SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

13 maggio 2015 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale — Politica sociale — Licenziamenti collettivi — Direttiva 98/59/CE — Nozione di “stabilimento” — Modalità di calcolo del numero di lavoratori licenziati»

Nella causa C‑392/13,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Juzgado de lo Social n. 33 de Barcelona (Spagna), con decisione del 9 luglio 2013, pervenuta in cancelleria il 9 luglio 2013, nel procedimento

Andrés Rabal Cañas

contro

Nexea Gestión Documental SA,

Fondo de Garantía Salarial,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da T. von Danwitz, presidente di sezione, C. Vajda, A. Rosas, E. Juhász (relatore) e D. Šváby, giudici,

avvocato generale: N. Wahl

cancelliere: I. Illéssy, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 20 novembre 2014,

considerate le osservazioni presentate:

per il governo spagnolo, da J. García‑Valdecasas Dorrego, in qualità di agente;

per il governo ungherese, da M. Fehér e K. Szíjjártó, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da J. Enegren, R. Vidal Puig e J. Samnadda, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 5 febbraio 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (GU L 225, pag. 16).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, il sig. Rabal Cañas e, dall’altro, la Nexea Gestión Documental SA (in prosieguo: la «Nexea») e il Fondo de Garantía Salarial, in merito al licenziamento del sig. Rabal Cañas, che quest’ultimo ritiene contrario alle disposizioni di tale direttiva.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

3

Dal considerando 1 della direttiva 98/59 risulta che quest’ultima ha codificato la direttiva 75/129/CEE del Consiglio, del 17 febbraio 1975, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (GU L 48, pag. 29).

4

Ai sensi del considerando 2 della direttiva 98/59, occorre rafforzare la tutela dei lavoratori in caso di licenziamenti collettivi, tenendo conto della necessità di uno sviluppo economico-sociale equilibrato nell’Unione europea.

5

I considerando 3 e 4 di tale direttiva enunciano quanto segue:

«(3)

considerando che, nonostante un’evoluzione convergente, sussistono differenze tra le disposizioni in vigore negli Stati membri per quanto riguarda le modalità e la procedura dei licenziamenti collettivi e le misure che possono attenuare per i lavoratori le conseguenze di tali licenziamenti;

(4)

considerando che tali differenze possono ripercuotersi direttamente sul funzionamento del mercato comune».

6

Il considerando 7 della stessa direttiva sottolinea la necessità di promuovere il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi.

7

Ai sensi dell’articolo 1 della medesima direttiva, intitolato «Definizione e campo di applicazione»:

«1.   Ai fini dell’applicazione della presente direttiva:

a)

per licenziamento collettivo si intende ogni licenziamento effettuato da un datore di lavoro per uno o più motivi non inerenti alla persona del lavoratore se il numero dei licenziamenti effettuati è, a scelta degli Stati membri:

i)

per un periodo di 30 giorni:

almeno pari a 10 negli stabilimenti che occupano abitualmente più di 20 e meno di 100 lavoratori;

almeno pari al 10% del numero dei lavoratori negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 100 e meno di 300 lavoratori;

almeno pari a 30 negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 300 lavoratori;

ii)

oppure, per un periodo di 90 giorni, almeno pari a 20, indipendentemente dal numero di lavoratori abitualmente occupati negli stabilimenti interessati;

(...)

Per il calcolo del numero dei licenziamenti previsti nel primo comma, lettera a), sono assimilate ai licenziamenti le cessazioni del contratto di lavoro verificatesi per iniziativa del datore di lavoro per una o più ragioni non inerenti alla persona del lavoratore, purché i licenziamenti siano almeno cinque.

2.   La presente direttiva non si applica:

a)

ai licenziamenti collettivi effettuati nel quadro di contratti di lavoro a tempo determinato o per un compito determinato, a meno che tali licenziamenti non avvengano prima della scadenza del termine o dell’espletamento del compito previsto nei suddetti contratti;

(...)».

8

In forza dell’articolo 2 della direttiva 98/59:

«1.   Quando il datore di lavoro prevede di effettuare licenziamenti collettivi, deve procedere in tempo utile a consultazioni con i rappresentanti dei lavoratori al fine di giungere ad un accordo.

2.   Nelle consultazioni devono essere almeno esaminate le possibilità di evitare o ridurre i licenziamenti collettivi, nonché di attenuarne le conseguenze ricorrendo a misure sociali di accompagnamento intese in particolare a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati.

(...)

3.   Affinché i rappresentanti dei lavoratori possano formulare proposte costruttive, il datore di lavoro deve in tempo utile nel corso delle consultazioni:

a)

fornire loro tutte le informazioni utili e

b)

comunicare loro, comunque, per iscritto:

i)

le ragioni del progetto di licenziamento,

ii)

il numero e le categorie dei lavoratori da licenziare,

iii)

il numero e le categorie dei lavoratori abitualmente impiegati,

iv)

il periodo in cui si prevede di effettuare i licenziamenti,

v)

i criteri previsti per la selezione dei lavoratori da licenziare, qualora le legislazioni e/o le prassi nazionali ne attribuiscano la competenza al datore di lavoro,

vi)

il metodo di calcolo previsto per qualsiasi eventuale indennità di licenziamento diversa da quella derivante dalle legislazioni e/o prassi nazionali.

