SENTENZA DELLA CORTE (Nona Sezione)

30 aprile 2014 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale — Direttiva 2005/36/CE — Articoli 21 e 49 — Riconoscimento delle qualifiche professionali — Accesso alla professione d’architetto — Esonero dal tirocinio professionale»

Nella causa C‑365/13,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Conseil d’État (Belgio), con decisione del 20 giugno 2013, pervenuta in cancelleria il 1o luglio 2013, nel procedimento

Ordre des architectes

contro

État belge,

LA CORTE (Nona Sezione),

composta da M. Safjan, presidente di sezione, J. Malenovský e K. Jürimäe (relatore), giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per l’Ordre des architectes, da J. van Ypersele, avocat;

per il governo belga, da M. Jacobs e L. Van den Broeck, in qualità di agenti;

per il governo estone, da N. Grünberg, in qualità di agente;

per il governo spagnolo, da M. García-Valdecasas Dorrego, in qualità di agente;

per il governo francese, da D. Colas e F. Gloaguen, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da J. Hottiaux e H. Støvlbæk, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 21 e 49 della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU L 255, pag. 22, e rettifica in GU 2008, L 93, pag. 28), come modificata dal regolamento (CE) n. 279/2009 della Commissione, del 6 aprile 2009 (GU L 93, pag. 11; in prosieguo: la «direttiva 2005/36»).

2

Tale domanda è stata presentata nel contesto di una controversia che vede contrapposti l’Ordre des architectes e lo Stato belga in merito all’esonero dal tirocinio d’architetto previsto dal diritto belga con riferimento ai cittadini degli Stati membri diversi dal Regno del Belgio.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

La direttiva 2005/36 ha abrogato la direttiva 85/384/CEE del Consiglio, del 10 giugno 1985, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli del settore dell’architettura e comportante misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi (GU L 223, pag. 15).

4

Il considerando 19 della direttiva 2005/36 così recita:

«La libera circolazione e il riconoscimento reciproco dei titoli di formazione di (…) architetto dovrebbero fondarsi sul principio fondamentale del riconoscimento automatico dei titoli di formazione in base al coordinamento delle condizioni minime di formazione. (…) Tale regime dovrebbe essere completato da una serie di diritti acquisiti di cui i professionisti qualificati beneficiano a certe condizioni».

5

L’articolo 1 di detta direttiva, intitolato «Oggetto», così recita:

«La presente direttiva fissa le regole con cui uno Stato membro (in seguito denominato Stato membro ospitante), che sul proprio territorio subordina l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio al possesso di determinate qualifiche professionali, riconosce, per l’accesso alla professione e il suo esercizio, le qualifiche professionali acquisite in uno o più Stati membri (in seguito denominati Stati membri d’origine) e che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitarvi la stessa professione».

6

L’articolo 4, paragrafo 1 di tale direttiva, così dispone:

«Il riconoscimento delle qualifiche professionali da parte dello Stato membro ospitante permette al beneficiario di accedere in tale Stato membro alla stessa professione per la quale è qualificato nello Stato membro d’origine e di esercitarla alle stesse condizioni dei cittadini dello Stato membro ospitante».

7

L’articolo 21 della stessa direttiva, intitolato «Principio di riconoscimento automatico», così prevede ai suoi paragrafi 1 e 5:

«1.   Ogni Stato membro riconosce i titoli di formazione di (...) architetto, di cui all’allegato V, [punto 5.7.1], conformi alle condizioni minime di formazione di cui [all’articolo 46], e attribuisce loro, ai fini dell’accesso alle attività professionali e del loro esercizio, gli stessi effetti sul suo territorio che hanno i titoli di formazione che esso rilascia.

I titoli di formazione devono essere rilasciati dai competenti organismi degli Stati membri ed essere eventualmente accompagnati dai certificati di cui all’allegato V, [punto 5.7.1].

Le disposizioni del primo e del secondo comma non pregiudicano i diritti acquisiti di cui [in particolare all’articolo 49].

(...)

5.   I titoli di formazione di architetto di cui all’allegato V, punto 5.7.1 oggetto di riconoscimento automatico ai sensi del paragrafo 1, sanciscono un ciclo di formazione iniziata al più presto nel corso dell’anno accademico di riferimento di cui al suddetto allegato».

