CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 4 settembre 2014 ( 1 )

Causa C‑434/13 P

Commissione europea

contro

Parker Hannifin Manufacturing Srl, già Parker ITR Srl,

Parker‑Hannifin Corp.

«Impugnazione — Concorrenza — Intese — Mercato europeo dei tubi marini — Successione di soggetti giuridici — Imputabilità del comportamento illegittimo — Riduzione dell’ammenda da parte del Tribunale»

1. 

Nell’ambito della presente impugnazione è la Commissione europea ad adire la Corte per chiedere l’annullamento della sentenza Parker ITR e Parker‑Hannifin/Commissione ( 2 ), con cui il Tribunale dell’Unione europea ha parzialmente annullato la decisione C(2009) 428 definitivo della Commissione ( 3 ) (vertente sul cartello dei «tubi marini», uno dei cartelli più duraturi mai sanzionati ( 4 )) e ha ridotto considerevolmente l’importo dell’ammenda inflitta con tale decisione alla Parker ITR oltre all’importo per il quale la Parker‑Hannifin Corp. (in prosieguo: la «Parker‑Hannifin») era stata ritenuta solidalmente responsabile.

2. 

La presente causa permette alla Corte di precisare i principi di diritto dell’Unione in materia di concorrenza applicabili ai cartelli nel caso in cui un trasferimento infragruppo di attivi oggetto dell’infrazione è compiuto in previsione della ulteriore vendita della persona giuridica cessionaria (una controllata) a un terzo indipendente, continuando il soggetto trasferito, come prima del trasferimento, a partecipare al cartello (vale a dire una situazione di «continuità o successione economica» infragruppo).

3. 

Nel caso di specie, si discute del principio di responsabilità personale, in base al quale un’infrazione (nel caso di specie, il cartello) deve essere imputata alla persona fisica o giuridica che gestisce l’impresa che ha partecipato all’intesa ( 5 ), e dell’eccezione rispetto a tale principio, vale a dire quella della continuità economica (elaborata in particolare nel caso di ristrutturazioni o di altri cambiamenti all’interno di un gruppo di imprese), in base alla quale può essere necessario, ai fini dell’efficace attuazione delle regole di concorrenza, imputare un cartello non al gestore iniziale, ma al nuovo gestore dell’impresa coinvolta ( 6 ).

I – Fatti all’origine della controversia

4.

I fatti sono pacifici fra le parti.

5.

Le attività nel settore dei tubi marini ( 7 ) oggetto della causa sono state avviate nel 1966 dalla Pirelli Treg SpA, una società appartenente al gruppo Pirelli. A seguito della fusione di due controllate in seno al gruppo Pirelli, esse sono state rilevate, nel 1990, dall’ITR SpA (in prosieguo: la «ITR»).

6.

Nel 1993 l’ITR è stata acquisita dalla Saiag SpA (in prosieguo: la «Saiag»).

7.

Nel 2001 la Parker‑Hannifin Corp., società holding del gruppo Parker‑Hannifin, e la Saiag hanno avviato trattative sulla possibile acquisizione da parte della Parker‑Hannifin delle attività dell’ITR nel settore dei tubi marini. Nel giugno 2001, nella prospettiva di tale cessione, l’ITR ha creato una controllata, denominata ITR Rubber.

8.

Il 5 dicembre 2001 la Parker Hannifin Holding, una controllata al 100% della Parker‑Hannifin, ha concordato con l’ITR l’acquisto del 100% delle partecipazioni nell’ITR Rubber, acquisto che sarebbe dovuto intervenire su richiesta della Parker Hannifin Holding.

9.

Il contratto prevedeva infatti che il trasferimento del settore dei tubi in gomma (compreso il settore dei tubi marini) dall’ITR all’ITR Rubber avvenisse su richiesta della Parker Hannifin Holding.

10.

Il 19 dicembre 2001 l’ITR ha trasferito le sue attività nel settore dei tubi marini all’ITR Rubber.

11.

Il passaggio è divenuto effettivo il 1o gennaio 2002.

12.

Il 31 gennaio 2002 la Parker Hannifin Holding ha acquistato dall’ITR le partecipazioni nell’ITR Rubber. L’ITR Rubber è divenuta in seguito Parker ITR Srl ( 8 ).

13.

Nel 2007 la Commissione ha avviato un’indagine per violazione dell’articolo 81 CE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE sul mercato dei tubi marini.

14.

Nella decisione controversa la Commissione ha constatato che undici società, tra cui la Parker Hannifin Manufacturing (già Parker ITR) e la Parker‑Hannifin (in prosieguo, congiuntamente: le «convenute»), avevano commesso, nel settore dei tubi marini interno allo Spazio economico europeo (SEE), un’infrazione unica e continuata durante diversi periodi compresi tra il 1o aprile 1986 e il 2 maggio 2007, infrazione consistente nell’attribuirsi gli appalti, nel fissare i prezzi, le quote e le condizioni di vendita, nello spartirsi i mercati geografici e nello scambiarsi informazioni sensibili riguardanti prezzi, volumi di vendita e gare d’appalto.

15.

Nella suddetta decisione la Commissione ha accertato che la Parker ITR e la Parker‑Hannifin avevano partecipato al cartello tra il 1o aprile 1986 e il 2 maggio 2007 (per quanto attiene alla prima) e tra il 31 gennaio 2002 e il 2 maggio 2007 (per quanto riguarda la seconda). Alla Parker ITR è stata inflitta un’ammenda di EUR 25 610 000, di cui EUR 8 320 000 in solido con la Parker‑Hannifin.

16.

La Commissione non ha ravvisato alcuna responsabilità in capo alla Pirelli, all’ITR e alla Saiag (le precedenti società controllanti e/o danti causa della Parker ITR) quali destinatarie della decisione e non le ha sanzionate in ragione dell’intervenuta prescrizione dell’infrazione nei loro confronti.

II – La sentenza impugnata

17.

Il 9 aprile 2009 la Parker ITR e la Parker‑Hannifin hanno presentato dinanzi al Tribunale un ricorso diretto, in via principale, a ottenere l’annullamento della decisione controversa nella parte che le riguarda e, in subordine, la riduzione dell’ammenda inflitta. A fondamento del proprio ricorso esse hanno dedotto nove motivi.

18.

Il 17 maggio 2013, con la sentenza impugnata, il Tribunale ha accolto la prima parte del primo motivo, vertente su una violazione del principio della responsabilità personale, e ha annullato l’articolo 1, lettera i), della decisione controversa nella misura in cui riconosceva la responsabilità della Parker ITR per il periodo anteriore al 1o gennaio 2002 (punti da 83 a 130). Il Tribunale ha, di conseguenza, accolto anche il quinto e il sesto motivo vertenti sulla maggiorazione dell’ammenda inflitta alle convenute in ragione del ruolo di guida che la Parker ITR avrebbe svolto nel periodo compreso tra il giugno 1999 e il settembre 2001 (punti 139, 140, 145, 146, 253 e 254 della sentenza impugnata).

19.

Il Tribunale respingeva i restanti motivi di ricorso.

20.

Il Tribunale, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, ha ridotto l’ammenda inflitta alla Parker ITR da EUR 25 610 000 a EUR 6 400 000 e ha ridotto di EUR 100 000 (portandolo così a EUR 6 300 000) l’importo per il quale la Parker‑Hannifin era stata ritenuta solidalmente responsabile ( 9 ).

III – Sull’impugnazione

21.

A sostegno della sua impugnazione la Commissione deduce due motivi. Nella loro comparsa di risposta, le convenute hanno presentato argomenti relativi al calcolo dell’ammenda per il caso in cui la Corte dovesse accogliere il primo motivo di impugnazione.

A – Primo motivo: errata applicazione della giurisprudenza in materia di continuità economica

1. La sentenza impugnata

22.

Dopo aver ricordato la giurisprudenza sui principi della responsabilità personale (punti da 85 a 88) e della continuità economica (punti da 89 a 98), il Tribunale ha dichiarato, ai punti 115, 116 e 121 della sentenza impugnata, quanto segue:

«115

Va constatato che, da un lato, dal 27 giugno 2001 al 31 gennaio 2002, la ITR Rubber era una controllata detenuta al 100% dalla ITR e, dall’altro, il trasferimento delle attività relative ai tubi in gomma alla ITR Rubber è divenuto effettivo solo a decorrere dal 1o gennaio 2002, senza che dal fascicolo della Commissione emergano elementi che dimostrino che, prima di tale data, l’ITR Rubber abbia svolto una qualsiasi attività e, in particolare, un’attività connessa ai tubi marini. (…)

116

In tali circostanze, incombeva alla persona giuridica che dirigeva l’impresa interessata al momento in cui l’infrazione è stata commessa, vale a dire l’ITR e la sua controllante, la Saiag, rispondere di tale infrazione, pur se, alla data di adozione della decisione di accertamento dell’infrazione, la gestione dell’attività relativa ai tubi marini era stata posta sotto la responsabilità di un’altra impresa, nella specie la Parker‑Hannifin. Il principio della responsabilità personale non può essere infatti rimesso in discussione da quello della continuità economica nel caso in cui, come nella fattispecie, un’impresa coinvolta nel cartello, ossia la Saiag, e la sua controllata, l’ITR, ceda una parte delle sue attività a un terzo indipendente e non esista alcun vincolo strutturale tra il cedente e il cessionario – vale a dire, nella specie, tra la Saiag o l’ITR e la Parker‑Hannifin.

121

(…) dato che si deve respingere la premessa del ragionamento della Commissione, relativa all’applicazione del [principio] della continuità economica unicamente alla cessione dell’attivo dalla ITR alla ITR Rubber (e non alla cessione della controllata ITR Rubber alla Parker‑Hannifin), la responsabilità della Saiag e dell’ITR non può essere stata trasferita alla ITR Rubber in attuazione di tale [principio]. (…)».

2. Argomenti delle parti

23.

La Commissione afferma che, nel caso di specie, occorre distinguere tra due trasferimenti di attivi: in primo luogo, un trasferimento infragruppo, nel caso di specie all’interno del gruppo Saiag, nell’ambito del quale gli attivi dell’ITR sono stati trasferiti all’ITR Rubber e, in secondo luogo, un trasferimento tra gruppi, nel caso di specie tra i gruppi Saiag e Parker‑Hannifin, con la vendita da parte della Saiag alla Parker‑Hannifin dell’ITR Rubber, divenuta poi ITR Parker.

24.

Secondo la Commissione, il Tribunale si è concentrato, nella sentenza impugnata, solo sul secondo trasferimento.

25.

La Commissione ritiene che il primo trasferimento abbia avuto luogo alle condizioni previste dalla giurisprudenza per ravvisare un’ipotesi di continuità economica. Essa ricorda che, secondo la suddetta giurisprudenza, qualora due enti (nel caso di specie l’ITR e l’ITR Rubber) costituiscano uno stesso ente economico, il fatto che l’ente che ha commesso l’infrazione (l’ITR) esista ancora non impedisce, di per sé, che venga sanzionato l’ente a cui esso ha trasferito le sue attività economiche (l’ITR Rubber). Secondo la Commissione, una tale configurazione della sanzione è ammissibile, in particolare, qualora tali enti siano stati sotto il controllo della stessa persona (nel caso di specie la Saiag) e, considerati gli stretti legami che li uniscono sul piano economico e organizzativo, abbiano applicato in sostanza le stesse direttive commerciali.

26.

La Commissione ritiene che la data di riferimento per valutare se si sia in presenza di un trasferimento di attivi all’interno di un gruppo o tra imprese indipendenti sia quella del trasferimento di attivi stesso. Nel caso di specie è stata proprio la Saiag/ITR a creare l’ITR Rubber, controllata alla quale sono stati trasferiti gli attivi quando questa era sotto il suo controllo.

