CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PEDRO CRUZ VILLALÓN

presentate il 29 aprile 2014 ( 1 )

Causa C‑399/12

Repubblica federale di Germania

contro

Consiglio dell’Unione europea

(Ricorso di annullamento della Repubblica federale tedesca)

«Organizzazioni internazionali — Procedura di conclusione degli accordi — Definizione delle posizioni da adottare a nome dell’Unione in un organo istituito da un accordo — Risoluzioni dell’Organizzazione internazionale della vigna e del vino — Articolo 218, paragrafo 9, TFUE — Accordi degli Stati membri — Efficacia giuridica — Analogia»

1. 

Nel corso degli anni, l’Unione europea è divenuta un soggetto attivo di rilievo nell’ambito delle organizzazioni internazionali ( 2 ). Una delle disposizioni dei Trattati rilevanti sotto questo profilo è l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, il quale contiene il fondamento normativo procedurale per stabilire posizioni da adottare a nome dell’Unione in un organo istituito da un accordo, laddove tale organo debba adottare atti muniti di effetti giuridici. Il presente ricorso di annullamento solleva la questione se tale disposizione si applichi in un caso che si contraddistingue per le seguenti peculiarità: da un lato, per il fatto che alcuni Stati membri dell’Unione fanno parte dell’organizzazione, ma non dell’Unione stessa; dall’altro, per il fatto che si tratta di un’organizzazione che, in linea di principio, formula «raccomandazioni».

2. 

La controversia è sorta a seguito del coordinamento fra l’Unione e gli Stati membri nel settore dell’attività dell’Organizzazione internazionale della vigna e del vino («OIV»), un’organizzazione intergovernativa munita di competenze nei settori della vigna, del vino, delle bevande a base di vino, dell’uva da tavola, dell’uva secca e degli altri prodotti della viticoltura. Vari Stati membri dell’Unione sono membri dell’organizzazione, l’Unione stessa, invece, no. Il 18 giugno 2012, il Consiglio, fondandosi sull’articolo 43 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE adottava per la prima volta, a maggioranza qualificata, una decisione che stabilisce la posizione da adottare a nome dell’Unione europea in merito ad alcune risoluzioni dell’OIV. La Repubblica federale tedesca, che aveva votato contro la decisione e aveva rilasciato una dichiarazione a verbale in relazione alla sua posizione, ha quindi proposto il presente ricorso di annullamento.

3. 

Al di là del contesto della presente causa, le questioni che devono essere risolte rivestono un’importanza considerevole per il rapporto fra l’Unione e gli Stati membri nel settore dell’azione esterna. È vero che, in numerose organizzazioni internazionali, già per motivi legati alla storia del diritto internazionale, sono gli Stati membri dell’Unione a rivestire lo status di membro, e non invece l’Unione stessa. Spesso, ciò avviene anche quando la relativa organizzazione opera nell’ambito di competenza dell’Unione. La controversia in esame offre alla Corte l’occasioni di fornire chiarimenti utili per il futuro.

I – Contesto normativo

A – Diritto internazionale

4.

Nella sua forma attuale, l’OIV è stata costituita dall’accordo che istituisce l’Organizzazione internazionale della vigna e del vino del 3 aprile 2001 (OIV) (in prosieguo: l’«accordo OIV») ( 3 ), quale organizzazione che ha sostituito l’Ufficio internazionale della vigna e del vino ( 4 ), istituito nel 1924.

5.

Essa mira, inter alia, a «contribuire all’armonizzazione internazionale delle pratiche e delle norme esistenti e, all’occorrenza, all’elaborazione di nuove norme internazionali atte a migliorare le condizioni di produzione e commercializzazione dei prodotti vitivinicoli, come pure alla presa in considerazione degli interessi dei consumatori» (articolo 2, paragrafo 1, lettera c), dell’accordo OIV).

6.

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), dell’accordo OIV, l’OIV, al fine di raggiungere tali obiettivi, svolge, inter alia, le seguenti mansioni:

«elaborare e formulare raccomandazioni e sorvegliarne l’applicazione in collaborazione con i suoi membri, segnatamente nei settori seguenti:

i)

condizioni della produzione vinicola,

ii)

pratiche enologiche,

iii)

definizione e/o descrizione dei prodotti, etichettatura e condizioni di commercializzazione,

iv)

metodi di analisi e di valutazione dei prodotti della viticoltura».

7.

L’articolo 8 di tale accordo così recita ( 5 ):

«Un’organizzazione internazionale intergovernativa può partecipare ai lavori dell’OIV o diventarne membro e contribuire al finanziamento dell’Organizzazione alle condizioni che saranno stabilite, caso per caso, dall’Assemblea generale su proposta del Comitato esecutivo».

B – Diritto dell’Unione

1. Diritto primario

8.

L’articolo 4, paragrafo 3, prima frase, TUE prevede:

«In virtù del principio di leale cooperazione, l’Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dai trattati».

9.

L’articolo 218 TFUE così recita:

«(1)   Fatte salve le disposizioni particolari dell’articolo 207, gli accordi tra l’Unione e i paesi terzi o le organizzazioni internazionali sono negoziati e conclusi secondo la procedura seguente (…)

(9)   Il Consiglio, su proposta della Commissione o dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, adotta una decisione sulla sospensione dell’applicazione di un accordo e che stabilisce le posizioni da adottare a nome dell’Unione in un organo istituito da un accordo, se tale organo deve adottare atti che hanno effetti giuridici, fatta eccezione per gli atti che integrano o modificano il quadro istituzionale dell’accordo. (…)

(11)   Uno Stato membro, il Parlamento europeo, il Consiglio o la Commissione possono domandare il parere della Corte di giustizia circa la compatibilità di un accordo previsto con i trattati (…)».

