ORDINANZA DEL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE
11 marzo 2013 ( *1 )
«Procedimento sommario — Concorrenza — Pubblicazione di una decisione che accerta un’infrazione all’articolo 81 CE — Rigetto della domanda diretta ad ottenere il trattamento riservato di informazioni asseritamente coperte dal segreto commerciale — Domanda di provvedimenti provvisori — Urgenza — Fumus boni iuris — Ponderazione degli interessi»
Nel procedimento T-462/12 R,
Pilkington Group Ltd, con sede in St Helens, Merseyside (Regno Unito), rappresentato da J. Scott, S. Wisking e K. Fountoukakos-Kyriakakos, solicitors,
ricorrente,
contro
Commissione europea, rappresentata da M. Kellerbauer, P. Van Nuffel e G. Meeßen, in qualità di agenti,
convenuta,
avente ad oggetto una domanda di sospensione dell’esecuzione della decisione C (2012) 5718 def. della Commissione, del 6 agosto 2012, che respinge la domanda di trattamento riservato presentata dal Pilkington Group Ltd, in forza dell’articolo 8 della decisione 2011/695/UE del presidente della Commissione europea, del 13 ottobre 2011, relativa alla funzione e al mandato del consigliere-auditore per taluni procedimenti in materia di concorrenza (Caso COMP/39.125 – Vetro destinato al settore auto), e la domanda di provvedimenti provvisori diretta ad ordinare che sia mantenuto il trattamento riservato concesso a talune informazioni relative alla ricorrente con riferimento alla decisione C (2008) 6815 def. della Commissione, del 12 novembre 2008, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/39.125 – Vetro destinato al settore auto),
IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE
ha emesso la seguente
Ordinanza
Fatti, procedimento e conclusioni delle parti
1 |
Il presente procedimento sommario verte sulla decisione C (2012) 5718 def. della Commissione, del 6 agosto 2012, che respinge una domanda di trattamento riservato presentata dal Pilkington Group Ltd, in forza dell’articolo 8 della decisione 2011/695/UE del presidente della Commissione europea, del 13 ottobre 2011, relativa alla funzione e al mandato del consigliere-auditore per taluni procedimenti in materia di concorrenza (Caso COMP/39.125 – Vetro destinato al settore auto) (in prosieguo: la «decisione impugnata»). |
2 |
Con la decisione impugnata, la Commissione europea ha respinto la domanda diretta al mantenimento della versione non riservata della propria decisione C (2008) 6815 def., del 12 novembre 2008, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/39.125 – Vetro destinato al settore auto) (in prosieguo: la «decisione del 2008»), come pubblicata nel febbraio 2010 sul sito Internet della direzione generale «Concorrenza». |
3 |
Nella decisione del 2008, la Commissione aveva accertato un’infrazione all’articolo 81 CE, commessa tra il 1998 e il 2003, nel territorio dello Spazio economico europeo (SEE), dalla ricorrente, il Pilkington Group Ltd, unitamente ad altre società appartenenti al suo gruppo, da più società appartenenti al gruppo francese Saint-Gobain e al gruppo giapponese Asahi – al quale appartengono, in particolare, la società AGC Glass Europe – nonché dalla società belga Soliver per quanto riguarda le vendite di vetro utilizzato per i veicoli nuovi e per i pezzi di ricambio originali destinati agli autoveicoli (in prosieguo: il «cartello del vetro destinato al settore auto»). Di conseguenza, la Commissione ha inflitto ai membri di tale cartello ammende per un importo complessivo superiore a EUR 1,3 miliardi, mentre l’ammenda inflitta al gruppo della ricorrente ammontava a EUR 370 milioni. |
4 |
Dopo aver esaminato le domande di trattamento riservato formulate dalle società destinatarie della decisione del 2008, la Commissione, nel febbraio 2010, ha pubblicato sul suo sito Internet una versione integrale non riservata provvisoria di tale decisione. Detta pubblicazione non è stata contestata dalla ricorrente. |
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Con lettera del 28 aprile 2011, la Commissione ha informato la ricorrente in merito al proprio intendimento di pubblicare, per ragioni di trasparenza, una versione non riservata, più dettagliata, della decisione del 2008 e di respingere, a tal fine, varie domande di trattamento riservato che la medesima le aveva presentato per quanto riguarda, in primo luogo, i nominativi dei clienti, i nomi e le descrizioni dei prodotti, nonché altre informazioni che consentivano l’identificazione di taluni clienti (in prosieguo: le «informazioni di categoria I»), in secondo luogo, il numero dei pezzi di ricambio forniti dalla ricorrente, la quota di partecipazione di una determinata casa automobilistica, il calcolo dei prezzi, le modifiche dei prezzi, ecc. (in prosieguo: le «informazioni di categoria II») e, in terzo luogo, informazioni che, secondo la ricorrente, avrebbero consentito l’identificazione di taluni membri del proprio personale asseritamente coinvolti nell’attuazione dell’intesa (in prosieguo: le «informazioni di categoria III»). La Commissione ha invitato la ricorrente, in caso di disaccordo, ad adire il consigliere-auditore ai sensi della decisione 2011/695/UE del presidente della Commissione europea, del 13 ottobre 2011, relativa alla funzione e al mandato del consigliere-auditore per taluni procedimenti in materia di concorrenza (GU L 275, pag. 29). |
6 |
Constatando che la versione più dettagliata proposta conteneva numerose informazioni che non erano state pubblicate nel febbraio 2010 per ragioni di riservatezza, la ricorrente, con lettera del 30 giugno 2011, ha comunicato al consigliere-auditore la propria intenzione di opporsi alla pubblicazione di una versione della decisione del 2008 più dettagliata di quella pubblicata nel febbraio 2010, sostenendo che le informazioni di categoria I e II dovevano essere tutelate, in quanto costituivano segreti commerciali, mentre la divulgazione delle informazioni di categoria III avrebbe consentito l’identificazione di persone fisiche, ossia di dipendenti della ricorrente asseritamente coinvolti nell’attuazione dell’intesa. La ricorrente ha quindi richiesto il trattamento riservato di tutte queste informazioni. |
7 |
Nella decisione impugnata, firmata «[p]er la Commissione», il consigliere-auditore, pur riconoscendo la riservatezza di alcune informazioni fatte valere dalla ricorrente, ha respinto tuttavia la quasi totalità delle domande. |
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La decisione impugnata è stata notificata alla ricorrente il 9 agosto 2012. |
9 |
Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 ottobre 2012, la ricorrente ha proposto ricorso diretto ad ottenere l’annullamento della decisione impugnata. A sostegno del ricorso, essa fa valere, in sostanza, che la pubblicazione controversa viola, da un lato, l’obbligo di riservatezza incombente alla Commissione in forza dell’articolo 339 TFUE e dell’articolo 28 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), e dall’altro, l’obbligo di proteggere dati personali ad essa incombente in forza dell’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (GU 2010, C 83, pag. 389; in prosieguo: la «Carta»), in quanto la versione più dettagliata della decisione del 2008 contiene segreti commerciali, coperti dal segreto professionale, e informazioni che consentono di identificare dipendenti della ricorrente. |
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Con atto separato, depositato lo stesso giorno presso la cancelleria del Tribunale, la ricorrente ha introdotto la presente domanda di provvedimenti provvisori, in cui chiede, sostanzialmente, che il presidente del Tribunale voglia:
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Nelle proprie osservazioni sulla domanda di provvedimenti provvisori, depositate presso la cancelleria del Tribunale l’11 gennaio 2013, la Commissione chiede che il presidente del Tribunale voglia:
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Successivamente al deposito, da parte della Commissione, delle proprie osservazioni, la ricorrente è stata autorizzata a presentare la relativa replica, presentazione cui la stessa ha provveduto con memoria del 18 febbraio 2013. Successivamente la Commissione ha risposto con memoria del 6 marzo 2013. |
13 |
Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale il 17 e 22 gennaio 2013, le compagnie di assicurazione tedesche HUK-Coburg, LVM, VHV e Württembergische Gemeinde-Versicherung hanno chiesto di intervenire nel presente procedimento sommario a sostegno della Commissione. Quest’ultima non si è opposta alla suddetta domanda, mentre la ricorrente, con memoria del 12 febbraio 2013, si è pronunciata contro l’ammissione delle domande di intervento. |
In diritto
Sulle domande di intervento
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Secondo l’articolo 40, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al Tribunale in forza dell’articolo 53, primo comma, di detto Statuto, un soggetto può intervenire in una controversia sottoposta al Tribunale a condizione che dimostri di avere un interesse alla soluzione della controversia. |
15 |
Al riguardo, secondo giurisprudenza costante, la nozione di interesse alla soluzione della controversia viene intesa come un interesse diretto e attuale a che siano accolte le conclusioni stesse e non come un interesse rispetto ai motivi dedotti. Occorre, infatti, distinguere tra coloro che presentano istanza d’intervento, i quali dimostrano di avere un interesse diretto alla sorte riservata all’atto specifico di cui viene richiesto l’annullamento, e coloro che dimostrano soltanto di avere un interesse indiretto alla soluzione della controversia dovuto all’esistenza di analogie tra la loro situazione e quella di una delle parti (v. ordinanza del presidente della Corte del 15 gennaio 2013, Stichting Woonlinie e a./Commissione, C-133/12 P, punto 7, e giurisprudenza ivi citata; v. altresì ordinanza del presidente del Tribunale del 26 luglio 2004, Microsoft/Commissione, T-201/04 R, Racc. pag. II-2977, punto 32). |
16 |
Quando l’istanza d’intervento è presentata nell’ambito di un procedimento sommario, l’interesse alla soluzione della controversia dev’essere inteso come interesse alla soluzione del procedimento sommario. Infatti, esattamente come la soluzione della causa principale, la soluzione del procedimento sommario può ledere gli interessi di terzi ovvero risultare loro favorevole. Ne discende che, nell’ambito di un procedimento sommario, l’interesse di coloro che presentano istanza d’intervento dev’essere valutato con riferimento alle conseguenze della concessione del provvedimento provvisorio richiesto, ovvero del rigetto della relativa istanza, sulla loro situazione economica o giuridica. (ordinanza Microsoft/Commissione, cit., punto 33). |
17 |
In ogni caso, la valutazione del giudice del procedimento sommario riguardo all’interesse alla soluzione della controversia di cui è investito non pregiudica la valutazione che il Tribunale compie quando è investito di un’istanza d’intervento nella causa principale (ordinanza Microsoft/Commissione, cit., punto 35). |
18 |
Occorre esaminare, proprio alla luce di tali considerazioni, se le quattro società che hanno presentato istanza d’intervento abbiano un interesse alla soluzione della presente controversia. |
19 |
Le quattro società che hanno presentato istanza d’intervento, tutte attive nel settore dell’assicurazione del vetro destinato al settore auto, affermano di aver proposto, nel dicembre 2010, nel settembre e nel dicembre 2011, dinanzi al Landgericht Düsseldorf (Tribunale regionale di Düsseldorf) (Germania), ricorsi per risarcimento danni contro la «AGC Glass Europe e altri». Con tali ricorsi, tutti ancora pendenti dinanzi al giudice nazionale, esse chiedono il risarcimento del danno subito in termini di prezzi artificialmente alti, in violazione dell’articolo 101 TFUE, che sarebbero stati fatturati, tra il 1998 e il 2003, dai membri del cartello del vetro destinato al settore auto, e che sarebbero serviti come base per il rimborso nell’ambito dell’assicurazione dei cristalli automobilistici. Tali società precisano che per esse è assai difficile quantificare il danno subito in mancanza di informazioni dettagliate sul cartello del vetro destinato al settore auto che la Commissione intende ora pubblicare. Orbene, sarebbe di estrema importanza per le stesse che la Commissione pubblicasse una versione della decisione del 2008 più dettagliata di quella pubblicata nel febbraio 2010 e che la ricorrente non potesse impedirlo. |
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Al riguardo, è sufficiente ricordare, da un lato, che la decisione impugnata nella fattispecie respinge una domanda di trattamento riservato presentata solo dalla ricorrente e, dall’altro, che i ricorsi per risarcimento danni fatti valere dalle società che hanno presentato istanza d’intervento sono stati proposti a livello nazionale contro la «AGC Glass Europe e altri», senza che queste ultime abbiano precisato che tra gli «altri» fosse compresa anche la ricorrente. Il giudice del procedimento sommario può quindi soltanto presupporre che questo termine si riferisca a società appartenenti al gruppo giapponese Asahi (v. supra, punto 3). Peraltro, la ricorrente ha confermato, nelle proprie osservazioni del 12 febbraio 2013, di non essere una delle parti convenute nei procedimenti nazionali in questione, ma di essere intervenuta negli stessi unicamente a sostegno della AGC Glass Europe. Ne consegue che, in caso di rigetto del ricorso diretto all’annullamento della decisione impugnata, le informazioni che la Commissione sarebbe allora autorizzata a pubblicare non risulterebbero di alcuna utilità, per le società che hanno presentato istanza d’intervento, nell’ambito delle loro azioni risarcitorie, in quanto tali informazioni non riguarderebbero la AGC Glass Europe. Le società che hanno presentato istanza d’intervento non fanno valere pertanto alcun interesse diretto e attuale alla soluzione della controversia, ai sensi dell’articolo 40 dello Statuto della Corte. Né siffatto interesse può esser loro riconosciuto per il solo fatto che le stesse potrebbero essere potenzialmente indotte a proporre un’azione risarcitoria dinanzi al giudice nazionale anche nei confronti della ricorrente, dato che un riconoscimento siffatto si risolverebbe in un aumento del numero dei potenziali intervenienti talmente alto da comportare il rischio di un grave pregiudizio all’efficacia del procedimento dinanzi ai giudici dell’Unione [v., in tal senso, ordinanza del presidente della Corte dell’8 giugno 2012, Schenker/Air France e Commissione, C-589/11 P(I), punto 24]. |
21 |
In ogni caso, le società che hanno presentato istanza d’intervento si sono astenute dal dimostrare di avere un interesse particolare alla soluzione del procedimento sommario, nel senso che sarebbe per le stesse inaccettabile attendere la fine del procedimento principale. Esse hanno omesso, in particolare, di dimostrare che la loro situazione economica o giuridica sarebbe lesa qualora la presente domanda di provvedimenti provvisori non fosse respinta. Peraltro, la circostanza che il ricorso per risarcimento proposto dalla HUK-Coburg è pendente dinanzi al giudice nazionale dal dicembre 2010, senza che tale società, che ha presentato istanza d’intervento, abbia menzionato il rischio imminente di un esito sfavorevole per la stessa, sembra piuttosto indicare che il giudice nazionale potrà essere utilmente indotto, eventualmente da domande di sospensione del procedimento, ad attendere la sentenza nel procedimento principale, prima di proseguire, alla luce di tale sentenza, i procedimenti risarcitori. |