27.

Se è necessario che legami strutturali esistano a tale data, non occorrerebbe invece che essi perdurino durante tutto il periodo dell’infrazione. Il fatto che l’ITR Rubber non sia più nel gruppo Saiag e che sia trascorso solo un breve periodo tra la sua creazione e la sua vendita al gruppo Parker‑Hannifin sarebbe irrilevante. Analogamente, il fatto che l’ITR Rubber sia stata destinata, fin dalla sua costituzione, a essere ceduta, sarebbe destituito di ogni rilevanza: per non ingenerare incertezza giuridica, l’applicazione del principio di continuità economica dovrebbe infatti essere retta da regole generali e chiare e non può dipendere da intenzioni soggettive o da avvenimenti successivi al trasferimento.

28.

La Commissione aggiunge che, contrariamente a quanto stabilito dal Tribunale, essa non era tenuta ad imputare la responsabilità del comportamento illecito alle società controllanti Saiag e ITR. Il fatto che, nell’ambito di un procedimento precedente, la Commissione abbia deciso di imputare tale responsabilità alla società controllante cessionaria e non alla controllata che era stata oggetto della cessione, non sarebbe pertinente in quanto la sua prassi decisionale pregressa non crea un quadro giuridico vincolante ai fini di apprezzare la legittimità degli atti che essa compie successivamente. Scegliendo, nella fattispecie qui in esame, di imputare la responsabilità dell’infrazione a carico dell’ITR Rubber, quale successore economico dell’ITR, la Commissione si sarebbe avvalsa del potere discrezionale riconosciutole dalla giurisprudenza. A tal proposito, essa osserva che, se il fatto di aver inflitto un’ammenda alla Parker ITR può di certo aver abbassato il valore dell’investimento realizzato dalla Parker‑Hannifin, tale rischio non differisce da altri rischi affrontati in sede di acquisizione di una società (ad esempio, il rischio di dover rispondere di una responsabilità ambientale) e contro i quali un acquirente può tutelarsi prevedendo adeguate clausole di esenzione dalla responsabilità nell’accordo di compravendita.

29.

La Commissione ha infine indicato che la decisione di imputare alla Parker ITR la responsabilità dell’infrazione per tutto il periodo nel corso del quale gli attivi oggetto dell’infrazione avevano partecipato all’infrazione era tanto più giustificata per il fatto che era impossibile, a causa dell’intervenuta prescrizione, infliggere una sanzione al precedente titolare degli attivi, vale a dire la Saiag/ITR. Da questo punto di vista, l’impossibilità di infliggere un’ammenda al precedente gestore per intervenuta prescrizione corrisponderebbe alla situazione in cui quest’ultimo ha cessato di esistere giuridicamente o ha interrotto ogni attività economica, ipotesi nella quale la Corte, al fine di garantire l’applicazione effettiva del diritto dell’Unione in materia di concorrenza, ha esplicitamente confermato la sussistenza di una successione economica ( 10 ).

30.

In replica, la Parker Hannifin Manufacturing e la Parker‑Hannifin affermano che la Commissione interpreta in modo errato la giurisprudenza in materia di continuità economica. Secondo le convenute in appello e contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, con la sentenza ETI e a. (EU:C:2007:775) la Corte non avrebbe fissato una regola automatica in base alla quale l’esistenza in passato di un semplice legame strutturale tra il cedente e il cessionario dell’attività coinvolta in un’infrazione rende di per sé il cessionario responsabile di una tale infrazione. La Corte avrebbe espressamente statuito che una tale conseguenza si verificava solo a condizione che fosse dimostrato che il cedente e il cessionario erano sotto l’effettivo controllo della stessa persona nel momento in cui esisteva il legame strutturale e che trovavano applicazione in sostanza le medesime direttive commerciali. La Parker Hannifin Manufacturing e la Parker‑Hannifin aggiungono che la loro interpretazione trova conferma nella successiva sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione (C‑352/09 P, EU:C:2011:191) nella quale né la Commissione, né la Corte hanno evocato il legame strutturale originariamente esistente tra la cedente Thyssen Stahl e la cessionaria ThyssenKrupp Nirosta quale motivo possibile, né tanto meno sufficiente, per reputare il secondo soggetto responsabile del comportamento illecito del primo.

31.

Orbene, nella decisione controversa, la Commissione avrebbe del tutto omesso di valutare se, durante la breve durata del legame strutturale esistito tra l’ITR e l’ITR Rubber, le suddette due entità fossero state, come presuppone la sentenza ETI e a. (EU:C:2007:775), sotto il controllo della stessa persona e, considerati gli stretti legami che le univano sul piano economico e organizzativo, avessero applicato in sostanza le stesse direttive commerciali. La decisione controversa menzionerebbe soltanto il fatto che, al momento della cessione delle attività relative ai tubi marini dall’ITR all’ITR Rubber, la seconda era «detenuta al 100%» dalla prima. La decisione in parola non farebbe alcun riferimento alla giurisprudenza in base alla quale si può presumere che una società controllante eserciti un’influenza determinante su una controllante detenuta al 100%. Peraltro, ammettendo che la decisione controversa si fondi implicitamente su tale presunzione, si sarebbe verificata, a detta delle convenute, una violazione dei loro diritti di difesa dal momento che la comunicazione degli addebiti non l’avrebbe menzionata chiaramente.

32.

La Parker Hannifin Manufacturing e la Parker‑Hannifin ne deducono che, dato che la Commissione non ha valutato nella decisione controversa se l’ITR e l’ITR Rubber (divenuta Parker ITR) costituissero una sola impresa nel breve periodo durante il quale esse hanno avuto un legame strutturale, il Tribunale non avrebbe commesso alcun errore in diritto concludendo che la Parker ITR non poteva essere considerata responsabile del comportamento dell’ITR sulla sola base di un legame strutturale pregresso.

33.

Le convenute in appello sottolineano infine che le regole in materia di prescrizione sono regole oggettive la cui applicazione non dipende dai soggetti coinvolti nell’infrazione. Questi ultimi possono tentare di sottrarsi alla propria responsabilità cedendo le controllate, ma non hanno invece nessun controllo sull’applicazione delle disposizioni in materia di prescrizione. L’affermazione della Commissione secondo cui l’impossibilità di imporre una sanzione a carico di un soggetto a causa dell’intervenuta prescrizione equivarrebbe a un caso in cui il precedente gestore ha cessato di esistere giuridicamente o ha interrotto ogni attività economica porrebbe sullo stesso piano situazioni diverse.

3. Valutazione

a) Introduzione

34.

La presente controversia si inserisce in particolare nella scia della sentenza ETI e a. (EU:C:2007:775), nella quale la Corte ha ravvisato una continuità economica in circostanze molto simili a quelle qui in esame. Infatti, nell’ambito di tale causa, si era avuto un trasferimento infragruppo di attivi a favore di una controllata creata ex novo, costituita nell’ottica di essere privatizzata e in seguito venduta, come nel caso di specie (e ciò senza alcun indice di un’intenzione illecita). Le due parti della presente impugnazione si fondano quindi sulla medesima sentenza ma per sostenere tesi opposte.

b) Giurisprudenza

35.

Occorre ricordare che il diritto dell’Unione in materia di concorrenza si applica a imprese la cui struttura, modalità di finanziamento, organizzazione giuridica e azionariato possono variare nel tempo. Ritengo (in linea con la Commissione) che tale circostanza e la necessità di adattare l’efficace applicazione del diritto in materia di concorrenza ai suddetti cambiamenti possa giustificare il fatto di accettare talune deroghe al principio della responsabilità personale, in particolare in casi come quello che ha dato origine alla sentenza ETI e a. (EU:C:2007:775) o quello della fattispecie qui in esame in cui si applicherebbe il principio della continuità economica.

36.

Evidentemente, non sussistono di norma problemi se un’impresa ne acquisisce un’altra mediante acquisto delle sue azioni dato che il soggetto giuridico resta lo stesso (trasferimento di un soggetto giuridico). Le difficoltà sorgono invece nei casi in cui l’acquirente acquista il «business» di un’impresa coinvolta in un’infrazione e in cui sono gli attivi ad essere trasferiti (trasferimento di attivi) ( 11 ).

37.

Nella sentenza Commissione/Anic Partecipazioni (C‑49/92 P, EU:C:1999:356, punto 145), la Corte ha stabilito, per quanto attiene al principio della continuità economica (di cui Anic rivendicava l’applicazione in considerazione della cessione degli attivi interessati dalla violazione), che «nella parte in cui l’Anic critica il Tribunale per averle imputato la responsabilità dell’infrazione, anche se aveva ceduto l’attività relativa al settore del polipropilene alla Monte, essa trascura il principio della responsabilità personale e trascura la circostanza decisiva, che emerge dalla giurisprudenza della Corte (v. in tal senso sentenza Suiker Unie e a./Commissione, [da 40/73 a 48/73, 50/73, da 54/73 a 56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, EU:C:1975:174], punti 80 e 84), per cui il [principio] cosiddetto della “continuità economica” entra in gioco solo qualora la persona giuridica responsabile della gestione dell’impresa abbia cessato di esistere giuridicamente dopo aver commesso l’infrazione. Ne consegue altresì che l’applicazione di questi criteri non è affatto contraria al principio della certezza del diritto».

38.

Tuttavia, il solo fatto che un soggetto giuridico coinvolto in un’infrazione esista ancora non preclude necessariamente la possibilità per la Commissione di riconoscere la responsabilità dell’ente cui le attività economiche sono state trasferite.

39.

Come ricordato recentemente dalla Corte nella sentenza Versalis/Commissione (C‑511/11 P, EU:C:2013:386), «[s]econdo costante giurisprudenza, il diritto dell’Unione relativo alla concorrenza riguarda le attività delle imprese e la nozione di impresa comprende qualsiasi ente che eserciti un’attività economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento. Qualora un ente di tal genere violi le regole della concorrenza, incombe ad esso, secondo il principio della responsabilità personale, rispondere di tale infrazione [ ( 12 )]. (…) La Corte ha già affermato che, qualora due enti costituiscano uno stesso ente economico, il fatto che l’ente che ha commesso l’infrazione esista ancora non impedisce, di per sé, che venga sanzionato l’ente a cui esso ha trasferito le sue attività economiche. In particolare, una tale configurazione della sanzione è ammissibile qualora tali enti siano stati sotto il controllo della stessa persona e, considerati gli stretti legami che li uniscono sul piano economico e organizzativo, abbiano applicato in sostanza le stesse direttive commerciali» ( 13 ) (il corsivo è mio). Nella sentenza impugnata, il Tribunale si riferisce peraltro alle medesime condizioni di applicazione del principio della continuità economica (punti 92 e 93).

40.

Posso comprendere la logica alla base della suddetta giurisprudenza: vista la lunga durata delle intese e, talvolta, delle indagini della Commissione, è importante – nei casi di continuità economica infragruppo (che potrebbe d’altro canto essere impiegata per sottrarsi alla responsabilità) – evitare che l’infrazione resti impunita, in particolare in applicazione del principio dell’effetto utile del diritto dell’Unione in materia di concorrenza.

41.

Nella sentenza HFB e a./Commissione (T‑9/99, EU:T:2002:70, punto 106), il Tribunale ha correttamente stabilito che «[è] (...) vero che, in presenza di talune circostanze, una violazione delle norme in materia di concorrenza può essere imputata al successore economico della persona giuridica che ne sia l’autore, anche quando quest’ultima non abbia cessato di esistere al momento dell’adozione della decisione affinché l’effetto utile di tali norme non venga pregiudicato per effetto delle modificazioni apportate, in particolare, alla forma giuridica delle imprese interessate» ( 14 ).