2. Diritto derivato

10.

Il regolamento n. 479/2008 del Consiglio ( 6 ), entrato in vigore il 1o agosto 2008, ha introdotto per la prima volta ( 7 ) nel diritto derivato rinvii dinamici alle risoluzioni dell’OIV. Con il regolamento n. 491/2009 del Consiglio ( 8 ), tali norme relative all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo sono state recepite nel regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio (regolamento comune OCM) ( 9 ).

11.

L’articolo 120 septies del regolamento comune OCM così recita:

«Per l’autorizzazione di pratiche enologiche secondo la procedura di cui all’articolo 195, paragrafo 4, la Commissione:

a)

si basa sulle pratiche enologiche raccomandate e pubblicate dall’Organizzazione internazionale della vigna e del vino (OIV) e sui risultati dell’uso sperimentale di pratiche enologiche non ancora autorizzate (…)».

12.

L’articolo 120 octies del medesimo regolamento stabilisce:

«I metodi di analisi per determinare la composizione dei prodotti del settore vitivinicolo e le regole per stabilire se tali prodotti siano stati sottoposti a trattamenti in violazione delle pratiche enologiche autorizzate sono quelli raccomandati e pubblicati dall’OIV.

In assenza di metodi o di regole raccomandati e pubblicati dall’OIV, la Commissione adotta metodi e regole corrispondenti secondo la procedura di cui all’articolo 195, paragrafo 4.

In attesa dell’adozione di dette regole, i metodi e le regole da utilizzare sono quelli autorizzati dagli Stati membri interessati».

13.

Il successivo articolo 158 bis, paragrafo 2, così recita:

«Salvo disposizione contraria prevista in accordi conclusi in virtù dell’articolo 300 del Trattato, i prodotti di cui al paragrafo 1 del presente articolo sono ottenuti nel rispetto delle pratiche enologiche raccomandate e pubblicate dall’OIV o autorizzate dalla Comunità a norma del presente regolamento e delle relative modalità di applicazione».

14.

L’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 606/2009 ( 10 ) così dispone:

«Se non sono stabiliti dalla direttiva 2008/84/CE della Commissione, i requisiti di purezza e le specifiche delle sostanze impiegate nell’ambito delle pratiche enologiche di cui all’articolo 32, secondo comma, lettera e), del regolamento (CE) n. 479/2008 sono quelli fissati e pubblicati nel Codex enologico internazionale dell’Organizzazione internazionale della vigna e del vino» ( 11 ).

15.

L’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 606/2009 così recita:

«La Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, serie C, l’elenco e la descrizione dei metodi di analisi di cui all’articolo 31, primo comma, del regolamento (CE) n. 479/2008 [adesso articolo 120 octies, paragrafo 1, del regolamento comune OCM], descritti nella Raccolta dei metodi internazionali d’analisi dei vini e dei mosti dell’OIV, da applicare per il controllo delle disposizioni e dei limiti stabiliti dalla normativa comunitaria per la produzione dei prodotti vitivinicoli» ( 12 ).

II – Oggetto della controversia, procedimento e conclusioni delle parti

16.

Il 18 giugno 2012, il Consiglio adottava a maggioranza qualificata una decisione che stabilisce la posizione da adottare a nome dell’Unione europea in merito ad alcune risoluzioni da votare nell’ambito dell’Organizzazione internazionale della vigna e del vino (OIV) ( 13 ). La decisione veniva fondata sull’articolo 43 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE.

17.

Con atto del 28 agosto 2012, la Repubblica federale tedesca proponeva ricorso di annullamento avverso tale decisione. La Germania sostiene che la decisione non avrebbe potuto essere basata sull’articolo 218, paragrafo 9, TFUE quale fondamento normativo procedurale né, al riguardo, sarebbe ravvisabile un altro fondamento normativo procedurale.

18.

La Repubblica ceca, il Granducato di Lussemburgo, l’Ungheria, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica austriaca e la Repubblica slovacca sono state ammesse ad intervenire a sostegno della Repubblica federale tedesca, mentre la Commissione è stata ammessa ad intervenire a sostegno del Consiglio.

19.

La Repubblica federale tedesca, appoggiata dalle parti intervenute a suo sostegno, chiede che la Corte voglia:

annullare la decisione del Consiglio del 18 giugno 2012, e

condannare il Consiglio alle spese.

20.

Il Consiglio chiede, con il sostegno della Commissione, che la Corte voglia:

respingere in toto il ricorso in quanto infondato;

in subordine, nell’ipotesi di annullamento della decisione, disporre il mantenimento dei suoi effetti;

condannare la ricorrente alle spese.

21.

Il 26 novembre 201, successivamente alla chiusura della fase scritta, si svolgeva la fase orale. Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è stato ammesso ad intervenire in qualità di ulteriore parte interveniente a sostegno della Repubblica federale tedesca.

III – Argomenti delle parti

22.

La Repubblica federale tedesca fonda il proprio ricorso su un unico motivo di annullamento: il Consiglio non avrebbe potuto fondare la decisione controversa sull’articolo 218, paragrafo 9, TFUE quale fondamento normativo procedurale. Al riguardo, la Germania afferma, in sostanza, che la disposizione non è applicabile nella specie per un duplice ordine di ragioni. Stando alla sua lettera, alla sua struttura logico‑sistematica, alla sua genesi e alla sua funzione, essa non si applicherebbe, infatti, agli accordi conclusi dagli Stati membri, bensì unicamente agli accordi internazionali conclusi dall’Unione, e non sarebbe neanche applicabile in via analogica. Il coordinamento del comportamento degli Stati membri in organi di organizzazioni internazionali istituite da accordi internazionali degli Stati membri avverrebbe in base al principio di leale cooperazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, TUE ( 14 ). In secondo luogo, l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE presupporrebbe un atto «che ha effetti giuridici», vale a dire, secondo la Repubblica federale tedesca, un atto vincolante in base al diritto internazionale. Ciò non avverrebbe nel caso delle risoluzioni dell’OIV. La Germania rileva, inoltre, che un’applicazione della disposizione non è conforme al carattere tecnico dell’OIV e garantisce, inoltre, una rappresentanza meno efficace degli interessi dell’Unione.

