre misure restrittive nei confronti della [Repubblica araba siriana] e delle persone responsabili della repressione violenta contro la popolazione civile in Siria».

3

L’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2011/273 prevede che gli Stati membri adottino le misure necessarie per impedire l’ingresso o il transito nel loro territorio dei responsabili della repressione violenta contro la popolazione civile in Siria e delle persone ad essi associate, elencati nell’allegato della suddetta decisione. L’articolo 4, paragrafo 1, della medesima decisione stabilisce che «[s]ono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati dai responsabili della repressione violenta contro la popolazione civile in Siria e dalle persone fisiche o giuridiche o dalle entità ad essi associate, elencati nell’allegato». Le modalità di tale congelamento di beni sono definite all’articolo 4, paragrafi da 2 a 6, della decisione 2011/273. Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della medesima decisione, il Consiglio predispone l’elenco di cui sopra.

4

Il regolamento (UE) n. 442/2011 del Consiglio, del 9 maggio 2011, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria (GU L 121, pag. 1), è stato adottato sulla base dell’articolo 215 TFUE e della decisione 2011/273. Esso prevede, all’articolo 4, paragrafo 1, il congelamento di «tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati dalle persone fisiche o giuridiche, dalle entità e dagli organismi elencati nell’allegato II».

5

Al punto 2 della decisione 2011/522/PESC, del 2 settembre 2011, che modifica la decisione 2011/273 (GU L 228, pag. 16), il Consiglio ha ricordato che l’Unione europea ha condannato con il massimo vigore la brutale campagna che Bashar Al-Assad e il suo regime hanno sferrato contro il loro stesso popolo, che ha causato la morte o il ferimento di numerosi cittadini siriani. Dato che il regime siriano è rimasto sordo agli appelli dell’Unione e dell’intera comunità internazionale, l’Unione ha deciso di adottare nuove misure restrittive a suo carico. Il punto 4 di detta decisione è formulato nei seguenti termini:

«Le restrizioni in materia di ammissione e il congelamento dei fondi e delle risorse economiche dovrebbero essere applicati ad altre persone e entità che traggono vantaggio dalle politiche del regime o che le sostengono, in particolare alle persone e entità che finanziano il regime o gli forniscono sostegno logistico, in particolare l’apparato di sicurezza, o che compromettono gli sforzi volti a una transizione pacifica verso la democrazia in Siria».

6

L’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2011/273, come modificata dalla decisione 2011/522, contempla anche le «persone che traggono vantaggio dalle politiche del regime o lo sostengono». Allo stesso modo, l’articolo 4, paragrafo 1, della decisione 2011/273, come modificata dalla decisione 2011/522, prevede il congelamento dei fondi che appartengono, in particolare, «[alle] persone o [alle] entità che traggono vantaggio dalle politiche del regime o lo sostengono, nonché [alle] persone e [alle] entità ad esse associate, elencate nell’allegato».

7

Mediante la decisione 2011/522, il nome del sig. Anbouba è stato aggiunto nell’elenco contenuto nell’allegato della decisione 2011/273. I motivi della sua iscrizione in tale elenco sono i seguenti:

«Presidente dell’Issam Anbouba Est. (settore agroindustriale) [(in prosieguo: la “SAPCO”)]. Sostiene economicamente il regime siriano».

8

Il regolamento (UE) n. 878/2011 del Consiglio, del 2 settembre 2011, che modifica il regolamento n. 442/2011 (GU L 228, pag. 1), ha altresì modificato i criteri generali di iscrizione previsti dall’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 442/2011, al fine di ricomprendere, come indicato al considerando 2 del medesimo regolamento n. 878/2011, le persone e le entità che ricevono benefici dal regime o che lo sostengono. Il nome del sig. Anbouba è stato aggiunto, dal regolamento n. 878/2011, nell’allegato II del regolamento n. 442/2011. I motivi indicati per la sua inclusione nell’elenco contenuto in tale allegato sono identici a quelli indicati nell’allegato della decisione 2011/522.