42.

Nella sentenza della grande sezione nella causa ETI e a. (EU:C:2007:775, punti 40, 41 e 44), la Corte ha confermato che l’applicazione del principio della continuità economica era giustificata alla luce della necessità di garantire l’effetto dissuasivo delle sanzioni comminate a fronte delle infrazioni al diritto in materia di concorrenza.

43.

Al punto 41 della suddetta sentenza, la Corte ha ricordato che «se nessun’altra possibilità di imposizione della sanzione ad un ente diverso da quello che ha commesso l’infrazione fosse prevista, alcune imprese potrebbero sfuggire alle sanzioni per il semplice fatto che la loro identità è stata modificata a seguito di ristrutturazioni, cessioni o altre modifiche di natura giuridica o organizzativa. Lo scopo di reprimere comportamenti contrari alle regole della concorrenza e di prevenirne la ripetizione mediante sanzioni dissuasive [ ( 15 )] sarebbe pertanto compromesso». La Corte prosegue, al punto 42, indicando che «qualora un ente che ha commesso un’infrazione alle regole della concorrenza sia oggetto di una modifica di natura giuridica o organizzativa, tale modifica non ha necessariamente l’effetto di creare una nuova impresa esente dalla responsabilità per i comportamenti anticoncorrenziali del precedente ente se, sotto l’aspetto economico, vi è identità fra i due enti».

44.

Allo stesso modo, al punto 51 della sentenza Hoechst/Commissione (T‑161/05, EU:T:2009:366), il Tribunale ha osservato che «(...) può rivelarsi necessario, ai fini di un’efficace attuazione delle regole di concorrenza, imputare in via eccezionale un’intesa non al gestore iniziale, ma al nuovo gestore dell’impresa coinvolta qualora quest’ultimo possa effettivamente essere considerato il successore del gestore iniziale, cioè qualora continui a gestire l’impresa coinvolta nell’intesa». E il Tribunale cita il punto 41 della sentenza ETI e a. (EU:C:2007:775).

c) Controversia in esame

i) Considerazioni generali

45.

Ritengo che il Tribunale, benché abbia certamente ricordato (seppur senza analizzarla in maniera approfondita) la giurisprudenza esatta in materia di continuità economica infragruppo, non l’abbia applicata in modo corretto alla presente causa.

46.

Come giustamente osservato dalla Commissione, nel caso di specie occorre distinguere due trasferimenti di attivi (due operazioni distinte aventi ciascuna conseguenze giuridiche proprie ( 16 )): un primo trasferimento, infragruppo, nel caso di specie all’interno del gruppo Saiag, nell’ambito del quale gli attivi dell’ITR sono stati trasferiti all’ITR Rubber, e un secondo trasferimento, questa volta tra gruppi, nel caso di specie tra i gruppi Saiag e Parker‑Hannifin, consistito nella vendita dalla Saiag alla Parker‑Hannifin dell’ITR Rubber, divenuta poi ITR Parker ( 17 ).

47.

Orbene, la sentenza impugnata ha fatto evidentemente riferimento soltanto al secondo trasferimento (v., ad esempio, punti 116 e 121 della sentenza in parola), interpretazione questa proposta dalle ricorrenti in primo grado e avallata dal Tribunale. Così facendo, il Tribunale ha commesso un errore di diritto qualificando in modo inesatto i fatti, il che ha portato a un’applicazione non corretta del principio della continuità economica. Il Tribunale si basa infatti erroneamente sulla mancanza di legami strutturali dopo il trasferimento degli attivi alla Parker ITR, vale a dire tra la Saiag/ITR e la Parker‑Hannifin, ancorché legami di tal sorta esistessero tra l’ITR e la sua controllata al 100% Parker ITR dal primo trasferimento di attivi (infragruppo) sino alla data del secondo trasferimento (tra gruppi).

48.

A mio avviso, il primo trasferimento è stato compiuto alle condizioni poste dalla giurisprudenza per ravvisarvi un’ipotesi di continuità economica che permette di derogare al principio della responsabilità personale.

49.

Infatti, secondo la giurisprudenza ( 18 ), qualora due enti (nel caso di specie l’ITR e l’ITR Rubber) costituiscano uno stesso ente economico, il fatto che l’ente che ha commesso l’infrazione (l’ITR) esista ancora non impedisce, di per sé, che venga sanzionato l’ente a cui esso ha trasferito le sue attività economiche (ITR Rubber). Non solo, una tale configurazione della sanzione è ammissibile in particolare qualora tali enti siano stati sotto il controllo della stessa persona (qui la Saiag) e, considerati gli stretti legami che li uniscono sul piano economico e organizzativo, abbiano applicato in sostanza le stesse direttive commerciali.

50.

È importante ricordare che nel caso dell’ITR gli attivi sono stati trasferiti a un soggetto (l’ITR Rubber) creato all’interno stesso dell’impresa autrice dell’infrazione (l’ITR) mentre l’infrazione era in corso, con la conseguenza che i presupposti della continuità economica infragruppo erano soddisfatti. Ciò che è stato trasferito dal gruppo Saiag/ITR al gruppo Parker‑Hannifin, inoltre, non sono gli attivi, ma il soggetto giuridico (l’ITR Rubber), prima di essere denominato Parker ITR. Aggiungo che la Commissione non ha imputato, tenuto conto del principio della continuità economica, alcuna responsabilità alla Parker‑Hannifin per il periodo anteriore all’acquisizione da parte sua delle azioni dell’ITR Rubber.

51.

Si discute quindi soltanto della responsabilità dell’ITR Rubber (o Parker ITR) stessa, che, prima di essere venduta alla Parker‑Hannifin, aveva ricevuto gli attivi oggetto dell’infrazione dalla propria società controllante, l’ITR, membro del gruppo Saiag/ITR. A mio avviso, la tesi della Commissione è corretta nella parte in cui consiste nell’affermare che il suddetto trasferimento di attivi infragruppo anteriore alla vendita della controllata permette, in linea con la giurisprudenza, di imputare in capo all’ITR Rubber (o alla Parker ITR), in quanto successore economico infragruppo, una responsabilità per il comportamento illecito dell’ITR. A prescindere dagli obiettivi ultimi perseguiti dalla Saiag/ITR nel creare l’ITR Rubber, il trasferimento ha comportato un cambiamento organizzativo interno ( 19 ) con il quale l’attività oggetto del cartello è stata trasferita in capo all’ITR Rubber, che, in un primo momento, con tale nome e poi con il nome di Parker ITR ha portato avanti tale attività e la sua partecipazione al cartello per non meno di sei anni. In altre parole, l’ITR Rubber (divenuta Parker ITR) rimaneva responsabile, creando una nuova responsabilità per il suo nuovo proprietario in ragione della partecipazione continuata all’infrazione. D’altro canto, contrariamente a quello che sembra ritenere il Tribunale, la vendita del soggetto giuridico non può essere sufficiente a spezzare la precedente continuità economica ( 20 ).

ii) Analisi dettagliata del ragionamento compiuto dal Tribunale

52.

Tornando alla sentenza impugnata, si può constatare che il Tribunale dedica almeno 48 punti al principio della continuità economica (vale a dire i punti da 83 a 130 della sentenza in parola). Tuttavia, le ragioni in virtù delle quali il Tribunale ha escluso la responsabilità dell’ITR Rubber (divenuta, a seguito della cessione al gruppo Parker‑Hannifin, Parker ITR) quale successore economico dell’ITR non mi sembrano emergere chiaramente dalla sentenza impugnata.

53.

Esaminando i punti della sentenza impugnata citati al paragrafo 22 delle presenti conclusioni, mi sembra che il Tribunale abbia compiuto il seguente ragionamento: i) l’ITR Rubber è esistita per soli sette mesi in seno al gruppo Saiag e ha svolto attività collegate ai tubi marini soltanto per un breve periodo (un mese) (punto 115); ii) l’ITR Rubber è stata costituita all’interno del gruppo Saiag unicamente in vista della sua vendita a un’impresa terza (vale a dire al gruppo Parker) (punto 115); iii) «in tali circostanze», il precedente gestore delle attività di cui trattasi (l’ITR e la sua controllante Saiag SpA) avrebbe dovuto rispondere dell’infrazione per il periodo precedente al 1o gennaio 2002, data di trasferimento all’ITR Rubber delle attività coinvolte nel cartello (punto 116, primo periodo, e punti 118 ( 21 ) e 119 ( 22 )); iv) la cessione, da parte della Saiag, dell’ITR alla Parker‑Hannifin non può quindi essere analizzata come un caso di continuità economica (punto 116, secondo periodo).

54.

Analizzerò nel prosieguo gli elementi e le circostanze alla base del ragionamento seguito dal Tribunale per negare l’applicabilità del principio della continuità economica.

– Quali legami strutturali dovevano esistere tra cedente e cessionario? L’impresa cedente doveva aver cessato di esistere giuridicamente?

55.

È vero che la sentenza ETI e a. (EU:C:2007:775, punto 50), richiama i legami strutturali tra la cedente e la cessionaria «al momento del loro comportamento illecito».

56.

In alcune sentenze in fase di impugnazione, la Corte ha tuttavia già confermato l’esistenza di una continuità economica ancorché il trasferimento degli attivi fosse stato compiuto dopo la cessazione dell’infrazione (il che, a mio avviso, conferma che i legami strutturali non devono necessariamente perdurare durante tutto il periodo dell’infrazione), ma in cui i legami strutturali tra i due soggetti cedente e cessionario esistevano alla data della decisione della Commissione.

57.

Nella sentenza Cimenteries CBR e a./Commissione ( 23 ), il Tribunale ha confermato lo status di successore economico della Aalborg, la quale aveva ricevuto gli attivi oggetto dell’infrazione commessa dalla Aktieselskabet Aalborg Portland‑Cement Fabrik (AAPCF) al momento della sua costituzione nel 1990 (con effetto retroattivo al 1o gennaio 1990), mentre la durata dell’infrazione andava dal gennaio 1983 al dicembre 1988. Benché la società Aalborg abbia fatto valere che la società che aveva commesso l’infrazione «non [aveva] cessato di esistere giuridicamente, essendo divenuta una società holding titolare, sotto diverso nome, del 50% delle azioni della Aalborg» (punto 1334), il Tribunale ha respinto tale motivo per il fatto che le modifiche in parola si inserivano nel quadro della riorganizzazione del gruppo, il che permetteva di ritenere che l’Aalborg e l’autore dell’infrazione costituissero una stessa entità economica ai sensi dell’articolo 81 CE e, quindi, alla Commissione «di considerare la Aalborg come responsabile delle attività della società» di cui trattasi (punto 1335).

58.

In sede d’impugnazione, la Corte ha confermato la sentenza del Tribunale su tale punto ( 24 ).

59.

La Aalborg aveva altresì fatto valere che essa «non avrebbe potuto essere ritenuta responsabile delle attività di un’impresa durante il periodo storico al quale la decisione Cemento, contrariamente alla [comunicazione degli addebiti] ricollega tale infrazione. Considerato che [essa] non era stata ancora costituita al momento delle riunioni di cui trattasi, i suoi rappresentanti sarebbero stati incontestabilmente assenti alle riunioni ritenute fondamentali per l’intesa constatata nella decisione Cemento» (punto 351 della suddetta sentenza della Corte).

60.

