SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

26 gennaio 2017 ( *1 )

«Impugnazione — Concorrenza — Intese — Mercati belga, tedesco, francese, italiano, olandese e austriaco delle ceramiche sanitarie e della rubinetteria — Coordinamento dei prezzi di vendita e scambio di informazioni commerciali riservate — Regolamento (CE) n. 1/2003 — Articolo 23, paragrafo 2 — Limite massimo del 10% del fatturato — Obbligo di motivazione — Tutela del legittimo affidamento»

Nella causa C‑611/13 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 26 novembre 2013,

Hansa Metallwerke AG, con sede in Stoccarda (Germania),

Hansa Nederland BV, con sede in Nijkerk (Paesi Bassi),

Hansa Italiana Srl, con sede in Castelnuovo del Garda (Italia),

Hansa Belgium, con sede in Asse (Belgio),

Hansa Austria GmbH, con sede in Salisburgo (Austria),

rappresentate da S. Cappellari, H.-J. Hellmann e C. Malz, Rechtsanwälte,

ricorrenti,

procedimento in cui le altre parti sono:

Commissione europea, rappresentata da L. Malferrari e R. Sauer, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

Consiglio dell’Unione europea,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Tizzano, vicepresidente della Corte, facente funzione di presidente della Prima Sezione, M. Berger, E. Levits, S. Rodin (relatore) e F. Biltgen, giudici,

avvocato generale: M. Wathelet

cancelliere: K. Malacek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 settembre 2015,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la loro impugnazione, la Hansa Metallwerke AG, la Hansa Nederland BV, la Hansa Italiana Srl, la Hansa Belgium e la Hansa Austria GmbH chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 16 settembre 2013, Hansa Metallwerke e a./Commissione (T‑375/10, non pubblicata; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2013:475), con la quale esso ha respinto il loro ricorso diretto all’annullamento parziale della decisione C (2010) 4185 definitivo della Commissione, del 23 giugno 2010, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/39092 – Ceramiche sanitarie e rubinetteria) (in prosieguo: la «decisione controversa») e, in subordine, alla riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti in tale decisione.

Contesto normativo

Il regolamento (CE) n. 1/2003

2

Il regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [81] e [82] CE (GU 2003, L 1, pag. 1), all’articolo 23, paragrafi 2 e 3, prevede quanto segue:

«2.   La Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza:

a)

commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo [81] o [82 CE] (…)

(…)

Per ciascuna impresa o associazione di imprese partecipanti all’infrazione, l’ammenda non deve superare il 10% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio sociale precedente.

(…)

3.   Per determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata».

Gli orientamenti del 2006

3

Gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti del 2006») indicano, al punto 2, che, per quanto riguarda la determinazione delle ammende, «la Commissione deve prendere in considerazione la durata e la gravità dell’infrazione» e che «[l]’ammenda inflitta non deve poi superare i limiti indicati all’articolo 23, paragrafo 2, secondo e terzo comma, del [regolamento n. 1/2003]».

4

Il punto 37 degli orientamenti del 2006 è così formulato:

«Nonostante i presenti orientamenti espongano la metodologia generale per la fissazione delle ammende, le specificità di un determinato caso o la necessità di raggiungere un livello dissuasivo possono giustificare l’allontanamento da tale metodologia o dai limiti fissati al punto 21».

Fatti e decisione controversa

5

I fatti all’origine della controversia sono stati esposti ai punti da 1 a 34 della sentenza impugnata e possono essere sintetizzati come segue.

6

Le ricorrenti sono produttori di articoli di rubinetteria.

7

Il 15 luglio 2004 la Masco Corp. e le sue controllate, tra le quali la Hansgrohe AG, che produce articoli di rubinetteria, e la Hüppe GmbH, che produce box doccia, hanno informato la Commissione dell’esistenza di un’intesa nel settore delle ceramiche sanitarie e della rubinetteria e hanno chiesto di beneficiare dell’immunità dalle ammende, in forza della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU 2002, C 45, pag. 3; in prosieguo: la «comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole»), o, in alternativa, di una riduzione dell’importo delle ammende che potevano essere inflitte a loro carico.

