SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)

17 ottobre 2013 ( *1 )

«Diritto dei brevetti — Prodotti fitosanitari — Certificato protettivo complementare — Regolamento (CE) n. 1610/96 — Direttiva 91/414/CEE — Autorizzazione di immissione in commercio d’emergenza ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, di tale direttiva»

Nella causa C‑210/12,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundespatentgericht (Germania) con decisione del 23 febbraio 2012, pervenuta in cancelleria il 3 maggio 2012, nel procedimento

Sumitomo Chemical Co. Ltd

contro

Deutsches Patent- und Markenamt,

LA CORTE (Ottava Sezione),

composta da C.G. Fernlund (relatore), presidente dell’Ottava Sezione, facente funzione di presidente di sezione, A. Ó Caoimh e E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: E. Sharpston

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da S. Varone, avvocato dello Stato;

per la Commissione europea, da F.W. Bulst e P. Ondrůšek, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 3, paragrafo 1, lettera b), e 7, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1610/96 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 1996, sull’istituzione di un certificato protettivo complementare per i prodotti fitosanitari (GU L 198, pag. 30).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Sumitomo Chemical Co. Ltd (in prosieguo: la «Sumitomo») e il Deutsches Patent- und Markenamt (Ufficio tedesco dei brevetti e dei marchi) in merito alla validità della decisione del 20 gennaio 2006 con la quale tale ufficio ha rifiutato di concedere alla Sumitomo un certificato protettivo complementare.

Contesto normativo

La direttiva 91/414/CEE

3

La direttiva 91/414/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (GU L 230, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2005/58/CE della Commissione, del 21 settembre 2005 (GU L 246, pag. 17; in prosieguo: la «direttiva 91/414»), ai considerando 9 e 14 così prevede:

«considerando che le condizioni di autorizzazione debbono garantire un elevato livello di protezione onde evitare soprattutto che vengano autorizzati prodotti fitosanitari i cui rischi per la salute, le acque sotterranee e l’ambiente non siano stati adeguatamente studiati; che la protezione della salute dell’uomo e degli animali e la protezione dell’ambiente sono prioritarie rispetto all’obiettivo di migliorare la produzione vegetale;

(...)

considerando che la procedura comunitaria non dovrebbe impedire ad uno Stato membro di autorizzare, per un periodo di tempo limitato, l’utilizzazione nel suo territorio dei prodotti fitosanitari contenenti una sostanza attiva non ancora iscritta nell’elenco comunitario, sempreché l’interessato abbia presentato la documentazione conforme ai requisiti comunitari e lo Stato membro interessato sia giunto alla conclusione che la sostanza attiva ed i prodotti fitosanitari rispondono presumibilmente alle condizioni comunitarie fissate in materia».

4

Secondo l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 91/414, un prodotto fitosanitario può essere immesso in commercio e utilizzato in uno Stato membro soltanto se è stato autorizzato dalle autorità statali competenti, conformemente alle disposizioni di tale direttiva.

5

L’articolo 4 della richiamata direttiva così recita:

«1.   Gli Stati membri prescrivono che un prodotto fitosanitario possa essere autorizzato soltanto se:

a)

le sue sostanze attive sono elencate nell’allegato I e sono soddisfatte le condizioni ivi stabilite e, per quanto concerne le lettere b), c), d), ed e) seguenti, in applicazione dei principi uniformi di cui all’allegato VI;

b)

è accertato, alla luce delle attuali conoscenze scientifiche e tecniche, e dimostrato dalla valutazione del fascicolo di cui all’allegato III, che se è utilizzato in conformità dell’articolo 3, paragrafo 3 e tenuto conto di tutte le condizioni normali d’impiego e delle conseguenze del suo uso, tale prodotto:

i)

