CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 28 gennaio 2014 ( 1 )

Causa C‑573/12

Ålands Vindkraft AB

contro

Energimyndigheten

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal förvaltningsrätten i Linköping (Svezia)]

«Libera circolazione delle merci — Misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative — Direttiva 2009/28/CE — Regimi nazionali di sostegno alle energie rinnovabili — Certificati verdi assegnati alla produzione di elettricità proveniente da fonti rinnovabili — Assegnazione riservata ai produttori stabiliti in Svezia o in uno Stato membro con il quale il Regno di Svezia ha stipulato un accordo di cooperazione»

1. 

La presente causa costituisce una nuova occasione, per la Corte, di pronunciarsi sulla conformità con il diritto dell’Unione delle disposizioni dei regimi di sostegno nazionali alle energie provenienti da fonti rinnovabili ( 2 ) che limitano il beneficio degli aiuti ai soli produttori di elettricità stabiliti nel territorio nazionale.

2. 

La questione, caratterizzata dalla tensione fra il principio della libera circolazione delle merci e le esigenze connesse alla tutela dell’ambiente, è già stata sollevata nella causa Essent Belgium (da C‑204/12 a C‑208/12), attualmente pendente dinnanzi alla Corte, e in relazione alla quale ho presentato le mie conclusioni l’8 maggio 2013, pronunciandomi sia sul principio della libera circolazione delle merci sia sulle disposizioni della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità ( 3 ).

3. 

Anche se il contesto fattuale è simile, la presente causa si inserisce tuttavia in un contesto giuridico diverso, in quanto, alla luce delle spiegazioni fornite dal förvaltningsrätten i Linköping (Svezia), il regime svedese contestato deve essere valutato tenendo conto delle disposizioni della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE ( 4 ).

4. 

Ciò porta ad interrogarsi sulla questione se le disposizioni della direttiva 2009/28 consentano l’instaurazione di un regime di sostegno nazionale all’elettricità proveniente da fonti di energia rinnovabili ( 5 ) nel quale, ai produttori di elettricità verde, vengono rilasciati certificati di elettricità dei quali i fornitori di elettricità e taluni consumatori di elettricità sono successivamente tenuti ad acquistare una determinata quota in funzione della quantità totale di elettricità da essi venduta o consumata, qualora suddetto regime riservi il rilascio di siffatti certificati ai soli produttori di elettricità verde stabiliti nello Stato membro di cui trattasi.

5. 

In caso di soluzione affermativa, si porrà parimenti la questione di stabilire se le restrizioni territoriali all’accesso ai regimi di sostegno all’energia verde siano conformi ai requisiti del principio della libera circolazione delle merci, il che equivarrà ad interrogarsi sulla validità della direttiva 2009/28 con riferimento alle disposizioni dell’articolo 34 TFUE.

6. 

Nelle presenti conclusioni, sosterrò anzitutto che, se è vero che la direttiva 2009/28 autorizza siffatte restrizioni territoriali, l’articolo 34 TFUE, tuttavia, le contrasta.

7. 

Successivamente, ne dedurrò l’invalidità dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2009/28, nei limiti in cui esso conferisce agli Stati membri il potere di vietare o limitare l’accesso ai rispettivi regimi di sostegno ai produttori i cui impianti di produzione di elettricità proveniente da fonti di energia rinnovabili sono situati in un altro Stato membro.

8. 

Per ragioni legate alla certezza del diritto, suggerirò, infine, di limitare nel tempo gli effetti di tale dichiarazione di invalidità.

I – Contesto normativo

A – Il Diritto dell’Unione

9.

La direttiva 2009/28, che è entrata in vigore il 25 giugno 2009 e doveva essere recepita entro il 5 dicembre 2010, abroga la direttiva 2001/77 a partire dal 1o gennaio 2012.

10.

I considerando 1, da 13 a 15, 25, 36, 52 e 56 della direttiva 2009/28 sono così redatti:

«(1)

Il controllo del consumo di energia europeo e il maggiore ricorso all’energia [verde], congiuntamente ai risparmi energetici e ad un aumento dell’efficienza energetica, costituiscono parti importanti del pacchetto di misure necessarie per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e per rispettare il protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e gli ulteriori impegni assunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra oltre il 2012. Tali fattori hanno un’importante funzione anche nel promuovere la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, nel favorire lo sviluppo tecnologico e l’innovazione e nel creare posti di lavoro e sviluppo regionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate.

(...)

(13)

(…) [È] opportuno fissare obiettivi nazionali obbligatori in linea con la quota del 20% per l’energia [verde] (…) per quanto attiene al consumo di energia della Comunità al 2020.

(14)

La principale finalità di obiettivi nazionali obbligatori è creare certezza per gli investitori nonché stimolare lo sviluppo costante di tecnologie capaci di generare energia a partire da ogni tipo di fonte rinnovabile. (…)

(15)

Le situazioni di partenza, le possibilità di sviluppo dell’energia [verde] e il mix energetico variano da uno Stato membro all’altro. Occorre pertanto tradurre l’obiettivo complessivo comunitario del 20% in obiettivi individuali per ogni Stato membro, procedendo ad un’allocazione giusta e adeguata che tenga conto della diversa situazione di partenza e delle possibilità degli Stati membri, ivi compreso il livello attuale dell’energia [verde] e il mix energetico (…).

(…)

(25)

Gli Stati membri hanno potenziali diversi in materia di energia rinnovabile e diversi regimi di sostegno all’energia [verde] a livello nazionale. La maggioranza degli Stati membri applica regimi di sostegno che accordano sussidi solo all’energia [verde] prodotta sul loro territorio. Per il corretto funzionamento dei regimi di sostegno nazionali è essenziale che gli Stati membri possano controllare gli effetti e i costi dei rispettivi regimi in funzione dei loro diversi potenziali. (…) La presente direttiva mira ad agevolare il sostegno transfrontaliero all’energia [verde] senza compromettere i regimi di sostegno nazionali. Introduce meccanismi facoltativi di cooperazione tra Stati membri che consentono loro di decidere in che misura uno Stato membro sostiene la produzione di energia in un altro e in che misura la produzione di energia [verde] dovrebbe essere computata ai fini dell’obiettivo nazionale generale dell’uno o dell’altro. Per garantire l’efficacia delle due misure per il conseguimento degli obiettivi, ossia i regimi di sostegno nazionali e i meccanismi di cooperazione, è essenziale che gli Stati membri siano in grado di determinare se e in quale misura i loro regimi nazionali di sostegno si applicano all’energia [verde] prodotta in altri Stati membri e di concordare tale sostegno applicando i meccanismi di cooperazione previsti dalla presente direttiva.

(…)

(36)

Per creare le possibilità di ridurre il costo del conseguimento degli obiettivi fissati nella presente direttiva, è opportuno favorire il consumo negli Stati membri di energia [verde] prodotta (…) in altri Stati membri e permettere agli Stati membri di computare l’energia [verde] consumata in altri Stati membri ai fini del conseguimento dei propri obiettivi nazionali. Per questo motivo, sono necessarie misure di flessibilità che, tuttavia, rimangono sotto il controllo degli Stati membri al fine di non pregiudicare la loro capacità di raggiungere i propri obiettivi nazionali. Tali misure di flessibilità assumono la forma di trasferimenti statistici, progetti comuni tra Stati membri o regimi di sostegno comuni.

(…)

(52)

Le garanzie di origine, rilasciate ai fini della presente direttiva, hanno unicamente la funzione di provare al cliente finale che una determinata quota o quantità di energia è stata prodotta da fonti energetiche rinnovabili. (…) È importante operare una distinzione tra i certificati verdi utilizzati per i regimi di sostegno e le garanzie di origine.

(…)

(56)

Le garanzie di origine non conferiscono di per sé il diritto di beneficiare di regimi di sostegno nazionali».

11.

L’articolo 1 della direttiva 2009/28, rubricato «Oggetto e ambito di applicazione», dispone quanto segue:

«La presente direttiva stabilisce un quadro comune per la promozione dell’energia [verde]. Fissa obiettivi nazionali obbligatori per la quota complessiva di energia [verde] sul consumo finale lordo di energia (…)».

12.

L’articolo 2, paragrafo 2, lettere da j) a l), della direttiva 2009/28, contiene le seguenti definizioni:

«j)

“garanzia di origine”: documento elettronico che serve esclusivamente a provare ad un cliente finale che una determinata quota o un determinato quantitativo di energia sono stati prodotti da fonti rinnovabili (…);

k)

“regime di sostegno”: strumento, regime o meccanismo applicato da uno Stato membro o gruppo di Stati membri, inteso a promuovere l’uso delle energie [verdi] riducendone i costi, aumentando i prezzi a cui possono essere vendute o aumentando, per mezzo di obblighi in materia di energie rinnovabili o altri mezzi, il volume acquistato di dette energie. Ciò comprende, ma non in via esclusiva, le sovvenzioni agli investimenti, le esenzioni o gli sgravi fiscali, le restituzioni d’imposta, i regimi di sostegno all’obbligo in materia di energie [verdi], compresi quelli che usano certificati verdi, e i regimi di sostegno diretto dei prezzi, ivi comprese le tariffe di riacquisto e le sovvenzioni;

l)

“obbligo in materia di energie [verdi]”: regime di sostegno nazionale che obbliga i produttori di energia a includere una determinata quota di energia [verde] nella loro produzione, che obbliga i fornitori di energia a includere una determinata quota di energia [verde] nella loro offerta o che obbliga i consumatori di energia a includere una determinata quota di energia [verde] nei loro consumi. Ciò comprende i regimi nei quali tali obblighi possono essere soddisfatti mediante l’uso di certificati verdi».

13.

L’articolo 3, paragrafi da 1 a 3, della direttiva 2009/28, prevede:

«1.   Ogni Stato membro assicura che la propria quota di energia [verde] sul consumo finale lordo di energia nel 2020, calcolata conformemente agli articoli da 5 a 11, sia almeno pari al proprio obiettivo nazionale generale per la quota di energia [verde] per quell’anno, indicato nella terza colonna della tabella all’allegato I, parte A.(…)

2.   Gli Stati membri adottano misure efficacemente predisposte per assicurare che la propria quota di energia [verde] sia uguale o superiore alla quota indicata nella traiettoria indicativa di cui all’allegato I, parte B.

3.   Per il conseguimento degli obiettivi di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo, gli Stati membri possono, tra l’altro, applicare le seguenti misure:

a)

regimi di sostegno;

b)

misure di cooperazione tra vari Stati membri e con paesi terzi per il raggiungimento dei rispettivi obiettivi nazionali generali in conformità degli articoli da 5 a 11.

Fatti salvi gli articoli 87 e 88 del trattato, gli Stati membri hanno il diritto di decidere, conformemente agli articoli da 5 a 11 della presente direttiva, in che misura sostenere l’energia [verde] prodotta in un altro Stato membro».

14.

L’articolo 5 della direttiva 2009/28, così dispone:

«1.   Il consumo finale lordo di energia [verde] in ogni Stato membro è calcolato come la somma:

a)

del consumo finale lordo di elettricità [verde];

(...)

3.   Ai fini del paragrafo 1, lettera a), il consumo finale lordo di elettricità [verde] è calcolato come quantità di elettricità prodotta in uno Stato membro da fonti energetiche rinnovabili, escludendo la produzione di elettricità in centrali di pompaggio con il ricorso all’acqua precedentemente pompata a monte.

(...)».

15.

L’articolo 11 della direttiva 2009/28, rubricato «Regimi di sostegno comuni», prevede al suo paragrafo 1:

«Fatti salvi gli obblighi imposti agli Stati membri dall’articolo 3, due o più Stati membri possono decidere, su base volontaria, di unire o coordinare parzialmente i loro regimi di sostegno nazionali. In questi casi una determinata quantità di energia [verde] prodotta nel territorio di uno Stato membro partecipante può essere computata ai fini dell’obiettivo nazionale generale di un altro Stato membro partecipante (…)».

16.

L’articolo 15 della direttiva 2009/28, rubricato «Garanzie di origine dell’elettricità, del calore e del freddo prodotti da fonti energetiche rinnovabili», stabilisce:

«1.   Per provare ai clienti finali la quota o la quantità di energia [verde] nel mix energetico di un fornitore di energia, in conformità dell’articolo 3, paragrafo 6, della direttiva 2003/54/CE [ ( 6 )], gli Stati membri assicurano che l’origine dell’elettricità [verde] sia garantita come tale ai sensi della presente direttiva, in base a criteri obiettivi, trasparenti e non discriminatori.

2.   (…) La garanzia d’origine non ha alcuna funzione in termini di osservanza dell’articolo 3 da parte dello Stato membro. I trasferimenti di garanzie d’origine (…) non influiscono (…) sul calcolo del consumo finale lordo di energia [verde] a norma dell’articolo 5.

(...)

9.   Gli Stati membri riconoscono le garanzie di origine rilasciate da altri Stati membri conformemente alla presente direttiva esclusivamente come prova degli elementi di cui al paragrafo 1 e al paragrafo 6, lettere da a) a f). (…)

(...)».

B – La normativa svedese

17.

Il regime di sostegno alla produzione di elettricità verde è stato istituito dalla legge n. 113 del 2003, relativa ai certificati di elettricità [lagen (2003:113) om elcertifikat] ( 7 ), sostituita, con effetto dal 1o gennaio 2012, dalla legge n. 1200 del 2011 relativa ai certificati di elettricità [lagen (2011:1200) om elcertifikat] ( 8 ), la quale era intesa, segnatamente, ad assicurare la trasposizione della direttiva 2009/28.

18.

Il giudice del rinvio sottolinea che, sebbene la decisione dell’Energimyndigheten del 9 giugno 2010, oggetto del procedimento principale, sia stata adottata in applicazione della legge del 2003, nel diritto svedese una controversia deve essere risolta, in linea di principio, applicando la normativa vigente al momento del suo esame da parte del giudice, ossia, nella specie, la legge del 2011.

19.

Il regime di sostegno instaurato dalla legislazione svedese poggia sull’assegnazione di certificati verdi ai produttori di elettricità verde e sul corrispondente obbligo incombente ai fornitori di elettricità e a taluni consumatori di acquistare un certo numero di certificati corrispondente ad una quota della quantità totale di elettricità fornita o consumata.

20.

Il certificato verde, il quale dimostra la produzione di un megawattora di elettricità verde, può essere liberamente negoziato su un mercato concorrenziale, ove i prezzi sono determinati dalla regola della domanda e dell’offerta. Il suo prezzo si ripercuote, alla fine, sul consumatore di elettricità. Il numero di certificati che i fornitori o i consumatori sono tenuti ad acquistare varia in funzione dell’obiettivo di produzione di elettricità verde da realizzare. Esso era pari, per gli anni dal 2010 al 2012, a 0,179 certificato verde per megawattora venduto o utilizzato.

21.

Il giudice del rinvio osserva che, sebbene tale limitazione non figuri nel testo della legge del 2011, si evince dai lavori preparatori delle leggi del 2003 e del 2011 che l’assegnazione di certificati verdi è riservata agli impianti di produzione di elettricità verde situati in Svezia.

22.

Esso precisa inoltre che il capo I, articolo 5, della legge del 2011 contiene una nuova disposizione così formulata:

«I certificati di elettricità assegnati per la produzione di elettricità rinnovabile in un altro Stato possono essere utilizzati per soddisfare l’obbligo di quote stabilito dalla presente legge, a condizione che il regime svedese dei certificati di elettricità sia stato coordinato con quello di tale altro Stato in forza di un accordo internazionale».

23.

Il 29 giugno 2011, il Regno di Svezia ha concluso con il Regno di Norvegia ( 9 ) un siffatto accordo. Per contro, non esiste un accordo del genere con la Repubblica di Finlandia.

II – Il procedimento principale

24.

In data 30 novembre 2009, l’Ålands Vindkraft AB ( 10 ), che gestisce un parco eolico situato in Finlandia, nell’arcipelago delle isole Åland, ma collegato, stando ai motivi della Ålands Vindkraft ripresi nella decisione di rinvio, alla rete di distribuzione di elettricità svedese, ha sollecitato un accordo per poter ottenere l’assegnazione di certificati verdi in forza della normativa svedese.

25.

Con decisione 9 giugno 2010, l’Energimyndigheten ha respinto tale domanda, adducendo che il sistema dei certificati verdi può andare unicamente a beneficio degli impianti di produzione di elettricità verde situati in Svezia.

26.

L’Ålands Vindkraft ha impugnato tale decisione dinnanzi al Förvaltningsrätten i Linköping, invocando, segnatamente, una violazione dell’articolo 34 TFUE, in quanto il regime controverso ha per effetto quello di riservare la soddisfazione del fabbisogno di elettricità di circa il 18% dei consumatori svedesi ai produttori di elettricità verde stabiliti in Svezia, a scapito delle importazioni da altri Stati membri.

III – Le questioni pregiudiziali

27.