Il datore di lavoro deve trasmettere all’autorità pubblica competente almeno una copia degli elementi della comunicazione scritta, previsti al primo comma, lettera b), punti da i) a v).

(...)».

9

L’articolo 3, paragrafo 1, della citata direttiva stabilisce quanto segue:

«Il datore di lavoro deve notificare per iscritto ogni progetto di licenziamento collettivo all’autorità pubblica competente.

(...)

La notifica dovrà contenere tutte le informazioni utili concernenti il progetto di licenziamento collettivo e le consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori previste all’articolo 2, segnatamente i motivi del licenziamento, il numero dei lavoratori che dovranno essere licenziati, il numero dei lavoratori abitualmente occupati ed il periodo nel corso del quale s’effettueranno i licenziamenti».

10

L’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della medesima direttiva così recita:

«1.   I licenziamenti collettivi il cui progetto è stato notificato all’autorità pubblica competente avranno effetto non prima di 30 giorni dalla notifica prevista all’articolo 3, paragrafo 1, ferme restando le disposizioni che disciplinano i diritti individuali in materia di termini di preavviso.

Gli Stati membri possono accordare all’autorità pubblica competente la facoltà di ridurre il termine fissato al primo comma.

2.   L’autorità pubblica competente si avvale del termine di cui al paragrafo 1 per cercare soluzioni ai problemi posti dai licenziamenti collettivi prospettati».

11

L’articolo 5 della stessa direttiva dispone quanto segue:

«La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori o favorire o consentire l’applicazione di disposizioni contrattuali più favorevoli ai lavoratori».

Il diritto spagnolo

12

In forza dell’articolo 49, paragrafo 1, lettera c), della legge sullo Statuto dei lavoratori (Ley del Estatuto de los Trabajadores), nella versione applicabile alla data dei fatti del procedimento principale (in prosieguo: lo «SL»), il contratto di lavoro cessa allo spirare del tempo convenuto o alla realizzazione dell’opera o servizio oggetto del contratto.

13

L’articolo 51 dello SL stabilisce quanto segue:

«1.   Ai fini di quanto stabilito nella presente legge, per licenziamento collettivo si intende la cessazione di contratti di lavoro dovuta per cause economiche, tecniche, organizzative o legate alla produzione, qualora, nell’arco di novanta giorni, tale cessazione riguardi almeno:

a)

10 lavoratori, in imprese che ne occupano meno di 100;

b)

il 10% del numero di lavoratori in imprese che ne occupano fra 100 e 300;

c)

30 lavoratori in imprese che ne occupano oltre 300.

Si reputa che ricorrano cause economiche quando dai risultati dell’impresa emerge una situazione economica negativa, in casi quali l’esistenza di perdite attuali o previste o la diminuzione persistente del suo livello di introiti ordinari o delle vendite. In ogni caso, la diminuzione è reputata persistente se, per tre trimestri consecutivi, il livello degli introiti ordinari o delle vendite di ogni trimestre è inferiore a quello registrato nel medesimo trimestre dell’anno precedente.

Si reputa che ricorrano cause tecniche quando si verificano cambiamenti, in particolare, nel settore dei mezzi o degli strumenti di produzione; cause organizzative quando si verificano cambiamenti, in particolare, nel settore dei sistemi e dei metodi di lavoro del personale o nella modalità di organizzazione della produzione e cause legate alla produzione quando si verificano cambiamenti, in particolare, nella domanda dei prodotti o dei servizi che l’impresa intende collocare sul mercato.

Per licenziamento collettivo si intenderà altresì la cessazione dei contratti di lavoro che riguardano la totalità dell’organico, purché il numero di lavoratori interessati sia superiore a cinque, quando il licenziamento collettivo consegue alla cessazione totale dell’attività dell’impresa per le medesime cause citate in precedenza.

Per il calcolo del numero di cessazioni di contratti cui si riferisce il primo comma del presente paragrafo, si terrà conto al tempo stesso di qualsiasi altra cessazione verificatasi nel periodo di riferimento su iniziativa del datore di lavoro, per altri motivi non inerenti alla persona del lavoratore, diversi da quelli previsti all’articolo 49, paragrafo 1, lettera c), della presente legge, purché il loro numero non sia inferiore a cinque.

Quando, nell’arco di periodi successivi di 90 giorni e con l’intento di eludere le previsioni di cui al presente articolo, l’impresa realizzi cessazioni di contratti ai sensi di quanto disposto all’articolo 52, lettera c), della presente legge in numero inferiore alle soglie indicate e senza che vi siano nuove cause che giustifichino tale condotta, le nuove cessazioni di cui trattasi si considereranno come avvenute in frode alla legge e saranno dichiarate nulle e prive di effetti.