9

La decisione 2011/628/PESC del Consiglio, del 23 settembre 2011, che modifica la decisione 2011/273 (GU L 247, pag. 17), e il regolamento n. 1011/2011 hanno mantenuto il nome del sig. Anbouba negli elenchi in questione ed hanno introdotto informazioni relative alla sua data e al suo luogo di nascita.

10

La decisione 2011/684, che modifica la decisione 2011/273, ha aggiunto il nome di una nuova entità nell’elenco delle persone, delle entità e degli organismi interessati dalle misure in questione ed ha modificato alcune disposizioni della decisione 2011/273 nel merito.

11

A seguito dell’adozione di nuove misure supplementari, la decisione 2011/273 è stata abrogata e sostituita dalla decisione 2011/782, la quale ha mantenuto il nome del sig. Anbouba nell’elenco delle persone e delle entità sottoposte alle misure restrittive.

12

Il regolamento n. 36/2012 ha abrogato il regolamento n. 442/2011 ed ha ripreso il nome del sig. Anbouba nell’elenco delle persone, delle entità e degli organismi sottoposti a misure restrittive. Esso è stato a sua volta modificato dal regolamento (UE) n. 168/2012 del Consiglio, del 27 febbraio 2012 (GU L 54, pag. 1), che ha inserito altri nomi in detto elenco ed ha previsto nuove misure contro le persone i cui nomi sono iscritti nell’elenco medesimo.

13

Il regolamento di esecuzione n. 410/2012 ha modificato le informazioni relative alla data e al luogo di nascita del ricorrente, nonché i motivi della sua iscrizione nell’elenco di cui all’allegato II del regolamento n. 36/2012 nel modo che segue:

«Fornisce sostegno finanziario all’apparato repressivo e ai gruppi paramilitari che esercitano la violenza contro la popolazione civile in Siria. Fornisce proprietà (locali, magazzini) per centri di detenzione improvvisati. Rapporti finanziari con alti ufficiali siriani».

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

14

La domanda proposta dal sig. Anbouba, come ampliata mediante successive conclusioni, mirava all’annullamento degli atti controversi.

15

Il sig. Anbouba aveva altresì proposto una domanda di risarcimento danni, alla quale ha rinunciato in occasione dell’udienza dinanzi al Tribunale.

16

A sostegno del suo ricorso, il sig. Anbouba, dopo aver inizialmente dedotto sei motivi, ne ha mantenuti soltanto quattro, vale a dire il primo motivo, relativo ad una violazione del principio della presunzione d’innocenza e ad un’inversione dell’onere della prova, il secondo motivo, attinente a manifesti errori di valutazione in merito alle ragioni della sua iscrizione negli elenchi delle persone sottoposte alle sanzioni dell’Unione, il terzo motivo, concernente una violazione dei diritti della difesa, ed il quarto motivo, avente ad oggetto una violazione dell’obbligo di motivazione.

17

Nell’ambito dell’esame del primo motivo, il Tribunale si è anzitutto pronunciato sull’onere della prova, ai punti da 42 a 54 della sentenza impugnata.

18

I punti 42 e 43 della sentenza impugnata sono così formulati:

«42

Risulta dai considerando della decisione 2011/522 che, poiché le misure restrittive adottate nella decisione 2011/273 non hanno consentito di porre fine alla repressione attuata dal regime siriano contro la popolazione civile siriana, il Consiglio ha ritenuto che occorresse applicare le suddette misure ad altre persone ed entità che beneficiavano del regime o lo sostenevano, in particolare a quelle che finanziavano il regime o gli fornivano un sostegno logistico, segnatamente all’apparato di sicurezza, o che compromettevano gli sforzi intesi a garantire una transizione pacifica verso la democrazia. Risulta così che la decisione 2011/522 ha esteso le misure restrittive ai principali imprenditori siriani, avendo il Consiglio ritenuto che i dirigenti delle principali imprese siriane potessero essere qualificati come persone associate al regime siriano, giacché le attività commerciali di queste imprese non potevano prosperare se non beneficiando dei favori di detto regime e fornendogli in cambio un certo sostegno. Procedendo in tal modo, il Consiglio ha inteso fare applicazione di una presunzione di sostegno al regime siriano nei confronti dei dirigenti delle principali imprese di Siria.