8

L’art. 46 della direttiva 2005/36, intitolato «Formazione di architetto», così recita al suo paragrafo 1:

«1. La formazione d’architetto comprende almeno quattro anni di studi a tempo pieno oppure sei anni di studi, di cui almeno tre a tempo pieno, in un’università o un istituto di insegnamento comparabile. Tale formazione deve essere sancita dal superamento di un esame di livello universitario.

Questo insegnamento di livello universitario il cui elemento principale è l’architettura, deve mantenere un equilibrio tra gli aspetti teorici e pratici della formazione in architettura e garantire l’acquisizione delle seguenti conoscenze e competenze:

(...)».

9

L’articolo 49 di detta direttiva, intitolato «Diritti acquisiti, specifici degli architetti», così dispone:

«1.   Ogni Stato membro riconosce i titoli di formazione di architetto, di cui all’allegato VI, rilasciati dagli altri Stati membri, che sanciscono una formazione iniziata entro l’anno accademico di riferimento di cui al suddetto allegato, anche se non soddisfano i requisiti minimi di cui all’articolo 46, attribuendo loro ai fini dell’accesso alle e dell’esercizio delle attività professionali di architetto, lo stesso effetto sul suo territorio dei titoli di formazione di architetto che esso rilascia.

(...)

2.   Fatto salvo il paragrafo 1, ogni Stato membro riconosce, attribuendo loro gli stessi effetti sul suo territorio dei titoli di formazione che esso rilascia, per accedere ed esercitare l’attività professionale di architetto con il titolo professionale di architetto, gli attestati rilasciati ai cittadini degli Stati membri da Stati membri che dispongono di norme per l’accesso e l’esercizio dell’attività di architetto (…).

(...)

Gli attestati di cui al primo comma certificano che il loro titolare è stato autorizzato a usare il titolo professionale di architetto (…) e, nel quadro di tali norme, ha effettivamente esercitato l’attività in questione per almeno tre anni consecutivi nel corso dei cinque anni precedenti il rilascio dell’attestato».

Diritto belga

10

L’articolo 1 della legge del 20 febbraio 1939, sulla tutela del titolo e della professione d’architetto (Moniteur belge del 25 marzo 1939, pag. 1942), come modificata dalla legge del 21 novembre 2008, che ha trasposto le direttive 2005/36/CE e 2006/100/CE e ha modificato le leggi del 20 febbraio 1939, sulla tutela del titolo e della professione d’architetto, e del 26 giugno 1963, sull’istituzione dell’Ordine degli architetti (Moniteur belge dell’11 febbraio 2009, pag. 11596; in prosieguo: la «legge del 20 febbraio 1939»), così dispone:

«1.   Nessuno può avvalersi del titolo di architetto (...) se non possiede un diploma che sancisce il superamento degli esami richiesti per l’ottenimento di tale diploma.

2.   Fatti salvi i paragrafi 1 e 4 e gli articoli 7 e 12 della presente legge, i cittadini belgi e i cittadini degli altri Stati membri della Comunità europea o di un altro Stato parte dell’Accordo sullo spazio economico europeo [del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’“Accordo SEE”)] possono usare in Belgio il titolo d’architetto se sono in possesso di un diploma, di un certificato o di un altro titolo previsti dall’allegato 1, b, della presente legge, come modificata dagli aggiornamenti pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, in conformità all’articolo 21, paragrafo 7, secondo comma, della [direttiva 2005/36]. Tali aggiornamenti sono pubblicati integralmente, sotto forma di avviso ufficiale nel Moniteur belge.

2/1.   Lo Stato belga riconosce i titoli di formazione di architetto di cui all’allegato 2, lettera a), rilasciati dagli altri Stati membri, che sanciscono una formazione iniziata entro l’anno accademico di riferimento di cui al suddetto allegato, anche se tali titoli non rispondono ai requisiti minimi di cui all’allegato 1, lettera a). Lo Stato belga attribuisce loro lo stesso effetto sul suo territorio che hanno i titoli di formazione di architetto che esso rilascia per accedere ed esercitare l’attività professionale d’architetto.

(...)

2/2.   Fatto salvo il paragrafo 2/1, sono riconosciuti gli attestati rilasciati ai cittadini degli Stati membri dagli Stati membri che, alle seguenti date, disponevano di norme per l’accesso e l’esercizio dell’attività di architetto:

(...)

Gli attestati di cui al primo comma certificano che il loro titolare è stato autorizzato a portare il titolo professionale di architetto entro tale data e, nel quadro di tale normativa, ha effettivamente esercitato l’attività in questione per almeno tre anni consecutivi nel corso dei cinque precedenti il rilascio dell’attestato.

