CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NIILO JÄÄSKINEN

presentate il 22 maggio 2014 ( 1 )

Causa C‑525/12

Commissione europea

contro

Repubblica federale di Germania

«Inadempimento di uno Stato — Direttiva 2000/60/CE che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque — Articolo 2, punto 38 — Servizi idrici — Articolo 2, punto 39 — Utilizzo delle acque — Articolo 9 — Recupero dei costi dei servizi idrici — Normativa nazionale che esclude taluni servizi idrici dall’ambito di applicazione dell’obbligo di recupero dei costi — Estrazione dell’acqua a fini di irrigazione, a fini industriali e di uso privato — Arginamento ai fini della produzione di energia idraulica, della navigazione e della protezione dalle inondazioni — Stoccaggio dell’acqua — Trattamento e distribuzione dell’acqua a fini industriali e agricoli»

I – Introduzione

1.

Nel 2000, l’Unione europea ha attuato una misura radicalmente innovativa con l’adozione della direttiva 2000/60/CE ( 2 ) (in prosieguo: la «DQA»). Per la prima volta, un atto di diritto dell’Unione definisce un quadro per la gestione e la protezione comune delle acque fondato non su frontiere o politiche nazionali, ma sulle formazioni idrologiche, vale a dire per bacino idrografico, in una prospettiva di sviluppo sostenibile. Inoltre, la DQA ha altresì innovato integrando considerazioni di ordine economico nella politica sulle acque, le quali si traducono non solo nell’applicazione del principio «chi inquina paga», ma anche nell’obbligo di valutazione economica di taluni costi o usi dell’acqua ( 3 ), nonché nel ricorso a strumenti quali le politiche dei prezzi dell’acqua.

2.

Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che «la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi della [DQA], e segnatamente dell’articolo 2, punto 38 ( 4 ), e dell’articolo 9 ( 5 ), escludendo taluni servizi (per esempio, l’arginamento ai fini della produzione di energia idraulica, la navigazione e la protezione dalle inondazioni, l’estrazione ai fini dell’irrigazione e a fini industriali, nonché l’uso privato) dall’applicazione della nozione di «servizi idrici» ( 6 ). Come dichiarato dalla stessa Commissione, il presente ricorso «concerne essenzialmente l’interpretazione della nozione di “servizi idrici” di cui all’articolo 2, punto 38, della DQA». L’interpretazione della suddetta nozione, secondo la Commissione, ha «delle conseguenze sostanziali per la questione dell’ambito di applicazione dell’articolo 9 della DQA» ( 7 ).

3.

Rilevo immediatamente che la presente causa è importante per diversi aspetti. Innanzitutto, è la prima volta che la Corte viene chiamata a precisare la portata del principio della tariffazione per i servizi idrici nell’ambito della DQA. Orbene, ciò costituisce una questione essenziale ai fini dell’attuazione della DQA nel suo complesso. Peraltro, come la Commissione ha confermato in udienza, la presente causa costituisce una «causa pilota», nel senso che in base all’interpretazione data dalla Corte alla presente fattispecie la Commissione potrebbe presentare un numero rilevante di ricorsi ( 8 ).

4.

Secondo la Repubblica federale di Germania, sostenuta a tal proposito da numerosi Stati membri, la DQA attua un regime globale di gestione delle acque nel quale gli obiettivi ambientali devono essere raggiunti innanzitutto mediante i programmi di misure e i piani gestione di cui alla DQA. Pertanto, l’obbligo di recupero dei costi dei servizi idrici costituirebbe non tanto lo strumento principale e determinante per risolvere i problemi che si pongono in Europa in materia di risorse idriche, ma piuttosto una misura particolare che è opportuno applicare in materia di fornitura idrica nonché di raccolta e di trattamento delle acque reflue.

5.

Anche ammettendo che il ricorso della Commissione presenti gravi insufficienze a livello procedurale, nelle presenti conclusioni intendo difendere l’interpretazione secondo la quale il legislatore dell’Unione ha previsto, nella DQA, la tariffazione di due principali tipi di attività. Da una parte, si tratta della fornitura idrica quale definita dall’articolo 2, punto 38, lettera a), della DQA, la cui formulazione riflette la volontà di individuare tutte le singole fasi che devono essere ricomprese nel prezzo pagato dall’utente finale. D’altra parte, si tratta della raccolta e del trattamento delle acque reflue ai sensi dell’articolo 2, punto 38, lettera b), della DQA. Infatti, il servizio idrico deve essere offerto da un prestatore a un consumatore o a un altro utente, sia esso pubblico o privato, che rappresenta un ramo industriale o agricolo. Tale interpretazione, che mi sembra l’unico approccio ragionevole, è corroborata tanto dal testo e dal sistema della DQA, quanto dalla sua genesi legislativa, dalla sua base giuridica e dalla sua finalità principale, vale a dire la protezione delle acque quale patrimonio comune.

II – Procedura precontenziosa e procedimento dinanzi alla Corte

6.

Nell’agosto 2006, alla Commissione è stata presentata una denuncia secondo la quale la Repubblica federale di Germania interpretava la definizione di «servizi idrici», di cui all’articolo 2, punto 38, della DQA, nel senso che i servizi in questione si limiterebbero alla fornitura idrica e alla raccolta, al trattamento e all’eliminazione delle acque reflue, in modo tale da limitare l’ambito di applicazione dell’articolo 9 della DQA.

7.

Il 7 novembre 2007, la Commissione ha inviato alla Repubblica federale di Germania una lettera di diffida nella quale dichiarava che la normativa tedesca non era conforme a numerose disposizioni della DQA e che tale Stato membro non applicava correttamente la nozione di «servizi idrici».

8.

La Repubblica federale di Germania rispondeva a tale lettera di diffida il 6 marzo 2008 e il 24 settembre 2009.

9.

Il 30 settembre 2010, la Commissione inviava una lettera di diffida complementare alla quale la Repubblica federale di Germania rispondeva il 18 novembre 2010. Il 27 luglio 2011, il suddetto Stato membro comunicava alla Commissione il regolamento relativo alla protezione delle acque superficiali del 20 luglio 2011, che recepisce l’articolo 5 della DQA.

10.

Il 30 settembre 2011, la Commissione inviava alla Repubblica federale di Germania un parere motivato. Il 31 gennaio 2012, la Repubblica federale di Germania rispondeva al parere motivato entro il termine stabilito, che era stato prorogato su sua richiesta. Nel luglio 2012, essa informava la Commissione del recepimento degli articoli 2, punti 38 e 39, nonché 9 della DQA.

11.

Nonostante il recepimento delle disposizioni in questione, la Commissione ha ritenuto che il problema dell’interpretazione divergente della definizione di servizi idrici sussistesse e, pertanto, il problema dell’insufficiente, a suo avviso, conformazione all’articolo 9 della DQA. Pertanto, in data 11 novembre 2012, essa ha proposto il presente ricorso.

12.

Con ordinanze del presidente della Corte del 2, 5, 8, 11 e 15 aprile 2013, rispettivamente, la Repubblica d’Austria, il Regno di Svezia, la Repubblica di Finlandia, l’ Ungheria, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord nonché il Regno di Danimarca sono stati ammessi ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica federale di Germania.

13.

La Repubblica federale di Germania, l’Ungheria, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia nonché la Commissione sono stati sentiti all’udienza tenutasi il 5 marzo 2014.

III – Sulla ricevibilità del ricorso

14.

Con il suo ricorso, la Commissione fa valere in sostanza che, interpretando in maniera restrittiva, e dunque, a suo avviso, errata, la nozione di «servizi idrici» di cui all’articolo 2, punto 38, della DQA, la Repubblica federale di Germania non si conformerebbe a quanto prescritto dall’articolo 9 della DQA. La Repubblica federale di Germania contesta la ricevibilità del ricorso, il quale tenderebbe, a suo avviso, a chiarire questioni puramente teoriche, mancherebbe di precisione e non corrisponderebbe all’oggetto del parere motivato. Anche i governi finlandese e svedese concludono per l’irricevibilità del ricorso.

15.

Sul piano processuale, la difficoltà sollevata dal presente ricorso riguarda, innanzitutto, la determinazione chiara dell’oggetto e della natura dell’inadempimento contestato, dal momento che il ricorso della Commissione manca fondamentalmente di coerenza a tal proposito. Orbene, tale determinazione condiziona l’esame del ricorso da parte della Corte. Infatti, ammettere la possibilità di un ricorso avente ad oggetto soltanto l’interpretazione errata di una direttiva senza che la Commissione sia tenuta ad illustrare in cosa consiste la mancanza contestata, condurrebbe ad autorizzare la Commissione a proporre ricorsi per inadempimento «d’interpretazione», il cui scopo sarebbe ottenere la conferma da parte della Corte di un’interpretazione del diritto dell’Unione. Ciò non è tuttavia conforme al sistema e alla finalità della procedura ai sensi dell’articolo 258 TFUE, la quale ha per oggetto la constatazione dell’inadempimento di uno Stato membro ai suoi obblighi. La constatazione di siffatto inadempimento, secondo l’articolo 260, paragrafo 1, TFUE, impone allo Stato membro di cui trattasi di prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte comporta ( 9 ).

16.