è sufficientemente efficace,

ii)

non ha effetti inaccettabili sui vegetali o sui prodotti vegetali,

iii)

non provoca sofferenze e dolori inaccettabili ai vertebrati da combattere,

iv)

non ha effetti nocivi, in maniera diretta o indiretta, sulla salute dell’uomo o degli animali (ad esempio attraverso l’acqua potabile, il cibo o i mangimi) o sulle acque sotterranee;

v)

non ha nessun influsso inaccettabile sull’ambiente, per quanto riguarda, in particolare:

il suo destino e la distribuzione nell’ambiente, con riferimento particolare alla contaminazione delle acque, ivi comprese quelle potabili e sotterranee,

l’impatto sulle specie non bersaglio;

c)

la natura e la quantità delle sostanze attive in esso contenute e, se del caso, delle sue impurezze e degli altri componenti significativi dal punto di vista tossicologico ed ecotossicologico possono essere determinate con metodi adeguati, armonizzati secondo la procedura prevista all’articolo 21 o, in caso contrario, riconosciuti dalle autorità incaricate del rilascio dell’autorizzazione;

d)

i suoi residui, provenienti da un impiego autorizzato e che assumono un significato tossicologico o ambientale, possono essere determinati con metodi adeguati di uso corrente;

e)

le sue proprietà fisico-chimiche sono state determinate e giudicate accettabili per garantire una utilizzazione e un magazzinaggio adeguati;

f)

ove opportuno, i livelli massimi di residui (LMR) per i prodotti agricoli interessati dall’uso di cui all’autorizzazione sono fissati o modificati a norma del regolamento (CE) n. 396/2005 (…).

2.   L’autorizzazione deve precisare i requisiti di commercializzazione ed uso del prodotto e almeno quelli necessari per essere in regola con le disposizioni del paragrafo 1, lettera b).

3.   Gli Stati membri provvedono affinché la conformità alle esigenze di cui al paragrafo 1, dalla lettera b) alla lettera f), sia accertata mediante prove e controlli ufficiali o ufficialmente riconosciuti, condotti in condizioni agricole, fitosanitarie e ambientali che siano adeguate all’impiego del prodotto fitosanitario in questione e rappresentative delle condizioni che ricorrono nei luoghi in cui il prodotto stesso dovrà essere utilizzato nel territorio dello Stato membro interessato.

4.   Fatte salve le disposizioni dei paragrafi 5 e 6, tali autorizzazioni sono concesse solo per una durata determinata non superiore a 10 anni, stabilita dagli Stati membri; esse possono essere rinnovate dopo aver verificato che le condizioni di cui al paragrafo 1 continuano ad essere soddisfatte. I rinnovi possono essere accordati per il periodo necessario alle autorità competenti dello Stato membro per procedere a tale verifica, in caso di richiesta di rinnovo.

5.   Le autorizzazioni possono essere riesaminate in qualsiasi momento se risulta che i requisiti di cui al paragrafo 1 non sono più soddisfatti. In tal caso gli Stati membri possono esigere che il richiedente l’autorizzazione, o la parte a cui è stato accordato ai sensi dell’articolo 9 un ampliamento del campo di applicazione, fornisca ulteriori informazioni necessarie ai fini del riesame. Le autorizzazioni, ove occorra, possono essere mantenute per il periodo necessario a completare il riesame e a fornire tali ulteriori informazioni.

6.   Fatte salve le decisioni già prese ai sensi dell’articolo 10, l’autorizzazione viene annullata se risulta che:

a)

le condizioni per ottenere l’autorizzazione non sono o non sono più soddisfatte;

b)

l’autorizzazione è stata concessa sulla base di dati per i quali sono state fornite indicazioni false o ingannevoli,

oppure viene modificata se risulta che:

c)

in base all’evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche i modi di utilizzazione e i quantitativi impiegati possono essere mutati.

Il titolare stesso, indicandone le ragioni, può chiedere l’annullamento o la modifica dell’autorizzazione: le modifiche potranno essere accordate soltanto se si constata che i requisiti dell’articolo 4, paragrafo 1 continuano ad essere soddisfatti.

Quando uno Stato membro ritira una autorizzazione, esso ne informa immediatamente il detentore dell’autorizzazione; inoltre esso può accordare un termine per l’eliminazione, lo smaltimento, la commercializzazione e l’utilizzazione delle giacenze esistenti, la cui durata deve essere in relazione con la motivazione del suddetto ritiro, fatto salvo il termine eventualmente previsto mediante decisione adottata a norma della direttiva 79/117/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1978, concernente il divieto di immettere in commercio e impiegare prodotti fitosanitari contenenti determinate sostanze attive (…), modificata, da ultimo, dalla direttiva 90/533/CEE (…) o all’articolo 6, e all’articolo 8, paragrafo 1 oppure 2 della presente direttiva».