(...)».

11

L’articolo 50, primo comma, della legge del 26 giugno 1963 sull’istituzione dell’Ordine degli architetti (Moniteur belge del 5 luglio 1963, pag. 6945), come modificata dalla legge del 22 dicembre 2009, che ha adattato talune normative alla direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai servizi nel mercato interno (Moniteur belge del 29 dicembre 2009, pag. 82151; in prosieguo: la «legge del 26 giugno 1963»), così dispone:

«Nessuno può chiedere la propria iscrizione a un albo dell’Ordine se non ha compiuto un tirocinio di due anni presso una persona iscritta all’albo da almeno dieci anni».

12

L’articolo 52, lettera a), della legge del 26 giugno 1963 è formulato nei seguenti termini:

«I consigli dell’Ordine dispensano in tutto o parte dal tirocinio, alle condizioni stabilite dal Re:

a)

i cittadini degli Stati membri della Comunità economica europea o [di] un altro Stato parte dell’[accordo SEE] che abbiano effettuato all’estero prestazioni giudicate equivalenti al tirocinio».

13

L’articolo 1 del regio decreto del 23 marzo 2011, relativo all’esonero dal tirocinio d’architetto (Moniteur belge dell’11 aprile 2011, pag. 23207; in prosieguo: il «regio decreto del 23 marzo 2011») così prevede:

«I consigli dell’Ordine degli architetti esonerano dal tirocinio previsto all’articolo 50 della legge del 26 giugno 1963 sull’istituzione dell’Ordine degli architetti i cittadini degli Stati membri della Comunità economica europea o di un altro Stato parte dell’[accordo SEE] che sono in possesso di un diploma, di un certificato o di un altro titolo di cui all’articolo 1, paragrafo 2/2 e agli allegati 1, lettera b), e 2, lettere a) e b), della legge del 20 febbraio 1939 sulla tutela del titolo e della professione di architetto.

Il primo comma non si applica ai diplomi, ai certificati e agli altri titoli rilasciati da un ente belga indicato negli allegati 1, lettera b), e 2, lettera a), della succitata legge del 20 febbraio 1939».

Procedimento principale e questione pregiudiziale

14

La domanda di pronuncia pregiudiziale si inscrive nel contesto di un ricorso di annullamento del regio decreto del 23 marzo 2011 proposto dall’Ordine degli architetti dinanzi al Conseil d’État con ricorso del 25 maggio 2011.

15

A sostegno di tale ricorso, l’Ordine degli architetti deduce la violazione degli articoli 50 e 52, lettera a), della legge del 26 giugno 1963. Infatti, detto regio decreto prevederebbe un esonero dagli obblighi di tirocinio per tutti i cittadini di uno Stato parte dell’accordo SEE o di uno Stato membro diverso da Regno del Belgio in possesso di un diploma, di un certificato o di un altro titolo previsti all’articolo 1, paragrafo 2/2, e agli allegati 1, lettera b), e 2, lettere a) e b), della legge del 20 febbraio 1939. Tuttavia, esso non subordinerebbe tale esonero all’osservanza di condizioni che consentano di verificare che detto cittadino abbia effettuato all’estero prestazioni giudicate equivalenti al tirocinio. Tale regio decreto prevederebbe così un meccanismo di esonero generale dal tirocinio in funzione delle qualifiche che esso enumera, senza subordinare detto esonero al fatto che lo Stato membro d’origine riconosca o no accesso alla professione d’architetto al titolare di dette qualifiche. Inoltre, gli allegati V e VI della direttiva 2005/36 non sarebbero stati correttamente trasposti nel diritto belga, cioè negli allegati 1, lettera b), e 2, lettera a), della legge del 20 febbraio 1939. Ciò implicherebbe che titolari di diplomi d’architetto, che non possiedono il certificato complementare che consente loro di accedere alla professione d’architetto nel loro Stato membro d’origine potrebbero accedervi in Belgio, senza che l’Ordine degli architetti possa imporre loro un obbligo di tirocinio, in quanto il regio decreto del 23 marzo 2011 ne prevede l’esonero.