A tal proposito, osservo che al punto 1 del ricorso ( 10 ) la Commissione afferma che il suo ricorso «concerne essenzialmente l’interpretazione della nozione di “servizi idrici” di cui all’articolo 2, punto 38, della DQA». La Commissione nondimeno ammette che, nel corso della procedura precontenziosa, le disposizioni degli articoli 2, punto 38, e 9 della DQA sarebbero state recepite tramite un progetto governativo del 18 luglio 2012, che prevede il loro recepimento letterale. La Commissione tuttavia ritiene che l’interpretazione «della resistente non è conforme all’esatto contenuto della norma» ( 11 ). Di conseguenza, secondo la Commissione sussiste il problema dell’interpretazione divergente della definizione di servizi idrici e, pertanto, «l’insufficiente conformazione all’articolo 9 della DQA». Per tale motivo la Commissione ha deciso di «limitare il suo ricorso all’errato recepimento dell’articolo 2, punto 38, e dell’articolo 9 della DQA» ( 12 ).

17.

Nella sua replica, la Commissione difende la ricevibilità del suo ricorso facendo valere che «il punto nodale della violazione riguarda l’interpretazione da parte della convenuta dell’articolo 2, punto 38, della direttiva». Secondo la Commissione, l’applicazione non uniforme ed errata dell’articolo 9 della DQA sul territorio tedesco è contraria ai considerando 14 e 18 della DQA ( 13 ). Infine, nel petitum del ricorso la Commissione chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica federale di Germania è inadempiente rispetto agli obblighi ad essa incombenti ai sensi della DQA, «escludendo taluni servizi (…) dall’applicazione della nozione di servizi idrici» ( 14 ).

18.

Di conseguenza, non è chiaro se la Commissione contesta alla Repubblica federale di Germania:

un errato recepimento normativo a livello federale o a livello dei Länder,

un’errata applicazione puntuale della DQA illustrata da esempi concreti o

una pratica costante e generalizzata contraria alla DQA pur ammettendo la conformità del contesto normativo nazionale.

19.

Orbene, è assodato che ogni ricorso deve indicare l’oggetto della controversia, nonché l’esposizione sommaria dei motivi in maniera sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di preparare la sua difesa e alla Corte di esercitare il suo controllo. Ne discende che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali si fonda il ricorso devono emergere in modo coerente e comprensibile dal testo del ricorso stesso e che le conclusioni di quest’ultimo devono essere formulate in modo inequivocabile al fine di evitare che la Corte statuisca ultra petita ovvero ometta di pronunciarsi su una censura ( 15 ).

20.

In primo luogo, per quanto riguarda la questione se la Commissione miri ad un errato recepimento della DQA o ad un’errata applicazione di quest’ultima, rilevo che la Commissione provvede a presentare e ad analizzare numerosi esempi di servizi che essa considera idrici, senza però operare una connessione con l’applicazione della DQA sul territorio dello Stato membro convenuto. È solo nei punti finali del ricorso che viene precisato l’inadempimento tramite una censura secondo la quale la normativa di taluni Länder ( 16 ) non prevedrebbe una tassa sull’estrazione, mentre una siffatta tassa sarebbe stata introdotta solo recentemente in altri Länder ( 17 ). La Commissione critica altresì le deroghe nell’ambito dell’estrazione dell’acqua e solleva la problematica dell’estrazione dell’acqua a fini di estrazione mineraria sotterranea e a cielo aperto, la quale sembra certamente contestabile ai sensi della DQA ( 18 ). La replica non appariva molto più chiara.

21.

Tale struttura del ricorso potrebbe portare a ritenere che la Commissione miri innanzitutto a mancanze che riguardano l’applicazione delle norme interne adottate ai fini del recepimento delle disposizioni dell’articolo 9 della DQA in combinato disposto con l’articolo 2, punto 38. Tuttavia, dal momento che gli esempi di una siffatta applicazione inadempiente derivano dalla legislazione adottata da un determinato numero di Länder, ciò corrobora la tesi di un inadempimento derivante da un errato recepimento. Peraltro, la Commissione si limita ad elencare i Länder interessati rinviando a link di siti web per accedere, almeno in parte, agli atti della controversia, senza che il loro contenuto sia specificato ( 19 ).

22.

Orbene, secondo la giurisprudenza, dal ricorso della Commissione deve risultare chiaramente se il ricorso riguarda la maniera in cui la direttiva è recepita nell’ordinamento giuridico interno o se si tratta piuttosto di critiche di risultato concreto nell’applicazione della normativa di attuazione. Come la Corte ha precisato, per dimostrare che la trasposizione di una direttiva è insufficiente o inadeguata, solo in tale primo caso non è necessario comprovare gli effetti reali della normativa nazionale che recepisce tale direttiva. Infatti, è sufficiente comparare le disposizioni stesse al fine di stabilire l’insufficienza o la manchevolezza della trasposizione ( 20 ).

23.

È vero che in taluni casi il recepimento impone agli Stati membri non solo l’adozione di un contesto normativo completo, ma anche l’attuazione di misure concrete e specifiche che consentano di raggiungere il risultato prescritto. Tale è per esempio il caso della direttiva 92/43/CEE ( 21 ) detta «habitat», nell’ambito della quale la determinazione di un sistema di tutela rigorosa presuppone l’adozione di misure coerenti e coordinate, a carattere preventivo, che consentano di evitare il deterioramento o la distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo delle specie animali ( 22 ). Tuttavia, in tal caso la Commissione è tenuta a fornire la prova dell’inadempimento tramite esempi concreti che dimostrino l’assenza di un sistema efficace di tutela ( 23 ). Orbene, per le ragioni esposte in precedenza, non è questo il caso del presente ricorso.

24.

Comunque, se si dovesse considerare che il presente ricorso riguarda un errato recepimento, la Corte non mi pare in grado di determinare quale fosse lo stato degli atti emessi dai Länder menzionati dalla Commissione il 30 gennaio 2012, data che corrisponde alla scadenza del termine di cui al parere motivato ( 24 ). Infatti, è assodato che il parere motivato e il ricorso debbono presentare le censure in modo coerente e preciso così da consentire alla Corte di conoscere esattamente la portata della violazione del diritto dell’Unione contestata, presupposto necessario affinché la Corte possa verificare l’esistenza dell’inadempimento addotto ( 25 ).

25.

A tal proposito, è necessario rilevare che, al fine di illustrare lo stato della normativa dei Länder di Baviera, di Assia e di Turingia, la Commissione, nel suo ricorso, rinvia imprecisamente all’esposizione della motivazione del progetto di legge del governo del Land di Renania-Palatinato, nonché a un articolo di dottrina ( 26 ). Osservo inoltre che la legge del Land di Renania‑Palatinato, relativa alla tassa sull’estrazione menzionata in una nota a piè di pagina del ricorso ( 27 ), è stata adottata il 3 luglio 2012. La Commissione avrebbe dunque dovuto esplicitare in che misura un eventuale progetto della suddetta legge sia stato oggetto della procedura precontenziosa. Orbene, solo la normativa del Land di Renania del Nord‑Vestfalia (Nordrhein‑Westfalen) ( 28 ) e quella del Land di Brandeburgo ( 29 ) sono citate nel parere motivato.

26.

In secondo luogo, secondo la formulazione del ricorso, rilevo che la Commissione non chiede alla Corte di constatare uno o più inadempimenti puntuali che essa sembra contestare a taluni Länder, sebbene le sarebbe concesso contestare siffatti inadempimenti «individuali» relativi ad un caso preciso ( 30 ), dal momento che non è applicabile una regola de minimis nell’ambito dell’articolo 258 TFUE ( 31 ). Infatti, invece di mirare a violazioni concrete risultanti dalla normativa federale o da quella dei Länder, la Commissione si limita, nel petitum, a menzionare in generale l’esclusione di taluni servizi idrici ai sensi della DQA.

27.

In terzo luogo, quanto all’ipotesi di inadempimento strutturale, è assodato che una prassi amministrativa può costituire oggetto di ricorso per inadempimento qualora risulti in una certa misura costante e generale ( 32 ). Ciò richiede che la Commissione determini il carattere orizzontale dell’inadempimento. La Corte ha ammesso la ricevibilità di ricorsi della Commissione fondati sull’invocazione precisa di una violazione strutturata e generalizzata, da parte di uno Stato membro, delle disposizioni di diritto dell’ambiente ( 33 ). La giurisprudenza ammette che la Commissione nel suo ricorso si basi, a tal fine, su un «approccio globale» ( 34 ).

28.

Infatti, se il ricorso ha ad oggetto l’esecuzione concreta di una disposizione nazionale, la dimostrazione dell’inadempimento di uno Stato esige che siano forniti elementi di prova specifici rispetto a quelli che vengono abitualmente presi in considerazione nell’ambito di un ricorso per inadempimento relativo soltanto al contenuto di una disposizione nazionale. Quando l’oggetto del ricorso per inadempimento riguarda l’applicazione di una disposizione nazionale, l’inadempimento può essere accertato solo in virtù di una dimostrazione sufficientemente documentata e circostanziata della prassi censurata ed imputabile allo Stato membro coinvolto ( 35 ). Orbene, nella fattispecie il ricorso non risponde a tali esigenze.

29.

In ogni caso, escludo che la Commissione sia stata inadempiente rispetto a quanto richiesto dalla giurisprudenza relativa alla portata della controversia ( 36 ). Infatti, dal momento che l’oggetto del presente inadempimento è incerto, l’ipotesi del suo ampliamento neanche si pone.

30.

Con riferimento all’insieme delle considerazioni che precedono, sono dell’avviso che, dal momento che il presente ricorso non risponde in modo manifesto alle esigenze di precisione e di coerenza ai sensi della giurisprudenza della Corte, non risulta possibile delimitare il suo oggetto. Pertanto propongo, in via principale, di considerarlo irricevibile. L’analisi del merito del ricorso viene dunque presentata in via subordinata.