Orbene, dopo aver indicato che la questione di diritto verteva sulla questione se il fatto che la società che aveva commesso l’infrazione «esiste[va] ancora esclud[esse] totalmente e necessariamente la possibilità, per la Commissione, di procedere contro l’Aalborg in quanto autore dell’infrazione da un punto di vista economico ed organizzativo», la Corte ha risposto in senso negativo, osservando che, tenuto conto dell’identità economica dell’impresa anteriormente e posteriormente ai cambiamenti intervenuti, il mantenimento dell’esistenza della società suddetta quale soggetto giuridico «non costituiva quindi, di per sé, un motivo di annullamento della decisione» (punto 358). Pur ammettendo di aver stabilito nella sentenza Commissione/Anic Partecipazioni (EU:C:1999:356) che si poteva avere continuità economica soltanto nel caso in cui la persona giuridica responsabile della gestione dell’impresa aveva cessato di esistere giuridicamente dopo aver commesso l’infrazione, la Corte ha sottolineato che, nella causa che ha dato origine alla sentenza in parola, si trattava «di due imprese esistenti ed operative, una delle quali aveva semplicemente ceduto all’altra una certa parte delle sue attività, e che non avevano tra di esse nessi strutturali» (punto 359) ( 25 ), mentre, nel caso di specie, così non era.

61.

Tale approccio è stato anche quello del Tribunale nella sentenza Jungbunzlauer/Commissione (EU:T:2006:270, punti 131 e 132): «[p]er quanto concerne il periodo anteriore alla ristrutturazione del gruppo Jungbunzlauer nel 1993, va constatato (...) che, sino al 1993, la Jungbunzlauer GmbH era responsabile non soltanto delle attività del gruppo sul mercato dell’acido citrico, ma anche della direzione dell’insieme delle attività del gruppo. Quest’ultimo compito, consistente nel condurre le attività del gruppo, ivi comprese quelle relative al mercato dell’acido citrico, era stato però trasferito nel 1993 alla Jungbunzlauer che era quindi divenuta il successore economico della Jungbunzlauer GmbH quanto alla gestione delle attività del gruppo» (il corsivo è mio), ma «il fatto che una società continui ad esistere ancora come ente giuridico non esclude che, alla luce del [diritto dell’Unione in materia di concorrenza], possa esserci cessione di una parte delle attività di questa società ad un’altra, la quale diviene responsabile degli atti commessi dalla prima».

62.

Allo stesso modo, nella sentenza ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione ( 26 ), l’accertamento di una continuità economica è stato confermato ancorché il trasferimento di attivi a favore della ProfilARBED avesse avuto luogo nel 1992, vale a dire dopo la cessazione dell’infrazione nel 1991.

63.

Infatti, il Tribunale ha correttamente osservato (rispettivamente ai punti 36 e 111) che «[a]i sensi dell’art.1 della decisione impugnata: “L’impresa composta da [ARBED, TradeARBED e ProfilARBED] ha partecipato, in violazione dell’art. 65, paragrafo 1, [CA], a una serie di accordi e di pratiche concordate aventi per oggetto o per effetto la fissazione dei prezzi, la ripartizione delle quote e lo scambio, su ampia scala, di informazioni sul mercato comunitario delle travi. La partecipazione accertata dell’impresa così composta a dette infrazioni è durata dal 1o luglio 1988 al 16 gennaio 1991”» e che «[n]ella specie, la costituzione della ProfilARBED, nel 1992, quale controllata al 100% della ARBED, per proseguire le attività economiche e industriali della ARBED nel settore delle travi costituisce una fattispecie analoga a quelle da cui hanno tratto origine le sentenze Aalborg Portland e a./Commissione e Jungbunzlauer/Commissione» (il corsivo è mio).

64.

La suddetta sentenza del Tribunale è stata poi confermata dalla Corte che, al punto 104 della sentenza ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a. (EU:C:2011:190) sottolinea che, «[q]uanto all’argomento secondo cui l’imputazione del comportamento costitutivo di un’infrazione ad una società consorella si risolverebbe nell’imporre, nei confronti di tale società, un regime di responsabilità più severo di quello che si applica alla società madre, è sufficiente rammentare che, nella specie, la Commissione ha ascritto tale comportamento alla società consorella in considerazione del fatto che essa aveva ripreso le attività economiche della società madre e che, pertanto, atteso che la responsabilità della società consorella discende da quella della società madre, il regime di responsabilità imposto alla società consorella non è affatto più severo rispetto a quello applicato alla società madre» (il corsivo è mio).

65.

Ritengo (in linea con la Commissione) che una posizione diversa condurrebbe a risultati arbitrari, poiché la possibilità di imputare la responsabilità della condotta illecita al soggetto cessionario per il periodo anteriore al trasferimento dipenderebbe dal mantenimento di legami strutturali con il cedente, con risultati radicalmente diversi a seconda che i suddetti legami siano interrotti poco prima o poco dopo la cessazione dell’infrazione.

66.

Occorre peraltro ricordare che la Corte ha ammesso che un soggetto cessionario può essere considerato come successore economico del soggetto cedente anche se i legami strutturali esistiti tra di essi durante tutto il periodo dell’infrazione (e quindi alla data del trasferimento delle attività) erano venuti meno alla data della decisione ( 27 ).

67.

Dalla giurisprudenza summenzionata risulta che l’applicazione del principio della continuità economica infragruppo non impone né che il cedente abbia cessato d’esistere giuridicamente, né che i legami strutturali tra cedente e cessionario siano perdurati per tutto il periodo dell’infrazione.

68.

A mio avviso, la data rilevante per valutare se si sia o meno in presenza di un trasferimento di attivi all’interno di un gruppo o tra imprese indipendenti deve essere quella del trasferimento stesso degli attivi ( 28 ). Nel caso di specie, dal fascicolo risulta che è stato il gruppo Saiag/ITR a creare l’ITR Rubber, società controllata cui sono stati trasferiti gli attivi quando era ancora sotto il suo controllo.

69.

Occorre peraltro osservare qui che, contrariamente alla posizione assunta in primo grado, le convenute riconoscono ora ( 29 ) che la continuità economica può essere constatata quando i legami strutturali non esistono più al momento dell’adozione della decisione della Commissione ( 30 ).

– La durata dei legami strutturali

70.

È vero che l’esistenza dei legami strutturali tra l’ITR e l’ITR Rubber non ha superato, al massimo, i sette mesi, vale a dire dal 27 giugno 2001 al 31 gennaio 2002, mentre il periodo dell’infrazione coperto dalla decisione controversa si è protratto dal 1986 al 2007 e la decisione in parola è stata adottata nel 2009. Ciò detto, resta il fatto che, nel caso di specie, sussistono le condizioni enunciate nella giurisprudenza per imputare a carico dell’ITR Rubber (divenuta Parker ITR) una responsabilità quale successore economico infragruppo delle azioni pregresse dell’ITR e della Pirelli Treg dal 1986 ( 31 ). All’ITR è stata trasferita la responsabilità del suo dante causa giuridico ed economico Pirelli Treg a seguito della sua fusione con detto soggetto nel 1990. Il 27 giugno 2001 l’ITR aveva quindi creato l’ITR Rubber (divenuta Parker ITR) quale controllata al 100% e aveva poi trasferito a quest’ultima, il 1o gennaio 2002, gli attivi oggetto dell’infrazione. Aggiungo che il soggetto giuridico ITR Rubber è stato creato dalla Saiag/ITR e non dall’acquirente Parker‑Hannifin, dal momento che gli attivi sono stati trasferiti in capo all’ITR Rubber quando quest’ultima continuava ad essere sotto il controllo della Saiag/ITR ( 32 ). Dal 27 giugno 2001 alla cessione della Parker ITR, il 31 gennaio 2002, l’ITR (la cedente gli attivi) e l’ITR Rubber (divenuta Parker ITR) (la cessionaria) hanno intrattenuto tra loro i legami strutturali che esistono tra una società controllante e la sua controllata al 100% facenti parte della stessa società (la Saiag). Il trasferimento di attivi divenuto efficace il 1o gennaio 2002 ha quindi avuto luogo in presenza di tali legami strutturali.

71.

Se è necessario che esistano legami strutturali alla data del trasferimento, non occorre invece che essi perdurino a lungo o durante tutto il periodo dell’infrazione ( 33 ) per riconoscere che due soggetti costituiscono una stessa unità economica ai fini del diritto dell’Unione in materia di concorrenza ( 34 ). Il fatto che l’ITR Rubber non sia rimasta nel gruppo Saiag e che sia trascorso solo un breve periodo tra la sua creazione e la sua vendita al gruppo Parker‑Hannifin dovrebbe quindi considerarsi irrilevante, tanto più che una volta ceduti gli attivi controversi, la Parker ITR ha continuato a partecipare al cartello ( 35 ). Il riferimento a circostanze successive al trasferimento degli attivi (e l’obbligo di esaminarle) creerebbe evidentemente un’incertezza giuridica.

72.

Benché la giurisprudenza non fornisca molte indicazioni concrete sulla necessaria durata dei legami strutturali (nel caso di specie si tratta di sette mesi e non di un solo mese come sostenuto dalle convenute), osservo tuttavia che nella causa che ha portato alla sentenza Areva e a./Commissione (T‑117/07 e T‑121/07, EU:T:2011:69) e, in fase di impugnazione, alla sentenza Areva/Commissione (C‑247/11 P e C‑253/11 P, EU:C:2014:257) ( 36 ), la società controllante (Areva Group) aveva avuto la proprietà di una controllata per un periodo di quattro mesi, circostanza questa che è stata considerata sufficiente per comminarle un’ammenda considerevole, della quale la società controllante è stata ritenuta solidalmente responsabile.

– Quale rilievo assuma la circostanza che l’ITR Rubber sia stata destinata, sin dalla sua creazione, ad essere venduta e sia stata venduta poco tempo dopo?

73.

Non credo che occorra tener conto di tali circostanze. La valutazione di un fattore soggettivo, quale l’obiettivo della creazione di una controllata (punto 115 della sentenza impugnata), sarebbe infatti fonte di incertezza giuridica, mentre l’applicazione del principio di continuità economica deve essere retta da regole oggettive e chiare e non può dipendere dalle intenzioni soggettive.

74.

La presa in considerazione dell’obiettivo economico perseguito, in una prospettiva più o meno lunga, dal trasferimento sarebbe inoltre contrario all’approccio riconosciuto dalla sentenza ETI e a. (EU:C:2007:775), nella quale la Grande Sezione non ha preso in considerazione né i) che il trasferimento delle attività dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) all’ETI era stato compiuto in vista della sua successiva privatizzazione, aspetto questo che non ha escluso la continuità economica, né ii) che il predecessore economico non aveva cessato di esistere.

75.

Il fatto che l’ITR Rubber sia stata creata specificamente al fine di ricevere gli attivi controversi non osta quindi all’accertamento della continuità economica e non permette di escludere validamente la responsabilità della Parker ITR quale successore economico dell’ITR. La situazione non è diversa da quella dell’ETI, che era stata costituita proprio per portare avanti le attività dell’AAMS, dal momento che la normativa nazionale di istituzione dell’ETI prevedeva in parallelo il trasferimento a quest’ultima delle attività commerciali dell’AAMS nel settore del tabacco.

76.

Nella sentenza ETI e a. (EU:C:2007:775, punto 44) ( 37 ), la Corte ha altresì sottolineato che «[è] irrilevante anche la circostanza che una cessione delle attività venga decisa non da singoli, ma dal legislatore nella prospettiva di una privatizzazione. Infatti, le misure di ristrutturazione o di riorganizzazione d’impresa adottate dalle autorità di uno Stato membro non possono legittimamente avere come conseguenza la compromissione dell’effetto utile del diritto comunitario della concorrenza» (il corsivo è mio).

77.

Allo stesso modo, i legami strutturali tra il cedente e il cessionario degli attivi di cui trattasi, in particolare all’interno dell’impresa autrice dell’infrazione, devono essere valutati in modo indipendente dagli eventi successivi al trasferimento, quali lo scioglimento dell’impresa o la vendita della cessionaria controllata.

iii) Ulteriore argomento delle convenute: quale tipo di legame strutturale?

