Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo
Nella causa C-320/12,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dallo Højesteret (Danimarca) con decisione 29 giugno 2012, pervenuta in cancelleria il 2 luglio 2012, nel procedimento
Malaysia Dairy Industries Pte. Ltd
contro
Ankenævnet for Patenter og Varemærker ,
LA CORTE (Quinta Sezione),
composta da. T. von Danwitz, presidente di sezione, A. Rosas, E. Juhász, D. Šváby e C. Vajda (relatore), giudici,
avvocato generale: M. Wathelet
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per Malaysia Dairy Industries Pte. Ltd, da J. Glæsel, advokat;
– per Kabushiki Kaisha Yakult Honsha, da C. L. Bardenfleth, advokat;
– per il governo danese, da V. Pasternak Jørgensen, in qualità di agente, assistita da R. Holdgaard, advokat;
– per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. Palatiello, avvocato dello Stato;
– per la Commissione europea, da H. Støvlbæk e F. Bulst, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l'avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della nozione di «malafede» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU L 299, pag. 25).
2. Detta domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone la Malaysia Dairy Industries Pte. Ltd (in prosieguo: la «Malaysia Dairy») all’Ankenævnet for Patenter og Varemærker (commissione di ricorso per i brevetti e i marchi; in prosieguo: la «commissione di ricorso»), in merito alla legittimità di una decisione emessa da quest’ultima di annullare la registrazione di una bottiglia in plastica come marchio, in quanto Malaysia Dairy conosceva il marchio straniero di Kabushiki Kaisha Yakult Honsha (in prosieguo: «Yakult») al momento del deposito della sua domanda di registrazione.
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
3. La prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU L 40, pag. 1), è stata abrogata e codificata dalla direttiva 2008/95, entrata in vigore il 28 novembre 2008.
4. I considerando 2, 4, 6 e 8 della direttiva 2008/95 sono così formulati:
«(2) Le legislazioni che si applicavano ai marchi d’impresa negli Stati membri prima che la direttiva 89/104/CEE entrasse in vigore presentavano disparità in grado di ostacolare la libera circolazione dei prodotti e la libera prestazione dei servizi, nonché di falsare le condizioni di concorrenza nel mercato comune. Era pertanto necessario ravvicinare le legislazioni degli Stati membri per garantire il buon funzionamento del mercato interno.
(...)
(4) Non appare necessario procedere a un ravvicinamento completo delle legislazioni degli Stati membri in tema di marchi di impresa. È sufficiente limitare il ravvicinamento alle disposizioni nazionali che hanno un’incidenza più diretta sul funzionamento del mercato interno.
(...)
(6) Gli Stati membri dovrebbero mantenere inoltre la piena libertà di fissare le disposizioni procedurali relative alla registrazione, alla decadenza o alla nullità dei marchi di impresa acquisiti in seguito a registrazione. Spetta loro, ad esempio, stabilire la forma delle procedure di registrazione e di nullità, decidere se debbano essere fatti valere diritti anteriori nella procedura di registrazione o nella procedura di nullità ovvero in entrambe, o ancora, qualora possano essere fatti valere diritti anteriori nella procedura di registrazione, prevedere una procedura di opposizione o un esame d’ufficio, ovvero entrambi. Gli Stati membri dovrebbero mantenere la facoltà di determinare gli effetti della decadenza o della nullità dei marchi di impresa.
(...)
(8) La realizzazione degli obiettivi perseguiti presuppone che l’acquisizione e la conservazione del diritto sul marchio di impresa registrato siano in linea di massima subordinate, in tutti gli Stati membri, alle stesse condizioni. A tale scopo occorre un elenco esemplificativo di segni in grado di costituire un marchio di impresa, i quali consentano di contraddistinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese. Gli impedimenti alla registrazione o i motivi di nullità dovuti al marchio di impresa stesso, ad esempio l’assenza di carattere distintivo, ovvero inerenti ai conflitti tra il marchio di impresa e i diritti anteriori dovrebbero essere enumerati esaurientemente, anche se per alcuni di essi il recepimento resta facoltativo da parte degli Stati membri, i quali possono quindi introdurli nelle rispettive legislazioni o conservare la propria casistica. Gli Stati membri dovrebbero poter mantenere o introdurre nelle rispettive legislazioni impedimenti alla registrazione o motivi di nullità connessi con condizioni di acquisizione o di conservazione del diritto sul marchio di impresa per le quali non esistono disposizioni di armonizzazione, in materia ad esempio di requisiti di titolarità del marchio di impresa, di rinnovo del marchio, di regime fiscale o di mancata osservanza delle norme procedurali».
5. Sotto il titolo «Altri impedimenti alla registrazione o motivi di nullità relativi ai conflitti con diritti anteriori», l’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95 dispone:
«Uno Stato membro può inoltre disporre che un marchio di impresa sia escluso dalla registrazione o, se registrato, possa essere dichiarato nullo se e nella misura in cui:
(...)
g) il marchio di impresa si presti a essere confuso con un marchio di impresa che è usato in altri Stati al momento della presentazione della domanda e che continua a esservi usato, qualora il richiedente abbia domandato in malafede la registrazione del marchio di impresa».