6

L’articolo 5 della direttiva 91/414 dispone quanto segue:

«1.   In base alle attuali conoscenze scientifiche e tecniche una sostanza attiva viene iscritta nell’allegato I per un periodo iniziale non superiore a dieci anni se si può supporre che prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva soddisfino alle seguenti condizioni:

a)

che i loro residui derivanti da un’applicazione conforme alla buona pratica fitosanitaria non abbiano effetti nocivi sulla salute dell’uomo o degli animali o sulle acque sotterranee né un influsso inaccettabile sull’ambiente e che detti residui, se significativi dal punto di vista tossicologico o ambientale, possano essere misurati con metodi di applicazione corrente,

b)

che il loro impiego derivante da un’applicazione conforme alla buona pratica fitosanitaria non abbia effetti nocivi sulla salute dell’uomo o degli animali né un influsso inaccettabile sull’ambiente, come stabilito dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), punti iv) e v).

2.   Per iscrivere una sostanza attiva nell’allegato I si deve tenere conto in particolare degli elementi seguenti:

a)

se del caso, di una dose giornaliera accettabile (ADI) per l’uomo;

b)

se necessario, di un livello ammissibile di esposizione dell’operatore;

c)

se del caso, di una stima del destino e della distribuzione nell’ambiente, nonché dell’impatto sulle specie non bersaglio.

3.   Per la prima iscrizione di una sostanza attiva non ancora sul mercato due anni dopo la notifica della presente direttiva, i requisiti vengono considerati soddisfatti qualora se ne riscontri la conformità in almeno una preparazione contenente la sostanza di cui trattasi.

4.   L’iscrizione di una sostanza attiva nell’allegato I può essere soggetta a condizioni concernenti:

il livello di purezza minima della sostanza attiva,

la natura e il tenore massimo di talune impurità,

le restrizioni derivanti dall’esame delle informazioni di cui all’articolo 6, tenendo conto delle condizioni agricole, fitosanitarie e ambientali, comprese quelle climatiche,

il tipo di preparazione,

le modalità di uso.

5.   A richiesta, l’iscrizione di una sostanza nell’allegato I può essere rinnovata una o più volte per periodi non superiori ciascuna volta a 10 anni e riesaminata in qualsiasi momento se esistono indicazioni che i criteri di cui ai paragrafi 1 e 2 non sono più soddisfatti. I rinnovi sono accordati per il periodo necessario per completare il riesame, se è stata presentata una richiesta in tal senso sufficientemente in anticipo ed in ogni caso almeno due anni prima della scadenza del periodo d’iscrizione, e sono accordati per il tempo necessario a fornire le informazioni richieste ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4».

7

L’articolo 8 della direttiva 91/414, relativo alle misure transitorie e derogatorie, è redatto nei termini seguenti:

«1.   In deroga all’articolo 4, gli Stati membri possono, allo scopo di permettere una valutazione graduale delle proprietà delle nuove sostanze attive e facilitare la disponibilità per l’agricoltura di nuovi preparati, autorizzare, per un periodo provvisorio non superiore a 3 anni, l’immissione in commercio di prodotti fitosanitari contenenti una sostanza attiva non compresa nell’allegato I e non ancora in commercio due anni dopo la notifica della presente direttiva, sempreché:

a)

in seguito all’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 6, paragrafi 2 e 3, sia stato constatato che il fascicolo relativo alla sostanza attiva risponde ai requisiti degli allegati II e III, per quanto riguarda gli usi previsti;

b)

lo Stato membro abbia stabilito che la sostanza attiva può rispondere ai requisiti di cui all’articolo 5, paragrafo 1, e che si potrà ritenere che il prodotto fitosanitario risponda ai requisiti di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettere da b) a f).

In tal caso, lo Stato membro comunica immediatamente agli altri Stati membri e alla Commissione la sua valutazione in merito al fascicolo e alle condizioni di autorizzazione, fornendo almeno le informazioni previste all’articolo 12, paragrafo 1.