IV – Nel merito

A – Argomenti delle parti

31.

Secondo la Commissione, l’articolo 2, punto 38, della DQA deve essere interpretato nel senso che ciascuno dei servizi idrici considerati deve sottostare al principio di recupero dei costi e a misure di incentivo all’utilizzo efficace delle risorse, come richiede l’articolo 9 della DQA. La Commissione rileva che, nell’ambito dell’applicazione della DQA in Germania, taluni servizi idrici non danno luogo al suddetto recupero, sebbene producano effetti sul corpo idrico, in violazione dell’articolo 9 della DQA. La Commissione considera la relazione dell’Agenzia europea per l’ambiente ( 37 ), da cui risulterebbe che l’interpretazione in questione avrebbe come conseguenza che solo il 21% dell’estrazione di acqua in Europa sarebbe considerata servizio idrico, di modo che circa l’80% della totalità delle estrazioni di acqua in Europa sfuggirebbe così all’applicazione dell’articolo 9 della DQA, ciò che comprometterebbe fortemente l’effetto utile della DQA. Pur sottolineando che gli Stati membri godono di discrezionalità nell’escludere taluni servizi idrici dal recupero dei costi ai sensi di detto articolo 9, la Commissione è dell’avviso che l’esclusione di servizi idrici che ricomprendono una vasta gamma di attività, nonché la prassi della convenuta, eccedano ciò che tale discrezionalità consente.

32.

Al fine di chiarire la definizione della nozione di «servizi», la Commissione propone di fare riferimento alla direttiva 2004/35/CE ( 38 ) e fa valere che i servizi di diritto dell’ambiente non presuppongono né la partecipazione di un essere umano quale prestatore o destinatario, né l’esistenza di un rapporto contrattuale, come è il caso dei «servizi di ecosistema» ( 39 ). Pertanto, anche l’estrazione dell’acqua per il consumo privato deve essere considerata come servizio idrico.

33.

Nel suo controricorso, la Repubblica federale di Germania fa valere che la tariffazione dell’utilizzo delle acque non è la sola misura in grado, ai sensi della DQA, di incentivare maggiormente l’economia e la prudenza nella gestione delle acque. La Commissione non terrebbe conto dei differenti strumenti di gestione che il legislatore avrebbe previsto tanto per ragioni di sussidiarietà quanto di efficacia.

34.

Peraltro, il suddetto Stato membro invoca la struttura della definizione dei servizi idrici, di cui all’articolo 2, punto 38, lettera a), della DQA. Questa elencherebbe delle attività legate dalla congiunzione «e», ciò che comporterebbe che tutte le fasi della fornitura idrica siano prese in considerazione nel calcolo dei costi. La nozione di servizi idrici comprenderebbe pertanto la fornitura idrica nel suo complesso, e non solamente un numero determinato di attività, a meno di non giungere ad una estensione illegittima della definizione.

35.

Inoltre, al fine di definire la nozione di «servizi» ai sensi dell’articolo 2, punto 38, della DQA, la Repubblica federale di Germania propone di fare riferimento all’articolo 57 TFUE e di considerare che essa richieda una relazione bilaterale, la quale verrebbe a mancare, per esempio, in caso di utilizzo delle acque per la navigazione o di misure di protezione contro le inondazioni, ma che sarebbe stabile nelle attività di fornitura idrica e di trattamento delle acque reflue. Lo Stato membro convenuto contesta la rilevanza della direttiva 2004/35 e il riferimento alla nozione di «servizi di ecosistema».

36.

Nelle loro memorie di intervento, i governi danese, ungherese, austriaco, finlandese, svedese e del Regno Unito in sostanza sostengono l’interpretazione dell’articolo 2, punto 38, della DQA difesa dalla Repubblica federale di Germania.

37.

Il governo danese aggiunge che, a differenza delle attività di distribuzione di acqua e di trattamento delle acque reflue, gli strumenti finanziari non hanno lo stesso effetto regolatore sulle conseguenze di attività quali lo sviluppo di vie d’acqua per la navigazione e la protezione contro le inondazioni. Il governo ungherese, dal canto suo, rileva che l’accezione sostenuta dalla Commissione elimina la linea di demarcazione tra la nozione di «utilizzo delle acque» e di «servizi idrici». Esso ricorda che, nel corso dei lavori legislativi che hanno condotto all’adozione della DQA, la posizione della Commissione secondo la quale il principio del recupero dei costi si estendeva alla totalità delle attività idriche è stata espressamente respinta. Quanto al governo austriaco, esso sottolinea che sono i programmi di misure e i piani di gestione che costituiscono strumenti chiave al fine di raggiungere gli obiettivi della DQA. L’obiettivo di incentivare, tramite le politiche dei prezzi dell’acqua, un utilizzo economico di questa avrebbe senso solo per la fornitura dell’acqua ai consumatori e non, per esempio, per l’energia idraulica, poiché essa porterebbe ad un aumento dei costi dell’elettricità rinnovabile che proviene da questa.

38.

Il governo finlandese contesta l’interpretazione troppo ampia che la Commissione difende in materia di nozione di servizi idrici. Questa stravolgerebbe l’equilibrio tra gli strumenti della DQA relativi alla gestione delle risorse idriche, mentre tale direttiva costituirebbe solo una normativa «quadro» che lascia un ampio potere discrezionale al legislatore nazionale nella scelta dei mezzi da attuare ( 40 ). Per il governo svedese è chiaro che la definizione proposta dalla Commissione non tiene alcun conto delle condizioni naturali e geografiche particolari dei diversi Stati membri. Anche il Regno Unito contesta la tesi della Commissione.

B – Osservazioni di ordine generale sulle questioni fondamentali della politica delle acque

39.

Nell’ambito della politica delle acque, la normativa comunitaria si è innanzitutto interessata, nel corso degli anni ’70, agli usi delle acque (acqua potabile, balneazione, piscicoltura, molluschicoltura), poi alla riduzione dell’inquinamento (acque reflue, nitrati di origine agricola) ( 41 ). La normativa europea comprendeva dunque numerose direttive settoriali in materia di acqua. Tale approccio frammentario è stato considerato obsoleto, incoerente e difficile da adattare al progresso derivante dalla conoscenza scientifica.

40.

Qualificata come rivoluzione copernicana nell’ambito della politica delle acque ( 42 ), la DQA ha stabilito un quadro comune al fine di coordinare, e in parte sostituire, il mosaico di testi normativi comunitari e nazionali in vigore ( 43 ).

41.

La DQA costituisce una tappa decisiva nell’evoluzione della politica delle acque, dal momento che disciplina la gestione della qualità delle acque, mentre le questioni di gestione quantitativa sono affrontate solo in via secondaria dalla suddetta direttiva ( 44 ). Del resto, ciò riflette il fondamento giuridico della DQA, che è stata adottata sulla base dell’articolo 175 CE (divenuto l’articolo 192 TFUE) relativo alla precedente procedura di codecisione. A tal proposito occorre invece osservare che dall’articolo 175, paragrafo 2, CE emerge che la problematica della gestione quantitativa delle risorse idriche o aventi rapporto diretto o indiretto con la disponibilità delle stesse avrebbe richiesto l’unanimità nel corso del procedimento legislativo.

42.

Infatti, la DQA mira a mantenere e migliorare l’ambiente all’interno dell’Unione. Orbene, la qualità delle acque presenta un nesso diretto con tale obiettivo, mentre la gestione quantitativa costituisce solo un elemento secondario tale da contribuire a una buona qualità delle acque. Perciò la DQA contiene anche misure relative alla quantità, subordinate all’obiettivo di una buona qualità ( 45 ).

43.

In tale ambito si deve rilevare che la sfida del presente ricorso riguarda il fatto che, quale elemento essenziale delle attività dell’uomo, la politica delle acque, che concerne, inoltre, un bene comune, è oggetto della normativa a più livelli nel diritto dell’Unione, ciò che impone un approccio conciliatore. Pertanto, da una parte, è necessario sottolineare il nesso tra la DQA e una serie di direttive secondarie quali la direttiva sulle acque sotterranee ( 46 ), la direttiva relativa al trattamento delle acque reflue ( 47 ), quella sui nitrati ( 48 ), la direttiva che stabilisce standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque ( 49 ), quella relativa alle alluvioni ( 50 ) e la direttiva sulle specifiche tecniche per l’analisi chimica e il monitoraggio delle acque ( 51 ).

44.

D’altra parte, è necessario non perdere di vista la prospettiva intersettoriale nell’ambito della gestione sostenibile delle risorse idriche, prendendo nella dovuta considerazione in particolare gli strumenti della politica agricola comune, quelli della politica regionale, gli atti adottati in materia di energie rinnovabili o ancora di trasporti su vie fluviali, nonché le norme relative all’occupazione del suolo, senza trascurare il necessario adattamento al cambiamento climatico ( 52 ).

45.