43

Quanto al ricorrente, risulta dal fascicolo che il Consiglio ha applicato una presunzione di sostegno al regime siriano a motivo delle qualifiche da lui rivestite di presidente della [SAPCO], importante società dell’industria agroalimentare, che detiene in particolare una quota di mercato del 60% nel settore dell’olio di soia, di dirigente di varie società operanti nel settore immobiliare e dell’istruzione, e di membro fondatore del consiglio di amministrazione della società privata più importante di Siria, creata nel 2007, nonché delle sue funzioni di segretario generale della Camera del commercio e dell’industria della città di Homs (Siria)».

19

Al fine di verificare se il Consiglio avesse commesso un errore di diritto applicando una presunzione, il Tribunale ha fatto riferimento, al punto 45 della sentenza impugnata, alla giurisprudenza in materia di diritto della concorrenza, in virtù della quale le istituzioni possono ricorrere a presunzioni, le quali rispecchiano la possibilità per l’amministrazione gravata dell’onere della prova di trarre conclusioni fondandosi sulle massime di comune esperienza ricavabili dal corso ordinario degli eventi. Il Tribunale ha ricordato, al punto 46 della sentenza impugnata, che una presunzione, quand’anche difficile da confutare, rimane entro limiti accettabili fintanto che essa sia proporzionata al legittimo obiettivo perseguito, che esista la possibilità di fornire la prova contraria e che siano garantiti i diritti della difesa.

20

Al medesimo punto 46, il Tribunale ha fatto riferimento alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo secondo cui l’articolo 6, paragrafo 2, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, non si disinteressa delle presunzioni di fatto o di diritto, bensì impone agli Stati di mantenerle entro limiti ragionevoli tenendo conto dell’importanza degli interessi in gioco e preservando i diritti della difesa.

21

Al punto 47 della sentenza impugnata, il Tribunale ha altresì fatto riferimento al punto 69 della sentenza Tay Za/Consiglio (C‑376/10 P, EU:C:2012:138), relativa ad una decisione di congelamento di fondi, nella quale la Corte ha statuito che il ricorso a presunzioni non è escluso qualora queste ultime siano state previste dagli atti impugnati e rispondano alla finalità della normativa di cui trattasi.

22

Al punto 48 della sentenza impugnata, il Tribunale ha statuito che, «tenuto conto della natura autoritaria del regime siriano e dello stretto controllo esercitato dallo Stato sull’economia di questo paese, il Consiglio poteva, a buon diritto, considerare quale massima di comune esperienza il fatto che le attività di uno dei principali uomini d’affari di Siria, operante in numerosi settori, non avrebbero potuto prosperare se questi non avesse beneficiato dei favori di detto regime e non gli avesse fornito in cambio un certo sostegno».

23

Al punto 50 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ricordato gli obiettivi della decisione 2011/522, la natura conservativa delle misure adottate e le esigenze imperative attinenti alla sicurezza o alla gestione delle relazioni internazionali dell’Unione e dei suoi Stati membri che potevano ostare alla comunicazione di taluni elementi di prova agli interessati. Il Tribunale ha concluso che il ricorso alla presunzione da parte del Consiglio era proporzionato.

24

Al punto 51 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che la presunzione utilizzata era confutabile, dal momento che il Consiglio doveva comunicare alle persone interessate dalle misure i motivi della loro iscrizione e che tali persone potevano fondarsi su fatti ed informazioni di cui esse sole potevano essere a conoscenza, al fine di dimostrare che esse non fornivano il loro sostegno al regime in carica.

