CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 22 maggio 2014 ( 1 )

Causa C‑426/12

X

[Domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Gerechtshof ’s‑Hertogenbosch (Paesi Bassi)]

«Direttiva 2003/96/CE — Quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità — Uso combinato dei prodotti energetici»

1. 

La direttiva 2003/96/CE del Consiglio ( 2 ) ha istituito un regime che impone livelli minimi di armonizzazione della tassazione di tutti i prodotti energetici e dell’elettricità ( 3 ). Taluni prodotti energetici, compresi quelli classificati come prodotti ad uso combinato, sono espressamente esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva. Nella domanda di pronuncia pregiudiziale in esame, proposta dal Gerechtshof ’s‑Hertogenbosch, viene chiesto alla Corte di fornire indicazioni quanto al significato del termine «uso combinato» ai fini della direttiva. Il giudice del rinvio chiede inoltre se i legislatori nazionali siano vincolati dalla nozione di uso combinato, ai sensi del diritto dell’Unione, qualora decidano di istituire misure interne ai fini della tassazione di tali prodotti.

Normativa

Direttiva 2003/96

2.

Rilevano ai presenti fini i seguenti considerando della direttiva 2003/96:

«(2)

L’assenza di disposizioni comunitarie che assoggettino a tassazione minima l’elettricità e i prodotti energetici diversi dagli oli minerali può essere pregiudizievole al buon funzionamento del mercato interno.

(3)

Il buon funzionamento del mercato interno e il conseguimento degli obiettivi di altre politiche comunitarie richiedono che siano fissati nella Comunità livelli minimi di tassazione per la maggior parte dei prodotti energetici, compresi l’elettricità, il gas naturale e il carbone.

(4)

L’esistenza di notevoli differenze tra i livelli nazionali di tassazione sull’energia applicati dagli Stati membri potrebbe essere pregiudizievole al buon funzionamento del mercato interno.

(5)

La fissazione di livelli minimi comunitari di tassazione appropriati può consentire di ridurre le attuali differenze tra i livelli nazionali di tassazione.

(6)

Conformemente all’articolo 6 del trattato, le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione di altre politiche comunitarie.

(7)

In quanto parte della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, la Comunità ha ratificato il protocollo di Kyoto. La tassazione dei prodotti energetici e, se del caso, dell’elettricità è uno degli strumenti disponibili per conseguire gli obiettivi del protocollo di Kyoto.

(…)

(22)

I prodotti energetici dovrebbero essere essenzialmente disciplinati dal quadro comunitario quando sono usati come combustibile per riscaldamento o carburante per motori. A questo riguardo è nella natura e nella logica del sistema tributario escludere dal campo di applicazione del quadro comunitario l’uso combinato di prodotti energetici e l’uso di prodotti energetici per fini diversi dall’utilizzazione come carburante, nonché i processi mineralogici. L’elettricità utilizzata per fini analoghi dovrebbe essere trattata su un piano di parità».

3.

L’articolo 1 della direttiva richiede agli Stati membri di tassare i prodotti energetici e l’elettricità conformemente alle sue disposizioni.

4.

L’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 5, prevede che, ai fini di tale direttiva, il termine «prodotti energetici» si applica, tra l’altro, ai prodotti «di cui ai codici NC 2701, 2702 e da 2[7]04 a 2715» ( 4 ). Il carbone può essere classificato con i codici NC 2701, 2702 o 2704.

5.

Alcuni usi dei prodotti energetici esulano dall’ambito di applicazione della direttiva ( 5 ). Tali casi sono elencati all’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), che così dispone:

«La presente direttiva non si applica:

(…)

ai seguenti usi dei prodotti energetici e dell’elettricità:

prodotti energetici utilizzati per fini diversi dall’utilizzazione come carburante per motori o come combustibile per riscaldamento,

usi combinati dei prodotti energetici.

Un prodotto energetico ha un uso combinato quando è utilizzato sia come combustibile per riscaldamento che per fini diversi dall’utilizzazione come carburante per motori o come combustibile per riscaldamento. L’uso dei prodotti energetici per la riduzione chimica e nei processi elettrolitici e metallurgici è considerato uso combinato.

Elettricità utilizzata principalmente per la riduzione chimica e nei processi elettrolitici e metallurgici.

Elettricità, se incide per oltre il 50 % sul costo di un prodotto (…)

Processi mineralogici (…)».

6.

L’articolo 4, paragrafo 1, prevede che gli Stati membri devono applicare i livelli minimi di tassazione stabiliti nella direttiva ai prodotti energetici, quali il carbone, elencati all’articolo 2.

7.

L’articolo 9, paragrafo 1, stabilisce che i livelli minimi di tassazione da applicare al combustibile per riscaldamento sono quelli fissati nell’allegato I, tabella C, della direttiva ( 6 ).

8.

Gli Stati membri erano tenuti a trasporre la direttiva nel diritto nazionale entro il 31 dicembre 2003 e ad applicare tali disposizioni dal 1o gennaio 2004 ( 7 ). Le misure nazionali di attuazione dovevano contenere un riferimento alla direttiva o essere corredate di siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale ( 8 ).

Normativa nazionale

9.

La Wet belastingen op milieugrondslag (legge istitutiva di tributi per la protezione dell’ambiente; in prosieguo la «Wbm») assoggetta ad imposta i prodotti del carbone di cui ai codici NC 2701, 2702 e 2704, utilizzati a fini di riscaldamento ( 9 ). L’imposta viene riscossa al momento della consegna dei prodotti al contribuente interessato. È prevista un’esenzione dall’imposta in caso di «uso combinato» di detti prodotti ( 10 ). L’uso combinato riguarda l’uso dei prodotti del carbone sia come combustibile per riscaldamento sia per fini diversi dall’utilizzazione come carburante per motori e come combustibile per riscaldamento ( 11 ). Per l’uso combinato di carbone è prevista un’esenzione fiscale; e le autorità nazionali competenti rimborsano l’imposta versata quando il carbone non viene utilizzato come combustibile o carburante oppure quando si ricorre a un uso combinato dei prodotti del carbone di cui trattasi ( 12 ).