Nutrendo dubbi in ordine all’interpretazione della direttiva 2009/28 e alla portata dell’articolo 34 TFUE, il förvaltningsrätten i Linköping ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

1)

Tenuto conto, da un lato, che il regime svedese di certificati di elettricità costituisce un regime di sostegno nazionale che impone ai fornitori di elettricità e a determinati consumatori di tale Stato membro l’acquisto di certificati di elettricità nella misura di una determinata quota, rispettivamente, delle loro vendite e dei loro consumi, senza obbligo esplicito di acquistare l’elettricità dalla stessa fonte e, dall’altro, che i certificati di elettricità sono assegnati dal Regno di Svezia e costituiscono la prova che è stata prodotta una determinata quantità di elettricità [verde], nonché che la loro vendita genera a favore dei produttori di elettricità [verde] ricavi supplementari che completano quelli derivanti dalla vendita di elettricità, se gli articoli 2, [secondo comma], lettera k), e 3, paragrafo 3, della direttiva 2009/28 (…) debbano essere interpretati nel senso che consentono a uno Stato membro di applicare un regime di sostegno nazionale avente le predette caratteristiche, del quale possono beneficiare solamente i produttori stabiliti sul suo territorio e che comporta un vantaggio economico per i suddetti produttori rispetto ai produttori ai quali non possono essere assegnati certificati di elettricità.

2)

Se, alla luce dell’articolo 34 TFUE, un regime come quello descritto nella prima questione possa costituire una restrizione quantitativa all’importazione o una misura di effetto equivalente.

3)

In caso di soluzione affermativa della seconda questione, se un siffatto regime possa cionondimeno essere considerato compatibile con l’articolo 34 TFUE, tenuto conto del suo obiettivo, consistente nella promozione della produzione di elettricità [verde].

4)

Se, ai fini della soluzione delle precedenti questioni, sia rilevante che la restrizione dell’ambito di applicazione di tale regime ai soli produttori nazionali non sia espressamente disciplinata dalla normativa nazionale.

IV – Analisi

A – Sulla prima questione

28.

Con la prima questione, suddivisa in due parti, il giudice del rinvio chiede, in primo luogo, se un regime come quello oggetto del procedimento principale costituisca un regime di sostegno ai sensi dell’articolo 2, secondo comma, lettera k), della direttiva 2009/28 e, in secondo luogo, in caso di soluzione affermativa, se le disposizioni di tale direttiva debbano essere interpretate nel senso che esse vietano di limitare il beneficio di un siffatto regime ai soli produttori i cui impianti sono situati nel territorio dello Stato membro interessato.

1. Sulla prima parte della questione

29.

Si pone la questione se un regime di certificati verdi come quello oggetto del procedimento principale costituisca un regime di sostegno ai sensi dell’articolo 2, secondo comma, lettera k), della direttiva 2009/28.

30.

Secondo l’Ålands Vindkraft, la direttiva 2009/28 si applica ai regimi di sostegno all’utilizzazione di elettricità verde, e non alla sua produzione, mentre secondo l’Energimyndigheten, secondo tutti i governi che hanno presentato osservazioni, nonché secondo la Commissione europea, un regime di sostegno alla produzione di elettricità verde deve essere qualificato come «regime di sostegno» ai sensi di tale direttiva.

31.

Condivido senza esitazioni quest’ultima analisi, che deriva dalla lettura delle definizioni contenute nell’articolo 2, secondo comma, lettere k) e l), della citata direttiva, e ciò per le ragioni esposte qui di seguito.

32.

In primo luogo, si evince chiaramente dalla formulazione stessa di tali definizioni che i regimi di sostegno intesi a promuovere l’utilizzo dell’energia verde inglobano quelli che impongono ai produttori o ai fornitori di energia una quota di produzione o di fornitura di energia verde. Quindi la nozione di utilizzazione di elettricità verde va intesa in un’accezione che comprende la produzione di tale elettricità, per cui non è conforme alla lettera della direttiva 2009/28 opporre tali due termini considerando che l’uno escluda l’altro.

33.

In secondo luogo, l’impiego dell’aggettivo «tout» [«ogni», assente nel testo italiano della direttiva, N.d.T.] e dei termini, considerati equivalenti, «strumento», «regime» o «meccanismo», nonché il carattere non esaustivo degli esempi enumerati all’articolo 2, secondo comma, lettera k), di tale direttiva, evidenziano la volontà del legislatore dell’Unione di optare per un’ampia accezione della nozione di regime di sostegno.

34.

In terzo luogo, è giocoforza constatare che l’articolo 2, secondo comma, lettere k) e l), della citata direttiva menziona espressamente tra i regimi di sostegno, oltre alle tariffe di riacquisto e alle sovvenzioni, i regimi dei certificati verdi ( 11 ).

35.

A mio avviso, non sussiste pertanto alcun dubbio sul fatto che un regime di certificati verdi come quello oggetto del procedimento principale costituisca un regime di sostegno ai sensi della direttiva 2009/28.

36.

Resta da stabilire se le disposizioni di tale direttiva vietino di riservare il beneficio di un siffatto regime ai soli produttori i cui impianti sono situati nel territorio dello Stato membro interessato.

2. Sulla seconda parte della questione

37.

Le disposizioni della direttiva 2009/28 danno luogo ad interpretazioni divergenti ad opera delle parti principali e delle parti intervenienti.

38.

Secondo una prima lettura, sostenuta dall’Ålands Vindkraft, la direttiva 2009/28, se è intesa a promuovere l’utilizzazione di energia verde affinché gli Stati membri possano conformarsi ai loro obiettivi obbligatori, non consente l’instaurazione di regimi di sostegno discriminatori, i quali farebbero sorgere ostacoli illeciti agli scambi.

39.

Una lettura radicalmente opposta è suggerita dall’Energimyndigheten e dai governi svedese, tedesco e norvegese, i quali ritengono che la direttiva 2009/28 autorizzi espressamente, o persino presupponga una limitazione del beneficio dei regimi di sostegno nazionali all’energia verde prodotta sul territorio nazionale.

40.

Tale lettura sarebbe conforme al testo stesso di tale direttiva, in quanto il considerando 25 e l’articolo 3, paragrafo 3, della stessa, indicano che gli Stati membri sono liberi di determinare se e in quale misura essi intendono sostenere l’energia verde prodotta in altri Stati membri, ed enumerano i meccanismi facoltativi di cooperazione ai quali essi possono ricorrere in tale ipotesi.

41.

Suddetta lettura sarebbe inoltre confermata dall’economia generale della direttiva 2009/28. Questa seguirebbe, infatti, un approccio orientato sugli Stati membri considerati individualmente, imponendo a ciascuno obiettivi specifici. Inoltre, essa farebbe dei regimi di sostegno nazionali lo strumento essenziale per la realizzazione di tali obiettivi, e consacrerebbe la possibilità, per gli Stati membri, di controllare gli effetti e i costi di siffatti regimi in funzione dei loro rispettivi potenziali, il che presupporrebbe la presenza di regimi che si limitano al territorio di ciascuno degli Stati membri.

42.

Una siffatta lettura sarebbe parimenti confortata, secondo i governi svedese e norvegese, dai lavori preparatori della direttiva 2009/28, i quali lascerebbero intendere che gli Stati membri godono di un notevole margine di discrezionalità per portare a buon fine le proprie politiche, al fine di adempiere ai propri obblighi in conformità di tale direttiva, la quale si limita a stabilire un quadro comune ( 12 ).

43.

La Commissione suggerisce una via di mezzo. Facendo valere che, a differenza della direttiva 2001/77, la direttiva 2009/28 non contiene alcuna menzione relativa agli effetti restrittivi sugli scambi, e che le disposizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 3, riconoscono agli Stati membri il diritto di istituire regimi di sostegno, di predisporre misure di cooperazione o di decidere in che misura sostenere l’energia verde prodotta in un altro Stato membro, essa ritiene che la direttiva 2009/28 debba essere interpretata nel senso che essa non osta all’attuazione, da parte di uno Stato membro, di un regime di sostegno nazionale che vada unicamente a beneficio dei produttori stabiliti sul suo territorio.

44.

Ritengo, da parte mia, che la direttiva 2009/28 autorizzi le limitazioni territoriali dei regimi di sostegno all’energia verde, come dimostrano sia l’interpretazione letterale sia l’economia generale e gli obiettivi di tale direttiva.

a) Il testo dell’articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2009/28

45.

Il considerando 25 della direttiva 2009/28 afferma espressamente che restrizioni esistono nella maggior parte dei regimi di sostegno nazionali, e che gli Stati membri, i quali hanno potenziali diversi, godono di un margine di discrezionalità per determinare se e in quale misura tali regimi di sostegno si applicano all’energia verde prodotta in altri Stati membri. Siffatto margine di discrezionalità si traduce, all’articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, di tale direttiva, nell’affermazione del principio secondo il quale gli Stati membri hanno il «diritto di decidere» sulla portata del sostegno all’energia verde importata «conformemente agli articoli da 5 a 11» di suddetta direttiva, fatta salva soltanto l’osservanza degli articoli 107 TFUE e 108 TFUE. Ne risulta che la direttiva 2009/28 conferisce agli Stati membri un titolo di competenza per determinare il principio e la portata del loro sostegno all’energia verde importata e per concludere eventualmente degli accordi con altri Stati membri.

b) L’economia generale della direttiva 2009/28

46.

Due argomenti fondati sull’economia generale della direttiva 2009/28 forniscono indicazioni chiare sulla questione se uno Stato membro che attua un regime di sostegno sia tenuto a far beneficiare di tale regime gli impianti di produzione di elettricità verde situati in altri Stati membri.

47.

Il primo argomento si fonda sul carattere facoltativo dei meccanismi di flessibilità disciplinati dagli articoli da 6 a 11 di tale direttiva. Anche se il legislatore dell’Unione ha voluto sostenere gli scambi transfrontalieri di energia verde, favorendo il consumo, negli Stati membri, di energia verde prodotta in altri Stati membri e permettendo la computazione, nell’obiettivo nazionale di uno Stato membro, dell’energia verde consumata in un altro Stato membro ( 13 ), le «misure di flessibilità» ( 14 ), denominate anche «meccanismi di cooperazione» ( 15 ), che sono state istituite a tale fine e che possono assumere la forma sia di «trasferimenti statistici» ( 16 ), sia di «progetti comuni tra Stati membri» ( 17 ), sia, ancora, di «regimi di sostegno comuni» ( 18 ), sono espressamente concepite come meccanismi facoltativi ( 19 ), subordinate alla previa conclusione di un accordo fra Stati membri. Di conseguenza, anche se uno Stato membro fosse disposto ad applicare unilateralmente il proprio regime di sostegno all’energia verde prodotta in un altro Stato membro, tale energia potrebbe essere presa in considerazione ai fini della realizzazione dei suoi obiettivi nazionali solo qualora tale secondo Stato accetti tale considerazione e concluda con il primo un accordo di cooperazione.

48.

Il secondo argomento attiene alla portata limitata riconosciuta alle garanzie d’origine. Pur istituendo un obbligo di riconoscimento reciproco di tali garanzie, la direttiva 2009/28 limita espressamente la portata delle garanzie emesse da altri Stati membri, specificando che esse hanno esclusivamente valore di strumenti di prova ( 20 ), senza conferire il diritto di beneficiare dei regimi di sostegno nazionali ( 21 ). Ne risulta che uno Stato membro può negare il beneficio del proprio regime di sostegno ad un produttore di elettricità verde stabilito all’estero, quand’anche l’origine verde della sua produzione fosse stabilita da una garanzia d’origine conforme ai requisiti della direttiva 2009/28.

49.

Gli obiettivi di tale direttiva confermano siffatto margine di discrezionalità lasciato agli Stati membri.

c) Gli obiettivi della direttiva 2009/28

50.

Diversamente dalla direttiva 2001/77, la quale imponeva agli Stati membri obiettivi meramente indicativi, la direttiva 2009/28 fissa obiettivi nazionali generali obbligatori ( 22 ) di consumo di elettricità verde che devono consentire di realizzare l’obiettivo generale di un minimo del 20% della produzione di energia verde nell’Unione europea, lasciando agli Stati membri la scelta dei mezzi adeguati al raggiungimento di tali obiettivi. Inoltre, se, nell’ambito della direttiva 2001/77, gli obiettivi indicativi nazionali di «consumo» potevano essere realizzati prendendo in considerazione l’elettricità verde importata ( 23 ), la direttiva 2009/28 definisce il consumo di elettricità verde la quantità di elettricità verde «prodotta in uno Stato membro (…) escludendo la produzione di elettricità in centrali di pompaggio con il ricorso all’acqua precedentemente pompata a monte» ( 24 ). La strutturazione a livello nazionale dell’obiettivo della promozione dell’impiego di energia verde e l’accento posto sulla produzione sembrano legittimare la decisione di uno Stato membro di riservare il suo sostegno unicamente alla propria produzione nazionale, che è quella che gli consentirà di realizzare i suoi obiettivi.

51.

Queste sono le ragioni per le quali suggerisco di risolvere la prima questione sollevata dal förvaltningsrätten i Linköping nel senso che gli articoli 2, secondo comma, lettera k), e 3, paragrafo 3, della direttiva 2009/28, devono essere interpretati nel senso che:

costituisce un regime di sostegno ai sensi di tale direttiva una normativa nazionale che concede ai produttori di elettricità verde certificati verdi dei quali i fornitori di elettricità e determinati consumatori sono obbligati ad acquistare una certa quota in funzione della quantità totale di elettricità che forniscono o consumano;

suddetta direttiva autorizza gli Stati membri, allorché istituiscono siffatti regimi, a riservare la concessione dei certificati verdi ai soli impianti di produzione di elettricità situati nel loro territorio.

B – Sulla seconda e sulla terza questione

52.

Con la seconda e la terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 34 TFUE osti alla restrizione territoriale che caratterizza il regime oggetto del procedimento principale.

53.

Al fine di rispondere a siffatta questione, applicherò lo stesso ragionamento in tre fasi seguito nelle conclusioni da me presentate nella causa Essent Belgium, cit., determinando in via successiva se l’articolo 34 TFUE sia applicabile, se la normativa in questione costituisca un ostacolo, e se essa possa essere giustificata.

1. L’applicabilità dell’articolo 34 TFUE

54.

Si pone la questione se l’adozione della direttiva 2009/28 vieti di esaminare la compatibilità con l’articolo 34 TFUE dei regimi di sostegno nazionali.

55.

Le posizioni assunte in merito a tale questione dalle parti che hanno depositato osservazioni davanti alla Corte divergono.

56.

L’Ålands Vindkraft fa valere che la direttiva 2009/28 non ha armonizzato i regimi di sostegno nazionali, e che, di conseguenza, le misure nazionali adottate nell’ambito della trasposizione di tale direttiva devono essere compatibili con il diritto primario, a prescindere dalla loro eventuale conformità a suddetta direttiva.

57.

Viceversa, l’Energimyndigheten nega la possibilità di un conflitto fra la restrizione territoriale controversa e l’articolo 34 TFUE, in quanto il diritto primario sarebbe applicabile solo laddove non esista un diritto derivato applicabile ( 25 ).

58.

Riconoscendo al contempo che la direttiva 2009/28 non ha proceduto ad un’armonizzazione esaustiva dei regimi di sostegno nazionali, il governo tedesco ritiene che la portata del controllo giurisdizionale che deve essere esercitato in relazione all’articolo 34 TFUE debba tenere conto del fatto che il legislatore dell’Unione ha consapevolmente accettato eventuali restrizioni alla libera circolazione delle merci, necessarie al buon funzionamento dei sistemi di sostegno nazionali.

59.

Infine, la Commissione desume dal fatto che la direttiva 2009/28 ha riconosciuto agli Stati membri il diritto di mantenere i rispettivi regimi di aiuto al fine di realizzare i propri obiettivi nazionali, che il regime svedese di certificati verdi debba presumersi conforme all’articolo 34 TFUE.

60.

A mio avviso, l’intervento della direttiva 2009/28 non può dispensare dall’esaminare la questione con riferimento all’articolo 34 TFUE.

61.

Se si evince da una giurisprudenza costante che qualsiasi misura nazionale in un settore che ha formato oggetto di un’armonizzazione esaustiva a livello dell’Unione dev’essere valutata in rapporto alle disposizioni di tale misura di armonizzazione e non di quelle del diritto primario ( 26 ), tale giurisprudenza non è in alcun modo applicabile, in quanto è pacifico che la direttiva 2009/28 non ha armonizzato il contenuto sostanziale dei regimi di sostegno destinati a promuovere l’utilizzazione dell’energia verde.

62.

In realtà, la difficoltà risiede non nell’esistenza di una normativa comune che prevede l’armonizzazione esaustiva delle misure necessarie a garantire la protezione dell’ambiente nel commercio di energia verde fra gli Stati membri, bensì nell’affermazione, nella direttiva 2009/28, della competenza degli Stati membri a stabilire se i propri regimi di sostegno si applichino o meno all’energia verde importata da un altro Stato membro.