25

Al punto 53 della sentenza impugnata, facendo riferimento al punto 42 della medesima sentenza, il Tribunale ha ricordato che la presunzione suddetta era stata prevista dagli atti controversi e, facendo riferimento al punto 50, che essa consentiva di rispondere alle finalità di questi ultimi.

26

Al punto 54 della sentenza impugnata, il Tribunale ha concluso che il Consiglio non aveva commesso alcun errore di diritto nell’affermare che la semplice qualità di uomo d’affari importante in Siria, ricoperta dal ricorrente, gli consentiva di presumere che costui fornisse un sostegno economico al regime siriano.

27

Ai punti da 63 a 76 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato la parte del secondo motivo relativa ai manifesti errori di valutazione. Esso ha anzitutto ricordato, al punto 64, i fatti che non erano contestati dalle parti, ed ha poi esaminato i vari elementi di prova presentati dal ricorrente. Al punto 76 della sentenza impugnata, il Tribunale ha concluso che il ricorrente non aveva fornito alcun elemento atto a confutare la presunzione secondo cui egli, in qualità di uomo d’affari importante in Siria, forniva un sostegno al regime in carica.

28

Avendo rigettato tutti i motivi dedotti dal sig. Anbouba a sostegno del suo ricorso, il Tribunale ha respinto quest’ultimo e ha condannato detto ricorrente alle spese.

Conclusioni delle parti

29

Il sig. Anbouba chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

annullare gli atti controversi, e

condannare il Consiglio alle spese dei due gradi di giudizio.

30

Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione;

in subordine, respingere il ricorso inteso all’annullamento degli atti controversi, e

condannare il sig. Anbouba alle spese.

31

La Commissione europea chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione, e

condannare il sig. Anbouba alle spese.

Sull’impugnazione

32

L’impugnazione si fonda su due motivi. Con il suo primo motivo, il sig. Anbouba sostiene che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto affermando che il Consiglio aveva correttamente applicato nei confronti dei dirigenti delle principali imprese di Siria una presunzione di sostegno al regime siriano, quando invece tale presunzione sarebbe priva di base giuridica, sproporzionata rispetto al legittimo scopo perseguito e non confutabile. Con il suo secondo motivo, relativo alla violazione da parte del Tribunale delle regole in materia di prova, il sig. Anbouba fa valere che il Consiglio, poiché non poteva ricorrere ad una presunzione siffatta, era tenuto a fornire al Tribunale gli elementi di prova che fondavano la propria decisione di iscrivere il suo nome nell’elenco delle persone interessate dalle misure restrittive in Siria (sentenza Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518). Questi due motivi devono essere esaminati congiuntamente.

Argomenti delle parti

33

Riguardo al primo motivo, in primo luogo, il sig. Anbouba fa valere la mancanza di base giuridica dell’utilizzo della presunzione, in contrasto con la condizione enunciata dalla Corte nella sentenza Tay Za/Consiglio (C‑376/10 P, EU:C:2012:138). La seconda frase del punto 42 della sentenza impugnata costituirebbe un’interpretazione, da parte del Tribunale, della decisione 2011/522 e non riprenderebbe i termini di una presunzione prevista dal legislatore dell’Unione.

34

In secondo luogo, il sig. Anbouba fa valere il carattere sproporzionato della presunzione applicata nei suoi confronti rispetto all’obiettivo perseguito dagli atti controversi.

35

In terzo luogo, il sig. Anbouba sostiene che, contrariamente a quanto il Tribunale ha statuito, la presunzione suddetta presenta carattere inconfutabile, dal momento che egli non può negare di essere dirigente d’impresa in Siria e che è per lui materialmente impossibile fornire una prova negativa avente ad oggetto la non fornitura di sostegno al regime siriano.

36

Il Consiglio ricorda la natura conservativa delle misure restrittive e l’ampio potere discrezionale di cui dispone il legislatore dell’Unione in materia di politica estera.

