SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

18 febbraio 2016 ( *1 )

«Impugnazione — Politica estera e di sicurezza comune — Lotta contro la proliferazione nucleare — Misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran — Congelamento dei fondi di una banca iraniana — Obbligo di motivazione — Procedura di adozione dell’atto — Errore manifesto di valutazione»

Nella causa C‑176/13 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 9 aprile 2013,

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da S. Boelaert e M. Bishop, in qualità di agenti,

ricorrente,

sostenuto da

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato da L. Christie e S. Behzadi‑Spencer, in qualità di agenti, assistiti da S. Lee, barrister,

procedimento in cui le altre parti sono:

Bank Mellat, con sede in Teheran (Iran), rappresentata da M. Brindle, QC, R. Blakeley e V. Zaiwalla, barristers, nonché da Z. Burbeza, P. Reddy, S. Zaiwalla e F. Zaiwalla, solicitors,

ricorrente in primo grado,

Commissione europea, rappresentata da D. Gauci e M. Konstantinidis, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da T. von Danwitz, presidente di sezione, D. Šváby, A. Rosas (relatore), E. Juhász e C. Vajda, giudici,

avvocato generale: E. Sharpston

cancelliere: L. Carrasco Marco, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 settembre 2014,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 26 febbraio 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Mediante la sua impugnazione, il Consiglio dell’Unione europea chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 29 gennaio 2013, Bank Mellat/Consiglio (T‑496/10, EU:T:2013:39; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), mediante la quale tale giudice ha annullato, nei limiti in cui riguardano la Bank Mellat:

il punto 4 della tabella B dell’allegato II della decisione 2010/413/PESC del Consiglio, del 26 luglio 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga la posizione comune 2007/140/PESC (GU L 195, pag. 39, e, per rettifica, GU L 197, pag. 19);

il punto 2 della tabella B dell’allegato del regolamento di esecuzione (UE) n. 668/2010 del Consiglio, del 26 luglio 2010, che attua l’articolo 7, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 423/2007 concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 195, pag. 25);

il punto 4 della tabella B, sotto il titolo I, dell’allegato della decisione 2010/644/PESC del Consiglio, del 25 ottobre 2010, recante modifica della decisione 2010/413 (GU L 281, pag. 81);

il punto 4 della tabella B dell’allegato VIII del regolamento (UE) n. 961/2010 del Consiglio, del 25 ottobre 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento (CE) n. 423/2007 (GU L 281, pag. 1);

la decisione 2011/783/PESC del Consiglio, del 1o dicembre 2011, che modifica la decisione 2010/413 (GU L 319, pag. 71);

il regolamento di esecuzione (UE) n. 1245/2011 del Consiglio, del 1o dicembre 2011, che attua il regolamento n. 961/2010 (GU L 319, pag. 11);

il punto 4 della tabella B, sotto il titolo I, dell’allegato IX del regolamento (UE) n. 267/2012 del Consiglio, del 23 marzo 2012, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento n. 961/2010 (GU L 88, pag. 1),

nella misura in cui il nome «Bank Mellat» figura negli elenchi delle persone, delle entità e degli organismi ai quali si applicano le misure restrittive deliberate in virtù degli atti sopra elencati (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti controversi»).

Contesto normativo e fatti all’origine della controversia

2

Preoccupato a seguito dei numerosi rapporti inoltrati dal direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) e delle risoluzioni del Consiglio dei governatori dell’AIEA riguardanti il programma nucleare della Repubblica islamica dell’Iran, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (in prosieguo: il «Consiglio di sicurezza») ha adottato, in data 23 dicembre 2006, la risoluzione 1737 (2006), il cui punto 12, letto in combinato disposto con l’allegato della risoluzione stessa, elencava una serie di persone e di entità che sarebbero state coinvolte nella proliferazione nucleare ed i cui fondi e le cui risorse economiche avrebbero dovuto essere congelati.

3

Al fine di dare attuazione alla risoluzione 1737 (2006) nell’Unione europea, il Consiglio ha adottato, il 27 febbraio 2007, la posizione comune 2007/140/PESC, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 61, pag. 49).

4

L’articolo 5, paragrafo 1, della posizione comune 2007/140 prevedeva il congelamento di tutti i fondi e di tutte le risorse economiche di talune categorie di persone ed entità elencate alle lettere a) e b) di questa stessa disposizione. Più precisamente, la lettera a) del citato articolo 5, paragrafo 1, riguardava le persone e le entità indicate nell’allegato della risoluzione 1737 (2006), nonché le altre persone e le altre entità indicate dal Consiglio di sicurezza o dal Comitato del Consiglio di sicurezza istituito ai sensi dell’articolo 18 della risoluzione 1737 (2006). L’elenco di tali persone e di tali entità era contenuto nell’allegato I della posizione comune 2007/140. La lettera b) del citato articolo 5, paragrafo 1, riguardava le persone e le entità non indicate in detto allegato I, le quali, in particolare, partecipavano, erano direttamente associate o davano il loro sostegno alle attività nucleari della Repubblica islamica dell’Iran comportanti un rischio di proliferazione. L’elenco di tali persone e di tali entità era contenuto nell’allegato II della citata posizione comune.

5

Nella misura in cui risultavano coinvolte le competenze della Comunità europea, si è dato attuazione alla risoluzione 1737 (2006) mediante il regolamento (CE) n. 423/2007 del Consiglio, del 19 aprile 2007, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 103, pag. 1), adottato sulla base degli articoli 60 CE e 301 CE, vertente sulla posizione comune 2007/140 ed il cui contenuto è sostanzialmente analogo a quello di quest’ultima, posto che nell’allegato IV di tale regolamento, riguardante le persone, le entità e gli organismi indicati dal Consiglio di sicurezza o dal Comitato per le sanzioni, e nell’allegato V dello stesso regolamento, concernente le persone, le entità e gli organismi diversi da quelli indicati nel suddetto allegato IV, compaiono gli stessi nomi di entità e di persone fisiche.

6

L’articolo 7, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 423/2007 era così formulato:

«Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati dalle persone, entità o organismi di cui all’allegato V. Figurano nell’allegato V le persone fisiche e giuridiche, le entità e gli organismi non menzionati nell’allegato IV che, a norma dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), della posizione comune 2007/140/PESC, sono stati riconosciuti:

a)

partecipare, essere direttamente associati o dare il loro sostegno ad attività nucleari dell’Iran sensibili in termini di proliferazione (…)».

7

Avendo constatato che la Repubblica islamica dell’Iran continuava le proprie attività legate all’arricchimento nucleare e non collaborava con l’AIEA, il Consiglio di sicurezza ha adottato, il 3 marzo 2008, la risoluzione 1803 (2008). Al punto 10 di tale risoluzione, il Consiglio di sicurezza:

«Chiede a tutti gli Stati di vigilare sulle attività svolte dalle istituzioni finanziarie stabilite sul loro territorio con tutte le banche domiciliate in Iran, in particolare la Banca Melli e la Banca Saderat, nonché con le loro succursali e agenzie all’estero, per evitare che tali attività concorrano al rischio di proliferazione o allo sviluppo di vettori di armi nucleari, come affermato nella risoluzione 1737 (2006)».

8

Mediante la risoluzione 1929 (2010), del 9 giugno 2010, il Consiglio di sicurezza ha adottato misure più severe e ha deciso, in particolare, il congelamento dei fondi di varie entità finanziarie. Al punto 21 della suddetta risoluzione, il Consiglio di sicurezza esorta segnatamente gli Stati «a impedire la prestazione di servizi finanziari, inclusi i servizi di assicurazione e di riassicurazione, ovvero il trasferimento da, verso o attraverso il loro territorio, o a favore o da parte di propri cittadini o di entità disciplinate dal loro diritto interno (comprese le succursali all’estero) o di persone o di istituzioni finanziarie ubicate nel loro territorio, di attività o risorse finanziarie o di altro tipo, qualora detti Stati dispongano di informazioni che offrano motivi ragionevoli per ritenere che tali servizi, attività o risorse potrebbero contribuire alle attività nucleari dell’Iran in termini di proliferazione o allo sviluppo di vettori di armi nucleari, là dove ciò potrà essere realizzato anche congelando le attività e le risorse finanziarie o di altro tipo che si trovano o verranno a trovarsi nel loro territorio, o che sono o si troveranno in seguito sotto la loro giurisdizione, e che sono correlate a tali programmi o attività, nonché esercitando una sorveglianza rafforzata per prevenire siffatte transazioni, in accordo con le loro autorità nazionali e con la loro normativa nazionale».

9

La Bank Mellat viene menzionata nel punto 6 dell’allegato I della risoluzione 1929 (2010), nelle motivazioni dell’iscrizione della First East Export Bank plc (in prosieguo: la «FEE») in tale allegato:

«Questa banca è di proprietà, si trova sotto il controllo, ovvero agisce in nome di Bank Mellat. Negli ultimi sette anni, Bank Mellat ha permesso ad entità iraniane che operano nei settori nucleare, missilistico e della difesa di effettuare transazioni per centinaia di milioni di dollari».

10

In una dichiarazione allegata alle sue conclusioni del 17 giugno 2010, il Consiglio europeo ha sottolineato la propria crescente preoccupazione per il programma nucleare iraniano, si è felicitato per l’adozione, da parte del Consiglio di sicurezza, della risoluzione 1929 (2010), ha preso atto dell’ultima relazione emessa dall’AIEA, in data 31 maggio 2010, ed ha annunciato l’introduzione di nuove misure restrittive riguardanti, in particolare, il settore finanziario.