10.

Il giudice del rinvio fa presente che gli atti parlamentari, che descrivono nei dettagli l’iter legislativo dell’articolo 20 della Wbm, indicano che l’inclusione della definizione dell’espressione «uso combinato» all’articolo 20, lettera e) è volta a garantire che la normativa nazionale sia allineata alla direttiva ( 13 ).

11.

L’iter legislativo dimostra che:

«Un nuovo paragrafo dell’articolo 20 contiene la definizione di uso combinato, in linea con la definizione contenuta nella direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici [ ( 14 ) ]. Per uso combinato si intende l’uso del carbone, in cui lo stesso, oltre alla sua funzione come combustibile o come carburante, ha anche una o più funzioni ulteriori. L’uso del carbone per la riduzione chimica e i processi metallurgici è considerato uso combinato. Situazioni in cui un solo prodotto della combustione del carbone (ad esempio, il CO2) viene utilmente applicato, mentre il carbone, in quanto tale, viene usato soltanto come combustibile, non sono considerate come uso combinato» ( 15 ).

12.

Inoltre, negli atti che descrivono nei dettagli l’iter legislativo della Wijziging van de Wet belastingen op milieugrondslag en de Wet op de accijns (implementatie richtlijn Energiebelastingen) [Modifica della legge istitutiva di tributi per la protezione dell’ambiente e legge sulle accise (attuazione della direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici)], si afferma quanto segue:

«Nell’uso del carbone, trasformato in carbone da coke, implicante funzioni diverse dalla funzione di combustibile o carburante, è prevista l’esenzione dall’imposta. Altre funzioni potrebbero includere la funzione di utilizzazione come materia prima e la funzione di riduzione. Un esempio di siffatto uso del carbone è la produzione di ghise grezze» ( 16 ).

Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

13.

X, ricorrente nel procedimento principale, produce zucchero e prodotti contenenti zucchero di barbabietola. Ai fini della produzione di zucchero, X ha ricevuto in consegna carbone ( 17 ) e ha versato l’imposta sui carburanti dovuta in conformità alla Wbm.

14.

Nel processo di produzione dello zucchero dalla barbabietola si distinguono diverse fasi di lavorazione ( 18 ). La prima fase comporta l’estrazione del sugo grezzo dalla barbabietola. Successivamente, il sugo grezzo viene depurato, e il sugo leggero ottenuto dal processo di appuramento viene quindi sottoposto a evaporazione e cristallizzazione da cui ha origine, alla fine, lo zucchero granulato. Tale processo dà altresì origine a un precipitato, un sottoprodotto consistente in un fertilizzante calcareo, che viene utilizzato nel settore agricolo per mantenere l’equilibrio del pH nel terreno. Il precipitato è conosciuto come fanghi di carbonatazione ed è costituito principalmente da carbonato di calcio.

15.

Per poter depurare il sugo grezzo estratto dalla barbabietola, l’impianto di trasformazione dello zucchero necessita del gas del forno da calce. Per ottenere tale gas, calcare e carbone vengono premiscelati e immessi nel forno da calce. La reazione chimica nel forno da calce crea il gas del forno da calce [una miscela di diossido di carbonio (CO2) proveniente dal carbone e dal calcare stesso nonché dall’azoto proveniente dall’aria]. Il gas del forno da calce contiene il 40 % circa di CO2 e deve essere privo di impurità. Sostanze diverse dal carbone non sono idonee a produrre il gas del forno da calce «puro» necessario. Nel contempo, il forno da calce viene utilizzato per produrre calce viva. Attraverso il riscaldamento del calcare (carbonato di calcio consistente per circa il 97 % di CaCO3) sino a una temperatura sufficientemente elevata ( 19 ) viene prodotto CO2 facendo reagire il carbone (che ha un elevato contenuto di carbonio, consistente per circa l’85 % di atomi di carbonio) con l’ossigeno (O2) dell’aria. Da questa reazione si sprigiona calore che viene utilizzato per scindere il calcare in calce viva e diossido di carbonio (dissociazione).

16.

In tutti gli stabilimenti per la lavorazione delle barbabietole (nei Paesi Bassi) la calce viva e il CO2, necessari per l’appuramento del succo, sono prodotti in loco in un forno da calce.

17.

Circa il 12 % del gas del forno da calce viene eliminato nell’aria. La parte restante (l’88 %) viene utilizzata nelle carbonatazioni ( 20 ). Dopo l’uso del gas del forno da calce nelle carbonatazioni, una parte di esso viene eliminata (indicata come gas residuo della carbonatazione). Circa un quarto del CO2 utilizzato nelle carbonatazioni viene perso in questo modo. Il restante CO2 viene assorbito nei fanghi di carbonatazione.

18.

Con lettera del 7 marzo 2008, X chiedeva il rimborso di EUR 97 114,23 per l’imposta sui carburanti versata. Le autorità nazionali competenti respingevano la richiesta con decisione del 24 aprile 2008, che X impugnava, senza esito, in primo grado. X proponeva quindi appello dinanzi al Gerechtshof ’s‑Hertogenbosch, che ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se sussista uso combinato, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 4, parte iniziale, lettera b), della direttiva [2003/96] in caso di utilizzazione del carbone (prodotti di cui ai codici NC 2701, 2702 e 2704) come combustibile in un forno da calce, laddove il biossido di carbonio sprigionato in detto forno dal carbone (e dal calcare) serva alla produzione di gas del forno da calce, successivamente utilizzato ed indispensabile per l’appuramento del succo grezzo ottenuto dalle barbabietole da zucchero.

2)

Se sussista uso combinato, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 4, parte iniziale, lettera b), della direttiva [2003/96] in caso di utilizzazione del carbone (prodotti di cui ai codici NC 2701, 2702 e 2704) come combustibile, laddove il biossido di carbonio, sprigionato dal riscaldamento e assorbito nel gas del forno da calce, venga assorbito per il 66 %, nel corso del successivo appuramento sopra menzionato, nei fanghi di carbonatazione, venduti al settore agricolo come fertilizzante calcareo.