16

Il giudice del rinvio non precisa al riguardo che il riferimento effettuato dal regio decreto del 23 marzo 2011 ai titoli menzionati negli allegati 1, lettera b), e 2, lettera a), della legge del 20 febbraio 1939 non garantisce l’esistenza di un’esperienza professionale minima, poiché tali allegati enumerano titoli di formazione senza imporre che essi siano accompagnati da un attestato che certifichi l’effettivo esercizio delle attività d’architetto. Esso ne deduce che non risulta da tale regio decreto che i titolari dei titoli da esso considerati beneficino dell’esonero dal tirocinio soltanto se sono professionisti pienamente qualificati. Ne consegue, a suo avviso, che tale regio decreto travisa l’articolo 52, primo comma, della legge del 26 giugno 1963, che consente di concedere detto esonero soltanto ai cittadini interessati che abbiano effettuato, all’estero, prestazioni giudicate equivalenti al tirocinio, cosa che la semplice detenzione del titolo non è sufficiente a dimostrare. Occorrerebbe, tuttavia, esaminare la compatibilità dell’articolo 52, primo comma, della legge del 26 giugno 1963 con gli articoli 21, paragrafo 1, e 49 della direttiva 2005/36.

17

Alla luce di queste considerazioni, il Conseil d’État ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se gli articoli 21 e 49 della [direttiva 2005/36], in quanto obbligano ciascuno Stato membro a riconoscere ai titoli di formazione da essi contemplati, con riferimento all’accesso alle attività professionali e al loro esercizio, lo stesso effetto sul suo territorio che ai titoli di formazione da esso rilasciati, debbano essere interpretati nel senso che vietano ad uno Stato di esigere che, per essere iscritti all’albo dell’Ordine degli architetti, il titolare di un titolo di formazione d’architetto, conforme all’articolo 46 di detta direttiva, o quello di un titolo considerato dall’articolo 49, [paragrafo] 1, [della stessa], soddisfi inoltre condizioni di tirocinio professionale o di esperienza equivalenti a quelle richieste ai titolari dei diplomi rilasciati sul suo territorio dopo il loro ottenimento».

Sulla questione pregiudiziale

18

Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se gli articoli 21 e 49 della direttiva 2005/36, nella sua versione applicabile alla controversia principale, debbano essere interpretati nel senso che ostano a che lo Stato membro ospitante richieda al titolare di una qualifica professionale ottenuta nello Stato membro d’origine di effettuare un tirocinio, oppure dimostrare che possiede un’esperienza professionale equivalente per essere autorizzato ad esercitare la professione d’architetto.

19

Occorre ricordare che detta direttiva prevede il riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali, con riferimento all’accesso ad un certo numero di professioni regolamentate. Scopo essenziale del riconoscimento reciproco, come risulta dagli articoli 1 e 4, paragrafo 1, di tale direttiva, consiste nel consentire al titolare di una qualifica professionale che gli apre l’accesso ad una professione regolamentata nel suo Stato membro d’origine di accedere, nello Stato membro ospitante, alla stessa professione per la quale egli è qualificato nello Stato membro d’origine e di esercitarla sul suo territorio alle stesse condizioni dei suoi cittadini.

20

Con riferimento in particolare alla professione d’architetto, la stessa direttiva prevede, come risulta dal suo considerando 19, un sistema di riconoscimento automatico dei titoli di formazione, basato sul coordinamento delle condizioni minime di formazione.

21

Secondo la giurisprudenza relativa alla direttiva 85/384, che è stata abrogata dalla direttiva 2005/36, siffatto sistema di riconoscimento automatico dei titoli di formazione osta a che lo Stato membro ospitante subordini il riconoscimento dei titoli professionali rispondenti alle condizioni di qualifica previste dalla normativa dell’Unione a requisiti complementari (v., in tal senso, sentenze Commissione/Portogallo, C‑43/06, EU:C:2007:300, punti 27 e 28, nonché Ordine degli Ingegneri di Verona e Provincia e a., C‑111/12, EU:C:2013:100, punti 43 e 44).

22

Tale considerazione è valida anche con riferimento alla direttiva 2005/36. Al riguardo, in primo luogo, va osservato che i termini di tale direttiva sono privi di ambiguità. Così, riguardo all’accesso alla professione d’architetto, l’articolo 21, paragrafo 1, primo comma, di detta direttiva prevede che gli Stati membri riconoscano i titoli di formazione previsti all’allegato V, punto 5.7.1, della stessa direttiva, conferendo loro, per quanto concerne l’accesso alla professione d’architetto, lo stesso effetto che ai titoli da essi rilasciati. In forza dell’articolo 21, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2005/36, tali titoli devono essere rilasciati da organismi competenti e accompagnati, eventualmente, da certificati complementari. L’allegato V, punto 5.7.1, di tale direttiva enumera, per ciascuno Stato membro, i titoli di formazione, gli organismi abilitati a rilasciarli e i certificati complementari che permettono di ottenere l’accesso alla professione d’architetto. Detti titoli e certificati sono conformi alle condizioni minime di formazione di un architetto descritte dall’articolo 46 della suddetta direttiva.