In seguito alla valutazione del fascicolo di cui all’articolo 6, paragrafo 3, è possibile decidere, conformemente alla procedura di cui all’articolo 19, che la sostanza attiva non risponde ai requisiti stabiliti nell’articolo 5, paragrafo 1. In tal caso gli Stati membri prescrivono la revoca delle autorizzazioni.

In deroga all’articolo 6, se allo scadere del termine di 3 anni non è ancora stata presa una decisione riguardo l’iscrizione di una sostanza attiva all’allegato I, può essere deciso, secondo la procedura di cui all’articolo 19, un termine supplementare che consenta l’esame completo del fascicolo e, se del caso, la presentazione di informazioni supplementari richieste in conformità dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4.

Le disposizioni dell’articolo 4, paragrafi 2, 3, 5 e 6 si applicano alle autorizzazioni concesse in virtù del presente paragrafo fatti salvi i precedenti commi del presente paragrafo.

(...)

4.   In ulteriore deroga all’articolo 4, uno Stato membro può, in circostanze eccezionali, autorizzare l’immissione in commercio, per un periodo massimo di 120 giorni, di prodotti fitosanitari non conformi alle disposizioni dell’articolo 4, per un’utilizzazione limitata e controllata, qualora ciò sia reso necessario da un pericolo imprevedibile che non può essere combattuto con altri mezzi. In tal caso lo Stato membro interessato informa immediatamente del provvedimento preso gli altri Stati membri e la Commissione. Conformemente alla procedura istituita dall’articolo 19, viene deciso senza indugio se e a quali condizioni il provvedimento preso dallo Stato membro possa essere esteso per un periodo da stabilire, rinnovato o revocato».

Il regolamento n. 1610/96

8

Dai considerando 5 e 6 del regolamento n. 1610/96 risulta che, anteriormente alla sua adozione, la durata della protezione effettiva conferita dal brevetto per ammortizzare gli investimenti effettuati nella ricerca fitosanitaria e per generare le risorse necessarie al mantenimento di una ricerca efficiente era considerata insufficiente, penalizzando in tal modo la competitività di tale settore. Detto regolamento è diretto a colmare tale lacuna attraverso la creazione di un certificato protettivo complementare per i prodotti fitosanitari.

9

I considerando 11 e 16 del regolamento n. 1610/96 sono formulati come segue:

«(11)

considerando che la durata della protezione conferita dal certificato deve essere fissata in modo da permettere una protezione effettiva sufficiente; che, a tal fine, il titolare di un brevetto e del relativo certificato deve poter beneficiare, complessivamente, di quindici anni al massimo di esclusiva, a partire dalla prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità del prodotto fitosanitario in questione;

(...)

(16)

considerando che soltanto un’azione a livello comunitario permette di raggiungere efficacemente l’obiettivo perseguito, che consiste nell’assicurare una protezione sufficiente dell’innovazione nel campo fitosanitario, garantendo al contempo il funzionamento adeguato del mercato interno dei prodotti fitosanitari».

10

L’articolo 1 del regolamento n. 1610/96 precisa quanto segue:

«Ai fini del presente regolamento, si intende per:

(...)

10)

“certificato”: il certificato protettivo complementare».

11

L’articolo 2 del regolamento n. 1610/96, intitolato «Campo di applicazione», così dispone:

«Ogni prodotto protetto da un brevetto nel territorio di uno Stato membro e soggetto, in quanto prodotto fitosanitario, prima dell’immissione in commercio, ad una procedura di autorizzazione amministrativa ai sensi dell’articolo 4 della direttiva [91/414] — o in base ad una disposizione equivalente di diritto nazionale se si tratta di un prodotto fitosanitario per il quale la domanda di autorizzazione è stata depositata prima della attuazione della direttiva [91/414] da parte del rispettivo Stato membro —, può formare oggetto di un certificato, alle condizioni e secondo le modalità previste nel presente regolamento».

12

L’articolo 3 di tale regolamento, rubricato «Condizioni di rilascio del certificato», prevede quanto segue:

«1.   Il certificato viene rilasciato se, nello Stato membro nel quale è presentata la domanda di cui all’articolo 7, e alla data di tale domanda:

a)

il prodotto è protetto da un brevetto di base in vigore;

b)

per il prodotto, in quanto prodotto fitosanitario, è stata rilasciata un’autorizzazione, in vigore, di immissione in commercio a norma dell’articolo 4 della direttiva [91/414] o di una disposizione equivalente di diritto nazionale;

c)

il prodotto non è già stato oggetto di un certificato;

d)

l’autorizzazione di cui alla lettera b) è la prima autorizzazione di immissione in commercio del prodotto, in quanto prodotto fitosanitario.