2.   Il licenziamento collettivo dovrà essere preceduto da una fase di consultazione con i rappresentanti legali dei lavoratori per una durata massima di 30 giorni di calendario o di 15 giorni per le imprese con meno di 50 lavoratori. Nelle consultazioni con i rappresentanti legali dei lavoratori, occorre esaminare almeno le possibilità di evitare o ridurre i licenziamenti collettivi e di attenuarne le conseguenze ricorrendo a misure sociali di accompagnamento, quali misure di ricollocamento o azioni di formazione o riconversione professionale per il miglioramento dell’occupabilità. (…)

La comunicazione dell’apertura della fase di consultazione sarà effettuata mediante notifica scritta inviata dal datore di lavoro ai rappresentanti legali dei lavoratori, di cui una copia sarà trasmessa all’autorità pubblica del lavoro. Tale notifica deve recare i seguenti elementi:

a)

la specificazione delle cause del licenziamento collettivo conformemente a quanto stabilito al paragrafo 1;

La citata comunicazione dovrà essere accompagnata da una memoria esplicativa delle cause del licenziamento collettivo e dei rimanenti aspetti segnalati nel precedente comma (…)

(...)

Trascorso il periodo di consultazione, il datore di lavoro ne comunica il risultato all’autorità pubblica del lavoro. Se si perviene a un accordo, esso ne trasmette una copia integrale. In caso contrario, rimette ai rappresentanti dei lavoratori e all’autorità pubblica del lavoro la decisione finale di licenziamento collettivo che ha adottato, con le condizioni di tale licenziamento.

(...)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

14

Dal 14 gennaio 2008 il sig. Rabal Cañas lavorava come agente qualificato della Nexea, società facente parte del gruppo commerciale Correos, il cui capitale sociale apparteneva interamente alla Sociedad Estatal de Participaciones Industriales (SEPI). Quest’ultima è una società pubblica commerciale riconducibile al Ministerio de Hacienda y Administraciones Públicas (Ministero dell’Economia e delle Amministrazioni pubbliche), il cui oggetto sociale consiste nel gestire e nel rendere redditizie le partecipazioni a carattere commerciale che le vengono attribuite dal governo.

15

Nel luglio del 2012 la Nexea aveva due stabilimenti, a Madrid e a Barcellona (Spagna), che occupavano, rispettivamente, 164 e 20 persone. Il 20 luglio 2012 tale impresa ha licenziato 14 dipendenti dello stabilimento di Madrid, facendo valere un calo del fatturato per tre trimestri consecutivi nonché le perdite subite nel 2011 e quelle previste per il 2012. I ricorsi giurisdizionali diretti a contestare detti licenziamenti sono stati respinti.

16

Nell’agosto del 2012 è stato posto termine al contratto di lavoro di due dipendenti nello stabilimento di Barcellona e, nel settembre del 2012, a quello di un dipendente nello stabilimento di Madrid.

17

Nell’ottobre e nel novembre del 2012 sono avvenute altre cinque cessazioni di contratti di lavoro, tre nello stabilimento di Madrid e le altre due in quello di Barcellona, a causa della scadenza di contratti a tempo determinato che erano stati conclusi per far fronte a picchi di produzione.

18

Il 20 dicembre 2012 il sig. Rabal Cañas e altri 12 dipendenti dello stabilimento di Barcellona sono stati informati del loro licenziamento per cause economiche e legate alla produzione nonché all’organizzazione, che obbligavano la Nexea a chiudere tale stabilimento e a trasferire il resto del personale a Madrid. I motivi fatti valere erano sostanzialmente identici a quelli addotti nel corso dei licenziamenti avvenuti nel luglio del 2012.

19

Il sig. Rabal Cañas ha contestato il proprio licenziamento dinanzi al giudice del rinvio, deducendone la nullità, per il motivo che la Nexea avrebbe eluso in modo fraudolento l’applicazione della procedura relativa ai licenziamenti collettivi, la quale, in base alla direttiva 98/59, avrebbe carattere obbligatorio.

20

Il ricorrente nel procedimento principale ritiene, da un lato, che la Nexea avrebbe dovuto far ricorso a detta procedura, in quanto la chiusura dello stabilimento di Barcellona, la quale, nel dicembre del 2012, aveva comportato 16 cessazioni di rapporti di lavoro, poteva essere considerata un licenziamento collettivo, dal momento che tale chiusura e il licenziamento di tutto il personale erano assimilabili alla chiusura dell’impresa o alla cessazione della relativa attività commerciale.

21

Il sig. Rabal Cañas sostiene, d’altro lato, che, tenuto conto del fatto che occorre prendere in considerazione tutte le cessazioni di contratti di lavoro, anche quelle di contratti di lavoro a tempo determinato, la soglia definita dalla normativa nazionale che traspone la direttiva 98/59, al di là della quale la procedura relativa al licenziamento collettivo è obbligatoria, era stata raggiunta.