8

Il 9 e il 10 novembre 2004 la Commissione ha effettuato accertamenti senza preavviso presso gli uffici di diverse società e associazioni nazionali di categoria attive nel settore delle ceramiche sanitarie e della rubinetteria. Dopo aver inviato, tra il 15 novembre 2005 e il 16 maggio 2006, richieste di informazioni alle suddette società e associazioni, comprese le ricorrenti, la Commissione, il 26 marzo 2007, ha adottato una comunicazione degli addebiti, anch’essa notificata a queste ultime.

9

A seguito di un’audizione svoltasi dal 12 al 14 novembre 2007, dell’invio, il 9 luglio 2009, di una lettera di esposizione dei fatti e di ulteriori richieste di informazioni successivamente inviate, tra gli altri, alle ricorrenti, la Commissione, il 23 giugno 2010, ha adottato la decisione controversa, con cui ha dichiarato l’esistenza di un’infrazione all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e all’articolo 53 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3) nel settore delle ceramiche sanitarie e della rubinetteria. Quest’infrazione, alla quale avrebbero partecipato 17 imprese, sarebbe stata realizzata nel corso di diversi periodi compresi tra il 16 ottobre 1992 e il 9 novembre 2004 e avrebbe assunto la forma di un insieme di accordi anticoncorrenziali o di pratiche concordate sui territori belga, tedesco, francese, italiano, olandese e austriaco. I prodotti oggetto dell’intesa sarebbero ceramiche sanitarie e rubinetteria appartenenti a uno dei tre seguenti sottogruppi di prodotti, ossia articoli di rubinetteria, box doccia e loro accessori nonché articoli sanitari in ceramica.

10

Quanto alla partecipazione delle ricorrenti all’accertata infrazione, in primo luogo, la Commissione ha dichiarato che, pur essendo principalmente produttori di articoli di rubinetteria durante il periodo dell’infrazione, esse erano tuttavia a conoscenza delle varie gamme di prodotti oggetto dell’infrazione, considerata la loro partecipazione alle riunioni collusive di diversi organismi di coordinamento di cui erano membri. In secondo luogo, quanto alla portata geografica dell’intesa, la Commissione ha ritenuto che le ricorrenti avessero partecipato a riunioni in cinque dei sei Stati membri in cui è stata accertata un’infrazione fino al 2002, ossia in Belgio, in Germania, in Italia, nei Paesi Bassi e in Austria. Quanto alla Francia, la Commissione ha riconosciuto che, nonostante l’esistenza di un’infrazione a partire dall’anno 2002, le ricorrenti hanno smesso, nel corso di tale anno, di partecipare all’associazione nazionale di categoria interessata. Tuttavia, alla luce di vari elementi informativi e di prova, essa ha ritenuto che le ricorrenti avrebbero potuto ragionevolmente dubitare che le pratiche anticoncorrenziali che caratterizzavano l’infrazione rilevata producessero effetti nel territorio francese. Pertanto, la Commissione ha concluso che le ricorrenti non potevano ignorare la portata generale e le principali caratteristiche dell’infrazione in questione.

11

Per questi motivi, la Commissione ha inflitto, all’articolo 2, primo comma, punto 5, della decisione controversa, ammende di importo complessivo pari a EUR 14758220 alle ricorrenti.

12

Per calcolare tali ammende, la Commissione si è basata sugli orientamenti del 2006.

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

13

Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale l’8 settembre 2010, le ricorrenti hanno proposto ricorso di annullamento avverso la decisione controversa dinanzi al Tribunale, deducendo sei motivi. Il primo motivo verteva su un errore di diritto e di valutazione quanto all’importo massimo dell’ammenda inflitta ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003, il secondo su una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, il terzo su una violazione dell’articolo 23, paragrafo 2, di detto regolamento, in combinato disposto con la comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole, risultante dall’errore commesso nel calcolo dell’importo dell’ammenda, il quarto su una violazione del principio di irretroattività, il quinto su una violazione del principio di legalità delle pene che risulterebbe dall’articolo 23, paragrafo 2, di tale regolamento, e il sesto su una violazione dei principi di legalità dell’azione amministrativa e di certezza del diritto.

14

In subordine, le ricorrenti hanno chiesto la riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta.

15

Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto il ricorso in toto.

Conclusioni delle parti

16

Le ricorrenti chiedono che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

annullare la decisione controversa nella parte riguardante le ricorrenti;

in subordine, ridurre l’importo dell’ammenda;

condannare la Commissione alle spese, e

in ulteriore subordine, annullare la sentenza impugnata e rinviare la causa al Tribunale affinché si pronunci.