(...)».

13

L’articolo 5 del richiamato regolamento, rubricato «Effetti del certificato», così dispone:

«Fatto salvo l’articolo 4, il certificato conferisce gli stessi diritti che vengono attribuiti dal brevetto di base ed è soggetto alle stesse limitazioni ed agli stessi obblighi».

14

L’articolo 7 del medesimo regolamento, intitolato «Domanda di certificato», è redatto nei termini seguenti:

«1.   La domanda di certificato deve essere depositata entro il termine di sei mesi a decorrere dalla data in cui per il prodotto, in quanto prodotto fitosanitario, è stata rilasciata l’autorizzazione di immissione in commercio menzionata nell’articolo 3, paragrafo 1, lettera b).

2.   Nonostante il paragrafo 1, quando l’autorizzazione di immissione in commercio avviene prima del rilascio del brevetto di base, la domanda di certificato deve essere depositata entro il termine di sei mesi a decorrere dalla data di rilascio del brevetto».

15

L’articolo 13 del regolamento n. 1610/96, rubricato «Durata del certificato», è così formulato:

«1.   Il certificato ha efficacia a decorrere dal termine legale del brevetto di base per una durata uguale al periodo intercorso tra la data del deposito della domanda del brevetto di base e la data della prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità, ridotto di cinque anni.

2.   Nonostante il paragrafo 1, la durata del certificato non può essere superiore a cinque anni a decorrere dalla data in cui il certificato acquista efficacia.

3.   Per il calcolo della durata del certificato si tiene conto di una prima autorizzazione provvisoria di immissione in commercio soltanto se essa è direttamente seguita da un’autorizzazione definitiva relativa allo stesso prodotto».

16

Ai sensi dell’articolo 15 di tale regolamento:

«1.   Il certificato è nullo:

a)

se è stato rilasciato in contrasto con le disposizioni dell’articolo 3;

(...)

2.   Chiunque può depositare una domanda o intentare un’azione di nullità del certificato presso l’organo competente, in virtù delle disposizioni della legislazione nazionale, per fare dichiarare nullo il brevetto di base corrispondente».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

17

La Sumitomo è titolare del brevetto europeo EP 0 376 279, DE 689 06 668 rilasciato per la Germania e riguardante, in particolare, la sostanza attiva clotianidin, utilizzata per insetticidi.

18

Il 19 febbraio 2003 le autorità del Regno Unito hanno rilasciato a una società del gruppo Bayer un’autorizzazione di immissione in commercio (in prosieguo: un’«AIC»), ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 91/414, per un prodotto contenente clotianidin. Tale AIC, detta «provvisoria», è stata la prima rilasciata nell’Unione europea per un prodotto contenente tale sostanza attiva.

19

Il 2 dicembre 2003, conformemente alle disposizioni nazionali di trasposizione dell’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 91/414, le autorità tedesche hanno rilasciato a una società del gruppo Bayer un’AIC d’emergenza per un prodotto fitosanitario contenente la sostanza attiva clotianidin. Tale AIC d’emergenza aveva una validità di 120 giorni, dal 15 gennaio al 13 maggio 2004.

20

Il 14 maggio 2004 la Sumitomo ha chiesto al Deutsches Patent- und Markenamt il rilascio di un certificato protettivo complementare per prodotti fitosanitari. Nella sua domanda, la Sumitomo ha fatto riferimento, da un lato, all’AIC provvisoria concessa al Regno Unito il 19 febbraio 2003, in quanto prima AIC rilasciata nell’Unione, e, dall’altro, all’AIC d’emergenza rilasciata in Germania il 2 dicembre 2003.

21

L’8 settembre 2004, conformemente alle disposizioni nazionali di trasposizione dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 91/414, le autorità tedesche hanno concesso un’AIC provvisoria a una società del gruppo Bayer per un prodotto a base di clotianidin. Il periodo di validità di tale AIC provvisoria era compreso tra l’8 settembre 2004 e il 7 settembre 2007.