11

Mediante la decisione 2010/413, adottata il 26 luglio 2010, il Consiglio ha dato attuazione alla dichiarazione di cui sopra, abrogando la posizione comune 2007/140 ed adottando misure restrittive supplementari rispetto a quest’ultima. I considerando da 17 a 20 della decisione 2010/413, relativi alle attività finanziarie, ricordano le decisioni del Consiglio di sicurezza prese nella risoluzione 1929 (2010), nonché la dichiarazione del Consiglio europeo del 17 giugno 2010. Il capo 2 della decisione 2010/413 è dedicato al settore finanziario. L’articolo 10, paragrafo 1, di tale decisione stabilisce che, al fine di impedire la prestazione di servizi finanziari, ovvero il trasferimento da, verso o attraverso il territorio degli Stati membri, o a favore o da parte di cittadini degli Stati membri o di entità disciplinate dal loro diritto interno (incluse le succursali all’estero) o di persone o istituzioni finanziarie ubicate nel territorio degli Stati membri, di attività o di risorse finanziarie o di altro tipo, che possano contribuire alle attività nucleari iraniane sensibili in termini di proliferazione o allo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari, gli Stati membri esercitano una vigilanza rafforzata su tutte le attività svolte da istituzioni finanziarie ricadenti sotto la loro giurisdizione con le banche domiciliate in Iran e con le succursali, le controllate e le entità dipendenti da queste ultime.

12

L’articolo 20, paragrafo 1, della decisione 2010/413 prevede il congelamento dei fondi di varie categorie di persone ed entità. La lettera a) di tale articolo 20, paragrafo 1, riguarda le persone e le entità indicate dal Consiglio di sicurezza, che sono elencate nell’allegato I di questa stessa decisione. La lettera b) del citato articolo 20, paragrafo 1, riguarda «[le] persone e entità non menzionate dall’allegato I che partecipano, sono direttamente associate o danno il loro sostegno ad attività nucleari sensibili in termini di proliferazione o allo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari dell’Iran, anche attraverso un coinvolgimento nell’approvvigionamento di prodotti, beni, attrezzature, materiali e tecnologie vietati, o [le] persone o entità che agiscono per loro conto o sotto la loro direzione, o [le] entità da esse possedute o controllate, anche attraverso mezzi illeciti, o [le] persone e entità che hanno assistito persone o entità indicate per eludere o violare le disposizioni [delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza] 1737 (2006), (…) 1747 (2007), (…) 1803 (2008) e (…) 1929 (2010) ovvero la presente decisione[,] nonché (…) altri membri e entità di alto livello dell’IRGC [Corpo dei guardiani della rivoluzione islamica] e della IRISL [Islamic Republic of Iran Shipping Lines] o [le] entità da essi possedute o controllate, o che agiscono per loro conto, di cui all’elenco nell’allegato II».

13

Varie entità finanziarie ovvero gruppi formati da queste entità vengono menzionati nell’allegato II della decisione 2010/413. La Bank Mellat è iscritta nel punto 4 della parte I, sezione B, di tale allegato. Vengono indicati i seguenti motivi della decisione di iscrizione:

«Banca iraniana di proprietà dello Stato, la Mellat agisce in modo da sostenere e favorire i programmi nucleare e balistico dell’Iran. Ha prestato servizi bancari ad entità riportate negli elenchi dell’ONU e dell’[Unione] o ad entità che agiscono per loro conto o sotto la loro direzione ovvero ad entità da esse possedute o controllate. È la banca di controllo della [FEE], che è indicata [nella risoluzione del Consiglio di sicurezza] 1929».

14

Mediante il regolamento di esecuzione n. 668/2010, adottato il 26 luglio 2010 in attuazione dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 423/2007, il nome della Bank Mellat, menzionato al punto 2 della parte I, sezione B, dell’allegato di detto regolamento di esecuzione, è stato aggiunto all’elenco delle persone giuridiche, delle entità e degli organismi contenuto nella tabella I dell’allegato V del regolamento n. 423/2007.

15

I motivi dell’iscrizione della Bank Mellat nell’elenco suddetto sono quasi identici a quelli indicati nella decisione 2010/413.

16

Con lettera del 27 luglio 2010, il Consiglio ha informato la Bank Mellat dell’iscrizione del suo nome nell’elenco di cui all’allegato II della decisione 2010/413 e nell’elenco di cui all’allegato V del regolamento n. 423/2007.

17

Con lettere in data 16 e 24 agosto, nonché 2 e 9 settembre 2010, la Bank Mellat ha invitato il Consiglio a comunicarle gli elementi sui quali si era basato per adottare le misure restrittive nei suoi confronti.

18

In risposta alle domande di accesso al fascicolo della Bank Mellat, il Consiglio le ha comunicato, con lettera del 13 settembre 2010, le copie di due proposte di adozione delle misure restrittive presentate da alcuni Stati membri. Esso ha altresì concesso alla banca suddetta un termine fino al 25 settembre 2010 per la presentazione di osservazioni riguardanti l’adozione delle misure restrittive a suo carico.

19

L’allegato II della decisione 2010/413 è stato riveduto e rielaborato dalla decisione 2010/644, adottata il 25 ottobre 2010. Nel considerando 2 di tale decisione, il Consiglio precisa di aver tenuto conto delle osservazioni presentategli dagli interessati.

20

Il nome della Bank Mellat è stato ripreso al punto 4 dell’elenco delle entità contenuto nella tabella I dell’allegato II della decisione 2010/413 quale risultante dalla decisione 2010/644. La motivazione non indica più che si tratta di una banca di Stato, ma per il resto è identica a quella figurante nella decisione 2010/413.

21

Il regolamento n. 423/2007 è stato abrogato e sostituito dal regolamento n. 961/2010, adottato il 25 ottobre 2010. L’articolo 16, paragrafo 2, di tale regolamento così dispone:

«Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati dalle persone, entità o organismi di cui all’allegato VIII. Figurano nell’allegato VIII le persone fisiche e giuridiche, le entità e gli organismi (…) che, a norma dell’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della decisione 20[10]/413 (…), sono stati riconosciuti come:

a)

partecipanti, direttamente associati o fonte di sostegno ad attività nucleari sensibili in termini di proliferazione o allo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari da parte dell’Iran, anche mediante la partecipazione all’acquisto di beni e tecnologie vietati, o posseduti o controllati da tale persona, entità o organismo, anche con mezzi illeciti, o operanti per loro conto o sotto la loro direzione;

b)

persone fisiche o giuridiche, entità o organismi che hanno aiutato una persona, un’entità o un organismo dell’elenco ad aggirare o violare le disposizioni del presente regolamento, della decisione 2010/413 (…) o [delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza] 1737 (2006), (…) 1747 (2007), (…) 1803 (2008) e (…) 1929 (2010);

(…)».

22

Il nome della Bank Mellat è stato inserito dal Consiglio al punto 4 dell’elenco delle persone giuridiche, delle entità e degli organismi indicati nell’allegato VIII, parte B, del regolamento n. 961/2010. I motivi di tale iscrizione sono quasi identici a quelli indicati nella decisione 2010/413 quale risultante dalla decisione 2010/644.

23

Il 31 maggio 2011 il Consiglio ha comunicato alla Bank Mellat, in allegato alla controreplica depositata nell’ambito del giudizio di annullamento sfociato nella sentenza impugnata, un documento del Consiglio datato 27 maggio 2011 contenente l’estratto di una terza proposta di iscrizione della Bank Mellat nell’elenco delle entità costituenti l’oggetto di misure restrittive (in prosieguo: la «terza proposta»).

24

Il 1o dicembre 2011 il Consiglio ha deciso, dopo aver proceduto a un riesame, di mantenere la Bank Mellat nell’elenco di cui alla decisione 2010/413, mediante la decisione 2011/783, nonché nell’elenco di cui al regolamento n. 961/2010, mediante il regolamento di esecuzione n. 1245/2011.

25

Facendo riferimento alle conclusioni del Consiglio europeo del 9 dicembre 2011, il Consiglio ha adottato nuove misure mediante la decisione 2012/35/PESC, del 23 gennaio 2012, che modifica la decisione 2010/413 (GU L 19, pag. 22).

26

Il 23 marzo 2012 esso ha adottato nuove misure mediante il regolamento n. 267/2012, che abroga e sostituisce il regolamento n. 961/2010. Il congelamento dei fondi e delle risorse economiche è previsto all’articolo 23 del regolamento n. 267/2012. L’articolo 23, paragrafo 2, è dunque redatto nei seguenti termini:

«Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati dalle persone, entità e organismi di cui all’allegato IX. L’allegato IX comprende le persone fisiche e giuridiche, le entità e gli organismi che, a norma dell’articolo 20, paragrafo 1, lettere b) e c), della decisione [2010/413], sono stati riconosciuti come:

a)

partecipanti, direttamente associati o fonte di sostegno ad attività nucleari dell’Iran sensibili in termini di proliferazione o allo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari da parte dell’Iran, anche mediante la partecipazione all’acquisto di beni e tecnologie vietati, o posseduti o controllati da tale persona, entità o organismo, anche con mezzi illeciti, o operanti per loro conto o sotto la loro direzione;

b)

persone fisiche o giuridiche, entità o organismi che hanno aiutato una persona, un’entità o un organismo dell’elenco ad aggirare o violare le disposizioni del presente regolamento, della decisione [2010/413] o [delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza] 1737 (2006), (…) 1747 (2007), (…) 1803 (2008) e (…) 1929 (2010);

(…)

d)

altre persone, entità o organismi che forniscono sostegno, anche finanziario, logistico o materiale, al governo iraniano e persone e entità ad essi associate;

(…)».

27

La Bank Mellat è iscritta al punto 4 della tabella B, sotto il titolo I, dell’allegato IX del regolamento n. 267/2012. I motivi di tale iscrizione sono quasi identici a quelli contenuti nella decisione 2010/413 quale risultante dalla decisione 2010/644.