22

Il giudice del rinvio si interroga, in primo luogo, sulla questione se la nozione di «licenziamento collettivo», definita nell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della direttiva 98/59, poiché include tutti i licenziamenti effettuati da un datore di lavoro per uno o più motivi non inerenti alla persona dei lavoratori, debba essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che limiti, così come fa la normativa di cui trattasi nel procedimento principale, la portata di tale nozione alle cessazioni dovute a cause economiche, tecniche o legate all’organizzazione o alla produzione.

23

In secondo luogo, detto giudice chiede se l’articolo 1 della direttiva 98/59 debba essere interpretato nel senso che, per il calcolo del numero di licenziamenti necessari ai fini della qualificazione come «licenziamenti collettivi», occorre tener conto delle cessazioni di rapporti di lavoro risultanti dal fatto che contratti di lavoro individuali siano giunti a scadenza.

24

In terzo luogo, il giudice del rinvio si interroga sulla questione se l’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 98/59, che esclude dall’ambito di applicazione di quest’ultima i licenziamenti collettivi effettuati nell’ambito di contratti di lavoro stipulati a tempo determinato o per un compito determinato, debba essere interpretato nel senso che tale eccezione è definita esclusivamente dal criterio rigorosamente quantitativo di cui all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della stessa direttiva o richieda, inoltre, che la causa della cessazione collettiva del rapporto di lavoro derivi da un medesimo contesto di assunzione collettiva per la stessa durata o lo stesso compito.

25

Per quanto riguarda le tre questioni summenzionate, lo stesso giudice precisa che, a seconda delle risposte che saranno fornite a queste ultime, le 5 cessazioni di contratti di lavoro avvenute nei mesi di ottobre e di novembre 2012, dovute al carattere temporaneo dei contratti, potrebbero aggiungersi ai 13 licenziamenti effettuati nel mese di dicembre del 2012, tra i quali figura quello del sig. Rabal Cañas. Ne risulterebbe un totale di 18 cessazioni di contratti di lavoro nell’arco di 90 giorni, vale a dire più del 10% dell’organico, cosicché tali cessazioni dovrebbero essere qualificate come «licenziamenti collettivi».

26

In quarto luogo, il giudice del rinvio chiede alcuni chiarimenti in merito alla nozione di «stabilimento» contenuta nell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della direttiva 98/59. Infatti, se la soglia di 10 lavoratori fosse applicata allo stabilimento di Barcellona, i licenziamenti del ricorrente nel procedimento principale e degli altri 12 dipendenti interessati, avvenuti nella stessa data, avrebbero dovuto essere qualificati come «licenziamenti collettivi».

27

Detto giudice aggiunge, al riguardo, che, secondo la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, è qualificata come «licenziamento collettivo» anche la cessazione dei contratti di lavoro della totalità del personale dell’impresa, purché il numero di lavoratori interessati sia superiore a 5, quando essa consegue alla cessazione totale dell’attività dell’impresa. Per contro, secondo lo stesso giudice, detta normativa nazionale riserverebbe un trattamento diverso ai licenziamenti risultanti dalla chiusura di uno stabilimento di un’impresa.

28

Di conseguenza, il giudice del rinvio intende sapere se gli articoli 1, paragrafo 1, e 5 della direttiva 98/59 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che metta la prevista soglia numerica in rapporto soltanto con l’insieme dell’impresa, escludendo quelle situazioni in cui, se si fosse scelto lo stabilimento come unità di riferimento, tale soglia sarebbe stata superata.

29

Ciò considerato, il Juzgado de lo Social n. 33 de Barcelona (giudice del lavoro, sezione n. 33, di Barcellona) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se la nozione di “licenziamento collettivo” prevista all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a) della direttiva 98/59, comprendendo nel suo ambito ogni “licenziamento effettuato da un datore di lavoro per uno o più motivi non inerenti alla persona del lavoratore”, secondo la soglia numerica stabilita dalla suddetta disposizione, debba interpretarsi – data la sua portata comunitaria – nel senso che osta o si oppone a che la norma nazionale di recepimento o trasposizione limiti l’ambito della nozione medesima ad un solo tipo determinato di cessazioni, corrispondenti a cause “economiche, tecniche, organizzative o legate alla produzione”, come fa l’articolo 51, paragrafo 1, dello SL.

2)

Se, ai fini del calcolo del numero di licenziamenti computabili al fine di determinare se ricorra un caso di “licenziamento collettivo” nei termini definiti all’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 98/59, sia come “licenziamento effettuato da un datore di lavoro” [articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a)], sia come “cessazione del contratto di lavoro verificatasi per iniziativa del datore di lavoro per una o più ragioni non inerenti alla persona del lavoratore, purché i licenziamenti siano almeno cinque” (articolo 1, paragrafo 1, secondo comma), si debbano comprendere nel calcolo le cessazioni individuali per scadenza del contratto a tempo determinato (per una durata, un’opera o un servizio convenuti) come quelle contemplate all’articolo 49, paragrafo 1, lettera c), dello SL.

3)

Se la nozione “licenziamenti collettivi effettuati nel quadro di contratti di lavoro a tempo determinato o per un compito determinato”, in considerazione della regola di non applicazione della direttiva di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), sia definita esclusivamente dal criterio rigorosamente quantitativo di cui all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), o richieda inoltre che la causa della cessazione collettiva del rapporto di lavoro derivi da un medesimo contesto di assunzione collettiva per la stessa durata, lo stesso servizio o la stessa opera.