22

Con lettera del 25 novembre 2004 la Sumitomo ha informato il Deutsches Patent- und Markenamt dell’esistenza dell’AIC provvisoria dell’8 settembre 2004.

23

Con decisione del 20 gennaio 2006 il Deutsches Patent- und Markenamt ha respinto la domanda di certificato protettivo complementare presentata dalla Sumitomo il 14 maggio 2004. Sebbene tale domanda fosse stata presentata entro il termine previsto dall’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1610/96, tale ufficio ha ritenuto di non poterla accogliere, in quanto, alla data del suo deposito, non vi era alcuna AIC in vigore ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1610/96, dal momento che l’AIC d’emergenza era già scaduta. È detta decisione che viene impugnata nel procedimento principale.

24

In primo luogo, il giudice del rinvio chiede se tale decisione del 20 gennaio 2006 non fosse in ogni caso giustificata dal fatto che l’AIC sulla cui base si fondava la Sumitomo era un’AIC d’emergenza. Esso rileva in proposito che l’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1610/96 impone, come condizione per il rilascio di un certificato protettivo complementare, che sia stata rilasciata un’AIC in vigore «a norma dell’articolo 4 della direttiva 91/414». Esso osserva che, conformemente alla sentenza dell’11 novembre 2010, Hogan Lovells International (C-229/09, Racc. pag. I-11335), l’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), di tale regolamento dev’essere interpretato nel senso che non osta al rilascio di un certificato protettivo complementare per i prodotti fitosanitari quando è stata rilasciata un’AIC provvisoria, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 91/414. Tale interpretazione riposerebbe sul nesso di equivalenza funzionale esistente tra le AIC definitive, previste dall’articolo 4 della direttiva 91/414, e le AIC provvisorie, previste dall’articolo 8, paragrafo 1, di tale direttiva.

25

In base a tale ragionamento, il giudice del rinvio dubita di poter considerare che un’AIC d’emergenza soddisfi tale criterio di equivalenza funzionale. Esso sottolinea quindi che le AIC d’emergenza non devono soddisfare i criteri previsti dall’articolo 4 della direttiva 91/414. Nell’ambito di una procedura di emergenza, né il prodotto fitosanitario né la sostanza attiva sarebbero soggette a controlli equivalenti a quelli necessari al rilascio di un’AIC definitiva.

26

Il giudice del rinvio rileva inoltre che la finalità delle AIC d’emergenza si sostanzia nel rispondere a un pericolo imprevedibile che non può essere combattuto con altri mezzi.

27

In secondo luogo, il giudice del rinvio s’interroga sulle conseguenze che vanno tratte dalla risposta a tale questione, per quanto attiene al termine di deposito della domanda di certificato protettivo complementare.

28

Nell’ipotesi in cui la Corte dovesse ritenere che un certificato protettivo complementare possa basarsi su un’AIC d’emergenza, il giudice del rinvio si chiede se, nella specie, la Sumitomo non fosse in ogni caso decaduta. Infatti, l’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1610/96 imporrebbe che l’AIC sia in vigore alla data della domanda di certificato. Orbene, nel caso di specie, l’AIC d’emergenza, limitata a 120 giorni, sarebbe scaduta il 13 maggio 2004. La domanda della Sumitomo, depositata il giorno successivo, sarebbe quindi fuori termine.

29

Nel sottolineare che la dottrina prevalente avalla tale interpretazione, il giudice del rinvio osserva che essa può portare a ridurre il termine di sei mesi previsto per il deposito delle domande di certificato a norma dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1610/96. Nella specie, la Sumitomo avrebbe avuto a disposizione soltanto quattro mesi, invece di sei, per presentare la propria domanda.

30

Qualora, al contrario, la Corte dovesse considerare che un’AIC d’emergenza non può fungere da base per una domanda di certificato protettivo complementare, il giudice del rinvio si chiede se sia comunque possibile rilasciare un certificato non sulla base dell’AIC d’emergenza scaduta, ma su un’AIC provvisoria rilasciata successivamente.