22 |
Di conseguenza, le domande di intervento devono essere respinte. |
Sulla domanda di provvedimenti provvisori
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Dal combinato disposto degli articoli 278 TFUE e 279 TFUE, da una parte, e dell’articolo 256, paragrafo 1, TFUE, dall’altra, emerge che il giudice del procedimento sommario, qualora reputi che le circostanze lo richiedano, può ordinare la sospensione dell’esecuzione di un atto impugnato dinanzi al Tribunale o disporre i provvedimenti provvisori necessari. |
24 |
L’articolo 104, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale prevede che le domande di provvedimenti provvisori devono precisare l’oggetto della causa, i motivi di urgenza nonché gli argomenti di fatto e di diritto che giustifichino prima facie l’adozione del provvedimento provvisorio richiesto. Pertanto, la sospensione dell’esecuzione e gli altri provvedimenti provvisori possono essere accordati dal giudice del procedimento sommario se è comprovato che la loro concessione è giustificata prima facie da argomenti di fatto e di diritto (fumus boni iuris) e che gli stessi sono urgenti in quanto occorre, per evitare un danno grave ed irreparabile agli interessi del richiedente, che essi siano emanati e producano i loro effetti già prima della decisione nel procedimento principale. Questi presupposti sono cumulativi, di modo che le domande di provvedimenti provvisori devono essere respinte qualora manchi una di esse. Il giudice del procedimento sommario procede altresì, se del caso, alla ponderazione degli interessi in gioco [ordinanze del presidente della Corte del 14 ottobre 1996, SCK e FNK/Commissione, C-268/96 P(R), Racc. pag. I-4971, punto 30, e del 23 febbraio 2001, Austria/Consiglio, C-445/00 R, Racc. pag. I-1461, punto 73]. |
25 |
Nell’ambito di tale valutazione d’insieme, il giudice del procedimento sommario dispone di un ampio potere discrezionale ed è libero di stabilire, considerate le particolarità del caso di specie, il modo in cui vanno accertate le varie condizioni in parola nonché l’ordine in cui condurre tale esame, dato che nessuna disposizione di diritto gli impone uno schema di analisi predeterminato per valutare la necessità di statuire in via provvisoria [ordinanze del presidente della Corte del 19 luglio 1995, Commissione/Atlantic Container Line e a., C-149/95 P(R), Racc. pag. I-2165, punto 23, e del 3 aprile 2007, Vischim/Commissione, C-459/06 P(R), punto 25]. |
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Alla luce degli elementi contenuti negli atti di causa, il giudice del procedimento sommario ritiene di disporre di tutti gli elementi necessari per statuire sulla presente domanda di provvedimenti provvisori, senza che sia necessario sentire preliminarmente le osservazioni orali delle parti. |
27 |
Nelle circostanze della specie, occorre procedere anzitutto alla ponderazione degli interessi ed esaminare se sia soddisfatto il requisito dell’urgenza. |
Sulla ponderazione degli interessi e sull’urgenza
28 |
Secondo consolidata giurisprudenza, la ponderazione dei diversi interessi in gioco consiste per il giudice del procedimento sommario nel determinare se l’interesse della parte che richiede i provvedimenti provvisori a ottenerne la concessione prevalga o meno sull’interesse all’applicazione immediata dell’atto controverso, esaminando, più in particolare, se l’eventuale annullamento di tale atto da parte del giudice di merito consenta il capovolgimento della situazione che si sarebbe verificata in caso di esecuzione immediata e, viceversa, se la sospensione dell’esecuzione del suddetto atto possa ostacolare la sua piena efficacia, nel caso in cui il ricorso principale sia respinto (v., in tal senso, ordinanze del presidente della Corte dell’11 maggio 1989, RTE e a./Commissione, 76/89 R, 77/89 R e 91/89 R, Racc. pag. 1141, punto 15, e del 26 giugno 2003, Belgio e Forum 187/Commissione, C-182/03 R e C-217/03 R, Racc. pag. I-6887, punto 142). |
29 |
Per quanto riguarda, più specificamente, la condizione secondo cui la situazione giuridica sorta da un’ordinanza di provvedimenti provvisori deve essere reversibile, va osservato che la finalità del procedimento sommario si limita a garantire la piena efficacia della futura decisione di merito [v., in tal senso, ordinanza del presidente della Corte del 27 settembre 2004, Commissione/Akzo e Akcros, C-7/04 P(R), Racc. pag. I-8739, punto 36]. Di conseguenza, tale procedimento ha natura meramente accessoria rispetto al procedimento principale sul quale s’innesta (ordinanza del presidente del Tribunale del 12 febbraio 1996, Lehrfreund/Consiglio e Commissione, T-228/95 R, Racc. pag. II-111, punto 61), sicché la decisione adottata dal giudice del procedimento sommario deve avere carattere provvisorio nel senso che non può pregiudicare il significato della futura decisione di merito né renderla illusoria privandola di effetto utile (v., in tal senso, ordinanze del presidente della Corte del 17 maggio 1991, CIRFS e a./Commissione, C-313/90 R, Racc. pag. I-2557, punto 24, e del presidente del Tribunale del 12 dicembre 1995, Connolly/Commissione, T-203/95 R, Racc. pag. II-2919, punto 16). |
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Ne consegue necessariamente che l’interesse difeso da una delle parti del procedimento sommario non è meritevole di tutela qualora detta parte chieda al giudice del procedimento sommario di adottare una decisione che, lungi dall’avere carattere meramente provvisorio, abbia come effetto di pregiudicare il significato della futura decisione di merito e di renderla illusoria privandola di effetto utile. Del resto, è proprio per questo motivo che la domanda di provvedimenti provvisori con cui è stato chiesto al giudice del procedimento sommario di ordinare la divulgazione «provvisoria» di pretese informazioni riservate, in possesso della Commissione, è stata dichiarata irricevibile, atteso che l’ordinanza di accoglimento di tale domanda avrebbe potuto neutralizzare anticipatamente gli effetti della decisione da pronunciare successivamente nel merito (v., in tal senso, ordinanza del presidente del Tribunale del 23 gennaio 2012, Henkel e Henkel France/Commissione, T-607/11 R, punti da 23 a 25). |
31 |
Nella specie, il Tribunale sarà chiamato a pronunciarsi, nell’ambito del procedimento principale, sulla questione se la decisione impugnata – con la quale la Commissione ha respinto la domanda della ricorrente volta ad ottenere la sua astensione dal pubblicare le informazioni controverse – debba essere annullata, segnatamente per violazione della riservatezza di tali informazioni in quanto la loro divulgazione costituirebbe violazione dell’articolo 339 TFUE e dell’articolo 8 della Carta. È evidente sotto questo profilo che, per mantenere l’effetto utile della sentenza di annullamento della decisione impugnata, la ricorrente dev’essere in grado di evitare che la Commissione proceda ad una pubblicazione illegittima delle informazioni controverse. Orbene, la sentenza di annullamento verrebbe resa illusoria e privata di effetto utile se la presente domanda di provvedimenti provvisori fosse respinta, poiché tale rigetto produrrebbe l’effetto di consentire alla Commissione di procedere alla pubblicazione immediata delle informazioni di cui trattasi e quindi, de facto, di pregiudicare il significato della futura decisione di merito, ossia il rigetto del ricorso di annullamento. |
32 |
Tali considerazioni non sono inficiate dalla circostanza che anche l’effettiva pubblicazione delle informazioni controverse non produrrebbe probabilmente l’effetto di privare la ricorrente dell’interesse ad agire riguardo all’annullamento della decisione impugnata. Infatti, ciò trova spiegazione, in particolare, nel fatto che qualsiasi altra interpretazione subordinerebbe la ricevibilità del ricorso alla divulgazione o meno, da parte della Commissione, delle suddette informazioni e consentirebbe alla stessa di sottrarsi, attraverso la realizzazione di un fatto compiuto, al sindacato giurisdizionale, procedendo a siffatta divulgazione benché questa sia illegittima (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 12 ottobre 2007, Pergan Hilfsstoffe für industrielle Prozesse/Commissione, T-474/04, Racc. pag. II-4225, punti da 39 a 41). Orbene, il mantenimento formale di un interesse ad agire ai fini del procedimento principale non impedisce che una sentenza di annullamento, pronunciata dopo la pubblicazione delle informazioni in questione, non abbia più alcun effetto utile per la ricorrente. |
33 |
Di conseguenza, l’interesse della Commissione al rigetto della domanda di provvedimenti provvisori deve cedere dinanzi all’interesse difeso dalla ricorrente, tanto più che la concessione dei provvedimenti provvisori richiesti equivarrebbe soltanto a mantenere, per un periodo limitato, lo status quo esistito dal febbraio 2010 (v., in tal senso, ordinanza RTE e a./Commissione, cit., punto 15). |
34 |
Dal momento che la Commissione obietta che il pubblico attende da più di quattro anni che la decisione del 2008 sia finalmente pubblicata in versione integrale e che sarebbe inammissibile che la ricorrente potesse ritardare di vari anni tale pubblicazione pretendendo semplicemente che le informazioni da pubblicare siano riservate, è giocoforza constatare che l’istituzione convenuta si è limitata ad affermare che i suoi servizi si erano trovati di fronte a un processo dispendioso in termini di tempo, che li aveva obbligati ad esaminare numerose richieste di riservatezza, senza che tale affermazione sia stata suffragata dal benché minimo elemento di prova documentale. La Commissione non ha quindi sufficientemente dimostrato di essere stata costretta ad attendere sino al 28 aprile 2011 per decidere la pubblicazione di una versione integrale della decisione del 2008. Ciò considerato, non si può escludere che l’Istituzione sia, in gran parte, essa stessa responsabile della perdita di tempo dichiarata. In ogni caso, la Commissione non spiega il motivo per cui si è astenuta dall’accludere – sia pure per tuziorismo – al proprio controricorso, depositato l’8 gennaio 2013 nel procedimento principale, un’istanza di procedimento accelerato ai sensi dell’articolo 76 bis del regolamento di procedura, per tentare di recuperare una parte del tempo perduto. Avendo rinunciato alla possibilità di ottenere un esame in via accelerata della controversia principale, la Commissione non può utilmente contestare alla ricorrente di essersi avvalsa, a sua volta, del diritto processuale, ad essa spettante, di ottenere la sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata. |
35 |
La Commissione fa valere altresì l’interesse dei soggetti potenzialmente danneggiati dal cartello del vetro destinato al settore auto che necessiterebbero delle informazioni di categoria I e II per dimostrare la fondatezza delle azioni risarcitorie, in termini di nesso di causalità e di quantificazione del danno, che essi intenterebbero contro la ricorrente dinanzi al giudice nazionale. Secondo la Commissione, qualora la pubblicazione di tali informazioni fosse ritardata sino alla pronuncia della sentenza nel procedimento principale, le azioni risarcitorie di alcuni di detti soggetti danneggiati potrebbero già essere prescritte, segnatamente in Stati membri in cui vigono termini di prescrizione brevi. |
36 |
Tuttavia, sebbene gli interessi di soggetti terzi, che sarebbero direttamente interessati da un’eventuale sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata, possano essere presi in considerazione nella ponderazione degli interessi (v., in tal senso, ordinanza del presidente del Tribunale del 17 gennaio 2001, Petrolessence e SG2R/Commissione, T-342/00 R, Racc. pag. II-67, punto 51), tale argomento della Commissione non è idoneo far venir meno l’interesse della ricorrente. Da un lato, infatti, per quanto attiene alle norme nazionali in materia di prescrizione invocate, l’affermazione della Commissione è troppo vaga, in quanto essa omette di indicare, in particolare, cosa impedirebbe ai soggetti danneggiati summenzionati, di intentare le azioni risarcitorie in tempo utile, ottenendo al tempo stesso la sospensione dei procedimenti nazionali sino alla pronuncia della sentenza nel procedimento principale. Peraltro, gli unici esempi concreti menzionati nel presente contesto riguardano i ricorsi per risarcimento danni, proposti nel 2010 e nel 2011 dinanzi al giudice nazionale dalle quattro società che hanno presentato istanza d’intervento, apparentemente senza che venissero loro opposte eccezioni di prescrizione (v. supra, punti 19 e 21). Dall’altro, come rilevato supra, al precedente punto 34, sia i ritardi nella pubblicazione integrale della decisione del 2008 che le eventuali lungaggini del procedimento principale devono essere in gran parte imputati non già alla ricorrente, bensì alla Commissione. |
37 |
Infine, se è vero che i soggetti danneggiati dal cartello del vetro destinato al settore auto possono far valere, anch’essi, il diritto ad un ricorso effettivo relativamente alle azioni risarcitorie intentate contro i membri di tale cartello, come la ricorrente, è tuttavia giocoforza constatare che l’esercizio di tale diritto sarebbe semplicemente ritardato in caso di concessione di provvedimenti provvisori richiesti dalla ricorrente, il che significherebbe una limitazione temporale dell’esercizio di tale diritto, mentre il diritto corrispondente della ricorrente risulterebbe vanificato in caso di rigetto della domanda di provvedimenti provvisori. L’interesse della ricorrente deve, quindi, prevalere sull’interesse dei soggetti danneggiati dal cartello. |
38 |
Dal momento che il risultato della ponderazione degli interessi depone, quindi, a favore della ricorrente, risulta urgente tutelare l’interesse da questa difeso, sempreché la stessa rischi di subire un danno grave e irreparabile in caso di rigetto della sua domanda di provvedimenti provvisori. In tale contesto, la ricorrente afferma, in sostanza, che la situazione risultante dalla pubblicazione della versione più dettagliata della decisione del 2008 non potrebbe essere più cancellata. |
39 |
Per quanto riguarda le informazioni di categoria III, la ricorrente sottolinea che la loro pubblicazione arrecherebbe un grave e irreparabile pregiudizio al diritto alla protezione dei dati personali conferito dall’articolo 8 della Carta ai suoi dipendenti asseritamente coinvolti nell’attuazione dell’intesa. |
40 |
Al riguardo, è anzitutto giocoforza ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, la ricorrente deve dimostrare che la sospensione dell’esecuzione richiesta sia necessaria per la tutela di interessi propri, mentre non può far valere, per dimostrare l’urgenza, la lesione di un interesse che non la riguardi personalmente, come, ad esempio, la violazione dei diritti di terzi. Pertanto, per comprovare l’urgenza di sospendere l’esecuzione della domanda, la ricorrente non può utilmente invocare il danno che verrebbe patito esclusivamente dai suoi dipendenti [v., in tal senso, ordinanze del presidente del Tribunale del 19 luglio 2007, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T-31/07 R, Racc. pag. II-2767, punto 147, e giurisprudenza ivi citata, e del 25 gennaio 2012, Euris Consult/Parlamento, T-637/11 R, punto 26], ma deve dimostrare che siffatto pregiudizio può comportare per la stessa un danno personale grave e irreparabile (v., in tal senso, ordinanza del presidente del Tribunale del 20 dicembre 2001, Österreichische Postsparkasse/Commissione, T-213/01 R, Racc. pag. II-3963, punto 71). |