37

Esso sottolinea l’importanza delle cerchie familiari nella gestione del potere, sia politico che economico, in Siria, e ciò da decenni. Il Consiglio ricorda che il ricorrente fa parte di un gruppo ristretto composto dai più importanti dirigenti d’impresa di Siria e che le sue imprese hanno prosperato sotto il regime siriano, ciò che il Tribunale ha constatato al punto 64 della sentenza impugnata.

38

Per quanto riguarda la proporzionalità della presunzione applicata nei confronti del sig. Anbouba rispetto all’obiettivo perseguito dagli atti controversi, il Consiglio fa riferimento al punto 50 della sentenza impugnata.

39

Nella sua memoria di intervento, la Commissione propone di respingere l’impugnazione in quanto infondata.

Giudizio della Corte

40

Con i suoi due motivi, il sig. Anbouba fa valere, in sostanza, che, nella sentenza impugnata, il Tribunale ha violato le regole relative all’onere della prova in materia di misure restrittive, riconoscendo a suo carico l’esistenza di una presunzione di sostegno al regime siriano e non esigendo che il Consiglio fornisse prove supplementari confortanti la sua iscrizione negli elenchi delle persone sottoposte a dette misure.

41

Occorre esaminare, in primo luogo, i criteri generali per l’iscrizione negli elenchi delle persone sottoposte a misure restrittive, in secondo luogo, la motivazione dell’iscrizione del sig. Anbouba in un elenco siffatto e, in terzo luogo, la prova della fondatezza di tale iscrizione.

42

Quanto ai criteri generali utilizzati nella specie per applicare misure restrittive, per la definizione dei quali il Consiglio dispone di un ampio margine di discrezionalità (v., in tal senso, sentenza Consiglio/Manufacturing Support & Procurement Kala Naft, C‑348/12 P, EU:C:2013:776, punto 120 e la giurisprudenza ivi citata), occorre constatare che gli articoli 3, paragrafo 1, e 4, paragrafo 1, della decisione 2011/273, come modificata dalla decisione 2011/522, riguardano in particolare le persone e le entità che traggono vantaggio dalle politiche del regime siriano o che lo sostengono, nonché le persone e le entità ad esse associate, mentre l’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 442/2011, come modificato dal regolamento n. 878/2011, riguarda in particolare le persone e le entità che ricevono benefici dal suddetto regime o che lo sostengono, nonché le persone e le entità ad esse associate.

43

Né la decisione 2011/273, come modificata dalla decisione 2011/522, né il regolamento n. 442/2011, come modificato dal regolamento n. 878/2011, recano una definizione delle nozioni di «vantaggio» o di «beneficio» tratto dalle politiche del regime siriano, o di «sostegno» fornito a tale regime, né della nozione di «associazione» con le persone e le entità che traggono vantaggio dalle politiche o che ricevono benefici dal regime siriano o che sostengono tale regime. Gli atti suddetti non contengono neppure precisazioni riguardo alle modalità di prova di tali elementi.

44

Occorre dunque constatare che né la decisione 2011/273, come modificata dalla decisione 2011/522, né il regolamento n. 442/2011, come modificato dal regolamento n. 878/2011, istituiscono presunzioni di sostegno al regime siriano a carico dei dirigenti delle principali imprese in Siria. Orbene, malgrado l’assenza di una siffatta presunzione esplicita, il Tribunale ha dichiarato, al punto 42 della sentenza impugnata, che la decisione 2011/522 aveva esteso le misure restrittive ai principali imprenditori siriani in quanto il Consiglio riteneva che i dirigenti delle principali imprese siriane potessero essere qualificati come persone associate al regime siriano, dato che le attività commerciali di tali imprese non potevano prosperare senza beneficiare dei favori del suddetto regime e senza fornirgli in cambio un certo sostegno. Il Tribunale ne ha dedotto che, procedendo in tal modo, il Consiglio aveva inteso applicare una presunzione di sostegno al regime siriano a carico dei dirigenti delle principali imprese in Siria.