23.

Per contro, il Consiglio ritiene applicabile l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE. Esso afferma, in sostanza, che tale disposizione, in materie che rientrano nell’ambito di competenza dell’Unione, consente anche di stabilire una posizione in organizzazioni internazionali delle quali sono membri unicamente gli Stati membri, ma non l’Unione. Con riferimento alle risoluzioni OIV interessate dalla decisione controversa, il Consiglio – contrariamente alla Repubblica federale tedesca – parte dal presupposto di una competenza esclusiva dell’Unione. Quanto all’«efficacia giuridica» dell’atto, il Consiglio sostiene, in particolare – oltre a richiamare, nonostante si tratti di mere raccomandazioni, taluni effetti delle risoluzioni sotto il profilo del diritto internazionale – che il recepimento delle risoluzioni nel diritto dell’Unione ai sensi degli articoli 158 bis, paragrafo 2, 120 septies, lettera a), e 120 octies del regolamento comune OCM garantisce sufficiente efficacia giuridica.

24.

La Repubblica ceca condivide, in sostanza, le osservazioni svolte dalla Repubblica federale tedesca e le integra con riferimento all’interpretazione dell’articolo 218, paragrafo 9. Anche il Granducato di Lussemburgo condivide la medesima posizione e rileva, inter alia, che, nella specie, si è in presenza di una competenza condivisa e non di una competenza esclusiva dell’Unione. Ciò viene sottolineato anche dai Paesi Bassi, i quali affermano, inoltre, che l’articolo 218, paragrafo 9, non viene in considerazione quale fondamento normativo anche in quanto, al momento dell’adozione della decisione, non era certo quali risoluzioni sarebbero state votate. Inoltre, la decisione difetterebbe di motivazione, in particolare in relazione alla questione perché essa fosse necessaria, nonostante il fatto che né l’Unione né tutti i suoi Stati membri siano membri dell’OIV e nonostante una cooperazione di quarant’anni degli Stati membri in tale settore nell’ambito dell’OIV e dell’organizzazione che l’ha preceduta ( 15 ). Infine, i Paesi Bassi ritengono che il modus operandi del Consiglio metta in pericolo l’intesa nell’OIV e, di conseguenza, gli interessi dell’Unione. L’Ungheria integra le osservazioni della Germania e rileva, inoltre, che il Parlamento europeo, per quanto è dato sapere, non era stato informato della decisione impugnata, e che ciò ha comportato la violazione della procedura prevista dall’articolo 218, paragrafo 10, TFUE, circostanza che dovrebbe essere presa in considerazione d’ufficio dalla Corte. Anche l’Austria condivide, sostanzialmente, la tesi della Germania. La Repubblica slovacca aderisce alle osservazioni della Germania e rileva, inter alia, che l’articolo 218, paragrafo 9 TFUE, persino nell’ambito di una competenza esterna esclusiva dell’Unione, è applicabile solo qualora i suoi requisiti siano soddisfatti. Il Regno Unito sottolinea che, nell’ambito della questione dell’efficacia giuridica, la giurisprudenza relativa agli effetti giuridici nel diritto dell’Unione non è pertinente, ma che occorre piuttosto tenere conto del fatto che l’articolo 218 TFUE disciplina la conclusione di accordi che vincolano l’Unione a livello internazionale.

25.

La Commissione condivide la tesi del Consiglio. Essa richiama, inoltre, l’importanza fondamentale della causa: l’Unione non sarebbe rappresentata in numerose organizzazioni internazionali, nonostante esse operino in settori che, perlomeno in parte, rientrano nell’ambito di competenza dell’Unione. La giurisprudenza mostrerebbe che, in casi del genere, la rappresentanza esterna dell’Unione nel suo ambito di competenza verrebbe esercitata tramite gli Stati membri nell’interesse dell’Unione. La tesi della Commissione si fonda, in particolare, sulle competenze dell’Unione ( 16 ). Nella specie, l’Unione sarebbe titolare di una competenza esterna esclusiva. Sotto il profilo giuridico, agli Stati membri non sarebbe pertanto consentito adottare in un’organizzazione decisioni che potrebbero modificare il diritto dell’Unione. Le risoluzioni OIV implicherebbero, tuttavia, una modifica di tal genere. Di conseguenza, le risoluzioni potrebbero essere adottate solo dopo la definizione di una posizione comune dell’Unione ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, la quale contenga, accanto alla definizione della posizione, l’autorizzazione degli Stati membri a sostenere la posizione dell’Unione nel suo ambito di competenza esterna esclusiva. Solo in tal modo verrebbero garantiti anche gli interessi degli Stati membri non rappresentati nell’OIV. Infatti, anch’essi sarebbero esposti agli effetti delle risoluzioni OIV, in quanto le risoluzioni modificherebbero l’aquis dell’UE, che vincola gli Stati membri dell’Unione. Per quanto riguarda l’interpretazione sistematica dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, la Commissione rileva che occorre tenere conto del fatto che neanche l’articolo 218, paragrafo 11, TFUE riguarderebbe unicamente le convenzioni dell’Unione stessa. Inoltre, la Commissione aggiunge che, in relazione ad atti privi di effetti giuridici, occorre procedere ad un coordinamento informale nel Consiglio ai sensi dell’articolo 16 TFUE.