3)

In caso di uso combinato ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 4, parte iniziale, lettera b), della direttiva [2003/96]: se in considerazione del tenore (letterale) del suo articolo 2, paragrafo 4, la direttiva medesima non trovi applicazione, di modo che il ricorrente non possa invocarne l’efficacia diretta (ai fini dell’interpretazione della nozione di uso combinato in diritto nazionale, ai sensi dell’articolo 20, parte iniziale, lettera e), della Wbm).

4)

In caso di uso combinato ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 4, parte iniziale, lettera b), della direttiva [2003/96] e (pertanto) di mancata applicazione di tale direttiva: se il diritto [dell’Unione] osti ad un’interpretazione della nozione di uso combinato in diritto nazionale più ristretta rispetto all’interpretazione ai sensi [di detta] direttiva ai fini dell’imposizione di una tassa quale l’imposta sui carburanti in esame».

19.

Sono state presentate osservazioni scritte da X, dal governo dei Paesi Bassi e dalla Commissione europea, che hanno tutti presentato osservazioni orali all’udienza del 12 dicembre 2013.

Valutazione

20.

Gli Stati membri devono imporre almeno i livelli minimi dell’imposta sui prodotti energetici, come il carbone, conformemente alla direttiva ( 21 ). Nel processo di produzione dello zucchero descritto dal giudice del rinvio il carbone viene utilizzato come combustibile per riscaldamento. Dato che le questioni pregiudiziali non riguardano i prodotti energetici utilizzati come carburante per motori, limiterò le mie valutazioni all’eventuale uso combinato di prodotti energetici in cui un utilizzo sia come combustibile per riscaldamento.

Prima e seconda questione: uso combinato

21.

Con la prima e la seconda questione, il giudice del rinvio chiede quale sia il significato dell’espressione «uso combinato» di cui al secondo trattino dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b) della direttiva in relazione alla produzione dello zucchero e del sottoprodotto, il fertilizzante calcareo, derivante da tale processo. Dato che tali questioni sono strettamente connesse, le esaminerò congiuntamente.

22.

X sostiene che, nella direttiva, la portata della nozione di uso combinato, ai sensi del diritto dell’Unione, non viene definita in modo dettagliato. Sebbene siano forniti alcuni esempi chiarificatori di uso combinato, detti esempi non sarebbero esaustivi. Nessun elemento della direttiva chiarirebbe se i termini uso combinato debbano essere interpretati in senso estensivo o restrittivo. Ciononostante, tale espressione dovrebbe essere interpretata in modo uniforme in tutti gli Stati membri.

23.

Secondo X, l’uso combinato, nella specie, consiste nell’utilizzare il carbone come combustibile per riscaldamento, da un lato, e, dall’altro, nella produzione di un gas, il CO2, necessario quale parte integrante del processo di produzione sia dello zucchero sia del sottoprodotto, il fertilizzante calcareo. Il CO2 prodotto dalla combustione del carbone svolgerebbe una funzione importante nel processo di carbonatazione, il carbone che ne viene rilasciato è utilizzato a vari fini diversi dalla produzione del calore. Il carbone risponderebbe, quindi, alla definizione di uso combinato, ai sensi del diritto dell’Unione. Senza di esso il processo di produzione sia dello zucchero sia del fertilizzante calcareo non avverrebbe in maniera ottimale. La direttiva non opererebbe alcuna distinzione tra l’uso di prodotti energetici come materie prime per la produzione di prodotti finiti ovvero come materia di consumo o il proficuo uso degli stessi. Né verrebbe specificato dalla direttiva che, per dimostrare l’uso combinato, il prodotto energetico in questione debba essere utilizzato contemporaneamente a fini di riscaldamento e per qualche altro fine. Non sussisterebbero, inoltre, elementi che indichino che l’obiettivo della direttiva di tutela dell’ambiente debba essere determinante nell’interpretazione del testo.

24.

Sia il governo dei Paesi Bassi che la Commissione sostengono la tesi contraria.

25.

A loro avviso, l’uso combinato, ai sensi della direttiva, sussiste solo quando l’energia generata dal prodotto è utilizzata, in quanto tale, per uno scopo diverso dalla produzione del calore. Tale conclusione risulterebbe confermata dai considerando della direttiva (in particolare i considerando da 2 a 7 e 22). L’uso di prodotti energetici a fini di riscaldamento darebbe luogo a imposizione fiscale. Ne conseguirebbe che, laddove vengano utilizzati esclusivamente per produrre calore, i prodotti energetici dovrebbero essere assoggettati a imposta conformemente alla direttiva. Qualsiasi altra interpretazione comprometterebbe il funzionamento del mercato unico. Tale interpretazione risulterebbe confermata dai lavori preparatori ( 22 ).

26.

Il carbone verrebbe utilizzato in una singola fase del processo di produzione dello zucchero. L’unica reazione chimica che coinvolge il carbone sarebbe quella con l’ossigeno, che produce calore utilizzato al fine di dissociare il calcare scindendolo in calce viva e CO2. Nelle fasi successive del processo non sarebbe il carbone, in quanto tale, ad essere utilizzato. Sarebbero, invece, il residuo o i risultati della combustione ad essere successivamente utilizzati nella fabbricazione dello zucchero e nella produzione del sottoprodotto che ne deriva, il fertilizzante calcareo.

27.

Se è vero che il carbone viene utilizzato per produrre, contemporaneamente, calore e CO2, entrambi rilevanti nella produzione dello zucchero dalla barbabietola, per risolvere la questione in esame, occorrerebbe considerare l’uso del prodotto energetico in quanto tale piuttosto che lo scopo per cui esso viene utilizzato. Nella specie, il carbone verrebbe completamente consumato con la combustione e sarebbero questi i soli limiti entro i quali esso viene utilizzato.

28.