6. Il testo dell’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95 è identico alla corrispondente disposizione della direttiva 89/104. I considerando 2, 4, 6 e 8 della direttiva 2008/95 corrispondono essenzialmente al considerando 1, 3, 5 e 7 della direttiva 89/104.
Il diritto danese
7. L’articolo 15, paragrafo 3, punto 3, della legge relativa ai marchi, quale figurante nella legge consolidata n. 109 del 24 gennaio 2012 e introdotto nel suo testo attuale dall’articolo 1, punto 3, n. 1201 del 27 dicembre 1996 della legge, dispone:
«Il marchio è escluso inoltre dalla registrazione se:
(...)
3) è identico al marchio o si differenzia in modo irrilevante dal marchio che al momento del deposito o eventualmente al momento della priorità fatta valere a sostegno della richiesta è usato all’estero ed è ivi costantemente usato per merci o servizi di tipo identico o simile a quelli per i quali per il marchio posteriore si chiede la registrazione, e il richiedente al momento della richiesta aveva o avrebbe dovuto avere conoscenza del marchio straniero».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
8. Nel 1965 Yakult ha ottenuto in Giappone la registrazione come disegno o modello di una bottiglia in plastica per una bevanda a base di latte, la quale in seguito è stata registrata come marchio in Giappone e in vari altri paesi, fra cui alcuni Stati membri dell’Unione europea.
9. Malaysia Dairy produce e vende dal 1977 una bevanda a base di latte in una bottiglia in plastica. A seguito di una domanda depositata nel 1980, Malaysia Dairy ha ottenuto la registrazione come marchio della sua bottiglia in plastica simile, in particolare in Malesia.
10. Nel 1993 Malaysia Dairy e Yakult hanno concluso un accordo che fissa i loro diritti e obblighi reciproci per quanto riguarda l’uso e la registrazione delle loro rispettive bottiglie in vari paesi.
11. A seguito di una domanda di registrazione presentata nel 1995, Malaysia Dairy ha ottenuto la registrazione in Danimarca della sua bottiglia in plastica come marchio tridimensionale.
12. Il 16 ottobre 2000 Yakult si è opposta a detta registrazione, invocando il fatto che Malaysia Dairy conosceva o avrebbe dovuto conoscere l’esistenza all’estero di marchi anteriori identici di cui Yakult è titolare in occasione del deposito della sua domanda di registrazione ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, punto 3, della legge relativa ai marchi. Con decisione del 14 giugno 2005, Patent- og Varemærkestyrelsen (ufficio danese dei brevetti e dei marchi) ha respinto la domanda formulata da Yakult, sostenendo in particolare che, dal momento che Malaysia Dairy possedeva un marchio registrato in Malesia di cui essa in seguito ha chiesto la registrazione in Danimarca, la sua malafede non poteva nella fattispecie essere dimostrata soltanto per il fatto che essa, al momento del deposito della sua domanda di registrazione, conosceva il marchio straniero di cui Yakult è titolare.
13. Yakult ha impugnato detta decisione dinanzi alla commissione di ricorso, la quale il 16 ottobre 2006 ha deciso di annullare la registrazione del marchio di cui Malaysia Dairy è titolare. La commissione di ricorso ha ritenuto in particolare che l’articolo 15, paragrafo 3, punto 3, della legge relativa ai marchi dovesse essere interpretato nel senso che la conoscenza effettiva o presunta di un marchio usato all’estero ai sensi di tale disposizione è sufficiente per concludere per la malafede dell’autore della domanda di registrazione di un marchio (in prosieguo: il «richiedente»), anche se si può supporre che questi aveva ottenuto precedentemente una registrazione del marchio richiesto in un altro paese.
14. Malaysia Dairy ha proposto ricorso contro la decisione della commissione di ricorso dinanzi al Sø- og Handelsretten (tribunale marittimo e di commercio), il quale, con sentenza del 22 ottobre 2009, ha confermato la decisione della commissione di ricorso, indicando in particolare che era pacifico che Malaysia Dairy aveva conoscenza del marchio precedente di Yakult in occasione del deposito della sua domanda di registrazione in Danimarca.
15. Il 4 novembre 2009 Malaysia Dairy ha interposto appello avverso detta sentenza dinanzi allo Højesteret.
16. Ad avviso del giudice di rinvio le parti controvertono nel procedimento principale sulla questione se, da un lato, la nozione di «malafede», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95, debba essere interpretata uniformemente nel diritto dell’Unione e, dall’altro, se sia sufficiente, per concludere per la malafede del richiedente ai sensi di detta disposizione, che il richiedente conosceva o avrebbe dovuto conoscere il marchio straniero.
17. In tali circostanze, lo Højesteret ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se la nozione di malafede di cui all’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95 (...) debba essere una nozione il cui contenuto può essere precisato conformemente al diritto interno degli Stati membri o se si tratti di una nozione del diritto dell’Unione che deve essere interpretata uniformemente.
2) Qualora la nozione di malafede di cui all’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95/CE costituisca una nozione di diritto dell’Unione, se detta nozione debba essere interpretata nel senso che può essere sufficiente, per negare la registrazione, che il richiedente, al momento del deposito della domanda, abbia avuto o avrebbe dovuto avere conoscenza del marchio straniero, oppure se si debba inoltre tener conto di elementi soggettivi riguardanti il richiedente.