63.

In tali circostanze, la valutazione del regime di sostegno svedese con riguardo all’articolo 34 TFUE deve essere effettuata tenendo conto del principio del primato del diritto primario sulle altre fonti del diritto dell’Unione; da ciò derivano due conseguenze.

64.

La prima verte sull’interpretazione del diritto derivato, la quale deve essere effettuata nel senso della sua conformità al diritto primario e ai principi generali del diritto dell’Unione. Al riguardo, occorre rammentare la consolidata giurisprudenza secondo cui, qualora una norma di diritto derivato ammetta più di un’interpretazione, si deve dare la preferenza a quella che rende la norma stessa conforme alle disposizioni del Trattato rispetto a quella che porta a constatare la sua incompatibilità con tali disposizioni ( 27 ).

65.

La seconda conseguenza attiene alla validità del diritto derivato, la quale deve essere valutata con riferimento alle norme di diritto primario relative alle libertà di circolazione. Infatti, si evince dalla giurisprudenza della Corte che il divieto delle restrizioni quantitative e delle misure di effetto equivalente, previsto dall’articolo 34 TFUE, «vale non solo per i provvedimenti nazionali, ma anche per quelli adottati dalle istituzioni dell’Unione» ( 28 ), le quali «sono tenute anch’esse a rispettare la libertà degli scambi [fra gli Stati membri], principio fondamentale del mercato comune» ( 29 ).

66.

Orbene, nell’ambito particolare dello strumento di cooperazione fra la Corte e le giurisdizioni nazionali, istituito dall’articolo 267 TFUE, occorre rilevare che la Corte, benché esclusivamente investita in via pregiudiziale di una questione attinente all’interpretazione del diritto dell’Unione, può, in taluni circostanze particolari, essere chiamata ad esaminare la validità di disposizioni di diritto derivato.

67.

Al riguardo, occorre rammentare che la Corte ha dichiarato che «[q]ualora risulti che le questioni deferite da un giudice nazionale hanno in realtà ad oggetto la validità di atti [dell’Unione, piuttosto che l’interpretazione degli stessi], la Corte è tenuta a pronunciarsi, senza imporre al giudice proponente un formalismo puramente dilatorio, incompatibile con la natura dei meccanismi istituiti dall’articolo [267 TFUE]» ( 30 ).

68.

Di conseguenza, la Corte ha, in più occasioni, dichiarato d’ufficio l’invalidità di un atto del quale le era stata domandata unicamente l’interpretazione ( 31 ).

69.

Tale elasticità che caratterizza lo strumento di cooperazione costituito dal rinvio pregiudiziale mi sembra consentire alla Corte di statuire sulla validità di una disposizione di diritto derivato laddove, come nel procedimento principale, il giudice del rinvio sollevi questioni pregiudiziali relative al contempo sia all’interpretazione del diritto derivato sia all’interpretazione del diritto primario. Se, in una fattispecie del genere, l’interpretazione del diritto derivato rivela un’incompatibilità con il diritto primario, l’efficacia della cooperazione con le giurisdizioni nazionali presuppone che la Corte chiarisca le conseguenze che occorre trarre da una siffatta constatazione con riferimento alla validità della disposizione di diritto derivato di cui trattasi.

70.

È vero che non si deve dimenticare che le informazioni contenute nei provvedimenti di rinvio servono non solo a consentire alla Corte di fornire soluzioni utili, bensì anche a dare ai governi degli Stati membri e alle altre parti interessate la possibilità di presentare osservazioni ai sensi dell’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea. Spetta pertanto a quest’ultima garantire che tale possibilità sia salvaguardata, considerato che, in forza di detta disposizione, solo le decisioni di rinvio sono notificate alle parti interessate, accompagnate da una traduzione nella lingua ufficiale di ciascuno Stato membro, con esclusione del fascicolo nazionale eventualmente trasmesso alla Corte dal giudice del rinvio ( 32 ).

71.

Nella specie, si evince dalla decisione di rinvio che, sebbene le questioni riguardino formalmente l’interpretazione degli articoli 2, secondo comma, lettera k), e 3, paragrafo 3, della direttiva 2009/28, nonché dell’articolo 34 TFUE, il förvaltningsrätten i Linköping, non escludendo la conformità alla direttiva 2009/28 delle caratteristiche del regime di cui al procedimento principale, pur interrogandosi sulla compatibilità di tale regime con il principio della libera circolazione delle merci, solleva indirettamente dei dubbi quanto alla validità di tale direttiva, con la conseguenza che l’oggetto delle questioni impone un accertamento di validità.

72.

È in tal senso che anche i governi degli Stati membri, nonché le parti in via principale, hanno inteso la domanda di pronuncia pregiudiziale, come dimostrano, segnatamente, le osservazioni dell’Energimyndigheten, secondo le quali vietare sul fondamento dell’articolo 34 TFUE le restrizioni territoriali sarebbe «incompatibile» con la direttiva 2009/28 ( 33 ).

73.

Occorre pertanto valutare se l’articolo 34 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una restrizione territoriale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, e dedurne eventualmente le conseguenze quanto alla validità della direttiva 2009/28 con riferimento a suddetta disposizione.

2. L’esistenza di una restrizione alla libera circolazione delle merci

74.

Come già rammentato nelle conclusioni da me presentate nella causa Essent Belgium, cit. ( 34 ), si evince da una giurisprudenza fortemente consolidata che costituisce una misura d’effetto equivalente a restrizioni quantitative ai sensi dell’articolo 34 TFUE ogni normativa commerciale degli Stati membri idonea a ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, il commercio nell’ambito dell’Unione.

75.

La restrizione può risultare non solo da una penalizzazione dei prodotti importati rispetto ai prodotti nazionali, ma anche, viceversa, da un vantaggio accordato alla produzione nazionale rispetto alle merci importate ( 35 ), o persino da una normativa che, pur non riservando il vantaggio ai prodotti nazionali, imponga condizioni supplementari per la sua concessione ai prodotti importati ( 36 ).

76.

Il sistema svedese dei certificati verdi, benché non vieti l’importazione di elettricità, procura indubbiamente un vantaggio economico suscettibile di favorire i produttori di elettricità verde stabiliti in Svezia rispetto ai produttori stabiliti in altri Stati membri, in quanto, mentre i primi beneficiano di entrate supplementari procurate dalla vendita di certificati verdi, la quale opera come un premio alla produzione, i secondi guadagnano unicamente dalla vendita di elettricità verde.

77.

L’impossibilità, per i produttori di elettricità stabiliti in altri Stati membri, di beneficiare del regime dei certificati verdi allorché esportano elettricità verde costituisce, pertanto, una restrizione discriminatoria della libera circolazione delle merci, vietata dall’articolo 34 TFUE.

78.

Tuttavia, occorre esaminare se tale restrizione possa essere giustificata.

3. La giustificazione dell’ostacolo alla libera circolazione delle merci

79.

Ritengo, per le ragioni esposte nella causa Essent Belgium, cit., e sulle quali ritengo inutile ritornare, che una normativa nazionale che costituisce una misura d’effetto equivalente a restrizioni quantitative, possa essere giustificata dall’obiettivo della tutela dell’ambiente nonostante essa sia discriminatoria, a condizione tuttavia, in tale caso, di essere assoggettata ad un test di proporzionalità particolarmente rigoroso, da me qualificato «rinforzato».

80.

Occorre pertanto verificare se la normativa nazionale oggetto del procedimento principale sia idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo di protezione dell’ambiente, e non ecceda quanto necessario al conseguimento di tale obiettivo.

81.

L’Energimyndigheten, nonché tutti i governi che hanno presentato osservazioni, richiamano la sentenza PreussenElektra ( 37 ), sostenendo che le giustificazioni accolte in tale sentenza sarebbero parimenti applicabili alla normativa oggetto del procedimento principale.

82.

Non condivido tale opinione, e ritengo che l’evoluzione del quadro normativo imponga di rivedere i termini della discussione.

83.

Occorre rilevare, più in particolare, due circostanze, ossia la liberalizzazione del mercato dell’elettricità e l’istituzione di un sistema di riconoscimento reciproco delle garanzie d’origine.

84.

In primo luogo, l’Unione è impegnata, dal 1999, in una dinamica di liberalizzazione progressiva del mercato interno dell’energia, la quale si manifesta nell’adozione di un nuovo quadro normativo intitolato «terzo pacchetto “energia”». Costituito, in particolare, dal regolamento (CE) n. 714/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo alle condizioni di accesso alla rete per gli scambi transfrontalieri di energia elettrica e che abroga il regolamento (CE) n. 1228/2003 ( 38 ), e dalla direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE ( 39 ), il suddetto quadro instaura una concorrenza fra i produttori di elettricità ed intensifica gli scambi transfrontalieri di elettricità, favorendo le interconnessioni delle reti.

85.

Occorre osservare che, a differenza della direttiva 96/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 dicembre 1996, concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica ( 40 ), la quale rappresentava unicamente «una nuova fase della liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica [lasciando] permanere ostacoli agli scambi di energia elettrica tra Stati membri» ( 41 ), la direttiva 2009/72, come si evince dal suo considerando 62, è intesa alla creazione di un mercato interno dell’energia elettrica pienamente operativo, il quale consenta la vendita di energia elettrica a condizioni identiche attraverso una rete di connessioni.

86.

Occorre parimenti sottolineare, come confermato dalle conclusioni del Consiglio europeo del 4 febbraio 2011 ( 42 ), nonché da quelle del 18 e del 19 ottobre 2012 ( 43 ), che gli Stati membri si accordano per completare il mercato interno dell’energia entro il 2014, affinché quest’ultima possa circolare liberamente. Pertanto, diversamente da quanto sostenuto dal governo tedesco, la realizzazione del mercato interno dell’elettricità per il 2014 costituisce non solo un’ambizione propria della Commissione, bensì anche una «necessità» ( 44 ) e un obiettivo dell’Unione.

87.

Occorre rilevare, inoltre, che l’integrazione delle energie verdi nel mercato interno dell’elettricità costituisce uno degli obiettivi più importanti della direttiva 2009/28, la quale mira, in particolare, a sviluppare l’interconnessione tra le reti elettriche degli Stati membri al fine di sviluppare gli scambi transfrontalieri di elettricità verde, per natura intermittente, assicurando ai produttori di elettricità verde un accesso prioritario o garantito alle reti di trasporto e di distribuzione ( 45 ).

88.

In secondo luogo, la giustificazione fondata sull’impossibilità di determinare l’origine verde dell’energia elettrica prodotta in un altro Stato membro non può più essere validamente addotta a partire dall’instaurazione, da parte della direttiva 2001/77, di «garanzie di origine» destinate per l’appunto ad attestare che l’elettricità venduta è prodotta a partire da fonti energetiche rinnovabili.

89.

Al riguardo, si potrebbe obiettare che le garanzie d’origine sono esclusivamente concepite, nella direttiva 2009/28, come strumenti di prova che consentono ad un fornitore di dimostrare ai propri clienti che il suo mix energetico contiene una quota o una quantità determinata di energia verde ( 46 ), che esse non assolvono alcuna funzione per la realizzazione degli obiettivi nazionali obbligatori ( 47 ) e non conferiscono, di per sé, il diritto di beneficiare dei regimi di sostegno nazionali ( 48 ).

90.

Tuttavia, tale obiezione mi pare priva di rilevanza con riferimento al motivo accolto dalla Corte, fondato esclusivamente sull’assenza di uno strumento di prova che consenta di determinare l’origine dell’elettricità prodotta. Essa finisce inoltre per tentare di giustificare la violazione delle norme del Trattato FUE concernenti la libera circolazione delle merci mediante la menzione di una norma di rango inferiore.

91.

In definitiva, la duplice evoluzione del quadro normativo degli scambi di elettricità, caratterizzata da una dinamica di liberalizzazione e di riconoscimento reciproco, mi sembra rendere difficile il mantenimento della giurisprudenza scaturita dalla sentenza PreussenElektra, cit., sebbene sottoscriva senza riserve la frase, secondo la quale l’utilizzo delle energie verdi, che mirano a promuovere i regimi di sostegno nazionali, contribuisce alla protezione dell’ambiente, segnatamente riducendo le emissioni di gas a effetto serra ( 49 ).

92.

Resto cionondimeno più scettico di fronte all’affermazione, secondo la quale la possibilità, per un produttore di elettricità verde stabilito in uno Stato membro, di beneficiare del regime di sostegno applicato da un altro Stato membro, sarebbe necessariamente incompatibile con tale obiettivo. A tal riguardo, mi sembra che sussista una certa confusione fra le finalità dei regimi di sostegno e quelle delle restrizioni territoriali in particolare.

93.

Tale questione merita un esame accurato, in quanto, se è agevole ammettere che i regimi di certificati verdi, stimolando la produzione di energia verde, contribuiscono alla protezione dell’ambiente, vi è per contro un certo paradosso nel ritenere che l’incentivazione dell’importazione di elettricità verde proveniente da un altro Stato membro potrebbe nuocere alla protezione dell’ambiente.

94.

Mi sembra dunque importante esaminare più in dettaglio ciascuna delle giustificazioni addotte per spiegare il rifiuto di ammettere la considerazione, nei regimi di sostegno nazionali, della produzione di energia verde proveniente da altri Stati membri.

95.

Benché esse siano raggruppate sotto il richiamo generale della protezione dell’ambiente, tali giustificazioni hanno in realtà una natura molto diversa. Così, al fine di valutarne il rispettivo peso, occorre ritornare, per confutarli, su ciascuno dei principali argomenti elaborati dall’Energimyndigheten e dai governi che hanno presentato osservazioni ( 50 ).

96.

Il primo argomento poggia sulla necessità di garantire il buon funzionamento dei regimi di sostegno e di non compromettere la capacità degli Stati membri di realizzare i propri obiettivi nazionali di aumento della produzione di elettricità verde, il che presupporrebbe che essi possano controllare gli effetti e i costi dei propri sistemi di sostegno in funzione dei loro rispettivi potenziali.

97.

Questo primo argomento non persuade, in quanto il rischio di destabilizzazione dei regimi nazionali di certificati verdi in caso di apertura ai produttori stabiliti in altri Stati membri non mi sembra dimostrato.

98.

Oltre al fatto che i persistenti ostacoli tecnici al commercio transfrontaliero dell’elettricità, legati, in particolare, alle difficoltà di accesso alle reti e all’assenza di interconnessioni, limitano, in proporzioni certamente variabili a seconda degli Stati membri interessati, i rischi di un afflusso improvviso e massiccio di produttori di elettricità verde stranieri, i regimi di sostegno sono in genere corredati di meccanismi di regolazione che potrebbero consentire, se del caso, di ovviare al rischio di diminuzione del prezzo dei certificati verdi in caso di aumento del numero dei certificati in circolazione in ragione della loro concessione a produttori stranieri. In un sistema come quello oggetto del procedimento principale, il quale poggia sull’instaurazione di quote evolutive imposte ai fornitori e a taluni consumatori, l’aumento del numero di certificati sul mercato dei certificati verdi potrebbe, infatti, essere compensato da un contestuale aumento del fabbisogno di quote, il che non potrebbe che andare nella giusta direzione.

99.

Il secondo argomento si fonda sul fatto che gli scambi transfrontalieri di elettricità verde esigerebbero la previa conclusione di un accordo di cooperazione fra gli Stati membri di cui trattasi al fine di disciplinare diverse questioni relative, segnatamente, alle condizioni di emissione dei certificati verdi, alla coordinazione delle informazioni e alla designazione delle autorità incaricate di approvare gli impianti.

100.

Nemmeno quest’argomento mi sembra convincente.

101.

Da un lato, come riconosciuto dal governo tedesco, i meccanismi di cooperazione fra gli Stati membri previsti dalla direttiva 2009/28 sono intesi non a garantire l’accesso ai regimi di sostegno nazionali dell’elettricità verde prodotta all’estero, bensì a consentire agli Stati membri il raggiungimento dei rispettivi obiettivi nazionali generali con il supporto di altri Stati membri. A mio avviso, lungi dal vietare la firma di accordi di cooperazione, l’apertura dell’accesso ai regimi di sostegno nazionali agli impianti situati all’estero può, al contrario, favorirla, incoraggiando gli Stati membri a coordinare i propri regimi di sostegno.

102.

Dall’altro, mi sembra significativo il fatto che, mentre fra gli obiettivi della direttiva 2009/28 figura lo sviluppo degli scambi di energia verde fra gli Stati membri, dalla sua entrata in vigore è stato concluso un solo accordo di cooperazione, quello stipulato fra il Regno di Svezia e il Regno di Norvegia il 29 giugno 2011. Noto peraltro con interesse che, nella sua comunicazione del 5 novembre 2013, intitolata «Realizzare il mercato interno dell’energia elettrica e sfruttare al meglio l’intervento pubblico» ( 51 ), la Commissione, dichiarandosi rammaricata del fatto che non ci si sia avvalsi dei meccanismi di cooperazione, fatta eccezione per tale accordo, rileva che lo sviluppo di energie verdi nell’ambito di regimi di sostegno transnazionali «può ridurre i costi di conformità alla direttiva 2009/28(…) e può concorrere a eliminare eventuali distorsioni del mercato unico derivanti da approcci nazionali diversi» ( 52 ).