A sostegno della loro posizione, i Paesi Bassi deducono due esempi nelle loro osservazioni scritte. Un esempio di riduzione chimica ai fini della direttiva sussisterebbe quando il carbone viene utilizzato nella produzione di ferro dal minerale grezzo. In tale processo il carbone verrebbe utilizzato i) come sostanza riscaldante e ii) come agente riducente. Quando viene riscaldato sino a una temperatura sufficientemente elevata, il carbone farebbe sì che l’agente riducente, aggiunto alla fornace del minerale grezzo di ferro, separi il metallo dagli ossidi. La ghisa ottenuta da tale processo conterrebbe il 4 % di carbonio, derivante dal carbone utilizzato nel processo di produzione. Nella produzione di ghisa il carbone verrebbe quindi utilizzato sia come combustibile per riscaldamento sia come agente riducente. Inoltre, diversamente dal processo di produzione dello zucchero, in cui non è presente carbonio nel prodotto finito, nella ghisa risultante dalla fusione del minerale grezzo di ferro si rinverrebbe carbonio. Il carbone presenterebbe quindi, nella fusione, un uso combinato. Un altro esempio di uso combinato sussisterebbe quando l’elettricità viene utilizzata nella fusione dello zinco. In tale processo l’elettricità verrebbe utilizzata per trasformare concentrati di zinco (minerali grezzi contenenti zinco) nello zinco allo stato puro. Esisterebbero due processi, il processo di elettrolisi e il processo pirometallurgico. L’elettrolisi funzionerebbe mediante il passaggio di una corrente elettrica attraverso una soluzione di solfato di zinco. Ciò determinerebbe la separazione dello zinco dagli ossidi ad esso legati. L’elettricità verrebbe, inoltre, utilizzata per produrre calore ai fini dell’elettrolisi nella raffinatura dello zinco.

29.

A quanto mi risulta, tutte le parti concordano con la descrizione del processo di produzione dello zucchero effettuata dal giudice del rinvio. È pacifico che il carbone venga utilizzato in tale processo come combustibile per riscaldamento al fine di scindere il calcare e di produrre CO2. Al riguardo, i Paesi Bassi e la Commissione sottolineano giustamente che il punto da esaminare è se il carbone, piuttosto che il CO2, sia soggetto ad un uso combinato. La questione è se essi siano entrambi nel giusto anche quando sostengono che, affinché vi sia un duplice uso ai sensi della direttiva, il prodotto energetico in quanto tale debba essere usato in un solo processo (piuttosto che nei successivi processi) per generare una reazione chimica oltre a quella derivante dalla combustione (ossia, la reazione derivante dall’uso come combustibile per riscaldamento).

30.

I Paesi Bassi affermano, nelle loro osservazioni scritte, che il giudice del rinvio considera che il carbone viene utilizzato soltanto per produrre calore (sebbene in udienza i Paesi Bassi abbiano spiegato che il carbone viene utilizzato per produrre contemporaneamente sia calore che CO2). Non interpreto la decisione di rinvio nel senso che in essa si affermi, in punto di fatto, che il carbone viene utilizzato soltanto per produrre calore. Al contrario, intendo il giudice del rinvio nel senso che esso rileva che il gas del forno da calce, contenente un certo quantitativo di CO2, viene prodotto attraverso la reazione del carbone con l’ossigeno proveniente dall’aria. Da tale reazione si sprigiona calore che viene poi utilizzato per scindere (o dissociare) il calcare, generando una maggiore quantità di CO2 ( 23 ). Da tale constatazione deduco che il carbone viene utilizzato, in un forno da calce, per due scopi, come materia prima per produrre CO2 e come combustibile per riscaldamento.

31.

La questione è se l’utilizzazione del carbone per due scopi – per produrre sia calore che CO2 – costituisca uso combinato ai sensi della direttiva.

32.

Ritengo che il tenore letterale della direttiva sia abbastanza ampio perché tale uso sia qualificabile come «uso combinato».

33.

Una definizione di uso combinato dei prodotti energetici è contenuta nello stesso secondo trattino dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b). Un prodotto energetico ha un «uso combinato» quando è utilizzato sia come combustibile per riscaldamento che per fini diversi dall’utilizzazione come combustibile per riscaldamento. La difficoltà consiste nella mancanza di una norma che definisca tali fini «diversi». La normativa tace sul punto se il prodotto energetico debba essere utilizzato contemporaneamente per fornire calore e per fini diversi dall’utilizzazione come combustibile per riscaldamento; se l’«uso combinato» riguardi anche le procedure sequenziali in un processo di produzione, ad esempio quando un prodotto energetico viene utilizzato, dapprima, per creare una particolare reazione chimica e, successivamente, per fornire calore. (Nella specie, il carbone viene utilizzato contemporaneamente per fini di riscaldamento e per produrre CO2, e non occorre quindi decidere se le procedure sequenziali rientrino nella nozione di «uso combinato»). La direttiva elenca semplicemente vari esempi, compreso l’uso di prodotti energetici per la riduzione chimica e nei processi elettrolitici e metallurgici. Manca una terminologia limitativa da cui si evinca che gli esempi previsti sono esaustivi. Né è chiaro se il legislatore si stesse concentrando sullo scopo («per la riduzione chimica») o sul processo («nei processi elettrolitici e metallurgici»): risulta, infatti, che siano stati previsti entrambi.

34.

Detta tesi risulta confermata dal considerando 22 della direttiva, in cui si afferma che i prodotti energetici sono essenzialmente assoggettati a imposta quando sono usati come combustibile per riscaldamento. È nella natura e nella logica del sistema tributario escludere dal campo di applicazione della tassazione l’uso combinato di prodotti energetici e l’uso di prodotti energetici per fini diversi dall’utilizzazione come carburante. Il considerando fa riferimento all’uso combinato in generale, il che indica che gli esempi di uso combinato previsti dal secondo trattino dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b) della direttiva sono puramente indicativi.

35.