Inoltre, sebbene le acque superficiali e le acque sotterranee siano risorse naturali rinnovabili ( 53 ), la ripartizione ineguale delle acque all’interno dell’Unione europea rende molto complessa l’adozione e l’applicazione di un quadro normativo sulla protezione delle acque ( 54 ). Le risorse di acqua dolce per abitante sono venti volte più alte nei paesi del nord che nei paesi del sud dell’Europa ( 55 ). Per tale ragione, i piani di gestione di distretto idrografico sono i principali strumenti di attuazione della DQA ( 56 ). Infatti, il considerando 13 della DQA sottolinea a tal proposito che «le diverse condizioni ed esigenze riscontrabili all’interno della Comunità richiedono l’adozione di soluzioni specifiche. È opportuno tener conto di tale diversità nella programmazione e nell’esecuzione di misure atte a garantire la protezione ed un utilizzo sostenibile delle acque nell’ambito del bacino idrografico. Le decisioni dovrebbero essere adottate al livello più vicino possibile ai luoghi di utilizzo effettivo o di degrado delle acque. Si dovrebbero privilegiare le azioni che rientrino fra le competenze degli Stati membri, attraverso programmi di misure adeguati alle condizioni regionali e locali» (il corsivo è mio).

46.

Infine, è necessario sottolineare che la complessità che caratterizza la DQA ha portato la Commissione ad adottare una moltitudine di documenti esplicativi e di relazioni concernenti l’attuazione della DQA ( 57 ) e ha alimentato il piano d’azione per la salvaguardia delle risorse idriche dell’Europa ( 58 ).

47.

È alla luce di tali osservazioni generali che occorre analizzare le disposizioni controverse.

C – Sul principio del recupero dei costi nella DQA

1. Sul contenuto degli articoli 2, punto 38, e 9 della DQA

48.

Come rileva la Commissione, «il punto nodale della presente controversia» riguarda l’interpretazione dell’articolo 2, punto 38, della DQA. Orbene, per delimitare la portata di una disposizione di diritto dell’Unione, bisogna tener conto allo stesso tempo del suo dettato, del suo contesto e delle sue finalità ( 59 ). La genesi di una disposizione di diritto dell’Unione può altresì presentare elementi rilevanti per la sua interpretazione ( 60 ).

49.

Rilevo innanzitutto che il principio di tariffazione dei costi dei servizi idrici che risulta dall’articolo 9 della DQA costituisce uno strumento innovativo diretto a garantire una migliore applicazione della norma «chi inquina paga» nel settore dell’utilizzo delle acque ( 61 ). La DQA è pertanto una delle iniziative che tende a rafforzare il ruolo degli strumenti economici nelle politiche ambientali.

50.

Di conseguenza, l’articolo 9 della DQA prevede che gli Stati membri tengano conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici. Più precisamente, gli Stati membri provvedono a che le politiche dei prezzi dell’acqua incentivino adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente e contribuiscano in tal modo agli obiettivi ambientali della DQA. Provvedono altresì a un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell’acqua, distinti in industria, famiglie e agricoltura, sulla base dell’analisi economica effettuata secondo l’allegato III della DQA e tenendo conto del principio «chi inquina paga».

51.

L’articolo 2, punto 38, della DQA definisce i servizi idrici come tutti i servizi che «forniscono», da una parte, «estrazione, arginamento, stoccaggio, trattamento e distribuzione, di acque superficiali o sotterranee» e, dall’altra, «strutture per la raccolta e il trattamento delle acque reflue, che successivamente scaricano nelle acque superficiali».

52.

È dunque legittimo ritenere che il legislatore dell’Unione abbia definito i servizi idrici nella prospettiva delle due attività principali, indispensabili per l’utilizzo delle acque, vale a dire, a monte, la fornitura idrica e, a valle, il trattamento delle acque reflue.

53.

La definizione sopra riportata comporta necessariamente l’esistenza di un prestatore di servizi. Peraltro, ne deriva altresì che le attività in questione siano considerate come prestazioni di servizi idrici solo qualora esse intervengano nell’ambito della fornitura idrica o del trattamento delle acque reflue. Peraltro, le attività elencate al punto 38, lettera a), dell’articolo 2 della DQA sono precisate al fine esclusivo di essere prese in considerazione nel processo di tariffazione. Infatti, come ha sottolineato l’agente del governo finlandese all’udienza, il legislatore ha ritenuto necessario assicurarsi che tutte le parti che intervengono nell’ambito della distribuzione delle acque siano prese in considerazione nel calcolo dei costi di cui all’articolo 9 della DQA. Se il punto 38 riportasse solo il termine «fornitura», sarebbe possibile interpretare tale disposizione come riguardante unicamente l’ultimo elemento, vale a dire la distribuzione di acqua all’utente finale.

54.

Condivido pertanto la posizione della Repubblica federale di Germania, secondo la quale l’obiettivo dell’articolo 2, punto 38, della DQA è quello di ricomprendere la fornitura dell’acqua in tutti i suoi aspetti e di condurre a una tariffazione che consenta il recupero dei costi ai sensi dell’articolo 9 della DQA ( 62 ). A mio avviso, il suddetto principio deve applicarsi quale che sia la composizione della catena di fornitura. In altre parole, il costo pagato dal consumatore o da qualsiasi altro utente di acqua potabile deve comprendere tutti i servizi indipendentemente dal numero di prestatori di servizi coinvolti.

55.

Tale interpretazione dell’articolo 2, punto 38, della DQA è confermata dall’interpretazione abituale del suo dettato nonché dalla sua genesi, dal sistema della DQA e da un’interpretazione teleologica della suddetta disposizione.

2. L’interpretazione letterale

56.

È pacifico che l’articolo 2 della DQA contenga delle definizioni ai fini dell’applicazione della suddetta direttiva. Di conseguenza, la sua interpretazione deve essere principalmente fondata sul denominatore comune a tutti gli Stati membri che il significato abituale del suo dettato rappresenta. Ciò mi pare tanto più indispensabile per il fatto che la DQA è una direttiva quadro.

57.

A tal proposito, ricordo che la Corte ha già respinto un’argomentazione della Commissione presentata nell’ambito di un ricorso per inadempimento in materia fiscale, con il quale questa contestava a uno Stato membro di non aver proceduto ad un’interpretazione diretta a correggere una disposizione della direttiva rilevante, malgrado un recepimento letterale del suo contenuto nell’ordinamento giuridico nazionale. Orbene, mi pare che la Commissione segua un approccio analogo nel caso di specie sulla base del menzionato regolamento relativo alla protezione delle acque superficiali. Nella sua sentenza, la Corte fa riferimento al principio di certezza del diritto, che esige che una normativa dell’Unione consenta agli interessati di conoscere esattamente la portata degli obblighi che essa impone loro ( 63 ). Inoltre, la Corte ha ricordato che nell’ipotesi di un testo chiaro e non ambiguo delle disposizioni, confortato dal loro sistema, non si può interpretare la nozione ivi riportata in un senso che mira ad ampliare gli obblighi degli Stati membri da esse derivanti ( 64 ).

58.

Quanto alla ricchezza dei dibattiti che hanno preceduto l’adozione della DQA e al suo carattere assolutamente innovativo dal punto di vista di una tutela dell’ambiente concepita in funzione di formazioni geografiche e idrologiche naturali e non di frontiere politiche, ritengo che sia a dir poco scarsamente utile cercare chiarimenti in relazione al testo della DQA in altri atti di diritto derivato quali la direttiva servizi o la direttiva sulla responsabilità ambientale, come risulta dall’analisi proposta dalla Commissione e dalla Repubblica federale di Germania. Rilevo, peraltro, che la DQA contiene siffatti riferimenti espliciti quando il legislatore l’ha ritenuto utile, segnatamente per quanto riguarda la definizione dell’espressione «acqua destinata al consumo umano», di cui all’articolo 2, punto 37, della DQA la quale rinvia alla definizione della direttiva 80/778/CEE ( 65 ).

59.

Infatti, conformemente innanzitutto al suo significato abituale, il termine «servizio» deve essere inteso come relativo a un’attività offerta da un prestatore a tutti i tipi di destinatari di prestazioni, che si tratti di famiglie, istituzioni pubbliche, agricoltura o industria. Al contrario, considerare l’autofornitura come un servizio non è conforme al significato abituale di tale termine. Se è vero che vi sono dei casi nei quali una disposizione specifica prevede che, giuridicamente, un agente venga considerato come fornitore di servizi a se stesso, nondimeno una tale accezione non corrisponde all’uso abituale e deve risultare chiaramente dal testo della disposizione interessata ( 66 ).

60.

Certo, le differenti versioni linguistiche dell’articolo 2, punto 38, della DQA non concordano. Infatti, nella versione francese di tale direttiva vi è il termine servizi che «couvrent» le attività elencate a detto punto 38, lettere a) e b) che non richiama direttamente una prestazione effettuata a beneficio di un destinatario.

61.

Tuttavia, ricordo che, data la necessità che le disposizioni di diritto dell’Unione vengano applicate, e quindi interpretate, in modo uniforme, in caso di dubbio il testo di una disposizione non può essere considerato isolatamente, in una delle sue versioni, ma deve venire interpretato e applicato alla luce dei testi redatti nelle altre lingue ufficiali. In caso di divergenza tra le diverse versioni linguistiche di un testo dell’Unione, la disposizione di cui trattasi deve essere intesa in funzione del sistema e della finalità della normativa di cui fa parte ( 67 ).

62.

Orbene, nella maggior parte delle altre versioni linguistiche, viene posto l’accento sul fatto di proporre o di mettere a disposizione di un utente le attività elencate al punto 38, lettere a) e b), dell’articolo 2 della DQA ( 68 ). Ciò depone a favore della tesi secondo la quale il legislatore intendeva richiedere espressamente un rapporto bilaterale che comportasse un atto effettuato da una parte a beneficio dell’altra.

63.