IV – Analisi

26.

Nella controversia in esame, il dibattito inter partes verte, sostanzialmente ( 17 ), sull’applicabilità dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE quale fondamento normativo procedurale della decisione del Consiglio del 18 giugno 2012, che stabilisce la posizione da adottare a nome dell’Unione europea in merito ad alcune risoluzioni da votare in sede di OIV.

27.

Le risoluzioni dell’OIV stesse non costituiscono l’oggetto della lite. Esse sono state auspicate da tutte le parti e dagli intervenienti e sono state adottate nell’OIV con i voti della ricorrente e delle parti intervenute a suo sostegno.

A – Osservazioni preliminari

28.

Prima di rivolgere l’attenzione all’interpretazione dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, ritengo opportuno illustrare dettagliatamente il contesto in cui la controversia si inserisce e la genesi della norma, essenziale per la sua comprensione. In tale ambito, affronterò infine anche la questione della misura in cui la causa CITES ( 18 ) sia rilevante per la presente controversia.

1. Contesto della controversia

29.

Come illustrato in precedenza, l’OIV è un’organizzazione internazionale che, inter alia, adotta raccomandazioni per il settore vitivinicolo, ad esempio con riferimento a pratiche enologiche ( 19 ). Di regola, esse vengono adottate in modo consensuale ( 20 ) nell’Assemblea generale, che si riunisce una volta l’anno.

30.

Nel 2012 la Repubblica federale tedesca ed altri 19 Stati membri dell’Unione erano membri dell’OIV ( 21 ). L’Unione stessa, pur essendole giuridicamente consentita l’adesione ai sensi dell’articolo 8 del Trattato istitutivo, non è finora divenuta membro dell’organizzazione né ha acquisito lo status di osservatore o qualsiasi altro status speciale ( 22 ). La Commissione può, tuttavia, assistere in qualità di ospite ai lavori dei gruppi di esperti e delle commissioni dell’OIV e parteciparvi ( 23 ).

31.

Fino al giugno 2010, gli Stati membri dell’Unione hanno coordinato la loro attività nell’OIV con la partecipazione della Commissione, in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 3 TUE, nel gruppo di lavoro «Vino e alcol» del Consiglio, senza che la Commissione proponesse una posizione comune, segnatamente in modo tale che gli Stati membri e la Commissione hanno esposto le loro tesi e la Presidenza ha tentato di formulare una posizione comune.

32.

Le risoluzioni dell’OIV e dell’organizzazione che l’ha preceduta, organizzazioni internazionali specializzate munite di approfondite conoscenze tecnico‑scientifiche, dal 1971, stando a quanto esposto dalla Germania all’udienza, sono valse quale punto di riferimento per gli atti giuridici europei.

33.

Con il regolamento n. 479/2008, l’Unione ha tuttavia introdotto per la prima volta nell’organizzazione comune del mercato vitivinicolo, come illustrato in precedenza, rinvii dinamici alle risoluzioni dell’OIV ( 24 ).

34.

Poco tempo dopo, nel settembre 2008, la Commissione ha raccomandato al Consiglio – esplicitamente, anche in ragione dei rinvii a raccomandazioni dell’OIV introdotti dal regolamento appena menzionato – di autorizzarla a negoziare l’adesione della Comunità europea all’OIV ( 25 ). Tuttavia, il Consiglio non ha rilasciato una siffatta autorizzazione, non essendo stata raggiunta la maggioranza all’uopo necessaria ( 26 ).

35.

Il 16 maggio 2011 la Commissione, in vista della nona Assemblea generale dell’OIV, ha sottoposto per la prima volta al Consiglio una proposta di decisione del Consiglio che stabilisce la posizione da adottare a nome dell’Unione europea in merito ad alcune risoluzioni da votare in sede di OIV. Al riguardo, la Commissione si è fondata, sotto il profilo procedurale, sull’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, ossia sulla disposizione richiamata dal Consiglio nella decisione impugnata nella presente causa. La proposta della Commissione non è tuttavia stata adottata. La Commissione ha quindi sostenuto che gli Stati membri non potevano, in assenza di una decisione del Consiglio, adottare nell’OIV una posizione che esplicasse effetti sull’acquis dell’Unione e, in un elenco non esaustivo, ha menzionato quattordici proposte di risoluzione, la cui adozione avrebbe interessato, secondo la Commissione, tale acquis. Ciononostante, gli Stati membri rappresentati nell’OIV, dopo essersi coordinati fra loro, hanno adottato in modo consensuale, nell’Assemblea generale dell’OIV del 24 giugno 2011, numerose risoluzioni, e fra esse anche talune che, secondo la Commissione, esplicavano effetti sull’acquis dell’Unione. La Commissione ha avviato quindi un procedimento per inadempimento nei confronti degli Stati membri interessati, inter alia nei confronti della Repubblica federale tedesca ( 27 ).

36.

Il 27 aprile 2012, la Commissione ha trasmesso al Consiglio una proposta di decisione che stabilisce la posizione da adottare a nome dell’Unione europea in merito ad alcune risoluzioni da votare alla decima assemblea generale dell’OIV il 22 luglio 2012 ( 28 ). Per effetto della pressione esercitata dal procedimento per inadempimento ( 29 ), la proposta, fondata sull’articolo 43 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, è stata adottata, in forma modificata, l’11 giugno 2012, a maggioranza qualificata, con i voti contrari della Germania, della Repubblica ceca, dell’Austria e della Repubblica slovacca e con l’astensione del Lussemburgo, dal comitato speciale «Agricoltura» e, il 18 giugno 2012, dal Consiglio (Agricoltura e Pesca) ( 30 ). La Germania, la Grecia, i Paesi Bassi (l’Ungheria e la Finlandia hanno aderito a tale dichiarazione), la Romania e il Regno Unito hanno al riguardo rilasciato dichiarazioni a verbale, nelle quali esse hanno messo in dubbio l’idoneità dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE quale fondamento normativo adeguato ( 31 ).

