Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo

Parti

Nella causa C‑220/13 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 25 aprile 2013,

Kalliopi Nikolaou , residente in Atene (Grecia), rappresentata da V. Christianos e S. Paliou, dikigoroi,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Corte dei Conti dell’Unione europea , rappresentata da T. Kennedy e I. Ní Riagáin Düro, in qualità di agenti, assistiti da P. Tridimas, barrister,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Tizzano (relatore), presidente di sezione, A. Borg Barthet, M. Berger, S. Rodin e F. Biltgen, giudici,

avvocato generale: Y. Bot

cancelliere: L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22 gennaio 2014,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 20 marzo 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza

1. Con la sua impugnazione, la sig.ra Nikolaou chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea Nikolaou/Corte dei conti (T‑241/09, EU:T:2013:79; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), mediante la quale tale giudice ha respinto il suo ricorso per risarcimento inteso ad ottenere la riparazione del danno da essa asseritamente subìto in conseguenza di irregolarità e di violazioni del diritto dell’Unione che la Corte dei conti avrebbe commesso nell’ambito di un’indagine interna.

Fatti all’origine della controversia

2. La sig.ra Nikolaou è stata membro della Corte dei conti dal 1996 al 2001. Secondo un reportage pubblicato il 19 febbraio 2002 dal quotidiano Europa Journal , il sig. Staes, deputato del Parlamento europeo, sarebbe entrato in possesso di informazioni riguardanti condotte illecite imputabili alla ricorrente, realizzate durante il suo mandato di membro della Corte dei conti.

3. Con una lettera del 18 marzo 2002, il segretario generale della Corte dei conti (in prosieguo: il «segretario generale») ha trasmesso al direttore generale dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) un fascicolo contenente elementi relativi alle condotte di cui sopra, dei quali lui stesso e il presidente di tale istituzione avevano avuto conoscenza. Inoltre, il segretario generale invitava l’OLAF a indicargli se occorresse informare la sig.ra Nikolaou dell’esistenza di un’indagine nei suoi confronti, a norma dell’articolo 4 della decisione 99/50 della Corte dei conti relativa alle condizioni e alle modalità delle indagini interne in materia di lotta contro le frodi, la corruzione e ogni altra attività illegale pregiudizievole per gli interessi finanziari delle Comunità.

4. Con lettera dell’8 aprile 2002, il presidente della Corte dei conti ha informato la sig.ra Nikolaou dell’esistenza di un’indagine interna condotta dall’OLAF a seguito dell’articolo pubblicato dall’ Europa Journal . Con una lettera in data 26 aprile 2002, il direttore generale dell’OLAF ha informato la sig.ra Nikolaou del fatto che, a seguito delle informazioni che tale ufficio aveva ricevuto dal sig. Staes e sulla base di un fascicolo di indagine preliminare approntato dal segretario generale, era stata aperta un’indagine interna, alla quale essa sarebbe stata invitata a cooperare.

5. La sig.ra Nikolaou ha avuto un colloquio con alcuni responsabili dell’OLAF in data 24 maggio 2002. Il 17 ottobre 2002 il sito Internet European Voice ha pubblicato un reportage nel quale si esponeva, in particolare, che l’OLAF era sul punto di concludere l’indagine avviata nei confronti della ricorrente. Analoghi reportage sono stati pubblicati dalla stampa greca. Con lettera in data 28 ottobre 2002, l’OLAF ha informato la sig.ra Nikolaou della chiusura di tale indagine e le ha comunicato che la relazione finale nonché le informazioni pertinenti erano state trasmesse al segretario generale e alle autorità giudiziarie lussemburghesi. Con una lettera del 10 febbraio 2004, la Corte dei conti ha comunicato alla ricorrente una versione abbreviata della relazione finale dell’OLAF.

6. Secondo tale relazione finale del 28 ottobre 2002, le informazioni relative alla sig.ra Nikolaou erano state fornite al sig. Staes da due agenti della Corte dei conti, di cui uno sarebbe stato membro del gabinetto della ricorrente. Le accuse esaminate riguardavano: in primo luogo, somme di denaro che la ricorrente avrebbe percepito dal proprio personale a titolo di prestiti; in secondo luogo, presunte false dichiarazioni in materia di domande di riporto di giorni di congedo riguardanti il suo capo di gabinetto, che avrebbero dato luogo al rimborso a quest’ultimo di EUR 28 790 circa a titolo di ferie non godute durante gli anni 1999, 2000 e 2001; in terzo luogo, l’utilizzazione dell’auto di servizio della sig.ra Nikolaou per scopi non previsti dalla normativa pertinente; in quarto luogo, alcuni ordini di missione rilasciati all’autista della ricorrente per scopi non contemplati dalla normativa pertinente; in quinto luogo, una politica di assenteismo all’interno del gabinetto della ricorrente; in sesto luogo, attività di natura commerciale e interventi presso personaggi importanti al fine di facilitare tali attività esercitate da familiari dell’interessata; in settimo luogo, una frode commessa nell’ambito di un concorso; e infine, in ottavo luogo, alcune frodi relative alle spese di rappresentanza percepite dalla ricorrente.

7. L’OLAF ha concluso dichiarando che, in relazione alle domande di riporto di giorni di congedo del capo di gabinetto della ricorrente, era possibile che fossero state commesse infrazioni qualificabili come falso documentale e uso di documenti falsi nonché come truffa. Secondo la suddetta relazione finale, era possibile che fossero stati commessi illeciti penali da parte della ricorrente e dei membri del suo gabinetto in relazione a somme di denaro che l’interessata avrebbe percepito, secondo le persone coinvolte, a titolo di prestiti. Ciò premesso, l’OLAF, in applicazione dell’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) (GU L 136, pag. 1), ha informato di tali elementi le autorità giudiziarie lussemburghesi, affinché queste indagassero sui fatti che potevano indicare la commissione di reati.

8. Quanto alle altre accuse, fatta eccezione per quella di frode commessa nell’ambito di un concorso, l’OLAF ha evidenziato possibili irregolarità o dubbi relativamente al comportamento della sig.ra Nikolaou, ed ha suggerito alla Corte dei conti di adottare «misure correttive» nei confronti di quest’ultima nonché misure intese a migliorare il sistema di controllo in vigore all’interno di tale istituzione.

9. Il 26 aprile 2004 la ricorrente è stata sentita in occasione di una riunione ristretta della Corte dei conti, in vista di un’eventuale applicazione dell’articolo 247, paragrafo 7, CE. Con lettera in data 13 maggio 2004 (in prosieguo: la «lettera del 13 maggio 2004»), il presidente della Corte dei conti ha comunicato che, riguardo al rinvio del caso dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea ai fini dell’applicazione dell’articolo 247, paragrafo 7, CE, per il fatto che la sig.ra Nikolaou aveva asseritamente sollecitato e ottenuto prestiti personali dai membri del suo gabinetto, l’unanimità richiesta dall’articolo 6 del regolamento interno della Corte dei conti, quale approvato il 31 gennaio 2002, non era stata raggiunta in occasione della riunione svoltasi il 4 maggio 2004. Il presidente della Corte dei conti ha aggiunto, a questo proposito, che una larga maggioranza dei membri di tale istituzione aveva ritenuto che il comportamento della ricorrente fosse assolutamente inappropriato. Relativamente ai giorni di ferie del capo di gabinetto di quest’ultima, il presidente della Corte dei conti ha dichiarato che, essendo il caso pendente dinanzi ai giudici lussemburghesi, l’istituzione interessata aveva rinviato la propria decisione in attesa delle conclusioni dei relativi procedimenti.

10. Con la sentenza Nikolaou/Commissione (T‑259/03, EU:T:2007:254), il Tribunale ha condannato la Commissione delle Comunità europee a versare alla ricorrente un risarcimento di EUR 3 000, a seguito della pubblicazione di talune informazioni relative all’indagine condotta dall’OLAF.

11. Con una sentenza resa il 2 ottobre 2008 (in prosieguo: la «sentenza del 2 ottobre 2008»), la Chambre correctionnelle du Tribunal d’arrondissement de Luxembourg [Sezione correzionale del Tribunale circondariale di Lussemburgo] ha assolto la ricorrente e il suo capo di gabinetto dall’imputazione di falso documentale e uso di documenti falsi, nonché dall’imputazione – formulata in termini alternativi – di falsa dichiarazione, ovvero, in subordine, di conservazione di indennità, sovvenzioni o assegni senza averne diritto, ovvero, in ulteriore subordine, di truffa. Il tribunale suddetto ha ritenuto, in sostanza, che talune spiegazioni fornite dal capo di gabinetto della ricorrente e da quest’ultima gettassero un dubbio sull’insieme di elementi di prova raccolti dall’OLAF e dalla polizia giudiziaria lussemburghese intesi a dimostrare che il citato capo di gabinetto si era trovato in congedo per ferie non dichiarato durante vari giorni nel corso degli anni 1999, 2000 e 2001. Detto tribunale ha concluso che i fatti addebitati alla sig.ra Nikolaou non erano stati dimostrati in modo irrefutabile e che, dovendo l’esistenza di un benché minimo dubbio risolversi in beneficio dell’imputato, l’interessata doveva essere assolta dalle accuse elevate nei suoi confronti. Secondo il preambolo della sentenza del 2 ottobre 2008, la ricorrente e il suo capo di gabinetto erano stati rinviati dinanzi alla Chambre correctionnelle du Tribunal d’arrondissement de Luxembourg da un’ordinanza della Chambre du conseil [Sezione istruttoria] di tale tribunale, confermata da una sentenza della Chambre du conseil de la Cour d’appel [Sezione istruttoria della Corte di appello] del 29 gennaio 2008. Non essendo stata appellata, la sentenza del 2 ottobre 2008 è divenuta definitiva.

12. Con lettera del 14 aprile 2009, la ricorrente ha chiesto alla Corte dei conti di pubblicare in tutti i giornali belgi, tedeschi, greci, spagnoli, francesi e lussemburghesi una comunicazione relativa alla sua assoluzione e di informarne le altre istituzioni dell’Unione europea. In subordine, nel caso in cui la Corte dei conti non avesse proceduto a tali pubblicazioni, la ricorrente aveva chiesto un risarcimento di EUR 100 000 a titolo di riparazione del danno morale, importo che essa si impegnava ad utilizzare per effettuare le pubblicazioni suddette. La ricorrente aveva altresì chiesto alla Corte dei conti, in primo luogo, di versarle EUR 40 000 a titolo di riparazione del danno morale causato dal procedimento avviato dinanzi ai giudici lussemburghesi ed EUR 57 771,40 a titolo di risarcimento del danno materiale causato da tale procedimento, in secondo luogo, di risarcirla di tutte le spese sostenute, segnatamente dinanzi al giudice istruttore e al Tribunal d’arrondissement de Luxembourg e, in terzo luogo, di risarcirla delle spese sostenute per il procedimento svoltosi dinanzi alla Corte dei conti.

13. Con una lettera del 7 luglio 2009, il presidente della Corte dei conti ha trasmesso alla sig.ra Nikolaou la decisione adottata, il 2 luglio 2009, in risposta alle suddette richieste. Con tale decisione, da un lato, sono stati respinti gli argomenti fatti valere nella sopra citata lettera del 14 aprile 2009 e, dall’altro lato, è stato comunicato alla sig.ra Nikolaou che la Corte dei conti aveva «cercato di stabilire, sulla base delle informazioni di cui disponeva, se i fatti presentassero un profilo di gravità sufficiente per adire la [Corte]», affinché quest’ultima statuisse sull’esistenza di violazioni degli obblighi che incombevano a questo ex membro in forza del Trattato CE e sulla necessità di applicare eventuali sanzioni. A questo proposito, nella suddetta decisione sono stati altresì ricordati gli elementi che avevano portato la Corte dei conti a non sottoporre il caso alla Corte, tra i quali figuravano in particolare l’assoluzione della sig.ra Nikolaou, in virtù della sentenza del 2 ottobre 2008, e l’assenza di pregiudizio per il bilancio comunitario, tenuto conto del rimborso della somma indebitamente versata al capo di gabinetto dell’interessata.

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

14. Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 16 giugno 2009, la sig.ra Nikolaou ha proposto un ricorso per risarcimento inteso ad ottenere la condanna della Corte dei conti al versamento di una somma di EUR 85 000, oltre ad interessi a partire dal 14 aprile 2009, a titolo di riparazione del danno morale causato da «condotte» ed omissioni asseritamente imputabili a detta istituzione, importo che essa si è impegnata ad utilizzare per far pubblicare una comunicazione relativa alla sua assoluzione.

15. A sostegno di tale ricorso, la ricorrente ha, in primo luogo, dedotto sei motivi, relativi alla violazione qualificata, da parte della Corte dei conti, di norme giuridiche dell’Unione che conferiscono diritti ai singoli. In secondo luogo, essa ha fatto valere l’esistenza di un nesso di causalità diretto tra tale violazione e il danno morale e materiale subìto in conseguenza di quest’ultima.