41 |
Orbene, tale ipotesi non ricorre nella fattispecie, in quanto la ricorrente si limita a sostenere che la divulgazione delle informazioni di categoria III [Riservato] ( 1 ). La ricorrente si limita, quindi, a un’affermazione vaga e speculativa, senza fornire precisazioni al riguardo, e senza che la sua affermazione sia suffragata dal benché minimo elemento di prova. Ciò vale anche per quanto riguarda l’osservazione secondo cui i suoi dipendenti potrebbero intentare azioni nei suoi confronti contestandole l’omessa tutela. Essa non ha in particolare affermato, e ancor meno dimostrato, che risponderebbe all’interesse di una buona amministrazione della giustizia garantire da parte sua la difesa collettiva degli interessi dei dipendenti coinvolti in quanto non sarebbe possibile pretendere dai medesimi, a causa del loro numero particolarmente elevato, la promozione di azioni individuali volte ad ottenere la protezione dei loro dati personali. Di conseguenza, la ricorrente non è riuscita a dimostrare che la presunta lesione degli interessi dei suoi dipendenti comporterebbe un danno grave e irreparabile per la sua impresa in quanto tale. |
42 |
Ne consegue che il presupposto dell’urgenza non è soddisfatto per quanto riguarda la pubblicazione delle informazioni di categoria III. Tenuto conto della cumulatività di tale presupposto e di quello del fumus boni iuris (v. supra, punto 24), occorre quindi respingere fin d’ora la domanda di provvedimenti provvisori per quanto riguarda tali informazioni. |
43 |
Quanto alle informazioni di categoria I e II, la ricorrente fa valere che, una volta che le informazioni riservate fossero pubblicate, un successivo annullamento della decisione impugnata per violazione dell’articolo 339 TFUE non capovolgerebbe gli effetti derivanti dalla pubblicazione. Infatti, i clienti, i concorrenti e i fornitori della ricorrente, gli analisti finanziari al pari del grande pubblico potrebbero avere accesso alle informazioni di cui trattasi e utilizzarle liberamente, il che sarebbe causa di un danno grave e irreparabile per la ricorrente. Di conseguenza, la ricorrente verrebbe privata di una tutela giurisdizionale effettiva qualora le informazioni controverse fossero rese note prima della soluzione della controversia principale. |
44 |
Si deve rilevare, al riguardo, che nel caso in cui venisse accertato, nel procedimento principale, che le informazioni in questione sono riservate e che la loro divulgazione, quale prevista dalla Commissione, è in contrasto con la tutela del segreto professionale, ai sensi dell’articolo 339 TFUE, la ricorrente, per opporsi a tale pubblicazione, potrebbe invocare tale disposizione, che le conferisce un diritto fondamentale. Come la Corte ha riconosciuto nella sua sentenza del 14 febbraio 2008, Varec (C-450/06, Racc. pag. I-581, punti 47 e 48), rinviando alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo (in prosieguo: la «Corte EDU»), può essere infatti necessario vietare la divulgazione di talune informazioni qualificate come riservate, al fine di preservare il diritto fondamentale di un’impresa al rispetto della vita privata, sancito all’articolo 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), e all’articolo 7 della Carta, fermo restando che la nozione di «vita privata» non deve essere interpretata nel senso che esclude l’attività commerciale di una persona giuridica. Peraltro, la Corte ha aggiunto, da un lato, di aver già riconosciuto la tutela dei segreti commerciali come principio generale e, dall’altro, che l’impresa in questione avrebbe potuto subire un «danno estremamente grave» se talune informazioni fossero state oggetto di una comunicazione non corretta (v., in tal senso, sentenza Varec, cit., punti 49 e 54). |
45 |
Dato che la Commissione, in caso di rigetto della presente domanda di provvedimenti provvisori, potrebbe procedere alla pubblicazione immediata delle informazioni di categoria I e II, sussisterebbe il fondato timore che il diritto fondamentale della ricorrente alla tutela del proprio segreto professionale, sancito all’articolo 339 TFUE, all’articolo 8 della CEDU e all’articolo 7 della Carta, risulti irreversibilmente privato di qualsiasi significato quanto alle suddette informazioni. La ricorrente rischierebbe, nel contempo, di veder compromesso il proprio diritto fondamentale a un ricorso effettivo, sancito all’articolo 6 della CEDU e all’articolo 47 della Carta, qualora la Commissione fosse autorizzata a pubblicare le informazioni di cui trattasi prima che il Tribunale si sia pronunciato sul ricorso principale. Di conseguenza, poiché i diritti fondamentali della ricorrente possono essere gravemente e irreparabilmente lesi, salvo l’esame del presupposto del fumus boni iuris (v., per la stretta correlazione tra quest’ultimo presupposto e quello dell’urgenza, ordinanza del presidente del Tribunale dell’8 aprile 2008, Cipro/Commissione, T-54/08 R, T-87/08 R, T-88/08 R e da T-91/08 R a T-93/08 R, non pubblicata nella Raccolta, punti 56 e 57), sembra urgente concedere i provvedimenti provvisori richiesti per quanto riguarda le informazioni di categoria I e II. |
46 |
Nessuno degli argomenti dedotti in senso contrario dalla Commissione appare idoneo ad inficiare tali considerazioni. |
47 |
Pertanto, è infondata l’osservazione della Commissione secondo cui la ricorrente non avrebbe dedotto alcuna violazione di diritti fondamentali. Infatti, sostenendo che verrebbe privata di una tutela giurisdizionale effettiva qualora le informazioni controverse fossero pubblicate prima della fine del procedimento principale, la ricorrente ha fatto valere implicitamente, ma necessariamente, l’articolo 6 della CEDU e l’articolo 47 della Carta che sanciscono entrambi il diritto fondamentale a un ricorso effettivo. Inoltre, sebbene la ricorrente si sia limitata a denunciare la violazione dell’articolo 339 TFUE, è sufficiente ricordare che la tutela del segreto professionale, garantita da tale disposizione, viene elevata al rango di diritto fondamentale ai sensi dell’articolo 8 della CEDU e dell’articolo 7 della Carta (v. supra, punto 44), cosicché il richiamo dell’articolo 339 TFUE implica necessariamente il richiamo delle altre due disposizioni. |
48 |
La Commissione si richiama poi alla giurisprudenza della Corte EDU (v. Corte eur. D. U., sentenza Gillberg c. Svezia del 3 aprile 2012, §§ 67 e 72) per sottolineare che l’articolo 8 della CEDU non sarebbe applicabile nella specie, in quanto tale diposizione non può essere fatta valere da un soggetto per lamentare un pregiudizio che sia prevedibile conseguenza delle proprie azioni, come nel caso di un illecito penale. La Commissione ne conclude che, poiché le informazioni controverse nel caso di specie servono solo a descrivere il comportamento illecito della ricorrente, quest’ultima non potrebbe impedire la loro pubblicazione facendo valere il suo diritto alla vita privata. |
49 |
A tal proposito, occorre constatare che, lungi dall’esaminare se il provvedimento svedese incriminato abbia «violato il diritto di non trasmettere informazioni riservate, che deriverebbe dall’articolo 8 [della CEDU]», la Corte EDU si è limitata a verificare se la condanna penale del sig. Gillberg costituisse, di per sé, una violazione del suo diritto al rispetto della vita privata (sentenza Gillberg c. Svezia, cit., §§ 56, 64, 65 e 68). Essa ha risposto in senso negativo a tale questione, in quanto gli effetti pregiudizievoli sul piano personale, sociale, psicologico e finanziario di una condanna siffatta erano «conseguenze prevedibili della commissione di un illecito penale (…) che non si possono quindi (…) far valere per sostenere che una condanna penale si configura di per sé come una violazione del diritto al rispetto della vita privata ai sensi dell’articolo 8 [della CEDU]» (sentenza Gillberg c. Svezia, cit., § 68). |
50 |
Orbene, nel presente procedimento, non si tratta di stabilire se la ricorrente possa opporsi, in forza dell’articolo 8 della CEDU, all’irrogazione di un’ammenda da parte della Commissione per violazione dell’articolo 101 TFUE, alla sua designazione pubblica come membro del cartello del vetro destinato al settore auto o ad altri effetti negativi «prevedibili» di siffatta sanzione nella prassi commerciale. Nella specie, il giudice dell’Unione deve piuttosto stabilire se le informazioni di categoria I e II debbano beneficiare di un trattamento riservato, in applicazione del suddetto articolo 8, o se esse, al contrario, possano essere utilizzate dalla Commissione a fini di una descrizione pubblica assai dettagliata del comportamento illecito della ricorrente. Dal momento che tale questione, relativa alla riservatezza o meno di talune informazioni dettagliate, non ha formato oggetto della sentenza Gillberg c. Svezia, cit., l’argomento della Commissione vertente su tale decisione della Corte EDU non può essere accolto. |
51 |
Richiamandosi a varie ordinanze dei presidenti della Corte e del Tribunale, la Commissione aggiunge che non è sufficiente, in ogni caso, per la ricorrente denunciare la violazione di un diritto fondamentale alla tutela del segreto professionale o dei segreti commerciali, ma essa dovrebbe anche dimostrare che tale violazione rischia, a sua volta, di arrecarle un danno grave e irreparabile sul piano materiale o morale. Orbene, il verificarsi di un danno di tale natura non sarebbe stato dimostrato nel caso di specie. |
52 |
In tale contesto, la Commissione rinvia, innanzi tutto, alle ordinanze del presidente del Tribunale del 7 novembre 2003, Bank Austria Creditanstalt/Commissione (T-198/03 R, Racc. pag. II-4879), e del 22 dicembre 2004, Microsoft/Commissione (T-201/04 R, Racc. pag. II-4463), nelle quali il giudice del procedimento sommario, di fronte all’argomento riguardante l’irreversibilità della pubblicazione di informazioni sensibili, che possono essere utilizzate nelle azioni di risarcimento danni dirette contro l’interessato, ha qualificato come meramente economico il danno che potrebbe derivare all’interessato da siffatto utilizzo delle suddette informazioni, atteso che il danno economico non può essere, di norma, considerato irreparabile (v. ordinanza Bank Austria Creditanstalt/Commissione, cit., punti 45, 47, 52 e 53), precisando che la divulgazione di un’informazione fino ad allora mantenuta segreta – vuoi perché esiste un diritto di proprietà intellettuale, vuoi perché trattasi di segreto commerciale – non implica necessariamente il prodursi di un danno grave, e ciò sebbene la conoscenza di siffatta informazione non possa più essere cancellata dalla memoria (v. ordinanza Microsoft/Commissione, cit., punti 253 e 254). |
53 |
Al riguardo, occorre tuttavia sottolineare che l’approccio seguito dal giudice del procedimento sommario nelle citate ordinanze Bank Austria Creditanstalt/Commissione e Microsoft/Commissione in materia di tutela di informazioni asseritamente riservate deve essere abbandonato, in quanto esso prescinde dai diritti fondamentali fatti valere da colui che chiede la tutela provvisoria di tali informazioni. Infatti, a decorrere, al più tardi, dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1odicembre 2009, che ha elevato la Carta al rango di diritto primario dell’Unione e dispone che la medesima ha lo stesso valore giuridico dei Trattati (articolo 6, paragrafo 1, primo comma, TUE), il rischio imminente di una violazione grave e irreparabile dei diritti fondamentali conferiti dagli articoli 7 e 47 della Carta (nonché dalle disposizioni corrispondenti della CEDU) in tale settore deve essere qualificato, di per sé, come danno che giustifica la concessione dei provvedimenti di tutela provvisoria richiesti. |
54 |
La Commissione si richiama, poi, all’ordinanza del presidente della Corte del 15 aprile 1998, Camar/Commissione e Consiglio [C-43/98 P(R), Racc. pag. I-1815, punti 46 e 47], che ha respinto l’argomento relativo all’irreparabilità del danno lamentato in quanto «non basta[va] dedurre astrattamente una lesione di diritti fondamentali, nel caso di specie il diritto di proprietà e il diritto al libero esercizio delle attività professionali, per provare che il danno che potrebbe derivarne sarebbe necessariamente irreparabile». Tuttavia, non si può ignorare il fatto che la causa all’origine di tale ordinanza riguardava il caso di un importatore che definiva insufficiente il numero delle licenze di importazione assegnate e che intendeva ottenerne una quantità maggiore. Sebbene tale importatore facesse quindi valere il suo diritto di proprietà e il diritto al libero esercizio della sua attività professionale, la concessione di una quantità asseritamente insufficiente di licenze di importazione non faceva che limitare l’esercizio dei diritti fondamentali in questione. Dal momento che l’interessato continuava a beneficiare di tali diritti, il giudice del procedimento sommario ha richiesto una dimostrazione della gravità e della irreparabilità della loro limitazione. Nella specie, per contro, in caso di rigetto della sua domanda di provvedimenti provvisori, la ricorrente risulterebbe completamente privata dei diritti fondamentali fatti valere, il che significherebbe una perdita totale di tali diritti, quindi il danno più grave e irreparabile che possa verificarsi. Ne consegue che la citata ordinanza Camar/Commissione e Consiglio è irrilevante ai fini dell’esame dei presupposti dell’urgenza nel presente procedimento. |
55 |
Lo stesso vale, e per i medesimi motivi, per l’ordinanza del presidente del Tribunale del 18 marzo 2011, Westfälisch-Lippischer Sparkassen- und Giroverband/Commissione (T-457/09 R, non pubblicata nella Raccolta, punto 48), in base alla quale non basta dedurre la manifesta violazione di un diritto fondamentale per dimostrare la gravità e l’irreparabilità del danno che potrebbe derivarne. Infatti, nella causa all’origine di tale ordinanza, un azionista di minoranza di una banca si opponeva alle conseguenze economiche derivanti dall’attuazione di una condizione alla quale la Commissione aveva subordinato l’autorizzazione di un aiuto di Stato concesso a tale banca, condizione che detto azionista aveva, a sua volta, accettato in via di principio (ordinanza Westfälisch-Lippischer Sparkassen- und Giroverband/Commissione, cit., punto 47). Contrariamente alla causa in esame, si trattava quindi solamente di una semplice limitazione dell’esercizio del diritto di proprietà e del diritto alla parità di trattamento, fatti valere dall’interessato. |
56 |
Per quanto attiene all’ordinanza del presidente della Corte del 27 settembre 2004, Commissione/Akzo e Akcros [C-7/04 P(R), Racc. pag. I-8739], che verteva sulla riservatezza o meno di documenti sequestrati dalla Commissione durante un accertamento, si trattava non già dell’accesso del pubblico a tali documenti, bensì della questione se la Commissione fosse autorizzata a prenderne conoscenza. È, quindi, in un contesto del tutto particolare, e non assimilabile a quello della causa in esame, che è stato dichiarato che, sebbene la semplice conoscenza da parte della Commissione dei documenti in questione, senza che gli stessi venissero utilizzati in un procedimento per infrazione delle norme sulla concorrenza, poteva eventualmente compromettere il segreto professionale, tale circostanza non era di per sé sufficiente a comprovare la sussistenza del presupposto dell’urgenza (ordinanza Commission/Akzo e Akcros, cit., punto 41). Infatti, nel caso in cui una decisione della Commissione che dispone un accertamento sia annullata, alla Commissione sarebbe conseguentemente impedito di valersi, ai fini del procedimento d’infrazione alle norme sulla concorrenza, di tutti i documenti o atti probatori che essa si sia procurata in occasione di detto accertamento, salvo esporsi al rischio di annullamento, da parte del giudice dell’Unione, della decisione relativa all’infrazione nella parte in cui sia fondata su mezzi probatori del genere (ordinanza Commissione/Akzo e Akcros, cit., punto 37). In una situazione di tal genere, il mero fatto di divulgare informazioni riservate alla Commissione, autorità pubblica soggetta, essa stessa, al rispetto del segreto professionale, non poteva evidentemente configurarsi come una violazione grave e irreparabile del diritto fondamentale invocato. |