37.

La decisione controversa del Consiglio del 18 giugno 2012 stabilisce una posizione comune dell’Unione in relazione a 27 proposte di risoluzione, menzionate nell’allegato, concernenti metodi di analisi per determinare la composizione dei prodotti del settore vitivinicolo, alcuni requisiti di purezza e specifiche delle sostanze impiegate nell’ambito delle pratiche enologiche, nonché pratiche enologiche. Si tratta, al riguardo, di risoluzioni che, secondo il Consiglio, rientrano nell’ambito di competenza dell’Unione e sono produttive di effetti giuridici ( 32 ). Gli Stati membri aderenti all’OIV devono sostenere la posizione comune all’Assemblea generale di quest’ultima. Al riguardo, gli Stati membri di cui trattasi, a seguito del coordinamento, in particolare quello in loco, e senza che intervenga una decisione del Consiglio, possono concordare modifiche, a condizione che esse non alterino la sostanza delle risoluzioni. Nel caso di presentazione di nuovi dati tecnici o scientifici che possono avere ripercussioni sulla posizione, i corrispondenti Stati membri devono, tuttavia, chiedere che la votazione nell’Assemblea generale venga rimandata finché la posizione dell’Unione non venga definita sulla base dei nuovi elementi emersi.

38.

Le risoluzioni sono state adottate, eccetto una ( 33 ), il 22 luglio 2012 ad Izmir dall’Assemblea generale dell’OIV. In precedenza, le modifiche dei progetti di risoluzione erano state considerate non «sostanziali» nelle riunioni di coordinamento della posizione dell’Unione ad Izmir. Anche la Repubblica federale tedesca ha condiviso il contenuto tecnico delle risoluzioni e le ha approvate.

2. Genesi della norma

39.

La trattazione della genesi della disposizione sulla definizione di una posizione da adottare a nome dell’Unione in un organo istituito da un accordo è giustificata già dalla particolare collocazione logico‑sistematica della disposizione quale paragrafo 9 dell’articolo 218 TFUE. Può, infatti, sorprendere che una disposizione sulla definizione delle posizioni da adottare a nome dell’Unione in un organo istituito da un accordo appaia nel contesto di un articolo che disciplina le modalità attinenti alla negoziazione e alla conclusione di accordi fra l’Unione e paesi terzi od organizzazioni internazionali. Al fine di comprendere la disposizione, la cui portata è oggetto della presente controversia, è necessario, a mio avviso, esaminarne l’origine nonché le disposizioni che l’hanno preceduta.

a) Il Trattato CEE

40.

Il Trattato CEE non conteneva una disposizione corrispondente all’attuale articolo 218, paragrafo 9, TFUE. Peraltro, l’articolo 116 del Trattato CEE così recitava: «Per tutte le questioni che rivestono un interesse particolare per il mercato comune, gli Stati membri, a decorrere dalla fine del periodo transitorio, condurranno unicamente un’azione comune nell’ambito delle organizzazioni internazionali a carattere economico. A tal fine, la Commissione sottopone al Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata, proposte relative alla portata ed all’attuazione di tale azione comune (…)».

41.

Tale disposizione ha creato – come affermato dalla Corte – un fondamento per un’«azione comune degli Stati membri nelle organizzazioni internazionali di cui la Comunità non fa parte» ( 34 ). Una previsione del genere era allora necessaria anche in quanto le organizzazioni internazionali consentivano di regola solo agli Stati l’adesione in qualità di membri ( 35 ), circostanza che, proprio nel settore centrale di competenza dell’Unione – la politica commerciale –, poteva causare problemi. Nella prassi, la disposizione è stata applicata anche al di fuori della politica commerciale comune ( 36 ). Inoltre, è sembrato che la Corte insistesse perché la norma fosse applicata più regolarmente ( 37 ). Gli Stati membri, per contro, hanno considerato la disposizione una minaccia per le loro competenze ( 38 ).

b) Il Trattato di Maastricht

42.

Il Trattato di Maastricht ha eliminato tale disposizione, senza sostituirla, dal sistema dei Trattati; nel settore della PESC è rimasto unicamente un obbligo di coordinamento nelle organizzazioni internazionali e una difesa delle posizioni comuni ( 39 ). La ragione può essere ravvisata nell’ingerenza eccessivamente ampia, dal punto di vista degli Stati membri, nella loro sovranità ( 40 ). I Trattati non contenevano a questo punto alcuna disposizione che disciplinasse espressamente il coordinamento del comportamento degli Stati membri e della Comunità nelle organizzazioni internazionali.

43.

Alla luce della crescente importanza delle organizzazioni internazionali in numerosi settori e delle ampie competenze della Comunità, quest’ultima era tuttavia tenuta a continuare ad operare con riferimento ad organizzazioni internazionali, il che ha sollevato la questione del fondamento normativo, questione che, peraltro, ha di regola acquisito rilevanza nella prassi solo quando le istituzioni dell’Unione e gli Stati membri non hanno potuto trovare un accordo.

44.