16. Il Tribunale ha respinto tale ricorso, ritenendo che la Corte dei conti non avesse commesso alcuna delle violazioni del diritto dell’Unione addebitate.

17. Quanto agli aspetti che presentano un interesse ai fini della presente impugnazione, il Tribunale ha concluso, in primo luogo, ai punti da 27 a 31 della sentenza impugnata, che le «condotte» della Corte dei conti relative all’indagine preliminare non configuravano alcuna illegittimità, dal momento che detta istituzione non aveva violato né gli obblighi risultanti dall’interpretazione del combinato disposto degli articoli 2 e 4 della decisione 99/50, né i diritti della difesa, e neppure il principio di imparzialità.

18. In particolare, al punto 29 di tale sentenza, il Tribunale ha affermato che l’indagine preliminare cui si riferisce l’articolo 2 della decisione 99/50 mira, da un lato, a consentire al segretario generale di valutare se gli elementi portati alla sua conoscenza lascino presumere l’esistenza di irregolarità pregiudizievoli per gli interessi finanziari dell’Unione e, dall’altro lato, a trasmettere all’OLAF, conformemente all’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1073/1999, un fascicolo che consenta a tale ufficio di stabilire se sussistano i presupposti per l’avvio di un’indagine interna a norma dell’articolo 5, secondo comma, di detto regolamento. Il Tribunale ha così statuito che, non essendo tale indagine preliminare destinata a sfociare nell’adozione di conclusioni riguardanti la persona chiamata in causa, l’obbligo risultante dall’articolo 4, primo comma, secondo periodo, della decisione 99/50 non riguarda le «condotte» del segretario generale nell’ambito dell’articolo 2 di tale decisione.

19. Allo stesso modo, al punto 30 della citata sentenza, il Tribunale ha statuito che, stante la conformità delle comunicazioni ricevute mediante le lettere dell’8 e del 26 aprile 2002 alle prescrizioni dettate dall’articolo 4, primo comma, primo periodo, della decisione 99/50, la ricorrente non poteva validamente invocare la violazione di tale disposizione allegando che la Corte dei conti non l’aveva sentita prima di trasmettere all’OLAF il fascicolo contenente gli elementi che il segretario generale aveva raccolto sul suo conto.

20. In secondo luogo, al punto 32 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto non fondata l’allegazione della ricorrente secondo cui la Corte dei conti avrebbe fatto uso di un documento falso. A questo proposito, detto giudice ha constatato che il documento in questione, ossia una domanda di riporto di ferie annuali del capo di gabinetto della sig.ra Nikolaou, con data 20 novembre 2001, non compariva tra i documenti facenti parte del fascicolo preliminare trasmesso all’OLAF. In ogni caso, esso ha rilevato che, anche supponendo che la Corte dei conti avesse effettivamente trasmesso tale documento all’OLAF o alle autorità lussemburghesi, questa eventuale trasmissione non significava che la Corte dei conti avesse agito in malafede in riferimento all’autenticità della firma della ricorrente.

21. In terzo luogo, il Tribunale ha statuito, ai punti da 43 a 47 della sentenza impugnata, che l’omessa adozione, da parte della Corte dei conti, di una decisione formale di liberazione della ricorrente da qualsiasi accusa nei suoi confronti a seguito della sentenza del 2 ottobre 2008, non era illegittima.

22. Anzitutto, al punto 45 di detta sentenza, il Tribunale ha constatato che la ricorrente era stata assolta sulla scorta di dubbi nati da talune spiegazioni fornite dal suo capo di gabinetto. Di conseguenza, secondo il Tribunale, il motivo dell’assoluzione implicava non già che le accuse mosse nei confronti della ricorrente fossero totalmente infondate, bensì, come era stato chiarito dal Tribunal d’arrondissement de Luxembourg, il fatto che tali accuse non erano state dimostrate in modo da escludere «il benché minimo dubbio».

23. Successivamente, al punto 46 della stessa sentenza, il Tribunale ha statuito che spettava esclusivamente alle autorità giudiziarie nazionali esaminare le accuse suddette sul piano penale e alla Corte valutarle sul piano disciplinare, a norma dell’articolo 247, paragrafo 7, CE. Secondo il Tribunale, la Corte dei conti non era dunque competente a pronunciarsi al riguardo.

24. Infine, al punto 47 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato che dalla mancata adizione della Corte a norma della disposizione sopra citata non poteva dedursi che la Corte dei conti ritenesse totalmente infondati i fatti addebitati alla ricorrente. Infatti, a norma dell’articolo 6 del regolamento interno della Corte dei conti, l’adizione della Corte doveva, a giudizio del Tribunale, essere decisa all’unanimità. Pertanto, il Tribunale ha statuito che, pur essendo vero che la mancata adizione della Corte implicava che tale unanimità non era stata raggiunta, ciò non costituiva una presa di posizione della Corte dei conti riguardo alla verità dei fatti. In tale contesto, pronunciandosi sul rilievo contenuto nella lettera del 13 maggio 2004, il Tribunale ha giudicato che «non era inappropriato per il presidente della Corte dei conti fare presente alla ricorrente che la grande maggioranza dei membri dell’istituzione [aveva] considerato il suo comportamento inaccettabile, impedendo così che la mancata adizione della Corte [potesse] essere inte sa come una presunta negazione della verità dei fatti ascritti, ciò che d’altronde non [avrebbe corrisposto] alla realtà».

25. In quarto luogo, il Tribunale ha constatato, al punto 49 della sentenza impugnata, che dal dovere di sollecitudine non poteva desumersi alcun obbligo per la Corte dei conti di procedere alla pubblicazione dell’assoluzione della ricorrente.

Conclusioni delle parti

26. Con la sua impugnazione, la sig.ra Nikolaou chiede che la Corte voglia:

– annullare la sentenza impugnata e rinviare la causa al Tribunale ai fini della decisione, nonché

– condannare la Corte dei conti alle spese.

27. La Corte dei conti chiede che la Corte voglia:

– respingere l’impugnazione in quanto in parte irricevibile e in parte infondata, e

– condannare la sig.ra Nikolaou alle spese di giudizio.

Sull’impugnazione

28. A sostegno della sua impugnazione, la sig.ra Nikolaou deduce quattro motivi.

Sul primo motivo

Argomenti delle parti

29. Con il suo primo motivo, la ricorrente sostiene che il principio della presunzione d’innocenza, sancito all’articolo 48, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e all’articolo 6, paragrafo 2, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, offre una garanzia procedurale che non è limitata soltanto alla fase precedente alla pronuncia di una decisione giudiziaria, bensì si applica anche successivamente a quest’ultima. Pertanto, tale principio dovrebbe essere interpretato nel senso che osta alla decisione di un giudice dell’Unione che rimetta in discussione l’innocenza di una persona accusata, malgrado che quest’ultima sia stata in precedenza assolta in forza di una decisione penale irrevocabile (v. Corte EDU, sentenza Vassilios Stavropoulos c. Grecia del 27 settembre 2007, Recueil des arrêts et décisions 2007‑I, § 39).

30. Alla luce di tali considerazioni, la ricorrente fa valere che, al punto 45 della sentenza impugnata, il Tribunale ha violato il suddetto principio, statuendo che il motivo di assoluzione fondato sull’esistenza di dubbi, adottato dal Tribunal d’arrondissement de Luxembourg, «non implica[va] che le accuse nei confronti della ricorrente [fossero] totalmente infondate».

31. Orbene, una violazione siffatta pregiudicherebbe necessariamente la validità della sentenza impugnata, in quanto essa è stata determinante per considerare legittime, ai punti 44 e 49 di tale pronuncia, le omissioni della Corte dei conti quanto all’adozione di una decisione formale di liberazione della ricorrente da qualsiasi accusa a suo carico a seguito della sentenza del 2 ottobre 2008, e alla pubblicazione, sugli organi di stampa, dell’assoluzione di essa ricorrente.

32. La Corte dei conti fa valere che questo primo motivo è fondato sulla premessa secondo cui detta istituzione o il Tribunale avrebbero proceduto ad un riesame della fondatezza della sentenza del 2 ottobre 2008. Orbene, tale premessa sarebbe erronea.

33. Infatti, in occasione dell’adozione della decisione del 2 luglio 2009 menzionata al punto 13 della presente sentenza, la Corte dei conti avrebbe preso atto della pronuncia sopra citata e ne avrebbe tratto le conclusioni che ne derivavano per essa quanto all’esercizio della propria competenza, la quale non comprendeva la possibilità di procedere alla pubblicazione dell’assoluzione della ricorrente. Allo stesso modo, il Tribunale avrebbe riconosciuto e rispettato il contenuto di detta pronuncia relativamente alle conseguenze di carattere penale della stessa.

Giudizio della Corte

34. Con il primo motivo di impugnazione, la sig.ra Nikolaou sostiene che il Tribunale ha violato il principio della presunzione d’innocenza, statuendo, al punto 45 della sentenza impugnata, che il motivo di assoluzione adottato nella sentenza del 2 ottobre 2008 «non implica[va] che le accuse nei confronti della ricorrente [fossero] totalmente infondate», bensì «implica[va] il fatto che tali accuse non [erano] state dimostrate in modo da escludere “il benché minimo dubbio”». Tale errore dovrebbe, secondo la ricorrente, determinare l’annullamento della sentenza impugnata, in quanto il Tribunale, se non avesse violato il suddetto principio, avrebbe riconosciuto, ai punti 44 e 49 di tale sentenza, l’illegittimità delle omissioni della Corte dei conti quanto all’adozione di una decisione formale di liberazione di essa ricorrente da qualsiasi accusa mossa nei suoi confronti, a seguito della sentenza del 2 ottobre 2008, e alla pubblicazione, sugli organi di stampa, dell’assoluzione della ricorrente.

35. A questo proposito, occorre ricordare che il principio della presunzione d’innocenza, sancito all’articolo 48, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, norma corrispondente all’articolo 6, paragrafi 2 e 3, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, può risultare violato in particolare quando una decisione giudiziaria esprima, attraverso la sua motivazione, l’idea che una persona è colpevole di un illecito, malgrado che precedenti procedimenti penali si siano già conclusi con l’assoluzione di tale persona (v. Corte EDU, sentenze Allenet de Ribemont c. Francia del 10 febbraio 1995, serie A n. 308, §§ 35 e 36; Daktaras c. Lituania del 10 ottobre 2000, Recueil des arrêts et décisions 2000‑III, §§ da 41 a 44, nonché Teodor c. Romania del 4 giugno 2013, Recueil des arrêts et décisions 2013‑III, §§ 36 e 37).

36. Nel caso di specie, come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 57 delle sue conclusioni, occorre rilevare che i passaggi del ragionamento del Tribunale contenuti al punto 45 della sentenza impugnata lasciano effettivamente persistere l’impressione che la sig.ra Nikolaou potrebbe essere colpevole di un illecito penale basato su fatti identici a quelli per i quali essa è stata invece definitivamente assolta dalla sentenza del 2 ottobre 2008.

37. Di conseguenza, occorre statuire che queste considerazioni ledono in modo manifesto il principio della presunzione d’innocenza.

38. Ciò premesso, è però importante constatare che la violazione di tale principio non può determinare l’annullamento della sentenza impugnata, dal momento che le valutazioni formulate ai punti 44 e 49 di quest’ultima riguardo alla legittimità delle omissioni imputate alla Corte dei conti sono in ogni caso validamente fondate su un’altra parte della motivazione, sviluppata in modo autonomo al punto 46 della medesima sentenza (v., in tal senso, sentenze JCB Service/Commissione, C‑167/04 P, EU:C:2006:594, punto 186, nonché Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 233).

39. Infatti, attraverso tale parte della motivazione, il Tribunale ha correttamente statuito che, da un lato, spetta «esclusivamente alle autorità giudiziarie nazionali esaminare le accuse sul piano penale» mosse nei confronti di un ex membro della Corte dei conti e che, dall’altro, incombe alla Corte valutare tali accuse «sul piano disciplinare in conformità dell’articolo 247, paragrafo 7, CE», sicché la Corte dei conti non è legittimata, nell’ambito della struttura istituzionale dell’Unione, né ad adottare una decisione formale di liberazione della ricorrente da qualsiasi accusa elevata a suo carico, sul piano disciplinare o su quello penale, né a procedere alla pubblicazione, sugli organi di stampa, della sua assoluzione.