17

La Commissione chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione;

in subordine, in caso di annullamento parziale della sentenza, respingere il ricorso, e

condannare le ricorrenti alle spese.

Sull’impugnazione

18

A sostegno della loro impugnazione, le ricorrenti deducono tre motivi. Il primo motivo verte sul fatto che il Tribunale ha violato il principio di personalità delle pene e delle sanzioni. Il secondo riguarda una violazione dell’obbligo di motivazione. Il terzo motivo attiene alla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento.

Sul primo motivo, vertente su una violazione del principio di personalità delle pene

Argomenti delle parti

19

Con il loro primo motivo, le ricorrenti fanno valere che il Tribunale, segnatamente al punto 87 della sentenza impugnata, ha violato il principio di personalità delle pene.

20

Nella decisione controversa, infatti, la Commissione sarebbe incorsa in un errore di diritto nell’esercizio del potere conferitole dall’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 per la fissazione dell’importo delle ammende, facendo applicazione degli orientamenti del 2006 per determinare l’ammenda inflitta alle ricorrenti.

21

Orbene, il metodo generale di calcolo definito da tali orientamenti condurrebbe, in una situazione come quella esaminata, a un sistematico superamento del limite massimo del 10% previsto all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, in particolare per le imprese «monoprodotto» non diversificate. L’applicazione di questo metodo condurrebbe dunque a un’inadeguata considerazione dei criteri della durata e della gravità delle infrazioni commesse da tali imprese, criteri richiamati dall’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003. Così, l’applicazione di tali orientamenti risulterebbe lesivo, ancor più che gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti del 1998»), del principio di personalità delle pene.

22

Le ricorrenti sostengono che, ai sensi dell’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, il Tribunale dispone di una competenza estesa al merito che lo legittima, in particolare, a sostituire la propria valutazione a quella della Commissione e, quindi, a estinguere, ridurre o aumentare l’ammenda inflitta da quest’ultima. Inoltre, dalla sentenza del 16 giugno 2011, Putters International/Commissione (T‑211/08, EU:T:2011:289), nonché dalla decisione della Commissione del 28 marzo 2012, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (caso COMP/39.452 – Ferramenta per finestre e porte-finestre) (in prosieguo: la «decisione del 28 marzo 2012») emergerebbe che, qualora la Commissione sia incorsa in un errore nell’esercizio del suo potere di fissazione dell’importo dell’ammenda, il Tribunale sarebbe esso stesso tenuto, nell’ambito della sua competenza estesa al merito, a procedere a una valutazione autonoma dell’ammenda, valutazione fondata sulle circostanze particolari del caso di specie.

23

Orbene, al punto 87 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe omesso di procedere a una valutazione siffatta e si sarebbe limitato a rinviare, erroneamente, alla giurisprudenza relativa alla compatibilità degli orientamenti del 1998 con il principio di personalità delle pene, ritenendola altresì trasponibile, in modo identico, all’applicazione degli orientamenti del 2006.

24

La Commissione ritiene tale argomento irricevibile e, in ogni caso, infondato.

Giudizio della Corte

25

Con il loro primo motivo, le ricorrenti contestano, in sostanza, al Tribunale di aver violato, al punto 87 della sentenza impugnata, il diritto dell’Unione, in particolare il principio di personalità delle pene, omettendo di procedere a una valutazione autonoma dell’ammenda e dichiarando che il limite massimo del 10% del fatturato previsto all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 nonché la giurisprudenza della Corte relativa a tale limite, elaborata nell’ambito degli orientamenti del 1998, si applicassero alla determinazione delle ammende inflitte in vigenza degli orientamenti del 2006. Il Tribunale non avrebbe quindi considerato che l’applicazione di questi ultimi orientamenti comporta, da un lato, che la gravità e la durata delle infrazioni non sarebbero sufficientemente prese in considerazione nel calcolo dell’ammenda e, dall’altro, che il limite massimo del 10% sarebbe regolarmente superato nel caso delle imprese «monoprodotto» non diversificate.

26

Si deve constatare che, così argomentando, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto.