4)

Se la nozione di “stabilimento”, come “nozione di diritto comunitario” essenziale per definire che cosa debba intendersi per “licenziamento collettivo”, nel contesto dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 98/59, e data la natura della medesima come norma minima ai sensi dell’articolo 5, renda possibile un’interpretazione che permette che la norma di trasposizione o recepimento nella normativa interna dello Stato membro –l’articolo 51, paragrafo 1, dello SL nel caso del Regno di Spagna – riferisca l’ambito del calcolo della soglia numerica soltanto all’insieme dell’“impresa”, escludendo quelle situazioni che, se si fosse accolto lo “stabilimento” come unità di riferimento, avrebbero superato la soglia numerica stabilita nella suddetta norma».

Procedimento dinanzi alla Corte

30

Il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte, nella propria decisione, di trattare la causa con procedimento accelerato, in applicazione dell’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte. Tale domanda è stata respinta con l’ordinanza del presidente della Corte Rabal Cañas (C‑392/13, EU:C:2013:877).

31

Con lettera del 10 febbraio 2015, il giudice del rinvio ha comunicato alla Corte le proprie osservazioni sulle conclusioni dell’avvocato generale, presentate il 5 febbraio 2015. Il giudice del rinvio, ritenendo che quest’ultimo avesse omesso di proporre una risposta alla quarta questione, ha chiesto alla Corte di invitare l’avvocato generale a completare le sue conclusioni o, in subordine, di ammettere le sue osservazioni come chiarimenti ai sensi dell’articolo 101 del regolamento di procedura.

32

Va constatato, al riguardo, che lo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e il regolamento di procedura non prevedono la possibilità, per le parti o per il giudice del rinvio, di depositare osservazioni in risposta alle conclusioni presentate dall’avvocato generale. Inoltre, secondo l’articolo 101 del regolamento di procedura, solo la Corte può chiedere chiarimenti al giudice del rinvio.

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla quarta questione

33

La Corte ritiene necessario esaminare anzitutto la quarta questione.

34

Il governo spagnolo rileva che la quarta questione è irricevibile, non essendo applicabile nel caso di specie la direttiva 98/59.

35

Tale governo fa valere che i criteri previsti da detta direttiva non consentono di ravvisare nel procedimento principale un caso di licenziamento collettivo. Esso ricorda che la direttiva 98/59 definisce il proprio ambito di applicazione all’articolo 1, menzionando unicamente, al paragrafo 1, primo comma, lettera a), i), di tale articolo, gli stabilimenti che occupano abitualmente più di 20 persone o, al paragrafo 1, primo comma, lettera a), ii), del medesimo articolo, i casi in cui i licenziamenti riguardano almeno 20 persone. Dato che lo stabilimento di Barcellona non raggiunge alcuna di queste soglie, tale questione, secondo detto governo, è ipotetica.

36

Orbene, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di pertinenza. Il rifiuto da parte della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che la richiesta interpretazione del diritto dell’Unione non ha alcuna relazione con la realtà o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in particolare, sentenza Fish Legal e Shirley, C‑279/12, EU:C:2013:853, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

37

Il governo spagnolo ritiene di aver utilizzato la facoltà concessa dall’articolo 5 della direttiva 98/59 introducendo disposizioni legislative destinate a essere più favorevoli ai lavoratori. In particolare, esso ha determinato come unità di riferimento l’impresa e non lo stabilimento. Poiché il calcolo delle soglie a livello dell’impresa può ostacolare l’applicazione della procedura di informazione e di consultazione prevista da tale direttiva ai licenziamenti di cui trattasi nel procedimento principale, il giudice si interroga sulla questione se la normativa nazionale in esame sia conforme a detta direttiva.

38

Ciò considerato, la questione sollevata non può essere ritenuta ipotetica.

39

La quarta questione deve pertanto essere considerata ricevibile.

40

Con tale questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 98/59 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che definisce la nozione di «licenziamento collettivo» utilizzando come sola unità di riferimento l’impresa e non lo stabilimento.

41

La risposta a detta questione richiede, in primo luogo, che si precisi la nozione di «stabilimento».

42

A questo proposito si deve anzitutto osservare che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, la nozione di «stabilimento», che non è definita dalla direttiva 98/59, costituisce una nozione di diritto dell’Unione e non può definirsi mediante richiamo alle normative degli Stati membri (v., in tal senso, sentenza Rockfon, C‑449/93, EU:C:1995:420, punto 25). Essa deve quindi ricevere un’interpretazione autonoma e uniforme nell’ordinamento giuridico dell’Unione (v., in tal senso, sentenza Athinaïki Chartopoiïa, C‑270/05, EU:C:2007:101, punto 23).

43

La Corte ha già interpretato la nozione di «stabilimento» o di «stabilimenti» contenuta nell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della direttiva 98/59.