Gli esempi chiarificatori descrivono una serie di processi diversi. Può essere, infatti, corretto che nella ghisa si rinvenga carbonio, quando il carbone viene usato come agente riducente nel processo di produzione, e che il contenuto di carbonio sia causa della fragilità della ghisa. Tuttavia, non risulta che, quando l’elettricità viene utilizzata nella fusione dello zinco, si rinvenga l’elettricità in quanto tale nel prodotto finito e che essa conferisca particolari proprietà allo zinco, separato dagli ossidi e depositato sui catodi. A mio parere, tali esempi non dimostrano che il legislatore intendeva che vi sia uso combinato solo quando si ottenga un particolare risultato dall’uso del prodotto energetico (ad esempio, che esso formi parte integrante del prodotto finito del processo in questione). Inoltre, anche nell’esempio dedotto dai Paesi Bassi non si rinviene, nella ghisa, il carbone in quanto tale; al contrario, è l’elemento derivato dal carbone, il carbonio, a costituire parte integrante del prodotto finito.

36.

Inoltre, l’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), fa riferimento all’uso del prodotto energetico per «fini diversi (…)». Tale formulazione indica che lo scopo per cui il prodotto energetico viene utilizzato (oltre alla produzione del calore) è (o almeno può essere) un fattore rilevante.

37.

Infine, l’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), elenca cinque modi in cui l’uso dei prodotti energetici esula dall’ambito di applicazione della direttiva. L’elenco è eterogeneo. Il primo trattino dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), riguarda i prodotti energetici utilizzati per fini diversi dall’utilizzazione come combustibile per riscaldamento. I prodotti sottoposti a usi combinati sono elencati nel secondo trattino di tale disposizione, con esempi che individuano sia il processo che lo scopo. Il terzo trattino dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), fa riferimento all’elettricità utilizzata principalmente per la riduzione chimica. Il quarto trattino menziona l’elettricità, se incide per oltre il 50 % sul costo di un prodotto. Il quinto trattino riguarda i processi mineralogici. Non sussiste, nel dettato o nella struttura dello stesso articolo 2, paragrafo 4, lettera b), alcun elemento che indichi che il prodotto energetico in questione debba essere sempre utilizzato in un particolare modo o che alcuni tipi di utilizzo potrebbero essere esclusi dall’espressione «per fini diversi dall’utilizzazione come (…) combustibile per riscaldamento».

38.

Concludo che la formulazione letterale del secondo trattino dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), è sufficientemente ampia da includere prodotti energetici utilizzati, come nella fattispecie, per due scopi, ossia generare calore ed emanare CO2.

39.

L’esame degli obiettivi della direttiva non suggerisce diversa conclusione.

40.

La direttiva ha tre obiettivi principali: istituire un regime che assoggetti a tassazione minima i prodotti energetici ( 24 ); garantire il buon funzionamento del mercato interno riducendo le differenze tra i livelli nazionali di tassazione sull’energia ( 25 ); e migliorare la tutela dell’ambiente, in particolare riducendo le emissioni di CO2 conformemente al protocollo di Kyoto ( 26 ). Tuttavia, i considerando della direttiva non forniscono alcuna spiegazione espressa del significato del termine «uso combinato» nel contesto di tali obiettivi.

41.

Nei travaux préparatoires (in prosieguo: i «lavori preparatori») ( 27 ) viene rilevato che l’esclusione dei prodotti energetici, utilizzati per fini diversi dall’utilizzazione come prodotti per riscaldamento, dall’ambito di applicazione della direttiva «(…) sta ad indicare che i prodotti utilizzati nell’industria per la riduzione chimica o come materie prime non saranno tassati» ( 28 ). Il testo di ciò che è divenuto, successivamente, il considerando 22 e il primo e il secondo trattino dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), è stato introdotto quando la proposta era in Consiglio, sebbene il testo del primo trattino dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), fosse stato incluso nella proposta iniziale della Commissione ( 29 ).

42.

Non sussistono elementi, nei lavori preparatori, da cui risulti che il prodotto energetico in questione non possa essere utilizzato contemporaneamente per produrre calore e come materia prima da cui viene ricavata un’altra sostanza, necessaria al processo di produzione di cui trattasi.

43.

Inoltre, a mio parere, l’espressione «fini diversi dall’utilizzazione come (…) combustibile per riscaldamento», che compare sia nel primo che nel secondo trattino dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), dovrebbe essere logicamente interpretata allo stesso modo in entrambe le disposizioni.

44.

Risulterebbe contrario all’impianto sistematico della direttiva se un prodotto energetico, utilizzato esclusivamente come materia prima in un processo di produzione, esulasse dall’ambito di applicazione della direttiva in virtù del primo trattino dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), mentre lo stesso prodotto potrebbe essere inserito in tale ambito di applicazione in virtù del secondo trattino, per il fatto che esso è stato utilizzato contemporaneamente come combustibile per riscaldamento. Pertanto, se un prodotto energetico è una materia prima ai fini del primo trattino dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), dovrebbe essere classificato come avente un uso combinato, ai sensi del secondo trattino, quando viene utilizzato sia come combustibile per riscaldamento sia come materia prima.

45.

Sorge, quindi, la questione se il carbone, oltre a essere utilizzato come combustibile per riscaldamento, sia anche una materia prima nel processo di produzione qui in esame.

46.

Comprendo dalle spiegazioni del giudice del rinvio, relative al processo di produzione dello zucchero, che la dissociazione del calcare in calce viva e CO2 è causata dal calore. Presumibilmente tale calore può essere generato da prodotti energetici diversi dal carbone. Tuttavia, il giudice del rinvio sottolinea che il calcare e il carbone sono premiscelati e immessi nel forno da calce e che altre sostanze non sono idonee a produrre il gas del forno da calce «puro» necessario. Tale constatazione mi suggerisce che il carbone è necessario al fine di produrre il gas del forno da calce dotato delle proprietà necessarie nel processo di produzione dello zucchero in esame. Essa indica altresì che il carbone viene utilizzato come materia prima in tale processo di produzione per due scopi, sia come combustibile per riscaldamento che per produrre CO2. Ciò equivarrebbe all’uso combinato.

47.

Per quanto riguarda l’obiettivo della direttiva di migliorare la tutela dell’ambiente, l’obiettivo del protocollo di Kyoto è di ridurre le emissioni complessive di sei gas a effetto serra, compreso il CO2 ( 30 ). Dalle spiegazioni del giudice del rinvio, relative al processo di produzione dello zucchero, comprendo che la maggior parte del CO2 generato non viene emesso, ma, al contrario, che viene in gran parte assorbito nel sottoprodotto, il fertilizzante calcareo ( 31 ). Un’interpretazione di uso combinato, riguardante il carbone utilizzato per produrre calore e per generare CO2, in tale contesto, non è necessariamente contrario agli obiettivi della direttiva in materia ambientale.