Al contrario, ritengo inutile basarsi sull’analisi della struttura della disposizione controversa e, in particolare, sulle congiunzioni e sulle virgole utilizzate. Infatti, quando una norma di diritto dell’Unione è suscettibile di più interpretazioni, occorre privilegiare quella idonea a preservare il suo effetto utile ( 69 ). Orbene, per le ragioni che seguono, un’interpretazione dell’articolo 2, punto 38, della DQA quale quella proposta dalla Commissione ha per effetto di eliminare la differenza tra, da una parte, la nozione di servizi idrici e, dall’altra, quella di utilizzo delle acque e, infine, di squilibrare il rapporto voluto dal legislatore tra numerosi strumenti al fine di preservare l’effetto utile della DQA.

64.

Infine, la questione se si debba trattare di un servizio retribuito non mi pare particolarmente rilevante, a tal proposito, dal momento che le disposizioni della DQA relative alla tariffazione hanno appunto lo scopo di richiedere che qualsiasi servizio idrico dia luogo a fatturazione a carico dell’utente ( 70 ).

3. L’interpretazione storica

65.

Contrariamente alla Commissione, sono convinto che la genesi di un atto giuridico costituisca una base affidabile e particolarmente ricca che permette di rintracciare le discussioni relative all’adozione dell’atto nonché, in una certa misura, l’intenzione del legislatore. Ciò vale, a mio avviso, ancora più fortemente in un ambito sensibile quale quello della politica in materia di acqua, la quale è considerata come patrimonio che richiede una tutela particolare.

66.

Nella proposta legislativa, la Commissione ha sottolineato che la DQA tende a stabilire un quadro comunitario per la tutela delle acque secondo un approccio comune, in vista di obiettivi comuni, sulla base di principi e di misure comuni ( 71 ).

67.

Pertanto, nella suddetta proposta essa ha difeso un approccio fondato su un recupero totale dei costi, nel senso che tutti i costi di tutti i servizi idrici dovessero essere pienamente recuperati, tenendo conto dell’insieme degli utenti in ciascun settore economico ( 72 ).

68.

Al contrario, rigettando un siffatto approccio nella posizione comune, il Consiglio dell’Unione europea ha sottolineato che spetta agli Stati membri determinare, sulla base di un’analisi economica, le misure da adottare ai fini dell’applicazione del principio del recupero ( 73 ).

69.

La DQA promuove dunque la tariffazione dei costi senza che il principio del recupero totale sia obbligatorio, ad eccezione dei servizi idrici intesi come servizi che includono la fornitura idrica e il trattamento delle acque reflue. Tale interpretazione è altresì confermata dalla relazione sul progetto comune del Comitato di conciliazione, da cui emerge che è proprio la tariffazione di queste due forme di utilizzo delle acque che si trovava al centro delle negoziazioni ( 74 ).

70.

Inoltre, come risulta dall’analisi dei lavori legislativi, uno dei punti principali di discordia tra gli Stati membri riguardava la differenza tra un approccio basato sulla qualità delle acque rispetto a uno basato sulla quantità. Alla luce del testo finale della DQA, si deve constatare che la problematica della gestione quantitativa, in quanto tale, è stata esclusa dal suo ambito di applicazione, ciò che del resto è conforme al fondamento giuridico adottato ( 75 ), mentre alcuni aspetti quantitativi sono ricompresi in via incidentale.

71.

In realtà, mi pare che con il presente ricorso la Commissione miri a stabilire un’interpretazione ampia dell’obbligo di tariffazione dell’utilizzo delle acque suscettibile di estendere l’ambito di applicazione della DQA al fine di includervi la disciplina della gestione quantitativa delle acque o, perlomeno, riguardare «direttamente o indirettamente la disponibilità» delle risorse idrauliche. Orbene, l’analisi economica prevista dall’allegato III della DQA deve comprendere, tra l’altro, una valutazione dei volumi, dei prezzi e dei costi associati ai servizi idrici, ciò che conferma che, nel sistema della DQA, la tariffazione riguarda un aspetto quantitativo e, perciò, subordinato della gestione delle acque. Di conseguenza, l’approccio difeso dalla Commissione potrebbe porsi in contrasto con il fondamento giuridico della DQA, in quanto esso tende ad aggirare l’esigenza derivante dall’ex articolo 175, paragrafo 2, CE.

4. L’interpretazione sistematica

72.

È necessario ricordare che i principi fondamentali della DQA sono una gestione per bacino idrografico, la fissazione di obiettivi per «corpo idrico» una pianificazione e una programmazione con un metodo di lavoro specifico e con delle scadenze, un’analisi economica delle modalità di tariffazione dell’acqua e un’integrazione dei costi ambientali nonché una consultazione pubblica con lo scopo di rafforzare la trasparenza della politica delle acque.

73.

La DQA definisce altresì un metodo di lavoro, comune agli Stati membri, che si basa su quattro documenti essenziali: lo stato dei luoghi che consente di individuare le problematiche da trattare; il piano di gestione che fissa gli obiettivi ambientali; il programma di misure che definisce le azioni che consentiranno di raggiungere gli obiettivi e il programma di sorveglianza che garantisce il monitoraggio del raggiungimento degli obiettivi fissati. Lo stato dei luoghi, il piano di gestione e il programma di misure devono essere rinnovati ogni sei anni.

74.

In tale prospettiva, l’articolo 9 della DQA, che consacra il principio del recupero dei costi, non può essere analizzato isolatamente. Esso costituisce, in realtà, una disposizione intrinsecamente connessa all’articolo 11 della DQA relativo all’obbligo che incombe agli Stati membri di elaborare un programma di misure, che costituisce uno dei principali strumenti della gestione qualitativa delle acque. Ai sensi di tale articolo 11, paragrafo 3, lettera b), tra le esigenze di base di ciascun programma rientrano le misure ritenute appropriate ai fini di detto articolo 9. Pertanto, le misure relative al recupero dei costi dei servizi idrici sono parte integrante dei programmi di misure. È dunque alla luce di ciò che la Commissione avrebbe dovuto indagare sul rispetto, da parte di uno Stato membro, dei suoi obblighi derivanti dalla DQA.

75.

L’articolo 9 della DQA deve altresì essere interpretato in connessione con l’articolo 4 della stessa, dal momento che le politiche dei prezzi dell’acqua sono suscettibili di indurre gli utenti a utilizzare le risorse in modo efficace e contribuiscono alla realizzazione degli obiettivi ambientali definiti all’articolo 4 della DQA.

76.

Di conseguenza, mi sembra pacifico che la tariffazione non costituisce uno strumento autonomo della DQA, ma deve essere applicata in stretta connessione con una moltitudine di altri strumenti previsti dalla stessa direttiva.

77.

Inoltre, rilevo che l’articolo 2 della DQA distingue tra, da una parte, «i servizi idrici» di cui al suo punto 38 e, dall’altra, «l’utilizzo delle acque» di cui al suo punto 39. Ai sensi di tale ultimo punto, «l’utilizzo delle acque» ricomprende i servizi idrici nonché qualsiasi altra attività suscettibile di influire in maniera rilevante sullo stato delle acque. Pertanto, è incontestabile che la definizione dell’utilizzo delle acque ricomprende nel suo ambito di applicazione la categoria dei servizi definita dall’articolo 2, punto 38, della DQA. Ciò viene del resto confermato dalla Commissione stessa in un documento di riferimento relativo al recepimento della DQA da parte degli Stati membri ( 76 ).

78.

Gli utilizzi delle acque costituiscono attività che hanno un impatto rilevante sullo stato delle acque. Ne consegue, peraltro, che anche i servizi idrici hanno un tale impatto. Per contro, gli esempi di utilizzi delle acque menzionati dalla Commissione, quali la balneazione o la pesca sportiva, difficilmente possono essere considerati avere un impatto rilevante sullo stato delle acque. Se così fosse, l’interpretazione proposta dalla Commissione svuoterebbe di significato l’articolo 2, punto 39, della DQA.

79.

Alla luce di tali considerazioni, è necessario constatare che la Commissione critica nel suo ricorso varie prassi che possono apparire contestabili da un punto di vista ecologico, nonché da un punto di vista della gestione sostenibile delle acque, segnatamente nel settore minerario, le quali costituiscono esempi di utilizzo delle acque. Ritengo tuttavia che la Commissione in tal modo trascuri gli strumenti di cui dispongono gli Stati membri in relazione alla nozione di corpo idrico, la quale costituisce l’unità di valutazione e di indirizzo della DQA.

80.

Infatti, dal momento che lo stato dei corpi idrici è sorvegliato, in ciascun bacino viene attuato un programma di monitoraggio al fine di valutare lo stato dei corpi idrici e di assicurarsi della realizzazione degli obiettivi. Ritengo dunque che la Commissione avrebbe dovuto seguire un siffatto approccio al fine di dimostrare un inadempimento.

81.

A tal proposito, osservo che l’articolo 4, paragrafo 3, della DQA consente in via eccezionale agli Stati membri di definire un corpo idrico fortemente modificato. Tale qualificazione prevista dalla DQA si applica a corpi idrici sui quali vengono esercitate una o più attività dette specifiche, che modificano in modo sostanziale le caratteristiche idromorfologiche originali del corpo idrico, in modo tale che sarebbe impossibile raggiungere un buono stato ecologico senza incidere negativamente in modo rilevante sull’attività in questione. Per essere definiti corpi idrici fortemente modificati o corpi idrici artificiali, i corpi idrici devono rispondere a vari criteri menzionati nella DQA. Tale definizione dev’essere espressamente menzionata nel piano di gestione [v. articolo 4, paragrafo 3, lettera b), della DQA].

82.