103.

Il terzo argomento si basa sul fatto che il divieto di restrizioni territoriali farebbe perdere agli Stati membri il controllo sulla composizione del loro mix energetico.

104.

Tale argomento non mi sembra più fondato dei precedenti. Anche se dall’articolo 194, paragrafo 2, secondo comma, TFUE si evince che la politica dell’Unione nel settore dell’energia intende rispettare la libertà di scelta del mix energetico nazionale, fatto salvo l’articolo 192, paragrafo 2, lettera c), TFUE ( 53 ), tale scelta di politica energetica può, cionondimeno, risentire delle misure adottate dall’Unione nell’ambito della sua politica ambientale, come attesta la stessa direttiva 2009/28, la quale, imponendo a ciascuno Stato membro obiettivi obbligatori di consumo di energia verde, influisce necessariamente sulla composizione del loro mix energetico.

105.

Il quarto argomento si fonda sul fatto che i produttori di elettricità verde stabiliti in altri Stati membri potrebbero scegliere il regime ad essi più favorevole, il che aprirebbe la porta a sostegni «à la carte», ovvero ottenere un sostegno da parte di due regimi nazionali.

106.

Ritengo, tuttavia, che la possibilità, per gli Stati membri, di coordinare i rispettivi regimi di sostegno grazie ai diversi meccanismi di cooperazione previsti dalla direttiva 2009/28 sia idonea a rispondere a tale obiezione.

107.

Con il quinto argomento dedotto a sostegno delle restrizioni territoriali, si afferma che l’apertura dei regimi di sostegno alle produzioni straniere avrebbe come conseguenza che il consumatore nazionale sia indotto a finanziare gli impianti di produzione di elettricità verde situati in altri Stati membri. Mi chiedo, tuttavia, come questo argomento fatto valere dall’Energimyndigheten in udienza possa rivendicare l’obiettivo della protezione dell’ambiente, il quale giustifica, al contrario, che, attraverso regimi di sostegno nazionali, i consumatori di uno Stato membro finanzino l’energia verde importata da uno Stato membro piuttosto che l’energia di origine fossile nazionale.

108.

In definitiva, ritengo che nessuno degli argomenti dedotti consenta di dimostrare che le restrizioni territoriali come quelle oggetto del procedimento principale siano idonee a garantire la realizzazione dell’obiettivo della protezione dell’ambiente.

109.

Al riguardo, è importante rilevare che fra le quattro componenti della politica dell’Unione in materia ambientale, menzionate dall’articolo 191, paragrafo 1, TFUE, figura «l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali» ( 54 ). Orbene, lo sviluppo degli scambi transfrontalieri di elettricità verde che deriverebbe dall’apertura dei regimi di sostegno nazionali alle produzioni straniere contribuirebbe alla realizzazione di tale obiettivo, consentendo una ripartizione ottimale della produzione fra gli Stati membri in funzione dei loro rispettivi potenziali.

110.

Di conseguenza, ritengo che le restrizioni territoriali come quelle oggetto del procedimento principale non siano conformi al principio della libera circolazione delle merci.

111.

Poiché mi sembra che la direttiva 2009/38 possa essere interpretata soltanto nel senso che essa autorizza siffatte restrizioni, ritengo che la stessa debba considerarsi invalida sul punto.

112.

Restano da stabilire gli effetti nel tempo di tale dichiarazione di invalidità.

113.

Poiché il rinvio pregiudiziale per l’esame di validità e il ricorso di annullamento costituiscono due modalità complementari in cui si esplica il controllo di legittimità, la Corte determina le conseguenze scaturenti da una declaratoria di invalidità in analogia alle sentenze di annullamento, i cui effetti nel tempo sono specificati dall’articolo 264 TFUE.

114.

Di conseguenza, in conformità dell’articolo 264, primo paragrafo, TFUE, una dichiarazione d’invalidità esplica, in linea di principio, lo stesso effetto retroattivo di un annullamento.

115.

Tuttavia, fondandosi sulla deroga prevista dall’articolo 264, secondo paragrafo, TFUE, la Corte ammette che possa derogarsi, in via eccezionale, al principio dell’efficacia retroattiva della dichiarazione di invalidità, qualora lo giustifichino esigenze imperative connesse.

116.

Così, mediante tre sentenze del 15 ottobre 1980, Providence agricole de la Champagne ( 55 ), Maïseries de Beauce ( 56 ), e Roquette Frères, cit., la Corte, dopo aver accertato l’invalidità dei regolamenti contestati, ha ritenuto che tale invalidità non consentisse di rimettere in discussione la riscossione o il pagamento degli importi compensativi monetari effettuati dalle autorità nazionali, in base a suddetti regolamenti, per il periodo anteriore alla data della sua sentenza.

117.

Successivamente, la Corte si è avvalsa in più occasioni della possibilità di limitare nel tempo gli effetti dell’accertamento dell’invalidità di un atto dell’Unione allorché ciò era imposto da esigenze imperative di certezza del diritto attinenti al complesso degli interessi in gioco ( 57 ).

118.

Al fine di disporre una siffatta limitazione, la Corte prende in considerazione, da un lato, la buona fede degli ambienti interessati, e, dall’altro, il rischio di gravi inconvenienti che le sue sentenze potrebbero arrecare a situazioni giuridiche costituite.

119.

Ritengo che l’esercizio del potere di modulazione degli effetti nel tempo delle dichiarazioni di invalidità sia giustificato nel procedimento principale, il quale è caratterizzato da condizioni particolari.

120.

Lo sviluppo delle energie verdi presuppone, infatti, investimenti costosi e a lungo termine. Orbene, modifiche retroattive apportate ai regimi di sostegno potrebbero generare una crisi di fiducia degli investitori e ridurre gli investimenti in tale settore, in particolare nelle tecnologie meno mature.

121.

Ciò premesso, suggerisco concretamente alla Corte di differire di 24 mesi a decorrere dalla pronuncia gli effetti della sua sentenza, affinché possano essere apportate le necessarie modifiche alla direttiva 2009/28.

C – Sulla quarta questione

122.

Con la quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il fatto che la restrizione ai soli produttori nazionali dell’ambito di applicazione di un regime di sostegno come quello oggetto del procedimento principale non sia espressamente prevista dalla legislazione nazionale influisca sulla soluzione delle questioni precedenti.

123.

La decisione di rinvio afferma espressamente che, sebbene siffatta restrizione «non sia contenuta nel testo della legge bensì nei lavori preparatori» ( 58 ), «la normativa svedese, non consente agli impianti di produzione di elettricità [verde] situati al di fuori dei confini l’accesso al regime dei certificati [verdi]» ( 59 ).

124.

Il giudice del rinvio, unico competente ad individuare il diritto nazionale e ad interpretarlo, ritiene pertanto, basandosi sui lavori preparatori della legge, che la restrizione territoriale rifletta lo stato del diritto positivo nazionale. Peraltro, in caso contrario, le prime tre questioni presenterebbero un carattere ipotetico.

125.

Con la sua ultima questione, esso tenta, in definitiva, di ottenere una convalida del metodo di interpretazione teleologica impiegato per determinare il contenuto del proprio diritto positivo.

126.

Orbene, la Corte, la quale non è competente, nell’ambito del compito affidatole dall’articolo 267 TFUE, a statuire sull’interpretazione del diritto nazionale ( 60 ), non può controllare il metodo interpretativo di tale legge applicato dal giudice nazionale.

127.

Di conseguenza, ritengo che non occorra risolvere tale questione, la quale esula dalla competenza della Corte.

V – Conclusione

128.

Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che si debba rispondere alle questioni sottoposte dal förvaltningsrätten i Linköping come segue:

1)

Gli articoli 2, secondo comma, lettera k), e 3, paragrafo 3, della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, devono essere interpretati nel senso che

costituisce un regime di sostegno ai sensi della direttiva 2009/28 una normativa nazionale che concede ai produttori di elettricità proveniente da fonti energetiche rinnovabili certificati verdi dei quali i fornitori di elettricità e determinati consumatori sono obbligati ad acquistare una certa quota in funzione della quantità totale di elettricità che forniscono o consumano;

la direttiva 2009/28 autorizza gli Stati membri, allorché istituiscono siffatti regimi, a riservare la concessione dei certificati verdi ai soli impianti di produzione di elettricità proveniente da fonti energetiche rinnovabili situati sul loro territorio.

2)

L’articolo 34 TFUE osta ad una normativa nazionale che concede ai produttori di elettricità proveniente da fonti energetiche rinnovabili certificati verdi dei quali i fornitori di elettricità e determinati consumatori sono obbligati ad acquistare una certa quota in funzione della quantità totale di elettricità che forniscono o consumano, nei limiti in cui tale normativa esclude dal regime di aiuti i produttori i cui impianti sono situati nel territorio di un altro Stato membro.

3)

L’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2009/28, è invalido nella parte in cui conferisce agli Stati membri il potere di vietare o circoscrivere l’accesso ai rispettivi regimi di sostegno ai produttori i cui impianti di produzione di elettricità proveniente da fonti energetiche rinnovabili sono situati in un altro Stato membro.

4)

Tale invalidità prenderà effetto due anni dopo la pronuncia della sentenza.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) Per comodità di linguaggio, qualificherò tale energia «energia verde».

( 3 ) GU L 283, pag. 33.

( 4 ) GU L 140, pag. 16.

( 5 ) In prosieguo: l’«elettricità verde».

( 6 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2003, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 96/92/CE (GU L 176, pag. 37, e rettifica GU 2004, L 16, pag. 74).

( 7 ) In prosieguo: la «legge del 2003».

( 8 ) In prosieguo: la «legge del 2011».

( 9 ) La direttiva 2009/28 è stata integrata nell’accordo sullo Spazio economico europeo del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3), come adattato dal protocollo che adegua tale accordo (GU 1994, L 1, pag. 572), dalla decisione n. 162/2011 del Comitato misto SEE, del 19 dicembre 2011, che modifica l’allegato IV (Energia) dell’accordo SEE (GU 2012, L 76, pag. 49, e rettifica in GU 2012, L 247, pag. 16).

( 10 ) In prosieguo: l’«Ålands Vindkraft».

( 11 ) Tali regimi sono parimenti menzionati nell’ultima frase del considerando 52 della direttiva 2009/28.

( 12 ) Il governo svedese si riferisce al punto 3.1, pag. 8, del documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Energie rinnovabili: un ruolo di primo piano nel mercato energetico europeo [SWD(2012) 164 def:]. Tale documento è disponibile unicamente in lingua inglese.

( 13 ) V. considerando 36 di suddetta direttiva.

( 14 ) Idem.

( 15 ) Considerando 25 della direttiva 2009/28.

( 16 ) Articolo 6 di tale direttiva.

( 17 ) Articolo 7 della suddetta direttiva. Quest’ultima autorizza parimenti i progetti comuni fra Stati membri e paesi terzi (articolo 9 della stessa).

( 18 ) Articolo 11 della direttiva 2009/28.

( 19 ) Considerando 25, sesta frase, di tale direttiva.

( 20 ) Articolo 15, paragrafo 9, di suddetta direttiva.

( 21 ) V., in tal senso, il considerando 56 della direttiva 2009/28, che stabilisce che «[l]e garanzie di origine non conferiscono di per sé il diritto di beneficiare di regimi di sostegno nazionali». Anche se l’uso del condizionale, nella versione in lingua francese, lascia perplessi, in quanto sembra escludere ogni certezza, occorre constatare, tuttavia, che altre versioni linguistiche utilizzano l’indicativo presente [v., segnatamente, le versioni in lingua tedesca («Herkunftsnachweise begründen nicht an sich ein Recht auf Inanspruchnahme nationaler Förderregelungen»); inglese («Guarantees of origin do not by themselves confer a right to benefit from national support schemes»), e spagnola («Las garantías de origen no confieren de por sí el derecho a acogerse a sistemas de apoyo nacionales»)].

( 22 ) V. titolo dell’articolo 3 di tale direttiva.

( 23 ) V. paragrafi da 107 a 109 delle mie conclusioni nella causa Essent Belgium, cit.

( 24 ) Articolo 5, paragrafo 3, primo comma, di tale direttiva.

( 25 ) L’Energimyndigheten richiama il punto 53 della sentenza del 14 dicembre 2004, Radlberger Getränkegesellschaft e S. Spitz (C-309/02, Racc. pag. I-11763).

( 26 ) V., da ultimo, sentenza del 14 marzo 2013, Commissione/Francia (C‑216/11, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

( 27 ) V., segnatamente, sentenza del 26 giugno 2007, Ordre des barreaux francophones et germanophone e a. (C-305/05, Racc. pag. I-5305, punto 28). V., parimenti, sentenza del 7 marzo 2013, Efir (C‑19/12, punto 34).

( 28 ) Sentenza del 12 luglio 2012, Association Kokopelli (C‑59/11, punto 80 e giurisprudenza ivi citata). V., per analogia, con riferimento alla libera prestazione dei servizi, sentenza del 26 ottobre 2010, Schmelz (C-97/09, Racc. pag. I-10465, punto 50).

( 29 ) Sentenza del 29 febbraio 1984, Rewe-Zentrale (37/83, Racc. pag. 1229, punto 18).

( 30 ) Sentenza del 1o dicembre 1965, Schwarze (16/65, Racc. pag. 1081, in particolare pag. 1094).

( 31 ) V., segnatamente, sentenze del 3 febbraio 1977, Strehl (62/76, Racc. Pag. 211, punti da 10 a 17); del 15 ottobre 1980, Roquette Frères (145/79, Racc. pag. 2917, punto 6), nonché del 4 ottobre 2007, Schutzverband der Spirituosen-Industrie (C-457/05, Racc. pag. I-8075, punti da 32 a 39).

( 32 ) V., in particolare, sentenza del 27 novembre 2012, Pringle (C‑370/12, punto 85 e giurisprudenza ivi citata).

( 33 ) V. pag. 28, penultimo paragrafo, di tali osservazioni, nella versione in lingua francese.

( 34 ) Punto 78.

( 35 ) V., segnatamente, sentenza del 5 giugno 1986, Commissione/Italia (103/84, Racc. pag. 1759), che qualifica come misura d’effetto equivalente a una restrizione quantitativa una sovvenzione accordata alle aziende di trasporto pubblico, a condizione che esse acquistino veicoli di produzione nazionale.

( 36 ) Sentenza del 6 ottobre 2011, Bonnarde (C-443/10, Racc. pag. I-9327), relativa alla normativa francese che subordina la concessione di un bonus ecologico all’apposizione della menzione «veicolo dimostrativo» sul primo certificato di immatricolazione di un autoveicolo dimostrativo importato.

( 37 ) Sentenza del 13 marzo 2001 (C-379/98, Racc. pag. I-2099).

( 38 ) GU L 211, pag. 15.

( 39 ) GU L 211, pag. 55.

( 40 ) GU 1997, L 27, pag. 20.

( 41 ) Sentenza PreussenElektra, cit. (punto 78).

( 42 ) Documento EUCO 2/1/11.

( 43 ) Documento EUCO 156/12.

( 44 ) V. punto 2, lettera c), delle conclusioni del Consiglio europeo del 18 e 19 ottobre 2012.

( 45 ) Articolo 16, paragrafo 2, lettera b), di tale direttiva.

( 46 ) Articolo 15, paragrafo 7, di tale direttiva.

( 47 ) Articolo 15, paragrafo 2, quarto comma, della suddetta direttiva.

( 48 ) Considerando 56 della direttiva 2009/28. V., parimenti, paragrafo 20 delle presenti conclusioni.

( 49 ) V. sentenza PreussenElektra, cit., punto 73.

( 50 ) Rinvio, relativamente agli argomenti attinenti, da un lato, al principio della correzione, in via prioritaria, alla fonte, dei danni causati all’ambiente e, dall’altro, alla sicurezza dell’approvvigionamento energetico, ai paragrafi 105 e 106 delle mie conclusioni nella causa Essent Belgium, cit.

( 51 ) C(2013) 7243 def.

( 52 ) Pagg. 18 e 19.

( 53 ) Quest’ultima disposizione abilita l’Unione ad adottare, nel quadro della politica ambientale, «misure aventi una sensibile incidenza sulla scelta di uno Stato membro tra diverse fonti di energia e sulla struttura generale dell’approvvigionamento energetico del medesimo».

( 54 ) Il corsivo è mio.

( 55 ) 4/79, Racc. pag. 2823.

( 56 ) 109/79, Racc. pag. 2883.

( 57 ) V. sentenze dell’8 novembre 2001, Silos (C-228/99, Racc. pag. I-8401, punti 35 e 36); del 22 dicembre 2008, Régie Networks (C-333/07, Racc. pag. I-10807, punti 121 e 122), nonché del 9 novembre 2010, Volker und Markus Schecke e Eifert (C-92/09 e C-93/09, Racc. pag. I-11063, punti 93 e 94).