3) Se uno Stato membro possa decidere di introdurre una tutela speciale dei marchi stranieri che, quanto alla condizione della malafede, si differenzia dall’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95/CE, per esempio richiedendo specificamente che il richiedente abbia avuto o avrebbe dovuto avere conoscenza del marchio straniero».
Sulle questioni pregiudiziali
18. La domanda di pronuncia pregiudiziale si riferisce alla direttiva 2008/95. Tuttavia risulta che una parte dei fatti di cui trattasi nel procedimento principale si colloca prima della data di entrata in vigore della direttiva 2008/95, vale a dire il 28 novembre 2008.
19. La risposta da fornire alle questioni pregiudiziali resterebbe tuttavia la stessa se il procedimento principale rientrasse nell’ambito della direttiva 89/104, poiché l’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), di questa è identico alla corrispondente disposizione della direttiva 2008/95 e il contenuto dei pertinenti considerando delle suddette due direttive è sostanzialmente lo stesso.
Sulla prima questione
20. Con la prima questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se la nozione di «malafede», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95, sia una nozione del diritto dell’Unione che dev’essere interpretata uniformemente.
21. Nelle loro osservazioni Malaysia Dairy, il governo italiano e la Commissione europea ritengono che si tratti di una nozione autonoma del diritto dell’Unione che, nei vari atti di detto diritto aventi ad oggetto i marchi, dev’essere interpretata uniformemente.
22. Yakult e il governo danese considerano che, trattandosi di una nozione che non è definita precisamente dalla direttiva 2008/95, gli Stati membri, in via di principio, sono autorizzati a precisarne il contenuto, nel rispetto degli obiettivi di tale direttiva e conformemente al principio di proporzionalità.
23. Occorre anzitutto ricordare che la direttiva 2008/95, ai suoi articoli 3 e 4, elenca motivi, assoluti o relativi, in base ai quali si può negare ad un marchio la registrazione o, se il marchio viene registrato, lo stesso può essere dichiarato nullo. Fra tali motivi alcuni sono elencati a titolo facoltativo per gli Stati membri, i quali, come si è ricordato al considerando 8 della direttiva 2008/95, «potranno quindi introdurli nelle rispettive legislazioni o conservare la propria casistica».
24. L’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95 contiene siffatto motivo facoltativo di impedimento o di nullità.
25. Secondo giurisprudenza costante, dagli imperativi tanto dell’applicazione uniforme del diritto comunitario quanto del principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione del diritto dell’Unione che non contiene alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata devono di norma essere oggetto nell’intera Unione di un’interpretazione autonoma e uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e della finalità perseguita dalla normativa di cui trattasi (v., in particolare, sentenza del 22 settembre 2011, Budějovický Budvar, C-482/09, Racc. pag. I-8701, punto 29).
26. È pacifico che il testo dell’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95 non contiene alcuna definizione della nozione di «malafede», la quale non è neanche definita negli altri articoli di tale direttiva. Inoltre, questa disposizione non effettua alcun espresso rinvio al diritto degli Stati membri per quanto concerne tale nozione. Pertanto, il senso e la portata di detta nozione devono essere determinati riguardo al contesto in cui rientra la disposizione considerata della direttiva 2008/95 e all’obiettivo perseguito da quest’ultima.
27. Per quanto concerne l’oggetto e lo scopo della direttiva 2008/95, anche se, a tenore del considerando 4 di tale direttiva, non appare necessario procedere ad un ravvicinamento completo delle legislazioni degli Stati membri in tema di marchi di impresa, è pur vero che tale direttiva contiene un’armonizzazione relativa a norme sostanziali che rivestono un’importanza fondamentale in materia, vale a dire, secondo lo stesso considerando, norme relative a disposizioni nazionali che hanno un’incidenza più diretta sul funzionamento del mercato interno, e che detto considerando non esclude che l’armonizzazione relativa a dette norme sia completa (v., in questo senso, sentenze del 16 luglio 2008, Silhouette International Schmied, C 355/396, Racc. pag. I-4799, punto 23, e Budějovický Budvar, cit., punto 30).
28. Va aggiunto che il carattere facoltativo di una disposizione della direttiva 2008/95 non incide sulla questione se si debba effettuare un’interpretazione uniforme dei termini di tale disposizione (v., in questo senso, sentenza del 23 ottobre 2003, Adidas-Salomon e Adidas Benelux, C-408/01, Racc. pag. I-12537, punti da 18 a 21).
29. In base alle precedenti considerazioni si deve rispondere alla prima questione che l’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95 deve essere interpretato nel senso che la nozione di «malafede», ai sensi di tale disposizione, costituisce una nozione autonoma del diritto dell’Unione che deve essere interpretata uniformemente nell’Unione.
Sulla seconda questione
30. Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, in caso di risposta affermativa alla prima questione, se la conoscenza o la presupposizione di conoscenza da parte del richiedente di un marchio utilizzato all’estero al momento del deposito della sua domanda, che può essere confuso con il marchio di cui si chiede la registrazione, sia sufficiente per concludere per la malafede di detto richiedente o se si debba tener conto di altri elementi soggettivi concernenti il richiedente.