40. Peraltro, tale constatazione è conforme anche ai principi risultanti dalla consolidata giurisprudenza relativa al carattere autonomo dei procedimenti disciplinari che si svolgono dinanzi alla Corte, ai sensi dell’articolo 247, paragrafo 7, CE, rispetto ai procedimenti nazionali di natura penale (sentenza Commissione/Cresson, C‑432/04, EU:C:2006:455, punti 120 e 121). Infatti, come rilevato anche dall’avvocato generale ai paragrafi da 71 a 73 delle sue conclusioni, risulta da tale giurisprudenza che la Corte dei conti, in quanto autorità competente ad adire la Corte, non è vincolata – così come non lo è quest’ultima – dalla qualificazione giuridica dei fatti compiuta nel corso di un procedimento penale nazionale. La Corte dei conti non era dunque tenuta a porre in essere, nel caso di specie, a seguito della sentenza del 2 ottobre 2008, gli atti o i comportamenti reclamati dalla ricorrente.

41. Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre respingere il primo motivo di impugnazione in quanto inoperante.

Sul secondo motivo

Argomenti delle parti

42. Con il suo secondo motivo, la sig.ra Nikolaou imputa al Tribunale di aver violato il principio di leale cooperazione, enunciato all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, e al cui rispetto esso era tenuto nei confronti del Tribunal d’arrondissement de Luxembourg.

43. A questo proposito la ricorrente, riferendosi all’ordinanza Zwartveld e a. (C‑2/88, EU:C:1990:315, punto 17) e alla sentenza Irlanda/Commissione (C‑339/00, EU:C:2003:545, punti 71 e 72), sostiene che tale principio impone non soltanto agli Stati membri, ma anche alle istituzioni dell’Unione e, per estensione, a tutti gli organi di quest’ultima, compresi i suoi organi giurisdizionali, doveri reciproci di leale cooperazione.

44. Premesso ciò, essa fa valere che il Tribunale non ha invece rispettato la sentenza del 2 ottobre 2008, né tenuto in debita considerazione tale pronuncia.

45. Anzitutto, ai punti 44 e 45 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe proceduto ad una lettura dei fatti relativi al comportamento della sig.ra Nikolaou del tutto divergente dalla valutazione compiuta dal Tribunal d’arrondissement de Luxembourg.

46. Inoltre, la valutazione formulata al punto 35 della sentenza impugnata, secondo cui la gestione di qualsiasi sistema di congedi è fondata sull’obbligo del superiore gerarchico di verificare la presenza del personale posto sotto la sua autorità, sarebbe manifestamente contraria alle considerazioni formulate nella sentenza del 2 ottobre 2008, secondo le quali non esisteva alcun obbligo imposto ai membri dei gabinetti di tenere un registro dei congedi.

47. Infine, il Tribunale avrebbe statuito, al punto 38 della sentenza impugnata, che «il carattere deficitario del sistema di registrazione e di sorveglianza dei congedi della Corte dei conti applicabile all’epoca dei fatti» non poteva giustificare la rinuncia a qualsiasi indagine o azione sanzionatoria nei confronti della ricorrente, quando invece era stato proprio il menzionato carattere deficitario del sistema di gestione dei congedi a portare all’assoluzione della ricorrente da parte del Tribunal d’arrondissement de Luxembourg.

48. In risposta a tali argomenti, la Corte dei conti fa valere che questo secondo motivo di impugnazione si basa su un travisamento dei rispettivi ruoli delle istituzioni interessate, nonché della portata dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE.

49. Infatti, conformemente alla giurisprudenza risultante dalla sentenza Commissione/Cresson (EU:C:2006:455), il Tribunale non avrebbe rimesso in discussione la sentenza del 2 ottobre 2008, ma avrebbe semplicemente compiuto una valutazione autonoma di alcuni fatti già esaminati nel corso del procedimento penale svoltosi a livello nazionale, in sede di verifica dell’esistenza di un’eventuale responsabilità extracontrattuale della Corte dei conti. Pertanto, la diversa valutazione di alcune circostanze di fatto deriverebbe dal carattere autonomo di ciascuna delle due procedure giurisdizionali avviate.

Giudizio della Corte

50. Con il suo secondo motivo, la ricorrente addebita al Tribunale di aver violato il principio di leale cooperazione cui esso era tenuto nei confronti del Tribunal d’arrondissement de Luxembourg, in quanto avrebbe valutato alcuni elementi di fatto, ai punti 44 e 45 nonché 35 e 38 della sentenza impugnata, in modo divergente rispetto alle considerazioni formulate nella sentenza del 2 ottobre 2008.

51. A questo proposito, occorre ricordare che il principio di leale cooperazione, il quale prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona era enunciato all’articolo 10 CE ed ora trova riconoscimento nell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, determina un obbligo, a carico degli Stati membri, di prendere tutte le misure idonee a garantire la piena realizzazione e l’efficacia del diritto dell’Unione e impone alle istituzioni di quest’ultima doveri reciproci di rispetto e di assistenza nei confronti degli Stati membri nell’adempimento dei compiti assegnati dai Trattati (v., in tal senso, sentenze First e Franex, C‑275/00, EU:C:2002:711, punto 49, e Irlanda/Commissione, EU:C:2003:545, punto 71).

52. Orbene, nell’ambito di tali compiti, l’articolo 235 CE, letto in combinato disposto con l’articolo 225, paragrafo 1, CE, conferisce espressamente alla Corte e al Tribunale la competenza a conoscere delle controversie relative al risarcimento dei danni di cui all’articolo 288, secondo comma, CE, norma che ha ad oggetto la responsabilità extracontrattuale della Comunità. Secondo una giurisprudenza consolidata, tale competenza è esclusiva, e in tale contesto i giudici comunitari devono verificare il soddisfacimento di un insieme di condizioni cumulative, ossia l’illegittimità del comportamento addebitato alle istituzioni, l’effettiva esistenza del danno e la sussistenza di un nesso di causalità fra l’asserito comportamento ed il danno lamentato, al soddisfacimento delle quali è subordinato l’insorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità (v. sentenza Commissione/Systran e Systran Luxembourg, C‑103/11 P, EU:C:2013:245, punto 60 e la giurisprudenza ivi citata).

53. Inoltre, per quanto riguarda in particolare il soddisfacimento della prima delle condizioni suddette, la Corte ha già precisato in più occasioni che è necessario che sia dimostrata una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli (v. sentenza Bergaderm e Goupil/Commissione, C‑352/98 P, EU:C:2000:361, punto 42), ossia una violazione manifesta e grave, da parte dell’istituzione in questione, dei limiti che si impongono al suo potere discrezionale (v., in tal senso, sentenze Brasserie du pêcheur e Factortame, C‑46/93 e C‑48/93, EU:C:1996:79, punto 55, e Commissione/CEVA e Pfizer, C‑198/03 P, EU:C:2005:445, punto 64).

54. Risulta così dai principi suddetti che il ricorso per risarcimento danni connesso ad una responsabilità extracontrattuale della Comunità per le azioni od omissioni delle sue istituzioni è stato istituito come rimedio autonomo rispetto ad altre azioni giudiziali, avente la propria funzione particolare nell’ambito del sistema dei mezzi di ricorso e subordinato a condizioni di esercizio concepite in vista del suo specifico oggetto (v., in particolare, sentenza Lütticke/Commissione, 4/69, EU:C:1971:40, punto 6, nonché Unifrex/Commissione e Consiglio, 281/82, EU:C:1984:165, punto 11).

55. Di conseguenza, come rilevato anche dalla Corte dei conti nelle sue osservazioni scritte, sebbene le constatazioni operate nel corso di un procedimento penale vertente su fatti identici a quelli esaminati nell’ambito di un procedimento fondato sull’articolo 235 CE possano essere prese in considerazione dal giudice comunitario adito, quest’ultimo non è però vincolato dalla qualificazione giuridica di tali fatti compiuta dal giudice penale, bensì è tenuto, nella pienezza del suo potere discrezionale, ad analizzarli in maniera autonoma al fine di verificare se siano soddisfatte le condizioni al cui soddisfacimento è subordinato l’insorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità (v., per analogia, sentenza Commissione/Cresson, EU:C:2006:455, punti 120 e 121).

56. Alla luce di tali considerazioni, occorre dunque constatare che sono prive di fondamento le allegazioni mediante le quali la ricorrente imputa al Tribunale di aver violato, ai punti 44 e 45 nonché 35 e 38 della sentenza impugnata, il principio di leale cooperazione.

57. Infatti, ai citati punti di detta sentenza, il Tribunale non è venuto meno al dovere di rispetto istituzionale che gli incombeva nei confronti del Tribunal d’arrondissement de Luxembourg, in quanto esso si è pronunciato su alcuni fatti già esaminati dalla sentenza del 2 ottobre 2008 al solo scopo di verificare la legittimità delle omissioni addebitate alla Corte dei conti nel quadro della controversia vertente sulla responsabilità extracontrattuale della Comunità, e non allo scopo di valutare la fondatezza delle accuse penali mosse contro la sig.ra Nikolaou.

58. Ne consegue che il secondo motivo di impugnazione deve essere dichiarato infondato.

Sul terzo motivo

Argomenti delle parti

59. Con il suo terzo motivo, la sig.ra Nikolaou fa valere che la sentenza impugnata è inficiata da un vizio di competenza del Tribunale, a motivo del fatto che quest’ultimo ha risolto questioni che oltrepassano i limiti delle attribuzioni conferitegli dai Trattati.

60. In primo luogo, essa ritiene che, al punto 45 di detta sentenza, il Tribunale abbia statuito come una «corte d’appello penale», allorché ha valutato nel merito, sotto il profilo penalistico, «ciò che implica» o «ciò che non implica» il motivo di assoluzione «fondato sul dubbio», adottato nella sentenza del 2 ottobre 2008.

61. In secondo luogo, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha agito come un «giudice disciplinare» ed ha inoltre convalidato una lettura inesatta delle attribuzioni della Corte dei conti, affermando al punto 47 della sentenza impugnata, in merito al rilievo contenuto nella lettera del 13 maggio 2004, che «non era inappropriato per il presidente della Corte dei conti fare presente alla ricorrente che la grande maggioranza dei membri dell’istituzione [aveva] considerato il suo comportamento inaccettabile».

62. A questo proposito la sig.ra Nikolaou precisa che, essendo la Corte, a norma dell’articolo 247, paragrafo 7, CE, l’unica istituzione competente a statuire sulle violazioni di natura disciplinare imputate ad un membro della Corte dei conti, il Tribunale non era legittimato né a pronunciarsi a tal fine sul comportamento addebitato alla ricorrente nella lettera suddetta, né a riconoscere la legittimità del contenuto di quest’ultima.

63. La Corte dei conti fa valere che tale motivo di impugnazione deve essere dichiarato in parte irricevibile, in quanto costituisce semplicemente la riproposizione degli argomenti invocati in primo grado relativamente alla lettera del 13 maggio 2004, e in parte infondato, nella misura in cui il Tribunale non ha rimesso in discussione la sentenza del 2 ottobre 2008, potendo infatti la valutazione di un medesimo comportamento condurre a conclusioni differenti, a seconda della natura dell’organo giurisdizionale adito e dell’azione giudiziale instaurata.

Giudizio della Corte

64. Con il suo terzo motivo, la sig.ra Nikolaou sostiene che il Tribunale ha violato le regole di competenza risultanti dai Trattati. In primo luogo, al punto 45 della sentenza impugnata, esso avrebbe valutato, nel merito, le accuse penali mosse contro la ricorrente e il motivo di assoluzione adottato nella sentenza del 2 ottobre 2008. In secondo luogo, al punto 47 di detta sentenza, il Tribunale avrebbe ingiustamente esaminato il rilievo di natura disciplinare contenuto nella lettera del 13 maggio 2004 e confermato la legittimità del contenuto di quest’ultima, disconoscendo i limiti non solo delle proprie competenze ma anche di quelle della Corte dei conti.

65. Orbene, occorre constatare che tali allegazioni derivano da un’erronea lettura della sentenza impugnata.

66. Infatti, per quanto riguarda la prima parte di questo motivo di impugnazione, è sufficiente rilevare che, al punto 45 di detta sentenza, il Tribunale non ha esaminato i fatti all’origine delle accuse penali mosse contro la ricorrente e il motivo di assoluzione adottato nella sentenza del 2 ottobre 2008, allo scopo di rimettere in discussione il risultato finale di quest’ultima o di riaprire il procedimento penale svolto a livello nazionale.

67. Per contro, come si è rilevato ai punti 56 e 57 della presente sentenza, il Tribunale, nei limiti della sua competenza esclusiva in materia di responsabilità extracontrattuale della Comunità, si è limitato a fare riferimento agli stessi elementi di fatto che erano stati presi in considerazione nel corso del suddetto procedimento penale, al solo fine di rispondere agli argomenti della ricorrente riguardanti la presunta illegittimità dell’omessa adozione, da parte della Corte dei conti, di una decisione formale che la liberasse da qualsiasi accusa mossa nei suoi confronti, a seguito della sentenza del 2 ottobre 2008.

68. Pertanto, al punto 45 della sentenza impugnata, il Tribunale, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, non ha agito come una «corte d’appello penale», ma è rimasto entro i confini delle sue attribuzioni.