( 58 ) V. punto 46 della decisione di rinvio.

( 59 ) Idem. V., parimenti, punto 24 della decisione di rinvio, secondo cui «il nuovo testo di legge continua a non consentire di assegnare certificati [verdi] alla ricorrente nel procedimento principale, in assenza di un accordo di cooperazione con la Repubblica di Finlandia», nonché il punto 23 di tale decisione, il quale illustra il contenuto di tale decisione.

( 60 ) V., parimenti, sentenza del 16 giugno 2011, Logstor ROR Polska (C-212/10, Racc. pag. I-5453, punto 30).


Conclusioni dell avvocato generale

Conclusioni dell avvocato generale

1. La presente causa costituisce una nuova occasione, per la Corte, di pronunciarsi sulla conformità con il diritto dell’Unione delle disposizioni dei regimi di sostegno nazionali alle energie provenienti da fonti rinnovabili (2) che limitano il beneficio degli aiuti ai soli produttori di elettricità stabiliti nel territorio nazionale.

2. La questione, caratterizzata dalla tensione fra il principio della libera circolazione delle merci e le esigenze connesse alla tutela dell’ambiente, è già stata sollevata nella causa Essent Belgium (da C‑204/12 a C‑208/12), attualmente pendente dinnanzi alla Corte, e in relazione alla quale ho presentato le mie conclusioni l’8 maggio 2013, pronunciandomi sia sul principio della libera circolazione delle merci sia sulle disposizioni della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità (3) .

3. Anche se il contesto fattuale è simile, la presente causa si inserisce tuttavia in un contesto giuridico diverso, in quanto, alla luce delle spiegazioni fornite dal förvaltningsrätten i Linköping (Svezia), il regime svedese contestato deve essere valutato tenendo conto delle disposizioni della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE (4) .

4. Ciò porta ad interrogarsi sulla questione se le disposizioni della direttiva 2009/28 consentano l’instaurazione di un regime di sostegno nazionale all’elettricità proveniente da fonti di energia rinnovabili (5) nel quale, ai produttori di elettricità verde, vengono rilasciati certificati di elettricità dei quali i fornitori di elettricità e taluni consumatori di elettricità sono successivamente tenuti ad acquistare una determinata quota in funzione della quantità totale di elettricità da essi venduta o consumata, qualora suddetto regime riservi il rilascio di siffatti certificati ai soli produttori di elettricità verde stabiliti nello Stato membro di cui trattasi.

5. In caso di soluzione affermativa, si porrà parimenti la questione di stabilire se le restrizioni territoriali all’accesso ai regimi di sostegno all’energia verde siano conformi ai requisiti del principio della libera circolazione delle merci, il che equivarrà ad interrogarsi sulla validità della direttiva 2009/28 con riferimento alle disposizioni dell’articolo 34 TFUE.

6. Nelle presenti conclusioni, sosterrò anzitutto che, se è vero che la direttiva 2009/28 autorizza siffatte restrizioni territoriali, l’articolo 34 TFUE, tuttavia, le contrasta.

7. Successivamente, ne dedurrò l’invalidità dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2009/28, nei limiti in cui esso conferisce agli Stati membri il potere di vietare o limitare l’accesso ai rispettivi regimi di sostegno ai produttori i cui impianti di produzione di elettricità proveniente da fonti di energia rinnovabili sono situati in un altro Stato membro.

8. Per ragioni legate alla certezza del diritto, suggerirò, infine, di limitare nel tempo gli effetti di tale dichiarazione di invalidità.

I – Contesto normativo

A – Il Diritto dell’Unione

9. La direttiva 2009/28, che è entrata in vigore il 25 giugno 2009 e doveva essere recepita entro il 5 dicembre 2010, abroga la direttiva 2001/77 a partire dal 1° gennaio 2012.

10. I considerando 1, da 13 a 15, 25, 36, 52 e 56 della direttiva 2009/28 sono così redatti:

«(1) Il controllo del consumo di energia europeo e il maggiore ricorso all’energia [verde], congiuntamente ai risparmi energetici e ad un aumento dell’efficienza energetica, costituiscono parti importanti del pacchetto di misure necessarie per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e per rispettare il protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e gli ulteriori impegni assunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra oltre il 2012. Tali fattori hanno un’importante funzione anche nel promuovere la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, nel favorire lo sviluppo tecnologico e l’innovazione e nel creare posti di lavoro e sviluppo regionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate.

(...)

(13) (…) [È] opportuno fissare obiettivi nazionali obbligatori in linea con la quota del 20% per l’energia [verde] (…) per quanto attiene al consumo di energia della Comunità al 2020.

(14) La principale finalità di obiettivi nazionali obbligatori è creare certezza per gli investitori nonché stimolare lo sviluppo costante di tecnologie capaci di generare energia a partire da ogni tipo di fonte rinnovabile. (…)

(15) Le situazioni di partenza, le possibilità di sviluppo dell’energia [verde] e il mix energetico variano da uno Stato membro all’altro. Occorre pertanto tradurre l’obiettivo complessivo comunitario del 20% in obiettivi individuali per ogni Stato membro, procedendo ad un’allocazione giusta e adeguata che tenga conto della diversa situazione di partenza e delle possibilità degli Stati membri, ivi compreso il livello attuale dell’energia [verde] e il mix energetico (…).

(…)

(25) Gli Stati membri hanno potenziali diversi in materia di energia rinnovabile e diversi regimi di sostegno all’energia [verde] a livello nazionale. La maggioranza degli Stati membri applica regimi di sostegno che accordano sussidi solo all’energia [verde] prodotta sul loro territorio. Per il corretto funzionamento dei regimi di sostegno nazionali è essenziale che gli Stati membri possano controllare gli effetti e i costi dei rispettivi regimi in funzione dei loro diversi potenziali. (…) La presente direttiva mira ad agevolare il sostegno transfrontaliero all’energia [verde] senza compromettere i regimi di sostegno nazionali. Introduce meccanismi facoltativi di cooperazione tra Stati membri che consentono loro di decidere in che misura uno Stato membro sostiene la produzione di energia in un altro e in che misura la produzione di energia [verde] dovrebbe essere computata ai fini dell’obiettivo nazionale generale dell’uno o dell’altro. Per garantire l’efficacia delle due misure per il conseguimento degli obiettivi, ossia i regimi di sostegno nazionali e i meccanismi di cooperazione, è essenziale che gli Stati membri siano in grado di determinare se e in quale misura i loro regimi nazionali di sostegno si applicano all’energia [verde] prodotta in altri Stati membri e di concordare tale sostegno applicando i meccanismi di cooperazione previsti dalla presente direttiva.

(…)

(36) Per creare le possibilità di ridurre il costo del conseguimento degli obiettivi fissati nella presente direttiva, è opportuno favorire il consumo negli Stati membri di energia [verde] prodotta (…) in altri Stati membri e permettere agli Stati membri di computare l’energia [verde] consumata in altri Stati membri ai fini del conseguimento dei propri obiettivi nazionali. Per questo motivo, sono necessarie misure di flessibilità che, tuttavia, rimangono sotto il controllo degli Stati membri al fine di non pregiudicare la loro capacità di raggiungere i propri obiettivi nazionali. Tali misure di flessibilità assumono la forma di trasferimenti statistici, progetti comuni tra Stati membri o regimi di sostegno comuni.

(…)

(52) Le garanzie di origine, rilasciate ai fini della presente direttiva, hanno unicamente la funzione di provare al cliente finale che una determinata quota o quantità di energia è stata prodotta da fonti energetiche rinnovabili. (…) È importante operare una distinzione tra i certificati verdi utilizzati per i regimi di sostegno e le garanzie di origine.

(…)

(56) Le garanzie di origine non conferiscono di per sé il diritto di beneficiare di regimi di sostegno nazionali».

11. L’articolo 1 della direttiva 2009/28, rubricato «Oggetto e ambito di applicazione», dispone quanto segue:

«La presente direttiva stabilisce un quadro comune per la promozione dell’energia [verde]. Fissa obiettivi nazionali obbligatori per la quota complessiva di energia [verde] sul consumo finale lordo di energia (…)».

12. L’articolo 2, paragrafo 2, lettere da j) a l), della direttiva 2009/28, contiene le seguenti definizioni:

«j) “garanzia di origine”: documento elettronico che serve esclusivamente a provare ad un cliente finale che una determinata quota o un determinato quantitativo di energia sono stati prodotti da fonti rinnovabili (…);

k) “regime di sostegno”: strumento, regime o meccanismo applicato da uno Stato membro o gruppo di Stati membri, inteso a promuovere l’uso delle energie [verdi] riducendone i costi, aumentando i prezzi a cui possono essere vendute o aumentando, per mezzo di obblighi in materia di energie rinnovabili o altri mezzi, il volume acquistato di dette energie. Ciò comprende, ma non in via esclusiva, le sovvenzioni agli investimenti, le esenzioni o gli sgravi fiscali, le restituzioni d’imposta, i regimi di sostegno all’obbligo in materia di energie [verdi], compresi quelli che usano certificati verdi, e i regimi di sostegno diretto dei prezzi, ivi comprese le tariffe di riacquisto e le sovvenzioni;

l) “obbligo in materia di energie [verdi]”: regime di sostegno nazionale che obbliga i produttori di energia a includere una determinata quota di energia [verde] nella loro produzione, che obbliga i fornitori di energia a includere una determinata quota di energia [verde] nella loro offerta o che obbliga i consumatori di energia a includere una determinata quota di energia [verde] nei loro consumi. Ciò comprende i regimi nei quali tali obblighi possono essere soddisfatti mediante l’uso di certificati verdi».

13. L’articolo 3, paragrafi da 1 a 3, della direttiva 2009/28, prevede:

«1. Ogni Stato membro assicura che la propria quota di energia [verde] sul consumo finale lordo di energia nel 2020, calcolata conformemente agli articoli da 5 a 11, sia almeno pari al proprio obiettivo nazionale generale per la quota di energia [verde] per quell’anno, indicato nella terza colonna della tabella all’allegato I, parte A.(…)

2. Gli Stati membri adottano misure efficacemente predisposte per assicurare che la propria quota di energia [verde] sia uguale o superiore alla quota indicata nella traiettoria indicativa di cui all’allegato I, parte B.

3. Per il conseguimento degli obiettivi di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo, gli Stati membri possono, tra l’altro, applicare le seguenti misure:

a) regimi di sostegno;

b) misure di cooperazione tra vari Stati membri e con paesi terzi per il raggiungimento dei rispettivi obiettivi nazionali generali in conformità degli articoli da 5 a 11.

Fatti salvi gli articoli 87 e 88 del trattato, gli Stati membri hanno il diritto di decidere, conformemente agli articoli da 5 a 11 della presente direttiva, in che misura sostenere l’energia [verde] prodotta in un altro Stato membro».

14. L’articolo 5 della direttiva 2009/28, così dispone:

«1. Il consumo finale lordo di energia [verde] in ogni Stato membro è calcolato come la somma:

a) del consumo finale lordo di elettricità [verde];

(...)

3. Ai fini del paragrafo 1, lettera a), il consumo finale lordo di elettricità [verde] è calcolato come quantità di elettricità prodotta in uno Stato membro da fonti energetiche rinnovabili, escludendo la produzione di elettricità in centrali di pompaggio con il ricorso all’acqua precedentemente pompata a monte.

(...)».

15. L’articolo 11 della direttiva 2009/28, rubricato «Regimi di sostegno comuni», prevede al suo paragrafo 1:

«Fatti salvi gli obblighi imposti agli Stati membri dall’articolo 3, due o più Stati membri possono decidere, su base volontaria, di unire o coordinare parzialmente i loro regimi di sostegno nazionali. In questi casi una determinata quantità di energia [verde] prodotta nel territorio di uno Stato membro partecipante può essere computata ai fini dell’obiettivo nazionale generale di un altro Stato membro partecipante (…)».

16. L’articolo 15 della direttiva 2009/28, rubricato «Garanzie di origine dell’elettricità, del calore e del freddo prodotti da fonti energetiche rinnovabili», stabilisce:

«1. Per provare ai clienti finali la quota o la quantità di energia [verde] nel mix energetico di un fornitore di energia, in conformità dell’articolo 3, paragrafo 6, della direttiva 2003/54/CE [(6) ], gli Stati membri assicurano che l’origine dell’elettricità [verde] sia garantita come tale ai sensi della presente direttiva, in base a criteri obiettivi, trasparenti e non discriminatori.

2. (…) La garanzia d’origine non ha alcuna funzione in termini di osservanza dell’articolo 3 da parte dello Stato membro. I trasferimenti di garanzie d’origine (…) non influiscono (…) sul calcolo del consumo finale lordo di energia [verde] a norma dell’articolo 5.

(...)

9. Gli Stati membri riconoscono le garanzie di origine rilasciate da altri Stati membri conformemente alla presente direttiva esclusivamente come prova degli elementi di cui al paragrafo 1 e al paragrafo 6, lettere da a) a f). (…)

(...)».

B – La normativa svedese

17. Il regime di sostegno alla produzione di elettricità verde è stato istituito dalla legge n. 113 del 2003, relativa ai certificati di elettricità [lagen (2003:113) om elcertifikat] (7), sostituita, con effetto dal 1° gennaio 2012, dalla legge n. 1200 del 2011 relativa ai certificati di elettricità [lagen (2011:1200) om elcertifikat] (8), la quale era intesa, segnatamente, ad assicurare la trasposizione della direttiva 2009/28.

18. Il giudice del rinvio sottolinea che, sebbene la decisione dell’Energimyndigheten del 9 giugno 2010, oggetto del procedimento principale, sia stata adottata in applicazione della legge del 2003, nel diritto svedese una controversia deve essere risolta, in linea di principio, applicando la normativa vigente al momento del suo esame da parte del giudice, ossia, nella specie, la legge del 2011.

19. Il regime di sostegno instaurato dalla legislazione svedese poggia sull’assegnazione di certificati verdi ai produttori di elettricità verde e sul corrispondente obbligo incombente ai fornitori di elettricità e a taluni consumatori di acquistare un certo numero di certificati corrispondente ad una quota della quantità totale di elettricità fornita o consumata.

20. Il certificato verde, il quale dimostra la produzione di un megawattora di elettricità verde, può essere liberamente negoziato su un mercato concorrenziale, ove i prezzi sono determinati dalla regola della domanda e dell’offerta. Il suo prezzo si ripercuote, alla fine, sul consumatore di elettricità. Il numero di certificati che i fornitori o i consumatori sono tenuti ad acquistare varia in funzione dell’obiettivo di produzione di elettricità verde da realizzare. Esso era pari, per gli anni dal 2010 al 2012, a 0,179 certificato verde per megawattora venduto o utilizzato.

21. Il giudice del rinvio osserva che, sebbene tale limitazione non figuri nel testo della legge del 2011, si evince dai lavori preparatori delle leggi del 2003 e del 2011 che l’assegnazione di certificati verdi è riservata agli impianti di produzione di elettricità verde situati in Svezia.

22. Esso precisa inoltre che il capo I, articolo 5, della legge del 2011 contiene una nuova disposizione così formulata:

«I certificati di elettricità assegnati per la produzione di elettricità rinnovabile in un altro Stato possono essere utilizzati per soddisfare l’obbligo di quote stabilito dalla presente legge, a condizione che il regime svedese dei certificati di elettricità sia stato coordinato con quello di tale altro Stato in forza di un accordo internazionale».

23. Il 29 giugno 2011, il Regno di Svezia ha concluso con il Regno di Norvegia (9) un siffatto accordo. Per contro, non esiste un accordo del genere con la Repubblica di Finlandia.

II – Il procedimento principale

24. In data 30 novembre 2009, l’Ålands Vindkraft AB (10), che gestisce un parco eolico situato in Finlandia, nell’arcipelago delle isole Åland, ma collegato, stando ai motivi della Ålands Vindkraft ripresi nella decisione di rinvio, alla rete di distribuzione di elettricità svedese, ha sollecitato un accordo per poter ottenere l’assegnazione di certificati verdi in forza della normativa svedese.

25. Con decisione 9 giugno 2010, l’Energimyndigheten ha respinto tale domanda, adducendo che il sistema dei certificati verdi può andare unicamente a beneficio degli impianti di produzione di elettricità verde situati in Svezia.

26. L’Ålands Vindkraft ha impugnato tale decisione dinnanzi al Förvaltningsrätten i Linköping, invocando, segnatamente, una violazione dell’articolo 34 TFUE, in quanto il regime controverso ha per effetto quello di riservare la soddisfazione del fabbisogno di elettricità di circa il 18% dei consumatori svedesi ai produttori di elettricità verde stabiliti in Svezia, a scapito delle importazioni da altri Stati membri.