48.

Per procedere secondo una prassi corretta, potrà risultare utile acclarare se sia possibile ricavare dal diritto dell’Unione in materia ambientale principi utili applicabili per analogia. I termini «residuo» e «sottoprodotto» sono stati esaminati dalla Corte nel contesto del diritto ambientale, in particolare nell’interpretazione della direttiva quadro sui rifiuti ( 32 ). A mio parere, tali nozioni non si applicano per analogia nella fattispecie. In primo luogo, il procedimento principale riguarda l’uso del carbone, che non è un sottoprodotto o un residuo; al contrario, esso è utilizzato nel processo di produzione in questione. In secondo luogo, non interessa la classificazione del CO2; pertanto, è irrilevante se esso sia considerato un sottoprodotto oppure un residuo della combustione. In terzo luogo, la giurisprudenza in materia ambientale, relativa al significato dei termini «residuo» e «scarto», come utilizzati nella direttiva quadro sui rifiuti, sorge in un contesto assai diverso. Il tenore letterale, l’impianto sistematico e gli obiettivi di tale atto non sono gli stessi della direttiva di cui trattasi nel presente procedimento. Di conseguenza, non ritengo che la giurisprudenza in materia di ambiente sia di aiuto nella fattispecie.

49.

In sintesi: a mio parere, sussiste un uso combinato ai fini del secondo trattino dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), della direttiva quando il carbone viene utilizzato sia per generare CO2 sia come combustibile per riscaldamento necessario alla dissociazione del calcare per emettere gas del forno da calce ai fini dell’appuramento del succo grezzo ottenuto dalla barbabietola da zucchero. Se è vero che il carbone ha un uso combinato in tale processo, deve avere altresì, necessariamente, un uso combinato relativamente al fertilizzante calcareo derivante, come sottoprodotto, da tale processo.

Terza e quarta questione: se l’uso combinato sia una nozione ai sensi del diritto dell’Unione

50.

La terza questione è volta ad acclarare, nell’ipotesi in cui l’uso del carbone nella produzione dello zucchero costituisca uso combinato ai fini del secondo trattino dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), se la direttiva trovi applicazione nell’interpretazione delle leggi nazionali, come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, che assoggettano a imposta detti prodotti energetici. Con la quarta questione si chiede, qualora la direttiva non trovi applicazione, se il diritto dell’Unione osti all’utilizzo, da parte del legislatore nazionale, di una nozione più ristretta di uso combinato.

51.

Con le questioni terza e quarta, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva dia origine a una nozione di uso combinato, ai sensi del diritto dell’Unione, ed in caso affermativo, sino a qual punto tale nozione debba essere presa in considerazione nell’interpretazione delle disposizioni pertinenti della normativa nazionale (la Wbm).

52.

X afferma, nelle proprie osservazioni scritte, che taluni Stati membri limitrofi non assoggettano la produzione dello zucchero alle imposte sui prodotti energetici, o perché tale processo esula dal relativo regime fiscale sui prodotti energetici ( 33 ), oppure perché il carbone viene considerato un prodotto sottoposto a uso combinato ( 34 ). X sostiene che l’interpretazione della nozione di uso combinato, da parte del governo dei Paesi Bassi, sia in contrasto con la nozione di uso combinato ai sensi del diritto dell’Unione e che gli Stati membri devono applicare tale nozione nel loro diritto nazionale.

53.

Né la Commissione né i Paesi Bassi deducono osservazioni riguardo alla nozione di prodotti energetici sottoposti a usi combinati, applicata in altri Stati membri. Né tale questione viene sollevata dal giudice del rinvio. Ritengo che la Corte non debba valutare, nell’esame della terza e della quarta questione, quale sia la posizione di altri Stati membri e, in mancanza di informazioni complete e di discussioni tra le parti riguardo alla posizione degli altri Stati membri, non prenderò in considerazione, nella mia valutazione, lo scarso materiale disponibile.

54.

L’articolo 2, paragrafo 4, stabilisce espressamente che: «La (…) direttiva non si applica (…) [ai prodotti energetici sottoposti a usi combinati]». Pertanto, è evidente che detti prodotti esulano dall’ambito di applicazione della direttiva e che il livello minimo armonizzato di tassazione non si applica a tali prodotti. Gli Stati membri sono quindi, in via di principio, competenti a tassare tali prodotti energetici, purché ciò avvenga nell’esercizio delle competenze loro attribuite nel rispetto del diritto dell’Unione, in particolare degli articoli 30 e 110 TFUE ( 35 ).

55.

La direttiva istituisce un regime minimo di armonizzazione. In tale contesto il legislatore dell’Unione ha decido di escludere i prodotti energetici sottoposti a usi combinati dall’ambito di applicazione di tale direttiva. Gli Stati membri sono, quindi, liberi di prevedere una migliore tutela dell’ambiente, ad esempio, assoggettando a imposta tutti i prodotti sottoposti a usi combinati, oppure scegliendo di concentrarsi su alcuni di essi, in particolare. In alternativa, gli Stati membri possono scegliere di attenersi alla direttiva non tassando affatto tali prodotti.

56.

Il giudice del rinvio fa presente che l’espressione «uso combinato» è stata utilizzata dal legislatore nazionale, all’articolo 20, lettera e), della Wbm, al fine specifico di allineare tale atto alla direttiva. Sorge, quindi, la questione se sussista una nozione di uso combinato ai sensi del diritto dell’Unione che può essere invocata da X nel procedimento principale; inoltre, occorre chiedersi se, a tal riguardo, sia applicabile la sentenza Leur‑Bloem ( 36 ).

57.