31. Nelle loro osservazioni, Malaysia Dairy, il governo italiano e la Commissione considerano, alla luce della giurisprudenza della Corte che interpreta questa nozione nell’ambito del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), che occorre effettuare una valutazione complessiva di tutte le circostanze della causa, basandosi non soltanto sulla conoscenza oggettiva di un marchio straniero da parte del richiedente, ma anche sull’intenzione soggettiva di quest’ultimo al momento del deposito della sua domanda.
32. Il governo danese e Yakult sostengono che la nozione di malafede quale interpretata dalla Corte nell’ambito del regolamento n. 40/94 non può essere applicata alla direttiva 2008/95. Essi ritengono che la nozione di «malafede», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95, vada intesa nel senso che il fatto che al momento del deposito della sua domanda il richiedente conosceva o avrebbe dovuto conoscere il marchio straniero può essere sufficiente per concludere per la malafede del richiedente. Essi ritengono che la necessità di prevedibilità del diritto e di una buona gestione amministrativa militino a favore di siffatta interpretazione.
33. Secondo la giurisprudenza della Corte, il regime comunitario dei marchi rappresenta un sistema autonomo, costituito da un insieme di norme e che persegue obiettivi ad esso specifici, la cui applicazione resta indipendente da qualsiasi sistema nazionale (v. sentenza Budějovický Budvar, cit., punto 36 e giurisprudenza ivi citata).
34. Va constatato che la nozione di «malafede» figura all’articolo 51, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 40/94, ai termini del quale la nullità del marchio comunitario è dichiarata «allorché al momento del deposito della domanda di marchio il richiedente abbia agito in malafede». Tale disposizione è stata riprodotta in modo identico dall’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1), che ha abrogato e sostituito il regolamento (CE) n. 40/94.
35. Il regolamento n. 207/2009, che completa la legislazione dell’Unione in materia di marchi stabilendo un regime comunitario dei marchi, persegue lo stesso obiettivo della direttiva 2008/95, vale a dire l’istituzione e il funzionamento del mercato interno. Tenuto conto della necessità di un’interazione armonizzata dei due sistemi di marchi comunitari e nazionali, si deve interpretare la nozione di «malafede» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95 come nell’ambito del regolamento n. 207/2009. Siffatto approccio garantisce un’applicazione coerente delle varie norme che, nell’ordinamento giuridico dell’Unione, riguardano i marchi.
36. Discende dalla giurisprudenza che interpreta tale nozione nell’ambito di detto regolamento che l’esistenza della malafede dev’essere valutata complessivamente, tenuto conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie esistenti al momento del deposito della domanda di registrazione, quali, fra gli altri, il fatto che il richiedente sapeva o avrebbe dovuto sapere che un terzo utilizzava un segno identico o simile per un prodotto identico o simile. Tuttavia, il fatto che il richiedente sappia o debba sapere che un terzo utilizza siffatto segno non è sufficiente, di per sé, a provare la malafede di detto richiedente. Occorre prendere in considerazione inoltre l’intenzione del richiedente al momento del deposito della domanda di registrazione di un marchio, elemento soggettivo che dev’essere determinato con riferimento alle circostanze oggettive del caso di specie (v., in questo senso, sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli Lindt, C-529/07, Racc. pag. I-4893, punti 37 e da 40 a 42).
37. Alla luce delle precedenti considerazioni, si deve rispondere alla seconda questione che l’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95 dev’essere interpretato nel senso che, per provare la malafede del richiedente ai sensi di detta disposizione, occorre prendere in considerazione tutti i fattori pertinenti propri del caso di specie ed esistenti al momento del deposito della domanda di registrazione. Il fatto che il richiedente sappia o debba sapere che un terzo, al momento del deposito della sua domanda, utilizza un marchio all’estero che può essere confuso con il marchio di cui si chiede la registrazione non è sufficiente, di per sé, a provare l’esistenza, ai sensi di detta disposizione, della malafede del richiedente.
Sulla terza questione
38. Con la terza questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95 debba essere interpretato nel senso che consente agli Stati membri di istituire una tutela particolare dei marchi stranieri, basata sul fatto che il richiedente conosceva o avrebbe dovuto conoscere un marchio straniero.
39. Malaysia Dairy, il governo italiano e la Commissione considerano che la discrezionalità degli Stati membri nell’attuazione dei motivi di impedimento o di nullità elencati a titolo facoltativo all’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2008/95 è limitata a mantenere o a introdurre nelle loro rispettive legislazioni i motivi in questione e non consente loro di aggiungere ulteriori motivi.
40. Yakult e il governo danese hanno sostenuto invece che, poiché le disposizioni nazionali nella materia oggetto dell’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95 non hanno l’incidenza più diretta sul mercato interno, tale disposizione non può essere considerata nel senso di disporre un’armonizzazione completa.
41. Occorre rilevare che, anche se i motivi di cui all’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2008/95 sono elencati dal legislatore dell’Unione a titolo facoltativo, è pur vero che la discrezionalità conferita allo Stato membro è limitata a stabilire o meno tale motivo, quale specificatamente delimitato dal legislatore, nel proprio diritto nazionale (v., per analogia, quanto all’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 89/104, sentenza Adidas-Salomon e Adidas Benelux, cit., punti da 18 a 20).