69. Per quanto riguarda la seconda parte del terzo motivo di impugnazione, occorre precisare, da un lato, che il ragionamento seguito al punto 47 della sentenza impugnata costituisce anche una risposta ad un argomento della ricorrente attinente alla violazione, da parte della Corte dei conti, del principio di imparzialità e del dovere di sollecitudine, in conseguenza di un rilievo spiacevole e superfluo contenuto nella lettera del 13 maggio 2004.

70. Pertanto, procedendo all’analisi di tale rilievo nell’ambito del ricorso per risarcimento danni sottoposto alla sua cognizione, il Tribunale non si è pronunciato, da un punto di vista disciplinare, sul comportamento addebitato alla ricorrente e non ha ecceduto i limiti della propria competenza in materia di responsabilità extracontrattuale della Comunità.

71. Dall’altro lato, per quanto riguarda il contenuto della lettera del 13 maggio 2004, occorre rilevare che, come sottolineato anche dall’avvocato generale al paragrafo 84 delle sue conclusioni, esso era giustamente limitato alla semplice indicazione del risultato del voto dei membri della Corte dei conti riuniti per decidere in merito all’adizione della Corte ai sensi dell’articolo 247, paragrafo 7, CE, e dunque non effettuava una valutazione, sul piano disciplinare, del comportamento addebitato alla sig.ra Nikolaou.

72. Infatti, dato che l’adizione della Corte poteva essere legittimamente decisa, in conformità dei principi risultanti dalla giurisprudenza in materia, sulla base della supposta esistenza di una «violazione di una certa gravità» (v., in tal senso, sentenza Commissione/Cresson, EU:C:2006:455, punto 72), era lecito per la Corte dei conti indicare che l’unanimità necessaria a tal fine, ai sensi dell’articolo 6 del suo regolamento interno, non era stata raggiunta, sebbene una larga maggioranza dei suoi membri avesse criticato il comportamento censurato al punto (i) della lettera suddetta.

73. Del resto, come è stato confermato da tutte le parti in occasione dell’udienza dinanzi alla Corte, il rilievo formulato in tale lettera è rimasto strettamente personale e non ha costituito l’oggetto di alcuna divulgazione agli organi di stampa.

74. Risulta da tali considerazioni che, giudicando legittimo il contenuto della lettera del 13 maggio 2004, il Tribunale non ha affatto riconosciuto alla Corte dei conti competenze in materia disciplinare di cui essa non disponeva, e non ha neppure disconosciuto la portata delle proprie competenze, non avendo agito in veste di «giudice disciplinare».

75. Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre respingere il terzo motivo di impugnazione nel suo insieme in quanto infondato.

Sul quarto motivo

Argomenti delle parti

76. Con la prima parte del suo quarto motivo, la sig.ra Nikolaou fa valere che il Tribunale ha interpretato e applicato in modo erroneo le norme disciplinanti la responsabilità extracontrattuale della Comunità. Infatti, al punto 32 della sentenza impugnata, esso avrebbe aggiunto una condizione supplementare, non richiesta dalla giurisprudenza, ossia la necessità che l’istituzione di cui trattasi abbia agito «in malafede».

77. Con la seconda parte del quarto motivo, la ricorrente imputa al Tribunale di aver commesso un errore di diritto nell’interpretazione dell’articolo 2, secondo comma, della decisione 99/50, letto in combinato disposto con l’articolo 4, primo comma, di quest’ultima.

78. Da un lato, al punto 30 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe erroneamente statuito che non era necessario informare la ricorrente dell’avvio di un’indagine preliminare nei suoi confronti e che le lettere dell’8 e del 26 aprile 2002, le quali avevano informato la ricorrente soltanto dell’avvio dell’indagine interna dell’OLAF, rispondevano alle prescrizioni dettate dall’articolo 4, primo comma, primo periodo, della decisione summenzionata. Dall’altro lato, al punto 29 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe erroneamente dichiarato che l’omessa comunicazione alla ricorrente, da parte della Corte dei conti, del contenuto del fascicolo formato in occasione dell’indagine preliminare ovvero l’omessa audizione della ricorrente prima della trasmissione di tale fascicolo all’OLAF non configurava alcun illecito, ai sensi dell’articolo 4, primo comma, secondo periodo, della decisione suddetta.

79. Secondo la Corte dei conti, tale motivo di impugnazione deve essere dichiarato irricevibile, in quanto consiste in una semplice riproposizione degli argomenti presentati in primo grado e costituisce dunque una domanda di riesame dei fatti del caso di specie.

80. Ad ogni modo, al punto 32 della sentenza impugnata, il Tribunale non avrebbe aggiunto alcuna condizione supplementare ai fini dell’insorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità. Del pari, detto giudice non avrebbe commesso alcun errore nella lettura da esso operata riguardo all’articolo 2, secondo comma, della decisione 99/50, dato che tale disposizione non imporrebbe di informare dell’avvio di un’indagine preliminare la persona sospettata di irregolarità, bensì esigerebbe semplicemente che il segretario generale trasmetta, senza ritardo, all’OLAF le informazioni raccolte nell’ambito di tale indagine.

Giudizio della Corte

81. Con la prima parte del quarto motivo di impugnazione, la ricorrente imputa al Tribunale di essere incorso in un errore di diritto nell’interpretazione delle condizioni atte a far sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità, avendo statuito, al punto 32 della sentenza impugnata, che l’eventuale trasmissione all’OLAF o alle autorità lussemburghesi di un documento datato 20 novembre 2001, promanante dal capo di gabinetto della sig.ra Nikolaou e la cui firma era probabilmente falsa, non significava che la Corte dei conti avesse agito in malafede riguardo alla questione dell’autenticità della firma della ricorrente.

82. A questo proposito, è sufficiente rilevare che il Tribunale ha tratto questa conclusione soltanto in via subordinata, dopo aver constatato, in via principale, che il suddetto documento non era compreso nel fascicolo preliminare trasmesso dalla Corte dei conti all’OLAF e neppure era stato comunicato alle autorità lussemburghesi.

83. Pertanto, mancando nell’impugnazione proposta qualsiasi contestazione riguardo a tale valutazione di natura fattuale, la prima parte del quarto motivo di impugnazione deve essere respinta in quanto inoperante.

84. Con la seconda parte del quarto motivo di impugnazione, la sig.ra Nikolaou fa valere che il Tribunale ha interpretato in modo erroneo l’articolo 2, secondo comma, della decisione 99/50, letto in combinato disposto con l’articolo 4, primo comma, di quest’ultima, avendo affermato, da un lato, al punto 30 della sentenza impugnata, che le lettere dell’8 e del 26 aprile 2002, che avevano informato la ricorrente dell’avvio dell’indagine interna dell’OLAF e non dell’indagine preliminare, soddisfacevano le prescrizioni dettate dall’articolo 4, primo comma, primo periodo, di detta decisione e, dall’altro lato, al punto 29 della medesima sentenza, che l’articolo 4, primo comma, secondo periodo, della citata decisione non obbligava la Corte dei conti a comunicare alla ricorrente il contenuto del fascicolo formato nell’ambito dell’indagine preliminare, né a procedere alla sua audizione prima di trasmettere tale fascicolo all’OLAF.

85. A questo proposito, occorre ricordare che l’articolo 2, secondo comma, della decisione 99/50 dispone che il segretario generale, da un lato, «comunica senza indugio all’[OLAF] qualsiasi elemento di fatto che lasci presumere l’esistenza di irregolarità», come la frode, la corruzione o qualsiasi altra attività illecita pregiudizievole per gli interessi finanziari delle Comunità, e, dall’altro, «procede ad un’indagine preliminare, senza pregiudizio delle indagini interne effettuate dall’[OLAF]».

86. Orbene, in assenza di indicazioni esplicite risultanti da tale articolo, per rispondere al primo argomento addotto a sostegno della seconda parte del quarto motivo di impugnazione, occorre stabilire, anzitutto, se l’obbligo di informazione cui si riferisce l’articolo 4, primo comma, primo periodo, della decisione 99/50 si estenda anche all’indagine preliminare, indi, in caso affermativo, quale sia la natura di tale obbligo, e infine, se la ricorrente abbia effettivamente ricevuto, nel caso di specie, un’informazione siffatta.

87. Relativamente all’esame di tali punti, occorre constatare che, senza precisare in alcun modo la tipologia di indagine contemplata, il citato articolo 4, primo comma, primo periodo, stabilisce semplicemente che, ove si prospetti la possibilità di un coinvolgimento personale di un membro, di un funzionario o di un agente della Corte dei conti, l’interessato deve esserne informato «rapidamente», ove ciò non rischi di nuocere all’indagine.

88. Ne consegue che, anche ammettendo che detta disposizione si applichi anche all’indagine preliminare, occorre rilevare che, da un lato, essa non prevede un obbligo di informazione immediata, sin dall’inizio dell’indagine, e, dall’altro, che essa apporta un temperamento a tale obbligo esigendo che sia preservata l’efficacia dell’indagine.

89. Ciò premesso, è importante constatare che, nella fattispecie, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, mediante la lettera del 26 aprile 2002 essa è stata senz’altro informata non soltanto dell’avvio di un’indagine interna, ma anche del fatto che un’indagine preliminare era stata svolta dalla Corte dei conti e che un fascicolo relativo a quest’ultima era stato consegnato dal segretario generale all’OLAF.

90. Pertanto, in assenza di allegazioni della ricorrente che eccepiscano il carattere eventualmente tardivo dell’invio di una lettera siffatta, occorre affermare che, come rilevato anche dall’avvocato generale al paragrafo 96 delle sue conclusioni, la comunicazione contenuta in tale lettera ha conciliato il principio di un’informazione rapida della persona interessata con la necessità di assicurare l’efficacia dell’indagine preliminare e, al tempo stesso, dell’indagine interna.

91. Ne consegue che il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto giudicando, al punto 30 della sentenza impugnata, che le comunicazioni effettuate mediante le lettere dell’8 e del 26 aprile 2002 soddisfacevano le prescrizioni dettate dall’articolo 4, primo comma, primo periodo, della decisione 99/50.

92. Precisato ciò, al fine di valutare la fondatezza del secondo argomento addotto a sostegno della seconda parte del presente motivo di impugnazione, resta da stabilire se l’indagine preliminare esiga, in ogni caso, che venga rispettato l’obbligo di informazione previsto dall’articolo 4, primo comma, secondo periodo, di detta decisione – a mente del quale, «all’esito dell’indagine, non possono essere tratte conclusioni riferentisi nominativamente ad un membro (...) della Corte dei conti senza che l’interessato sia stato messo in condizione di pronunciarsi su tutti i fatti che lo riguardano» –, e dunque se la ricorrente dovesse essere sentita prima della chiusura dell’indagine preliminare e della trasmissione all’OLAF del fascicolo formato.

93. A questo scopo, dato che dal tenore letterale del citato articolo 4, primo comma, secondo periodo, non emerge alcuna indicazione univoca, occorre esaminare le caratteristiche specifiche dell’indagine preliminare.

94. Orbene, come chiarito dalla Corte dei conti in occasione dell’udienza dinanzi alla Corte, tale indagine costituisce una fase preliminare di raccolta e di valutazione delle informazioni relative alle segnalazioni di irregolarità ricevute dal segretario generale, la finalità della quale consiste nel verificare la credibilità degli elementi posti a sostegno di tali segnalazioni, prima di raccoglierli in un fascicolo e di trasmetterli o all’autorità che ha il potere di nomina, ai fini dell’avvio di un’indagine amministrativa, o all’OLAF, ai fini dello svolgimento di un’indagine interna.

95. Ne consegue che, come rilevato anche dall’avvocato generale al paragrafo 93 delle sue conclusioni, l’indagine preliminare non è destinata a sfociare nell’adozione di conclusioni riguardanti la persona chiamata in causa.

96. Date tali circostanze, il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto, al punto 29 della sentenza impugnata, esaminando gli scopi dell’indagine preliminare e affermando che l’obbligo risultante dall’articolo 4, primo comma, secondo periodo, della decisione 99/50 non riguarda gli atti compiuti dal segretario generale nell’ambito di tale indagine.

97. Di conseguenza, occorre respingere la seconda parte del quarto motivo di impugnazione, nella sua interezza, in quanto infondata.

98. Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre dichiarare il quarto motivo di impugnazione in parte inoperante e in parte infondato, e respingere l’impugnazione.

Sulle spese

99. A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del suo regolamento di procedura, la Corte, quando l’impugnazione è respinta, statuisce sulle spese. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di detto regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione a norma dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Corte dei conti ne ha fatto domanda, la sig.ra Nikolaou, rimasta soccombente nei motivi proposti, deve essere condannata alle spese.

Dispositivo

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1) L’impugnazione è respinta.

2) La sig.ra Kalliopi Nikolaou è condannata alle spese.


SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

10 luglio 2014 ( *1 )

«Impugnazione — Responsabilità extracontrattuale — Omissioni della Corte dei conti — Domanda di risarcimento del danno — Principio della presunzione d’innocenza — Principio di leale cooperazione — Competenze — Svolgimento delle indagini preliminari»

Nella causa C‑220/13 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 25 aprile 2013,

Kalliopi Nikolaou, residente in Atene (Grecia), rappresentata da V. Christianos e S. Paliou, dikigoroi,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Corte dei Conti dell’Unione europea, rappresentata da T. Kennedy e I. Ní Riagáin Düro, in qualità di agenti, assistiti da P. Tridimas, barrister,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Tizzano (relatore), presidente di sezione, A. Borg Barthet, M. Berger, S. Rodin e F. Biltgen, giudici,

avvocato generale: Y. Bot

cancelliere: L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22 gennaio 2014,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 20 marzo 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la sua impugnazione, la sig.ra Nikolaou chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea Nikolaou/Corte dei conti (T‑241/09, EU:T:2013:79; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), mediante la quale tale giudice ha respinto il suo ricorso per risarcimento inteso ad ottenere la riparazione del danno da essa asseritamente subìto in conseguenza di irregolarità e di violazioni del diritto dell’Unione che la Corte dei conti avrebbe commesso nell’ambito di un’indagine interna.

Fatti all’origine della controversia

2

La sig.ra Nikolaou è stata membro della Corte dei conti dal 1996 al 2001. Secondo un reportage pubblicato il 19 febbraio 2002 dal quotidiano Europa Journal, il sig. Staes, deputato del Parlamento europeo, sarebbe entrato in possesso di informazioni riguardanti condotte illecite imputabili alla ricorrente, realizzate durante il suo mandato di membro della Corte dei conti.

3

Con una lettera del 18 marzo 2002, il segretario generale della Corte dei conti (in prosieguo: il «segretario generale») ha trasmesso al direttore generale dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) un fascicolo contenente elementi relativi alle condotte di cui sopra, dei quali lui stesso e il presidente di tale istituzione avevano avuto conoscenza. Inoltre, il segretario generale invitava l’OLAF a indicargli se occorresse informare la sig.ra Nikolaou dell’esistenza di un’indagine nei suoi confronti, a norma dell’articolo 4 della decisione 99/50 della Corte dei conti relativa alle condizioni e alle modalità delle indagini interne in materia di lotta contro le frodi, la corruzione e ogni altra attività illegale pregiudizievole per gli interessi finanziari delle Comunità.

4

Con lettera dell’8 aprile 2002, il presidente della Corte dei conti ha informato la sig.ra Nikolaou dell’esistenza di un’indagine interna condotta dall’OLAF a seguito dell’articolo pubblicato dall’Europa Journal. Con una lettera in data 26 aprile 2002, il direttore generale dell’OLAF ha informato la sig.ra Nikolaou del fatto che, a seguito delle informazioni che tale ufficio aveva ricevuto dal sig. Staes e sulla base di un fascicolo di indagine preliminare approntato dal segretario generale, era stata aperta un’indagine interna, alla quale essa sarebbe stata invitata a cooperare.

5

La sig.ra Nikolaou ha avuto un colloquio con alcuni responsabili dell’OLAF in data 24 maggio 2002. Il 17 ottobre 2002 il sito Internet European Voice ha pubblicato un reportage nel quale si esponeva, in particolare, che l’OLAF era sul punto di concludere l’indagine avviata nei confronti della ricorrente. Analoghi reportage sono stati pubblicati dalla stampa greca. Con lettera in data 28 ottobre 2002, l’OLAF ha informato la sig.ra Nikolaou della chiusura di tale indagine e le ha comunicato che la relazione finale nonché le informazioni pertinenti erano state trasmesse al segretario generale e alle autorità giudiziarie lussemburghesi. Con una lettera del 10 febbraio 2004, la Corte dei conti ha comunicato alla ricorrente una versione abbreviata della relazione finale dell’OLAF.

6

Secondo tale relazione finale del 28 ottobre 2002, le informazioni relative alla sig.ra Nikolaou erano state fornite al sig. Staes da due agenti della Corte dei conti, di cui uno sarebbe stato membro del gabinetto della ricorrente. Le accuse esaminate riguardavano: in primo luogo, somme di denaro che la ricorrente avrebbe percepito dal proprio personale a titolo di prestiti; in secondo luogo, presunte false dichiarazioni in materia di domande di riporto di giorni di congedo riguardanti il suo capo di gabinetto, che avrebbero dato luogo al rimborso a quest’ultimo di EUR 28 790 circa a titolo di ferie non godute durante gli anni 1999, 2000 e 2001; in terzo luogo, l’utilizzazione dell’auto di servizio della sig.ra Nikolaou per scopi non previsti dalla normativa pertinente; in quarto luogo, alcuni ordini di missione rilasciati all’autista della ricorrente per scopi non contemplati dalla normativa pertinente; in quinto luogo, una politica di assenteismo all’interno del gabinetto della ricorrente; in sesto luogo, attività di natura commerciale e interventi presso personaggi importanti al fine di facilitare tali attività esercitate da familiari dell’interessata; in settimo luogo, una frode commessa nell’ambito di un concorso; e infine, in ottavo luogo, alcune frodi relative alle spese di rappresentanza percepite dalla ricorrente.

7

L’OLAF ha concluso dichiarando che, in relazione alle domande di riporto di giorni di congedo del capo di gabinetto della ricorrente, era possibile che fossero state commesse infrazioni qualificabili come falso documentale e uso di documenti falsi nonché come truffa. Secondo la suddetta relazione finale, era possibile che fossero stati commessi illeciti penali da parte della ricorrente e dei membri del suo gabinetto in relazione a somme di denaro che l’interessata avrebbe percepito, secondo le persone coinvolte, a titolo di prestiti. Ciò premesso, l’OLAF, in applicazione dell’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) (GU L 136, pag. 1), ha informato di tali elementi le autorità giudiziarie lussemburghesi, affinché queste indagassero sui fatti che potevano indicare la commissione di reati.

8

Quanto alle altre accuse, fatta eccezione per quella di frode commessa nell’ambito di un concorso, l’OLAF ha evidenziato possibili irregolarità o dubbi relativamente al comportamento della sig.ra Nikolaou, ed ha suggerito alla Corte dei conti di adottare «misure correttive» nei confronti di quest’ultima nonché misure intese a migliorare il sistema di controllo in vigore all’interno di tale istituzione.

9

Il 26 aprile 2004 la ricorrente è stata sentita in occasione di una riunione ristretta della Corte dei conti, in vista di un’eventuale applicazione dell’articolo 247, paragrafo 7, CE. Con lettera in data 13 maggio 2004 (in prosieguo: la «lettera del 13 maggio 2004»), il presidente della Corte dei conti ha comunicato che, riguardo al rinvio del caso dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea ai fini dell’applicazione dell’articolo 247, paragrafo 7, CE, per il fatto che la sig.ra Nikolaou aveva asseritamente sollecitato e ottenuto prestiti personali dai membri del suo gabinetto, l’unanimità richiesta dall’articolo 6 del regolamento interno della Corte dei conti, quale approvato il 31 gennaio 2002, non era stata raggiunta in occasione della riunione svoltasi il 4 maggio 2004. Il presidente della Corte dei conti ha aggiunto, a questo proposito, che una larga maggioranza dei membri di tale istituzione aveva ritenuto che il comportamento della ricorrente fosse assolutamente inappropriato. Relativamente ai giorni di ferie del capo di gabinetto di quest’ultima, il presidente della Corte dei conti ha dichiarato che, essendo il caso pendente dinanzi ai giudici lussemburghesi, l’istituzione interessata aveva rinviato la propria decisione in attesa delle conclusioni dei relativi procedimenti.

10

Con la sentenza Nikolaou/Commissione (T‑259/03, EU:T:2007:254), il Tribunale ha condannato la Commissione delle Comunità europee a versare alla ricorrente un risarcimento di EUR 3 000, a seguito della pubblicazione di talune informazioni relative all’indagine condotta dall’OLAF.

11

Con una sentenza resa il 2 ottobre 2008 (in prosieguo: la «sentenza del 2 ottobre 2008»), la Chambre correctionnelle du Tribunal d’arrondissement de Luxembourg [Sezione correzionale del Tribunale circondariale di Lussemburgo] ha assolto la ricorrente e il suo capo di gabinetto dall’imputazione di falso documentale e uso di documenti falsi, nonché dall’imputazione – formulata in termini alternativi – di falsa dichiarazione, ovvero, in subordine, di conservazione di indennità, sovvenzioni o assegni senza averne diritto, ovvero, in ulteriore subordine, di truffa. Il tribunale suddetto ha ritenuto, in sostanza, che talune spiegazioni fornite dal capo di gabinetto della ricorrente e da quest’ultima gettassero un dubbio sull’insieme di elementi di prova raccolti dall’OLAF e dalla polizia giudiziaria lussemburghese intesi a dimostrare che il citato capo di gabinetto si era trovato in congedo per ferie non dichiarato durante vari giorni nel corso degli anni 1999, 2000 e 2001. Detto tribunale ha concluso che i fatti addebitati alla sig.ra Nikolaou non erano stati dimostrati in modo irrefutabile e che, dovendo l’esistenza di un benché minimo dubbio risolversi in beneficio dell’imputato, l’interessata doveva essere assolta dalle accuse elevate nei suoi confronti. Secondo il preambolo della sentenza del 2 ottobre 2008, la ricorrente e il suo capo di gabinetto erano stati rinviati dinanzi alla Chambre correctionnelle du Tribunal d’arrondissement de Luxembourg da un’ordinanza della Chambre du conseil [Sezione istruttoria] di tale tribunale, confermata da una sentenza della Chambre du conseil de la Cour d’appel [Sezione istruttoria della Corte di appello] del 29 gennaio 2008. Non essendo stata appellata, la sentenza del 2 ottobre 2008 è divenuta definitiva.

12

Con lettera del 14 aprile 2009, la ricorrente ha chiesto alla Corte dei conti di pubblicare in tutti i giornali belgi, tedeschi, greci, spagnoli, francesi e lussemburghesi una comunicazione relativa alla sua assoluzione e di informarne le altre istituzioni dell’Unione europea. In subordine, nel caso in cui la Corte dei conti non avesse proceduto a tali pubblicazioni, la ricorrente aveva chiesto un risarcimento di EUR 100 000 a titolo di riparazione del danno morale, importo che essa si impegnava ad utilizzare per effettuare le pubblicazioni suddette. La ricorrente aveva altresì chiesto alla Corte dei conti, in primo luogo, di versarle EUR 40 000 a titolo di riparazione del danno morale causato dal procedimento avviato dinanzi ai giudici lussemburghesi ed EUR 57 771,40 a titolo di risarcimento del danno materiale causato da tale procedimento, in secondo luogo, di risarcirla di tutte le spese sostenute, segnatamente dinanzi al giudice istruttore e al Tribunal d’arrondissement de Luxembourg e, in terzo luogo, di risarcirla delle spese sostenute per il procedimento svoltosi dinanzi alla Corte dei conti.

13

Con una lettera del 7 luglio 2009, il presidente della Corte dei conti ha trasmesso alla sig.ra Nikolaou la decisione adottata, il 2 luglio 2009, in risposta alle suddette richieste. Con tale decisione, da un lato, sono stati respinti gli argomenti fatti valere nella sopra citata lettera del 14 aprile 2009 e, dall’altro lato, è stato comunicato alla sig.ra Nikolaou che la Corte dei conti aveva «cercato di stabilire, sulla base delle informazioni di cui disponeva, se i fatti presentassero un profilo di gravità sufficiente per adire la [Corte]», affinché quest’ultima statuisse sull’esistenza di violazioni degli obblighi che incombevano a questo ex membro in forza del Trattato CE e sulla necessità di applicare eventuali sanzioni. A questo proposito, nella suddetta decisione sono stati altresì ricordati gli elementi che avevano portato la Corte dei conti a non sottoporre il caso alla Corte, tra i quali figuravano in particolare l’assoluzione della sig.ra Nikolaou, in virtù della sentenza del 2 ottobre 2008, e l’assenza di pregiudizio per il bilancio comunitario, tenuto conto del rimborso della somma indebitamente versata al capo di gabinetto dell’interessata.

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

14

Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 16 giugno 2009, la sig.ra Nikolaou ha proposto un ricorso per risarcimento inteso ad ottenere la condanna della Corte dei conti al versamento di una somma di EUR 85 000, oltre ad interessi a partire dal 14 aprile 2009, a titolo di riparazione del danno morale causato da «condotte» ed omissioni asseritamente imputabili a detta istituzione, importo che essa si è impegnata ad utilizzare per far pubblicare una comunicazione relativa alla sua assoluzione.