23

L’articolo 21, paragrafo 1, della direttiva 2005/36 è completato dall’articolo 49 di detta direttiva. Deriva dall’articolo 49, paragrafo 1, della direttiva 2005/36 che gli Stati membri riconoscono i titoli contemplati all’allegato VI della direttiva, che sono stati rilasciati al termine di una formazione avviata entro l’anno accademico di riferimento che compare nel suddetto allegato, anche se tali titoli non rispondono ai requisiti minimi previsti all’articolo 46 della stessa direttiva. Riguardo all’accesso alla professione d’architetto, gli Stati membri sono tenuti ad attribuire a detti titoli lo stesso effetto che ai titoli da essi rilasciati.

24

Ne consegue che il sistema di riconoscimento automatico delle qualifiche professionali previsto, per quanto riguarda la professione d’architetto, agli articoli 21, 46 e 49 della direttiva 2005/36, non lascia alcun margine discrezionale agli Stati membri. Quindi, il cittadino di uno Stato membro, in quanto sia titolare di uno dei titoli di formazione e dei certificati complementari che figurano al punto 5.7.1 dell’allegato V o all’allegato VI di detta direttiva, deve poter esercitare la professione d’architetto in un altro Stato membro senza che quest’ultimo possa imporgli di ottenere o di dimostrare che ha ottenuto qualifiche professionali supplementari.

25

In secondo luogo, l’esclusione di ogni requisito complementare risultante dal punto 21 della presente sentenza si impone a maggior ragione, con riferimento alla detta direttiva, in quanto quest’ultima rafforza l’automaticità del riconoscimento dei titoli professionali, per quanto riguarda la professione d’architetto, rispetto alla direttiva 85/384. Infatti, quest’ultima direttiva prevedeva, al suo articolo 23, paragrafo 1, la possibilità che uno Stato membro imponesse condizioni di tirocinio complementari ai titolari di titoli di formazione rilasciati da un altro Stato membro anche qualora detti titoli beneficiassero del reciproco riconoscimento. La direttiva 2005/36 ha soppresso tale facoltà senza modificare, quanto al loro principio, le disposizioni relative al reciproco riconoscimento, disposizioni che sono state appunto oggetto della giurisprudenza citata al punto 21 della presente sentenza.

26

Occorre, tuttavia, precisare che, anche se i principi che disciplinano il sistema di reciproco riconoscimento automatico delle qualifiche professionali d’architetto, previsto dalla direttiva 2005/36, compaiono agli articoli 21, 46 e 49 di tale direttiva, l’attuazione di questo sistema è basata, come risulta dai punti 22 e 23 della presente sentenza, sul contenuto degli allegati V e VI della direttiva medesima. Il buon funzionamento del sistema di reciproco riconoscimento automatico previsto dalla direttiva 2005/36 presuppone pertanto che gli Stati membri abbiano correttamente trasposto non soltanto gli articoli 21, 46 e 49 di detta direttiva, ma anche gli allegati V e VI della stessa.

27

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione presentata dichiarando che gli articoli 21 e 49 della direttiva 2005/36 devono essere interpretati nel senso che ostano a che lo Stato membro ospitante richieda al titolare di una qualifica professionale ottenuta nello Stato membro d’origine e prevista agli allegati V, punto 5.7.1, o VI, di tale direttiva, di effettuare un tirocinio o dimostrare che possiede un’esperienza professionale equivalente per essere autorizzato a esercitare la professione d’architetto.

Sulle spese

28

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara:

 

Gli articoli 21 e 49 della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, come modificata dal regolamento (CE) n. 279/2009 della Commissione, del 6 aprile 2009, devono essere interpretati nel senso che ostano a che lo Stato membro ospitante richieda al titolare di una qualifica professionale ottenuta nello Stato membro d’origine e prevista agli allegati V, punto 5.7.1, o VI, di tale direttiva, di effettuare un tirocinio o dimostrare che possiede un’esperienza professionale equivalente per essere autorizzato a esercitare la professione d’architetto.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.