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

28

Con ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 ottobre 2010, la Bank Mellat [in prosieguo anche: la «ricorrente» o la «banca ricorrente in primo grado»] ha proposto un ricorso di annullamento contro la decisione 2010/413 e contro il regolamento di esecuzione n. 668/2010. Successivamente, essa ha ampliato la propria domanda giudiziale, chiedendo anche l’annullamento della decisione 2010/644, del regolamento n. 961/2010, della decisione 2011/783, del regolamento di esecuzione n. 1245/2011 e del regolamento n. 267/2012, nei limiti in cui tali atti riguardano essa ricorrente.

29

Anzitutto, il Tribunale ha respinto l’argomentazione tanto del Consiglio quanto della Commissione secondo cui la Bank Mellat non era legittimata a far valere le tutele e le garanzie connesse ai diritti fondamentali.

30

Esso ha poi esaminato il ricorso presentato dalla Bank Mellat. Quest’ultima faceva valere tre motivi. Il primo motivo riguardava una violazione dell’obbligo di motivazione, dei diritti della difesa di essa ricorrente e del suo diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva. Il secondo motivo verteva su un errore manifesto di valutazione quanto all’adozione delle misure restrittive nei suoi confronti. Il terzo motivo riguardava una violazione del suo diritto di proprietà e del principio di proporzionalità.

31

Nell’ambito del primo motivo di ricorso, relativo ad una violazione dell’obbligo di motivazione, dei diritti della difesa della ricorrente e del suo diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, il Tribunale ha esaminato ciascuno dei motivi di decisione riguardanti la Bank Mellat e indicati negli atti controversi e nelle proposte di adozione delle misure restrittive. Il giudice di primo grado ha statuito che il Consiglio aveva violato l’obbligo di motivazione per alcuni dei motivi di decisione addotti, in ragione della loro mancanza di precisione. A causa di tale mancanza di precisione, anche il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva della Bank Mellat era stato violato in relazione a tali motivi. Questo stesso diritto era stato inoltre violato per quanto riguardava la decisione 2010/413, il regolamento di esecuzione n. 668/2010, la decisione 2010/644 e il regolamento n. 961/2010 in ragione della comunicazione tardiva della terza proposta di adozione delle misure restrittive. Infine, il Tribunale ha considerato che l’esame della decisione 2010/413 e del regolamento di esecuzione n. 668/2010 era inficiato da un vizio, dal momento che il fascicolo non conteneva alcun indizio che suggerisse che il Consiglio avesse verificato la pertinenza e la fondatezza degli elementi riguardanti la Bank Mellat. Di conseguenza, il Tribunale ha accolto il primo motivo di ricorso relativamente alla decisione 2010/413, al regolamento di esecuzione n. 668/2010, alla decisione 2010/644 e al regolamento n. 961/2010.

32

Il Tribunale ha poi esaminato il secondo motivo di ricorso, relativo ad un errore manifesto di valutazione per quanto riguardava l’adozione delle misure restrittive nei confronti della Bank Mellat. Tale esame è stato incentrato sui motivi di decisione considerati sufficientemente precisi e non lesivi dell’obbligo di motivazione. Poiché nessuno di questi motivi addotti dal Consiglio nei confronti della ricorrente giustificava l’adozione delle misure restrittive nei suoi confronti, il Tribunale ha accolto il secondo motivo di ricorso ed ha annullato gli atti controversi nei limiti in cui riguardavano la ricorrente, senza che fosse necessario esaminare il terzo motivo di ricorso, relativo ad una violazione del principio di proporzionalità.

Conclusioni delle parti

33

Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

statuire definitivamente sulla lite e respingere il ricorso proposto dalla Bank Mellat contro gli atti controversi;

condannare la Bank Mellat a rifondere le spese sostenute dal Consiglio in primo grado e nell’ambito del presente giudizio di impugnazione.

34

La Bank Mellat chiede che la Corte voglia respingere l’impugnazione e condannare il Consiglio alle spese.

35

La Commissione sostiene integralmente le conclusioni formulate dal Consiglio nella sua impugnazione.

36

Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord chiede che la Corte voglia accogliere l’impugnazione, annullare la sentenza impugnata e respingere il ricorso proposto dalla Bank Mellat contro gli atti controversi.

Sull’impugnazione

Quanto all’eccezione di irricevibilità dell’impugnazione

Argomenti delle parti

37

La Bank Mellat sostiene che l’impugnazione è stata proposta fuori termine. Essa fa valere che i termini aumentati in ragione della distanza previsti dal regolamento di procedura della Corte non sono applicabili, in quanto il Consiglio non è distante dalla Corte, comunicando con essa per via elettronica.

38

Il Consiglio ricorda l’articolo 51 del regolamento di procedura, a norma del quale i termini aumentati in ragione della distanza hanno carattere forfettario.

Giudizio della Corte

39

Come sottolineato dall’avvocato generale ai paragrafi 32 e 33 delle sue conclusioni, se certo la terminologia utilizzata per designare i termini previsti all’articolo 51 del regolamento di procedura ricorda che tali termini miravano a compensare il tempo richiesto dai servizi postali in funzione della distanza dalla Corte, nondimeno, dopo le modificazioni del regolamento di procedura della Corte di giustizia del 28 novembre 2000 (GU L 322, pag. 1), detti termini sono termini forfettari (v., in tal senso, sentenza Gbagbo e a./Consiglio, da C‑478/11 P a C‑482/11 P, EU:C:2013:258, punto 63).

40

Ne consegue che l’articolo 51 del regolamento di procedura era applicabile nel caso di specie, anche se il Consiglio comunicava con la Corte per via elettronica. Di conseguenza, l’impugnazione è stata proposta entro il termine previsto e l’eccezione di irricevibilità deve essere respinta.

Nel merito

41

Il Consiglio fa valere che la sentenza impugnata è viziata da svariati errori di diritto.

Quanto all’eccezione di irricevibilità dei motivi relativi alla violazione dei diritti fondamentali

– La sentenza impugnata

42

Al punto 46 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto l’argomentazione sia del Consiglio che della Commissione secondo cui la Bank Mellat non era legittimata a invocare le tutele e le garanzie connesse ai diritti fondamentali. Esso ha statuito, al punto 41 di detta sentenza, che il diritto dell’Unione non contiene norme che impediscano a persone giuridiche che sono emanazioni di Stati terzi di invocare a proprio favore le tutele e le garanzie connesse ai diritti fondamentali, e, al punto 42 della medesima pronuncia, che, del resto, e in ogni caso, il Consiglio e la Commissione non hanno prodotto elementi atti a dimostrare che la banca ricorrente in primo grado fosse effettivamente un’emanazione dello Stato iraniano.

– Argomenti delle parti

43

Il Consiglio censura, anzitutto, i punti da 35 a 41 della sentenza impugnata. Esso ritiene che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto affermando che, anche se fosse dimostrato che la Bank Mellat è un’emanazione dello Stato iraniano, essa potrebbe invocare a proprio favore, dinanzi al giudice dell’Unione, le tutele e le garanzie connesse ai diritti fondamentali.

44

Detta istituzione trae argomenti dall’articolo 34 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), il quale nega alle organizzazioni governative e alle entità analoghe la facoltà di adire la Corte europea dei diritti dell’uomo, nonché da altre disposizioni equivalenti, come l’articolo 44 della Convenzione americana relativa ai diritti dell’uomo, del 22 novembre 1969. La ratio legis consisterebbe nel fatto che uno Stato non può beneficiare di diritti fondamentali. Anche se i Trattati dell’Unione e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea non contengono disposizioni analoghe all’articolo 34 della CEDU, si applicherebbe il medesimo principio.

45

Il Consiglio ritiene che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto anche là dove ha affermato che non esisteva alcun elemento comprovante che la Bank Mellat costituisse effettivamente un’organizzazione governativa. A questo proposito il Consiglio menziona:

la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui è necessario esaminare con cura ciascun contesto di fatto e di diritto al fine di stabilire se un’entità sia un’organizzazione o un’entità governativa o non governativa;

i lavori della Commissione del diritto internazionale delle Nazioni Unite, e in particolare i commenti relativi all’articolo 2, lettera b), della Convenzione delle Nazioni Unite sull’immunità giurisdizionale degli Stati e dei loro beni, adottata il 2 dicembre 2004, secondo i quali la nozione di «organismi o istituzioni dello Stato ed altre entità» può includere le imprese statali o altre entità istituite dallo Stato che effettuano operazioni commerciali, e

la giurisprudenza della Corte in materia di aiuti (sentenza Francia/Commissione, C‑482/99, EU:C:2002:294, punto 55).

46

Sarebbe dunque erroneo il giudizio del Tribunale secondo cui, poiché la Bank Mellat svolge attività commerciali assoggettate al diritto comune, queste non possono essere qualificate come «servizio pubblico» anche se sono necessarie per il funzionamento dell’economia di uno Stato. Il Tribunale non avrebbe tenuto nella debita considerazione neppure l’influenza che il governo iraniano esercita sulla Bank Mellat, malgrado che tale Stato detenga una partecipazione del 20% in questa banca e che il resto dell’azionariato sia diffuso.

47

La Bank Mellat respinge gli argomenti avanzati dal Consiglio.

– Giudizio della Corte

48

Occorre rilevare che il ricorso proposto dalla Bank Mellat si inscrive nell’ambito dell’articolo 275, secondo comma, TFUE (sentenza Consiglio/Manufacturing Support & Procurement Kala Naft,C‑348/12 P, EU:C:2013:776, punto 50).

49

La Bank Mellat deduce dei motivi attinenti ad una violazione dei suoi diritti della difesa e del suo diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva. Simili diritti possono essere invocati da qualsiasi persona fisica o da qualsiasi entità che proponga un ricorso dinanzi ai giudici dell’Unione.