In sede di negoziazione di decisioni vincolanti a livello internazionale è sembrato dunque opportuno ricorrere, al riguardo, all’applicazione delle disposizioni sulla conclusione degli accordi internazionali. Già nel suo parere 1/78, la Corte aveva rilevato che, nel caso di negoziati avviati nell’ambito di organizzazioni internazionali destinati a «concludersi con un impegno di carattere vincolante assunto da soggetti di diritto internazionale», vanno applicate le disposizioni relative alla negoziazione ed alla conclusione di accordi, e non già l’art. 116 del Trattato CEE ( 41 ). Nel suo parere 2/92, la Corte ha quindi esaminato l’adesione della Comunità alla terza decisione modificata del Consiglio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) relativa al trattamento nazionale ( 42 ), rientrante anch’essa nel suo ambito di competenza. La Comunità non era membro dell’organizzazione. La Corte ha dichiarato che la decisione (giuridicamente vincolante) doveva essere equiparata ad un accordo fra la Comunità e paesi terzi. Un accordo ai sensi dell’articolo 228 CE sarebbe infatti qualsiasi «impegno di carattere vincolante assunto da soggetti di diritto internazionale» ( 43 ). Era pertanto naturale ritenere che l’adozione di decisioni delle organizzazioni internazionali equivalesse alla conclusione di un accordo ( 44 ).

45.

In effetti, è risultato che l’assenza di fondamento normativo espresso per il coordinamento del comportamento nelle organizzazioni internazionali nel caso di decisioni vincolanti delle organizzazioni era stato sostituita dal ricorso, in particolare, agli articoli 113 CE (politica commerciale comune) e 228 CE (conclusione di accordi internazionali) ( 45 ).

c) Il Trattato di Amsterdam

46.

Tale assetto giuridico non soddisfaceva, tuttavia, le esigenze dell’Unione nelle sue relazioni esterne. Specialmente gli accordi misti creavano problemi ( 46 ). In tal senso, nel corso dei negoziati per il Trattato di Amsterdam, è stato affermato che la Comunità, nonostante la vigente ripartizione delle competenze, deve parlare con una sola voce. Ciò varrebbe, in particolare, alla luce dell’aumento di organi misti, le cui decisioni sarebbero produttive di effetti giuridici ( 47 ). Al fine di risolvere tale problema, è stata proposta un’integrazione dell’articolo 228, paragrafo 2, CE, ossia della disposizione sulla conclusione degli accordi ( 48 ).

47.

Da tali negoziati è scaturito (a seguito della rinumerazione dell’ex articolo 228 CE) l’articolo 300, paragrafo 2, secondo comma, CE, che così recitava: «In deroga alle norme previste dal paragrafo 3, si applicano le stesse procedure alle decisioni volte a sospendere l’applicazione di un accordo e allo scopo di stabilire le posizioni da adottare a nome della Comunità in un organismo istituito da un accordo basato sull’articolo 310, se tale organismo deve adottare decisioni che hanno effetti giuridici, fatta eccezione per le decisioni che integrano o modificano il quadro istituzionale dell’accordo».

48.

Significativa è, in particolare, la struttura logico-sistematica della disposizione: l’articolo 300, paragrafi da 1 a 5, CE disciplinava la procedura da osservare in occasione nella conclusione degli accordi. Al riguardo, la fase negoziale di un accordo (articolo 300, paragrafo 1, CE) viene distinta dalla sua firma, eventualmente accompagnata da una decisione riguardante l’applicazione provvisoria, e dalla conclusione (articolo 300, paragrafo 2, primo comma). La partecipazione del Parlamento europeo alla procedura di conclusione dell’accordo viene illustrata dopo tali disposizioni, al paragrafo 3.

49.

L’articolo 300, paragrafo 2, secondo comma, CE si colloca al centro di tali disposizioni concernenti la conclusione degli accordi e stabilisce che, «[i]n deroga alle norme previste dal paragrafo 3, si applicano le stesse procedure» anche nel caso di sospensione di un accordo e di definizione delle posizioni da adottare in organismi istituiti da un accordo basato sull’articolo 310. La procedura relativa alla conclusione degli accordi (segnatamente, articolo 300, paragrafo 2, primo comma, CE) deve dunque valere – con una modifica per quanto riguarda la partecipazione del Parlamento – anche per l’adozione di decisioni in organismi istituiti ai sensi dell’articolo 310 CE, ossia attraverso accordi di associazione. In questo caso, il Parlamento europeo, invece di essere coinvolto a norma dell’articolo 300, paragrafo 3, CE, viene soltanto immediatamente e pienamente informato, ai sensi dell’articolo 300, paragrafo 2, terzo comma, CE. La limitazione dell’ambito di applicazione della disposizione alle decisioni dei consigli di associazione può essere spiegata proprio con la particolare posizione delle decisioni dei consigli di associazione nell’ordinamento giuridico dell’Unione, segnatamente quale parte integrante di tale ordinamento ( 49 ).

50.

Tale disposizione, oltre a chiarire l’applicazione delle disposizioni sulla conclusione degli accordi, mirava in tal modo a introdurre una semplificazione della procedura ( 50 ), una lex specialis rispetto alla procedura di norma applicabile per stabilire le posizioni da adottare nei consigli di associazione, ossia in organi istituiti da accordi dei quali l’Unione è per definizione parte contraente (articolo 310 CE).

d) Il Trattato di Nizza

51.

Il Trattato di Nizza ha conservato la formulazione della disposizione, sopprimendo tuttavia la limitazione della sua applicabilità agli organismi istituiti da accordi basati sull’articolo 310 CE. Il testo della parte dell’articolo 300, paragrafo 2, secondo comma, CE rilevante nella specie recitava, quindi, in termini generali: «posizioni da adottare a nome della Comunità in un organismo istituito da un accordo». In tal modo, nella disposizione è venuta meno la limitazione della sua applicabilità ad un tipo specifico ovvero unico di accordi mediante i quali viene istituito un organismo ( 51 ).

e) Il Trattato di Lisbona

52.