31

Il Deutsches Patent- und Markenamt, quando ha respinto la domanda della Sumitomo, sarebbe stato a conoscenza del fatto che, dall’8 settembre 2004, le autorità tedesche avevano concesso a una società del gruppo Bayer un’AIC provvisoria per un prodotto contenente la sostanza attiva di cui al procedimento principale. All’epoca, la prassi di tale ufficio consisteva nel rilasciare certificati protettivi complementari anche sulla base di AIC provvisorie. In considerazione di tali elementi, il giudice del rinvio chiede se, fondandosi sulla domanda iniziale della Sumitomo, si debba considerare possibile il rilascio di un certificato protettivo complementare sulla base dell’AIC provvisoria emessa l’8 settembre 2004. Ciò equivarrebbe ad ammettere che una domanda di certificato protettivo complementare possa essere depositata anche prima che il termine di deposito di tale domanda abbia iniziato a decorrere. Ammettendo che tale soluzione sia giuridicamente concepibile, il giudice del rinvio si chiede poi se la lettera della Sumitomo del 25 novembre 2004, che informa il Deutsches Patent- und Markenamt dell’esistenza dell’AIC provvisoria, possa essere intesa alla stregua di una domanda di certificato. In tal caso, quest’ultima sarebbe stata depositata entro il termine di sei mesi previsto dall’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1610/96. Secondo tale giudice, sarebbe iniquo respingere una domanda di certificato depositata dopo la concessione di un’AIC provvisoria per il fatto che essa non è la prima AIC ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1610/96.

32

Alla luce di tali considerazioni, il Bundespatentgericht ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento [n. 1610/96] debba essere interpretato nel senso che non osta al rilascio di un certificato protettivo complementare per un prodotto fitosanitario, quando sia stata concessa un’autorizzazione in vigore ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva [91/414]?

2)

In caso di risposta affermativa alla prima questione:

Se, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1610/96, occorra che l’autorizzazione sia ancora in vigore alla data della domanda di certificato.

3)

In caso di risposta negativa alla prima questione:

Se l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1610/96 debba essere interpretato nel senso che una domanda può essere presentata già prima della data in cui inizia a decorrere il termine ivi previsto».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

33

Con la prima questione il giudice remittente chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1610/96 debba essere interpretato nel senso che osta al rilascio di un certificato protettivo complementare per un prodotto fitosanitario che dispone di un’AIC d’emergenza concessa sulla base dell’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 91/414.

34

L’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1610/96 si riferisce ad un’AIC ottenuta «a norma dell’articolo 4 della direttiva 91/414». Senza dubbio, la Corte ha dichiarato che questa disposizione di detto regolamento non va interpretata nel senso di escludere la sua applicazione a prodotti che beneficiano di un’AIC provvisoria ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 91/414 (sentenza Hogan Lovells International, cit., punto 46).

35

Tuttavia, tale interpretazione riposa sul nesso di equivalenza funzionale esistente tra i criteri elencati all’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 91/414 a titolo di misure transitorie e quelli previsti dall’articolo 4 di tale direttiva (sentenza Hogan Lovells International, cit., punti da 33 a 46). Orbene, non esiste alcun nesso di equivalenza di questo tipo tra i criteri previsti dall’articolo 8, paragrafo 4, della richiamata direttiva e quelli contenuti nell’articolo 4 della stessa.

36

Infatti dalla definizione dell’AIC d’emergenza prevista dall’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 91/414 emerge che essa riguarda «prodotti fitosanitari non conformi alle disposizioni dell’articolo 4». Tale tipo di AIC non mira quindi a garantire che i prodotti fitosanitari in tal modo autorizzati rispondano agli stessi requisiti scientifici di affidabilità di un’AIC concessa sulla base dell’articolo 4 della direttiva 91/414. Pertanto, l’articolo 8, paragrafo 4, di tale direttiva non impone agli Stati membri di procedere a un esame scientifico dei rischi prima della concessione di tale AIC. Detta disposizione derogatoria circoscrive tuttavia rigidamente l’uso di questo tipo di AIC precisando che esso riguarda soltanto«circostanze eccezionali», dato che la concessione di AIC d’emergenza per un periodo non superiore a 120 giorni deve risultare «necessari[a] [a causa di] un pericolo imprevedibile che non può essere combattuto con altri mezzi».