50

Lo stesso vale per i motivi relativi ad una violazione delle forme sostanziali, come quello attinente ad una violazione dell’obbligo di motivazione degli atti.

51

Per quanto riguarda i motivi relativi ad un manifesto errore di valutazione o ad una violazione del principio generale di proporzionalità, occorre constatare che la possibilità, per un’entità statale, di invocarli costituisce una questione attinente al merito della controversia (sentenza Consiglio/Manufacturing Support & Procurement Kala Naft,C‑348/12 P, EU:C:2013:776, punto 51).

52

Alla luce di tali elementi, occorre respingere il motivo dedotto dal Consiglio, senza che sia necessario esaminare l’argomento attinente ad un errore che il Tribunale avrebbe commesso statuendo che non era dimostrato che la Bank Mellat fosse un’entità statale, essendo tale argomento inoperante.

Quanto all’obbligo di motivazione, ai diritti della difesa, al diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva e all’accesso al fascicolo

– La sentenza impugnata

53

Ai punti da 49 a 51 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ricordato la giurisprudenza relativa all’obbligo di motivare gli atti, previsto dall’articolo 296, secondo comma, TFUE. Ai punti da 52 a 55 di tale sentenza, esso ha ricordato la giurisprudenza relativa ai diritti della difesa e all’obbligo di comunicare gli elementi posti a carico dell’entità interessata, affinché quest’ultima sia messa in condizione di far valere utilmente il proprio punto di vista in merito a tali elementi.

54

Ai punti 63 e 64 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato che, per verificare il rispetto dell’obbligo di motivazione e dell’obbligo di comunicare alla Bank Mellat gli elementi posti a suo carico, occorre prendere in considerazione, oltre ai motivi di decisione indicati negli atti controversi, due proposte di adozione delle misure restrittive comunicate dal Consiglio alla ricorrente con lettera in data 13 settembre 2010, nonché la terza proposta allegata dal Consiglio alla sua controreplica, depositata il 31 maggio 2011. Secondo il Tribunale, tali proposte sono state sottoposte alle delegazioni degli Stati membri nel contesto dell’adozione delle misure restrittive riguardanti la ricorrente e costituiscono, di conseguenza, elementi sui quali tali misure si fondano.

55

Al punto 65 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato quanto segue:

«(…) è vero che la terza proposta è stata comunicata alla ricorrente sia dopo la proposizione del ricorso sia dopo l’adeguamento delle conclusioni successivo all’adozione della decisione 2010/644 e del regolamento n. 961/2010. Pertanto, essa non può validamente completare la motivazione della decisione 2010/413, del regolamento di esecuzione n. 668/2010, della decisione 2010/644 e del regolamento n. 961/2010. Essa può tuttavia essere presa in considerazione nell’ambito della valutazione della legittimità degli atti successivi, ossia della decisione 2011/783, del regolamento di esecuzione n. 1245/2011 e del regolamento n. 267/2012».

56

Ai punti da 66 a 76 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato ciascuno dei motivi di decisione indicati negli atti controversi e nelle proposte di adozione delle misure restrittive. I punti da 66 a 69 sono così formulati:

«66

Gli atti [controversi] menzionano i seguenti quattro motivi di decisione che riguardano la ricorrente:

secondo la decisione 2010/413 e il regolamento di esecuzione n. 668/2010, la ricorrente è una banca di Stato (in prosieguo: il “primo motivo di decisione”);

la ricorrente ha un comportamento che sostiene e facilita il programma nucleare e quello riguardante i missili balistici dell’Iran (in prosieguo: il “secondo motivo di decisione”);

la ricorrente fornisce servizi bancari a entità inserite negli elenchi delle Nazioni Unite e dell’[Unione], a entità che agiscono per loro conto o sotto la loro direzione o ad entità da esse possedute o controllate (in prosieguo: il “terzo motivo di decisione”);

la ricorrente è la società madre della [FEE], che è indicata nella risoluzione 1929 (2010) (…) (in prosieguo: il “quarto motivo di decisione”).

67

La prima delle due proposte di adozione delle misure restrittive comunicate il 13 settembre 2010 coincide in parte con il secondo motivo di decisione addotto negli atti [controversi]. Essa aggiunge i seguenti motivi di decisione:

la ricorrente fornisce servizi bancari all’Organizzazione iraniana dell’energia atomica (in prosieguo: l’“AEOI”) e alla Novin Energy Company (in prosieguo: la “Novin”), che sono oggetto di misure restrittive adottate dal Consiglio di sicurezza (…) (in prosieguo: il “quinto motivo di decisione”);

la ricorrente gestisce i conti degli alti funzionari dell’Organizzazione delle industrie aerospaziali e di un responsabile degli acquisti iraniano (in prosieguo: il “sesto motivo di decisione”).

68

La seconda proposta comunicata il 13 settembre 2010 coincide sostanzialmente con la motivazione degli atti [controversi]. Essa aggiunge un solo motivo, secondo il quale la ricorrente avrebbe agevolato la movimentazione di milioni di dollari per il programma nucleare iraniano almeno dal 2003 (in prosieguo: il “settimo motivo di decisione”).

69

La terza proposta di adozione delle misure restrittive, allegata alla controreplica, non contiene elementi aggiuntivi rispetto agli atti [controversi] e alle due proposte comunicate il 13 settembre 2010».

57

Al punto 77, il Tribunale ha statuito che il Consiglio aveva violato l’obbligo di motivazione nonché l’obbligo di comunicare alla ricorrente gli elementi posti a suo carico per quanto riguardava il secondo, il terzo, il sesto e il settimo motivo di decisione, a motivo della loro mancanza di precisione, ma che detti obblighi erano stati rispettati in relazione agli altri motivi di decisione.

58

Quanto all’accesso al fascicolo, il Tribunale ha osservato, al punto 81 della sentenza impugnata, che dagli elementi del fascicolo non risultava che il Consiglio, in sede di adozione degli atti controversi, si fosse fondato su elementi diversi dalle tre proposte di misure restrittive nei confronti della Bank Mellat presentate dagli Stati membri. Il Tribunale ha però constatato, al punto 82 della sua pronuncia, che la terza proposta era stata comunicata alla ricorrente soltanto in allegato alla controreplica del Consiglio, ossia dopo la scadenza del termine impartito da quest’ultimo alla ricorrente per presentare le proprie osservazioni in seguito all’adozione della decisione 2010/413 e del regolamento di esecuzione n. 668/2010, dopo la proposizione del ricorso, nonché dopo l’adozione della decisione 2010/644 e del regolamento n. 961/2010.

59

Al punto 84 di detta sentenza, il Tribunale ha respinto l’argomento del Consiglio secondo cui quest’ultimo aveva comunicato la proposta summenzionata non appena aveva ottenuto l’accordo dello Stato membro dal quale essa promanava. Il Tribunale ha statuito che, quando il Consiglio intende fondarsi su elementi forniti da uno Stato membro per adottare misure restrittive nei confronti di un’entità, è tenuto ad accertarsi, prima di adottare dette misure, che gli elementi di cui trattasi possano essere comunicati all’entità interessata in tempo utile affinché questa possa far valere utilmente il proprio punto di vista. Il Tribunale ha concluso, al punto 85 della sua sentenza, che il Consiglio non aveva fornito accesso a tale elemento del suo fascicolo in tempo utile, in violazione dei diritti della difesa.

60

Statuendo sulla possibilità per la ricorrente di far valere utilmente il proprio punto di vista, il Tribunale ha affermato, al punto 89 della sentenza impugnata, che la ricorrente aveva avuto occasione di far valere utilmente il proprio punto di vista, salvo per quanto riguardava, da un lato, il secondo, il terzo, il sesto e il settimo motivo di decisione forniti dal Consiglio, che erano eccessivamente vaghi, e, dall’altro, la proposta di adozione delle misure restrittive comunicata in allegato alla controreplica del Consiglio, in quanto la ricorrente non disponeva di detta proposta al momento della presentazione delle osservazioni.

61

Al punto 90 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato che risultava dalle lettere del Consiglio che quest’ultimo aveva preso in considerazione le osservazioni della ricorrente. Esso ha in particolare rilevato, al punto 91 di tale sentenza, che il Consiglio aveva rettificato la menzione secondo cui la ricorrente era una banca di Stato, la cui esattezza era stata contestata da quest’ultima.

62

Al punto 96 della sentenza impugnata, il Tribunale ha statuito che il diritto della ricorrente ad una tutela giurisdizionale effettiva era stato violato, considerate la mancanza di precisione del secondo, del terzo, del sesto e del settimo motivo di decisione, nonché la comunicazione tardiva di una delle proposte di adozione delle misure restrittive. Per contro, il diritto suddetto non era stato violato per quanto riguardava il primo, il quarto e il quinto motivo di decisione fatti valere dal Consiglio.

– Argomenti delle parti

63

In primo luogo, sotto il titolo «Obbligo di motivazione», il Consiglio ritiene che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto valutando separatamente ciascuno dei motivi di decisione, anziché esaminarli globalmente. Tali motivi sarebbero all’evidenza connessi. In particolare, il terzo motivo di decisione sarebbe una descrizione più precisa del comportamento menzionato nel secondo. Inoltre, erroneamente il Tribunale avrebbe statuito, al punto 73 della sentenza impugnata, che questi due ultimi motivi di decisione «non specificano (…) il comportamento addebitato». Anche se questo terzo motivo di decisione non menzionava il nome delle entità contenute negli elenchi delle Nazioni Unite e dell’Unione alle quali la Bank Mellat fornisce servizi bancari, quest’ultima avrebbe potuto confrontare le entità di cui ai suddetti elenchi con i propri elenchi di clienti e contestare il motivo di decisione di cui sopra nel caso in cui nessuno dei suoi clienti fosse risultato presente negli elenchi delle Nazioni Unite o dell’Unione.