78.

Le convenute fanno valere che la Corte non avrebbe creato, nella sentenza ETI e a. (EU:C:2007:775), una regola automatica secondo cui l’esistenza in passato di un semplice legame strutturale tra la cedente e la cessionaria dell’attività coinvolta in un’infrazione renderebbe di per sé la cessionaria responsabile di una siffatta attività. La Corte avrebbe espressamente statuito che una tale conseguenza operava solo a condizione che fosse dimostrato che il cedente e il cessionario erano sotto l’effettivo controllo della stessa persona nel momento in cui esisteva il legame strutturale e che trovavano applicazione in sostanza le medesime direttive commerciali ( 38 ).

79.

Esse si fondano sul fatto che, all’interno della suddetta sentenza, la Corte, pur avendo preso atto dell’esistenza di un legame strutturale tra i due enti in causa (vale a dire che erano in mano alla stessa autorità pubblica), ha tuttavia lasciato che fosse il giudice nazionale a verificare se gli enti in parola fossero stati «sotto la tutela» ( 39 ) della suddetta autorità, circostanza questa che il giudice nazionale avrebbe peraltro negato.

80.

Secondo le convenute, la Commissione avrebbe completamente omesso di valutare nella decisione controversa se, nel breve periodo di esistenza del legame strutturale tra l’ITR e l’ITR Rubber, detti due soggetti fossero stati, come esige la sentenza ETI e a. (EU:C:2007:775), sotto il controllo della medesima persona e avessero, considerati gli stretti legami che li univano sul piano economico e organizzativo, applicato in sostanza le stesse direttive commerciali. La decisione controversa citerebbe solo il fatto che, al momento della cessione dell’attività relativa ai tubi marini dall’ITR all’ITR Rubber, la seconda era «detenuta al 100%» dalla prima. La decisione in parola non farebbe alcun riferimento alla giurisprudenza in base alla quale è possibile presumere che una società controllante eserciti un’influenza determinante su una controllata detenuta al 100%. Le convenute ne deducono che, dal momento che la Commissione non ha valutato nella decisione controversa se l’ITR e l’ITR Rubber (divenuta Parker ITR) avessero costituito una sola impresa nel breve periodo in cui sono state legate da un legame strutturale, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto concludendo nel senso che la Parker ITR non poteva essere ritenuta responsabile del comportamento dell’ITR sulla base soltanto di un siffatto legame strutturale pregresso.

81.

Oltre al fatto che nella causa ETI era normale che la Corte lasciasse al giudice nazionale il compito di verificare se l’AAMS (che ha trasferito le sue attività) e l’ETI (che ne era stata cessionaria), detenute dallo stesso ente pubblico, fossero sotto la tutela di quest’ultimo (problema che non si pone nel caso di specie ove il legame strutturale intercorre soltanto tra l’ITR e l’ITR Rubber), l’argomento delle convenute non risulta convincente dal momento che la Corte ha chiaramente statuito nella sentenza Akzo Nobel e a./Commissione (C‑97/08 P, EU:C:2009:536, punto 60) che «[r]iguardo al caso particolare in cui una società controllante detenga il 100% del capitale della propria controllata che abbia infranto le norme comunitarie in materia di concorrenza, da un lato, tale società controllante può esercitare un’influenza determinante sul comportamento di tale controllata [ ( 40 )] e, dall’altro, esiste una presunzione semplice secondo cui la detta società controllante esercita effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della propria controllata [ ( 41 )]».

82.

La Corte ha poi precisato, al punto 61 di detta sentenza, che «[a]lla luce di tali considerazioni è sufficiente che la Commissione provi che l’intero capitale di una controllata sia detenuto dalla controllante per poter presumere che quest’ultima eserciti un’influenza determinante sulla politica commerciale di tale controllata. La Commissione potrà poi ritenere la società controllante solidalmente responsabile per il pagamento dell’ammenda inflitta alla propria controllata, a meno che tale società controllante, cui incombe l’onere di confutare tale presunzione, non fornisca sufficienti elementi di prova idonei a dimostrare che la propria controllata si comporta in maniera autonoma sul mercato [ ( 42 )]».

83.

Le convenute invocano anche la sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione (EU:C:2011:191), nella quale né la Commissione né la Corte hanno evocato il legame strutturale che era originariamente esistito tra la cedente Thyssen Stahl e la cessionaria ThyssenKrupp Nirosta come motivo possibile, o addirittura sufficiente, per ritenere la seconda responsabile del comportamento illegittimo della prima ( 43 ).

84.

A mio avviso, la suddetta sentenza non è pertinente nel caso di specie, dal momento che nella causa che ha portato, in fase di impugnazione, alla sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione (EU:C:2011:191), la Corte era stata chiamata a stabilire se una continuità economica potesse trarre origine non da un solo trasferimento di attivi, ma da una semplice dichiarazione dell’acquirente degli attivi con cui questi si assumeva la responsabilità dei comportamenti illeciti collegati a tali attivi. Nell’ambito dell’impugnazione, la Corte si è potuta pronunciare soltanto sulla correttezza dalla valutazione del Tribunale (che verteva unicamente sulla suddetta dichiarazione).

d) Conclusione sul primo motivo

85.

Da quanto precede risulta che, in una controversia come quella in esame, tra due enti giuridici che hanno avuto legami strutturali, quand’anche per un breve periodo, può esistere una continuità economica, ai sensi della giurisprudenza della Corte. La Commissione poteva pertanto fondarsi sulla presunzione secondo cui la società controllante (l’ITR) che detiene il 100% di una controllata (l’ITR Rubber) esercita effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della sua controllata al fine di stabilire che la cedente e la cessionaria degli attivi sono stati «sotto il controllo della stessa persona» e hanno «applicato in sostanza le stesse direttive commerciali» ( 44 ).

86.

Questo è ciò che ha fatto la Commissione al punto 370 della decisione controversa, osservando che «all’epoca del trasferimento l’ITR SpA e l’ITR Rubber Srl condividevano i legami economici di una società controllante e di una controllata al 100%» e che «esse appartenevano inoltre alla stessa impresa» ( 45 ).

87.

L’ITR ha detenuto il 100% delle azioni nell’ITR Rubber per il periodo compreso tra il 27 giugno 2001 e il 31 gennaio 2002, vale a dire per sette mesi. In linea con una giurisprudenza consolidata, operava quindi una presunzione legale in base alla quale la prima esercitava un’influenza determinante sull’ultima ( 46 ).

88.

Come risulta dalla sentenza Akzo Nobel e a./Commissione (EU:C:2009:536) (v. paragrafi 81 e 82 delle presenti conclusioni), nella fattispecie la tesi della Commissione, che consiste nel basarsi sulla presunzione del 100%, era quindi fondata.

89.

Aggiungo che le convenute avevano il diritto di confutare la presunzione dell’influenza determinante derivante dalla titolarità del 100% del capitale e sembra che esse abbiano cercato di farlo nelle loro memorie dinanzi al Tribunale. Esse si sono fondate, in particolare, sulle clausole del contratto stipulato nel dicembre 2001 tra la Parker‑Hannifin e l’ITR in vista della cessione dell’ITR Rubber.

90.

In fase d’impugnazione esse sostengono inoltre che molte di tali clausole vietavano all’ITR di esercitare una qualsiasi influenza sull’ITR Rubber, a partire dalla conclusione del suddetto contratto.

91.

Il contratto di cui trattasi (un documento di 64 pagine, composto di 12 capitoli suddivisi in numerose sezioni) è stato in effetti prodotto dinanzi al Tribunale in allegato al ricorso ( 47 ), ma il Tribunale, avendo immediatamente escluso l’esistenza di una continuità economica tra l’ITR e l’ITR Rubber, non ha esaminato gli argomenti (contraddittori) dedotti da tale documento dalle convenute e dalla Commissione.

92.

D’altro canto, ritengo, diversamente da quanto statuito dal Tribunale, che la Commissione non fosse tenuta a imputare la responsabilità del comportamento illecito alle società controllanti Saiag e ITR.

93.

Da un lato, dalla giurisprudenza dell’Unione ( 48 ) risulta che la Commissione poteva scegliere di considerare responsabile del comportamento illecito il predecessore economico o il successore economico o entrambi solidalmente ( 49 ).

94.

Dall’altro, il fatto che in una controversia precedente la Commissione abbia scelto di imputare la responsabilità alla società controllante cedente e non alla controllata che era stata oggetto della cessione è priva di rilievo, dal momento che la sua prassi decisionale anteriore non crea un quadro giuridico vincolante per valutare la legittimità degli atti da essa adottati successivamente ( 50 ).

95.

Come correttamente osservato dalla Commissione, nello scegliere, nel caso di specie, di imputare la responsabilità dell’infrazione all’ITR Rubber quale successore economico dell’ITR, la Commissione si è avvalsa del potere discrezionale che le è riconosciuto dalla giurisprudenza ( 51 ).

96.

Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata nella misura in cui ha stabilito che l’applicazione del principio della continuità economica era, nel caso di specie, esclusa. La causa deve quindi essere rimessa dinanzi al Tribunale affinché questi verifichi se gli elementi di prova forniti dalle convenute siano sufficienti per confutare la presunzione secondo cui l’ITR, quale società controllante titolare del 100% del capitale dell’ITR Rubber e appartenente, come quest’ultima, a uno stesso gruppo, ha esercitato un’influenza determinante sul comportamento della sua controllata ed esamini l’argomento, dedotto in via subordinata dalle convenute, secondo cui, ove la decisione controversa si sia implicitamente fondata su tale presunzione, si sarebbe verificata una violazione dei loro diritti della difesa in ragione del fatto che la comunicazione degli addebiti non vi aveva fatto chiaramente riferimento ( 52 ).

97.

Occorre infine prendere posizione, nel quadro del motivo di cui trattasi, su un ultimo aspetto. Le convenute osservano che, nella sua impugnazione, la Commissione non ha contestato i punti della sentenza impugnata nei quali il Tribunale ha accolto il quinto e sesto motivo del loro ricorso e ha statuito che l’ammenda era stata a torto maggiorata in ragione del ruolo di guida da esse svolto (punti 139, 140, 145, 146, 253 e 254). Esse ne deducono che la sentenza sarebbe divenuta, sul punto, definitiva. Tale tesi è manifestamente errata. Nei punti succitati, infatti, il Tribunale non ha esaminato la fondatezza degli argomenti avanzati per contestare il ruolo di guida svolto dalla Parker ITR. Esso ha semplicemente tratto in modo meccanico le conseguenze delle sue constatazioni in merito alla mancanza di continuità economica. L’annullamento da me proposto copre i punti considerati.

B – Secondo motivo: violazione del principio ne ultra petita e del principio di non discriminazione

1. La sentenza impugnata

98.

Al termine della sua analisi del ricorso, il Tribunale, avvalendosi della sua competenza estesa al merito, si è pronunciato sull’importo finale dell’ammenda in questi termini:

«250

A tal proposito, occorre ricordare che, per sua natura, la fissazione di un’ammenda ad opera del Tribunale, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, non corrisponde a un calcolo aritmetico preciso. Il Tribunale non è peraltro vincolato ai calcoli compiuti dalla Commissione, ma deve effettuare la propria valutazione tenendo conto di tutte le circostanze del caso di specie (…).

(…)

257

Alla luce di tutto quanto precede, si deve, in primo luogo, annullare l’articolo 1, lettera i), della decisione [controversa], nella parte riguardante l’infrazione contestata alla Parker ITR per il periodo precedente al gennaio 2002, in secondo luogo, fissare l’importo dell’ammenda ad essa inflitta in EUR 6 400 000, importo per il quale la Parker‑Hannifin dev’essere ritenuta solidalmente responsabile sino a concorrenza di EUR 6 300 000, dato che la responsabilità solidale della Parker‑Hannifin non può essere considerata per il periodo compreso tra il 1o e il 31 gennaio 2002 e, infine, in terzo luogo, respingere il ricorso per il resto».