42. La direttiva 2008/95 vieta agli Stati membri di introdurre motivi di impedimento o di nullità diversi da quelli figuranti nella detta direttiva, il che è confermato dal considerando 8 della stessa, a tenore del quale gli impedimenti alla registrazione o i motivi di nullità dovuti al marchio d’impresa stesso, ad esempio inerenti ai conflitti tra il marchio d’impresa e i diritti anteriori, devono essere elencati esaurientemente, anche se per alcuni di essi il recepimento resta facoltativo da parte degli Stati membri, i quali potranno quindi mantenere o introdurre nelle rispettive legislazioni i motivi in questione.
43. Occorre pertanto rispondere alla terza questione che l’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95 deve essere interpretato nel senso che non consente agli Stati membri di istituire un regime di tutela particolare dei marchi stranieri diverso da quello stabilito da detta disposizione e basato sul fatto che il richiedente conosceva o avrebbe dovuto conoscere un marchio straniero.
Sulle spese
44. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:
1) L’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi di impresa, deve essere interpretato nel senso che la nozione di «malafede» ai sensi di tale disposizione costituisce una nozione autonoma del diritto dell’Unione che deve essere interpretata uniformemente nell’Unione europea.
2) L’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95 deve essere interpretato nel senso che, per provare la malafede dell’autore della domanda di registrazione di un marchio ai sensi di tale disposizione, occorre prendere in considerazione tutti i fattori pertinenti propri del caso di specie ed esistenti al momento del deposito della domanda di registrazione. Il fatto che l’autore della domanda sappia o debba sapere che un terzo, al momento del deposito della sua domanda, utilizza un marchio all’estero che può essere confuso con il marchio di cui si chiede la registrazione non è sufficiente, di per sé, a provare l’esistenza, ai sensi di detta disposizione, della malafede dell’autore della domanda.
3) L’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95 deve essere interpretato nel senso che non consente agli Stati membri di istituire un regime di tutela particolare dei marchi stranieri diverso da quello stabilito da detta disposizione e basato sul fatto che l’autore della domanda di registrazione di un marchio conosceva o avrebbe dovuto conoscere un marchio straniero.
SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)
27 giugno 2013 ( *1 )
«Ravvicinamento delle legislazioni — Direttiva 2008/95/CE — Articolo 4, paragrafo 4, lettera g) — Marchi — Condizione di acquisizione e di conservazione di un marchio — Diniego di registrazione o nullità — Nozione di “malafede” del richiedente — Conoscenza da parte del richiedente dell’esistenza di un marchio straniero»
Nella causa C-320/12,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Højesteret (Danimarca) con decisione 29 giugno 2012, pervenuta in cancelleria il 2 luglio 2012, nel procedimento
Malaysia Dairy Industries Pte. Ltd
contro
Ankenævnet for Patenter og Varemærker,
LA CORTE (Quinta Sezione),
composta da. T. von Danwitz, presidente di sezione, A. Rosas, E. Juhász, D. Šváby e C. Vajda (relatore), giudici,
avvocato generale: M. Wathelet
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
— |
per Malaysia Dairy Industries Pte. Ltd, da J. Glæsel, advokat; |
— |
per Kabushiki Kaisha Yakult Honsha, da C. L. Bardenfleth, advokat; |
— |
per il governo danese, da V. Pasternak Jørgensen, in qualità di agente, assistita da R. Holdgaard, advokat; |
— |
per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. Palatiello, avvocato dello Stato; |
— |
per la Commissione europea, da H. Støvlbæk e F. Bulst, in qualità di agenti, |
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 |
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della nozione di «malafede» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU L 299, pag. 25). |
2 |
Detta domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone la Malaysia Dairy Industries Pte. Ltd (in prosieguo: la «Malaysia Dairy») all’Ankenævnet for Patenter og Varemærker (commissione di ricorso per i brevetti e i marchi; in prosieguo: la «commissione di ricorso»), in merito alla legittimità di una decisione emessa da quest’ultima di annullare la registrazione di una bottiglia in plastica come marchio, in quanto Malaysia Dairy conosceva il marchio straniero di Kabushiki Kaisha Yakult Honsha (in prosieguo: «Yakult») al momento del deposito della sua domanda di registrazione. |
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
3 |
La prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU L 40, pag. 1), è stata abrogata e codificata dalla direttiva 2008/95, entrata in vigore il 28 novembre 2008. |
4 |
I considerando 2, 4, 6 e 8 della direttiva 2008/95 sono così formulati:
(...)
(...)