57 |
Di conseguenza, essendo soddisfatto il presupposto dell’urgenza per quanto riguarda le informazioni di categoria I e II, occorre esaminare se sussista o meno, a tal proposito, il requisito del fumus boni iuris. |
Sul fumus boni iuris
58 |
Secondo consolidata giurisprudenza, il presupposto del fumus boni iuris è soddisfatto quando almeno uno dei motivi dedotti dalla parte che richiede i provvedimenti provvisori a sostegno del ricorso principale sembra, prima facie, pertinente e, in ogni caso, non privo di serio fondamento, rivelando la sussistenza di questioni giuridiche complesse la cui soluzione non si impone di primo acchito e merita quindi un esame approfondito, che non può essere effettuato dal giudice del procedimento sommario, ma deve costituire oggetto del procedimento principale, oppure quando il contrasto fra le parti rivela l’esistenza di una controversia giuridica importante la cui soluzione non si impone immediatamente (v. ordinanza del presidente del Tribunale del 19 settembre 2012, Grecia/Commissione, T-52/12 R, punto 13, e giurisprudenza ivi citata; v. anche, in tal senso, ordinanza del presidente della Corte dell’8 maggio 2003, Commissione/Artegodan e a., C-39/03 P-R, Racc. pag. I-4485, punto 40). |
59 |
Per quanto riguarda, più in particolare, il contenzioso relativo alla tutela provvisoria di informazioni asseritamente riservate, si deve aggiungere che il giudice del procedimento sommario, salvo ignorare la natura intrinsecamente accessoria e provvisoria del procedimento sommario (v. supra, punti da 29 a 31) nonché il rischio imminente di vanificare i diritti fondamentali invocati dalla parte che ne richiede la tutela provvisoria (v. supra, punti 44 e 45), può concludere, in via di principio, per l’assenza del fumus boni iuris solo nel caso in cui la riservatezza delle informazioni in questione sia manifestamente assente. Ciò accadrebbe, ad esempio, se l’informazione da tutelare comparisse nel bilancio annuale pubblico della ricorrente o in un atto pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. |
60 |
Nella specie, la ricorrente, con il secondo motivo, dedotto a sostegno del suo ricorso nel procedimento principale, contesta alla Commissione, in particolare, di aver violato l’articolo 339 TFUE nonché l’articolo 28, paragrafo 1, e l’articolo 30, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 nel decidere di pubblicare informazioni che dovrebbero essere considerate segreti commerciali e la cui riservatezza dovrebbe essere per questo tutelata. Peraltro, la Commissione avrebbe erroneamente valutato la questione della sussistenza o meno di motivi imperativi che consentono la divulgazione delle informazioni in questione. |
61 |
La ricorrente sostiene che le informazioni di categoria I e II sono commercialmente sensibili, segrete e sconosciute al pubblico, considerato che la pubblicazione controversa rivelerebbe a clienti, a concorrenti, a fornitori e al pubblico in generale, in una forma consolidata, dettagli relativi ai suoi principali clienti e ai rapporti che essa intrattiene con gli stessi, come la marca e il modello delle automobili per le quali fornisce pezzi di ricambio. Questo tipo di informazioni sarebbe manifestamente sensibile, proprio come le informazioni relative al numero dei pezzi forniti, alla quota di partecipazione di una determinata casa automobilistica nell’attività, ai prezzi, al calcolo dei prezzi, agli sconti speciali, alle percentuali, ecc. Tali informazioni rivelerebbero infatti le pratiche commerciali della ricorrente nei confronti di case automobilistiche che rimangono suoi clienti e potrebbero anche essere utilizzate da altre case automobilistiche nei loro rapporti con la stessa. |
62 |
Dal momento che la Commissione nega la riservatezza delle informazioni controverse in quanto le stesse risalgono a più di cinque anni prima, la ricorrente replica che non esiste alcuna soglia predeterminata quanto al momento in cui le informazioni diventano storiche, poiché il vero carattere storico delle informazioni dipende dalle peculiarità del mercato in questione. Peraltro, nella sentenza del 28 giugno 2012, Commissione/Agrofert Holding (C-477/10 P, punto 67), la Corte avrebbe sottolineato che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, pag. 43), le eccezioni riguardanti gli interessi commerciali o i documenti sensibili possono essere applicate per un periodo di 30 anni e, se necessario, persino oltre tale periodo. |
63 |
La ricorrente precisa che [Riservato]. Di conseguenza, le informazioni di categoria I consolidate non avrebbero perso il loro carattere di riservatezza a causa del tempo trascorso, in quanto la divulgazione di tali informazioni consente ai concorrenti e ai clienti di ottenere un elenco di clienti estremamente dettagliato riguardante la ricorrente e aspetti particolari dei rapporti che la stessa intrattiene con i suoi clienti. |
64 |
Quanto alle informazioni di categoria II, queste resterebbero riservate e commercialmente sensibili in considerazione delle particolari caratteristiche del mercato del vetro destinato al settore auto, nel quale i contratti sarebbero spesso negoziati parecchi anni prima della fabbricazione. Si tratterebbe di contratti a lungo termine e più volte rinnovati, in quanto i fornitori di vetro destinato al settore auto continuano ad approvvigionare le case automobilistiche per varie generazioni di uno stesso modello. Data la struttura del mercato così descritta, le forme di divulgazione proposte determinerebbero una grande trasparenza, il che comporterebbe il rischio di modificare in modo sostanziale le caratteristiche del mercato e di ledere gli interessi della ricorrente. Quest’ultima, infatti [Riservato]. Orbene, tali informazioni conterrebbero dettagli specifici mirati, relativi ai prezzi dei prodotti, che continuerebbero a rilevare ai fini dell’attività commerciale della ricorrente. La loro pubblicazione consentirebbe ai clienti e ai concorrenti di estrapolare gli attuali livelli dei prezzi, condurrebbe alla trasparenza nel mercato in materia di prezzi in generale e pregiudicherebbe così la posizione della ricorrente, in quanto tali informazioni potrebbero essere utilizzate dai suoi clienti nelle negoziazioni e dagli altri operatori per porla in una situazione di svantaggio concorrenziale. |
65 |
In sintesi, la ricorrente addebita alla Commissione il fatto di non aver valutato la questione se le informazioni di categoria I e II, complessivamente considerate, lette non già per passaggi isolati, bensì nel loro insieme, pubblicate in una versione consolidata, accessibile su Internet, rimangano riservate. La pubblicazione di tali informazioni, tutte insieme, le renderebbe estremamente sensibili, in quanto essa fornirebbe al pubblico in generale una conoscenza approfondita, a un livello di precisione assai elevato, dei rapporti commerciali sensibili della ricorrente con la maggior parte dei suoi clienti importanti. Ciò potrebbe anche far aumentare in modo esponenziale e artificiale la trasparenza del mercato del vetro destinato al settore auto, consentendo a ciascun cliente della ricorrente di avere accesso a informazioni sensibili relative ai suoi rapporti commerciali con altri clienti. Tali informazioni diventerebbero anche accessibili ai clienti potenziali e al pubblico in generale, il che rischierebbe di arrecare un grave pregiudizio agli interessi della ricorrente. |
66 |
La Commissione replica, in sostanza, che le richieste di riservatezza presentate dalla ricorrente al consigliere-auditore erano troppo vaghe e generiche per giustificare, fatta eccezione per un numero irrilevante di casi, il trattamento riservato richiesto e che, anche dinanzi al giudice del procedimento sommario, la ricorrente avrebbe omesso di dimostrare, per ogni informazione concreta invocata, che la medesima avrebbe dovuto essere tutelata in quanto segreto commerciale. Inoltre, le informazioni controverse sarebbero state scambiate all’interno del cartello del vetro destinato al settore auto e quindi portate a conoscenza di altre imprese appartenenti a tale cartello. Pertanto, le medesime non potrebbero essere più considerate segrete. In ogni caso, le informazioni in questione risalirebbero a cinque anni prima o più e, per questo, dovrebbero essere considerate storiche, mentre la ricorrente non dimostra, nonostante la loro risalenza nel tempo, che tali informazioni continuano ad essere elementi essenziali della sua posizione commerciale. |
67 |
Al riguardo, si deve rilevare, senza nulla togliere al valore degli argomenti dedotti dalla Commissione, la cui fondatezza sarà esaminata dal giudice di merito, che gli atti di causa non consentono di concludere nel senso dell’assenza manifesta del fumus boni iuris. |
68 |
Da un lato, infatti, la decisione del 2008, pubblicata nella versione non riservata oggetto di controversia, contiene 731 considerando e 882 note a piè di pagina. Come emerge dal punto 6 della decisione impugnata, le richieste di riservatezza presentate dalla ricorrente e relative alle informazioni di categoria I riguardano 270 considerando e 46 note a piè di pagina, mentre quelle relative alle informazioni di categoria II riguardano 64 considerando e 19 note a piè di pagina. Risulta quindi, prima facie, che l’esame della questione se la Commissione sia incorsa in errore nel respingere la maggior parte di tali richieste di riservatezza fa sorgere questioni complesse la cui soluzione merita un esame minuzioso che non può essere effettuato dal giudice del procedimento sommario, ma deve formare oggetto del procedimento principale. |
69 |
Dall’altro, la circostanza che il consigliere-auditore abbia riconosciuto la segretezza di talune informazioni sia di categoria I che di categoria II denota, di per sé, che le informazioni controverse non possono essere qualificate, prima facie, nel loro complesso, per loro stessa natura, come manifestamente prive del requisito della segretezza o della riservatezza. Detto riconoscimento della segretezza di talune informazioni sembra altresì indebolire l’argomento secondo cui le informazioni, per il semplice fatto di essere state scambiate tra i membri del cartello del vetro destinato al settore auto, sarebbero state trasformate in dati generalmente noti in ambienti esterni alla ricorrente. In ogni caso, dato che la Commissione rinvia, in tale contesto, all’ordinanza del presidente della Prima Sezione del Tribunale del 5 agosto 2003, Glaxo Wellcome/Commissione (T-168/01, non pubblicata nella Raccolta, punto 43), e all’ordinanza del presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale dell’8 maggio 2012, Spira/Commissione (T-108/07, punto 52), non sembra che il fatto che la ricorrente abbia comunicato le informazioni controverse ad altri membri del cartello del vetro destinato al settore auto, ma non ai suoi fornitori, ai suoi clienti e a concorrenti diversi dai membri del cartello, debba essere manifestamente interpretato nel senso che tali informazioni sono accessibili, se non al grande pubblico, almeno a taluni ambienti specializzati, ai sensi delle due ordinanze in parola. |
70 |
Inoltre, sebbene la Commissione sostenga che le informazioni controverse risalgono tutte a più di cinque anni prima e hanno quindi perso il loro carattere di segretezza, è pur vero che informazioni relative a un’impresa che risalgono a cinque anni prima o più devono essere considerate, in linea generale, come storiche. Tuttavia, l’interessato può dimostrare che, nonostante la loro risalenza nel tempo, tali informazioni costituiscono ancora elementi essenziali della sua posizione commerciale (v., in tal senso, ordinanza del presidente della Quarta Sezione del Tribunale del 22 febbraio 2005, Hynix Semiconductor/Consiglio, T-383/03, Racc. pag. II-621, punto 60, e giurisprudenza ivi citata). Orbene, non sembra che l’argomento della ricorrente esposto supra, ai punti da 63 a 65, sia, prima facie, del tutto irrilevante ai fini della dimostrazione che le informazioni di categoria I e II sono rimaste per loro stessa natura segrete. Non può nemmeno manifestamente escludersi che l’articolo 4, paragrafo 7, del regolamento n. 1049/2001, secondo cui la riservatezza di interessi commerciali o di documenti sensibili può essere eccezionalmente tutelata per un periodo di 30 anni, e, se necessario, anche oltre tale periodo, sia di natura tale da influire sulla valutazione da effettuare nel caso di specie. |
71 |
Il giudice del procedimento sommario non può quindi escludere, prima facie, che le informazioni controverse siano conosciute soltanto da un numero ristretto di persone e che la loro divulgazione possa causare un danno grave alla ricorrente, ai sensi della sentenza del Tribunale del 30 maggio 2006, Bank Austria Creditanstalt/Commissione (T-198/03, Racc. pag. II-1429, punto 71). |
72 |
Infine, presupponendo che le informazioni controverse possano essere considerate come segreti commerciali della ricorrente, la questione se esse siano oggettivamente degne di protezione richiederà una ponderazione tra l’interesse della ricorrente a che le stesse non siano divulgate e l’interesse generale che impone che le attività delle istituzioni dell’Unione si svolgano nel modo più trasparente possibile (sentenza Bank Austria Creditanstalt/Commissione, cit., punto 71). Orbene, siffatta ponderazione dei diversi interessi in gioco – indipendentemente dal fatto che essa riguardi nel complesso la natura stessa delle informazioni di categoria I e II oppure ciascuno degli oltre 300 considerando e delle oltre 60 note a piè di pagina invocati – richiederà valutazioni delicate che devono essere riservate al giudice di merito. In ogni caso, non emerge dal fascicolo che il risultato di tale ponderazione deporrà manifestamente a favore dell’interesse difeso dalla Commissione. |
73 |
Alla luce delle suesposte considerazioni, è giocoforza constatare che la causa in esame fa sorgere questioni complesse e delicate che non possono essere considerate, prima facie, come manifestamente irrilevanti, ma la cui soluzione merita un esame approfondito nell’ambito del procedimento principale. Si deve quindi riconoscere l’esistenza del fumus boni iuris. |
74 |
Ne consegue che, dal momento che tutti i presupposti sono a tal fine soddisfatti, la domanda di provvedimenti provvisori deve essere accolta per la parte in cui è diretta ad ottenere il divieto di pubblicazione, da parte della Commissione, delle informazioni di categoria I e II e respinta quanto al resto. |
Per questi motivi, IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE così provvede: |
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Lussemburgo, 11 marzo 2013 |
Il cancelliere E. Coulon Il presidente M. Jaeger |
( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.
( 1 ) Dati riservati occultati.
Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo
Nel procedimento T-462/12 R,
Pilkington Group Ltd, con sede in St Helens, Merseyside (Regno Unito), rappresentato da J. Scott, S. Wisking e K. Fountoukakos-Kyriakakos, solicitors,
ricorrente,
contro
Commissione europea, rappresentata da M. Kellerbauer, P. Van Nuffel e G. Meeßen, in qualità di agenti,
convenuta,
avente ad oggetto una domanda di sospensione dell’esecuzione della decisione C (2012) 5718 def. della Commissione, del 6 agosto 2012, che respinge la domanda di trattamento riservato presentata dal Pilkington Group Ltd, in forza dell’articolo 8 della decisione 2011/695/UE del presidente della Commissione europea, del 13 ottobre 2011, relativa alla funzione e al mandato del consigliere-auditore per taluni procedimenti in materia di concorrenza (Caso COMP/39.125 – Vetro destinato al settore auto), e la domanda di provvedimenti provvisori diretta ad ordinare che sia mantenuto il trattamento riservato concesso a talune informazioni relative alla ricorrente con riferimento alla decisione C (2008) 6815 def. della Commissione, del 12 novembre 2008, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/39.125 – Vetro destinato al settore auto),
IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE
ha emesso la seguente
Ordinanza
Fatti, procedimento e conclusioni delle parti
1. Il presente procedimento sommario verte sulla decisione C (2012) 5718 def. della Commissione, del 6 agosto 2012, che respinge una domanda di trattamento riservato presentata dal Pilkington Group Ltd, in forza dell’articolo 8 della decisione 2011/695/UE del presidente della Commissione europea, del 13 ottobre 2011, relativa alla funzione e al mandato del consigliere-auditore per taluni procedimenti in materia di concorrenza (Caso COMP/39.125 – Vetro destinato al settore auto) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).
2. Con la decisione impugnata, la Commissione europea ha respinto la domanda diretta al mantenimento della versione non riservata della propria decisione C (2008) 6815 def., del 12 novembre 2008, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/39.125 – Vetro destinato al settore auto) (in prosieguo: la «decisione del 2008»), come pubblicata nel febbraio 2010 sul sito Internet della direzione generale «Concorrenza».
3. Nella decisione del 2008, la Commissione aveva accertato un’infrazione all’articolo 81 CE, commessa tra il 1998 e il 2003, nel territorio dello Spazio economico europeo (SEE), dalla ricorrente, il Pilkington Group Ltd, unitamente ad altre società appartenenti al suo gruppo, da più società appartenenti al gruppo francese Saint-Gobain e al gruppo giapponese Asahi – al quale appartengono, in particolare, la società AGC Glass Europe – nonché dalla società belga Soliver per quanto riguarda le vendite di vetro utilizzato per i veicoli nuovi e per i pezzi di ricambio originali destinati agli autoveicoli (in prosieguo: il «cartello del vetro destinato al settore auto»). Di conseguenza, la Commissione ha inflitto ai membri di tale cartello ammende per un importo complessivo superiore a EUR 1,3 miliardi, mentre l’ammenda inflitta al gruppo della ricorrente ammontava a EUR 370 milioni.
4. Dopo aver esaminato le domande di trattamento riservato formulate dalle società destinatarie della decisione del 2008, la Commissione, nel febbraio 2010, ha pubblicato sul suo sito Internet una versione integrale non riservata provvisoria di tale decisione. Detta pubblicazione non è stata contestata dalla ricorrente.
5. Con lettera del 28 aprile 2011, la Commissione ha informato la ricorrente in merito al proprio intendimento di pubblicare, per ragioni di trasparenza, una versione non riservata, più dettagliata, della decisione del 2008 e di respingere, a tal fine, varie domande di trattamento riservato che la medesima le aveva presentato per quanto riguarda, in primo luogo, i nominativi dei clienti, i nomi e le descrizioni dei prodotti, nonché altre informazioni che consentivano l’identificazione di taluni clienti (in prosieguo: le «informazioni di categoria I»), in secondo luogo, il numero dei pezzi di ricambio forniti dalla ricorrente, la quota di partecipazione di una determinata casa automobilistica, il calcolo dei prezzi, le modifiche dei prezzi, ecc. (in prosieguo: le «informazioni di categoria II») e, in terzo luogo, informazioni che, secondo la ricorrente, avrebbero consentito l’identificazione di taluni membri del proprio personale asseritamente coinvolti nell’attuazione dell’intesa (in prosieguo: le «informazioni di categoria III»). La Commissione ha invitato la ricorrente, in caso di disaccordo, ad adire il consigliere-auditore ai sensi della decisione 2011/695/UE del presidente della Commissione europea, del 13 ottobre 2011, relativa alla funzione e al mandato del consigliere-auditore per taluni procedimenti in materia di concorrenza (GU L 275, pag. 29).
6. Constatando che la versione più dettagliata proposta conteneva numerose informazioni che non erano state pubblicate nel febbraio 2010 per ragioni di riservatezza, la ricorrente, con lettera del 30 giugno 2011, ha comunicato al consigliere-auditore la propria intenzione di opporsi alla pubblicazione di una versione della decisione del 2008 più dettagliata di quella pubblicata nel febbraio 2010, sostenendo che le informazioni di categoria I e II dovevano essere tutelate, in quanto costituivano segreti commerciali, mentre la divulgazione delle informazioni di categoria III avrebbe consentito l’identificazione di persone fisiche, ossia di dipendenti della ricorrente asseritamente coinvolti nell’attuazione dell’intesa. La ricorrente ha quindi richiesto il trattamento riservato di tutte queste informazioni.
7. Nella decisione impugnata, firmata «[p]er la Commissione», il consigliere-auditore, pur riconoscendo la riservatezza di alcune informazioni fatte valere dalla ricorrente, ha respinto tuttavia la quasi totalità delle domande.
8. La decisione impugnata è stata notificata alla ricorrente il 9 agosto 2012.
9. Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 ottobre 2012, la ricorrente ha proposto ricorso diretto ad ottenere l’annullamento della decisione impugnata. A sostegno del ricorso, essa fa valere, in sostanza, che la pubblicazione controversa viola, da un lato, l’obbligo di riservatezza incombente alla Commissione in forza dell’articolo 339 TFUE e dell’articolo 28 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), e dall’altro, l’obbligo di proteggere dati personali ad essa incombente in forza dell’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (GU 2010, C 83, pag. 389; in prosieguo: la «Carta»), in quanto la versione più dettagliata della decisione del 2008 contiene segreti commerciali, coperti dal segreto professionale, e informazioni che consentono di identificare dipendenti della ricorrente.
10. Con atto separato, depositato lo stesso giorno presso la cancelleria del Tribunale, la ricorrente ha introdotto la presente domanda di provvedimenti provvisori, in cui chiede, sostanzialmente, che il presidente del Tribunale voglia:
– sospendere l’esecuzione della decisione impugnata fino a quando il Tribunale non si sia pronunciato sul ricorso principale;
– ordinare alla Commissione di astenersi dal pubblicare una versione della decisione del 2008 più dettagliata, per quanto la riguarda, rispetto a quella pubblicata sul suo sito Internet nel febbraio 2010;
– condannare la Commissione alle spese.
11. Nelle proprie osservazioni sulla domanda di provvedimenti provvisori, depositate presso la cancelleria del Tribunale l’11 gennaio 2013, la Commissione chiede che il presidente del Tribunale voglia:
– respingere la domanda di provvedimenti provvisori;
– condannare la ricorrente alle spese.
12. Successivamente al deposito, da parte della Commissione, delle proprie osservazioni, la ricorrente è stata autorizzata a presentare la relativa replica, presentazione cui la stessa ha provveduto con memoria del 18 febbraio 2013. Successivamente la Commissione ha risposto con memoria del 6 marzo 2013.
13. Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale il 17 e 22 gennaio 2013, le compagnie di assicurazione tedesche HUK-Coburg, LVM, VHV e Württembergische Gemeinde-Versicherung hanno chiesto di intervenire nel presente procedimento sommario a sostegno della Commissione. Quest’ultima non si è opposta alla suddetta domanda, mentre la ricorrente, con memoria del 12 febbraio 2013, si è pronunciata contro l’ammissione delle domande di intervento.
In diritto
Sulle domande di intervento
14. Secondo l’articolo 40, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al Tribunale in forza dell’articolo 53, primo comma, di detto Statuto, un soggetto può intervenire in una controversia sottoposta al Tribunale a condizione che dimostri di avere un interesse alla soluzione della controversia.
15. Al riguardo, secondo giurisprudenza costante, la nozione di interesse alla soluzione della controversia viene intesa come un interesse diretto e attuale a che siano accolte le conclusioni stesse e non come un interesse rispetto ai motivi dedotti. Occorre, infatti, distinguere tra coloro che presentano istanza d’intervento, i quali dimostrano di avere un interesse diretto alla sorte riservata all’atto specifico di cui viene richiesto l’annullamento, e coloro che dimostrano soltanto di avere un interesse indiretto alla soluzione della controversia dovuto all’esistenza di analogie tra la loro situazione e quella di una delle parti (v. ordinanza del presidente della Corte del 15 gennaio 2013, Stichting Woonlinie e a./Commissione, C-133/12 P, punto 7, e giurisprudenza ivi citata; v. altresì ordinanza del presidente del Tribunale del 26 luglio 2004, Microsoft/Commissione, T-201/04 R, Racc. pag. II-2977, punto 32).
16. Quando l’istanza d’intervento è presentata nell’ambito di un procedimento sommario, l’interesse alla soluzione della controversia dev’essere inteso come interesse alla soluzione del procedimento sommario. Infatti, esattamente come la soluzione della causa principale, la soluzione del procedimento sommario può ledere gli interessi di terzi ovvero risultare loro favorevole. Ne discende che, nell’ambito di un procedimento sommario, l’interesse di coloro che presentano istanza d’intervento dev’essere valutato con riferimento alle conseguenze della concessione del provvedimento provvisorio richiesto, ovvero del rigetto della relativa istanza, sulla loro situazione economica o giuridica. (ordinanza Microsoft/Commissione, cit., punto 33).
17. In ogni caso, la valutazione del giudice del procedimento sommario riguardo all’interesse alla soluzione della controversia di cui è investito non pregiudica la valutazione che il Tribunale compie quando è investito di un’istanza d’intervento nella causa principale (ordinanza Microsoft/Commissione, cit., punto 35).
18. Occorre esaminare, proprio alla luce di tali considerazioni, se le quattro società che hanno presentato istanza d’intervento abbiano un interesse alla soluzione della presente controversia.
19. Le quattro società che hanno presentato istanza d’intervento, tutte attive nel settore dell’assicurazione del vetro destinato al settore auto, affermano di aver proposto, nel dicembre 2010, nel settembre e nel dicembre 2011, dinanzi al Landgericht Düsseldorf (Tribunale regionale di Düsseldorf) (Germania), ricorsi per risarcimento danni contro la «AGC Glass Europe e altri». Con tali ricorsi, tutti ancora pendenti dinanzi al giudice nazionale, esse chiedono il risarcimento del danno subito in termini di prezzi artificialmente alti, in violazione dell’articolo 101 TFUE, che sarebbero stati fatturati, tra il 1998 e il 2003, dai membri del cartello del vetro destinato al settore auto, e che sarebbero serviti come base per il rimborso nell’ambito dell’assicurazione dei cristalli automobilistici. Tali società precisano che per esse è assai difficile quantificare il danno subito in mancanza di informazioni dettagliate sul cartello del vetro destinato al settore auto che la Commissione intende ora pubblicare. Orbene, sarebbe di estrema importanza per le stesse che la Commissione pubblicasse una versione della decisione del 2008 più dettagliata di quella pubblicata nel febbraio 2010 e che la ricorrente non potesse impedirlo.
20. Al riguardo, è sufficiente ricordare, da un lato, che la decisione impugnata nella fattispecie respinge una domanda di trattamento riservato presentata solo dalla ricorrente e, dall’altro, che i ricorsi per risarcimento danni fatti valere dalle società che hanno presentato istanza d’intervento sono stati proposti a livello nazionale contro la «AGC Glass Europe e altri», senza che queste ultime abbiano precisato che tra gli «altri» fosse compresa anche la ricorrente. Il giudice del procedimento sommario può quindi soltanto presupporre che questo termine si riferisca a società appartenenti al gruppo giapponese Asahi (v. supra, punto 3). Peraltro, la ricorrente ha confermato, nelle proprie osservazioni del 12 febbraio 2013, di non essere una delle parti convenute nei procedimenti nazionali in questione, ma di essere intervenuta negli stessi unicamente a sostegno della AGC Glass Europe. Ne consegue che, in caso di rigetto del ricorso diretto all’annullamento della decisione impugnata, le informazioni che la Commissione sarebbe allora autorizzata a pubblicare non risulterebbero di alcuna utilità, per le società che hanno presentato istanza d’intervento, nell’ambito delle loro azioni risarcitorie, in quanto tali informazioni non riguarderebbero la AGC Glass Europe. Le società che hanno presentato istanza d’intervento non fanno valere pertanto alcun interesse diretto e attuale alla soluzione della controversia, ai sensi dell’articolo 40 dello Statuto della Corte. Né siffatto interesse può esser loro riconosciuto per il solo fatto che le stesse potrebbero essere potenzialmente indotte a proporre un’azione risarcitoria dinanzi al giudice nazionale anche nei confronti della ricorrente, dato che un riconoscimento siffatto si risolverebbe in un aumento del numero dei potenziali intervenienti talmente alto da comportare il rischio di un grave pregiudizio all’efficacia del procedimento dinanzi ai giudici dell’Unione [v., in tal senso, ordinanza del presidente della Corte dell’8 giugno 2012, Schenker/Air France e Commissione, C-589/11 P(I), punto 24].
21. In ogni caso, le società che hanno presentato istanza d’intervento si sono astenute dal dimostrare di avere un interesse particolare alla soluzione del procedimento sommario, nel senso che sarebbe per le stesse inaccettabile attendere la fine del procedimento principale. Esse hanno omesso, in particolare, di dimostrare che la loro situazione economica o giuridica sarebbe lesa qualora la presente domanda di provvedimenti provvisori non fosse respinta. Peraltro, la circostanza che il ricorso per risarcimento proposto dalla HUK-Coburg è pendente dinanzi al giudice nazionale dal dicembre 2010, senza che tale società, che ha presentato istanza d’intervento, abbia menzionato il rischio imminente di un esito sfavorevole per la stessa, sembra piuttosto indicare che il giudice nazionale potrà essere utilmente indotto, eventualmente da domande di sospensione del procedimento, ad attendere la sentenza nel procedimento principale, prima di proseguire, alla luce di tale sentenza, i procedimenti risarcitori.
22. Di conseguenza, le domande di intervento devono essere respinte.
Sulla domanda di provvedimenti provvisori
23. Dal combinato disposto degli articoli 278 TFUE e 279 TFUE, da una parte, e dell’articolo 256, paragrafo 1, TFUE, dall’altra, emerge che il giudice del procedimento sommario, qualora reputi che le circostanze lo richiedano, può ordinare la sospensione dell’esecuzione di un atto impugnato dinanzi al Tribunale o disporre i provvedimenti provvisori necessari.