2. Argomenti delle parti

99.

La Commissione sostiene che, riducendo di EUR 100 000 la maggiorazione applicata, in ragione della durata, all’importo a concorrenza del quale la società controllante Parker‑Hannifin è ritenuta solidalmente responsabile del pagamento dell’ammenda, il Tribunale ha statuito ultra petita. Infatti, la Parker‑Hannifin non aveva contestato né la durata effettiva della sua partecipazione all’infrazione (che il Tribunale ha peraltro confermato ai punti 129 e 256 della sua sentenza), né il corrispondente fattore applicato in sede di calcolo dell’importo dell’ammenda. A tal proposito, la Commissione ricorda che, nelle sentenze KME Germany e a./Commissione e Chalkor/Commissione ( 53 ), la Corte sottolinea che «l’esercizio della competenza estesa al merito non equivale a un controllo d’ufficio» e che «spetta alla parte ricorrente sollevare motivi contro [la decisione controversa] e addurre elementi probatori per corroborare tali motivi».

100.

La Commissione osserva che la motivazione fornita al punto 257 della sentenza impugnata per giustificare tale riduzione («dal momento che la Parker‑Hannifin non può essere ritenuta solidalmente responsabile per il periodo compreso tra il 1o e il 31 gennaio 2002») non è pertinente, dato che nella decisione controversa non è stata riconosciuta la responsabilità della Parker‑Hannifin per il periodo in questione. Il Tribunale, nella misura in cui ha inteso riferirsi alla circostanza che la partecipazione della controllata Parker ITR all’infrazione, come valutata nella sentenza impugnata, sarebbe stata più lunga di un mese (a partire dal 1o gennaio 2002) rispetto a quella della Parker‑Hannifin (a decorrere dal 31 gennaio 2002), avrebbe dovuto non ridurre l’importo per il quale la Parker‑Hannifin è stata riconosciuta responsabile solidale, ma aumentare l’importo dell’ammenda inflitta alla Parker ITR.

101.

La Commissione osserva che, in base agli orientamenti da essa applicati al calcolo delle ammende ( 54 ) e cui il Tribunale ha fatto riferimento nella sentenza impugnata, la suddetta differenza di un mese nella durata dell’infrazione, tenuto conto del metodo di arrotondamento ( 55 ) applicato a tutti i destinatari della decisione controversa, non può giustificare una riduzione dell’ammenda per uno solo di tali destinatari. Il Tribunale avrebbe quindi violato il principio di non discriminazione. Esso avrebbe dovuto, quanto meno, spiegare le ragioni del suo scostamento dagli orientamenti nel caso della Parker‑Hannifin, cosa che non ha fatto.

102.

In via preliminare, le convenute ricordano che, dal momento che la sentenza impugnata è stata emanata nel quadro di un procedimento che riguardava solo loro, il Tribunale, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, non era in linea di principio vincolato al metodo di calcolo dell’ammenda impiegato dalla Commissione ( 56 ). Nel ricalcolare l’importo dell’ammenda inflitta alla Parker ITR, il Tribunale avrebbe inoltre seguito gli orientamenti.

103.

Per quanto attiene alla parte dell’ammenda della Parker ITR di cui la Parker‑Hannifin può essere ritenuta solidalmente responsabile, il Tribunale ha deciso di accordare a quest’ultima una riduzione al fine di tener conto del fatto che la sua partecipazione nell’infrazione (quale società controllante della Parker ITR) era stata più breve di un mese rispetto alla partecipazione diretta della Parker ITR. Secondo le convenute, il suddetto approccio sarebbe il solo rispettoso del principio di non discriminazione. Aumentare l’importo dell’ammenda inflitta alla Parker ITR, come proposto dalla Commissione, avrebbe integrato una discriminazione a danno della Parker ITR rispetto alle altre destinatarie della decisione controversa. Ritenere che la Parker‑Hannifin fosse responsabile a concorrenza del medesimo importo dell’ammenda inflitta alla Parker ITR avrebbe costituito una discriminazione nei confronti della Parker‑Hannifin, posto che la sua partecipazione all’infrazione era stata più breve di quella della Parker ITR.

3. Valutazione

104.

A mio avviso, il Tribunale, riducendo di EUR 100 000 la maggiorazione applicata in ragione della durata all’importo a concorrenza del quale la società controllante Parker‑Hannifin è solidalmente responsabile del pagamento dell’ammenda, ha statuito ultra petita.

105.

Da un lato, ho analizzato nel dettaglio l’importanza e la portata della competenza estesa al merito del Tribunale nelle mie conclusioni nella causa Telefónica e Telefónica de España/Commissione (C‑295/12 P, EU:C:2013:619), essendo quest’ultimo tenuto a compiere un esame approfondito dell’ammenda. Nell’esercitare il suo controllo, il Tribunale non si può infatti semplicemente fondarsi sul potere discrezionale di cui dispone la Commissione per rinunciare a compiere un analogo controllo approfondito, sia in punto di diritto che di fatto, dell’ammenda inflitta o per non esigere che la Commissione spieghi il cambiamento della sua politica in materia di ammende in un caso specifico.

106.

Dall’altro, ciò non toglie che, secondo la giurisprudenza, «poiché il giudice [dell’Unione] non può statuire ultra petita [...], l’annullamento da esso pronunciato non può eccedere quello richiesto dal ricorrente» ( 57 ).

107.

Orbene, è chiaro che, nel caso di specie, la Parker‑Hannifin non aveva contestato né la durata effettiva della sua partecipazione all’infrazione (che, come osservato dalla Commissione, è stata in effetti confermata dal Tribunale ai punti 129 e 256 della sentenza, vale a dire dal 31 gennaio 2002 al 2 maggio 2007), né il corrispondente fattore applicato nel calcolo dell’importo dell’ammenda (vale a dire il fattore collegato alla durata).

108.

Non solo, nelle sentenze KME Germany e a./Commissione e Chalkor/Commissione ( 58 ), la Corte sottolinea che «l’esercizio della competenza estesa al merito non equivale a un controllo d’ufficio e [ricorda] che il procedimento dinanzi ai giudici dell’Unione è di tipo contraddittorio. Ad eccezione dei motivi di ordine pubblico, che devono essere sollevati d’ufficio dal giudice, come il difetto di motivazione della decisione impugnata, spetta al ricorrente sollevare motivi contro tale decisione e addurre elementi probatori per corroborare tali motivi».

109.

Le convenute hanno certamente contestato con successo il ruolo di guida, considerato nei loro confronti quale circostanza aggravante, il che ha portato il Tribunale a rivedere l’ammenda (v. punti 145, 146 e 254 della sentenza impugnata). Ritengo tuttavia che il Tribunale non possa, neppure nell’ambito dell’esercizio della sua competenza estesa al merito, trarne la possibilità di modificare altri aspetti dell’ammenda (nel caso di specie, il fattore legato alla durata) contro i quali la ricorrente in primo grado non ha dedotto alcun motivo.

110.

La motivazione indicata al punto 257 della sentenza impugnata ( 59 ) per giustificare la suddetta riduzione («dal momento che la Parker‑Hannifin non può essere ritenuta solidalmente responsabile per il periodo compreso tra il 1o e il 31 gennaio 2002») è peraltro inconferente poiché, nella decisione controversa, non è stata accertata la responsabilità della Parker‑Hannifin per il periodo di cui trattasi.

111.

In linea con la Commissione, e nella misura in cui il Tribunale ha inteso riferirsi alla circostanza che la partecipazione della controllata Parker ITR all’infrazione, come accertata nella sentenza impugnata, sarebbe stata di un mese più lunga (a decorrere dal 1o gennaio 2002) di quella della Parker‑Hannifin (a decorrere dal 31 gennaio 2002), ritengo che il Tribunale avrebbe dovuto allora non ridurre l’importo per il quale la Parker‑Hannifin è stata ritenuta responsabile solidale, ma aumentare l’importo dell’ammenda inflitta alla Parker ITR. Non è corretto infatti ridurre la parte non contestata dell’ammenda inflitta alla società controllante, invece di aumentare l’importo della parte contestata dell’ammenda comminata alla Parker ITR.

112.

Per quanto attiene all’argomento della Commissione secondo cui il Tribunale avrebbe dovuto esporre le ragioni che lo hanno portato a discostarsi dagli orientamenti per uno solo dei destinatari della decisione controversa, vale a dire per la Parker‑Hannifin, mi sembra chiaro, dalla lettura del punto 250 della sentenza impugnata, che il Tribunale ha inteso «effettuare la sua valutazione» e non si è in effetti sentito vincolato dagli orientamenti.

113.

Orbene, come ha ricordato l’avvocato generale Maduro, «i giudici [dell’Unione] nell’esercitare la loro competenza giurisdizionale anche di merito devono rispettare i medesimi principi giuridici che si applicano alla Commissione quando commina una sanzione». Tali principi comprendono l’obbligo di motivazione ( 60 ).

114.

Tanto premesso, ritengo che la diminuzione dell’ammenda inflitta alla Parker‑Hannifin per la sola ragione che «la Parker‑Hannifin non può essere ritenuta solidalmente responsabile per il periodo compreso tra il 1o [gennaio] e il 31 gennaio 2002» (punto 257 della sentenza impugnata) non sia sufficientemente motivata.

115.

Ne consegue che, alla luce delle ragioni che precedono, il secondo motivo deve essere accolto.

C – Sul calcolo dell’ammenda in caso di accoglimento del primo motivo

116.

Nel caso in cui la Corte decida di ricalcolare l’importo dell’ammenda, le convenute fanno valere in primo luogo l’impossibilità di applicare maggiorazioni per le circostanze aggravanti.

117.

In secondo luogo, le convenute sostengono che l’ammenda per la quale, in caso di ricalcolo, la Parker ITR potrebbe essere dichiarata sola responsabile, non può, in linea con l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 ( 61 ), eccedere il 10% del suo fatturato. Esse ricordano che, fino al 31 gennaio 2002, la Parker ITR (allora ITR Rubber) e la Parker‑Hannifin erano due imprese distinte. È questa la ragione per cui la decisione controversa ha riconosciuto la responsabilità solidale della Parker‑Hannifin solo per una parte (vale a dire EUR 8 320 000) della totalità dell’ammenda inflitta alla Parker ITR (pari a EUR 17 290 000). Per lo stesso motivo, nel fissare il tetto del 10% applicabile all’importo dell’ammenda di cui la Parker ITR è ritenuta la sola responsabile, la decisione controversa avrebbe dovuto riferirsi al fatturato realizzato nel 2008 dalla Parker ITR (ossia EUR 9 304 570) e non al volume d’affari consolidato del gruppo Parker.

118.

L’argomento delle convenute corrisponde a quello del loro ottavo motivo in primo grado, che il Tribunale ha esaminato e respinto (v. punti 227 e 228 della sentenza impugnata). Ai sensi del punto 228, «[d]ato che il primo motivo viene accolto, l’ottavo motivo è inconferente, per la parte riguardante il periodo di infrazione precedente al 1o gennaio 2002, durante il quale l’infrazione è stata commessa dall’ITR. Peraltro, esso è infondato per la parte riguardante il periodo di infrazione successivo al 1o gennaio 2002, poiché, per tutto questo periodo, ad eccezione di un mese, la Parker ITR e la Parker‑Hannifin costituivano un’unità economica responsabile dell’infrazione sanzionata Il massimale dell’ammenda poteva essere quindi calcolato in base al fatturato globale di tale impresa, vale a dire in base a tutte le sue componenti cumulate».