Peraltro, ritengo che talune censure della Commissione siano, in realtà, relative alla direttiva 2006/118 sulla protezione delle acque sotterranee. Infatti, tale direttiva prevede criteri per valutare lo stato chimico delle acque, criteri per individuare tendenze significative e durature all’aumento di concentrazione di inquinanti e le relative inversioni di tendenza nonché misure per prevenire e limitare gli scarichi di inquinanti nelle acque sotterranee.

83.

L’interpretazione del principio di tariffazione quale strumento a disposizione degli Stati membri era altresì presente in un certo numero di documenti pubblicati dalla Commissione in relazione alla DQA. Nella prima comunicazione in materia di applicazione della DQA ( 77 ), la Commissione ha precisato che il fatto che i costi ambientali non siano stati internalizzati può essere un ulteriore motivo che spiega perché fino ad oggi l’utilizzo delle acque non è stato sostenibile. La DQA introduce un sistema che impone di tener conto dei costi ambientali e dei costi delle risorse per determinare il contributo dei vari utilizzi delle acque al recupero dei costi dei servizi idrici ( 78 ). Ciò mette chiaramente in luce il carattere complementare della tariffazione.

84.

Aggiungo che, negli ordinamenti nazionali, esistono anche altri mezzi di internalizzazione dei costi ambientali degli utilizzi delle acque. Per esempio, gli utilizzi rilevanti dei corpi idrici possono essere sottoposti a un obbligo di risarcimento di qualsiasi danno causato, in particolare alla popolazione interessata, da altri utenti delle acque e dalle parti interessate. Inoltre, le conclusioni del Consiglio «Ambiente» del 2012 hanno menzionato strumenti diversi da quelli di natura economica, suscettibili di migliorare l’utilizzo razionale delle acque, quali l’istruzione e la sensibilizzazione ( 79 ).

85.

Con riferimento a quanto precede, l’interpretazione difesa dalla Commissione non può essere accolta.

5. L’interpretazione teleologica

86.

È pacifico che la DQA persegue numerosi obiettivi quali la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento, la promozione di un utilizzo sostenibile delle acque, la tutela dell’ambiente, il miglioramento dello stato degli ecosistemi acquatici e l’attenuazione degli effetti delle inondazioni e della siccità. La DQA fissa degli obiettivi per la preservazione e il risanamento dello stato delle acque superficiali (acque dolci e acque costiere) e per le acque sotterranee. L’obiettivo generale è raggiungere, entro il 2015, un «buono stato» ecologico e chimico di tutte le acque sul territorio europeo.

87.

La politica delle acque incarnata dalla DQA costituisce un quadro legislativo trasparente, efficace e coerente che fornisce principi comuni e un quadro globale in cui inserire gli interventi e coordina, integra e, nel lungo periodo, sviluppa i principi e le strutture generali idonei a garantire la protezione e un utilizzo sostenibile delle acque dell’Unione, nel rispetto del principio della sussidiarietà ( 80 ).

88.

Sebbene la Corte non abbia ancora avuto l’occasione di interpretare la DQA nel suo complesso, essa si è pronunciata su taluni aspetti essenziali per il presente procedimento. La Corte ha così dichiarato che la DQA è una direttiva quadro che stabilisce principi comuni e un quadro globale per l’azione comunitaria in materia di acque e coordina, integra e, nel lungo periodo, sviluppa ulteriormente i principi generali e le strutture idonei a garantire la protezione e un utilizzo sostenibile delle acque nella Comunità. Saranno poi gli Stati membri a sviluppare ancora i principi comuni e il quadro globale così decisi, adottando una serie di misure specifiche entro i termini che detta direttiva impartisce. Quest’ultima non persegue, tuttavia, un’armonizzazione totale delle normative degli Stati membri in materia di acque ( 81 ).

89.

La DQA rientra dunque in un tipo di atti che prescrivono agli Stati membri di adottare le misure necessarie ad assicurare che taluni obiettivi enunciati in maniera generale e non quantificabile vengano raggiunti, lasciando però agli Stati membri un certo margine di discrezionalità circa il tipo di provvedimenti da adottare ( 82 ).

90.

Con riferimento alle considerazioni che precedono ai paragrafi da 86 a 89 nonché alle caratteristiche della DQA esposte ai paragrafi da 39 a 50 e da 72 a 74 delle presenti conclusioni, mi sembra dunque chiaro che, nel perseguimento degli obiettivi della DQA, gli Stati membri dovrebbero adottare misure soprattutto dal punto di vista dell’efficacia rispetto al loro sistema nazionale e prendere così in considerazione le specificità regionali, sociali, ambientali e economiche. Essi godono dunque di un ampio margine di discrezionalità che non può essere uniformato ai fini dell’applicazione di un approccio economico, quale quello difeso dalla Commissione che, del resto, sembra partire dall’ipotesi errata secondo la quale le risorse acquatiche rientrano sempre, e in tutti gli Stati membri, nell’ambito pubblico, ciò che autorizzerebbe lo Stato a imporre prezzi per utilizzi delle acque quali l’autofornitura o l’estrazione per la produzione di energia idroelettrica.

91.

Peraltro, gli studi specialistici rilevano che la sfida principale sembra risiedere nella struttura della tariffazione e non solo nella sua introduzione ( 83 ). Rilevo altresì che un sistema di previa autorizzazione delle misure suscettibili di influire sui corpi idrici o sugli strati di acque sotterranee, quali l’estrazione o l’arginamento, o, in taluni casi, il loro totale divieto, costituiscono strumenti spesso più idonei a garantire il buono stato delle acque nonché il loro utilizzo ecologicamente sostenibile.

92.

In ogni caso, un’applicazione omogenea del principio della tariffazione fondata, a torto, su un’interpretazione estensiva della definizione di servizi idrici ai sensi dell’articolo 2, punto 38, della DQA non può essere accolta, tenuto conto non solo delle differenze rilevanti esistenti tra gli Stati membri in materia di fornitura idrica, in ragione delle condizioni geografiche e climatiche, ma anche dell’esistenza di vari modelli di gestione delle acque negli Stati membri ( 84 ).

93.

Rilevo, inoltre, che l’interpretazione proposta dalla Commissione, come rilevano correttamente i governi tedesco e austriaco, può creare incentivi economici non difendibili da un punto di vista ecologico. Così un obbligo assoluto di tariffazione puó scoraggiare la produzione di energia idroelettrica rinnovabile, la navigazione fluviale e la protezione dalle inondazioni. In realtà, un siffatto obbligo forzerebbe gli Stati membri a creare un incentivo economico a favore delle centrali idroelettriche al fine di favorire inondazioni a monte dello sbarramento e una scarsità d’acqua a valle dello stesso.

94.

Più in generale, è vero che in tutti gli Stati membri vi sono ragioni ecologiche imperative che giustificano l’incoraggiamento di un uso parsimonioso dell’acqua dolce nell’ambito della fornitura. Tuttavia, un siffatto approccio puramente quantitativo difficilmente vale per gli Stati membri che dispongono di risorse acquatiche rilevanti, per quanto riguarda gli utilizzi quali la produzione di energia o la protezione dalle inondazioni. Nei suddetti Stati, l’obiettivo primario è quello di tutelare la qualità delle acque e di garantire una gestione equilibrata dello scorrimento idrologico annuale al fine di evitare fluttuazioni troppo ampie del livello delle acque nei corpi idrici che formano un sistema idrologico integrato. Quest’ultimo aspetto può essere fondamentale per la sostenibilità ecologica di habitat specifici e di specie minacciate di estinzione. È proprio per tale ragione che la DQA ha adottato un approccio olistico della gestione delle acque, ciò che esclude che uno strumento quale la tariffazione sia universalmente applicabile in tutti gli Stati membri indipendentemente dalle loro caratteristiche ecologiche e idrologiche.

95.

Per tutte le ragione esposte, propongo di respingere il ricorso della Commissione in quanto infondato.

D – Analisi relativa all’onere della prova

96.

Se, nonostante le insufficienze rilevate dal punto di vista della determinazione dell’oggetto e della portata della controversia, nonché della natura dell’inadempimento contestato, la Corte ritenesse tuttavia ricevibile il presente ricorso e accogliesse l’interpretazione proposta dalla Commissione, l’insufficienza degli elementi di prova presentati appare comunque ovvia. È infatti costante giurisprudenza che spetti alla Commissione provare l’asserita inadempienza. Pertanto, essa deve mettere a disposizione della Corte gli elementi necessari perché questa accerti la sussistenza dell’inadempimento, senza potersi basare su alcuna presunzione ( 85 ).

97.

Orbene, come ho già rilevato ai paragrafi 20 e seguenti delle presenti conclusioni, la Commissione ha basato il suo ricorso sull’interpretazione da dare, a suo avviso, a una disposizione della DQA, senza fornire alla Corte, in parallelo, elementi probatori che consentano di provare l’inadempimento contestato. Inoltre, i soli esempi forniti dalla Commissione in tema di applicazione asseritamente eterogenea della nozione di servizi idrici da parte dello Stato membro convenuto si perdono in considerazioni di ordine generale relative all’interpretazione della DQA. Pertanto, per illustrare i rischi per lo stato delle acque, la Commissione fa segnatamente riferimento a più riprese ad esempi la cui rilevanza può apparire dubbia (così, la menzione del lago Lemano o l’affermazione secondo cui il 44% delle acque estratte nell’Unione sarebbe utilizzato per la produzione di energia), senza tuttavia che ciò possa provare un inadempimento in capo alla Repubblica federale di Germania.

98.