15

A sostegno di tale ricorso, la ricorrente ha, in primo luogo, dedotto sei motivi, relativi alla violazione qualificata, da parte della Corte dei conti, di norme giuridiche dell’Unione che conferiscono diritti ai singoli. In secondo luogo, essa ha fatto valere l’esistenza di un nesso di causalità diretto tra tale violazione e il danno morale e materiale subìto in conseguenza di quest’ultima.

16

Il Tribunale ha respinto tale ricorso, ritenendo che la Corte dei conti non avesse commesso alcuna delle violazioni del diritto dell’Unione addebitate.

17

Quanto agli aspetti che presentano un interesse ai fini della presente impugnazione, il Tribunale ha concluso, in primo luogo, ai punti da 27 a 31 della sentenza impugnata, che le «condotte» della Corte dei conti relative all’indagine preliminare non configuravano alcuna illegittimità, dal momento che detta istituzione non aveva violato né gli obblighi risultanti dall’interpretazione del combinato disposto degli articoli 2 e 4 della decisione 99/50, né i diritti della difesa, e neppure il principio di imparzialità.

18

In particolare, al punto 29 di tale sentenza, il Tribunale ha affermato che l’indagine preliminare cui si riferisce l’articolo 2 della decisione 99/50 mira, da un lato, a consentire al segretario generale di valutare se gli elementi portati alla sua conoscenza lascino presumere l’esistenza di irregolarità pregiudizievoli per gli interessi finanziari dell’Unione e, dall’altro lato, a trasmettere all’OLAF, conformemente all’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1073/1999, un fascicolo che consenta a tale ufficio di stabilire se sussistano i presupposti per l’avvio di un’indagine interna a norma dell’articolo 5, secondo comma, di detto regolamento. Il Tribunale ha così statuito che, non essendo tale indagine preliminare destinata a sfociare nell’adozione di conclusioni riguardanti la persona chiamata in causa, l’obbligo risultante dall’articolo 4, primo comma, secondo periodo, della decisione 99/50 non riguarda le «condotte» del segretario generale nell’ambito dell’articolo 2 di tale decisione.

19

Allo stesso modo, al punto 30 della citata sentenza, il Tribunale ha statuito che, stante la conformità delle comunicazioni ricevute mediante le lettere dell’8 e del 26 aprile 2002 alle prescrizioni dettate dall’articolo 4, primo comma, primo periodo, della decisione 99/50, la ricorrente non poteva validamente invocare la violazione di tale disposizione allegando che la Corte dei conti non l’aveva sentita prima di trasmettere all’OLAF il fascicolo contenente gli elementi che il segretario generale aveva raccolto sul suo conto.

20

In secondo luogo, al punto 32 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto non fondata l’allegazione della ricorrente secondo cui la Corte dei conti avrebbe fatto uso di un documento falso. A questo proposito, detto giudice ha constatato che il documento in questione, ossia una domanda di riporto di ferie annuali del capo di gabinetto della sig.ra Nikolaou, con data 20 novembre 2001, non compariva tra i documenti facenti parte del fascicolo preliminare trasmesso all’OLAF. In ogni caso, esso ha rilevato che, anche supponendo che la Corte dei conti avesse effettivamente trasmesso tale documento all’OLAF o alle autorità lussemburghesi, questa eventuale trasmissione non significava che la Corte dei conti avesse agito in malafede in riferimento all’autenticità della firma della ricorrente.

21

In terzo luogo, il Tribunale ha statuito, ai punti da 43 a 47 della sentenza impugnata, che l’omessa adozione, da parte della Corte dei conti, di una decisione formale di liberazione della ricorrente da qualsiasi accusa nei suoi confronti a seguito della sentenza del 2 ottobre 2008, non era illegittima.

22

Anzitutto, al punto 45 di detta sentenza, il Tribunale ha constatato che la ricorrente era stata assolta sulla scorta di dubbi nati da talune spiegazioni fornite dal suo capo di gabinetto. Di conseguenza, secondo il Tribunale, il motivo dell’assoluzione implicava non già che le accuse mosse nei confronti della ricorrente fossero totalmente infondate, bensì, come era stato chiarito dal Tribunal d’arrondissement de Luxembourg, il fatto che tali accuse non erano state dimostrate in modo da escludere «il benché minimo dubbio».

23

Successivamente, al punto 46 della stessa sentenza, il Tribunale ha statuito che spettava esclusivamente alle autorità giudiziarie nazionali esaminare le accuse suddette sul piano penale e alla Corte valutarle sul piano disciplinare, a norma dell’articolo 247, paragrafo 7, CE. Secondo il Tribunale, la Corte dei conti non era dunque competente a pronunciarsi al riguardo.

24

Infine, al punto 47 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato che dalla mancata adizione della Corte a norma della disposizione sopra citata non poteva dedursi che la Corte dei conti ritenesse totalmente infondati i fatti addebitati alla ricorrente. Infatti, a norma dell’articolo 6 del regolamento interno della Corte dei conti, l’adizione della Corte doveva, a giudizio del Tribunale, essere decisa all’unanimità. Pertanto, il Tribunale ha statuito che, pur essendo vero che la mancata adizione della Corte implicava che tale unanimità non era stata raggiunta, ciò non costituiva una presa di posizione della Corte dei conti riguardo alla verità dei fatti. In tale contesto, pronunciandosi sul rilievo contenuto nella lettera del 13 maggio 2004, il Tribunale ha giudicato che «non era inappropriato per il presidente della Corte dei conti fare presente alla ricorrente che la grande maggioranza dei membri dell’istituzione [aveva] considerato il suo comportamento inaccettabile, impedendo così che la mancata adizione della Corte [potesse] essere intesa come una presunta negazione della verità dei fatti ascritti, ciò che d’altronde non [avrebbe corrisposto] alla realtà».

25

In quarto luogo, il Tribunale ha constatato, al punto 49 della sentenza impugnata, che dal dovere di sollecitudine non poteva desumersi alcun obbligo per la Corte dei conti di procedere alla pubblicazione dell’assoluzione della ricorrente.

Conclusioni delle parti

26

Con la sua impugnazione, la sig.ra Nikolaou chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata e rinviare la causa al Tribunale ai fini della decisione, nonché

condannare la Corte dei conti alle spese.

27

La Corte dei conti chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione in quanto in parte irricevibile e in parte infondata, e

condannare la sig.ra Nikolaou alle spese di giudizio.

Sull’impugnazione

28

A sostegno della sua impugnazione, la sig.ra Nikolaou deduce quattro motivi.

Sul primo motivo

Argomenti delle parti

29

Con il suo primo motivo, la ricorrente sostiene che il principio della presunzione d’innocenza, sancito all’articolo 48, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e all’articolo 6, paragrafo 2, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, offre una garanzia procedurale che non è limitata soltanto alla fase precedente alla pronuncia di una decisione giudiziaria, bensì si applica anche successivamente a quest’ultima. Pertanto, tale principio dovrebbe essere interpretato nel senso che osta alla decisione di un giudice dell’Unione che rimetta in discussione l’innocenza di una persona accusata, malgrado che quest’ultima sia stata in precedenza assolta in forza di una decisione penale irrevocabile (v. Corte EDU, sentenza Vassilios Stavropoulos c. Grecia del 27 settembre 2007, Recueil des arrêts et décisions 2007‑I, § 39).

30

Alla luce di tali considerazioni, la ricorrente fa valere che, al punto 45 della sentenza impugnata, il Tribunale ha violato il suddetto principio, statuendo che il motivo di assoluzione fondato sull’esistenza di dubbi, adottato dal Tribunal d’arrondissement de Luxembourg, «non implica[va] che le accuse nei confronti della ricorrente [fossero] totalmente infondate».

31

Orbene, una violazione siffatta pregiudicherebbe necessariamente la validità della sentenza impugnata, in quanto essa è stata determinante per considerare legittime, ai punti 44 e 49 di tale pronuncia, le omissioni della Corte dei conti quanto all’adozione di una decisione formale di liberazione della ricorrente da qualsiasi accusa a suo carico a seguito della sentenza del 2 ottobre 2008, e alla pubblicazione, sugli organi di stampa, dell’assoluzione di essa ricorrente.

32

La Corte dei conti fa valere che questo primo motivo è fondato sulla premessa secondo cui detta istituzione o il Tribunale avrebbero proceduto ad un riesame della fondatezza della sentenza del 2 ottobre 2008. Orbene, tale premessa sarebbe erronea.

33

Infatti, in occasione dell’adozione della decisione del 2 luglio 2009 menzionata al punto 13 della presente sentenza, la Corte dei conti avrebbe preso atto della pronuncia sopra citata e ne avrebbe tratto le conclusioni che ne derivavano per essa quanto all’esercizio della propria competenza, la quale non comprendeva la possibilità di procedere alla pubblicazione dell’assoluzione della ricorrente. Allo stesso modo, il Tribunale avrebbe riconosciuto e rispettato il contenuto di detta pronuncia relativamente alle conseguenze di carattere penale della stessa.

Giudizio della Corte

34

Con il primo motivo di impugnazione, la sig.ra Nikolaou sostiene che il Tribunale ha violato il principio della presunzione d’innocenza, statuendo, al punto 45 della sentenza impugnata, che il motivo di assoluzione adottato nella sentenza del 2 ottobre 2008«non implica[va] che le accuse nei confronti della ricorrente [fossero] totalmente infondate», bensì «implica[va] il fatto che tali accuse non [erano] state dimostrate in modo da escludere “il benché minimo dubbio”». Tale errore dovrebbe, secondo la ricorrente, determinare l’annullamento della sentenza impugnata, in quanto il Tribunale, se non avesse violato il suddetto principio, avrebbe riconosciuto, ai punti 44 e 49 di tale sentenza, l’illegittimità delle omissioni della Corte dei conti quanto all’adozione di una decisione formale di liberazione di essa ricorrente da qualsiasi accusa mossa nei suoi confronti, a seguito della sentenza del 2 ottobre 2008, e alla pubblicazione, sugli organi di stampa, dell’assoluzione della ricorrente.

35

A questo proposito, occorre ricordare che il principio della presunzione d’innocenza, sancito all’articolo 48, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, norma corrispondente all’articolo 6, paragrafi 2 e 3, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, può risultare violato in particolare quando una decisione giudiziaria esprima, attraverso la sua motivazione, l’idea che una persona è colpevole di un illecito, malgrado che precedenti procedimenti penali si siano già conclusi con l’assoluzione di tale persona (v. Corte EDU, sentenze Allenet de Ribemont c. Francia del 10 febbraio 1995, serie A n. 308, §§ 35 e 36; Daktaras c. Lituania del 10 ottobre 2000, Recueil des arrêts et décisions 2000‑III, §§ da 41 a 44, nonché Teodor c. Romania del 4 giugno 2013, Recueil des arrêts et décisions 2013‑III, §§ 36 e 37).

36

Nel caso di specie, come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 57 delle sue conclusioni, occorre rilevare che i passaggi del ragionamento del Tribunale contenuti al punto 45 della sentenza impugnata lasciano effettivamente persistere l’impressione che la sig.ra Nikolaou potrebbe essere colpevole di un illecito penale basato su fatti identici a quelli per i quali essa è stata invece definitivamente assolta dalla sentenza del 2 ottobre 2008.

37

Di conseguenza, occorre statuire che queste considerazioni ledono in modo manifesto il principio della presunzione d’innocenza.

38

Ciò premesso, è però importante constatare che la violazione di tale principio non può determinare l’annullamento della sentenza impugnata, dal momento che le valutazioni formulate ai punti 44 e 49 di quest’ultima riguardo alla legittimità delle omissioni imputate alla Corte dei conti sono in ogni caso validamente fondate su un’altra parte della motivazione, sviluppata in modo autonomo al punto 46 della medesima sentenza (v., in tal senso, sentenze JCB Service/Commissione, C‑167/04 P, EU:C:2006:594, punto 186, nonché Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 233).

39

Infatti, attraverso tale parte della motivazione, il Tribunale ha correttamente statuito che, da un lato, spetta «esclusivamente alle autorità giudiziarie nazionali esaminare le accuse sul piano penale» mosse nei confronti di un ex membro della Corte dei conti e che, dall’altro, incombe alla Corte valutare tali accuse «sul piano disciplinare in conformità dell’articolo 247, paragrafo 7, CE», sicché la Corte dei conti non è legittimata, nell’ambito della struttura istituzionale dell’Unione, né ad adottare una decisione formale di liberazione della ricorrente da qualsiasi accusa elevata a suo carico, sul piano disciplinare o su quello penale, né a procedere alla pubblicazione, sugli organi di stampa, della sua assoluzione.