Con il Trattato di Lisbona sono state codificate, all’articolo 218 TFUE, le regole attinenti alla procedura di conclusione degli accordi, e anche all’adozione di una posizione comune. Contestualmente, è stata apportata una serie di modifiche redazionali. In tal senso, sono venuti meno il riferimento alle «stesse procedure» e il richiamo introduttivo di una deroga alle norme previste dal paragrafo 3. Essi sono stati sostituiti da una descrizione della procedura. Per il resto, questa modifica del Trattato non è tuttavia stata accompagnata da sostanziali modifiche di contenuto. In particolare, le modifiche redazionali non hanno modificato la proprietà della disposizione quale lex specialis, come si evince già dal fatto che essa ha continuato a fare parte della disciplina della procedura di conclusione degli accordi (articolo 218 TFUE).

3. La causa CITES

53.

Infine, occorre affrontare la questione della pertinenza, nella specie, della causa CITES, ripetutamente richiamata dalle parti, e, in particolare, se, nell’ambito della controversia in esame, la Corte abbia, quantomeno implicitamente, già statuito sulle questioni che ne costituiscono il thema decidendum.

54.

Anche la causa CITES riguardava la definizione di una posizione comune degli Stati membri dell’Unione nell’ambito di un accordo internazionale (segnatamente, alla 14a riunione della Conferenza delle parti della CITES), al quale l’Unione stessa non aveva aderito. Il Consiglio – come nella specie – aveva adottato una decisione allo scopo di stabilire una posizione comune che avrebbe dovuto essere difesa alla riunione. Sebbene il Consiglio, stando a quanto da esso stesso affermato, avesse adottato la decisione conformemente alla procedura di cui all’articolo 300, paragrafo 2, secondo comma, CE, disposizione che ha preceduto l’attuale articolo 218, paragrafo 9, TFUE, la decisone non menzionava effettivamente alcun fondamento normativo. La scelta del fondamento normativo pertinente era stata precedentemente oggetto di controversie in seno al Consiglio. La Commissione presentava un ricorso di annullamento adducendo che la decisione, omettendo di menzionare un fondamento normativo, violasse l’obbligo di motivazione ( 52 ).

55.

La causa risulta pertinente per la presente controversia per un duplice ordine di ragioni. In primo luogo, la Corte, nel senso della Commissione, ha dichiarato che una decisione che stabilisce la posizione dell’Unione per quanto riguarda un settore di sua competenza, e che sarà espressa dagli Stati membri agendo congiuntamente nell’interesse dell’Unione in occasione di una riunione delle parti contraenti di un accordo di diritto internazionale non ratificato dall’Unione, deve indicare il fondamento normativo sul quale è basata ( 53 ).

56.

In quest’ottica, la presente causa rappresenta la conseguenza della causa CITES. Nella specie, il Consiglio, adempiendo all’obbligo ad esso incombente, ha indicato un fondamento normativo. La ricorrente e le parti intervenute a suo sostegno ritengono, tuttavia, che esso non sia pertinente.

57.

La seconda ragione per cui la causa CITES riveste importanza particolare nella causa in esame risiede nel fatto che il fondamento normativo, la cui pertinenza viene contestata nella specie, è stato menzionato anche nella causa CITES. Il Consiglio e la Commissione sostengono che, in tale discussione, la Corte ha, quantomeno implicitamente, confermato l’applicabilità del fondamento normativo de quo in casi come quello di specie.

58.

A mio avviso, da detta sentenza non è dato ricavare un’affermazione di tal genere. È pur vero che la Corte ha rilevato che «il Consiglio [ha] adottato una decisione conformemente all’art[icolo] 300, [paragrafo] 2, secondo comma, CE» ( 54 ); si trattava, tuttavia, di una mera descrizione dei fatti ( 55 ). In nessun passaggio, la Corte stabilisce che la summenzionata disposizione costituisce effettivamente un fondamento normativo idoneo per definire le posizioni in organi internazionali dei quali l’Unione non faccia parte.

59.

Neanche le conclusioni dell’avvocato generale Kokott contengono una siffatta constatazione. Piuttosto, l’avvocato generale afferma che, senza una sua indicazione, il fondamento normativo della decisione non può essere desunto in maniera univoca dall’atto giuridico, anche in quanto non è chiaro se l’articolo 300, paragrafo 2, secondo comma, CE si applichi anche nel caso di accordi internazionali dei quali la Comunità non è membro. È vero che un’interpretazione sistematica deporrebbe contro tale applicazione; un’interpretazione teleologica deporrebbe tuttavia a favore ( 56 ). L’avvocato generale non ha ritenuto necessario prendere posizione in merito all’applicabilità della disposizione, né l’ha fatto.

60.

Di conseguenza, nella causa CITES la Corte non ha risolto, neanche implicitamente, alcuna delle questioni sollevate nella specie. La problematica è, pertanto, rimasta aperta.

B – Analisi

1. Interpretazione dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE

61.