24. L’articolo 104, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale prevede che le domande di provvedimenti provvisori devono precisare l’oggetto della causa, i motivi di urgenza nonché gli argomenti di fatto e di diritto che giustifichino prima facie l’adozione del provvedimento provvisorio richiesto. Pertanto, la sospensione dell’esecuzione e gli altri provvedimenti provvisori possono essere accordati dal giudice del procedimento sommario se è comprovato che la loro concessione è giustificata prima facie da argomenti di fatto e di diritto (fumus boni iuris) e che gli stessi sono urgenti in quanto occorre, per evitare un danno grave ed irreparabile agli interessi del richiedente, che essi siano emanati e producano i loro effetti già prima della decisione nel procedimento principale. Questi presupposti sono cumulativi, di modo che le domande di provvedimenti provvisori devono essere respinte qualora manchi una di esse. Il giudice del procedimento sommario procede altresì, se del caso, alla ponderazione degli interessi in gioco [ordinanze del presidente della Corte del 14 ottobre 1996, SCK e FNK/Commissione, C-268/96 P(R), Racc. pag. I-4971, punto 30, e del 23 febbraio 2001, Austria/Consiglio, C-445/00 R, Racc. pag. I-1461, punto 73].
25. Nell’ambito di tale valutazione d’insieme, il giudice del procedimento sommario dispone di un ampio potere discrezionale ed è libero di stabilire, considerate le particolarità del caso di specie, il modo in cui vanno accertate le varie condizioni in parola nonché l’ordine in cui condurre tale esame, dato che nessuna disposizione di diritto gli impone uno schema di analisi predeterminato per valutare la necessità di statuire in via provvisoria [ordinanze del presidente della Corte del 19 luglio 1995, Commissione/Atlantic Container Line e a., C-149/95 P(R), Racc. pag. I-2165, punto 23, e del 3 aprile 2007, Vischim/Commissione, C-459/06 P(R), punto 25].
26. Alla luce degli elementi contenuti negli atti di causa, il giudice del procedimento sommario ritiene di disporre di tutti gli elementi necessari per statuire sulla presente domanda di provvedimenti provvisori, senza che sia necessario sentire preliminarmente le osservazioni orali delle parti.
27. Nelle circostanze della specie, occorre procedere anzitutto alla ponderazione degli interessi ed esaminare se sia soddisfatto il requisito dell’urgenza.
Sulla ponderazione degli interessi e sull’urgenza
28. Secondo consolidata giurisprudenza, la ponderazione dei diversi interessi in gioco consiste per il giudice del procedimento sommario nel determinare se l’interesse della parte che richiede i provvedimenti provvisori a ottenerne la concessione prevalga o meno sull’interesse all’applicazione immediata dell’atto controverso, esaminando, più in particolare, se l’eventuale annullamento di tale atto da parte del giudice di merito consenta il capovolgimento della situazione che si sarebbe verificata in caso di esecuzione immediata e, viceversa, se la sospensione dell’esecuzione del suddetto atto possa ostacolare la sua piena efficacia, nel caso in cui il ricorso principale sia respinto (v., in tal senso, ordinanze del presidente della Corte dell’11 maggio 1989, RTE e a./Commissione, 76/89 R, 77/89 R e 91/89 R, Racc. pag. 1141, punto 15, e del 26 giugno 2003, Belgio e Forum 187/Commissione, C-182/03 R e C-217/03 R, Racc. pag. I-6887, punto 142).
29. Per quanto riguarda, più specificamente, la condizione secondo cui la situazione giuridica sorta da un’ordinanza di provvedimenti provvisori deve essere reversibile, va osservato che la finalità del procedimento sommario si limita a garantire la piena efficacia della futura decisione di merito [v., in tal senso, ordinanza del presidente della Corte del 27 settembre 2004, Commissione/Akzo e Akcros, C-7/04 P(R), Racc. pag. I-8739, punto 36]. Di conseguenza, tale procedimento ha natura meramente accessoria rispetto al procedimento principale sul quale s’innesta (ordinanza del presidente del Tribunale del 12 febbraio 1996, Lehrfreund/Consiglio e Commissione, T-228/95 R, Racc. pag. II-111, punto 61), sicché la decisione adottata dal giudice del procedimento sommario deve avere carattere provvisorio nel senso che non può pregiudicare il significato della futura decisione di merito né renderla illusoria privandola di effetto utile (v., in tal senso, ordinanze del presidente della Corte del 17 maggio 1991, CIRFS e a./Commissione, C-313/90 R, Racc. pag. I-2557, punto 24, e del presidente del Tribunale del 12 dicembre 1995, Connolly/Commissione, T-203/95 R, Racc. pag. II-2919, punto 16).
30. Ne consegue necessariamente che l’interesse difeso da una delle parti del procedimento sommario non è meritevole di tutela qualora detta parte chieda al giudice del procedimento sommario di adottare una decisione che, lungi dall’avere carattere meramente provvisorio, abbia come effetto di pregiudicare il significato della futura decisione di merito e di renderla illusoria privandola di effetto utile. Del resto, è proprio per questo motivo che la domanda di provvedimenti provvisori con cui è stato chiesto al giudice del procedimento sommario di ordinare la divulgazione «provvisoria» di pretese informazioni riservate, in possesso della Commissione, è stata dichiarata irricevibile, atteso che l’ordinanza di accoglimento di tale domanda avrebbe potuto neutralizzare anticipatamente gli effetti della decisione da pronunciare successivamente nel merito (v., in tal senso, ordinanza del presidente del Tribunale del 23 gennaio 2012, Henkel e Henkel France/Commissione, T-607/11 R, punti da 23 a 25).
31. Nella specie, il Tribunale sarà chiamato a pronunciarsi, nell’ambito del procedimento principale, sulla questione se la decisione impugnata – con la quale la Commissione ha respinto la domanda della ricorrente volta ad ottenere la sua astensione dal pubblicare le informazioni controverse – debba essere annullata, segnatamente per violazione della riservatezza di tali informazioni in quanto la loro divulgazione costituirebbe violazione dell’articolo 339 TFUE e dell’articolo 8 della Carta. È evidente sotto questo profilo che, per mantenere l’effetto utile della sentenza di annullamento della decisione impugnata, la ricorrente dev’essere in grado di evitare che la Commissione proceda ad una pubblicazione illegittima delle informazioni controverse. Orbene, la sentenza di annullamento verrebbe resa illusoria e privata di effetto utile se la presente domanda di provvedimenti provvisori fosse respinta, poiché tale rigetto produrrebbe l’effetto di consentire alla Commissione di procedere alla pubblicazione immediata delle informazioni di cui trattasi e quindi, de facto, di pregiudicare il significato della futura decisione di merito, ossia il rigetto del ricorso di annullamento.
32. Tali considerazioni non sono inficiate dalla circostanza che anche l’effettiva pubblicazione delle informazioni controverse non produrrebbe probabilmente l’effetto di privare la ricorrente dell’interesse ad agire riguardo all’annullamento della decisione impugnata. Infatti, ciò trova spiegazione, in particolare, nel fatto che qualsiasi altra interpretazione subordinerebbe la ricevibilità del ricorso alla divulgazione o meno, da parte della Commissione, delle suddette informazioni e consentirebbe alla stessa di sottrarsi, attraverso la realizzazione di un fatto compiuto, al sindacato giurisdizionale, procedendo a siffatta divulgazione benché questa sia illegittima (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 12 ottobre 2007, Pergan Hilfsstoffe für industrielle Prozesse/Commissione, T-474/04, Racc. pag. II-4225, punti da 39 a 41). Orbene, il mantenimento formale di un interesse ad agire ai fini del procedimento principale non impedisce che una sentenza di annullamento, pronunciata dopo la pubblicazione delle informazioni in questione, non abbia più alcun effetto utile per la ricorrente.
33. Di conseguenza, l’interesse della Commissione al rigetto della domanda di provvedimenti provvisori deve cedere dinanzi all’interesse difeso dalla ricorrente, tanto più che la concessione dei provvedimenti provvisori richiesti equivarrebbe soltanto a mantenere, per un periodo limitato, lo status quo esistito dal febbraio 2010 (v., in tal senso, ordinanza RTE e a./Commissione, cit., punto 15).
34. Dal momento che la Commissione obietta che il pubblico attende da più di quattro anni che la decisione del 2008 sia finalmente pubblicata in versione integrale e che sarebbe inammissibile che la ricorrente potesse ritardare di vari anni tale pubblicazione pretendendo semplicemente che le informazioni da pubblicare siano riservate, è giocoforza constatare che l’istituzione convenuta si è limitata ad affermare che i suoi servizi si erano trovati di fronte a un processo dispendioso in termini di tempo, che li aveva obbligati ad esaminare numerose richieste di riservatezza, senza che tale affermazione sia stata suffragata dal benché minimo elemento di prova documentale. La Commissione non ha quindi sufficientemente dimostrato di essere stata costretta ad attendere sino al 28 aprile 2011 per decidere la pubblicazione di una versione integrale della decisione del 2008. Ciò considerato, non si può escludere che l’Istituzione sia, in gran parte, essa stessa responsabile della perdita di tempo dichiarata. In ogni caso, la Commissione non spiega il motivo per cui si è astenuta dall’accludere – sia pure per tuziorismo – al proprio controricorso, depositato l’8 gennaio 2013 nel procedimento principale, un’istanza di procedimento accelerato ai sensi dell’articolo 76 bis del regolamento di procedura, per tentare di recuperare una parte del tempo perduto. Avendo rinunciato alla possibilità di ottenere un esame in via accelerata della controversia principale, la Commissione non può utilmente contestare alla ricorrente di essersi avvalsa, a sua volta, del diritto processuale, ad essa spettante, di ottenere la sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata.
35. La Commissione fa valere altresì l’interesse dei soggetti potenzialmente danneggiati dal cartello del vetro destinato al settore auto che necessiterebbero delle informazioni di categoria I e II per dimostrare la fondatezza delle azioni risarcitorie, in termini di nesso di causalità e di quantificazione del danno, che essi intenterebbero contro la ricorrente dinanzi al giudice nazionale. Secondo la Commissione, qualora la pubblicazione di tali informazioni fosse ritardata sino alla pronuncia della sentenza nel procedimento principale, le azioni risarcitorie di alcuni di detti soggetti danneggiati potrebbero già essere prescritte, segnatamente in Stati membri in cui vigono termini di prescrizione brevi.
36. Tuttavia, sebbene gli interessi di soggetti terzi, che sarebbero direttamente interessati da un’eventuale sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata, possano essere presi in considerazione nella ponderazione degli interessi (v., in tal senso, ordinanza del presidente del Tribunale del 17 gennaio 2001, Petrolessence e SG2R/Commissione, T-342/00 R, Racc. pag. II-67, punto 51), tale argomento della Commissione non è idoneo far venir meno l’interesse della ricorrente. Da un lato, infatti, per quanto attiene alle norme nazionali in materia di prescrizione invocate, l’affermazione della Commissione è troppo vaga, in quanto essa omette di indicare, in particolare, cosa impedirebbe ai soggetti danneggiati summenzionati, di intentare le azioni risarcitorie in tempo utile, ottenendo al tempo stesso la sospensione dei procedimenti nazionali sino alla pronuncia della sentenza nel procedimento principale. Peraltro, gli unici esempi concreti menzionati nel presente contesto riguardano i ricorsi per risarcimento danni, proposti nel 2010 e nel 2011 dinanzi al giudice nazionale dalle quattro società che hanno presentato istanza d’intervento, apparentemente senza che venissero loro opposte eccezioni di prescrizione (v. supra, punti 19 e 21). Dall’altro, come rilevato supra, al precedente punto 34, sia i ritardi nella pubblicazione integrale della decisione del 2008 che le eventuali lungaggini del procedimento principale devono essere in gran parte imputati non già alla ricorrente, bensì alla Commissione.
37. Infine, se è vero che i soggetti danneggiati dal cartello del vetro destinato al settore auto possono far valere, anch’essi, il diritto ad un ricorso effettivo relativamente alle azioni risarcitorie intentate contro i membri di tale cartello, come la ricorrente, è tuttavia giocoforza constatare che l’esercizio di tale diritto sarebbe semplicemente ritardato in caso di concessione di provvedimenti provvisori richiesti dalla ricorrente, il che significherebbe una limitazione temporale dell’esercizio di tale diritto, mentre il diritto corrispondente della ricorrente risulterebbe vanificato in caso di rigetto della domanda di provvedimenti provvisori. L’interesse della ricorrente deve, quindi, prevalere sull’interesse dei soggetti danneggiati dal cartello.
38. Dal momento che il risultato della ponderazione degli interessi depone, quindi, a favore della ricorrente, risulta urgente tutelare l’interesse da questa difeso, sempreché la stessa rischi di subire un danno grave e irreparabile in caso di rigetto della sua domanda di provvedimenti provvisori. In tale contesto, la ricorrente afferma, in sostanza, che la situazione risultante dalla pubblicazione della versione più dettagliata della decisione del 2008 non potrebbe essere più cancellata.
39. Per quanto riguarda le informazioni di categoria III, la ricorrente sottolinea che la loro pubblicazione arrecherebbe un grave e irreparabile pregiudizio al diritto alla protezione dei dati personali conferito dall’articolo 8 della Carta ai suoi dipendenti asseritamente coinvolti nell’attuazione dell’intesa.
40. Al riguardo, è anzitutto giocoforza ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, la ricorrente deve dimostrare che la sospensione dell’esecuzione richiesta sia necessaria per la tutela di interessi propri, mentre non può far valere, per dimostrare l’urgenza, la lesione di un interesse che non la riguardi personalmente, come, ad esempio, la violazione dei diritti di terzi. Pertanto, per comprovare l’urgenza di sospendere l’esecuzione della domanda, la ricorrente non può utilmente invocare il danno che verrebbe p atito esclusivamente dai suoi dipendenti [v., in tal senso, ordinanze del presidente del Tribunale del 19 luglio 2007, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T-31/07 R, Racc. pag. II-2767, punto 147, e giurisprudenza ivi citata, e del 25 gennaio 2012, Euris Consult/Parlamento, T-637/11 R, punto 26], ma deve dimostrare che siffatto pregiudizio può comportare per la stessa un danno personale grave e irreparabile (v., in tal senso, ordinanza del presidente del Tribunale del 20 dicembre 2001, Österreichische Postsparkasse/Commissione, T-213/01 R, Racc. pag. II-3963, punto 71).
41. Orbene, tale ipotesi non ricorre nella fattispecie, in quanto la ricorrente si limita a sostenere che la divulgazione delle informazioni di categoria III [Riservato] (1) . La ricorrente si limita, quindi, a un’affermazione vaga e speculativa, senza fornire precisazioni al riguardo, e senza che la sua affermazione sia suffragata dal benché minimo elemento di prova. Ciò vale anche per quanto riguarda l’osservazione secondo cui i suoi dipendenti potrebbero intentare azioni nei suoi confronti contestandole l’omessa tutela. Essa non ha in particolare affermato, e ancor meno dimostrato, che risponderebbe all’interesse di una buona amministrazione della giustizia garantire da parte sua la difesa collettiva degli interessi dei dipendenti coinvolti in quanto non sarebbe possibile pretendere dai medesimi, a causa del loro numero particolarmente elevato, la promozione di azioni individuali volte ad ottenere la protezione dei loro dati personali. Di conseguenza, la ricorrente non è riuscita a dimostrare che la presunta lesione degli interessi dei suoi dipendenti comporterebbe un danno grave e irreparabile per la sua impresa in quanto tale.