(...)
|
5 |
Sotto il titolo «Altri impedimenti alla registrazione o motivi di nullità relativi ai conflitti con diritti anteriori», l’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95 dispone: «Uno Stato membro può inoltre disporre che un marchio di impresa sia escluso dalla registrazione o, se registrato, possa essere dichiarato nullo se e nella misura in cui: (...)
|
6 |
Il testo dell’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95 è identico alla corrispondente disposizione della direttiva 89/104. I considerando 2, 4, 6 e 8 della direttiva 2008/95 corrispondono essenzialmente al considerando 1, 3, 5 e 7 della direttiva 89/104. |
Il diritto danese
7 |
L’articolo 15, paragrafo 3, punto 3, della legge relativa ai marchi, quale figurante nella legge consolidata n. 109 del 24 gennaio 2012 e introdotto nel suo testo attuale dall’articolo 1, punto 3, n. 1201 del 27 dicembre 1996 della legge, dispone: «Il marchio è escluso inoltre dalla registrazione se: (...)
|
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
8 |
Nel 1965 Yakult ha ottenuto in Giappone la registrazione come disegno o modello di una bottiglia in plastica per una bevanda a base di latte, la quale in seguito è stata registrata come marchio in Giappone e in vari altri paesi, fra cui alcuni Stati membri dell’Unione europea. |
9 |
Malaysia Dairy produce e vende dal 1977 una bevanda a base di latte in una bottiglia in plastica. A seguito di una domanda depositata nel 1980, Malaysia Dairy ha ottenuto la registrazione come marchio della sua bottiglia in plastica simile, in particolare in Malesia. |
10 |
Nel 1993 Malaysia Dairy e Yakult hanno concluso un accordo che fissa i loro diritti e obblighi reciproci per quanto riguarda l’uso e la registrazione delle loro rispettive bottiglie in vari paesi. |
11 |
A seguito di una domanda di registrazione presentata nel 1995, Malaysia Dairy ha ottenuto la registrazione in Danimarca della sua bottiglia in plastica come marchio tridimensionale. |
12 |
Il 16 ottobre 2000 Yakult si è opposta a detta registrazione, invocando il fatto che Malaysia Dairy conosceva o avrebbe dovuto conoscere l’esistenza all’estero di marchi anteriori identici di cui Yakult è titolare in occasione del deposito della sua domanda di registrazione ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, punto 3, della legge relativa ai marchi. Con decisione del 14 giugno 2005, Patent- og Varemærkestyrelsen (ufficio danese dei brevetti e dei marchi) ha respinto la domanda formulata da Yakult, sostenendo in particolare che, dal momento che Malaysia Dairy possedeva un marchio registrato in Malesia di cui essa in seguito ha chiesto la registrazione in Danimarca, la sua malafede non poteva nella fattispecie essere dimostrata soltanto per il fatto che essa, al momento del deposito della sua domanda di registrazione, conosceva il marchio straniero di cui Yakult è titolare. |
13 |
Yakult ha impugnato detta decisione dinanzi alla commissione di ricorso, la quale il 16 ottobre 2006 ha deciso di annullare la registrazione del marchio di cui Malaysia Dairy è titolare. La commissione di ricorso ha ritenuto in particolare che l’articolo 15, paragrafo 3, punto 3, della legge relativa ai marchi dovesse essere interpretato nel senso che la conoscenza effettiva o presunta di un marchio usato all’estero ai sensi di tale disposizione è sufficiente per concludere per la malafede dell’autore della domanda di registrazione di un marchio (in prosieguo: il «richiedente»), anche se si può supporre che questi aveva ottenuto precedentemente una registrazione del marchio richiesto in un altro paese. |
14 |
Malaysia Dairy ha proposto ricorso contro la decisione della commissione di ricorso dinanzi al Sø- og Handelsretten (tribunale marittimo e di commercio), il quale, con sentenza del 22 ottobre 2009, ha confermato la decisione della commissione di ricorso, indicando in particolare che era pacifico che Malaysia Dairy aveva conoscenza del marchio precedente di Yakult in occasione del deposito della sua domanda di registrazione in Danimarca. |
15 |
Il 4 novembre 2009 Malaysia Dairy ha interposto appello avverso detta sentenza dinanzi allo Højesteret. |
16 |
Ad avviso del giudice di rinvio le parti controvertono nel procedimento principale sulla questione se, da un lato, la nozione di «malafede», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95, debba essere interpretata uniformemente nel diritto dell’Unione e, dall’altro, se sia sufficiente, per concludere per la malafede del richiedente ai sensi di detta disposizione, che il richiedente conosceva o avrebbe dovuto conoscere il marchio straniero. |
17 |
In tali circostanze, lo Højesteret ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
|
Sulle questioni pregiudiziali
18 |
La domanda di pronuncia pregiudiziale si riferisce alla direttiva 2008/95. Tuttavia risulta che una parte dei fatti di cui trattasi nel procedimento principale si colloca prima della data di entrata in vigore della direttiva 2008/95, vale a dire il 28 novembre 2008. |
19 |
La risposta da fornire alle questioni pregiudiziali resterebbe tuttavia la stessa se il procedimento principale rientrasse nell’ambito della direttiva 89/104, poiché l’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), di questa è identico alla corrispondente disposizione della direttiva 2008/95 e il contenuto dei pertinenti considerando delle suddette due direttive è sostanzialmente lo stesso. |
Sulla prima questione
20 |
Con la prima questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se la nozione di «malafede», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95, sia una nozione del diritto dell’Unione che dev’essere interpretata uniformemente. |
21 |