64

Per quanto riguarda il sesto motivo di decisione, contenuto in una proposta di iscrizione presentata da uno Stato membro e facente menzione del fatto che la Bank Mellat gestisce i conti di alti funzionari dell’Organizzazione delle industrie aerospaziali e di un responsabile degli acquisti, il Consiglio sostiene che erroneamente il Tribunale ha giudicato che detto motivo non fosse sufficientemente dettagliato. Infatti, poiché le informazioni sui clienti di una banca comprendono il nome del datore di lavoro di questi ultimi, la Bank Mellat avrebbe potuto verificare se uno dei clienti fosse alle dipendenze della suddetta organizzazione ovvero il responsabile degli acquisti. Tale motivo di decisione soddisfaceva dunque le condizioni imposte dalla giurisprudenza, in quanto forniva informazioni sufficienti per stabilire se gli atti controversi fossero fondati.

65

La Commissione reputa che la posizione adottata dal Tribunale, al punto 77 della sentenza impugnata, secondo cui il ricorso di annullamento è fondato per quanto riguarda alcuni motivi di decisione ma non per altri, non sia sostenibile. Non sarebbe consentito ritenere che il Consiglio abbia violato l’obbligo di motivazione e di comunicazione nei confronti della ricorrente in relazione ai singoli motivi di decisione separatamente presi.

66

Nella sua memoria di intervento, il Regno Unito contesta anche la conclusione del Tribunale secondo cui il secondo motivo di decisione sarebbe eccessivamente vago, mentre invece esso deve essere letto in combinazione con i motivi che lo seguono.

67

In secondo luogo, sotto il titolo «Accesso al fascicolo», il Consiglio contesta la decisione del Tribunale, di cui al punto 63 della sentenza impugnata, secondo cui, «per valutare il rispetto dell’obbligo di motivazione e dell’obbligo di comunicare all’entità interessata gli elementi posti a suo carico, occorre prendere in considerazione, oltre ai motivi esposti negli atti [controversi], anche le tre proposte di adozione delle misure restrittive comunicate dal Consiglio alla ricorrente».

68

Il Consiglio fa valere che il Tribunale ha male applicato la giurisprudenza da esso citata al punto 54 della sentenza impugnata, che si è formata nel contesto delle prime cause in materia di terrorismo, in un’epoca in cui non veniva fornita alcuna motivazione per giustificare un’iscrizione in un elenco di persone, entità ed organismi costituenti l’oggetto di misure restrittive, e che, in tali circostanze, i termini «motivi» ed «elementi» erano intercambiabili. Nella specie, gli atti esponevano delle motivazioni, di modo che nulla giustificava la comunicazione delle proposte di adozione di misure restrittive, le quali comunque non fornivano alcun valore aggiunto.

69

Quanto agli elementi che non erano contenuti nell’esposizione dei motivi di decisione del Consiglio, essi neppure avrebbero dovuto essere comunicati separatamente, in quanto non si può presumere d’ufficio che il Consiglio se ne sia servito come motivi di decisione e come elementi di prova. Secondo il Consiglio, il Tribunale avrebbe dovuto applicare la giurisprudenza da esso citata al punto 55 della sentenza impugnata, secondo cui, quando i motivi sono sufficientemente precisi, è solo su richiesta della parte interessata che il Consiglio è tenuto a consentire l’accesso a tutti i documenti amministrativi non riservati relativi alla misura in questione (sentenza Bank Melli Iran/Consiglio, T‑390/08, EU:T:2009:401, punto 97).

70

Facendo riferimento al punto 111 della sentenza Commissione e a./Kadi (C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518), il Regno Unito fa valere che, per quanto riguarda gli elenchi di entità sottoposte a misure restrittive, soltanto l’esposizione dei motivi della decisione di iscrizione in tali elenchi forniti dal Consiglio doveva essere divulgata, e non le proposte di iscrizione delle entità in questione.

71

La Bank Mellat fa propria l’argomentazione del Tribunale. Essa sostiene che, anche esaminati congiuntamente, il secondo e il terzo motivo di decisione non sono sufficientemente precisi, in quanto il terzo, asseritamente più specifico, è stato giustamente qualificato «eccessivamente vago». Per quanto riguarda il sesto motivo, la Bank Mellat fa valere che il Consiglio non fornisce alcuna prova dell’affermazione secondo cui i fascicoli della banca relativi ai propri clienti conterrebbero i nomi dei datori di lavoro di questi ultimi. Quanto al settimo motivo di decisione, il Consiglio non lo difende nell’ambito dell’impugnazione.

72

La Bank Mellat fa valere che il Consiglio era tenuto a fornire le proposte di iscrizione negli elenchi suddetti alla data stessa di tale iscrizione o poco dopo, in quanto si trattava dei soli elementi che componevano il fascicolo. Per quanto riguarda l’affermazione del Consiglio secondo cui per la Bank Mellat non era di alcuna utilità ottenere tali proposte d’iscrizione, la Bank Mellat ribatte che non spetta al Consiglio valutare gli elementi del fascicolo che possono essere rilevanti per un ricorrente. Sarebbe contrario ai diritti della difesa consentire al Consiglio di procedere alla scelta degli elementi del fascicolo da utilizzare.

73

La Bank Mellat contesta l’argomento secondo cui la giurisprudenza risultante dalla sentenza Bank Melli Iran/Consiglio (T‑390/08, EU:T:2009:401) avrebbe dovuta essere applicata nel caso di specie, in quanto essa non disponeva di informazioni sufficientemente precise che le consentissero di far conoscere utilmente il proprio punto di vista in merito agli elementi posti a suo carico. Essa sottolinea che tanto il Tribunale quanto il Consiglio hanno preso le mosse dal fatto che le proposte di iscrizione negli elenchi di entità sottoposte a misure restrittive costituissero delle prove, mentre invece tali non erano.

– Giudizio della Corte

74

Secondo una costante giurisprudenza, l’obbligo di motivare un atto arrecante pregiudizio, il quale costituisce un corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa, ha lo scopo, da un lato, di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per stabilire se l’atto sia fondato oppure sia eventualmente inficiato da un vizio che consente di contestarne la validità dinanzi al giudice dell’Unione e, dall’altro, di consentire a quest’ultimo di esercitare il suo controllo sulla legittimità di tale atto (v. sentenza Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, EU:C:2012:718, punto 49 e la giurisprudenza ivi citata).

75

La motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e al contesto nel quale questo è stato adottato. La necessità di motivazione deve essere valutata in funzione delle circostanze del caso di specie, e segnatamente in funzione del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altri soggetti da questo direttamente e individualmente riguardati possono avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto il carattere sufficiente di una motivazione dev’essere valutato alla luce non solo del suo tenore letterale, ma anche del suo contesto e del complesso delle regole giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenza Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, EU:C:2012:718, punto 53 e la giurisprudenza ivi citata). Un atto arrecante pregiudizio è sufficientemente motivato qualora sia intervenuto in un contesto noto all’interessato, che gli consenta di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti (sentenza Consiglio/Manufacturing Support & Procurement Kala Naft,C‑348/12 P, EU:C:2013:776, punto 71).

76

Per quanto riguarda le misure restrittive, senza arrivare ad imporre di rispondere in dettaglio alle osservazioni presentate dal soggetto riguardato, l’obbligo di motivazione previsto dall’articolo 296 TFUE esige in qualsiasi circostanza – anche quando la motivazione dell’atto dell’Unione corrisponda a motivi indicati da un organo internazionale – che tale motivazione identifichi le ragioni individuali, specifiche e concrete per le quali le autorità competenti ritengono che il soggetto in questione debba essere sottoposto a tali misure. Il giudice dell’Unione deve dunque verificare, in particolare, il carattere sufficientemente preciso e concreto dei motivi addotti (v., in tal senso, sentenza Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punti 116118).

77

Nel caso di specie, esaminando il secondo e il terzo motivo di decisione, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto, non avendo il Consiglio sostenuto dinanzi al Tribunale che tali motivi dovessero essere letti congiuntamente.

78

Ad ogni modo, anche supponendo, come sostiene il Consiglio, che il terzo motivo di decisione avrebbe dovuto essere inteso nel senso che esso esplicita il comportamento addebitato nell’ambito del secondo motivo di decisione, una lettura combinata di tali motivi non consentirebbe alla Bank Mellat di sapere in concreto quali servizi bancari essa ha fornito a questa o a quella tra le entità «riportate negli elenchi dell’ONU e dell’[Unione]» o «che agiscono per loro conto o sotto la loro direzione ovvero ad entità da esse possedute o controllate». Date tali circostanze, non può muoversi censura al Tribunale per aver concluso, al punto 73 della sentenza impugnata, che il secondo e il terzo motivo della decisione di iscrizione nei suddetti elenchi sono eccessivamente vaghi.

79

Del pari giustamente il Tribunale, al punto 76 della sentenza impugnata, ha qualificato il sesto motivo di decisione come non sufficientemente preciso in ragione del fatto che esso non identifica le persone delle quali la Bank Mellat ha gestito i conti.

80

Contrariamente a quanto sostiene il Consiglio nella sua impugnazione, non spettava alla Bank Mellat, nell’ambito del procedimento inteso all’adozione di misure di congelamento di fondi, effettuare un confronto, per la propria difesa, dei propri elenchi di clienti con i nomi delle entità contenuti negli elenchi delle Nazioni Unite e dell’Unione, od anche verificare se uno dei propri clienti fosse un dipendente dell’Organizzazione delle industrie aerospaziali.

81

Un simile risultato sarebbe contrario alla giurisprudenza citata al punto 76 della presente sentenza, la quale esige che la motivazione di un atto identifichi le ragioni individuali, specifiche e concrete per cui le autorità competenti ritengono che il soggetto interessato debba essere sottoposto a misure restrittive.