119.

È vero che nelle mie conclusioni nella causa YKK e a./Commissione (C‑408/12 P, EU:C:2014:66, paragrafi da 96 a 145), a seguito di un’analisi dettagliata, ho concluso «che il Tribunale [aveva] violato l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 in quanto solo la controllata (la YKK Stocko) avrebbe dovuto essere considerata come l’“impresa partecipante all’infrazione” per il primo periodo e che, pertanto, il suo fatturato e non quello del gruppo doveva essere preso in considerazione per il calcolo del massimale del 10%». Nelle sue conclusioni nella causa Gascogne Sack Deutschland/Commissione (C‑40/12 P, EU:C:2013:361, paragrafi da 71 a 90), l’avvocato generale Sharpston aveva concluso nello stesso senso.

120.

Ciò non toglie che, nel caso di specie, le convenute non possono avvalersi di tale argomento, dal momento che esse non hanno impugnato, neppure in via incidentale, i punti 227 e 228 della sentenza impugnata, nei quali il Tribunale si è pronunciato su tale punto.

121.

A tal proposito occorre ricordare che, a norma dell’articolo 172 del regolamento di procedura, entrato in vigore il 1o novembre 2012, le parti nella causa svoltasi dinanzi al Tribunale che abbiano interesse all’accoglimento o al rigetto dell’impugnazione possono presentare una comparsa di risposta nel termine di due mesi dalla notifica dell’atto di impugnazione. L’articolo 176, paragrafo 1, del regolamento in parola prevede inoltre che le parti menzionate dall’articolo 172 possono presentare un’impugnazione incidentale nello stesso termine previsto per la presentazione della comparsa di risposta. Infine, l’articolo 176, paragrafo 2, del suddetto regolamento, stabilisce che l’impugnazione incidentale è proposta con atto separato, distinto dalla comparsa di risposta.

122.

In udienza, la Corte ha chiesto alle convenute le ragioni della mancata presentazione da parte loro di un’impugnazione incidentale. La loro risposta è stata non vi era nella sentenza del Tribunale alcun accertamento suscettibile di impugnazione, non avendo il Tribunale adottato alcuna decisione in merito al fatturato da prendere in considerazione ai fini del calcolo dell’ammenda e ciò in quanto, al punto 229 della sentenza impugnata, il Tribunale ha stabilito che «[d]ato che il primo motivo viene accolto, non è necessario esaminare le altre censure vertenti sulla violazione dei principi della responsabilità personale e della proporzionalità e sul difetto di motivazione, in quanto riguardano l’incidenza della presa in considerazione, nella decisione impugnata, del periodo precedente al 1o gennaio 2002».

123.

Orbene, è chiaro che tale tesi non è corretta. Dal paragrafo 120 delle presenti conclusioni emerge in tutta evidenza che il Tribunale si è pronunciato sull’aspetto considerato, il che si riflette peraltro nel dispositivo della sentenza impugnata.

124.

In ogni caso, le convenute hanno dedicato, nella loro comparsa di risposta, quindici punti (da 83 a 97) alla tesi secondo cui «[s]e, malgrado gli argomenti illustrati nel titolo II che precede, il primo motivo dovesse essere accolto e la Corte decidesse di ricalcolare l’importo dell’ammenda, le convenute fanno valere quanto segue: i) per le ragioni suesposte non può essere applicata nessuna maggiorazione per le circostanze aggravanti e ii) l’ammenda per la quale la Parker ITR è giudicata sola responsabile non può superare il 10% del suo fatturato». Ciò indica chiaramente che, al momento della lettura dell’impugnazione della Commissione nell’ambito della presente controversia, esse si sono rese conto che era possibile che tale impugnazione fosse accolta dalla Corte e che quindi la valutazione del primo motivo sollevato dinanzi al Tribunale fosse annullata. È per tale ragione che esse hanno motivato come precede ai punti da 83 a 97 della loro comparsa di risposta. Orbene, come ho già spiegato, se l’intenzione delle convenute era di riproporre il loro motivo, esse potevano farlo, in base al regolamento di procedura, soltanto mediante un’impugnazione incidentale e non potevano limitarsi a proporre le proprie argomentazioni nella comparsa di risposta.

125.

Dal momento che le convenute non hanno presentato un’impugnazione incidentale con un atto separato, distinto dalla loro comparsa di risposta, la loro succitata argomentazione deve essere respinta come irricevibile ( 62 ).

IV – Conclusione

126.

Propongo pertanto alla Corte di:

annullare la sentenza del Tribunale dell’Unione europea Parker ITR e Parker‑Hannifin/Commissione (T‑146/09, EU:T:2013:258), nella parte in cui ha stabilito che l’applicazione del principio della continuità economica era esclusa nel caso di specie e ha escluso pertanto la maggiorazione dell’ammenda inflitta alla Parker ITR Srl che era stata applicata dalla Commissione europea nel calcolo dell’ammenda in ragione del ruolo di guida che essa aveva avuto all’interno del cartello;

rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché questi esamini se gli elementi presentati dalla Parker Hannifin Manufacturing Srl e dalla Parker‑Hannifin Corp. siano sufficienti per superare la presunzione secondo cui l’ITR SpA, quale società controllante detentrice del 100% del capitale dell’ITR Rubber e appartenente, come quest’ultima, a un medesimo gruppo, ha esercitato un’influenza determinante sul comportamento della sua controllata;

accertare che, riducendo di EUR 100 000 la maggiorazione applicata, in ragione della durata, all’importo a concorrenza del quale la società controllante Parker‑Hannifin era solidalmente responsabile del pagamento dell’ammenda, il Tribunale ha statuito ultra petita;

accertare che la riduzione dell’ammenda inflitta alla Parker‑Hannifin per il solo motivo che «la Parker‑Hannifin non può essere ritenuta solidalmente responsabile per il periodo compreso tra il 1o [gennaio] e il 31 gennaio 2002» non è sufficientemente motivata dal Tribunale, e

riservare le spese.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) T‑146/09, EU:T:2013:258, in prosieguo la «sentenza impugnata».

( 3 ) Decisione del 28 gennaio 2009, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo [101 TFUE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/39406 – Tubi marini, in prosieguo: la «decisione controversa»). Nelle presenti conclusioni utilizzerò la vecchia numerazione del Trattato, dal momento che la decisione controversa è stata adottata nella vigenza del Trattato CE. È interessante osservare che il cartello in parola rappresenta il primo caso in cui si è assistito all’estradizione di un uomo d’affari di uno Stato membro (Italia) da un altro Stato membro (Germania) verso gli Stati Uniti sulla base di una violazione del diritto della concorrenza. Il suddetto uomo d’affari ha ammesso la sua colpevolezza, «walked into court wearing glasses and dressed in a khaki jump suit, leg irons and handcuffs and accompanied by two US Marshals», ed è stato condannato dall’US District Court in the Southern District of Florida a due anni di prigione e a un’ammenda di 50000 dollari USA. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha respinto il suo ricorso contro la decisione delle autorità tedesche (v., in particolare, mLex, «Extradited marine hose executive pleads guilty, sentenced to 24 months», 24 aprile 2014, e «Human‑rights court rejects case of extradited Italian cartel executive», 29 maggio 2014).

( 4 ) È altresì interessante osservare che il cartello di cui trattasi copriva il mondo intero e che le imprese partecipanti rappresentavano una parte molto importante del settore dei tubi marini a livello globale. Si trattava di un cartello complesso, istituzionalizzato a tal punto da aver adottato degli «statuti» sotto forma di un protocollo d’intesa, una struttura formale di «Club» e nomi in codice, e da aver fatto ricorso a «consulenti» esterni che lo coordinavano e sorvegliavano. Si trattava inoltre di un cartello in grado di adeguarsi ai cambiamenti. Così, dopo aver attraversato una crisi tra il maggio 1997 e il giugno 1999, esso ha ritrovato il suo antico vigore e ha portato avanti le proprie attività per altri otto anni. Il cartello è stato smantellato solo a seguito delle indagini coordinate di diverse autorità preposte alla concorrenza nel mondo. Numerosi dirigenti coinvolti nell’intesa sono stati poi condannati a pene detentive in vari paesi.

( 5 ) V. sentenze KNP BT/Commissione (C‑248/98 P, EU:C:2000:625, punto 71); Cascades/Commissione (C‑279/98 P, EU:C:2000:626, punto 78); Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione (C‑286/98 P, EU:C:2000:630, punto 37), e SCA Holding/Commissione (C‑297/98 P, EU:C:2000:633, punto 27), oltre alle conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa ETI e a. (C‑280/06, EU:C:2007:404, paragrafo 71).

( 6 ) V. sentenze Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punti da 356 a 359); ETI e a. (C‑280/06, EU:C:2007:775); Jungbunzlauer/Commissione (T‑43/02, EU:T:2006:270); ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione (T‑405/06, EU:T:2009:90), e, sull’impugnazione, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a. (C‑201/09 P e C‑216/09 P, EU:C:2011:190).

( 7 ) I tubi marini sono impiegati per caricare gas o prodotti petroliferi dagli impianti offshore (ad esempio, le boe al largo o le piattaforme galleggianti per l’estrazione di gas o petrolio) sulle navi cisterna e, successivamente, per scaricarli in altri impianti offshore o impianti a terra.

( 8 ) Ai fini delle presenti conclusioni utilizzerò la denominazione Parker ITR anche per il periodo in cui l’impresa, appartenente al gruppo Saiag e alla società controllante intermediaria ITR, si chiamava ITR Rubber.

( 9 ) Il punto 257 della sentenza impugnata ha il seguente tenore: «[a]lla luce di tutto quanto precede, si deve, in primo luogo, annullare l’articolo 1, lettera i), della decisione [controversa], nella parte riguardante l’’infrazione contestata alla Parker ITR per il periodo anteriore al mese di gennaio 2002, e in secondo luogo, fissare l’importo dell’ammenda ad essa inflitta in EUR 6 400 000, importo per il quale la Parker‑Hannifin dev’essere ritenuta solidalmente responsabile sino a concorrenza di EUR 6 300 000, dato che la responsabilità solidale della Parker‑Hannifin non può essere considerata per il periodo compreso tra il 1o e il 31 gennaio 2002, e, infine, in terzo luogo, respingere il ricorso per il resto».

( 10 ) La Commissione richiama la sentenza ETI e a. (EU:C:2007:775, punto 41).

( 11 ) V., ad esempio, Jones, A., e Sufrin, B., EC Competition Law, Oxford, 2004, pag. 121.

( 12 ) La Corte si riferisce, sul punto, alla sentenza ETI e a. (EU:C:2007:775, punti 38 e 39 e giurisprudenza citata).

( 13 ) La Corte richiama la sentenza ETI e a. (EU:C:2007:775, punti 48 e 49 e la giurisprudenza citata, vale a dire, la sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, EU:C:2004:6, punti da 355 a 358).

( 14 ) Il Tribunale richiama la sentenza NMH Stahlwerke/Commissione (T‑134/94, EU:T:1999:44, punto 127).

( 15 ) La Corte si riferisce qui, in tal senso, alla giurisprudenza di seguito citata: sentenza ACF Chemiefarma/Commissione (41/69, EU:C:1970:71, punto 173); Showa Denko/Commissione (C‑289/04 P, EU:C:2006:431, punto 61), e Britannia Alloys & Chemicals/Commissione (C‑76/06 P, EU:C:2007:326, punto 22).

( 16 ) Infatti, benché due operazioni possano essere interdipendenti sul piano economico, non è possibile trascurare la prima o ritenere che le responsabilità giuridiche che ne derivano vengano meno in quanto assorbite ipso facto nella seconda.