44

Al punto 31 della sentenza Rockfon (C‑449/93, EU:C:1995:420), la Corte, facendo riferimento al punto 15 della sentenza Botzen e a. (186/83, EU:C:1985:58), ha osservato che il rapporto di lavoro è essenzialmente caratterizzato dal vincolo esistente tra il lavoratore e la parte dell’impresa cui esso è addetto per svolgere il suo compito. Pertanto, la Corte ha deciso, al punto 32 della sentenza Rockfon (C‑449/93, EU:C:1995:420), che occorre interpretare la nozione di «stabilimento» che figura nell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della direttiva 98/59 nel senso che essa designa, secondo le circostanze, l’unità alla quale i lavoratori colpiti da licenziamento sono addetti per lo svolgimento delle loro mansioni. Il fatto che l’unità di cui trattasi disponga di una direzione che possa effettuare licenziamenti collettivi in modo autonomo non è essenziale per la definizione della nozione di «stabilimento».

45

Nella sentenza Athinaïki Chartopoiïa (C‑270/05, EU:C:2007:101), la Corte ha fornito precisazioni supplementari riguardo alla nozione di «stabilimento», in particolare dichiarando, al punto 27 di detta sentenza, che, ai fini dell’applicazione della direttiva 98/59, può segnatamente costituire uno «stabilimento», nell’ambito di un’impresa, un’entità distinta, che presenta caratteristiche di permanenza e stabilità, che è destinata ad effettuare una o più operazioni determinate e che dispone di un insieme di lavoratori nonché di strumenti tecnici e di una determinata struttura organizzativa che permette il compimento di tali operazioni.

46

Con l’utilizzo dei termini «entità distinta» e «nell’ambito di un’impresa», la Corte ha precisato che le nozioni di «impresa» e di «stabilimento» sono diverse e che lo stabilimento costituisce di regola una parte di un’impresa. Tuttavia, ciò non esclude che, qualora l’impresa non disponga di varie unità distinte, lo stabilimento e l’impresa possano coincidere.

47

Al punto 28 della sentenza Athinaïki Chartopoiïa (C‑270/05, EU:C:2007:101), la Corte ha affermato che, in considerazione del fatto che lo scopo della direttiva 98/59 attiene agli effetti socioeconomici che i licenziamenti collettivi potrebbero provocare in un contesto locale e in un ambiente sociale determinati, l’entità in questione non deve necessariamente essere dotata di una qualsivoglia autonomia giuridica e neppure di un’autonomia economica, finanziaria, amministrativa o tecnologica per poter essere qualificata come «stabilimento».

48

Inoltre, la Corte ha dichiarato, nelle sentenze Lyttle e a. (C‑182/13, EU:C:2015:0000, punto 35) nonché USDAW e Wilson (C‑80/14, EU:C:2015:291, punto 54), che il significato dei termini «stabilimento» o «stabilimenti» di cui all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), i), della direttiva 98/59 è identico a quello dei termini «stabilimento» o «stabilimenti» che ricorrono nell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), ii), della medesima direttiva.

49

Di conseguenza, qualora un’«impresa» comprenda più entità che soddisfano i criteri precisati ai punti 44, 45 e 47 della presente sentenza, è l’entità cui i lavoratori colpiti da licenziamento sono addetti per lo svolgimento delle loro mansioni a costituire lo «stabilimento» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della direttiva 98/59, e riguardo alla quale si deve prendere in considerazione il numero di licenziamenti effettuati separatamente da quelli avvenuti negli altri stabilimenti della medesima impresa (v., in tal senso, sentenze Lyttle e a., C‑182/13, EU:C:2015:0000, punto 33, nonché USDAW e Wilson, C‑80/14, EU:C:2015:291, punto 52).

50

Nel caso di specie, dalle osservazioni presentate dal governo spagnolo risulta che, al momento del licenziamento di cui trattasi nel procedimento principale, la Nexea esercitava un’attività commerciale di fornitura di servizi di posta ibrida in due stabilimenti situati a Madrid e a Barcellona, circostanza questa la cui verifica incombe al giudice del rinvio. Sebbene questi due stabilimenti disponessero di un unico responsabile di produzione, di una contabilità e di una gestione di bilancio comuni e svolgessero funzioni essenzialmente identiche, vale a dire la stampa, il trattamento e l’imbustamento della posta, lo stabilimento di Barcellona aveva tuttavia un direttore di stabilimento, messo a sua disposizione dallo stabilimento di Madrid e incaricato del coordinamento delle attività in loco. Lo stabilimento di Barcellona era stato aperto al fine di aumentare la capacità della Nexea di gestire la posta dei propri clienti e, segnatamente, per la gestione degli ordini dei clienti locali dell’impresa.

51

Pertanto, lo stabilimento di Barcellona è idoneo a soddisfare i criteri enunciati dalla giurisprudenza citata ai punti 44, 45 e 47 della presente sentenza, relativa alla nozione di «stabilimento» contenuta nell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della direttiva 98/59.