82

Infine, per quanto riguarda l’accesso al fascicolo, giustamente il Tribunale ha considerato, ai punti 84, 85 e 105 della sentenza impugnata, che il Consiglio era tenuto ad assicurarsi, prima dell’adozione delle misure restrittive, che gli elementi posti a carico della Bank Mellat potessero essere comunicati a quest’ultima in tempo utile affinché essa potesse far valere utilmente il proprio punto di vista, e che la comunicazione tardiva della terza proposta, allegata alla controreplica del Consiglio, violava i diritti della difesa della ricorrente e il suo diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva e dunque inficiava la legittimità della decisione 2010/413, del regolamento di esecuzione n. 668/2010, della decisione 2010/644 e del regolamento n. 961/2010, nei limiti in cui tali atti riguardavano la Bank Mellat.

Quanto ai vizi inficianti l’esame effettuato dal Consiglio

– La sentenza impugnata

83

Sempre nell’ambito del motivo di ricorso relativo ad una violazione dell’obbligo di motivazione, dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, il Tribunale riepiloga come segue un argomento presentato dalla Bank Mellat:

«97

La ricorrente sostiene che il Consiglio non ha proceduto a un vero e proprio esame delle circostanze del caso di specie, bensì si è limitato ad adottare le proposte presentate dagli Stati membri. Tale vizio inficerebbe tanto l’esame che ha preceduto l’adozione delle misure restrittive che la riguardano, quanto il riesame periodico di tali misure».

84

Il Tribunale ha statuito come segue:

«101

Nella fattispecie, da un lato, il fascicolo non contiene indizi i quali suggeriscano che il Consiglio ha verificato la pertinenza e la fondatezza degli elementi riguardanti la ricorrente presentatigli prima dell’adozione della decisione 2010/413 e del regolamento di esecuzione n. 668/2010. Al contrario, l’errata indicazione, in tali atti, della ricorrente come banca di Stato – indicazione la cui inesattezza non è contestata dal Consiglio – depone nel senso che nessuna verifica ha avuto luogo al riguardo.

102

Dall’altro lato, dai punti 90‑92 supra emerge che, in sede di adozione degli atti [controversi] successivi, il Consiglio ha riesaminato le circostanze del caso di specie alla luce delle osservazioni della ricorrente, in quanto ha eliminato l’indicazione che la designava come banca di Stato e si è pronunciato sull’argomento relativo ai servizi finanziari forniti a entità coinvolte nella proliferazione nucleare.

(…)

104

Date tali circostanze, occorre accogliere gli argomenti della ricorrente relativi ai vizi che inficerebbero l’esame operato dal Consiglio per quanto concerne la decisione 2010/413 e il regolamento di esecuzione n. 668/2010, e respingerli quanto al resto».

85

Al punto 106 della sentenza impugnata, il Tribunale ha concluso che, in sede di adozione della decisione 2010/413 e del regolamento di esecuzione n. 668/2010, il Consiglio non aveva rispettato l’obbligo di esaminare la pertinenza e la fondatezza degli elementi di informazione e di prova nei confronti della ricorrente che gli erano stati presentati, rendendo in tal modo illegittimi tali atti.

– Argomenti delle parti

86

Il Consiglio sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto esigendo, ai punti 100 e 101 della sentenza impugnata, la presenza nel fascicolo di indizi che dimostrassero che il Consiglio aveva verificato gli elementi sottopostigli. Esso fa valere che non è possibile stabilire gli indizi che devono essere prodotti per dimostrare che tale verifica è stata effettivamente realizzata dai membri del Consiglio e, inoltre, che alcuni elementi provenivano da fonti riservate alle quali l’insieme dei membri del Consiglio non ha accesso.

87

La Bank Mellat fa valere che il principio giuridico secondo cui il Consiglio dovrebbe valutare la pertinenza e la fondatezza delle informazioni e degli elementi di prova ad esso presentati non viene contestato. A suo avviso, il Tribunale poteva legittimamente evidenziare l’assenza di qualsiasi prova del fatto che il Consiglio avesse svolto una verifica adeguata al fine di suffragare la propria conclusione secondo cui detta istituzione non aveva svolto questa verifica. Essa rileva, inoltre, che il Consiglio riconosce di non aver effettuato alcuna verifica delle allegazioni contenute nelle proposte sottopostegli riguardo alla designazione della Bank Mellat quale entità sottoposta a misure restrittive, proprio perché esso non aveva accesso agli elementi di prova sottostanti, considerati riservati.

– Giudizio della Corte

88

Risulta dalla sentenza impugnata che la Bank Mellat è stata inserita negli elenchi di entità sottoposte a misure restrittive in virtù dell’adozione della decisione 2010/413 e del regolamento di esecuzione n. 668/2010 sulla base unicamente delle proposte di iscrizione presentate dagli Stati membri. Tuttavia, il Tribunale non spiega in che modo tale elemento può configurare una delle cause di annullamento previste dall’articolo 263 TFUE.

89

Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 95 delle sue conclusioni, non consta che la verifica della pertinenza e della fondatezza degli elementi riguardanti la ricorrente che sono stati presentati al Consiglio prima dell’adozione della decisione 2010/413 e del regolamento di esecuzione n. 668/2010 possa costituire un requisito di forma sostanziale per l’adozione di tali atti, il cui mancato rispetto potrebbe determinare l’illegittimità di questi ultimi. Il Tribunale non ha dimostrato che tale requisito di forma sia previsto dal Trattato FUE o da un atto di diritto derivato.

90

Il Tribunale non ha neppure dimostrato in che modo tale elemento potrebbe contribuire ad una violazione dell’obbligo di motivazione, dei diritti della difesa della Bank Mellat o del diritto di quest’ultima ad una tutela giurisdizionale effettiva, da essa invocati nell’ambito del suo primo motivo di ricorso, ovvero ad una violazione di qualsiasi altra norma giuridica.

91

Poiché il Tribunale non ha dimostrato che la mancata verifica della pertinenza e della fondatezza degli elementi riguardanti la ricorrente integrasse taluna delle cause di annullamento previste dall’articolo 263 TFUE, tale da inficiare la validità della decisione 2010/413 e del regolamento di esecuzione n. 668/2010, occorre constatare che il Tribunale ha commesso un errore di diritto statuendo, ai punti 100 e 101 della sentenza impugnata, che, in sede di adozione di un primo atto che dispone misure restrittive nei confronti delle entità asseritamente coinvolte nella proliferazione nucleare, il Consiglio è tenuto a esaminare la pertinenza e la fondatezza degli elementi di informazione e di prova che gli vengono presentati da uno Stato membro o dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Di conseguenza, il Tribunale ha commesso il medesimo errore di diritto concludendo, al punto 106 della sentenza impugnata, che, in sede di adozione della decisione 2010/413 e del regolamento di esecuzione n. 668/2010, il Consiglio non ha rispettato l’obbligo di esaminare la pertinenza e la fondatezza degli elementi di informazione e di prova nei confronti della ricorrente che gli erano stati presentati, rendendo in tal modo illegittimi tali atti.

Quanto all’errore manifesto di valutazione

– La sentenza impugnata

92

Al punto 112 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato che, tenuto conto del difetto di motivazione quanto al secondo, al terzo, al sesto e al settimo motivo di decisione addotti dal Consiglio nei confronti della ricorrente, era necessario limitarsi a verificare la fondatezza del primo, del quarto e del quinto dei motivi di decisione invocati.

93

Al punto 113 di detta sentenza, esso ha statuito che il primo motivo di decisione, secondo cui la Bank Mellat era una banca di Stato, si basava su una constatazione di fatto errata e non poteva quindi giustificare le misure restrittive adottate nei confronti della ricorrente mediante la decisione 2010/413 e il regolamento di esecuzione n. 668/2010.

94

Quanto al quarto motivo di decisione, relativo alla FEE, società controllata dalla Bank Mellat, il Tribunale ha statuito, al punto 117 di questa medesima sentenza, che esso, da un lato, è fondato su semplici affermazioni e, dall’altro, non costituisce un motivo autonomo rispetto a quelli che riguardano la ricorrente direttamente.

95

Per quanto riguarda il quinto motivo di decisione, il Tribunale ha statuito, al punto 118 della sentenza impugnata, che il Consiglio non aveva prodotto nessun elemento di prova o di informazione a dimostrazione del fatto che la Bank Mellat avesse fornito servizi all’AEOI. Riguardo ai servizi forniti alla Novin, il Tribunale ha statuito, al punto 128 di detta pronuncia, che occorreva tener conto dell’allegazione della Bank Mellat secondo cui essa non era a conoscenza del coinvolgimento della Novin nella proliferazione nucleare prima dell’adozione delle misure restrittive riguardanti quest’ultima da parte del Consiglio di sicurezza.

96

Inoltre, al punto 131 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato che la ricorrente aveva dimostrato di avere agito senza ritardo al fine di cessare la fornitura di servizi finanziari alla Novin una volta a conoscenza del coinvolgimento di quest’ultima nella proliferazione nucleare. Il Tribunale ha statuito, al punto 137 di detta pronuncia, che né i servizi forniti dalla Bank Mellat alla Novin prima dell’adozione delle misure restrittive aventi ad oggetto quest’ultima, né le modalità di cessazione del rapporto commerciale tra la ricorrente e la Novin costituivano un sostegno alla proliferazione nucleare ai sensi della decisione 2010/413, nonché dei regolamenti n. 423/2007, n. 961/2010 e n. 267/2012.

97

Alla luce di tali elementi, il Tribunale ha concluso, al punto 139 della sentenza impugnata, che poiché né il primo, né il quarto, né il quinto motivo di decisione addotti dal Consiglio nei confronti della ricorrente giustificavano l’adozione delle misure restrittive nei suoi confronti, si doveva accogliere il secondo motivo di ricorso.