45

Ciò detto, anche se il Tribunale ha in tal modo fatto riferimento all’applicazione di una presunzione da parte del Consiglio, occorre nondimeno verificare se detto giudice, relativamente al controllo da esso effettuato riguardo alla legittimità delle valutazioni sulle quali il Consiglio ha fondato la propria decisione di iscrivere il sig. Anbouba nell’elenco di persone sottoposte a misure restrittive, abbia effettivamente commesso un errore di diritto che dovrebbe determinare l’annullamento della sentenza impugnata.

46

A questo proposito, occorre ricordare che l’effettività del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea esige che, nell’ambito del controllo della legittimità delle motivazioni su cui si fonda la decisione di iscrivere il nome di una persona nell’elenco di quelle sottoposte a misure restrittive, il giudice dell’Unione si assicuri che detta decisione, la quale riveste portata individuale per tale persona, poggi su una base fattuale sufficientemente solida. Ciò implica, nella specie, una verifica dei fatti allegati nell’esposizione delle motivazioni che sottende gli atti controversi, al fine di controllare se tali motivazioni, o almeno una di esse considerata di per sé sufficiente per supportare gli atti stessi, siano fondate (v., in tal senso, sentenze Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 119, nonché Consiglio/Manufacturing Support & Procurement Kala Naft, C‑348/12 P, EU:C:2013:776, punto 73).

47

Nel caso di specie, nell’ambito della valutazione dell’importanza degli interessi in gioco, che fa parte del controllo della proporzionalità delle misure restrittive in questione, si può tenere conto del contesto nel quale si collocano tali misure, del fatto che era urgente adottare misure siffatte aventi lo scopo di far pressione sul regime siriano affinché cessasse la repressione violenta rivolta contro la popolazione, nonché della difficoltà di ottenere prove più precise in uno Stato in situazione di guerra civile retto da un regime di natura autoritaria.

48

Riguardo alle motivazioni dell’iscrizione del sig. Anbouba nell’elenco delle persone sottoposte a misure restrittive, esse attengono al fatto che egli è il presidente della SAPCO e che fornisce un sostegno economico al regime siriano.

49

A questo proposito, il Tribunale ha rilevato, al punto 43 della sentenza impugnata, il fatto che l’interessato era presidente della SAPCO, importante società dell’industria agroalimentare, dirigente di svariate società operanti nel settore immobiliare e dell’istruzione e membro fondatore del consiglio di amministrazione della Cham Holding, società creata nel 2007, nonché segretario generale della Camera del commercio e dell’industria della città di Homs.

50

Il sig. Anbouba non nega di aver esercitato tali funzioni. A questo proposito, il Tribunale ha sottolineato, al punto 64 della sentenza impugnata, che «le parti concordano sul fatto che il ricorrente è uno dei principali uomini d’affari in Siria, operante nei settori agroalimentare (dato che la SAPCO detiene una quota di mercato del 60% nel settore dell’olio di soia), immobiliare e dell’istruzione, e che egli ha conosciuto successi economici importanti in Siria sotto il regime attuale». Il Tribunale ha aggiunto inoltre che il sig. Anbouba ha «ammesso di essere il segretario generale della Camera del commercio e dell’industria della città di Homs e di essere stato, dal 2007 fino al mese di aprile 2011, uno dei nove membri del consiglio di amministrazione della più importante società privata in Siria, sottoposta anch’essa a misure restrittive da parte dell’Unione e che era copresieduta dal cugino del presidente siriano Bachar Al‑Assad, pure sottoposto a tali misure».

51

La verifica della fondatezza dell’iscrizione del sig. Anbouba negli elenchi deve essere effettuata valutando se la sua situazione costituisca una prova sufficiente del fatto che egli ha fornito un sostegno economico al regime siriano. Tale valutazione deve essere effettuata esaminando gli elementi di prova non in maniera isolata, bensì nel contesto nel quale essi si inseriscono (v., in tal senso, sentenze Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 102, nonché Consiglio/Manufacturing Support & Procurement Kala Naft, C‑348/12 P, EU:C:2013:776, punto 70).