40

Peraltro, tale constatazione è conforme anche ai principi risultanti dalla consolidata giurisprudenza relativa al carattere autonomo dei procedimenti disciplinari che si svolgono dinanzi alla Corte, ai sensi dell’articolo 247, paragrafo 7, CE, rispetto ai procedimenti nazionali di natura penale (sentenza Commissione/Cresson, C‑432/04, EU:C:2006:455, punti 120 e 121). Infatti, come rilevato anche dall’avvocato generale ai paragrafi da 71 a 73 delle sue conclusioni, risulta da tale giurisprudenza che la Corte dei conti, in quanto autorità competente ad adire la Corte, non è vincolata – così come non lo è quest’ultima – dalla qualificazione giuridica dei fatti compiuta nel corso di un procedimento penale nazionale. La Corte dei conti non era dunque tenuta a porre in essere, nel caso di specie, a seguito della sentenza del 2 ottobre 2008, gli atti o i comportamenti reclamati dalla ricorrente.

41

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre respingere il primo motivo di impugnazione in quanto inoperante.

Sul secondo motivo

Argomenti delle parti

42

Con il suo secondo motivo, la sig.ra Nikolaou imputa al Tribunale di aver violato il principio di leale cooperazione, enunciato all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, e al cui rispetto esso era tenuto nei confronti del Tribunal d’arrondissement de Luxembourg.

43

A questo proposito la ricorrente, riferendosi all’ordinanza Zwartveld e a. (C‑2/88, EU:C:1990:315, punto 17) e alla sentenza Irlanda/Commissione (C‑339/00, EU:C:2003:545, punti 71 e 72), sostiene che tale principio impone non soltanto agli Stati membri, ma anche alle istituzioni dell’Unione e, per estensione, a tutti gli organi di quest’ultima, compresi i suoi organi giurisdizionali, doveri reciproci di leale cooperazione.

44

Premesso ciò, essa fa valere che il Tribunale non ha invece rispettato la sentenza del 2 ottobre 2008, né tenuto in debita considerazione tale pronuncia.

45

Anzitutto, ai punti 44 e 45 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe proceduto ad una lettura dei fatti relativi al comportamento della sig.ra Nikolaou del tutto divergente dalla valutazione compiuta dal Tribunal d’arrondissement de Luxembourg.

46

Inoltre, la valutazione formulata al punto 35 della sentenza impugnata, secondo cui la gestione di qualsiasi sistema di congedi è fondata sull’obbligo del superiore gerarchico di verificare la presenza del personale posto sotto la sua autorità, sarebbe manifestamente contraria alle considerazioni formulate nella sentenza del 2 ottobre 2008, secondo le quali non esisteva alcun obbligo imposto ai membri dei gabinetti di tenere un registro dei congedi.

47

Infine, il Tribunale avrebbe statuito, al punto 38 della sentenza impugnata, che «il carattere deficitario del sistema di registrazione e di sorveglianza dei congedi della Corte dei conti applicabile all’epoca dei fatti» non poteva giustificare la rinuncia a qualsiasi indagine o azione sanzionatoria nei confronti della ricorrente, quando invece era stato proprio il menzionato carattere deficitario del sistema di gestione dei congedi a portare all’assoluzione della ricorrente da parte del Tribunal d’arrondissement de Luxembourg.

48

In risposta a tali argomenti, la Corte dei conti fa valere che questo secondo motivo di impugnazione si basa su un travisamento dei rispettivi ruoli delle istituzioni interessate, nonché della portata dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE.

49

Infatti, conformemente alla giurisprudenza risultante dalla sentenza Commissione/Cresson (EU:C:2006:455), il Tribunale non avrebbe rimesso in discussione la sentenza del 2 ottobre 2008, ma avrebbe semplicemente compiuto una valutazione autonoma di alcuni fatti già esaminati nel corso del procedimento penale svoltosi a livello nazionale, in sede di verifica dell’esistenza di un’eventuale responsabilità extracontrattuale della Corte dei conti. Pertanto, la diversa valutazione di alcune circostanze di fatto deriverebbe dal carattere autonomo di ciascuna delle due procedure giurisdizionali avviate.

Giudizio della Corte

50

Con il suo secondo motivo, la ricorrente addebita al Tribunale di aver violato il principio di leale cooperazione cui esso era tenuto nei confronti del Tribunal d’arrondissement de Luxembourg, in quanto avrebbe valutato alcuni elementi di fatto, ai punti 44 e 45 nonché 35 e 38 della sentenza impugnata, in modo divergente rispetto alle considerazioni formulate nella sentenza del 2 ottobre 2008.

51

A questo proposito, occorre ricordare che il principio di leale cooperazione, il quale prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona era enunciato all’articolo 10 CE ed ora trova riconoscimento nell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, determina un obbligo, a carico degli Stati membri, di prendere tutte le misure idonee a garantire la piena realizzazione e l’efficacia del diritto dell’Unione e impone alle istituzioni di quest’ultima doveri reciproci di rispetto e di assistenza nei confronti degli Stati membri nell’adempimento dei compiti assegnati dai Trattati (v., in tal senso, sentenze First e Franex, C‑275/00, EU:C:2002:711, punto 49, e Irlanda/Commissione, EU:C:2003:545, punto 71).

52

Orbene, nell’ambito di tali compiti, l’articolo 235 CE, letto in combinato disposto con l’articolo 225, paragrafo 1, CE, conferisce espressamente alla Corte e al Tribunale la competenza a conoscere delle controversie relative al risarcimento dei danni di cui all’articolo 288, secondo comma, CE, norma che ha ad oggetto la responsabilità extracontrattuale della Comunità. Secondo una giurisprudenza consolidata, tale competenza è esclusiva, e in tale contesto i giudici comunitari devono verificare il soddisfacimento di un insieme di condizioni cumulative, ossia l’illegittimità del comportamento addebitato alle istituzioni, l’effettiva esistenza del danno e la sussistenza di un nesso di causalità fra l’asserito comportamento ed il danno lamentato, al soddisfacimento delle quali è subordinato l’insorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità (v. sentenza Commissione/Systran e Systran Luxembourg, C‑103/11 P, EU:C:2013:245, punto 60 e la giurisprudenza ivi citata).

53

Inoltre, per quanto riguarda in particolare il soddisfacimento della prima delle condizioni suddette, la Corte ha già precisato in più occasioni che è necessario che sia dimostrata una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli (v. sentenza Bergaderm e Goupil/Commissione, C‑352/98 P, EU:C:2000:361, punto 42), ossia una violazione manifesta e grave, da parte dell’istituzione in questione, dei limiti che si impongono al suo potere discrezionale (v., in tal senso, sentenze Brasserie du pêcheur e Factortame, C‑46/93 e C‑48/93, EU:C:1996:79, punto 55, e Commissione/CEVA e Pfizer, C‑198/03 P, EU:C:2005:445, punto 64).

54

Risulta così dai principi suddetti che il ricorso per risarcimento danni connesso ad una responsabilità extracontrattuale della Comunità per le azioni od omissioni delle sue istituzioni è stato istituito come rimedio autonomo rispetto ad altre azioni giudiziali, avente la propria funzione particolare nell’ambito del sistema dei mezzi di ricorso e subordinato a condizioni di esercizio concepite in vista del suo specifico oggetto (v., in particolare, sentenza Lütticke/Commissione, 4/69, EU:C:1971:40, punto 6, nonché Unifrex/Commissione e Consiglio, 281/82, EU:C:1984:165, punto 11).

55

Di conseguenza, come rilevato anche dalla Corte dei conti nelle sue osservazioni scritte, sebbene le constatazioni operate nel corso di un procedimento penale vertente su fatti identici a quelli esaminati nell’ambito di un procedimento fondato sull’articolo 235 CE possano essere prese in considerazione dal giudice comunitario adito, quest’ultimo non è però vincolato dalla qualificazione giuridica di tali fatti compiuta dal giudice penale, bensì è tenuto, nella pienezza del suo potere discrezionale, ad analizzarli in maniera autonoma al fine di verificare se siano soddisfatte le condizioni al cui soddisfacimento è subordinato l’insorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità (v., per analogia, sentenza Commissione/Cresson, EU:C:2006:455, punti 120 e 121).

56

Alla luce di tali considerazioni, occorre dunque constatare che sono prive di fondamento le allegazioni mediante le quali la ricorrente imputa al Tribunale di aver violato, ai punti 44 e 45 nonché 35 e 38 della sentenza impugnata, il principio di leale cooperazione.

57

Infatti, ai citati punti di detta sentenza, il Tribunale non è venuto meno al dovere di rispetto istituzionale che gli incombeva nei confronti del Tribunal d’arrondissement de Luxembourg, in quanto esso si è pronunciato su alcuni fatti già esaminati dalla sentenza del 2 ottobre 2008 al solo scopo di verificare la legittimità delle omissioni addebitate alla Corte dei conti nel quadro della controversia vertente sulla responsabilità extracontrattuale della Comunità, e non allo scopo di valutare la fondatezza delle accuse penali mosse contro la sig.ra Nikolaou.

58

Ne consegue che il secondo motivo di impugnazione deve essere dichiarato infondato.

Sul terzo motivo

Argomenti delle parti

59

Con il suo terzo motivo, la sig.ra Nikolaou fa valere che la sentenza impugnata è inficiata da un vizio di competenza del Tribunale, a motivo del fatto che quest’ultimo ha risolto questioni che oltrepassano i limiti delle attribuzioni conferitegli dai Trattati.

60

In primo luogo, essa ritiene che, al punto 45 di detta sentenza, il Tribunale abbia statuito come una «corte d’appello penale», allorché ha valutato nel merito, sotto il profilo penalistico, «ciò che implica» o «ciò che non implica» il motivo di assoluzione «fondato sul dubbio», adottato nella sentenza del 2 ottobre 2008.

61

In secondo luogo, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha agito come un «giudice disciplinare» ed ha inoltre convalidato una lettura inesatta delle attribuzioni della Corte dei conti, affermando al punto 47 della sentenza impugnata, in merito al rilievo contenuto nella lettera del 13 maggio 2004, che «non era inappropriato per il presidente della Corte dei conti fare presente alla ricorrente che la grande maggioranza dei membri dell’istituzione [aveva] considerato il suo comportamento inaccettabile».

62

A questo proposito la sig.ra Nikolaou precisa che, essendo la Corte, a norma dell’articolo 247, paragrafo 7, CE, l’unica istituzione competente a statuire sulle violazioni di natura disciplinare imputate ad un membro della Corte dei conti, il Tribunale non era legittimato né a pronunciarsi a tal fine sul comportamento addebitato alla ricorrente nella lettera suddetta, né a riconoscere la legittimità del contenuto di quest’ultima.

63

La Corte dei conti fa valere che tale motivo di impugnazione deve essere dichiarato in parte irricevibile, in quanto costituisce semplicemente la riproposizione degli argomenti invocati in primo grado relativamente alla lettera del 13 maggio 2004, e in parte infondato, nella misura in cui il Tribunale non ha rimesso in discussione la sentenza del 2 ottobre 2008, potendo infatti la valutazione di un medesimo comportamento condurre a conclusioni differenti, a seconda della natura dell’organo giurisdizionale adito e dell’azione giudiziale instaurata.

Giudizio della Corte

64

Con il suo terzo motivo, la sig.ra Nikolaou sostiene che il Tribunale ha violato le regole di competenza risultanti dai Trattati. In primo luogo, al punto 45 della sentenza impugnata, esso avrebbe valutato, nel merito, le accuse penali mosse contro la ricorrente e il motivo di assoluzione adottato nella sentenza del 2 ottobre 2008. In secondo luogo, al punto 47 di detta sentenza, il Tribunale avrebbe ingiustamente esaminato il rilievo di natura disciplinare contenuto nella lettera del 13 maggio 2004 e confermato la legittimità del contenuto di quest’ultima, disconoscendo i limiti non solo delle proprie competenze ma anche di quelle della Corte dei conti.

65

Orbene, occorre constatare che tali allegazioni derivano da un’erronea lettura della sentenza impugnata.

66

Infatti, per quanto riguarda la prima parte di questo motivo di impugnazione, è sufficiente rilevare che, al punto 45 di detta sentenza, il Tribunale non ha esaminato i fatti all’origine delle accuse penali mosse contro la ricorrente e il motivo di assoluzione adottato nella sentenza del 2 ottobre 2008, allo scopo di rimettere in discussione il risultato finale di quest’ultima o di riaprire il procedimento penale svolto a livello nazionale.

67

Per contro, come si è rilevato ai punti 56 e 57 della presente sentenza, il Tribunale, nei limiti della sua competenza esclusiva in materia di responsabilità extracontrattuale della Comunità, si è limitato a fare riferimento agli stessi elementi di fatto che erano stati presi in considerazione nel corso del suddetto procedimento penale, al solo fine di rispondere agli argomenti della ricorrente riguardanti la presunta illegittimità dell’omessa adozione, da parte della Corte dei conti, di una decisione formale che la liberasse da qualsiasi accusa mossa nei suoi confronti, a seguito della sentenza del 2 ottobre 2008.