Nelle loro osservazioni Malaysia Dairy, il governo italiano e la Commissione europea ritengono che si tratti di una nozione autonoma del diritto dell’Unione che, nei vari atti di detto diritto aventi ad oggetto i marchi, dev’essere interpretata uniformemente. |
22 |
Yakult e il governo danese considerano che, trattandosi di una nozione che non è definita precisamente dalla direttiva 2008/95, gli Stati membri, in via di principio, sono autorizzati a precisarne il contenuto, nel rispetto degli obiettivi di tale direttiva e conformemente al principio di proporzionalità. |
23 |
Occorre anzitutto ricordare che la direttiva 2008/95, ai suoi articoli 3 e 4, elenca motivi, assoluti o relativi, in base ai quali si può negare ad un marchio la registrazione o, se il marchio viene registrato, lo stesso può essere dichiarato nullo. Fra tali motivi alcuni sono elencati a titolo facoltativo per gli Stati membri, i quali, come si è ricordato al considerando 8 della direttiva 2008/95, «potranno quindi introdurli nelle rispettive legislazioni o conservare la propria casistica». |
24 |
L’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95 contiene siffatto motivo facoltativo di impedimento o di nullità. |
25 |
Secondo giurisprudenza costante, dagli imperativi tanto dell’applicazione uniforme del diritto comunitario quanto del principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione del diritto dell’Unione che non contiene alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata devono di norma essere oggetto nell’intera Unione di un’interpretazione autonoma e uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e della finalità perseguita dalla normativa di cui trattasi (v., in particolare, sentenza del 22 settembre 2011, Budějovický Budvar, C-482/09, Racc. pag. I-8701, punto 29). |
26 |
È pacifico che il testo dell’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95 non contiene alcuna definizione della nozione di «malafede», la quale non è neanche definita negli altri articoli di tale direttiva. Inoltre, questa disposizione non effettua alcun espresso rinvio al diritto degli Stati membri per quanto concerne tale nozione. Pertanto, il senso e la portata di detta nozione devono essere determinati riguardo al contesto in cui rientra la disposizione considerata della direttiva 2008/95 e all’obiettivo perseguito da quest’ultima. |
27 |
Per quanto concerne l’oggetto e lo scopo della direttiva 2008/95, anche se, a tenore del considerando 4 di tale direttiva, non appare necessario procedere ad un ravvicinamento completo delle legislazioni degli Stati membri in tema di marchi di impresa, è pur vero che tale direttiva contiene un’armonizzazione relativa a norme sostanziali che rivestono un’importanza fondamentale in materia, vale a dire, secondo lo stesso considerando, norme relative a disposizioni nazionali che hanno un’incidenza più diretta sul funzionamento del mercato interno, e che detto considerando non esclude che l’armonizzazione relativa a dette norme sia completa (v., in questo senso, sentenze del 16 luglio 2008, Silhouette International Schmied, C 355/396, Racc. pag. I-4799, punto 23, e Budějovický Budvar, cit., punto 30). |
28 |
Va aggiunto che il carattere facoltativo di una disposizione della direttiva 2008/95 non incide sulla questione se si debba effettuare un’interpretazione uniforme dei termini di tale disposizione (v., in questo senso, sentenza del 23 ottobre 2003, Adidas-Salomon e Adidas Benelux, C-408/01, Racc. pag. I-12537, punti da 18 a 21). |
29 |
In base alle precedenti considerazioni si deve rispondere alla prima questione che l’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95 deve essere interpretato nel senso che la nozione di «malafede», ai sensi di tale disposizione, costituisce una nozione autonoma del diritto dell’Unione che deve essere interpretata uniformemente nell’Unione. |
Sulla seconda questione
30 |
Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, in caso di risposta affermativa alla prima questione, se la conoscenza o la presupposizione di conoscenza da parte del richiedente di un marchio utilizzato all’estero al momento del deposito della sua domanda, che può essere confuso con il marchio di cui si chiede la registrazione, sia sufficiente per concludere per la malafede di detto richiedente o se si debba tener conto di altri elementi soggettivi concernenti il richiedente. |
31 |
Nelle loro osservazioni, Malaysia Dairy, il governo italiano e la Commissione considerano, alla luce della giurisprudenza della Corte che interpreta questa nozione nell’ambito del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), che occorre effettuare una valutazione complessiva di tutte le circostanze della causa, basandosi non soltanto sulla conoscenza oggettiva di un marchio straniero da parte del richiedente, ma anche sull’intenzione soggettiva di quest’ultimo al momento del deposito della sua domanda. |
32 |
Il governo danese e Yakult sostengono che la nozione di malafede quale interpretata dalla Corte nell’ambito del regolamento n. 40/94 non può essere applicata alla direttiva 2008/95. Essi ritengono che la nozione di «malafede», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95, vada intesa nel senso che il fatto che al momento del deposito della sua domanda il richiedente conosceva o avrebbe dovuto conoscere il marchio straniero può essere sufficiente per concludere per la malafede del richiedente. Essi ritengono che la necessità di prevedibilità del diritto e di una buona gestione amministrativa militino a favore di siffatta interpretazione. |
33 |
Secondo la giurisprudenza della Corte, il regime comunitario dei marchi rappresenta un sistema autonomo, costituito da un insieme di norme e che persegue obiettivi ad esso specifici, la cui applicazione resta indipendente da qualsiasi sistema nazionale (v. sentenza Budějovický Budvar, cit., punto 36 e giurisprudenza ivi citata). |