– Argomenti delle parti

98

Per quanto riguarda il quarto motivo di decisione, relativo al fatto che la FEE, società controllata al 100% dalla Bank Mellat, viene indicata nella risoluzione 1929 (2010) del Consiglio di sicurezza, il Consiglio ricorda che tale menzione della FEE, quale entità sottoposta a misure restrittive, è motivata in particolare dal fatto che, «durante gli ultimi sette anni, la Bank Mellat ha consentito alle entità iraniane associate al programma relativo alle armi nucleari, ai missili e alla difesa di effettuare transazioni per diverse centinaia di milioni di dollari». Secondo il Consiglio, erroneamente il Tribunale ha statuito, al punto 117 della sentenza impugnata, che detto motivo di decisione era fondato su semplici affermazioni e non costituiva un motivo autonomo rispetto agli altri motivi di decisione riguardanti la Bank Mellat direttamente. Il Consiglio ricorda l’importanza particolare che va attribuita alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza adottate a norma del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, nonché alle disposizioni dei Trattati.

99

Il Consiglio fa inoltre valere che il Tribunale non ha tenuto nel debito conto la natura clandestina delle attività di proliferazione nucleare, cosicché gli elementi di prova provengono da fonti riservate e non possono essere rivelati in tutti i casi. Esso sottolinea inoltre il principio di fiducia reciproca tra gli Stati membri e le istituzioni, nonché il principio di leale cooperazione. Il Consiglio fa valere poi che, secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, non sussiste un diritto assoluto al disvelamento degli elementi di prova. Se un principio siffatto si applica alle accuse in materia penale, esso deve trovare applicazione a fortiori alle misure restrittive in questione, che sono misure cautelari.

100

Tale argomento varrebbe anche per i servizi bancari forniti all’AEOI.

101

Per quanto riguarda l’ammissione della Bank Mellat di aver fornito servizi bancari alla Novin, entità menzionata nella risoluzione 1747 (2007) del Consiglio di sicurezza, il Consiglio ritiene che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto sostituendo la propria valutazione a quella del Consiglio medesimo, statuendo che il fatto che la Bank Mellat avesse fornito in passato servizi bancari alla Novin non giustificava gli atti controversi, in quanto la Bank Mellat aveva progressivamente limitato e in seguito cessato del tutto le proprie relazioni con la Novin dopo aver appreso che quest’ultima era stata inserita negli elenchi dal Consiglio di sicurezza. Secondo il Consiglio, la fornitura di servizi bancari prima dell’iscrizione della Novin, vale a dire durante il periodo in cui è risultato che quest’ultima era coinvolta nello sviluppo delle attività iraniane comportanti un rischio di proliferazione nucleare, mostra che la Bank Mellat può fornire tali servizi in futuro ad altre entità svolgenti le medesime attività. Giustamente, dunque, il Consiglio ha imposto un congelamento dei beni nei confronti della Bank Mellat a titolo di misura cautelare. Il fatto che la Bank Mellat sia o no al corrente del coinvolgimento di dette entità in queste attività, o che i servizi bancari siano o no utilizzati nell’ambito di tali attività, non sarebbe un elemento decisivo al riguardo.

102

Il Consiglio aggiunge che il Tribunale ha effettuato un’interpretazione eccessivamente restrittiva della nozione di sostegno alle attività nucleari iraniane comportanti un rischio di proliferazione, ai sensi della decisione 2010/413, del regolamento n. 961/2010 e del regolamento n. 267/2012, e che, così facendo, esso ha sostituito la propria valutazione a quella del Consiglio in merito ai fatti giustificanti l’imposizione di un congelamento dei beni a titolo di misura cautelare, ponendosi così in contrasto con la sua stessa giurisprudenza (sentenza People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑256/07, EU:T:2008:461, punto 138).

103

La Commissione fa valere che le attività della Bank Mellat devono essere viste in una prospettiva più globale e non possono essere esaminate come transazioni singole fuori del contesto. Essa ricorda che l’iscrizione della Bank Mellat negli elenchi è stata presa in considerazione a livello del Consiglio di sicurezza. La Commissione sottolinea, a questo proposito, l’importanza delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza ai sensi della Carta delle Nazioni Unite.

104

La Commissione ricorda altresì che le misure restrittive formano parte integrante della risposta adottata di fronte al programma nucleare dell’Iran, che viene realizzato senza cooperazione con l’AIEA. L’iscrizione delle banche negli elenchi si spiega con la necessità, per l’Iran, di utilizzare i servizi bancari per l’importazione di uranio, di tecnologia e di altri materiali. Secondo la Commissione, escludere una banca come la Bank Mellat da uno dei principali mercati finanziari dove si effettuano questo tipo di transazioni è ragionevolmente connesso con l’obiettivo della comunità internazionale di prevenire lo sviluppo e la proliferazione delle armi nucleari. La fornitura di servizi bancari da parte della Bank Mellat alla Novin prima che quest’ultima fosse designata dal Consiglio di sicurezza costituisce una chiara indicazione del fatto che la Bank Mellat è in grado di fornire questo tipo di servizi.

105

Secondo la Commissione, il Consiglio non deve essere obbligato a dimostrare che i servizi o le transazioni specificamente in discussione erano «direttamente» connessi alla proliferazione nucleare, come suggerisce il Tribunale ai punti 135 e 137 della sentenza impugnata. L’equilibrio che occorre trovare tra la tutela dei diritti fondamentali dei soggetti iscritti negli elenchi e la necessità di proteggere gli ovvi interessi dell’Unione in materia di sicurezza esige che il Consiglio disponga di un certo margine di discrezionalità per valutare se un’entità, mediante la sua attività di prestazione di servizi finanziari, aiuti delle entità, iscritte negli elenchi di entità sottoposte a misure restrittive, a partecipare ad attività comportanti un rischio di proliferazione nucleare, anche se le transazioni in questione non sono, di per sé stesse, tanto dirette quanto il Tribunale pare auspicare. La Commissione fa valere che il controllo assicurato dal giudice deve limitarsi a verificare se il Consiglio abbia commesso un errore manifesto di valutazione o un abuso di potere. Secondo la Commissione, non si può asserire che il Consiglio abbia abusato del proprio potere iscrivendo negli elenchi una banca parzialmente detenuta dallo Stato iraniano e riguardo alla quale persino il Consiglio di sicurezza ha dichiarato di nutrire preoccupazioni.

106

Il Regno Unito sostiene il Consiglio e la Commissione nella loro analisi relativa alla fornitura di servizi bancari alla Novin.

107

La Bank Mellat contesta gli argomenti presentati dal Consiglio, dalla Commissione e dal Regno Unito.

– Giudizio della Corte

108

L’argomentazione del Consiglio verte unicamente sulla valutazione, da parte del Tribunale, della fondatezza del quarto e del quinto motivo di decisione.

109

Quanto agli elementi presi a fondamento per giustificare l’iscrizione della Bank Mellat negli elenchi suddetti e alla prova della fondatezza di tale iscrizione, occorre ricordare che l’effettività del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea esige, in particolare, che il giudice dell’Unione si assicuri che la decisione assunta, che riveste portata individuale per la persona o l’entità interessata, poggi su una base fattuale sufficientemente solida. Ciò implica una verifica dei fatti allegati nell’esposizione dei motivi sottesa a detta decisione, di modo che il controllo giurisdizionale non sia limitato alla valutazione della verosimiglianza astratta dei motivi di decisione addotti, bensì sia inteso a stabilire se questi motivi, o per lo meno uno di essi considerato di per sé sufficiente a supportare la decisione, siano fondati (v., in tal senso, sentenze Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 119; Consiglio/Fulmen e Mahmoudian, C‑280/12 P, EU:C:2013:775, punto 64; Consiglio/Manufacturing Support & Procurement Kala Naft,C‑348/12 P, EU:C:2013:776, punto 73; Anbouba/Consiglio,C‑605/13 P, EU:C:2015:248, punto 45; Anbouba/Consiglio,C‑630/13 P, EU:C:2015:247, punto 46, nonché Ipatau/Consiglio, C‑535/14 P, EU:C:2015:407, punto 42).

110

A questo scopo, spetta al giudice dell’Unione procedere a detto esame, chiedendo, se necessario, all’autorità competente dell’Unione di produrre informazioni o elementi probatori, riservati o meno, pertinenti ai fini di un siffatto esame (v. sentenze Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 120, nonché Consiglio/Fulmen e Mahmoudian, C‑280/12 P, EU:C:2013:775, punto 65).

111

Se l’autorità competente dell’Unione si trova nell’impossibilità di esaudire la richiesta del giudice dell’Unione, quest’ultimo deve allora fondarsi sui soli elementi comunicatigli (v. sentenze Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 123, nonché Consiglio/Fulmen e Mahmoudian, C‑280/12 P, EU:C:2013:775, punto 68).

112

Per quanto riguarda il quarto motivo di decisione, relativo al fatto che la FEE, una società controllata al 100% dalla ricorrente, viene indicata nella risoluzione 1929 (2010), il Tribunale ha constatato, al punto 117 della sentenza impugnata, che esso era fondato su semplici affermazioni. Infatti, il Consiglio non ha prodotto alcun elemento atto a permettere al Tribunale di verificare la fondatezza di tale motivo. In una situazione siffatta, per il giudice dell’Unione – che è chiamato a verificare la fondatezza sotto il profilo di fatto dei motivi di iscrizione, prendendo in considerazione le osservazioni e gli elementi a discarico eventualmente prodotti dal soggetto interessato nonché la risposta della competente autorità dell’Unione a tali osservazioni – è impossibile constatare la fondatezza di detti motivi, sicché questi non possono servire quale fondamento per la decisione di iscrizione negli elenchi impugnata (v., in tal senso, sentenza Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 137).