52

La sostituzione della nozione di «stabilimento» con quella di «impresa» può essere considerata favorevole ai lavoratori solo a condizione che tale elemento sia aggiuntivo e non comporti l’abbandono o la riduzione della tutela concessa ai lavoratori nel caso in cui, tenendo conto della nozione di stabilimento, sia raggiunto il numero di licenziamenti richiesto all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della direttiva 98/59, ai fini della qualificazione come «licenziamento collettivo».

53

In tal senso, più in particolare, una normativa nazionale potrebbe essere considerata conforme all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), i), della direttiva 98/59 solo se prevedesse l’applicazione degli obblighi di informazione e di consultazione risultanti dagli articoli da 2 a 4 di quest’ultima, perlomeno in caso di licenziamento di 10 lavoratori negli stabilimenti che occupano abitualmente più di 20 e meno di 100 lavoratori. Tale obbligo è indipendente dai requisiti aggiuntivi imposti dal diritto nazionale alle imprese che occupano abitualmente meno di 100 lavoratori.

54

Di conseguenza, viola l’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 98/59 una normativa nazionale che introduca come sola unità di riferimento l’impresa e non lo stabilimento, qualora l’applicazione di tale criterio abbia la conseguenza di ostacolare la procedura di informazione e di consultazione prevista agli articoli da 2 a 4 della medesima direttiva, mentre, se si utilizzasse come unità di riferimento lo stabilimento, i licenziamenti di cui trattasi dovrebbero essere qualificati come «licenziamento collettivo», alla luce della definizione di cui all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della stessa direttiva.

55

Nel caso di specie, dal fascicolo di cui dispone la Corte emerge che i licenziamenti di cui trattasi nel procedimento principale non raggiungevano la soglia prevista all’articolo 51, paragrafo 1, primo comma, lettera b), dello SL, a livello dell’impresa, che comprendeva i due stabilimenti della Nexea situati a Madrid e a Barcellona. Dato che quest’ultimo stabilimento non occupava più di 20 lavoratori durante il periodo in esame, risulta che non siano state raggiunte né la soglia prevista all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), i), primo trattino, della direttiva 98/59, né alcun’altra soglia prevista all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), di tale direttiva.

56

In circostanze come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, la direttiva 98/59 non richiede l’applicazione del suo articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), a una situazione in cui non tutti gli elementi di una soglia di applicazione prevista da tale disposizione siano soddisfatti.

57

Dalle considerazioni suesposte risulta che l’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della direttiva 98/59 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che introduca come sola unità di riferimento l’impresa e non lo stabilimento, qualora l’applicazione di tale criterio abbia la conseguenza di ostacolare la procedura di informazione e di consultazione prevista agli articoli da 2 a 4 della medesima direttiva, mentre, se si utilizzasse come unità di riferimento lo stabilimento, i licenziamenti di cui trattasi dovrebbero essere qualificati come «licenziamento collettivo», alla luce della definizione di cui all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della stessa direttiva.

Sulla prima questione

58

Dato che l’esame della quarta questione ha rivelato che, nel caso di specie, la direttiva 98/59 non trova applicazione, non è necessario rispondere alla prima questione.

Sulla seconda questione

59

Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 98/59 debba essere interpretato nel senso che, per verificare se siano stati effettuati licenziamenti collettivi ai sensi di detta disposizione, si deve tener conto anche delle cessazioni individuali di contratti di lavoro stipulati a tempo determinato o per un compito determinato, nel caso in cui tali cessazioni avvengano alla data di scadenza del contratto di lavoro o alla data di espletamento di tale compito.

60

Il giudice del rinvio fa riferimento all’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 98/59, secondo cui quest’ultima non si applica ai licenziamenti collettivi effettuati nel quadro di contratti di lavoro a tempo determinato o per un compito determinato, a meno che tali licenziamenti non avvengano prima della scadenza del termine o dell’espletamento del compito previsto nei suddetti contratti. Detto giudice suggerisce che il legislatore dell’Unione, utilizzando i termini «licenziamenti collettivi» che ricorrono in detta disposizione, abbia lasciato, a contrario, aperta la possibilità di includere le cessazioni individuali di contratto nella nozione di «licenziamenti collettivi», contenuta nell’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della medesima direttiva.

61

Sebbene l’esclusione prevista all’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 98/59 riguardi unicamente i licenziamenti collettivi, vale a dire quelli il cui numero raggiunge una determinata soglia, non è possibile dedurne, a contrario, che l’esclusione dall’ambito di applicazione della medesima direttiva non riguardi anche le cessazioni individuali di contratti di lavoro stipulati a tempo determinato o per un compito determinato.

62

Tuttavia, detta esclusione dall’ambito di applicazione della direttiva 98/59 delle cessazioni individuali di contratti conclusi per una durata o un compito determinati risulta chiaramente dal testo e dalla struttura di tale direttiva.

63

Infatti, contratti del genere non cessano su iniziativa del datore di lavoro, bensì in forza delle clausole ivi contenute o della legge applicabile, alla loro data di scadenza o alla data in cui il compito per il quale essi sono stati stipulati è stato espletato. Pertanto, sarebbe inutile seguire le procedure previste agli articoli da 2 a 4 della direttiva 98/59. In particolare, l’obiettivo di evitare o ridurre i licenziamenti e di attenuarne le conseguenze non potrebbe in alcun modo essere raggiunto per quanto riguarda i licenziamenti risultanti da dette cessazioni di contratti.