42. Ne consegue che il presupposto dell’urgenza non è soddisfatto per quanto riguarda la pubblicazione delle informazioni di categoria III. Tenuto conto della cumulatività di tale presupposto e di quello del fumus boni iuris (v. supra, punto 24), occorre quindi respingere fin d’ora la domanda di provvedimenti provvisori per quanto riguarda tali informazioni.
43. Quanto alle informazioni di categoria I e II, la ricorrente fa valere che, una volta che le informazioni riservate fossero pubblicate, un successivo annullamento della decisione impugnata per violazione dell’articolo 339 TFUE non capovolgerebbe gli effetti derivanti dalla pubblicazione. Infatti, i clienti, i concorrenti e i fornitori della ricorrente, gli analisti finanziari al pari del grande pubblico potrebbero avere accesso alle informazioni di cui trattasi e utilizzarle liberamente, il che sarebbe causa di un danno grave e irreparabile per la ricorrente. Di conseguenza, la ricorrente verrebbe privata di una tutela giurisdizionale effettiva qualora le informazioni controverse fossero rese note prima della soluzione della controversia principale.
44. Si deve rilevare, al riguardo, che nel caso in cui venisse accertato, nel procedimento principale, che le informazioni in questione sono riservate e che la loro divulgazione, quale prevista dalla Commissione, è in contrasto con la tutela del segreto professionale, ai sensi dell’articolo 339 TFUE, la ricorrente, per opporsi a tale pubblicazione, potrebbe invocare tale disposizione, che le conferisce un diritto fondamentale. Come la Corte ha riconosciuto nella sua sentenza del 14 febbraio 2008, Varec (C-450/06, Racc. pag. I-581, punti 47 e 48), rinviando alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo (in prosieguo: la «Corte EDU»), può essere infatti necessario vietare la divulgazione di talune informazioni qualificate come riservate, al fine di preservare il diritto fondamentale di un’impresa al rispetto della vita privata, sancito all’articolo 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), e all’articolo 7 della Carta, fermo restando che la nozione di «vita privata» non deve essere interpretata nel senso che esclude l’attività commerciale di una persona giuridica. Peraltro, la Corte ha aggiunto, da un lato, di aver già riconosciuto la tutela dei segreti commerciali come principio generale e, dall’altro, che l’impresa in questione avrebbe potuto subire un «danno estremamente grave» se talune informazioni fossero state oggetto di una comunicazione non corretta (v., in tal senso, sentenza Varec, cit., punti 49 e 54).
45. Dato che la Commissione, in caso di rigetto della presente domanda di provvedimenti provvisori, potrebbe procedere alla pubblicazione immediata delle informazioni di categoria I e II, sussisterebbe il fondato timore che il diritto fondamentale della ricorrente alla tutela del proprio segreto professionale, sancito all’articolo 339 TFUE, all’articolo 8 della CEDU e all’articolo 7 della Carta, risulti irreversibilmente privato di qualsiasi significato quanto alle suddette informazioni. La ricorrente rischierebbe, nel contempo, di veder compromesso il proprio diritto fondamentale a un ricorso effettivo, sancito all’articolo 6 della CEDU e all’articolo 47 della Carta, qualora la Commissione fosse autorizzata a pubblicare le informazioni di cui trattasi prima che il Tribunale si sia pronunciato sul ricorso principale. Di conseguenza, poiché i diritti fondamentali della ricorrente possono essere gravemente e irreparabilmente lesi, salvo l’esame del presupposto del fumus boni iuris (v., per la stretta correlazione tra quest’ultimo presupposto e quello dell’urgenza, ordinanza del presidente del Tribunale dell’8 aprile 2008, Cipro/Commissione, T-54/08 R, T-87/08 R, T-88/08 R e da T-91/08 R a T-93/08 R, non pubblicata nella Raccolta, punti 56 e 57), sembra urgente concedere i provvedimenti provvisori richiesti per quanto riguarda le informazioni di categoria I e II.
46. Nessuno degli argomenti dedotti in senso contrario dalla Commissione appare idoneo ad inficiare tali considerazioni.
47. Pertanto, è infondata l’osservazione della Commissione secondo cui la ricorrente non avrebbe dedotto alcuna violazione di diritti fondamentali. Infatti, sostenendo che verrebbe privata di una tutela giurisdizionale effettiva qualora le informazioni controverse fossero pubblicate prima della fine del procedimento principale, la ricorrente ha fatto valere implicitamente, ma necessariamente, l’articolo 6 della CEDU e l’articolo 47 della Carta che sanciscono entrambi il diritto fondamentale a un ricorso effettivo. Inoltre, sebbene la ricorrente si sia limitata a denunciare la violazione dell’articolo 339 TFUE, è sufficiente ricordare che la tutela del segreto professionale, garantita da tale disposizione, viene elevata al rango di diritto fondamentale ai sensi dell’articolo 8 della CEDU e dell’articolo 7 della Carta (v. supra, punto 44), cosicché il richiamo dell’articolo 339 TFUE implica necessariamente il richiamo delle altre due disposizioni.
48. La Commissione si richiama poi alla giurisprudenza della Corte EDU (v. Corte eur. D. U., sentenza Gillberg c. Svezia del 3 aprile 2012, §§ 67 e 72) per sottolineare che l’articolo 8 della CEDU non sarebbe applicabile nella specie, in quanto tale diposizione non può essere fatta valere da un soggetto per lamentare un pregiudizio che sia prevedibile conseguenza delle proprie azioni, come nel caso di un illecito penale. La Commissione ne conclude che, poiché le informazioni controverse nel caso di specie servono solo a descrivere il comportamento illecito della ricorrente, quest’ultima non potrebbe impedire la loro pubblicazione facendo valere il suo diritto alla vita privata.
49. A tal proposito, occorre constatare che, lungi dall’esaminare se il provvedimento svedese incriminato abbia «violato il diritto di non trasmettere informazioni riservate, che deriverebbe dall’articolo 8 [della CEDU]», la Corte EDU si è limitata a verificare se la condanna penale del sig. Gillberg costituisse, di per sé, una violazione del suo diritto al rispetto della vita privata (sentenza Gillberg c. Svezia, cit., §§ 56, 64, 65 e 68). Essa ha risposto in senso negativo a tale questione, in quanto gli effetti pregiudizievoli sul piano personale, sociale, psicologico e finanziario di una condanna siffatta erano «conseguenze prevedibili della commissione di un illecito penale (…) che non si possono quindi (…) far valere per sostenere che una condanna penale si configura di per sé come una violazione del diritto al rispetto della vita privata ai sensi dell’articolo 8 [della CEDU]» (sentenza Gillberg c. Svezia, cit., § 68).
50. Orbene, nel presente procedimento, non si tratta di stabilire se la ricorrente possa opporsi, in forza dell’articolo 8 della CEDU, all’irrogazione di un’ammenda da parte della Commissione per violazione dell’articolo 101 TFUE, alla sua designazione pubblica come membro del cartello del vetro destinato al settore auto o ad altri effetti negativi «prevedibili» di siffatta sanzione nella prassi commerciale. Nella specie, il giudice dell’Unione deve piuttosto stabilire se le informazioni di categoria I e II debbano beneficiare di un trattamento riservato, in applicazione del suddetto articolo 8, o se esse, al contrario, possano essere utilizzate dalla Commissione a fini di una descrizione pubblica assai dettagliata del comportamento illecito della ricorrente. Dal momento che tale questione, relativa alla riservatezza o meno di talune informazioni dettagliate, non ha formato oggetto della sentenza Gillberg c. Svezia, cit., l’argomento della Commissione vertente su tale decisione della Corte EDU non può essere accolto.
51. Richiamandosi a varie ordinanze dei presidenti della Corte e del Tribunale, la Commissione aggiunge che non è sufficiente, in ogni caso, per la ricorrente denunciare la violazione di un diritto fondamentale alla tutela del segreto professionale o dei segreti commerciali, ma essa dovrebbe anche dimostrare che tale violazione rischia, a sua volta, di arrecarle un danno grave e irreparabile sul piano materiale o morale. Orbene, il verificarsi di un danno di tale natura non sarebbe stato dimostrato nel caso di specie.
52. In tale contesto, la Commissione rinvia, innanzi tutto, alle ordinanze del presidente del Tribunale del 7 novembre 2003, Bank Austria Creditanstalt/Commissione (T-198/03 R, Racc. pag. II-4879), e del 22 dicembre 2004, Microsoft/Commissione (T-201/04 R, Racc. pag. II-4463), nelle quali il giudice del procedimento sommario, di fronte all’argomento riguardante l’irreversibilità della pubblicazione di informazioni sensibili, che possono essere utilizzate nelle azioni di risarcimento danni dirette contro l’interessato, ha qualificato come meramente economico il danno che potrebbe derivare all’interessato da siffatto utilizzo delle suddette informazioni, atteso che il danno economico non può essere, di norma, considerato irreparabile (v. ordinanza Bank Austria Creditanstalt/Commissione, cit., punti 45, 47, 52 e 53), precisando che la divulgazione di un’informazione fino ad allora mantenuta segreta – vuoi perché esiste un diritto di proprietà intellettuale, vuoi perché trattasi di segreto commerciale – non implica necessariamente il prodursi di un danno grave, e ciò sebbene la conoscenza di siffatta informazione non possa più essere cancellata dalla memoria (v. ordinanza Microsoft/Commissione, cit., punti 253 e 254).
53. Al riguardo, occorre tuttavia sottolineare che l’approccio seguito dal giudice del procedimento sommario nelle citate ordinanze Bank Austria Creditanstalt/Commissione e Microsoft/Commissione in materia di tutela di informazioni asseritamente riservate deve essere abbandonato, in quanto esso prescinde dai diritti fondamentali fatti valere da colui che chiede la tutela provvisoria di tali informazioni. Infatti, a decorrere, al più tardi, dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1°dicembre 2009, che ha elevato la Carta al rango di diritto primario dell’Unione e dispone che la medesima ha lo stesso valore giuridico dei Trattati (articolo 6, paragrafo 1, primo comma, TUE), il rischio imminente di una violazione grave e irreparabile dei diritti fondamentali conferiti dagli articoli 7 e 47 della Carta (nonché dalle disposizioni corrispondenti della CEDU) in tale settore deve essere qualificato, di per sé, come danno che giustifica la concessione dei provvedimenti di tutela provvisoria richiesti.
54. La Commissione si richiama, poi, all’ordinanza del presidente della Corte del 15 aprile 1998, Camar/Commissione e Consiglio [C-43/98 P(R), Racc. pag. I-1815, punti 46 e 47], che ha respinto l’argomento relativo all’irreparabilità del danno lamentato in quanto «non basta[va] dedurre astrattamente una lesione di diritti fondamentali, nel caso di specie il diritto di proprietà e il diritto al libero esercizio delle attività professionali, per provare che il danno che potrebbe derivarne sarebbe necessariamente irreparabile». Tuttavia, non si può ignorare il fatto che la causa all’origine di tale ordinanza riguardava il caso di un importatore che definiva insufficiente il numero delle licenze di importazione assegnate e che intendeva ottenerne una quantità maggiore. Sebbene tale importatore facesse quindi valere il suo diritto di proprietà e il diritto al libero esercizio della sua attività professionale, la concessione di una quantità asseritamente insufficiente di licenze di importazione non faceva che limitare l’esercizio dei diritti fondamentali in questione. Dal momento che l’interessato continuava a beneficiare di tali diritti, il giudice del procedimento sommario ha richiesto una dimostrazione della gravità e della irreparabilità della loro limitazione. Nella specie, per contro, in caso di rigetto della sua domanda di provvedimenti provvisori, la ricorrente risulterebbe completamente privata dei diritti fondamentali fatti valere, il che significherebbe una perdita totale di tali diritti, quindi il danno più grave e irreparabile che possa verificarsi. Ne consegue che la citata ordinanza Camar/Commissione e Consiglio è irrilevante ai fini dell’esame dei presupposti dell’urgenza nel presente procedimento.
55. Lo stesso vale, e per i medesimi motivi, per l’ordinanza del presidente del Tribunale del 18 marzo 2011, Westfälisch-Lippischer Sparkassen- und Giroverband/Commissione (T-457/09 R, non pubblicata nella Raccolta, punto 48), in base alla quale non basta dedurre la manifesta violazione di un diritto fondamentale per dimostrare la gravità e l’irreparabilità del danno che potrebbe derivarne. Infatti, nella causa all’origine di tale ordinanza, un azionista di minoranza di una banca si opponeva alle conseguenze economiche derivanti dall’attuazione di una condizione alla quale la Commissione aveva subordinato l’autorizzazione di un aiuto di Stato concesso a tale banca, condizione che detto azionista aveva, a sua volta, accettato in via di principio (ordinanza Westfälisch-Lippischer Sparkassen- und Giroverband/Commissione, cit., punto 47). Contrariamente alla causa in esame, si trattava quindi solamente di una semplice limitazione dell’esercizio del diritto di proprietà e del diritto alla parità di trattamento, fatti valere dall’interessato.
56. Per quanto attiene all’ordinanza del presidente della Corte del 27 settembre 2004, Commissione/Akzo e Akcros [C-7/04 P(R), Racc. pag. I-8739], che verteva sulla riservatezza o meno di documenti sequestrati dalla Commissione durante un accertamento, si trattava non già dell’accesso del pubblico a tali documenti, bensì della questione se la Commissione fosse autorizzata a prenderne conoscenza. È, quindi, in un contesto del tutto particolare, e non assimilabile a quello della causa in esame, che è stato dichiarato che, sebbene la semplice conoscenza da parte della Commissione dei documenti in questione, senza che gli stessi venissero utilizzati in un procedimento per infrazione delle norme sulla concorrenza, poteva eventualmente compromettere il segreto professionale, tale circostanza non era di per sé sufficiente a comprovare la sussistenza del presupposto dell’urgenza (ordinanza Commission/Akzo e Akcros, cit., punto 41). Infatti, nel caso in cui una decisione della Commissione che dispone un accertamento sia annullata, alla Commissione sarebbe conseguentemente impedito di valersi, ai fini del procedimento d’infrazione alle norme sulla concorrenza, di tutti i documenti o atti probatori che essa si sia procurata in occasione di detto accertamento, salvo esporsi al rischio di annullamento, da parte del giudice dell’Unione, della decisione relativa all’infrazione nella parte in cui sia fondata su mezzi probatori del genere (ordinanza Commissione/Akzo e Akcros, cit., punto 37). In una situazione di tal genere, il mero fatto di divulgare informazioni riservate alla Commissione, autorità pubblica soggetta, essa stessa, al rispetto del segreto professionale, non poteva evidentemente configurarsi come una violazione grave e irreparabile del diritto fondamentale invocato.
57. Di conseguenza, essendo soddisfatto il presupposto dell’urgenza per quanto riguarda le informazioni di categoria I e II, occorre esaminare se sussista o meno, a tal proposito, il requisito del fumus boni iuris.