Di conseguenza, il ricorso appare infondato del pari per mancanza di prove.

V – Conclusioni

99.

Propongo pertanto alla Corte:

di dichiarare il ricorso della Commissione europea irricevibile o, comunque, infondato, e

di condannare la Commissione europea alle spese.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU L 327, pag. 1).

( 3 ) V. articolo 4, paragrafi 3 e 5, dell’allegato III della DQA.

( 4 ) Ai sensi dell’articolo 2, punto 38, della DQA, con l’espressione «servizi idrici» si intendono «tutti i servizi che forniscono alle famiglie, agli enti pubblici o a qualsiasi attività economica» da una parte «estrazione, arginamento, stoccaggio, trattamento e distribuzione, di acque superficiali o sotterranee» e, dall’altra, «strutture per la raccolta e il trattamento delle acque reflue, che successivamente scaricano nelle acque superficiali».

( 5 ) Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della DQA, rubricato «Recupero dei costi relativi ai servizi idrici», «[g]li Stati membri tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse, prendendo in considerazione l’analisi economica effettuata in base all’allegato III e, in particolare, secondo il principio “chi inquina paga”».

( 6 ) Citazione completa del petitum del ricorso della Commissione.

( 7 ) Punto 1 del ricorso della Commissione.

( 8 ) V., altresì, il comunicato stampa IP/12/536, del 31 maggio 2012, nonché il comunicato stampa IP/11/1264, del 27 ottobre 2011.

( 9 ) V., in particolare, sentenza Commissione/Portogallo (C‑292/11 P, EU:C:2014:3, punto 37).

( 10 ) A proposito delle difficoltà procedurali, nell’ambito del presente ricorso ritengo necessario fare riferimento in modo dettagliato all’atto introduttivo, ben sapendo che gli atti scritti non sono a disposizione del pubblico.

( 11 ) V. punto 15 del ricorso.

( 12 ) Punto 14 del ricorso.

( 13 ) Ai sensi del considerando 14 della DQA, «[i]l successo della presente direttiva dipende da una stretta collaborazione e da un’azione coerente a livello locale, della Comunità e degli Stati membri, oltre che dall’informazione, dalla consultazione e dalla partecipazione dell’opinione pubblica, compresi gli utenti». Ai sensi del suo considerando 18, «[l]a politica comunitaria nel settore delle acque richiede un quadro legislativo trasparente, efficace e coerente. La Comunità dovrebbe fornire principi comuni e il quadro globale in cui inserire gli interventi. La presente direttiva dovrebbe fornire tale quadro e coordinare, integrare e, nel lungo periodo, sviluppare ulteriormente i principi e le strutture generali idonei a garantire la protezione e un utilizzo sostenibile delle acque comunitarie, nel rispetto del principio della sussidiarietà».

( 14 ) V. il petitum del ricorso citato al paragrafo 2 delle presenti conclusioni.

( 15 ) Sentenza Commissione/Polonia (C‑281/11, EU:C:2013:855, punti 122 e 123).

( 16 ) Länder di Baviera, di Assia e di Turingia.

( 17 ) In Renania‑Palatinato in vigore dal 1o gennaio 2013, nel Land di Brandeburgo dal 1o gennaio 2012 e nella Renania del Nord‑Vestfalia dal 1o gennaio 2011.

( 18 ) V., a tal proposito, l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della DQA.

( 19 ) V. esempi dei Länder di Baviera, di Assia e di Turingia al punto 105 del ricorso.

( 20 ) Sentenza Commissione/Belgio (C‑435/09, EU:C:2011:176, punto 59). V., in tal senso, anche sentenze Commissione/Irlanda (C‑392/96, EU:C:1999:431, punti 59 e 60) nonché Commissione/Irlanda (C‑66/06, EU:C:2008:637, punto 59).

( 21 ) Direttiva del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7).

( 22 ) V. sentenza Commissione/Francia (C‑383/09, EU:C:2011:369).

( 23 ) Sentenza Commissione/Francia (EU:C:2011:369). Quanto anche agli obblighi di elaborare piani di gestione dei rifiuti, v. sentenze Commissione/Grecia (C‑45/91, EU:C:1992:164) e Commissione/Italia (C‑297/08, EU:C:2010:115).

( 24 ) La Commissione ha prorogato il termine una sola volta, contrariamente a quanto lascia intendere il punto 14 del ricorso, il quale fa riferimento a una «doppia proroga».

( 25 ) V., in tal senso, sentenze Commissione/Slovenia (C‑365/10, EU:C:2011:183, punto 19); Commissione/Portogallo (C‑34/11, EU:C:2012:712, punto 43), nonché Commissione/Polonia (EU:C:2013:855, punto 122).

( 26 ) V. punto 105 del ricorso.

( 27 ) V. nota a piè di pagina 19 al punto 105 del ricorso.

( 28 ) Punto 113 del parere motivato, Wasserentnahmeentgeltgesetz des Landes Nordrhein-Westfalen (WasEG del 27 gennaio 2007).

( 29 ) Punto 117 del parere motivato relativo al Wassergesetz Brandenburgs. Nel ricorso, la Commissione menziona la legge del Land di Brandeburgo sulle acque, nella sua versione comunicata il 2 marzo 2012.

( 30 ) V., in particolare, sentenze Commissione/Germania (C‑20/01 e C‑28/01, EU:C:2003:220); Commissione/Spagna (C‑157/03, EU:C:2005:225); Commissione/Spagna (C‑503/03, EU:C:2006:74); Commissione/Germania (C‑441/02, EU:C:2006:253), e recentemente Commissione/Ungheria (C‑288/12, EU:C:2014:237).

( 31 ) Conclusioni dell’avvocato generale Ruiz‑Jarabo Colomer nella causa Commissione/Italia (C‑45/95, EU:C:1996:479, paragrafo 31).

( 32 ) V., per esempio, sentenza Commissione/Irlanda (C‑494/01, EU:C:2005:250, punto 28 e giurisprudenza citata) e sentenza Commissione/Finlandia (C‑229/00, EU:C:2003:334, punto 53).

( 33 ) Sentenze Commissione/Grecia (C‑502/03, EU:C:2005:592), Commissione/Francia (C‑423/05, EU:C:2007:198) e Commissione/Francia (C‑304/02, EU:C:2005:444).

( 34 ) Sentenza Commissione/Grecia (C‑416/07, EU:C:2009:528, punto 23 e giurisprudenza citata). V. anche le conclusioni dell’avvocato generale Geelhoed nella causa Commissione/Irlanda (C‑494/01, EU:C:2004:546).

( 35 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Léger nella causa Commissione/Belgio (C‑287/03, EU:C:2005:149, punti da 41 a 43).

( 36 ) Innanzitutto, il parere motivato della Commissione e il ricorso devono essere fondati su censure identiche (v. sentenze Commissione/Finlandia, EU:C:2003:334, punti 44 e 46; Commissione/Germania, C‑433/03, EU:C:2005:462, punto 28, nonché Commissione/Finlandia, C‑195/04, EU:C:2007:248, punto 18). Successivamente, la Commissione può precisare le sue censure iniziali nel ricorso, a condizione tuttavia che non modifichi l’oggetto della controversia (v. sentenza Commissione/Paesi Bassi, C‑576/10, EU:C:2013:510, punti 34 e 35).

( 37 ) Relazione dell’Agenzia europea per l’ambiente (AEA) intitolata «L’ambiente in Europa: stato e prospettive» (State and Outlook of the European Environment Report – SOER, 2010), citata a pag. 39 del ricorso.

( 38 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (GU L 143, pag. 56).

( 39 ) La Commissione fa qui riferimento all’espressione «servizi di ecosistema» quale definita nell’ambito della valutazione degli ecosistemi per il Millennio, delle Nazioni Unite, la quale riguarda servizi resi all’uomo quali la fornitura di acqua dolce e le vie d’acqua navigabili.

( 40 ) Esso si riferisce alla sentenza Commissione/Lussemburgo (C‑32/05, EU:C:2006:749, punto 41).

( 41 ) V., per il contesto storico, direttive elencate nella proposta della Commissione COM(97) 49 def., intitolata «Proposta di direttiva del Consiglio che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nell’ambito dell’acqua», del 26 febbraio 1997, pag. 3.

( 42 ) Morgera, E., «Water Management and Protection in the EU» in Environmental protection in multi-layered systems, 2012, pagg. da 265 a 287, in particolare pag. 266.

( 43 ) Proposta COM(97) 49 def., pag. 77.

( 44 ) V. Aubin, e D., Varone, F., «The Evolution of European Water Policy» in Kissling and Kuks (ed.) The evolution of national water regimes in Europe, Kluwer, 2004, pagg. da 49 a 86.

( 45 ) Considerando 19 della DQA. V. anche considerando 20 della DQA in materia di livello quantitativo delle acque sotterranee.

( 46 ) Direttiva 2006/118/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, sulla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento (GU L 372, pag. 19).

( 47 ) Direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane (GU L 135, pag. 40), e regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 settembre 2003, recante adeguamento alla decisione 1999/468/CE del Consiglio delle disposizioni relative ai comitati che assistono la Commissione nell’esercizio delle sue competenze di esecuzione previste negli atti soggetti alla procedura prevista all’articolo 251 del trattato CE (GU L 284, pag. 1), nonché regolamento (CE) n. 1137/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, che adegua alla decisione 1999/468/CE del Consiglio determinati atti soggetti alla procedura di cui all’articolo 251 del trattato, per quanto riguarda la procedura di regolamentazione con controllo – Adeguamento alla procedura di regolamentazione con controllo – Prima parte (GU L 311, pag. 1).