64

Peraltro, l’interpretazione richiamata nel punto 60, seconda frase, della presente sentenza condurrebbe a un risultato paradossale in forza del quale i licenziamenti collettivi risultanti da cessazioni di contratti di lavoro stipulati a tempo determinato o per un compito determinato e che avvengono alla scadenza o all’espletamento di questi contratti sarebbero esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva 98/59, mentre tali cessazioni, considerate individualmente, non lo sarebbero.

65

Tuttavia, il giudice del rinvio fa valere che l’inclusione nell’ambito di applicazione della medesima direttiva delle cessazioni individuali di contratti stipulati a tempo determinato o per un compito determinato sarebbe utile per procedere al controllo della giustificazione di dette cessazioni.

66

Al riguardo, come sottolinea la Commissione europea, sebbene la direttiva 98/59 non abbia ad oggetto un siffatto controllo, esistono, a tal fine, testi specifici, quali, in particolare, la direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2002, che istituisce un quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione dei lavoratori (GU L 80, pag. 29), e la direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU L 175, pag. 43).

67

Dalle considerazioni suesposte risulta che si deve rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 98/59 deve essere interpretato nel senso che, per verificare se siano stati effettuati «licenziamenti collettivi» ai sensi di detta disposizione, non si deve tener conto delle cessazioni individuali di contratti di lavoro stipulati a tempo determinato o per un compito determinato, nel caso in cui tali cessazioni avvengano alla data di scadenza del contratto o alla data di espletamento di tale compito.

Sulla terza questione

68

Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 98/59 debba essere interpretato nel senso che, per constatare l’esistenza di licenziamenti collettivi effettuati nel quadro di contratti di lavoro stipulati a tempo determinato o un per compito determinato, è necessario che la causa di tali licenziamenti collettivi derivi da un medesimo contesto di assunzione collettiva per la stessa durata o lo stesso compito.

69

Si deve constatare che la nozione di «licenziamenti collettivi», come risulta dalla parte introduttiva dell’articolo 1 della direttiva 98/59, è definita ai fini dell’applicazione di tale direttiva nel suo insieme, anche ai fini dell’applicazione del suo articolo 1, paragrafo 2, lettera a). Pertanto, l’interpretazione richiesta di quest’ultima disposizione potrebbe limitare altresì l’ambito di applicazione della direttiva 98/59.

70

Orbene, all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della direttiva 98/59, il legislatore ha utilizzato un solo criterio qualitativo, vale a dire quello secondo cui la causa del licenziamento deve essere «non inerente alla persona dei lavoratori». Esso non ha previsto altri requisiti né quanto al sorgere del rapporto di lavoro né quanto alla sua cessazione. Limitando l’ambito di applicazione della stessa direttiva, requisiti siffatti potrebbero pregiudicare l’obiettivo della medesima, consistente, come risulta dal considerando 2 di quest’ultima, nel tutelare i lavoratori in caso di licenziamenti collettivi.

71

Pertanto, requisiti come quelli menzionati nella terza questione non possono essere considerati giustificati ai fini dell’applicazione dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 98/59.

72

Dalle suesposte considerazioni risulta che si deve rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 98/59 deve essere interpretato nel senso che, per constatare l’esistenza di licenziamenti collettivi effettuati nel quadro di contratti di lavoro stipulati a tempo determinato o per un compito determinato, non è necessario che la causa di tali licenziamenti collettivi derivi da un medesimo contesto di assunzione collettiva per la stessa durata o lo stesso compito.

Sulle spese

73

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che introduca come sola unità di riferimento l’impresa e non lo stabilimento, qualora l’applicazione di tale criterio abbia la conseguenza di ostacolare la procedura di informazione e di consultazione prevista agli articoli da 2 a 4 della medesima direttiva, mentre, se si utilizzasse come unità di riferimento lo stabilimento, i licenziamenti di cui trattasi dovrebbero essere qualificati come «licenziamento collettivo», alla luce della definizione di cui all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della stessa direttiva.

 

2)

L’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 98/59 deve essere interpretato nel senso che, per verificare se siano stati effettuati «licenziamenti collettivi» ai sensi di detta disposizione, non si deve tener conto delle cessazioni individuali di contratti di lavoro stipulati a tempo determinato o per un compito determinato, nel caso in cui tali cessazioni avvengano alla data di scadenza del contratto di lavoro o alla data di espletamento di tale compito.

 

3)

L’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 98/59 deve essere interpretato nel senso che, per constatare l’esistenza di licenziamenti collettivi effettuati nel quadro di contratti di lavoro stipulati a tempo determinato o per un compito determinato, non è necessario che la causa di tali licenziamenti collettivi derivi da un medesimo contesto di assunzione collettiva per la stessa durata o lo stesso compito.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: lo spagnolo.