52

Alla luce di tale contesto, il Tribunale poteva legittimamente considerare che la posizione del sig. Anbouba nella vita economica siriana, la sua posizione quale presidente della SAPCO, le sue importanti funzioni in seno sia alla Cham Holding che alla Camera del commercio e dell’industria della città di Homs, nonché le sue relazioni con un membro della famiglia del presidente Bashar Al‑Assad, costituivano un complesso di indizi sufficientemente concreti, precisi e concordanti che consentivano di dimostrare che il sig. Anbouba forniva un sostegno economico al regime siriano.

53

In proposito occorre osservare che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 208 delle sue conclusioni, tenuto conto della situazione in Siria, il Consiglio adempie all’onere della prova che gli incombe qualora evochi dinanzi al giudice dell’Unione un complesso di indizi sufficientemente concreti, precisi e concordanti che consentano di dimostrare l’esistenza di un collegamento sufficiente tra la persona sottoposta ad una misura di congelamento dei suoi fondi e il regime combattuto.

54

Quanto al rispetto dei diritti della difesa, occorre constatare che, ai punti da 65 a 76 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato gli elementi di prova presentati dal ricorrente. Il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto là dove ha ritenuto, ai punti da 71 a 73 della sentenza impugnata, che alcuni elementi di prova non potessero essere presi in considerazione. Quanto agli altri elementi di prova, il Tribunale ha statuito che essi non erano idonei a dimostrare che il sig. Anbouba non fornisse alcun sostegno economico al regime siriano. Dal momento che il sig. Anbouba non ha asserito che la valutazione del Tribunale sarebbe basata su uno snaturamento di detti elementi di prova, non spetta alla Corte, nell’ambito di un giudizio di impugnazione, controllare la fondatezza delle considerazioni in punto di fatto formulate dal Tribunale in ordine ai suddetti elementi.

55

Risulta dall’insieme delle suesposte considerazioni che il Tribunale ha verificato la fondatezza dell’iscrizione del sig. Anbouba negli elenchi delle persone sottoposte a misure restrittive sulla base di un complesso di indizi riguardanti la situazione, le funzioni e le relazioni del predetto nel contesto del regime siriano, i quali non sono stati confutati dall’interessato. Di conseguenza, il riferimento, nella sentenza impugnata, ad una presunzione di sostegno al suddetto regime non è idoneo a pregiudicare la legittimità di tale pronuncia, poiché risulta dalle constatazioni del Tribunale che quest’ultimo ha verificato in modo conforme a diritto l’esistenza di una base fattuale sufficientemente solida a sostegno dell’iscrizione del sig. Anbouba negli elenchi in questione.

56

Così facendo, il Tribunale ha rispettato i principi, risultanti dalla giurisprudenza ricordata al punto 46 della presente sentenza, relativi alla verifica della legittimità delle motivazioni su cui si fondano provvedimenti quali gli atti controversi.

57

Di conseguenza, dato che il primo motivo di gravame, relativo ad un errore di diritto commesso dal Tribunale, non è idoneo a determinare l’annullamento della sentenza impugnata, e che il secondo motivo non è fondato, tali motivi dedotti dal sig. Anbouba devono essere necessariamente respinti.

58

Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre respingere l’impugnazione proposta.

Sulle spese

59

A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese.

60

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del citato regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in virtù dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

61

Poiché il Consiglio ha chiesto la condanna del sig. Anbouba e questi è rimasto soccombente nei motivi proposti, il sig. Anbouba deve essere condannato a sopportare, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dal Consiglio.

62

In conformità dell’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione a norma dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la Commissione sopporta le proprie spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

 

2)

Il sig. Issam Anbouba è condannato a sopportare, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dal Consiglio dell’Unione europea.

 

3)

La Commissione europea sopporta le proprie spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.