III – Le questioni pregiudiziali

27. Nutrendo dubbi in ordine all’interpretazione della direttiva 2009/28 e alla portata dell’articolo 34 TFUE, il förvaltningsrätten i Linköping ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

1) Tenuto conto, da un lato, che il regime svedese di certificati di elettricità costituisce un regime di sostegno nazionale che impone ai fornitori di elettricità e a determinati consumatori di tale Stato membro l’acquisto di certificati di elettricità nella misura di una determinata quota, rispettivamente, delle loro vendite e dei loro consumi, senza obbligo esplicito di acquistare l’elettricità dalla stessa fonte e, dall’altro, che i certificati di elettricità sono assegnati dal Regno di Svezia e costituiscono la prova che è stata prodotta una determinata quantità di elettricità [verde], nonché che la loro vendita genera a favore dei produttori di elettricità [verde] ricavi supplementari che completano quelli derivanti dalla vendita di elettricità, se gli articoli 2, [secondo comma], lettera k), e 3, paragrafo 3, della direttiva 2009/28 (…) debbano essere interpretati nel senso che consentono a uno Stato membro di applicare un regime di sostegno nazionale avente le predette caratteristiche, del quale possono beneficiare solamente i produttori stabiliti sul suo territorio e che comporta un vantaggio economico per i suddetti produttori rispetto ai produttori ai quali non possono essere assegnati certificati di elettricità.

2) Se, alla luce dell’articolo 34 TFUE, un regime come quello descritto nella prima questione possa costituire una restrizione quantitativa all’importazione o una misura di effetto equivalente.

3) In caso di soluzione affermativa della seconda questione, se un siffatto regime possa cionondimeno essere considerato compatibile con l’articolo 34 TFUE, tenuto conto del suo obiettivo, consistente nella promozione della produzione di elettricità [verde].

4) Se, ai fini della soluzione delle precedenti questioni, sia rilevante che la restrizione dell’ambito di applicazione di tale regime ai soli produttori nazionali non sia espressamente disciplinata dalla normativa nazionale.

IV – Analisi

A – Sulla prima questione

28. Con la prima questione, suddivisa in due parti, il giudice del rinvio chiede, in primo luogo, se un regime come quello oggetto del procedimento principale costituisca un regime di sostegno ai sensi dell’articolo 2, secondo comma, lettera k), della direttiva 2009/28 e, in secondo luogo, in caso di soluzione affermativa, se le disposizioni di tale direttiva debbano essere interpretate nel senso che esse vietano di limitare il beneficio di un siffatto regime ai soli produttori i cui impianti sono situati nel territorio dello Stato membro interessato.

1. Sulla prima parte della questione

29. Si pone la questione se un regime di certificati verdi come quello oggetto del procedimento principale costituisca un regime di sostegno ai sensi dell’articolo 2, secondo comma, lettera k), della direttiva 2009/28.

30. Secondo l’Ålands Vindkraft, la direttiva 2009/28 si applica ai regimi di sostegno all’utilizzazione di elettricità verde, e non alla sua produzione, mentre secondo l’Energimyndigheten, secondo tutti i governi che hanno presentato osservazioni, nonché secondo la Commissione europea, un regime di sostegno alla produzione di elettricità verde deve essere qualificato come «regime di sostegno» ai sensi di tale direttiva.

31. Condivido senza esitazioni quest’ultima analisi, che deriva dalla lettura delle definizioni contenute nell’articolo 2, secondo comma, lettere k) e l), della citata direttiva, e ciò per le ragioni esposte qui di seguito.

32. In primo luogo, si evince chiaramente dalla formulazione stessa di tali definizioni che i regimi di sostegno intesi a promuovere l’utilizzo dell’energia verde inglobano quelli che impongono ai produttori o ai fornitori di energia una quota di produzione o di fornitura di energia verde. Quindi la nozione di utilizzazione di elettricità verde va intesa in un’accezione che comprende la produzione di tale elettricità, per cui non è conforme alla lettera della direttiva 2009/28 opporre tali due termini considerando che l’uno escluda l’altro.

33. In secondo luogo, l’impiego dell’aggettivo «tout» [«ogni», assente nel testo italiano della direttiva, N.d.T.] e dei termini, considerati equivalenti, «strumento», «regime» o «meccanismo», nonché il carattere non esaustivo degli esempi enumerati all’articolo 2, secondo comma, lettera k), di tale direttiva, evidenziano la volontà del legislatore dell’Unione di optare per un’ampia accezione della nozione di regime di sostegno.

34. In terzo luogo, è giocoforza constatare che l’articolo 2, secondo comma, lettere k) e l), della citata direttiva menziona espressamente tra i regimi di sostegno, oltre alle tariffe di riacquisto e alle sovvenzioni, i regimi dei certificati verdi (11) .

35. A mio avviso, non sussiste pertanto alcun dubbio sul fatto che un regime di certificati verdi come quello oggetto del procedimento principale costituisca un regime di sostegno ai sensi della direttiva 2009/28.

36. Resta da stabilire se le disposizioni di tale direttiva vietino di riservare il beneficio di un siffatto regime ai soli produttori i cui impianti sono situati nel territorio dello Stato membro interessato.

2. Sulla seconda parte della questione

37. Le disposizioni della direttiva 2009/28 danno luogo ad interpretazioni divergenti ad opera delle parti principali e delle parti intervenienti.

38. Secondo una prima lettura, sostenuta dall’Ålands Vindkraft, la direttiva 2009/28, se è intesa a promuovere l’utilizzazione di energia verde affinché gli Stati membri possano conformarsi ai loro obiettivi obbligatori, non consente l’instaurazione di regimi di sostegno discriminatori, i quali farebbero sorgere ostacoli illeciti agli scambi.

39. Una lettura radicalmente opposta è suggerita dall’Energimyndigheten e dai governi svedese, tedesco e norvegese, i quali ritengono che la direttiva 2009/28 autorizzi espressamente, o persino presupponga una limitazione del beneficio dei regimi di sostegno nazionali all’energia verde prodotta sul territorio nazionale.

40. Tale lettura sarebbe conforme al testo stesso di tale direttiva, in quanto il considerando 25 e l’articolo 3, paragrafo 3, della stessa, indicano che gli Stati membri sono liberi di determinare se e in quale misura essi intendono sostenere l’energia verde prodotta in altri Stati membri, ed enumerano i meccanismi facoltativi di cooperazione ai quali essi possono ricorrere in tale ipotesi.

41. Suddetta lettura sarebbe inoltre confermata dall’economia generale della direttiva 2009/28. Questa seguirebbe, infatti, un approccio orientato sugli Stati membri considerati individualmente, imponendo a ciascuno obiettivi specifici. Inoltre, essa farebbe dei regimi di sostegno nazionali lo strumento essenziale per la realizzazione di tali obiettivi, e consacrerebbe la possibilità, per gli Stati membri, di controllare gli effetti e i costi di siffatti regimi in funzione dei loro rispettivi potenziali, il che presupporrebbe la presenza di regimi che si limitano al territorio di ciascuno degli Stati membri.

42. Una siffatta lettura sarebbe parimenti confortata, secondo i governi svedese e norvegese, dai lavori preparatori della direttiva 2009/28, i quali lascerebbero intendere che gli Stati membri godono di un notevole margine di discrezionalità per portare a buon fine le proprie politiche, al fine di adempiere ai propri obblighi in conformità di tale direttiva, la quale si limita a stabilire un quadro comune (12) .

43. La Commissione suggerisce una via di mezzo. Facendo valere che, a differenza della direttiva 2001/77, la direttiva 2009/28 non contiene alcuna menzione relativa agli effetti restrittivi sugli scambi, e che le disposizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 3, riconoscono agli Stati membri il diritto di istituire regimi di sostegno, di predisporre misure di cooperazione o di decidere in che misura sostenere l’energia verde prodotta in un altro Stato membro, essa ritiene che la direttiva 2009/28 debba essere interpretata nel senso che essa non osta all’attuazione, da parte di uno Stato membro, di un regime di sostegno nazionale che vada unicamente a beneficio dei produttori stabiliti sul suo territorio.

44. Ritengo, da parte mia, che la direttiva 2009/28 autorizzi le limitazioni territoriali dei regimi di sostegno all’energia verde, come dimostrano sia l’interpretazione letterale sia l’economia generale e gli obiettivi di tale direttiva.

a) Il testo dell’articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2009/28

45. Il considerando 25 della direttiva 2009/28 afferma espressamente che restrizioni esistono nella maggior parte dei regimi di sostegno nazionali, e che gli Stati membri, i quali hanno potenziali diversi, godono di un margine di discrezionalità per determinare se e in quale misura tali regimi di sostegno si applicano all’energia verde prodotta in altri Stati membri. Siffatto margine di discrezionalità si traduce, all’articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, di tale direttiva, nell’affermazione del principio secondo il quale gli Stati membri hanno il «diritto di decidere» sulla portata del sostegno all’energia verde importata «conformemente agli articoli da 5 a 11» di suddetta direttiva, fatta salva soltanto l’osservanza degli articoli 107 TFUE e 108 TFUE. Ne risulta che la direttiva 2009/28 conferisce agli Stati membri un titolo di competenza per determinare il principio e la portata del loro sostegno all’energia verde importata e per concludere eventualmente degli accordi con altri Stati membri.

b) L’economia generale della direttiva 2009/28

46. Due argomenti fondati sull’economia generale della direttiva 2009/28 forniscono indicazioni chiare sulla questione se uno Stato membro che attua un regime di sostegno sia tenuto a far beneficiare di tale regime gli impianti di produzione di elettricità verde situati in altri Stati membri.

47. Il primo argomento si fonda sul carattere facoltativo dei meccanismi di flessibilità disciplinati dagli articoli da 6 a 11 di tale direttiva. Anche se il legislatore dell’Unione ha voluto sostenere gli scambi transfrontalieri di energia verde, favorendo il consumo, negli Stati membri, di energia verde prodotta in altri Stati membri e permettendo la computazione, nell’obiettivo nazionale di uno Stato membro, dell’energia verde consumata in un altro Stato membro (13), le «misure di flessibilità» (14), denominate anche «meccanismi di cooperazione» (15), che sono state istituite a tale fine e che possono assumere la forma sia di «trasferimenti statistici» (16), sia di «progetti comuni tra Stati membri» (17), sia, ancora, di «regimi di sostegno comuni» (18), sono espressamente concepite come meccanismi facoltativi (19), subordinate alla previa conclusione di un accordo fra Stati membri. Di conseguenza, anche se uno Stato membro fosse disposto ad applicare unilateralmente il proprio regime di sostegno all’energia verde prodotta in un altro Stato membro, tale energia potrebbe essere presa in considerazione ai fini della realizzazione dei suoi obiettivi nazionali solo qualora tale secondo Stato accetti tale considerazione e concluda con il primo un accordo di cooperazione.

48. Il secondo argomento attiene alla portata limitata riconosciuta alle garanzie d’origine. Pur istituendo un obbligo di riconoscimento reciproco di tali garanzie, la direttiva 2009/2 8 limita espressamente la portata delle garanzie emesse da altri Stati membri, specificando che esse hanno esclusivamente valore di strumenti di prova (20), senza conferire il diritto di beneficiare dei regimi di sostegno nazionali (21) . Ne risulta che uno Stato membro può negare il beneficio del proprio regime di sostegno ad un produttore di elettricità verde stabilito all’estero, quand’anche l’origine verde della sua produzione fosse stabilita da una garanzia d’origine conforme ai requisiti della direttiva 2009/28.

49. Gli obiettivi di tale direttiva confermano siffatto margine di discrezionalità lasciato agli Stati membri.

c) Gli obiettivi della direttiva 2009/28

50. Diversamente dalla direttiva 2001/77, la quale imponeva agli Stati membri obiettivi meramente indicativi, la direttiva 2009/28 fissa obiettivi nazionali generali obbligatori (22) di consumo di elettricità verde che devono consentire di realizzare l’obiettivo generale di un minimo del 20% della produzione di energia verde nell’Unione europea, lasciando agli Stati membri la scelta dei mezzi adeguati al raggiungimento di tali obiettivi. Inoltre, se, nell’ambito della direttiva 2001/77, gli obiettivi indicativi nazionali di «consumo» potevano essere realizzati prendendo in considerazione l’elettricità verde importata (23), la direttiva 2009/28 definisce il consumo di elettricità verde la quantità di elettricità verde «prodotta in uno Stato membro (…) escludendo la produzione di elettricità in centrali di pompaggio con il ricorso all’acqua precedentemente pompata a monte» (24) . La strutturazione a livello nazionale dell’obiettivo della promozione dell’impiego di energia verde e l’accento posto sulla produzione sembrano legittimare la decisione di uno Stato membro di riservare il suo sostegno unicamente alla propria produzione nazionale, che è quella che gli consentirà di realizzare i suoi obiettivi.

51. Queste sono le ragioni per le quali suggerisco di risolvere la prima questione sollevata dal förvaltningsrätten i Linköping nel senso che gli articoli 2, secondo comma, lettera k), e 3, paragrafo 3, della direttiva 2009/28, devono essere interpretati nel senso che:

– costituisce un regime di sostegno ai sensi di tale direttiva una normativa nazionale che concede ai produttori di elettricità verde certificati verdi dei quali i fornitori di elettricità e determinati consumatori sono obbligati ad acquistare una certa quota in funzione della quantità totale di elettricità che forniscono o consumano;

– suddetta direttiva autorizza gli Stati membri, allorché istituiscono siffatti regimi, a riservare la concessione dei certificati verdi ai soli impianti di produzione di elettricità situati nel loro territorio.

B – Sulla seconda e sulla terza questione

52. Con la seconda e la terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 34 TFUE osti alla restrizione territoriale che caratterizza il regime oggetto del procedimento principale.

53. Al fine di rispondere a siffatta questione, applicherò lo stesso ragionamento in tre fasi seguito nelle conclusioni da me presentate nella causa Essent Belgium, cit., determinando in via successiva se l’articolo 34 TFUE sia applicabile, se la normativa in questione costituisca un ostacolo, e se essa possa essere giustificata.

1. L’applicabilità dell’articolo 34 TFUE

54. Si pone la questione se l’adozione della direttiva 2009/28 vieti di esaminare la compatibilità con l’articolo 34 TFUE dei regimi di sostegno nazionali.

55. Le posizioni assunte in merito a tale questione dalle parti che hanno depositato osservazioni davanti alla Corte divergono.

56. L’Ålands Vindkraft fa valere che la direttiva 2009/28 non ha armonizzato i regimi di sostegno nazionali, e che, di conseguenza, le misure nazionali adottate nell’ambito della trasposizione di tale direttiva devono essere compatibili con il diritto primario, a prescindere dalla loro eventuale conformità a suddetta direttiva.

57. Viceversa, l’Energimyndigheten nega la possibilità di un conflitto fra la restrizione territoriale controversa e l’articolo 34 TFUE, in quanto il diritto primario sarebbe applicabile solo laddove non esista un diritto derivato applicabile (25) .

58. Riconoscendo al contempo che la direttiva 2009/28 non ha proceduto ad un’armonizzazione esaustiva dei regimi di sostegno nazionali, il governo tedesco ritiene che la portata del controllo giurisdizionale che deve essere esercitato in relazione all’articolo 34 TFUE debba tenere conto del fatto che il legislatore dell’Unione ha consapevolmente accettato eventuali restrizioni alla libera circolazione delle merci, necessarie al buon funzionamento dei sistemi di sostegno nazionali.

59. Infine, la Commissione desume dal fatto che la direttiva 2009/28 ha riconosciuto agli Stati membri il diritto di mantenere i rispettivi regimi di aiuto al fine di realizzare i propri obiettivi nazionali, che il regime svedese di certificati verdi debba presumersi conforme all’articolo 34 TFUE.

60. A mio avviso, l’intervento della direttiva 2009/28 non può dispensare dall’esaminare la questione con riferimento all’articolo 34 TFUE.

61. Se si evince da una giurisprudenza costante che qualsiasi misura nazionale in un settore che ha formato oggetto di un’armonizzazione esaustiva a livello dell’Unione dev’essere valutata in rapporto alle disposizioni di tale misura di armonizzazione e non di quelle del diritto primario (26), tale giurisprudenza non è in alcun modo applicabile, in quanto è pacifico che la direttiva 2009/28 non ha armonizzato il contenuto sostanziale dei regimi di sostegno destinati a promuovere l’utilizzazione dell’energia verde.

62. In realtà, la difficoltà risiede non nell’esistenza di una normativa comune che prevede l’armonizzazione esaustiva delle misure necessarie a garantire la protezione dell’ambiente nel commercio di energia verde fra gli Stati membri, bensì nell’affermazione, nella direttiva 2009/28, della competenza degli Stati membri a stabilire se i propri regimi di sostegno si applichino o meno all’energia verde importata da un altro Stato membro.

63. In tali circostanze, la valutazione del regime di sostegno svedese con riguardo all’articolo 34 TFUE deve essere effettuata tenendo conto del principio del primato del diritto primario sulle altre fonti del diritto dell’Unione; da ciò derivano due conseguenze.