Il caso di specie si distingue, a mio avviso, dalla fattispecie esaminata dalla Corte nella causa Leur‑Bloem. La questione, in tal caso, consisteva nello stabilire se la Corte fosse competente a interpretare disposizioni della normativa nazionale che applicavano effettivamente la normativa dell’Unione a fattispecie alle quali tale normativa dell’Unione non doveva essere applicata. Tale questione è sorta nello specifico contesto dell’interpretazione dell’espressione «scambio di azioni» di cui all’articolo 2, lettera d), della direttiva sulle fusioni ( 37 ). La Corte ha osservato, nella relativa sentenza, che il giudice del rinvio riteneva che l’interpretazione della nozione di fusione mediante scambio di azioni, considerata nel(l’allora) contesto comunitario, fosse necessaria per la soluzione della controversia sottopostagli, tale nozione figurava nella direttiva 90/434, era stata riportata nella legge nazionale di attuazione della direttiva ed era stata estesa alle situazioni analoghe puramente interne ( 38 ).

58.

Nella causa in esame, il giudice del rinvio fa presente che il legislatore nazionale, nel trasporre la direttiva nel diritto nazionale, si prefiggeva taluni obiettivi. Tali obiettivi risultano essere, in primo luogo, garantire che la portata dell’esclusione dei prodotti sottoposti a usi combinati dai livelli minimi di tassazione prescritti non sia più ampia di quella consentita dalla direttiva ( 39 ); e assoggettare a imposta taluni prodotti sottoposti a usi combinati, applicando una definizione più ristretta di tale espressione rispetto a quella utilizzata nella direttiva ( 40 ). Diversamente dalla posizione adottata nella sentenza Leur‑Bloem, nella specie il giudice del rinvio esprime, quindi, dubbi riguardo alla possibilità che sia stata trasposta nel diritto nazionale una nozione di uso combinato ai sensi del diritto dell’Unione.

59.

Salvo accertamento da parte del giudice del rinvio, a mio parere, il legislatore nazionale ha tenuto conto dell’espressione «uso combinato», contenuta nella direttiva, laddove ha stabilito l’ambito di applicazione dell’atto normativo nazionale in esame e ha garantito che tale espressione non avesse una portata più ampia della nozione di uso combinato ai sensi del diritto dell’Unione. Tuttavia, il legislatore nazionale è andato oltre e ha deciso di assoggettare a imposta taluni prodotti sottoposti a usi combinati, adottando una nozione più ristretta di tale espressione.

60.

Poiché i prodotti energetici sottoposti a usi combinati sono esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva, gli Stati membri, in via di principio, sono liberi di tassare detti prodotti. Gli Stati membri non possono ricorrere a una definizione più ampia di «uso combinato» rispetto alla nozione ai sensi del diritto dell’Unione – se provvedono in tal senso – escludono illegittimamente i prodotti energetici che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva e che dovrebbero essere assoggettati ai livelli armonizzati di tassazione fissati nell’allegato I della medesima direttiva.

61.

Essi possono applicare, tuttavia, una definizione più ristretta di uso combinato e scegliere di tassare prodotti energetici sottoposti a usi combinati, purché esercitino le competenze loro attribuite nel rispetto del diritto dell’Unione ( 41 ). Nel caso in cui uno Stato membro opti per l’applicazione di tale definizione più ristretta, il contribuente non potrà invocare la nozione più ampia di uso combinato, ai sensi del diritto dell’Unione, al fine di ottenere un’esenzione dall’imposta cui è assoggettato secondo il diritto nazionale.

Conclusione

62.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Gerechtshof ’s‑Hertogenbosch, nei seguenti termini:

Sussiste uso combinato ai sensi del secondo trattino dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità, quando il carbone (prodotti di cui ai codici NC 2701, 2702 e 2704) viene utilizzato come combustibile per riscaldamento in un forno da calce al fine di generare diossido di carbonio per la produzione di gas del forno da calce, successivamente utilizzato per l’appuramento del succo grezzo ottenuto dalla barbabietola da zucchero, processo da cui deriva il precipitato, ossia il sottoprodotto costituito dai fanghi di carbonatazione.

Gli Stati membri possono applicare una definizione più ristretta di uso combinato e optare per la tassazione dei prodotti energetici ad uso combinato, purché ciò avvenga nell’esercizio delle competenze loro attribuite nel rispetto del diritto dell’Unione. Nel caso in cui uno Stato membro opti per l’applicazione di tale definizione più ristretta, il contribuente non potrà invocare la nozione più ampia di uso combinato, ai sensi del diritto dell’Unione, al fine di ottenere l’esenzione dall’imposta cui è assoggettato secondo il diritto nazionale.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità (GU L 283, pag. 51) (in prosieguo: la «direttiva»).

( 3 ) La direttiva non stabilisce se l’energia elettrica sia o meno un prodotto energetico. Tuttavia, dall’articolo 2, paragrafo 2, risulta che tale elettricità rientra nell’ambito di applicazione della direttiva.

( 4 ) V. regolamento (CE) n. 2031/2001 della Commissione, del 6 agosto 2001, che modifica l’allegato I del regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune (GU L 279, pag. 1). Per procedere secondo una prassi corretta, può essere utile ricordare che il codice NC contiene una descrizione generale di ciascun prodotto che, in taluni casi, è ulteriormente suddivisa in descrizioni più specifiche di particolari prodotti. Pertanto, la descrizione generale dei prodotti di cui al codice NC 2701 è la seguente: «Carboni fossili – mattonelle, ovoidi e combustibili solidi simili ottenuti da carboni fossili; e tale codice include, tra l’altro, l’antracite (codice NC 2701 11). Il codice NC 2702 include la lignite. Il codice NC 2704 include il coke e il semi-coke di carbon fossile, di lignite o di torba. V. infra, paragrafo17.

( 5 ) V., inoltre, infra, paragrafo 37.

( 6 ) I carboni fossili e il coke (codici NC 2701, 2702 e 2704) costituiscono la voce 6 della tabella.

( 7 ) Articolo 28, paragrafi 1 e 2.

( 8 ) Articolo 28, paragrafo 3.

( 9 ) Articolo 20 in combinato disposto con l’articolo 21.

( 10 ) Articolo 26.