68

Pertanto, al punto 45 della sentenza impugnata, il Tribunale, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, non ha agito come una «corte d’appello penale», ma è rimasto entro i confini delle sue attribuzioni.

69

Per quanto riguarda la seconda parte del terzo motivo di impugnazione, occorre precisare, da un lato, che il ragionamento seguito al punto 47 della sentenza impugnata costituisce anche una risposta ad un argomento della ricorrente attinente alla violazione, da parte della Corte dei conti, del principio di imparzialità e del dovere di sollecitudine, in conseguenza di un rilievo spiacevole e superfluo contenuto nella lettera del 13 maggio 2004.

70

Pertanto, procedendo all’analisi di tale rilievo nell’ambito del ricorso per risarcimento danni sottoposto alla sua cognizione, il Tribunale non si è pronunciato, da un punto di vista disciplinare, sul comportamento addebitato alla ricorrente e non ha ecceduto i limiti della propria competenza in materia di responsabilità extracontrattuale della Comunità.

71

Dall’altro lato, per quanto riguarda il contenuto della lettera del 13 maggio 2004, occorre rilevare che, come sottolineato anche dall’avvocato generale al paragrafo 84 delle sue conclusioni, esso era giustamente limitato alla semplice indicazione del risultato del voto dei membri della Corte dei conti riuniti per decidere in merito all’adizione della Corte ai sensi dell’articolo 247, paragrafo 7, CE, e dunque non effettuava una valutazione, sul piano disciplinare, del comportamento addebitato alla sig.ra Nikolaou.

72

Infatti, dato che l’adizione della Corte poteva essere legittimamente decisa, in conformità dei principi risultanti dalla giurisprudenza in materia, sulla base della supposta esistenza di una «violazione di una certa gravità» (v., in tal senso, sentenza Commissione/Cresson, EU:C:2006:455, punto 72), era lecito per la Corte dei conti indicare che l’unanimità necessaria a tal fine, ai sensi dell’articolo 6 del suo regolamento interno, non era stata raggiunta, sebbene una larga maggioranza dei suoi membri avesse criticato il comportamento censurato al punto (i) della lettera suddetta.

73

Del resto, come è stato confermato da tutte le parti in occasione dell’udienza dinanzi alla Corte, il rilievo formulato in tale lettera è rimasto strettamente personale e non ha costituito l’oggetto di alcuna divulgazione agli organi di stampa.

74

Risulta da tali considerazioni che, giudicando legittimo il contenuto della lettera del 13 maggio 2004, il Tribunale non ha affatto riconosciuto alla Corte dei conti competenze in materia disciplinare di cui essa non disponeva, e non ha neppure disconosciuto la portata delle proprie competenze, non avendo agito in veste di «giudice disciplinare».

75

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre respingere il terzo motivo di impugnazione nel suo insieme in quanto infondato.

Sul quarto motivo

Argomenti delle parti

76

Con la prima parte del suo quarto motivo, la sig.ra Nikolaou fa valere che il Tribunale ha interpretato e applicato in modo erroneo le norme disciplinanti la responsabilità extracontrattuale della Comunità. Infatti, al punto 32 della sentenza impugnata, esso avrebbe aggiunto una condizione supplementare, non richiesta dalla giurisprudenza, ossia la necessità che l’istituzione di cui trattasi abbia agito «in malafede».

77

Con la seconda parte del quarto motivo, la ricorrente imputa al Tribunale di aver commesso un errore di diritto nell’interpretazione dell’articolo 2, secondo comma, della decisione 99/50, letto in combinato disposto con l’articolo 4, primo comma, di quest’ultima.

78

Da un lato, al punto 30 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe erroneamente statuito che non era necessario informare la ricorrente dell’avvio di un’indagine preliminare nei suoi confronti e che le lettere dell’8 e del 26 aprile 2002, le quali avevano informato la ricorrente soltanto dell’avvio dell’indagine interna dell’OLAF, rispondevano alle prescrizioni dettate dall’articolo 4, primo comma, primo periodo, della decisione summenzionata. Dall’altro lato, al punto 29 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe erroneamente dichiarato che l’omessa comunicazione alla ricorrente, da parte della Corte dei conti, del contenuto del fascicolo formato in occasione dell’indagine preliminare ovvero l’omessa audizione della ricorrente prima della trasmissione di tale fascicolo all’OLAF non configurava alcun illecito, ai sensi dell’articolo 4, primo comma, secondo periodo, della decisione suddetta.

79

Secondo la Corte dei conti, tale motivo di impugnazione deve essere dichiarato irricevibile, in quanto consiste in una semplice riproposizione degli argomenti presentati in primo grado e costituisce dunque una domanda di riesame dei fatti del caso di specie.

80

Ad ogni modo, al punto 32 della sentenza impugnata, il Tribunale non avrebbe aggiunto alcuna condizione supplementare ai fini dell’insorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità. Del pari, detto giudice non avrebbe commesso alcun errore nella lettura da esso operata riguardo all’articolo 2, secondo comma, della decisione 99/50, dato che tale disposizione non imporrebbe di informare dell’avvio di un’indagine preliminare la persona sospettata di irregolarità, bensì esigerebbe semplicemente che il segretario generale trasmetta, senza ritardo, all’OLAF le informazioni raccolte nell’ambito di tale indagine.

Giudizio della Corte

81

Con la prima parte del quarto motivo di impugnazione, la ricorrente imputa al Tribunale di essere incorso in un errore di diritto nell’interpretazione delle condizioni atte a far sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità, avendo statuito, al punto 32 della sentenza impugnata, che l’eventuale trasmissione all’OLAF o alle autorità lussemburghesi di un documento datato 20 novembre 2001, promanante dal capo di gabinetto della sig.ra Nikolaou e la cui firma era probabilmente falsa, non significava che la Corte dei conti avesse agito in malafede riguardo alla questione dell’autenticità della firma della ricorrente.

82

A questo proposito, è sufficiente rilevare che il Tribunale ha tratto questa conclusione soltanto in via subordinata, dopo aver constatato, in via principale, che il suddetto documento non era compreso nel fascicolo preliminare trasmesso dalla Corte dei conti all’OLAF e neppure era stato comunicato alle autorità lussemburghesi.

83

Pertanto, mancando nell’impugnazione proposta qualsiasi contestazione riguardo a tale valutazione di natura fattuale, la prima parte del quarto motivo di impugnazione deve essere respinta in quanto inoperante.

84

Con la seconda parte del quarto motivo di impugnazione, la sig.ra Nikolaou fa valere che il Tribunale ha interpretato in modo erroneo l’articolo 2, secondo comma, della decisione 99/50, letto in combinato disposto con l’articolo 4, primo comma, di quest’ultima, avendo affermato, da un lato, al punto 30 della sentenza impugnata, che le lettere dell’8 e del 26 aprile 2002, che avevano informato la ricorrente dell’avvio dell’indagine interna dell’OLAF e non dell’indagine preliminare, soddisfacevano le prescrizioni dettate dall’articolo 4, primo comma, primo periodo, di detta decisione e, dall’altro lato, al punto 29 della medesima sentenza, che l’articolo 4, primo comma, secondo periodo, della citata decisione non obbligava la Corte dei conti a comunicare alla ricorrente il contenuto del fascicolo formato nell’ambito dell’indagine preliminare, né a procedere alla sua audizione prima di trasmettere tale fascicolo all’OLAF.

85

A questo proposito, occorre ricordare che l’articolo 2, secondo comma, della decisione 99/50 dispone che il segretario generale, da un lato, «comunica senza indugio all’[OLAF] qualsiasi elemento di fatto che lasci presumere l’esistenza di irregolarità», come la frode, la corruzione o qualsiasi altra attività illecita pregiudizievole per gli interessi finanziari delle Comunità, e, dall’altro, «procede ad un’indagine preliminare, senza pregiudizio delle indagini interne effettuate dall’[OLAF]».

86

Orbene, in assenza di indicazioni esplicite risultanti da tale articolo, per rispondere al primo argomento addotto a sostegno della seconda parte del quarto motivo di impugnazione, occorre stabilire, anzitutto, se l’obbligo di informazione cui si riferisce l’articolo 4, primo comma, primo periodo, della decisione 99/50 si estenda anche all’indagine preliminare, indi, in caso affermativo, quale sia la natura di tale obbligo, e infine, se la ricorrente abbia effettivamente ricevuto, nel caso di specie, un’informazione siffatta.

87

Relativamente all’esame di tali punti, occorre constatare che, senza precisare in alcun modo la tipologia di indagine contemplata, il citato articolo 4, primo comma, primo periodo, stabilisce semplicemente che, ove si prospetti la possibilità di un coinvolgimento personale di un membro, di un funzionario o di un agente della Corte dei conti, l’interessato deve esserne informato «rapidamente», ove ciò non rischi di nuocere all’indagine.

88

Ne consegue che, anche ammettendo che detta disposizione si applichi anche all’indagine preliminare, occorre rilevare che, da un lato, essa non prevede un obbligo di informazione immediata, sin dall’inizio dell’indagine, e, dall’altro, che essa apporta un temperamento a tale obbligo esigendo che sia preservata l’efficacia dell’indagine.

89

Ciò premesso, è importante constatare che, nella fattispecie, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, mediante la lettera del 26 aprile 2002 essa è stata senz’altro informata non soltanto dell’avvio di un’indagine interna, ma anche del fatto che un’indagine preliminare era stata svolta dalla Corte dei conti e che un fascicolo relativo a quest’ultima era stato consegnato dal segretario generale all’OLAF.

90

Pertanto, in assenza di allegazioni della ricorrente che eccepiscano il carattere eventualmente tardivo dell’invio di una lettera siffatta, occorre affermare che, come rilevato anche dall’avvocato generale al paragrafo 96 delle sue conclusioni, la comunicazione contenuta in tale lettera ha conciliato il principio di un’informazione rapida della persona interessata con la necessità di assicurare l’efficacia dell’indagine preliminare e, al tempo stesso, dell’indagine interna.

91

Ne consegue che il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto giudicando, al punto 30 della sentenza impugnata, che le comunicazioni effettuate mediante le lettere dell’8 e del 26 aprile 2002 soddisfacevano le prescrizioni dettate dall’articolo 4, primo comma, primo periodo, della decisione 99/50.

92

Precisato ciò, al fine di valutare la fondatezza del secondo argomento addotto a sostegno della seconda parte del presente motivo di impugnazione, resta da stabilire se l’indagine preliminare esiga, in ogni caso, che venga rispettato l’obbligo di informazione previsto dall’articolo 4, primo comma, secondo periodo, di detta decisione – a mente del quale, «all’esito dell’indagine, non possono essere tratte conclusioni riferentisi nominativamente ad un membro (...) della Corte dei conti senza che l’interessato sia stato messo in condizione di pronunciarsi su tutti i fatti che lo riguardano» –, e dunque se la ricorrente dovesse essere sentita prima della chiusura dell’indagine preliminare e della trasmissione all’OLAF del fascicolo formato.

93

A questo scopo, dato che dal tenore letterale del citato articolo 4, primo comma, secondo periodo, non emerge alcuna indicazione univoca, occorre esaminare le caratteristiche specifiche dell’indagine preliminare.

94

Orbene, come chiarito dalla Corte dei conti in occasione dell’udienza dinanzi alla Corte, tale indagine costituisce una fase preliminare di raccolta e di valutazione delle informazioni relative alle segnalazioni di irregolarità ricevute dal segretario generale, la finalità della quale consiste nel verificare la credibilità degli elementi posti a sostegno di tali segnalazioni, prima di raccoglierli in un fascicolo e di trasmetterli o all’autorità che ha il potere di nomina, ai fini dell’avvio di un’indagine amministrativa, o all’OLAF, ai fini dello svolgimento di un’indagine interna.

95

Ne consegue che, come rilevato anche dall’avvocato generale al paragrafo 93 delle sue conclusioni, l’indagine preliminare non è destinata a sfociare nell’adozione di conclusioni riguardanti la persona chiamata in causa.

96

Date tali circostanze, il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto, al punto 29 della sentenza impugnata, esaminando gli scopi dell’indagine preliminare e affermando che l’obbligo risultante dall’articolo 4, primo comma, secondo periodo, della decisione 99/50 non riguarda gli atti compiuti dal segretario generale nell’ambito di tale indagine.

97

Di conseguenza, occorre respingere la seconda parte del quarto motivo di impugnazione, nella sua interezza, in quanto infondata.

98

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre dichiarare il quarto motivo di impugnazione in parte inoperante e in parte infondato, e respingere l’impugnazione.

Sulle spese

99

A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del suo regolamento di procedura, la Corte, quando l’impugnazione è respinta, statuisce sulle spese. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di detto regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione a norma dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Corte dei conti ne ha fatto domanda, la sig.ra Nikolaou, rimasta soccombente nei motivi proposti, deve essere condannata alle spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

 

2)

La sig.ra Kalliopi Nikolaou è condannata alle spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il greco.