27

Infatti, come correttamente rilevato dal Tribunale al punto 87 della sentenza impugnata, da costante giurisprudenza della Corte emerge che il fatto che, a causa dell’applicazione del limite massimo del 10% del fatturato previsto all’articolo 23, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003, determinati fattori quali la gravità e la durata dell’infrazione non si ripercuotano effettivamente sull’importo dell’ammenda inflitta è solo una mera conseguenza dell’adeguamento di detto limite massimo a tale importo finale (v., segnatamente, sentenze del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 279, nonché del 12 luglio 2012, Cetarsa/Commissione, C‑181/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:455, punto 81).

28

Infatti, il suddetto limite superiore è diretto a evitare che siano inflitte ammende che le imprese, date le loro dimensioni, quali determinate dal loro fatturato complessivo, ancorché in maniera approssimativa ed imperfetta, non saranno, prevedibilmente, in grado di saldare (sentenze del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 280, nonché del 12 luglio 2012, Cetarsa/Commissione, C‑181/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:455, punto 82).

29

Si tratta quindi di un limite, uniformemente applicabile a tutte le imprese ed articolato in funzione delle dimensioni di ciascuna di esse, diretto ad evitare ammende di un livello eccessivo e sproporzionato. Lo stesso limite massimo ha quindi uno scopo distinto ed autonomo rispetto a quello dei criteri della gravità e della durata dell’infrazione (sentenze del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punti 281282, nonché del 12 luglio 2012, Cetarsa/Commissione, C‑181/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:455, punto 83).

30

Ne consegue che tanto gli argomenti relativi all’insufficiente considerazione della gravità e della durata delle infrazioni, dovuta all’applicazione del limite massimo previsto all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, quanto quelli riguardanti il fatto che detto limite, a causa degli orientamenti del 2006 e contrariamente a quanto avveniva in vigenza degli orientamenti del 1998, sarebbe sistematicamente superato nel caso delle imprese «monoprodotto» non diversificate devono essere respinti in quanto infondati.

31

Infatti, anche supponendo che, nel calcolo delle ammende da infliggere contro le imprese che offrono pochi prodotti, gli importi intermedi eccedano più frequentemente il limite massimo previsto all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 quando la Commissione applica gli orientamenti del 2006 anziché quelli del 1998, una circostanza del genere non può rimettere in discussione la legittimità dell’applicazione di tale limite cui la Corte fa riferimento, per quanto riguarda le ammende inflitte in vigenza tanto dei primi orientamenti quanto dei secondi.

32

Il Tribunale non può quindi essere censurato per avere, al punto 87 della sentenza impugnata, avallato la valutazione effettuata dalla Commissione quanto all’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti, che si basava sugli orientamenti del 2006, senza procedere a una valutazione autonoma di tale ammenda.

33

Da quanto precede consegue che il primo motivo d’impugnazione dev’essere respinto.

Sul secondo motivo, relativo all’obbligo di motivazione

Argomenti delle parti

34

Con il loro secondo motivo, le ricorrenti fanno valere che le argomentazioni del Tribunale relative al principio di personalità delle pene sono viziati da un difetto di motivazione. Sebbene, ai punti 80 e seguenti, in particolare al punto 87 della sentenza impugnata, il Tribunale abbia esaminato determinati argomenti delle ricorrenti relativi a tale questione, non avrebbe evocato quelli vertenti sulla sentenza del 16 giugno 2011, Putters International/Commissione (T‑211/08, EU:T:2011:289), e, in particolare, sulle considerazioni espresse al punto 75 di detta sentenza, malgrado l’importanza attribuita a questi ultimi argomenti dalle ricorrenti. Parimenti, la sentenza impugnata non si riferirebbe alle motivazioni pertinenti della decisione del 28 marzo 2012, ragion per cui il Tribunale non si sarebbe pronunciato su questi punti.

35

La Commissione replica che il Tribunale era unicamente tenuto a esporre le motivazioni essenziali della propria decisione, e non a riferirsi a un obiter dictum di una determinata sentenza o a una decisione successiva della Commissione.

Giudizio della Corte

36

Si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, l’obbligo di motivazione gravante sul Tribunale non gli impone di fornire una spiegazione che segua esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia, ragion per cui la motivazione può essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale non ha accolto le loro tesi ed alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo (v. in tal senso, in particolare, sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 372, nonché del 9 settembre 2008, FIAMM e a./Consiglio e Commissione, C‑120/06 P e C‑121/06 P, EU:C:2008:476, punto 96).