34 |
Va constatato che la nozione di «malafede» figura all’articolo 51, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 40/94, ai termini del quale la nullità del marchio comunitario è dichiarata «allorché al momento del deposito della domanda di marchio il richiedente abbia agito in malafede». Tale disposizione è stata riprodotta in modo identico dall’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1), che ha abrogato e sostituito il regolamento (CE) n. 40/94. |
35 |
Il regolamento n. 207/2009, che completa la legislazione dell’Unione in materia di marchi stabilendo un regime comunitario dei marchi, persegue lo stesso obiettivo della direttiva 2008/95, vale a dire l’istituzione e il funzionamento del mercato interno. Tenuto conto della necessità di un’interazione armonizzata dei due sistemi di marchi comunitari e nazionali, si deve interpretare la nozione di «malafede» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95 come nell’ambito del regolamento n. 207/2009. Siffatto approccio garantisce un’applicazione coerente delle varie norme che, nell’ordinamento giuridico dell’Unione, riguardano i marchi. |
36 |
Discende dalla giurisprudenza che interpreta tale nozione nell’ambito di detto regolamento che l’esistenza della malafede dev’essere valutata complessivamente, tenuto conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie esistenti al momento del deposito della domanda di registrazione, quali, fra gli altri, il fatto che il richiedente sapeva o avrebbe dovuto sapere che un terzo utilizzava un segno identico o simile per un prodotto identico o simile. Tuttavia, il fatto che il richiedente sappia o debba sapere che un terzo utilizza siffatto segno non è sufficiente, di per sé, a provare la malafede di detto richiedente. Occorre prendere in considerazione inoltre l’intenzione del richiedente al momento del deposito della domanda di registrazione di un marchio, elemento soggettivo che dev’essere determinato con riferimento alle circostanze oggettive del caso di specie (v., in questo senso, sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli Lindt, C-529/07, Racc. pag. I-4893, punti 37 e da 40 a 42). |
37 |
Alla luce delle precedenti considerazioni, si deve rispondere alla seconda questione che l’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95 dev’essere interpretato nel senso che, per provare la malafede del richiedente ai sensi di detta disposizione, occorre prendere in considerazione tutti i fattori pertinenti propri del caso di specie ed esistenti al momento del deposito della domanda di registrazione. Il fatto che il richiedente sappia o debba sapere che un terzo, al momento del deposito della sua domanda, utilizza un marchio all’estero che può essere confuso con il marchio di cui si chiede la registrazione non è sufficiente, di per sé, a provare l’esistenza, ai sensi di detta disposizione, della malafede del richiedente. |
Sulla terza questione
38 |
Con la terza questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95 debba essere interpretato nel senso che consente agli Stati membri di istituire una tutela particolare dei marchi stranieri, basata sul fatto che il richiedente conosceva o avrebbe dovuto conoscere un marchio straniero. |
39 |
Malaysia Dairy, il governo italiano e la Commissione considerano che la discrezionalità degli Stati membri nell’attuazione dei motivi di impedimento o di nullità elencati a titolo facoltativo all’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2008/95 è limitata a mantenere o a introdurre nelle loro rispettive legislazioni i motivi in questione e non consente loro di aggiungere ulteriori motivi. |
40 |
Yakult e il governo danese hanno sostenuto invece che, poiché le disposizioni nazionali nella materia oggetto dell’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95 non hanno l’incidenza più diretta sul mercato interno, tale disposizione non può essere considerata nel senso di disporre un’armonizzazione completa. |
41 |
Occorre rilevare che, anche se i motivi di cui all’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2008/95 sono elencati dal legislatore dell’Unione a titolo facoltativo, è pur vero che la discrezionalità conferita allo Stato membro è limitata a stabilire o meno tale motivo, quale specificatamente delimitato dal legislatore, nel proprio diritto nazionale (v., per analogia, quanto all’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 89/104, sentenza Adidas-Salomon e Adidas Benelux, cit., punti da 18 a 20). |
42 |
La direttiva 2008/95 vieta agli Stati membri di introdurre motivi di impedimento o di nullità diversi da quelli figuranti nella detta direttiva, il che è confermato dal considerando 8 della stessa, a tenore del quale gli impedimenti alla registrazione o i motivi di nullità dovuti al marchio d’impresa stesso, ad esempio inerenti ai conflitti tra il marchio d’impresa e i diritti anteriori, devono essere elencati esaurientemente, anche se per alcuni di essi il recepimento resta facoltativo da parte degli Stati membri, i quali potranno quindi mantenere o introdurre nelle rispettive legislazioni i motivi in questione. |
43 |
Occorre pertanto rispondere alla terza questione che l’articolo 4, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2008/95 deve essere interpretato nel senso che non consente agli Stati membri di istituire un regime di tutela particolare dei marchi stranieri diverso da quello stabilito da detta disposizione e basato sul fatto che il richiedente conosceva o avrebbe dovuto conoscere un marchio straniero. |
Sulle spese
44 |
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara: |
|
|
|
Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il danese.