64. La prima verte sull’interpretazione del diritto derivato, la quale deve essere effettuata nel senso della sua conformità al diritto primario e ai principi generali del diritto dell’Unione. Al riguardo, occorre rammentare la consolidata giurisprudenza secondo cui, qualora una norma di diritto derivato ammetta più di un’interpretazione, si deve dare la preferenza a quella che rende la norma stessa conforme alle disposizioni del Trattato rispetto a quella che porta a constatare la sua incompatibilità con tali disposizioni (27) .

65. La seconda conseguenza attiene alla validità del diritto derivato, la quale deve essere valutata con riferimento alle norme di diritto primario relative alle libertà di circolazione. Infatti, si evince dalla giurisprudenza della Corte che il divieto delle restrizioni quantitative e delle misure di effetto equivalente, previsto dall’articolo 34 TFUE, «vale non solo per i provvedimenti nazionali, ma anche per quelli adottati dalle istituzioni dell’Unione» (28), le quali «sono tenute anch’esse a rispettare la libertà degli scambi [fra gli Stati membri], principio fondamentale del mercato comune» (29) .

66. Orbene, nell’ambito particolare dello strumento di cooperazione fra la Corte e le giurisdizioni nazionali, istituito dall’articolo 267 TFUE, occorre rilevare che la Corte, benché esclusivamente investita in via pregiudiziale di una questione attinente all’interpretazione del diritto dell’Unione, può, in taluni circostanze particolari, essere chiamata ad esaminare la validità di disposizioni di diritto derivato.

67. Al riguardo, occorre rammentare che la Corte ha dichiarato che «[q]ualora risulti che le questioni deferite da un giudice nazionale hanno in realtà ad oggetto la validità di atti [dell’Unione, piuttosto che l’interpretazione degli stessi], la Corte è tenuta a pronunciarsi, senza imporre al giudice proponente un formalismo puramente dilatorio, incompatibile con la natura dei meccanismi istituiti dall’articolo [267 TFUE]» (30) .

68. Di conseguenza, la Corte ha, in più occasioni, dichiarato d’ufficio l’invalidità di un atto del quale le era stata domandata unicamente l’interpretazione (31) .

69. Tale elasticità che caratterizza lo strumento di cooperazione costituito dal rinvio pregiudiziale mi sembra consentire alla Corte di statuire sulla validità di una disposizione di diritto derivato laddove, come nel procedimento principale, il giudice del rinvio sollevi questioni pregiudiziali relative al contempo sia all’interpretazione del diritto derivato sia all’interpretazione del diritto primario. Se, in una fattispecie del genere, l’interpretazione del diritto derivato rivela un’incompatibilità con il diritto primario, l’efficacia della cooperazione con le giurisdizioni nazionali presuppone che la Corte chiarisca le conseguenze che occorre trarre da una siffatta constatazione con riferimento alla validità della disposizione di diritto derivato di cui trattasi.

70. È vero che non si deve dimenticare che le informazioni contenute nei provvedimenti di rinvio servono non solo a consentire alla Corte di fornire soluzioni utili, bensì anche a dare ai governi degli Stati membri e alle altre parti interessate la possibilità di presentare osservazioni ai sensi dell’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea. Spetta pertanto a quest’ultima garantire che tale possibilità sia salvaguardata, considerato che, in forza di detta disposizione, solo le decisioni di rinvio sono notificate alle parti interessate, accompagnate da una traduzione nella lingua ufficiale di ciascuno Stato membro, con esclusione del fascicolo nazionale eventualmente trasmesso alla Corte dal giudice del rinvio (32) .

71. Nella specie, si evince dalla decisione di rinvio che, sebbene le questioni riguardino formalmente l’interpretazione degli articoli 2, secondo comma, lettera k), e 3, paragrafo 3, della direttiva 2009/28, nonché dell’articolo 34 TFUE, il förvaltningsrätten i Linköping, non escludendo la conformità alla direttiva 2009/28 delle caratteristiche del regime di cui al procedimento principale, pur interrogandosi sulla compatibilità di tale regime con il principio della libera circolazione delle merci, solleva indirettamente dei dubbi quanto alla validità di tale direttiva, con la conseguenza che l’oggetto delle questioni impone un accertamento di validità.

72. È in tal senso che anche i governi degli Stati membri, nonché le parti in via principale, hanno inteso la domanda di pronuncia pregiudiziale, come dimostrano, segnatamente, le osservazioni dell’Energimyndigheten, secondo le quali vietare sul fondamento dell’articolo 34 TFUE le restrizioni territoriali sarebbe «incompatibile» con la direttiva 2009/28 (33) .

73. Occorre pertanto valutare se l’articolo 34 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una restrizione territoriale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, e dedurne eventualmente le conseguenze quanto alla validità della direttiva 2009/28 con riferimento a suddetta disposizione.

2. L’esistenza di una restrizione alla libera circolazione delle merci

74. Come già rammentato nelle conclusioni da me presentate nella causa Essent Belgium, cit. (34), si evince da una giurisprudenza fortemente consolidata che costituisce una misura d’effetto equivalente a restrizioni quantitative ai sensi dell’articolo 34 TFUE ogni normativa commerciale degli Stati membri idonea a ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, il commercio nell’ambito dell’Unione.

75. La restrizione può risultare non solo da una penalizzazione dei prodotti importati rispetto ai prodotti nazionali, ma anche, viceversa, da un vantaggio accordato alla produzione nazionale rispetto alle merci importate (35), o persino da una normativa che, pur non riservando il vantaggio ai prodotti nazionali, imponga condizioni supplementari per la sua concessione ai prodotti importati (36) .

76. Il sistema svedese dei certificati verdi, benché non vieti l’importazione di elettricità, procura indubbiamente un vantaggio economico suscettibile di favorire i produttori di elettricità verde stabiliti in Svezia rispetto ai produttori stabiliti in altri Stati membri, in quanto, mentre i primi beneficiano di entrate supplementari procurate dalla vendita di certificati verdi, la quale opera come un premio alla produzione, i secondi guadagnano unicamente dalla vendita di elettricità verde.

77. L’impossibilità, per i produttori di elettricità stabiliti in altri Stati membri, di beneficiare del regime dei certificati verdi allorché esportano elettricità verde costituisce, pertanto, una restrizione discriminatoria della libera circolazione delle merci, vietata dall’articolo 34 TFUE.

78. Tuttavia, occorre esaminare se tale restrizione possa essere giustificata.

3. La giustificazione dell’ostacolo alla libera circolazione delle merci

79. Ritengo, per le ragioni esposte nella causa Essent Belgium, cit., e sulle quali ritengo inutile ritornare, che una normativa nazionale che costituisce una misura d’effetto equivalente a restrizioni quantitative, possa essere giustificata dall’obiettivo della tutela dell’ambiente nonostante essa sia discriminatoria, a condizione tuttavia, in tale caso, di essere assoggettata ad un test di proporzionalità particolarmente rigoroso, da me qualificato «rinforzato».

80. Occorre pertanto verificare se la normativa nazionale oggetto del procedimento principale sia idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo di protezione dell’ambiente, e non ecceda quanto necessario al conseguimento di tale obiettivo.

81. L’Energimyndigheten, nonché tutti i governi che hanno presentato osservazioni, richiamano la sentenza PreussenElektra (37), sostenendo che le giustificazioni accolte in tale sentenza sarebbero parimenti applicabili alla normativa oggetto del procedimento principale.

82. Non condivido tale opinione, e ritengo che l’evoluzione del quadro normativo imponga di rivedere i termini della discussione.

83. Occorre rilevare, più in particolare, due circostanze, ossia la liberalizzazione del mercato dell’elettricità e l’istituzione di un sistema di riconoscimento reciproco delle garanzie d’origine.

84. In primo luogo, l’Unione è impegnata, dal 1999, in una dinamica di liberalizzazione progressiva del mercato interno dell’energia, la quale si manifesta nell’adozione di un nuovo quadro normativo intitolato «terzo pacchetto “energia”». Costituito, in particolare, dal regolamento (CE) n. 714/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo alle condizioni di accesso alla rete per gli scambi transfrontalieri di energia elettrica e che abroga il regolamento (CE) n. 1228/2003 (38), e dalla direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (39), il suddetto quadro instaura una concorrenza fra i produttori di elettricità ed intensifica gli scambi transfrontalieri di elettricità, favorendo le interconnessioni delle reti.

85. Occorre osservare che, a differenza della direttiva 96/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 dicembre 1996, concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (40), la quale rappresentava unicamente «una nuova fase della liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica [lasciando] permanere ostacoli agli scambi di energia elettrica tra Stati membri» (41), la direttiva 2009/72, come si evince dal suo considerando 62, è intesa alla creazione di un mercato interno dell’energia elettrica pienamente operativo, il quale consenta la vendita di energia elettrica a condizioni identiche attraverso una rete di connessioni.

86. Occorre parimenti sottolineare, come confermato dalle conclusioni del Consiglio europeo del 4 febbraio 2011 (42), nonché da quelle del 18 e del 19 ottobre 2012 (43), che gli Stati membri si accordano per completare il mercato interno dell’energia entro il 2014, affinché quest’ultima possa circolare liberamente. Pertanto, diversamente da quanto sostenuto dal governo tedesco, la realizzazione del mercato interno dell’elettricità per il 2014 costituisce non solo un’ambizione propria della Commissione, bensì anche una «necessità» (44) e un obiettivo dell’Unione.

87. Occorre rilevare, inoltre, che l’integrazione delle energie verdi nel mercato interno dell’elettricità costituisce uno degli obiettivi più importanti della direttiva 2009/28, la quale mira, in particolare, a sviluppare l’interconnessione tra le reti elettriche degli Stati membri al fine di sviluppare gli scambi transfrontalieri di elettricità verde, per natura intermittente, assicurando ai produttori di elettricità verde un accesso prioritario o garantito alle reti di trasporto e di distribuzione (45) .

88. In secondo luogo, la giustificazione fondata sull’impossibilità di determinare l’origine verde dell’energia elettrica prodotta in un altro Stato membro non può più essere validamente addotta a partire dall’instaurazione, da parte della direttiva 2001/77, di «garanzie di origine» destinate per l’appunto ad attestare che l’elettricità venduta è prodotta a partire da fonti energetiche rinnovabili.

89. Al riguardo, si potrebbe obiettare che le garanzie d’origine sono esclusivamente concepite, nella direttiva 2009/28, come strumenti di prova che consentono ad un fornitore di dimostrare ai propri clienti che il suo mix energetico contiene una quota o una quantità determinata di energia verde (46), che esse non assolvono alcuna funzione per la realizzazione degli obiettivi nazionali obbligatori (47) e non conferiscono, di per sé, il diritto di beneficiare dei regimi di sostegno nazionali (48) .

90. Tuttavia, tale obiezione mi pare priva di rilevanza con riferimento al motivo accolto dalla Corte, fondato esclusivamente sull’assenza di uno strumento di prova che consenta di determinare l’origine dell’elettricità prodotta. Essa finisce inoltre per tentare di giustificare la violazione delle norme del Trattato FUE concernenti la libera circolazione delle merci mediante la menzione di una norma di rango inferiore.

91. In definitiva, la duplice evoluzione del quadro normativo degli scambi di elettricità, caratterizzata da una dinamica di liberalizzazione e di riconoscimento reciproco, mi sembra rendere difficile il mantenimento della giurisprudenza scaturita dalla sentenza PreussenElektra, cit., sebbene sottoscriva senza riserve la frase, secondo la quale l’utilizzo delle energie verdi, che mirano a promuovere i regimi di sostegno nazionali, contribuisce alla protezione dell’ambiente, segnatamente riducendo le emissioni di gas a effetto serra (49) .

92. Resto cionondimeno più scettico di fronte all’affermazione, secondo la quale la possibilità, per un produttore di elettricità verde stabilito in uno Stato membro, di beneficiare del regime di sostegno applicato da un altro Stato membro, sarebbe necessariamente incompatibile con tale obiettivo. A tal riguardo, mi sembra che sussista una certa confusione fra le finalità dei regimi di sostegno e quelle delle restrizioni territoriali in particolare.

93. Tale questione merita un esame accurato, in quanto, se è agevole ammettere che i regimi di certificati verdi, stimolando la produzione di energia verde, contribuiscono alla protezione dell’ambiente, vi è per contro un certo paradosso nel ritenere che l’incentivazione dell’importazione di elettricità verde proveniente da un altro Stato membro potrebbe nuocere alla protezione dell’ambiente.

94. Mi sembra dunque importante esaminare più in dettaglio ciascuna delle giustificazioni addotte per spiegare il rifiuto di ammettere la considerazione, nei regimi di sostegno nazionali, della produzione di energia verde proveniente da altri Stati membri.

95. Benché esse siano raggruppate sotto il richiamo generale della protezione dell’ambiente, tali giustificazioni hanno in realtà una natura molto diversa. Così, al fine di valutarne il rispettivo peso, occorre ritornare, per confutarli, su ciascuno dei principali argomenti elaborati dall’Energimyndigheten e dai governi che hanno presentato osservazioni (50) .

96. Il primo argomento poggia sulla necessità di garantire il buon funzionamento dei regimi di sostegno e di non compromettere la capacità degli Stati membri di realizzare i propri obiettivi nazionali di aumento della produzione di elettricità verde, il che presupporrebbe che essi possano controllare gli effetti e i costi dei propri sistemi di sostegno in funzione dei loro rispettivi potenziali.

97. Questo primo argomento non persuade, in quanto il rischio di destabilizzazione dei regimi nazionali di certificati verdi in caso di apertura ai produttori stabiliti in altri Stati membri non mi sembra dimostrato.

98. Oltre al fatto che i persistenti ostacoli tecnici al commercio transfrontaliero dell’elettricità, legati, in particolare, alle difficoltà di accesso alle reti e all’assenza di interconnessioni, limitano, in proporzioni certamente variabili a seconda degli Stati membri interessati, i rischi di un afflusso improvviso e massiccio di produttori di elettricità verde stranieri, i regimi di sostegno sono in genere corredati di meccanismi di regolazione che potrebbero consentire, se del caso, di ovviare al rischio di diminuzione del prezzo dei certificati verdi in caso di aumento del numero dei certificati in circolazione in ragione della loro concessione a produttori stranieri. In un sistema come quello oggetto del procedimento principale, il quale poggia sull’instaurazione di quote evolutive imposte ai fornitori e a taluni consumatori, l’aumento del numero di certificati sul mercato dei certificati verdi potrebbe, infatti, essere compensato da un contestuale aumento del fabbisogno di quote, il che non potrebbe che andare nella giusta direzione.

99. Il secondo argomento si fonda sul fatto che gli scambi transfrontalieri di elettricità verde esigerebbero la previa conclusione di un accordo di cooperazione fra gli Stati membri di cui trattasi al fine di disciplinare diverse questioni relative, segnatamente, alle condizioni di emissione dei certificati verdi, alla coordinazione delle informazioni e alla designazione delle autorità incaricate di approvare gli impianti.

100. Nemmeno quest’argomento mi sembra convincente.

101. Da un lato, come riconosciuto dal governo tedesco, i meccanismi di cooperazione fra gli Stati membri previsti dalla direttiva 2009/28 sono intesi non a garantire l’accesso ai regimi di sostegno nazionali dell’elettricità verde prodotta all’estero, bensì a consentire agli Stati membri il raggiungimento dei rispettivi obiettivi nazionali generali con il supporto di altri Stati membri. A mio avviso, lungi dal vietare la firma di accordi di cooperazione, l’apertura dell’accesso ai regimi di sostegno nazionali agli impianti situati all’estero può, al contrario, favorirla, incoraggiando gli Stati membri a coordinare i propri regimi di sostegno.

102. Dall’altro, mi sembra significativo il fatto che, mentre fra gli obiettivi della direttiva 2009/28 figura lo sviluppo degli scambi di energia verde fra gli Stati membri, dalla sua entrata in vigore è stato concluso un solo accordo di cooperazione, quello stipulato fra il Regno di Svezia e il Regno di Norvegia il 29 giugno 2011. Noto peraltro con interesse che, nella sua comunicazione del 5 novembre 2013, intitolata «Realizzare il mercato interno dell’energia elettrica e sfruttare al meglio l’intervento pubblico» (51), la Commissione, dichiarandosi rammaricata del fatto che non ci si sia avvalsi dei meccanismi di cooperazione, fatta eccezione per tale accordo, rileva che lo sviluppo di energie verdi nell’ambito di regimi di sostegno transnazionali «può ridurre i costi di conformità alla direttiva 2009/28(…) e può concorrere a eliminare eventuali distorsioni del mercato unico derivanti da approcci nazionali diversi» (52) .

103. Il terzo argomento si basa sul fatto che il divieto di restrizioni territoriali farebbe perdere agli Stati membri il controllo sulla composizione del loro mix energetico.