37

In particolare, l’obbligo di motivare le proprie sentenze non può estendersi, in linea di principio, fino a imporre al Tribunale di giustificare la soluzione accolta in una causa rispetto a quella accolta in un’altra causa determinata della quale esso è stato investito o, ancor meno, rispetto a una decisione adottata dalla Commissione in un’altra causa (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2013, Team Relocations e a./Commissione, C‑444/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:464, punto 66, nonché ordinanza del 4 settembre 2014, Metropolis Inmobiliarias y Restauraciones/UAMI, C‑509/13 P, non pubblicata, EU:C:2014:2173, punto 51).

38

Di conseguenza, dato che il Tribunale, nella sentenza impugnata, ha chiaramente esposto i motivi per cui respingeva l’argomentazione delle ricorrenti vertente sulla violazione del principio di personalità delle pene, occorre respingere il secondo motivo in quanto infondato.

Sul terzo motivo, vertente su una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

Argomenti delle parti

39

Con il loro terzo motivo, le ricorrenti lamentano una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento.

40

A tale riguardo, le ricorrenti fanno valere, in particolare, che, come emerge dal punto 104 della sentenza impugnata, è pacifico che la Commissione ha violato a più riprese le norme procedurali comunicando ad altre imprese segreti commerciali che le riguardavano. Orbene, ai punti da 102 a 119 di tale sentenza, il Tribunale avrebbe valutato in modo assai formale il rispetto, da parte della Commissione, del principio di tutela del legittimo affidamento, senza tener conto del carattere essenziale dell’affidamento riposto dalle ricorrenti nei servizi della Commissione nell’ambito dell’attuazione della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole.

41

Le imprese che cooperano dovrebbero poter fare affidamento sulle rassicurazioni della Commissione, quando queste sono fornite in modo concordante da agenti responsabili dell’equipe incaricata del caso. Affermare, come fatto dal Tribunale al punto 115 della sentenza impugnata, che rassicurazioni siffatte non fanno sorgere un legittimo affidamento, perché non provengono dal servizio competente, sarebbe, secondo le ricorrenti, in contrasto con l’obiettivo di interesse generale di perseguire le infrazioni e violerebbe il principio di tutela del legittimo affidamento.

42

Secondo la Commissione, questo motivo va respinto in quanto infondato.

Giudizio della Corte

43

Occorre rilevare che, ai punti da 110 a 116 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato se la Commissione, non concedendo alle ricorrenti una riduzione dell’ammenda loro inflitta, avesse violato il principio di tutela del legittimo affidamento.

44

A tale riguardo, il Tribunale ha correttamente sottolineato, al punto 111 della sentenza impugnata, che da costante giurisprudenza della Corte emerge che il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento richiede la compresenza di tre presupposti cumulativi, tra cui quello secondo il quale devono essere state fornite rassicurazioni precise, incondizionate e concordanti da parte dell’amministrazione dell’Unione europea [v., in tal senso, sentenze del 18 luglio 2007, AER/Karatzoglou, C‑213/06 P, EU:C:2007:453, punto 33, e del 16 dicembre 2008, Masdar (UK)/Commissione, C‑47/07 P, EU:C:2008:726, punto 81]. Successivamente, ai punti da 113 a 116 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che, nel caso di specie, questi tre presupposti non ricorrevano.

45

Orbene, dal momento che l’argomentazione dedotta dalle ricorrenti riguarda, in particolare, il punto 115 della sentenza impugnata, relativo alla mancanza di autorizzazione degli agenti o dei servizi della Commissione interessati a formulare simili rassicurazioni, è sufficiente constatare che detto punto presenta, in ogni caso, natura sovrabbondante e che tale argomentazione non può quindi comportare l’annullamento della sentenza impugnata.

46

Occorre pertanto respingere il terzo motivo in quanto ininfluente.

47

Poiché nessuno dei motivi dedotti dalle ricorrenti è stato accolto, l’impugnazione deve essere integralmente respinta.

Sulle spese

48

A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta, quest’ultima statuisce sulle spese.

49

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono essere condannate alle spese inerenti alla presente impugnazione, conformemente alla domanda della Commissione.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

 

2)

La Hansa Metallwerke AG, la Hansa Nederland BV, la Hansa Italiana Srl, la Hansa Belgium e la Hansa Austria GmbH sono condannate alle spese.

 

Firme


( *1 ) * Lingua processuale: il tedesco.