( 48 ) Direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (GU L 375, pag. 1).

( 49 ) Direttiva 2008/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive del Consiglio 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE e 86/280/CEE, nonché modifica della direttiva 2000/60/CE (GU L 348, pag. 84).

( 50 ) Direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni (GU L 288, pag. 27).

( 51 ) Direttiva 2009/90/CE della Commissione, del 31 luglio 2009, che stabilisce, conformemente alla direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, specifiche tecniche per l’analisi chimica e il monitoraggio dello stato delle acque (GU L 210, pag. 36).

( 52 ) A titolo esemplificativo, tale pluralità di obiettivi è stata presa in considerazione dalla Commissione nell’ambito dell’energia idraulica, che costituisce la fonte di energia rinnovabile più importante all’interno dell’Unione e rappresenta uno strumento essenziale ai fini della lotta al cambiamento climatico. V., a tal proposito, l’interrogazione scritta presentata da Glante, relativa alla contraddizione tra la direttiva quadro sull’acqua e la direttiva sulle energie rinnovabili, disponibile all’indirizzo Internet seguente http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+WQ+E+2010 + 2277+DOC+XML+V0//FR e la risposta della Commissione http://www.europarl.europa.eu/sides/getAllAnswers.do?reference=E-2010-2277&language=FR.

( 53 ) V. considerando 28 della DQA.

( 54 ) Brochure della Commissione intitolata «L’acqua, una risorsa per la vita – Contributo della direttiva quadro sulle acque alla salvaguardia delle risorse europee», pag. 8. http://ec.europa.eu/environment/water/pdf/wdf_brochure_fr.pdf.

( 55 ) http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php?title=File:Freshwater_resources_per_inhabitant_%E2%80%94:long-term_average_(1)_(1_000_m%C2%B3_per_inhabitant)_YB14.png&filetimestamp= 20140228120245.

( 56 ) V. relazione della Commissione disponibile al seguente indirizzo Internet: http://ec.europa.eu/environment/pubs/pdf/factsheets/wdf/fr.pdf.

( 57 ) V., ex multis, relazioni della Commissione sull’attuazione della DQA, in particolare comunicazione della Commissione del 22 marzo 2007 intitolata «Verso una gestione sostenibile delle acque nell’Unione europea – Prima fase dell’attuazione della DQA 2000/60/CE» [COM(2007) 128 definitivo]; relazione sull’attuazione della DQA, [COM(2012) 670 definitivo]; relazione «The Fitness Check of EU Freshwater Policy», http://www.rapportage.eaufrance.fr/sites/default/files/DQA/2012/retour_commission/SWD-2012-393.pdf, e relazione relativa al riesame della politica europea relativa alla rarità della risorsa idrica e all’aridità [COM(2012) 672 definitivo].

( 58 ) COM(2012) 673 definitivo. V. http://ec.europa.eu/environment/water/blueprint/pdf/COM-2012-673final_EN_ACT_cov.pdf.

( 59 ) V. sentenze NCC Construction Danmark (C‑174/08, EU:C:2009:669, punto 23 e giurisprudenza citata) nonché Commissione/Irlanda (C‑85/11, EU:C:2013:217, punto 35).

( 60 ) V., in tal senso, sentenza Pringle (C‑370/12, EU:C:2012:756, punto 135).

( 61 ) V. COM(97) 49 def., pag. 20, dove la Commissione ammette che tale principio non era presente nella sua comunicazione del 1996 all’origine della sua proposta legislativa, ma che il suddetto principio era stato enunciato nel corso delle consultazioni che hanno preceduto tale proposta.

( 62 ) V. punto 42 del controricorso.

( 63 ) Sentenza Commissione/Regno Unito (C‑582/08, EU:C:2010:429, punti da 49 a 52).

( 64 ) Ibidem, punto 51.

( 65 ) Direttiva del Consiglio, del 15 luglio 1980, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (GU L 229, pag. 11), come modificata dalla direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998, (GU L 330, pag. 32).

( 66 ) V. articolo 26 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1).

( 67 ) Sentenza Profisa (C‑63/06, EU:C:2007:233, punto 13 e giurisprudenza citata).

( 68 ) V. le versioni linguistiche seguenti: in spagnolo «en beneficio de», in tedesco «zur Verfügung stellen», in inglese «provide», in italiano «che forniscono», in lituano «teikiamos», in polacco «umożliwiają», in finlandese «tarjovat» e in svedese «tillhandahåller».

( 69 ) V., in particolare, sentenze Saarland e a. (187/87, EU:C:1988:439, punto 19); Commissione/Francia (C‑434/97, EU:C:2000:98, punto 21), nonché Sturgeon e a. (C‑402/07 e C‑432/07, EU:C:2009:716, punto 47).

( 70 ) Le disposizioni in combinato disposto dell’articolo 9, paragrafi 1, terzo comma, e 4, della DQA non escludono tuttavia una certa flessibilità nell’applicazione di tale esigenza.

( 71 ) Proposta di direttiva del Consiglio, COM(97) 49 def.

( 72 ) COM(97) 49 def., pag. 21.

( 73 ) Posizione comune (CE) n. 41/1999, del 22 ottobre 1999, definita dal Consiglio, deliberando in conformità della procedura di cui all’articolo 251 del trattato che istituisce la Comunità europea, in vista dell’adozione di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU C 343, pag. 1).

( 74 ) Relazione sul progetto comune, approvata dal Comitato di conciliazione, di direttiva del Consiglio che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nell’ambito dell’acqua – Delegazione del Parlamento al Comitato di conciliazione (A5‑0214/2000). V. memoria di intervento presentata dal Regno Unito, punto 15. Infatti, il legislatore ha cercato di imporre il principio del recupero dei costi di fornitura idrica e di trattamento delle acque reflue fortemente sostenuto in taluni Stati membri, consentendo comunque all’Irlanda di conservare la sua prassi tesa a finanziare i suddetti servizi direttamente tramite il bilancio dello Stato.

( 75 ) Aubin, D., e Varone, F., European Water Policy, A path towards an integrated resource management, Louvain‑la‑Neuve, 29 marzo 2002.

( 76 ) V. Common Implementation Strategy for the Water Framework Directive (2000/60/EC), al seguente indirizzo Internet: http://ec.europa.eu/environment/water-framework/objectives/pdf/strategy.pdf (pag. 74).

( 77 ) Comunicazione della Commissione del 22 marzo 2007 intitolata: «Verso una gestione sostenibile delle acque nell’Unione europea – Prima fase dell’attuazione della direttiva quadro sulle acque 2000/60/CE» COM(2007) 128 definitivo. In tale relazione, la Commissione si preoccupa in particolare del fatto che numerosi Stati membri possano non riuscire a realizzare gli obiettivi della DQA, in particolare a causa del degrado materiale degli ecosistemi acquatici, segnatamente per l’eccessivo sfruttamento delle risorse idriche, e dei livelli rilevanti di inquinamento provenienti da fonti diffuse.

( 78 ) COM(2007) 128 definitivo, pag. 6.

( 79 ) Piano d’azione per la salvaguardia delle risorse idriche in Europa – Conclusioni del Consiglio, v. http://www.rapportage.eaufrance.fr/sites/default/files/DQA/2012/retour_commission/Conclusions%20du%20Conseil%20du%2017%20dec%202012%20adoptees.pdf.

( 80 ) V. considerando 18 della DQA.

( 81 ) Sentenza Commissione/Lussemburgo (EU:C:2006:749, punto 41).

( 82 ) V., per quanto riguarda la maggior parte delle disposizioni della DQA, sentenze Commissione/Italia, detta «San Rocco» (C‑365/97, EU:C:1999:544, punti 67 e 68) nonché Commissione/Francia (C‑60/01, EU:C:2002:383, punto 27), ambedue citate nella sentenza Commissione/Lussemburgo (EU:C:2006:749, punti 39 e 43).

( 83 ) Relazione n. 1/2012 dell’Agenzia europea per l’ambiente «Towards efficient use of water resources in Europe», http://www.eea.europa.eu.publications/towards-efficient-use-of-water, pagg. da 30 a 35 – nozione di impronta idrica (water footprint) – in particolare applicata in Spagna.

( 84 ) Così, per esempio, in Svezia e in Finlandia, i corpi idrici costituiscono una categoria di proprietà fondiaria che è da lungo tempo disciplinata da atti legislativi completi che ricomprendono tanto i rapporti di diritto privato quanto quelli di diritto pubblico e connessi dal punto di vista qualitativo e quantitativo. In tali Stati membri, qualsiasi utilizzo rilevante delle acque a diversi fini, quali l’estrazione, la produzione di energia idraulica o la navigazione, è sottoposto a una procedura di autorizzazione da parte dei tribunali o delle autorità competenti. Inoltre, il sistema prevede divieti assoluti nonché il confronto tra i diversi interessi generali e particolari legati al corpo idrico in questione. È opportuno distinguere poi tra il modello federale applicato in Germania e il modello regionale in Spagna, in Italia e nel Regno Unito. Infine, vi è altresì un modello unitario in Francia e in Polonia. V. Alberton, M., Environmental Protection in Multi-Layered Systems, Leida, 2012.

( 85 ) V., in particolare, sentenze Commissione/Paesi Bassi (C‑408/97, EU:C:2000:427, punto 15); Commissione/Finlandia (C‑246/08, EU:C:2009:671, punto 52), nonché Commissione/Paesi Bassi (C‑79/09, EU:C:2010:171).