104. Tale argomento non mi sembra più fondato dei precedenti. Anche se dall’articolo 194, paragrafo 2, secondo comma, TFUE si evince che la politica dell’Unione nel settore dell’energia intende rispettare la libertà di scelta del mix energetico nazionale, fatto salvo l’articolo 192, paragrafo 2, lettera c), TFUE (53), tale scelta di politica energetica può, cionondimeno, risentire delle misure adottate dall’Unione nell’ambito della sua politica ambientale, come attesta la stessa direttiva 2009/28, la quale, imponendo a ciascuno Stato membro obiettivi obbligatori di consumo di energia verde, influisce necessariamente sulla composizione del loro mix energetico.

105. Il quarto argomento si fonda sul fatto che i produttori di elettricità verde stabiliti in altri Stati membri potrebbero scegliere il regime ad essi più favorevole, il che aprirebbe la porta a sostegni «à la carte», ovvero ottenere un sostegno da parte di due regimi nazionali.

106. Ritengo, tuttavia, che la possibilità, per gli Stati membri, di coordinare i rispettivi regimi di sostegno grazie ai diversi meccanismi di cooperazione previsti dalla direttiva 2009/28 sia idonea a rispondere a tale obiezione.

107. Con il quinto argomento dedotto a sostegno delle restrizioni territoriali, si afferma che l’apertura dei regimi di sostegno alle produzioni straniere avrebbe come conseguenza che il consumatore nazionale sia indotto a finanziare gli impianti di produzione di elettricità verde situati in altri Stati membri. Mi chiedo, tuttavia, come questo argomento fatto valere dall’Energimyndigheten in udienza possa rivendicare l’obiettivo della protezione dell’ambiente, il quale giustifica, al contrario, che, attraverso regimi di sostegno nazionali, i consumatori di uno Stato membro finanzino l’energia verde importata da uno Stato membro piuttosto che l’energia di origine fossile nazionale.

108. In definitiva, ritengo che nessuno degli argomenti dedotti consenta di dimostrare che le restrizioni territoriali come quelle oggetto del procedimento principale siano idonee a garantire la realizzazione dell’obiettivo della protezione dell’ambiente.

109. Al riguardo, è importante rilevare che fra le quattro componenti della politica dell’Unione in materia ambientale, menzionate dall’articolo 191, paragrafo 1, TFUE, figura «l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali» (54) . Orbene, lo sviluppo degli scambi transfrontalieri di elettricità verde che deriverebbe dall’apertura dei regimi di sostegno nazionali alle produzioni straniere contribuirebbe alla realizzazione di tale obiettivo, consentendo una ripartizione ottimale della produzione fra gli Stati membri in funzione dei loro rispettivi potenziali.

110. Di conseguenza, ritengo che le restrizioni territoriali come quelle oggetto del procedimento principale non siano conformi al principio della libera circolazione delle merci.

111. Poiché mi sembra che la direttiva 2009/38 possa essere interpretata soltanto nel senso che essa autorizza siffatte restrizioni, ritengo che la stessa debba considerarsi invalida sul punto.

112. Restano da stabilire gli effetti nel tempo di tale dichiarazione di invalidità.

113. Poiché il rinvio pregiudiziale per l’esame di validità e il ricorso di annullamento costituiscono due modalità complementari in cui si esplica il controllo di legittimità, la Corte determina le conseguenze scaturenti da una declaratoria di invalidità in analogia alle sentenze di annullamento, i cui effetti nel tempo sono specificati dall’articolo 264 TFUE.

114. Di conseguenza, in conformità dell’articolo 264, primo paragrafo, TFUE, una dichiarazione d’invalidità esplica, in linea di principio, lo stesso effetto retroattivo di un annullamento.

115. Tuttavia, fondandosi sulla deroga prevista dall’articolo 264, secondo paragrafo, TFUE, la Corte ammette che possa derogarsi, in via eccezionale, al principio dell’efficacia retroattiva della dichiarazione di invalidità, qualora lo giustifichino esigenze imperative connesse.

116. Così, mediante tre sentenze del 15 ottobre 1980, Providence agricole de la Champagne (55), Maïseries de Beauce (56), e Roquette Frères, cit., la Corte, dopo aver accertato l’invalidità dei regolamenti contestati, ha ritenuto che tale invalidità non consentisse di rimettere in discussione la riscossione o il pagamento degli importi compensativi monetari effettuati dalle autorità nazionali, in base a suddetti regolamenti, per il periodo anteriore alla data della sua sentenza.

117. Successivamente, la Corte si è avvalsa in più occasioni della possibilità di limitare nel tempo gli effetti dell’accertamento dell’invalidità di un atto dell’Unione allorché ciò era imposto da esigenze imperative di certezza del diritto attinenti al complesso degli interessi in gioco (57) .

118. Al fine di disporre una siffatta limitazione, la Corte prende in considerazione, da un lato, la buona fede degli ambienti interessati, e, dall’altro, il rischio di gravi inconvenienti che le sue sentenze potrebbero arrecare a situazioni giuridiche costituite.

119. Ritengo che l’esercizio del potere di modulazione degli effetti nel tempo delle dichiarazioni di invalidità sia giustificato nel procedimento principale, il quale è caratterizzato da condizioni particolari.

120. Lo sviluppo delle energie verdi presuppone, infatti, investimenti costosi e a lungo termine. Orbene, modifiche retroattive apportate ai regimi di sostegno potrebbero generare una crisi di fiducia degli investitori e ridurre gli investimenti in tale settore, in particolare nelle tecnologie meno mature.

121. Ciò premesso, suggerisco concretamente alla Corte di differire di 24 mesi a decorrere dalla pronuncia gli effetti della sua sentenza, affinché possano essere apportate le necessarie modifiche alla direttiva 2009/28.

C – Sulla quarta questione

122. Con la quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il fatto che la restrizione ai soli produttori nazionali dell’ambito di applicazione di un regime di sostegno come quello oggetto del procedimento principale non sia espressamente prevista dalla legislazione nazionale influisca sulla soluzione delle questioni precedenti.

123. La decisione di rinvio afferma espressamente che, sebbene siffatta restrizione «non sia contenuta nel testo della legge bensì nei lavori preparatori» (58), «la normativa svedese, non consente agli impianti di produzione di elettricità [verde] situati al di fuori dei confini l’accesso al regime dei certificati [verdi]» (59) .

124. Il giudice del rinvio, unico competente ad individuare il diritto nazionale e ad interpretarlo, ritiene pertanto, basandosi sui lavori preparatori della legge, che la restrizione territoriale rifletta lo stato del diritto positivo nazionale. Peraltro, in caso contrario, le prime tre questioni presenterebbero un carattere ipotetico.

125. Con la sua ultima questione, esso tenta, in definitiva, di ottenere una convalida del metodo di interpretazione teleologica impiegato per determinare il contenuto del proprio diritto positivo.

126. Orbene, la Corte, la quale non è competente, nell’ambito del compito affidatole dall’articolo 267 TFUE, a statuire sull’interpretazione del diritto nazionale (60), non può controllare il metodo interpretativo di tale legge applicato dal giudice nazionale.

127. Di conseguenza, ritengo che non occorra risolvere tale questione, la quale esula dalla competenza della Corte.

V – Conclusione

128. Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che si debba rispondere alle questioni sottoposte dal förvaltningsrätten i Linköping come segue:

1) Gli articoli 2, secondo comma, lettera k), e 3, paragrafo 3, della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, devono essere interpretati nel senso che

– costituisce un regime di sostegno ai sensi della direttiva 2009/28 una normativa nazionale che concede ai produttori di elettricità proveniente da fonti energetiche rinnovabili certificati verdi dei quali i fornitori di elettricità e determinati consumatori sono obbligati ad acquistare una certa quota in funzione della quantità totale di elettricità che forniscono o consumano;

– la direttiva 2009/28 autorizza gli Stati membri, allorché istituiscono siffatti regimi, a riservare la concessione dei certificati verdi ai soli impianti di produzione di elettricità proveniente da fonti energetiche rinnovabili situati sul loro territorio.

2) L’articolo 34 TFUE osta ad una normativa nazionale che concede ai produttori di elettricità proveniente da fonti energetiche rinnovabili certificati verdi dei quali i fornitori di elettricità e determinati consumatori sono obbligati ad acquistare una certa quota in funzione della quantità totale di elettricità che forniscono o consumano, nei limiti in cui tale normativa esclude dal regime di aiuti i produttori i cui impianti sono situati nel territorio di un altro Stato membro.

3) L’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2009/28, è invalido nella parte in cui conferisce agli Stati membri il potere di vietare o circoscrivere l’accesso ai rispettivi regimi di sostegno ai produttori i cui impianti di produzione di elettricità proveniente da fonti energetiche rinnovabili sono situati in un altro Stato membro.

4) Tale invalidità prenderà effetto due anni dopo la pronuncia della sentenza.

(1) .

(2)  – Per comodità di linguaggio, qualificherò tale energia «energia verde».

(3)  – GU L 283, pag. 33.

(4)  – GU L 140, pag. 16.

(5)  – In prosieguo: l’«elettricità verde».

(6)  – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2003, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 96/92/CE (GU L 176, pag. 37, e rettifica GU 2004, L 16, pag. 74).

(7)  – In prosieguo: la «legge del 2003».

(8)  – In prosieguo: la «legge del 2011».

(9)  – La direttiva 2009/28 è stata integrata nell’accordo sullo Spazio economico europeo del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3), come adattato dal protocollo che adegua tale accordo (GU 1994, L 1, pag. 572), dalla decisione n. 162/2011 del Comitato misto SEE, del 19 dicembre 2011, che modifica l’allegato IV (Energia) dell’accordo SEE (GU 2012, L 76, pag. 49, e rettifica in GU 2012, L 247, pag. 16).

(10)  – In prosieguo: l’«Ålands Vindkraft».

(11)  – Tali regimi sono parimenti menzionati nell’ultima frase del considerando 52 della direttiva 2009/28.

(12)  – Il governo svedese si riferisce al punto 3.1, pag. 8, del documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Energie rinnovabili: un ruolo di primo piano nel mercato energetico europeo [SWD(2012) 164 def:]. Tale documento è disponibile unicamente in lingua inglese.

(13)  – V. considerando 36 di suddetta direttiva.

(14)  – Idem.

(15)  – Considerando 25 della direttiva 2009/28.

(16)  – Articolo 6 di tale direttiva.

(17)  – Articolo 7 della suddetta direttiva. Quest’ultima autorizza parimenti i progetti comuni fra Stati membri e paesi terzi (articolo 9 della stessa).

(18)  – Articolo 11 della direttiva 2009/28.

(19)  – Considerando 25, sesta frase, di tale direttiva.

(20)  – Articolo 15, paragrafo 9, di suddetta direttiva.

(21)  – V., in tal senso, il considerando 56 della direttiva 2009/28, che stabilisce che «[l]e garanzie di origine non conferiscono di per sé il diritto di beneficiare di regimi di sostegno nazionali». Anche se l’uso del condizionale, nella versione in lingua francese, lascia perplessi, in quanto sembra escludere ogni certezza, occorre constatare, tuttavia, che altre versioni linguistiche utilizzano l’indicativo presente [v., segnatamente, le versioni in lingua tedesca («Herkunftsnachweise begründen nicht an sich ein Recht auf Inanspruchnahme nationaler Förderregelungen»); inglese («Guarantees of origin do not by themselves confer a right to benefit from national support schemes»), e spagnola («Las garantías de origen no confieren de por sí el derecho a acogerse a sistemas de apoyo nacionales»)].

(22)  – V. titolo dell’articolo 3 di tale direttiva.

(23)  – V. paragrafi da 107 a 109 delle mie conclusioni nella causa Essent Belgium, cit.

(24)  – Articolo 5, paragrafo 3, primo comma, di tale direttiva.

(25)  – L’Energimyndigheten richiama il punto 53 della sentenza del 14 dicembre 2004, Radlberger Getränkegesellschaft e S. Spitz (C‑309/02, Racc. pag. I‑11763).

(26)  – V., da ultimo, sentenza del 14 marzo 2013, Commissione/Francia (C‑216/11, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

(27)  – V., segnatamente, sentenza del 26 giugno 2007, Ordre des barreaux francophones et germanophone e a. (C‑305/05, Racc. pag. I‑5305, punto 28). V., parimenti, sentenza del 7 marzo 2013, Efir (C‑19/12, punto 34).

(28)  – Sentenza del 12 luglio 2012, Association Kokopelli (C‑59/11, punto 80 e giurisprudenza ivi citata). V., per analogia, con riferimento alla libera prestazione dei servizi, sentenza del 26 ottobre 2010, Schmelz (C‑97/09, Racc. pag. I‑10465, punto 50).

(29)  – Sentenza del 29 febbraio 1984, Rewe-Zentrale (37/83, Racc. pag. 1229, punto 18).

(30)  – Sentenza del 1° dicembre 1965, Schwarze (16/65, Racc. pag. 1081, in particolare pag. 1094).

(31)  – V., segnatamente, sentenze del 3 febbraio 1977, Strehl (62/76, Racc. Pag. 211, punti da 10 a 17); del 15 ottobre 1980, Roquette Frères (145/79, Racc. pag. 2917, punto 6), nonché del 4 ottobre 2007, Schutzverband der Spirituosen-Industrie (C‑457/05, Racc. pag. I‑8075, punti da 32 a 39).

(32)  – V., in particolare, sentenza del 27 novembre 2012, Pringle (C‑370/12, punto 85 e giurisprudenza ivi citata).

(33)  – V. pag. 28, penultimo paragrafo, di tali osservazioni, nella versione in lingua francese.

(34)  – Punto 78.

(35)  – V., segnatamente, sentenza del 5 giugno 1986, Commissione/Italia (103/84, Racc. pag. 1759), che qualifica come misura d’effetto equivalente a una restrizione quantitativa una sovvenzione accordata alle aziende di trasporto pubblico, a condizione che esse acquistino veicoli di produzione nazionale.

(36)  – Sentenza del 6 ottobre 2011, Bonnarde (C‑443/10, Racc. pag. I‑9327), relativa alla normativa francese che subordina la concessione di un bonus ecologico all’apposizione della menzione «veicolo dimostrativo» sul primo certificato di immatricolazione di un autoveicolo dimostrativo importato.

(37)  – Sentenza del 13 marzo 2001 (C‑379/98, Racc. pag. I‑2099).

(38)  – GU L 211, pag. 15.

(39)  – GU L 211, pag. 55.

(40)  – GU 1997, L 27, pag. 20.

(41)  – Sentenza PreussenElektra, cit. (punto 78).

(42)  – Documento EUCO 2/1/11.

(43)  – Documento EUCO 156/12.

(44)  – V. punto 2, lettera c), delle conclusioni del Consiglio europeo del 18 e 19 ottobre 2012.

(45)  – Articolo 16, paragrafo 2, lettera b), di tale direttiva.

(46)  – Articolo 15, paragrafo 7, di tale direttiva.

(47)  – Articolo 15, paragrafo 2, quarto comma, della suddetta direttiva.

(48)  – Considerando 56 della direttiva 2009/28. V., parimenti, paragrafo 20 delle presenti conclusioni.

(49)  – V. sentenza PreussenElektra, cit., punto 73.

(50) –  - Rinvio, relativamente agli argomenti attinenti, da un lato, al principio della correzione, in via prioritaria, alla fonte, dei danni causati all’ambiente e, dall’altro, alla sicurezza dell’approvvigionamento energetico, ai paragrafi 105 e 106 delle mie conclusioni nella causa Essent Belgium, cit.

(51)  – C(2013) 7243 def.

(52)  – Pagg. 18 e 19.

(53)  – Quest’ultima disposizione abilita l’Unione ad adottare, nel quadro della politica ambientale, «misure aventi una sensibile incidenza sulla scelta di uno Stato membro tra diverse fonti di energia e sulla struttura generale dell’approvvigionamento energetico del medesimo».

(54)  – Il corsivo è mio.

(55)  – 4/79, Racc. pag. 2823.

(56)  – 109/79, Racc. pag. 2883.

(57)  – V. sentenze dell’8 novembre 2001, Silos (C‑228/99, Racc. pag. I‑8401, punti 35 e 36); del 22 dicembre 2008, Régie Networks (C‑333/07, Racc. pag. I‑10807, punti 121 e 122), nonché del 9 novembre 2010, Volker und Markus Schecke e Eifert (C‑92/09 e C‑93/09, Racc. pag. I‑11063, punti 93 e 94).

(58)  – V. punto 46 della decisione di rinvio.

(59)  – Idem. V., parimenti, punto 24 della decisione di rinvio, secondo cui «il nuovo testo di legge continua a non consentire di assegnare certificati [verdi] alla ricorrente nel procedimento principale, in assenza di un accordo di cooperazione con la Repubblica di Finlandia», nonché il punto 23 di tale decisione, il quale illustra il contenuto di tale decisione.

(60)  – V., parimenti, sentenza del 16 giugno 2011, Logstor ROR Polska (C‑212/10, Racc. pag. I‑5453, punto 30).