( 11 ) Articolo 20, lettera e).

( 12 ) Articolo 26, paragrafo 3.

( 13 ) Kamerstukken II, 2003/04, 29758, n. 3, nota esplicativa, pagg. 7 e 8.

( 14 ) Ossia la direttiva 2003/96/CE.

( 15 ) Kamerstukken II, 2003/04, 29758, n. 3, nota esplicativa, pag. 32.

( 16 ) Kamerstukken II, 2003/04, 29207, n. 3, pag. 12.

( 17 ) Nella sua decisione il giudice del rinvio menziona il carbone da coke e l’antracite. Utilizzo il termine generico «carbone» per comprendere tutti i prodotti cui si riferiscono i relativi codici NC, compresi sia il coke che l’antracite.

( 18 ) La decisione di rinvio del Gerechtshof ’s‑Hertogenbosch contiene una relazione tecnica utile e dettagliata, che sintetizzo ai paragrafi da 14 a 17 delle presenti conclusioni.

( 19 ) L’equazione chimica per la produzione di calce viva e di gas del forno da calce è la seguente: CaCO3 + calore → CaO + CO2. Quando una sostanza viene riscaldata, il calore (una forma di energia) fornisce alle particelle l’energia per muoversi, che, se sufficientemente intensa, spezza i legami tra le particelle che tengono unita la sostanza.

( 20 ) La carbonatazione è una reazione chimica in cui l’idrossido di calcio reagisce con il diossido di carbonio e forma il carbonato di calcio insolubile. La reazione chimica è la seguente: Ca(OH)2 + CO2 → CaCO3 + H2O. Il termine «carbonatazione» è parimenti utilizzato per indicare il processo di appuramento del succo grezzo estratto dalla barbabietola da zucchero.

( 21 ) Articoli 1, 4, paragrafo 1, e 9, paragrafo 1.

( 22 ) V. infra, paragrafo 41 e nota 27.

( 23 ) V. supra, paragrafo 15.

( 24 ) Considerando 2.

( 25 ) Considerando da 3 a 5.

( 26 ) Considerando 6 e 7.

( 27 ) I travaux préparatoires includono la proposta della Commissione di una nuova direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici, COM(97) 30 def., del 12 marzo 1997, e i documenti del Consiglio 13062/02 del 17 ottobre 2002, 13422/02 del 29 ottobre 2002, 14200/02 del 13 novembre 2002, 14862/02 ADD 1 del 27 novembre 2002 e 15354/02 del 9 dicembre 2002. Il documento 14200/02 sembra particolarmente pertinente. Esso ha introdotto proposte, tra l’altro, di ciò che è divenuto, successivamente, il considerando 22, l’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), e l’articolo 14 della direttiva 2003/96. La Corte ha esaminato in precedenza i lavori preparatori al fine di stabilire lo scopo della normativa dell’Unione; v., ad esempio, sentenza Rockfon/Specialarbejderforbundet i Danmark, che agisce per conto di Søren Nielsen e a. (C‑449/93, EU:C:1995:420, punti da 30 a 34). I documenti del Consiglio sono consultabili sul sito http://register.consilium.europa.eu.

( 28 ) COM(97) 30 def., pag. 6. Tale esclusione dall’ambito di applicazione della direttiva era prevista all’articolo 13 della proposta iniziale. Non sussisteva alcuna deroga, in tale fase, per i prodotti sottoposti a usi combinati. V. inoltre il comunicato stampa IP/03/1456 «I prodotti energetici sono tassati solo quando vengono utilizzati come carburante o per riscaldamento, e non quando vengono utilizzati come materie prime, o in riduzioni chimiche o in processi elettrolitici o metallurgici».

( 29 ) V. documento 14200/02, in cui il testo di una dichiarazione congiunta della Commissione e del Consiglio, da aggiungere al verbale del Consiglio, ha confermato espressamente che è nella natura e nella logica del sistema tributario escludere dal campo di applicazione del quadro comunitario l’uso combinato di prodotti energetici e l’uso di prodotti energetici per fini diversi dall’utilizzazione come carburante. Gli Stati membri sarebbero quindi in grado di adottare misure dirette a tassare oppure a non tassare tale uso. Tuttavia, una dichiarazione del genere non può essere presa in considerazione per interpretare una disposizione del diritto derivato quando, come nella fattispecie, il contenuto della dichiarazione non trova alcun riscontro nel testo della disposizione di cui trattasi e non ha pertanto portata giuridica: v. sentenza The Queen/Immigration Appeal Tribunal, ex parte Antonissen (C‑292/89, EU:C:1991:80, punto 18), e più di recente, sentenza Agrargenossenschaft Neuzelle (C‑545/11, EU:C:2013:169, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

( 30 ) Gli altri cinque gas sono: il metano, il protossido d’azoto, l’esafluoruro di zolfo, gli idrofluorocarburi (HFC) e i perfluorocarburi (PFC).

( 31 ) V. supra, paragrafo 17.

( 32 ) Direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti (GU L 194, pag. 39) (in prosieguo: la «direttiva quadro sui rifiuti»): in particolare articoli 1, lettera a) e 2, paragrafo 1, lettera b).

( 33 ) Secondo X, nel caso del Belgio e del Regno Unito.

( 34 ) Secondo X, nel caso della Francia e della Germania.

( 35 ) Sentenza Fendt Italiana (C‑145/06 e C‑146/06, EU:C:2007:411, punti 41 e 42).

( 36 ) Sentenza Leur‑Bloem/Inspecteur der Belastingdienst/Ondernemingen Amsterdam 2 (C‑28/95, EU:C:1997:369, punti 31 e 32). V., più di recente, sentenza Isbir (C‑522/12, EU:C:2013:711, punti 25, 28 e 30).

( 37 ) Direttiva 90/434/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi (GU L 225, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva sulle fusioni»).

( 38 ) Sentenza Leur‑Bloem (EU:C:1997:369, cit. supra alla nota 36, punto 31).

( 39 ) V. supra, paragrafo 10.

( 40 ) V. supra, paragrafo 11.

( 41 ) V. supra, paragrafo 54.