( 17 ) Ritengo (in linea con la Commissione) che l’oggetto della presente controversia non sia evidentemente la semplice vendita di un soggetto giuridico che ha partecipato all’infrazione; se l’ITR fosse stata venduta quale soggetto giuridico, la responsabilità che avrebbe continuato a gravare per il passato su tale soggetto in seno al nuovo gruppo deriverebbe dalla sentenza Cascades/Commissione (EU:C:2000:626). Non è neppure possibile configurare la presente controversia come la vendita di attivi a un gruppo indipendente.

( 18 ) V. sentenze Aalborg Portland e a./Commissione (EU:C:2004:6, punti da 356 a 359), ed ETI e a. (EU:C:2007:775, punti 48 e 49). Il punto 359 della sentenza Aalborg Portland e a./Commissione (EU:C:2004:6) è particolarmente pertinente nel caso di specie: «[a]l riguardo, è vero che nella sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. (punto 145), la Corte ha dichiarato che può esservi continuità economica solo nel caso in cui la persona giuridica responsabile della gestione dell’impresa abbia cessato di esistere giuridicamente dopo la commissione dell’infrazione. Tale causa riguardava tuttavia il caso di due imprese esistenti ed operative, una delle quali aveva semplicemente ceduto all’altra una certa parte delle sue attività, e che non avevano tra di esse nessi strutturali. Ora, come risulta dal punto [344] della presente sentenza, ciò non si verifica nel caso di specie» (il corsivo è mio).

( 19 ) V. sentenza ETI e a. (EU:C:2007:775, punti 41, 42 e 44).

( 20 ) La vendita degli attivi controversi all’interno del gruppo Saiag e la successiva vendita del soggetto giuridico Parker ITR a un nuovo gruppo devono infatti essere trattati, dal punto di vista concettuale, come avvenimenti distinti.

( 21 ) «Spettava quindi alla Commissione constatare che la Saiag e l’ITR erano responsabili dell’infrazione sino al 1o gennaio 2002, e poi, se del caso, accertare che l’infrazione in parola era prescritta, come la giurisprudenza consolidata le consente di fare (…)».

( 22 ) «La Commissione non poteva, per contro, in tali circostanze, affermare la responsabilità dell’ITR Rubber per il periodo precedente al 1o gennaio 2002, data in cui le è stato trasferito l’attivo oggetto del cartello».

( 23 ) T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, EU:T:2000:77, punti 1334 e 1335 dei motivi e punto 15 del dispositivo.

( 24 ) Sentenza Aalborg Portland e a./Commissione (EU:C:2004:6, punti da 344 a 359).

( 25 ) V. paragrafo 39 delle presenti conclusioni.

( 26 ) EU:T:2009:90.

( 27 ) V., in tal senso, sentenza ETI e a. (EU:C:2007:775, punto 50), nella quale la Corte non ha ripreso l’analisi in senso contrario suggerita dall’avvocato generale Kokott al paragrafo 96 delle sue conclusioni (EU:C:2007:404, secondo cui i legami strutturali dovevano continuare a esistere alla data della decisione).

( 28 ) V. sentenze Aalborg Portland e a./Commissione (EU:C:2004:6, punti 356 e 357) e ETI e a. (EU:C:2007:775, punti da 48 a 52).

( 29 ) V. punto 35 della loro comparsa di risposta dinanzi alla Corte.

( 30 ) V. punti 28, 29, 35 e 41 della loro comparsa di risposta dinanzi alla Corte e punto 59 della sentenza impugnata, secondo cui «[l]e ricorrenti precisano che la giurisprudenza recente conferma che, in caso di trasferimento dell’attivo all’interno di un gruppo, la teoria della successione economica può essere applicata solo se i vincoli strutturali tra il soggetto cessionario e il soggetto cedente sussistono ancora al momento dell’adozione, da parte della Commissione, della decisione che constata l’infrazione».

( 31 ) V. punti da 370 a 373 della decisione controversa.

( 32 ) È quindi il suddetto controllo esercitato dal gruppo Saiag/ITR sull’attività in questione a giustificare a carico dell’ITR Rubber (divenuta Parker ITR) il riconoscimento di una responsabilità a titolo della continuità economica, in deroga al principio della responsabilità personale.

( 33 ) Sul punto, la Commissione si fonda sulle sentenze Aalborg Portland e a./Commissione (EU:C:2004:6) e ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a. (EU:C:2011:190, punto 104), in cui la Corte, nella fase dell’impugnazione, ha confermato l’analisi del Tribunale che aveva ammesso l’esistenza di una continuità economica benché il trasferimento di attivi fosse avvenuto dopo la cessazione dell’infrazione.

( 34 ) V., ad esempio, sentenza ETI e a. (EU:C:2007:775, punti 48 e segg.).

( 35 ) Infatti, secondo la Commissione, quando la nuova società controllante Parker‑Hannifin è venuta a conoscenza dell’infrazione, essa ha comunque deciso di nascondere il cartello nella speranza di non essere scoperta.

( 36 ) La sentenza del Tribunale è stata parzialmente annullata dalla Corte, ma non sul punto qui in esame.

( 37 ) V., anche, paragrafo 95 delle conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella stessa causa (EU:C:2007:404).

( 38 ) Punto 49 della sentenza in parola.

( 39 ) Occorre osservare che, nella loro comparsa di risposta dinanzi alla Corte, le convenute affermano che «la Corte ha lasciato al Consiglio di Stato italiano il compito di valutare, sulla base del criterio del “controllo effettivo” stabilito nella sua sentenza, se la ETI potesse essere ritenuta responsabile del comportamento dell’AAMS» (il corsivo è mio). Il termine impiegato in inglese nell’originale della loro memoria è «actual control». Ora, tale espressione non figura come tale nella traduzione inglese della sentenza ETI. Al punto 51 della sentenza in parola, si discute se l’AAMS e l’ETI siano state «sotto la tutela» dell’ente pubblico interessato il che è stato tradotto in inglese con «AAMS and ETI were subject to the control of that public entity».

( 40 ) La Corte si richiama, in tal senso, alla sentenza Imperial Chemical Industries/Commissione (48/69, EU:C:1972:70, punti 136 e 137).

( 41 ) La Corte si riferisce, in questo senso, alle sentenze AEG‑Telefunken/Commissione (107/82, EU:C:1983:293, punto 50), e Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione (EU:C:2000:630, punto 29).

( 42 ) La Corte si richiama, in tal senso, alla sentenza Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione (EU:C:2000:630, punto 29).

( 43 ) Punto 153 della sentenza in parola.

( 44 ) È interessante osservare che nell’inchiesta sui tubi marini condotta negli Stati Uniti, la Parker ITR è stata accusata e si è dichiarata colpevole di un comportamento illecito risalente al 1999, vale a dire tre anni dopo l’acquisizione degli attivi da parte della Parker. V. DOJ Press Release, Italian Subsidiary of U.S.-Based Company Agrees to Plead Guilty for Participating in International Price-Fixing Conspiracy (16 febbraio 2010), http://www.justice.gov/atr/public/press_releases/2010/255258.htm. Negli Stati Uniti la nozione di successione nella responsabilità non include neppure la condizione di una continuità economica. In linea di principio, la responsabilità (penale, peraltro) non diminuisce nel momento della fusione o dell’acquisizione delle azioni, ma si trasferisce con la fusione dal soggetto precedente a quello successivo. V., sul punto, «EU Court Decision Significantly Reduces Cartel Fines in Marine Hose Investigation», King & Spalding, 22 maggio 2013, che cita la giurisprudenza americana in questione.

( 45 ) V., inoltre, sui legami strutturali, il punto 373 della decisione controversa.

( 46 ) Infatti, ciò è stato riconosciuto dall’ITR stessa nell’«Act of transfer of marine hose assets by ITR to ITR Rubber» (allegato 2 alla replica della Parker alla comunicazione degli addebiti), pag. 420 del ricorso in primo grado, che si riferisce all’ITR come all’«attuale unico socio controllante».

( 47 ) Il contratto in parola era stato prodotto anche nel corso del procedimento amministrativo in allegato alla risposta alla comunicazione degli addebiti.

( 48 ) V. sentenze ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione (EU:T:2009:90, punti da 112 a 117, e la giurisprudenza citata, che è stata confermata dalla Corte in sede d’impugnazione della sentenza ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a.) e Hoechst/Commissione (EU:T:2009:366, punto 64, «l’imputazione al nuovo gestore di un’infrazione commessa dal vecchio gestore è una possibilità che in talune circostanze la giurisprudenza riconosce alla Commissione, e non un obbligo»).

( 49 ) Nella sua recente sentenza Dow Chemical e a./Commissione (C‑499/11 P, EU:C:2013:482, punto 49 e giurisprudenza citata) la Corte ha sottolineato che «non esiste una “priorità” per quanto riguarda la comminazione di un’ammenda, da parte della Commissione, all’una o all’altra di tali società», vale a dire alla società controllante o alla sua controllata.

( 50 ) V. altresì paragrafo 95 delle conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa ETI e a. (EU:C:2007:404).

( 51 ) V. sentenze Erste Group Bank e a. /Commissione (C‑125/07 P, C‑133/07 P e C‑137/07 P, EU:C:2009:576, punto 82), e Team Relocations e a./Commissione (C‑444/11 P, EU:C:2013:464, punti 159 e 160).

( 52 ) V., in tale contesto, ad esempio, sentenza Ballast Nedam/Commissione (C‑612/12 P, EU:C:2014:193).

( 53 ) C‑389/10 P, EU:C:2011:816, punto 131, e C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punto 64.

( 54 ) Orientamenti sul metodo per stabilire l’importo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2).

( 55 ) A norma del punto 24 degli orientamenti, «(...) I periodi di durata inferiore a un semestre saranno calcolati come metà anno; i periodi di durata superiore a sei mesi, ma inferiore a un anno, saranno calcolati come un anno intero».

( 56 ) Sentenza Volkswagen/Commissione (C‑338/00 P, EU:C:2003:473, punto 147).

( 57 ) Sentenza Commissione/AssiDomän Kraft Products e a. (C‑310/97 P, EU:C:1999:407, punto 52 e giurisprudenza citata). V. anche, ad esempio, sentenze Commissione/Aktionsgemeinschaft Recht und Eigentum (C‑78/03 P, EU:C:2005:761, punti da 44 a 50); ENI/Commissione (C‑508/11 P, EU:C:2013:289, punto 103), e Arkema/Commissione (C‑520/09 P, EU:C:2011:619, punto 61 e giurisprudenza citata).

( 58 ) EU:C:2011:816, punto 131 e EU:C:2011:815, punto 64.

( 59 ) V. nota 9 delle presenti conclusioni.

( 60 ) Sentenza Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione (C‑397/03 P, EU:C:2006:328, punto 60). La Corte si riferisce, in tal senso, alla sentenza Aalborg Portland e a./Commissione (EU:C:2004:6, punto 372). V. anche, ad esempio, sentenza Acerinox/Commissione (C‑57/02 P, EU:C:2005:453), con cui la Corte ha annullato parzialmente la sentenza del Tribunale per difetto di motivazione. V. altresì l’articolo 36 dello Statuto della Corte di giustizia, che prescrive che «[l]e sentenze sono motivate». V., in particolare, sentenza Consiglio/de Nil e Impens (C‑259/96 P, EU:C:1998:224, punto 32), e ordinanze Meyer/Commissione (C‑151/03 P, EU:C:2004:381, punto 72) e L/Commissione (C‑230/05 P, EU:C:2006:270, punto 83).

( 61 ) Regolamento del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1).

( 62 ) In ogni caso, le convenute non hanno impugnato i punti 227 e 228 della sentenza impugnata.