37

In tale contesto, è escluso che l’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1610/96 possa essere applicato a un’AIC d’emergenza, in quanto quest’ultima è riservata ai prodotti che non rispondono ai requisiti fissati all’articolo 4 della direttiva 91/414 e per i quali tale direttiva non prescrive un previo esame scientifico dei rischi.

38

Si deve pertanto rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1610/96 dev’essere interpretato nel senso che osta al rilascio di un certificato protettivo complementare per un prodotto fitosanitario che dispone di un’AIC d’emergenza concessa sulla base dell’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 91/414.

Sulla seconda questione

39

Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alla seconda questione pregiudiziale.

Sulla terza questione

40

Con la terza questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 3, paragrafo 1, lettera b), e 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1610/96 debbano essere interpretati nel senso che ostano a che una domanda di certificato protettivo complementare sia presentata prima della data in cui il prodotto fitosanitario ha ottenuto l’AIC di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), di tale regolamento.

41

Al fine di rispondere a tale questione è necessario ricordare che il certificato protettivo complementare è diretto a ristabilire una durata di protezione effettiva sufficiente del brevetto, permettendo al suo titolare di beneficiare di un periodo di esclusiva aggiuntivo alla scadenza del brevetto di base destinato a compensare, almeno parzialmente, il ritardo accumulato nello sfruttamento commerciale della sua invenzione a causa del lasso di tempo trascorso tra la data del deposito della domanda di brevetto e quella dell’ottenimento della prima AIC nell’Unione (sentenza Hogan Lovells International, cit., punto 50).

42

Conformemente a tale finalità, il certificato protettivo complementare stabilisce un collegamento tra il brevetto di base e la prima AIC di un prodotto fitosanitario, che segna il momento a partire dal quale può iniziare lo sfruttamento commerciale di tale prodotto. In tal senso, l’ottenimento di tale certificato richiede che siano riunite le quattro condizioni cumulative elencate all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1610/96. Tale disposizione prevede, in sostanza, che un certificato protettivo complementare possa essere rilasciato solo se, alla data della domanda, il prodotto fitosanitario è protetto da un brevetto di base in vigore e non è già stato oggetto di un certificato. Inoltre, è necessario che tale prodotto abbia ottenuto un’AIC in vigore «a norma dell’articolo 4 della direttiva 91/414 o di una disposizione equivalente di diritto nazionale» e, infine, che tale AIC sia la prima del prodotto in quanto prodotto fitosanitario (sentenza Hogan Lovells International, cit., punto 51).

43

Poiché l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1610/96 prevede espressamente che tutte le condizioni siano soddisfatte alla data in cui è presentata la domanda di certificato protettivo complementare, la domanda di tale certificato può essere validamente presentata soltanto a decorrere dal momento in cui esiste un’AIC in vigore.

44

Tale interpretazione è corroborata dai termini dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1640/96, da cui risulta che il termine di deposito di una domanda di certificato protettivo complementare inizia a decorrere dalla data in cui il prodotto, in quanto prodotto fitosanitario, ha ottenuto l’AIC di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), di tale regolamento.

45

Si deve pertanto rispondere alla terza questione dichiarando che gli articoli 3, paragrafo 1, lettera b), e 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1610/96 devono essere interpretati nel senso che ostano a che una domanda di certificato protettivo complementare sia presentata prima della data in cui il prodotto fitosanitario ha ottenuto l’AIC di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), di tale regolamento.

Sulle spese

46

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 1610/96 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 1996, sull’istituzione di un certificato protettivo complementare per i prodotti fitosanitari, dev’essere interpretato nel senso che osta al rilascio di un certificato protettivo complementare per un prodotto fitosanitario che dispone di un’autorizzazione di immissione in commercio d’emergenza concessa sulla base dell’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 91/414/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari, come modificata dalla direttiva 2005/58/CE della Commissione, del 21 settembre 2005.

 

2)

Gli articoli 3, paragrafo 1, lettera b), e 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1610/96 devono essere interpretati nel senso che ostano a che una domanda di certificato protettivo complementare sia presentata prima della data in cui il prodotto fitosanitario ha ottenuto l’autorizzazione di immissione in commercio di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), di tale regolamento.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.