Sul fumus boni iuris
58. Secondo consolidata giurisprudenza, il presupposto del fumus boni iuris è soddisfatto quando almeno uno dei motivi dedotti dalla parte che richiede i provvedimenti provvisori a sostegno del ricorso principale sembra, prima facie, pertinente e, in ogni caso, non privo di serio fondamento, rivelando la sussistenza di questioni giuridiche complesse la cui soluzione non si impone di primo acchito e merita quindi un esame approfondito, che non può essere effettuato dal giudice del procedimento sommario, ma deve costituire oggetto del procedimento principale, oppure quando il contrasto fra le parti rivela l’esistenza di una controversia giuridica importante la cui soluzione non si impone immediatamente (v. ordinanza del presidente del Tribunale del 19 settembre 2012, Grecia/Commissione, T-52/12 R, punto 13, e giurisprudenza ivi citata; v. anche, in tal senso, ordinanza del presidente della Corte dell’8 maggio 2003, Commissione/Artegodan e a., C-39/03 P-R, Racc. pag. I-4485, punto 40).
59. Per quanto riguarda, più in particolare, il contenzioso relativo alla tutela provvisoria di informazioni asseritamente riservate, si deve aggiungere che il giudice del procedimento sommario, salvo ignorare la natura intrinsecamente accessoria e provvisoria del procedimento sommario (v. supra, punti da 29 a 31) nonché il rischio imminente di vanificare i diritti fondamentali invocati dalla parte che ne richiede la tutela provvisoria (v. supra, punti 44 e 45), può concludere, in via di principio, per l’assenza del fumus boni iuris solo nel caso in cui la riservatezza delle informazioni in questione sia manifestamente assente. Ciò accadrebbe, ad esempio, se l’informazione da tutelare comparisse nel bilancio annuale pubblico della ricorrente o in un atto pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea .
60. Nella specie, la ricorrente, con il secondo motivo, dedotto a sostegno del suo ricorso nel procedimento principale, contesta alla Commissione, in particolare, di aver violato l’articolo 339 TFUE nonché l’articolo 28, paragrafo 1, e l’articolo 30, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 nel decidere di pubblicare informazioni che dovrebbero essere considerate segreti commerciali e la cui riservatezza dovrebbe essere per questo tutelata. Peraltro, la Commissione avrebbe erroneamente valutato la questione della sussistenza o meno di motivi imperativi che consentono la divulgazione delle informazioni in questione.
61. La ricorrente sostiene che le informazioni di categoria I e II sono commercialmente sensibili, segrete e sconosciute al pubblico, considerato che la pubblicazione controversa rivelerebbe a clienti, a concorrenti, a fornitori e al pubblico in generale, in una forma consolidata, dettagli relativi ai suoi principali clienti e ai rapporti che essa intrattiene con gli stessi, come la marca e il modello delle automobili per le quali fornisce pezzi di ricambio. Questo tipo di informazioni sarebbe manifestamente sensibile, proprio come le informazioni relative al numero dei pezzi forniti, alla quota di partecipazione di una determinata casa automobilistica nell’attività, ai prezzi, al calcolo dei prezzi, agli sconti speciali, alle percentuali, ecc. Tali informazioni rivelerebbero infatti le pratiche commerciali della ricorrente nei confronti di case automobilistiche che rimangono suoi clienti e potrebbero anche essere utilizzate da altre case automobilistiche nei loro rapporti con la stessa.
62. Dal momento che la Commissione nega la riservatezza delle informazioni controverse in quanto le stesse risalgono a più di cinque anni prima, la ricorrente replica che non esiste alcuna soglia predeterminata quanto al momento in cui le informazioni diventano storiche, poiché il vero carattere storico delle informazioni dipende dalle peculiarità del mercato in questione. Peraltro, nella sentenza del 28 giugno 2012, Commissione/Agrofert Holding (C-477/10 P, punto 67), la Corte avrebbe sottolineato che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, pag. 43), le eccezioni riguardanti gli interessi commerciali o i documenti sensibili possono essere applicate per un periodo di 30 anni e, se necessario, persino oltre tale periodo.
63. La ricorrente precisa che [Riservato] . Di conseguenza, le informazioni di categoria I consolidate non avrebbero perso il loro carattere di riservatezza a causa del tempo trascorso, in quanto la divulgazione di tali informazioni consente ai concorrenti e ai clienti di ottenere un elenco di clienti estremamente dettagliato riguardante la ricorrente e aspetti particolari dei rapporti che la stessa intrattiene con i suoi clienti.
64. Quanto alle informazioni di categoria II, queste resterebbero riservate e commercialmente sensibili in considerazione delle particolari caratteristiche del mercato del vetro destinato al settore auto, nel quale i contratti sarebbero spesso negoziati parecchi anni prima della fabbricazione. Si tratterebbe di contratti a lungo termine e più volte rinnovati, in quanto i fornitori di vetro destinato al settore auto continuano ad approvvigionare le case automobilistiche per varie generazioni di uno stesso modello. Data la struttura del mercato così descritta, le forme di divulgazione proposte determinerebbero una grande trasparenza, il che comporterebbe il rischio di modificare in modo sostanziale le caratteristiche del mercato e di ledere gli interessi della ricorrente. Quest’ultima, infatti [Riservato] . Orbene, tali informazioni conterrebbero dettagli specifici mirati, relativi ai prezzi dei prodotti, che continuerebbero a rilevare ai fini dell’attività commerciale della ricorrente. La loro pubblicazione consentirebbe ai clienti e ai concorrenti di estrapolare gli attuali livelli dei prezzi, condurrebbe alla trasparenza nel mercato in materia di prezzi in generale e pregiudicherebbe così la posizione della ricorrente, in quanto tali informazioni potrebbero essere utilizzate dai suoi clienti nelle negoziazioni e dagli altri operatori per porla in una situazione di svantaggio concorrenziale.
65. In sintesi, la ricorrente addebita alla Commissione il fatto di non aver valutato la questione se le informazioni di categoria I e II, complessivamente considerate, lette non già per passaggi isolati, bensì nel loro insieme, pubblicate in una versione consolidata, accessibile su Internet, rimangano riservate. La pubblicazione di tali informazioni, tutte insieme, le renderebbe estremamente sensibili, in quanto essa fornirebbe al pubblico in generale una conoscenza approfondita, a un livello di precisione assai elevato, dei rapporti commerciali sensibili della ricorrente con la maggior parte dei suoi clienti importanti. Ciò potrebbe anche far aumentare in modo esponenziale e artificiale la trasparenza del mercato del vetro destinato al settore auto, consentendo a ciascun cliente della ricorrente di avere accesso a informazioni sensibili relative ai suoi rapporti commerciali con altri clienti. Tali informazioni diventerebbero anche accessibili ai clienti potenziali e al pubblico in generale, il che rischierebbe di arrecare un grave pregiudizio agli interessi della ricorrente.
66. La Commissione replica, in sostanza, che le richieste di riservatezza presentate dalla ricorrente al consigliere-auditore erano troppo vaghe e generiche per giustificare, fatta eccezione per un numero irrilevante di casi, il trattamento riservato richiesto e che, anche dinanzi al giudice del procedimento sommario, la ricorrente avrebbe omesso di dimostrare, per ogni informazione concreta invocata, che la medesima avrebbe dovuto essere tutelata in quanto segreto commerciale. Inoltre, le informazioni controverse sarebbero state scambiate all’interno del cartello del vetro destinato al settore auto e quindi portate a conoscenza di altre imprese appartenenti a tale cartello. Pertanto, le medesime non potrebbero essere più considerate segrete. In ogni caso, le informazioni in questione risalirebbero a cinque anni prima o più e, per questo, dovrebbero essere considerate storiche, mentre la ricorrente non dimostra, nonostante la loro risalenza nel tempo, che tali informazioni continuano ad essere elementi essenziali della sua posizione commerciale.
67. Al riguardo, si deve rilevare, senza nulla togliere al valore degli argomenti dedotti dalla Commissione, la cui fondatezza sarà esaminata dal giudice di merito, che gli atti di causa non consentono di concludere nel senso dell’assenza manifesta del fumus boni iuris.
68. Da un lato, infatti, la decisione del 2008, pubblicata nella versione non riservata oggetto di controversia, contiene 731 considerando e 882 note a piè di pagina. Come emerge dal punto 6 della decisione impugnata, le richieste di riservatezza presentate dalla ricorrente e relative alle informazioni di categoria I riguardano 270 considerando e 46 note a piè di pagina, mentre quelle relative alle informazioni di categoria II riguardano 64 considerando e 19 note a piè di pagina. Risulta quindi, prima facie, che l’esame della questione se la Commissione sia incorsa in errore nel respingere la maggior parte di tali richieste di riservatezza fa sorgere questioni complesse la cui soluzione merita un esame minuzioso che non può essere effettuato dal giudice del procedimento sommario, ma deve formare oggetto del procedimento principale.
69. Dall’altro, la circostanza che il consigliere-auditore abbia riconosciuto la segretezza di talune informazioni sia di categoria I che di categoria II denota, di per sé, che le informazioni controverse non possono essere qualificate, prima facie, nel loro complesso, per loro stessa natura, come manifestamente prive del requisito della segretezza o della riservatezza. Detto riconoscimento della segretezza di talune informazioni sembra altresì indebolire l’argomento secondo cui le informazioni, per il semplice fatto di essere state scambiate tra i membri del cartello del vetro destinato al settore auto, sarebbero state trasformate in dati generalmente noti in ambienti esterni alla ricorrente. In ogni caso, dato che la Commissione rinvia, in tale contesto, all’ordinanza del presidente della Prima Sezione del Tribunale del 5 agosto 2003, Glaxo Wellcome/Commissione (T-168/01, non pubblicata nella Raccolta, punto 43), e all’ordinanza del presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale dell’8 maggio 2012, Spira/Commissione (T-108/07, punto 52), non sembra che il fatto che la ricorrente abbia comunicato le informazioni controverse ad altri membri del cartello del vetro destinato al settore auto, ma non ai suoi fornitori, ai suoi clienti e a concorrenti diversi dai membri del cartello, debba essere manifestamente interpretato nel senso che tali informazioni sono accessibili, se non al grande pubblico, almeno a taluni ambienti specializzati, ai sensi delle due ordinanze in parola.
70. Inoltre, sebbene la Commissione sostenga che le informazioni controverse risalgono tutte a più di cinque anni prima e hanno quindi perso il loro carattere di segretezza, è pur vero che informazioni relative a un’impresa che risalgono a cinque anni prima o più devono essere considerate, in linea generale, come storiche. Tuttavia, l’interessato può dimostrare che, nonostante la loro risalenza nel tempo, tali informazioni costituiscono ancora elementi essenziali della sua posizione commerciale (v., in tal senso, ordinanza del presidente della Quarta Sezione del Tribunale del 22 febbraio 2005, Hynix Semiconductor/Consiglio, T-383/03, Racc. pag. II-621, punto 60, e giurisprudenza ivi citata). Orbene, non sembra che l’argomento della ricorrente esposto supra, ai punti da 63 a 65, sia, prima facie, del tutto irrilevante ai fini della dimostrazione che le informazioni di categoria I e II sono rimaste per loro stessa natura segrete. Non può nemmeno manifestamente escludersi che l’articolo 4, paragrafo 7, del regolamento n. 1049/2001, secondo cui la riservatezza di interessi commerciali o di documenti sensibili può essere eccezionalmente tutelata per un periodo di 30 anni, e, se necessario, anche oltre tale periodo, sia di natura tale da influire sulla valutazione da effettuare nel caso di specie.
71. Il giudice del procedimento sommario non può quindi escludere, prima facie, che le informazioni controverse siano conosciute soltanto da un numero ristretto di persone e che la loro divulgazione possa causare un danno grave alla ricorrente, ai sensi della sentenza del Tribunale del 30 maggio 2006, Bank Austria Creditanstalt/Commissione (T-198/03, Racc. pag. II-1429, punto 71).
72. Infine, presupponendo che le informazioni controverse possano essere considerate come segreti commerciali della ricorrente, la questione se esse siano oggettivamente degne di protezione richiederà una ponderazione tra l’interesse della ricorrente a che le stesse non siano divulgate e l’interesse generale che impone che le attività delle istituzioni dell’Unione si svolgano nel modo più trasparente possibile (sentenza Bank Austria Creditanstalt/Commissione, cit., punto 71). Orbene, siffatta ponderazione dei diversi interessi in gioco – indipendentemente dal fatto che essa riguardi nel complesso la natura stessa delle informazioni di categoria I e II oppure ciascuno degli oltre 300 considerando e delle oltre 60 note a piè di pagina invocati – richiederà valutazioni delicate che devono essere riservate al giudice di merito. In ogni caso, non emerge dal fascicolo che il risultato di tale ponderazione deporrà manifestamente a favore dell’interesse difeso dalla Commissione.
73. Alla luce delle suesposte considerazioni, è giocoforza constatare che la causa in esame fa sorgere questioni complesse e delicate che non possono essere considerate, prima facie, come manifestamente irrilevanti, ma la cui soluzione merita un esame approfondito nell’ambito del procedimento principale. Si deve quindi riconoscere l’esistenza del fumus boni iuris.
74. Ne consegue che, dal momento che tutti i presupposti sono a tal fine soddisfatti, la domanda di provvedimenti provvisori deve essere accolta per la parte in cui è diretta ad ottenere il divieto di pubblicazione, da parte della Commissione, delle informazioni di categoria I e II e respinta quanto al resto.
(1) .
(1) – Dati riservati occultati.
Per questi motivi,
IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE
così provvede:
1) Le domande di intervento presentate dalla HUK-Coburg, dalla LVM, dalla VHV e dalla Württembergische Gemeinde-Versicherung sono respinte.
2) È sospesa l’esecuzione della decisione C (2012) 5718 def. della Commissione, del 6 agosto 2012, che respinge una domanda di trattamento riservato presentata dal Pilkington Group Ltd, in forza dell’articolo 8 della decisione 2011/695/UE del presidente della Commissione europea, del 13 ottobre 2011, relativa alla funzione e al mandato del consigliere-auditore per taluni procedimenti in materia di concorrenza (Caso COMP/39.125 – Vetro destinato al settore auto), riguardo a due categorie di informazioni, quali menzionate al punto 6 della decisione C (2012) 5718 def., relative, da un lato, ai nomi dei clienti, ai nomi e alle descrizioni dei prodotti, nonché ad altre informazioni che consentono l’identificazione di taluni clienti e, dall’altro, al numero dei pezzi di ricambio forniti dal Pilkington Group, alla quota di partecipazione di una determinata casa automobilistica, al calcolo dei prezzi, alle modifiche dei prezzi, ecc.
3) Si ordina alla Commissione europea di astenersi dal pubblicare una versione della sua decisione C (2008) 6815 def., del 12 novembre 2008, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/39.125 – Vetro destinato al settore auto), che sia più dettagliata, riguardo alle informazioni rientranti nelle due categorie menzionate al precedente punto 2, di quella pubblicata nel febbraio 2010 sul suo sito Internet.
4) Per il resto, la domanda di provvedimenti provvisori è respinta.
5) Le spese sono riservate.
Lussemburgo, 11 marzo 2013