113

Nei limiti in cui il Consiglio censura il Tribunale per aver constatato, al punto 117 della sentenza impugnata, che il quarto motivo di decisione non costituiva un motivo autonomo rispetto agli altri, è giocoforza constatare come tale censura non sia minimamente supportata.

114

Inoltre, giustificare il congelamento dei fondi della Bank Mellat con l’analogo provvedimento preso nei confronti della FEE, nel momento in cui quest’ultima è stata designata nella risoluzione delle Nazioni Unite a motivo dell’attività della Bank Mellat, costituisce un ragionamento circolare, sicché il congelamento dei fondi della ricorrente non può essere giustificato con la suddetta designazione della FEE nell’ambito della risoluzione di cui sopra. Infine, contrariamente a quanto sostiene il Consiglio, la semplice menzione della Bank Mellat nella risoluzione summenzionata, secondo cui tale banca «ha consentito alle entità iraniane associate al programma relativo alle armi nucleari, ai missili e alla difesa di effettuare transazioni per diverse centinaia di milioni di dollari», non può, conformemente alla giurisprudenza citata ai punti 109 e 112 della presente sentenza, costituire una giustificazione sufficiente per la designazione della banca suddetta da parte dell’Unione.

115

Nella sua impugnazione, il Consiglio ha fatto valere che le prove del sostegno fornito dalla Bank Mellat alle attività nucleari dell’Iran provengono da fonti riservate, e che il disvelamento di tali prove permetterebbe di identificare le persone che le hanno fornite, ciò che metterebbe in pericolo, in particolare, la vita e la sicurezza di queste persone. Inoltre, le prove potrebbero essere state trasmesse da paesi terzi contrari alla loro divulgazione. In tal caso, occorrerebbe rispettare la riservatezza a pena di compromettere la cooperazione internazionale.

116

Quanto al carattere riservato delle prove, occorre constatare che tale argomento viene invocato per la prima volta in fase di impugnazione. Orbene, secondo una giurisprudenza consolidata, consentire ad una parte di sollevare per la prima volta dinanzi alla Corte un motivo di censura ed argomenti da essa non dedotti dinanzi al Tribunale equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte, la cui competenza in sede di impugnazione è limitata, una controversia più ampia di quella di cui era stato investito il Tribunale. Nell’ambito di un’impugnazione, la competenza della Corte è dunque limitata alla valutazione della soluzione giuridica che è stata fornita a fronte dei motivi di ricorso e degli argomenti discussi dinanzi ai giudici di primo grado (sentenza Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 126 e la giurisprudenza ivi citata).

117

Di conseguenza, l’argomento relativo alla riservatezza delle prove è irricevibile.

118

Alla luce di tali elementi, il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto concludendo, al punto 117 della sentenza impugnata, che il quarto motivo di decisione non poteva giustificare l’adozione di misure restrittive nei confronti della Bank Mellat.

119

Quanto al quinto motivo di decisione, là dove esso riguarda i servizi finanziari forniti all’AEOI, il Tribunale ha constatato, al punto 118 della sentenza impugnata, che il Consiglio non aveva offerto alcun elemento di prova o di informazione a dimostrazione del fatto che tali servizi fossero stati forniti. A questo proposito, il Consiglio ha nondimeno fatto valere anche, nella sua impugnazione, la natura clandestina delle attività, che impedirebbe la comunicazione delle prove provenienti da fonti riservate, i principi della fiducia reciproca e della leale cooperazione tra gli Stati membri e le istituzioni, nonché l’inesistenza di un diritto assoluto al disvelamento degli elementi di prova.

120

Poiché tale argomento è stato invocato per la prima volta in fase di impugnazione, esso deve, in conformità della giurisprudenza citata al punto 116 della presente sentenza, essere dichiarato irricevibile.

121

Il Tribunale non ha dunque commesso alcun errore di diritto in materia di onere della prova e di assunzione delle prove concludendo, al punto 118 della sentenza impugnata, che le affermazioni riguardanti l’AEOI non giustificavano l’adozione delle misure restrittive nei confronti della ricorrente.

122

Riguardo al quinto motivo di decisione, nella parte relativa ai servizi finanziari forniti alla Novin, il Tribunale ha proceduto a varie constatazioni e valutazioni in punto di fatto, che non spetta alla Corte controllare. Infatti, al punto 126 della sentenza impugnata, esso ha constatato che la fornitura dei servizi alla Novin era avvenuta in territorio iraniano. Al punto 128, il giudice di primo grado ha affermato che, poiché il Consiglio non aveva presentato elementi di prova o d’informazione precisi e concreti al riguardo, bisognava tener conto dell’allegazione della Bank Mellat secondo cui essa non era stata al corrente del coinvolgimento della Novin nella proliferazione nucleare prima dell’adozione, da parte del Consiglio di sicurezza, delle misure restrittive riguardanti quest’ultima società. Al punto 129, il Tribunale ha descritto il modo in cui la Bank Mellat ha chiuso i conti della Novin dopo l’adozione delle misure restrittive riguardanti tale entità. Dopo un esame della normativa applicabile, il Tribunale ha affermato, ai punti 134 e 135 della sentenza impugnata, che le ultime transazioni finanziarie effettuate dalla Bank Mellat a beneficio della Novin erano autorizzate e che il Consiglio e la Commissione neppure asserivano che i pagamenti in questione fossero connessi alla proliferazione nucleare.

123

Alla luce degli elementi sopra esposti, il Tribunale ha concluso, al punto 137 della sentenza impugnata, che né i servizi forniti dalla Bank Mellat alla Novin prima dell’adozione delle misure restrittive aventi ad oggetto quest’ultima, né le modalità di cessazione del rapporto commerciale tra la ricorrente e la Novin costituivano un sostegno alla proliferazione nucleare ai sensi della decisione 2010/413, nonché dei regolamenti n. 423/2007, n. 961/2010 e n. 267/2012.

124

Questa conclusione viene contestata dal Consiglio, dalla Commissione e dal Regno Unito per il fatto che poco importava che la Bank Mellat fosse o no a conoscenza del coinvolgimento della Novin nelle attività nucleari, senza però che vengano contestate le constatazioni e le valutazioni in punto di fatto operate dal Tribunale. La Commissione fa valere in particolare che l’iscrizione, negli elenchi delle entità sottoposte a misure restrittive, di banche che fornivano servizi finanziari connessi al commercio internazionale è collegata all’obiettivo della comunità internazionale di prevenire lo sviluppo e la proliferazione delle armi nucleari.

125

Orbene, gli atti controversi mirano all’adozione delle misure di congelamento dei fondi nei confronti della Bank Mellat in ragione del fatto che, con il suo comportamento, quest’ultima fornisce un sostegno alle attività nucleari dell’Iran che comportano un rischio di proliferazione. Tenuto conto del fatto che, malgrado la contestazione, da parte della Bank Mellat, della fondatezza del quinto motivo di decisione, il Consiglio non aveva presentato alcun elemento di prova o d’informazione preciso capace di dimostrare che i servizi forniti dalla Bank Mellat alla Novin configurassero un sostegno siffatto, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto concludendo, al punto 138 della sentenza impugnata, che le circostanze contemplate al punto 137 della sua pronuncia non giustificavano l’adozione delle misure restrittive nei confronti della Bank Mellat.

126

Ne consegue che l’argomentazione del Consiglio vertente sulla valutazione compiuta dal Tribunale riguardo alla fondatezza del quarto e del quinto motivo di decisione deve essere respinta.

Quanto alle conclusioni da trarre dall’esame dell’impugnazione

127

Risulta dall’esame dell’impugnazione che il Tribunale ha commesso un errore di diritto inficiante il suo ragionamento là dove ha concluso, al punto 106 della sentenza impugnata, che, in sede di adozione della decisione 2010/413 e del regolamento di esecuzione n. 668/2010, il Consiglio non aveva rispettato l’obbligo di esaminare la pertinenza e la fondatezza degli elementi di informazione e di prova nei confronti della Bank Mellat che gli erano stati presentati. Occorre tuttavia verificare se il dispositivo di detta sentenza possa essere mantenuto sulla base delle motivazioni della stessa che non sono viziate da errori di diritto.

128

Risulta dalla sentenza impugnata che il Tribunale ha annullato gli atti controversi sulla base di varie motivazioni combinate.

129

Infatti, se il Tribunale ha affermato erroneamente, al punto 106 della sentenza impugnata, che il vizio inficiante la decisione del Consiglio giustificava l’annullamento della decisione 2010/413 e del regolamento di esecuzione n. 668/2010, nella parte riguardante la Bank Mellat, nondimeno detto giudice, ai punti 105 e 107 della sua pronuncia, ha annullato questi stessi atti per altri vizi, senza che la Corte abbia dovuto constatare un errore di diritto al riguardo. Ne consegue che il vizio constatato al punto 106 della sentenza impugnata non inficia il dispositivo di quest’ultima.

130

Risulta dall’insieme delle considerazioni suesposte che l’impugnazione deve essere respinta.

Sulle spese

131

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese.

132

L’articolo 138 del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione per effetto del successivo articolo 184, paragrafo 1, dispone, al paragrafo 1, che la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

133

Poiché la Bank Mellat ha chiesto la condanna del Consiglio e quest’ultimo è rimasto soccombente nei motivi proposti, tale istituzione deve essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dalla Bank Mellat nei due gradi di giudizio.

134

L’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in virtù dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, stabilisce che le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico.

135

Il Regno Unito e la Commissione sopporteranno ciascuno le proprie spese relative ai due gradi di giudizio.

 

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

2)

Il Consiglio dell’Unione europea sopporterà, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dalla Bank Mellat nei due gradi di giudizio.

3)

Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e la Commissione europea sopporteranno ciascuno le proprie spese relative ai due gradi di giudizio.

 

Firme


( *1 )   Lingua processuale: l’inglese.