A sostegno della sua posizione, la Germania deduce nel merito due argomenti: che la norma della quale è richiesta l’interpretazione muoverebbe dalla premessa che l’Unione sia essa stessa membro dell’organizzazione internazionale di cui trattasi, circostanza che non ricorrerebbe nella specie, e che la definizione delle posizioni da adottare a nome dell’Unione in base alla norma de qua sarebbe subordinata ad un’ulteriore condizione, la quale non sarebbe soddisfatta, vale a dire che l’organizzazione internazionale debba adottare atti «giuridicamente efficaci», ossia vincolanti a livello internazionale, circostanza che parimenti non ricorrerebbe nella specie. Alla luce di tali rilievi, ciò che occorre verificare, nella presente controversia, è se l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, quale parte del suo contenuto normativo, esiga effettivamente, in primo luogo, che l’Unione debba essere membro dell’organizzazione nazionale in questione e, in secondo luogo, che gli atti che l’organo di cui trattasi è tenuto ad adottare, o perlomeno alcuni di essi, debbano essere vincolanti a livello internazionale.

a) Adesione

62.

Anzitutto, occorre dunque affrontare la questione dell’applicabilità dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE al fine di stabilire le posizioni da adottare a nome dell’Unione in un organo istituito da un accordo anche qualora l’Unione stessa non sia parte contraente dell’accordo, bensì lo siano soltanto alcuni Stati membri.

63.

L’articolo 218, paragrafo 9, TFUE così recita in extenso: «Il Consiglio, su proposta della Commissione o dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, adotta una decisione sulla sospensione dell’applicazione di un accordo e che stabilisce le posizioni da adottare a nome dell’Unione in un organo istituito da un accordo, se tale organo deve adottare atti che hanno effetti giuridici, fatta eccezione per gli atti che integrano o modificano il quadro istituzionale dell’accordo».

64.

In un solo periodo vengono quindi riunite due previsioni prima facie del tutto differenti. Nella prima parte, la disposizione riguarda l’adozione di una decisione sulla «sospensione dell’applicazione di un accordo». Secondo l’opinione assolutamente dominante, tale disposizione è stata adottata in conseguenza della circostanza che gli accordi commerciali e di cooperazione conclusi dall’Unione a partire dagli anni ’90 contengono in maniera crescente clausole sui diritti umani che, se violate, dovevano comportare la sospensione o la denuncia dell’accordo ( 57 ). La disposizione ha fatto chiarezza quanto alla procedura applicabile al riguardo consentendo, così, un rapido intervento dell’Unione ( 58 ).

65.

La disposizione contiene poi un fondamento normativo per la definizione delle posizioni nelle organizzazioni internazionali. Esso forma l’oggetto della presente causa.

i) Testo

66.

Un’interpretazione letterale deve necessariamente muovere dal rilievo che la disposizione parla, anzitutto, genericamente di «accordi» ( 59 ), senza distinguere esplicitamente al riguardo fra i casi in cui l’Unione è parte di tali accordi e i casi in cui non lo è. Tuttavia, da tale assenza di regolamentazione non può affatto trarsi in maniera affrettata la conclusione, come suggerito in definitiva dal Consiglio, che, nei casi in cui la legge non opera una distinzione, quest’ultima è preclusa anche a colui che tale legge applica ( 60 ).

67.

Occorre, infatti, prendere anzitutto in considerazione la circostanza che la disposizione impiega più volte congiuntamente lo stesso termine «accordo» e, in particolare, con riferimento a due diverse fattispecie: in un primo momento viene disciplinata la «sospensione dell’applicazione di un accordo», poi la definizione di posizioni per un organo istituito da un accordo. Ciò premesso, si deve peraltro ritenere che lo stesso termine debba rivestire anche lo stesso significato. È chiaro che, nel primo caso, si può trattare unicamente di accordi dell’Unione. Di conseguenza, il termine «accordo» deve avere tale significato anche nel secondo caso, vale a dire che anche qui si tratta di accordi dell’Unione ( 61 ).

68.

Meno persuasivo mi pare l’argomento dedotto dalla Germania, fondato sull’espressione «a nome dell’Unione». La Germania afferma che dalla circostanza che le posizioni da stabilire devono essere adottate «a nome dell’Unione in un organo istituito da un accordo» ( 62 ) conseguirebbe che l’Unione deve essere membro dell’organizzazione ( 63 ). Per le ragioni che indicherò in prosieguo, non ritengo, tuttavia, che l’impiego di tale espressione implichi automaticamente che l’Unione debba essere essa stessa parte contraente dell’accordo.

69.

Qualora l’Unione stessa sia parte contraente dell’accordo, ossia qualora essa sia membro dell’organizzazione internazionale, essa non ha bisogno di uno Stato membro quale rappresentante che parli in suo nome, bensì unicamente di un rappresentante organico esattamente nel senso di cui ad un altro paragrafo dell’articolo ( 64 ). Nel contesto del caso in esame, l’espressione può dunque essere intesa soltanto in senso improprio o traslato, segnatamente nel senso che gli Stati membri, nell’interesse dell’Unione, ne esprimono la posizione, senza, al riguardo, agire espressamente in nome altrui.

70.

Il Consiglio rileva giustamente, in proposito, che persino le competenze esterne esclusive dell’Unione devono spesso essere esercitate tramite gli Stati membri, i quali agiscono congiuntamente nell’interesse della Comunità. Ciò avviene, ad esempio, qualora all’Unione stessa sia negato lo status di membro in un’organizzazione internazionale per motivi di diritto internazionale ( 65 ). In un caso del genere, gli Stati membri sostengono la posizione dell’Unione e sono obbligati, come osservato dalla Commissione, a garantire una rappresentanza efficace di tale posizione.

71.

Alla luce delle suesposte considerazioni, ritengo pertanto che il termine «accordo», come impiegato all’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, si riferisca ad accordi dei quali l’Unione è parte contraente.

ii) Struttura logico‑sistematica

72.

Per quanto attiene alla struttura logico‑sistematica della disposizione, elementi utili possono essere tratti tanto dal titolo in cui è collocata la norma quanto dall’articolo stesso.

73.

L’interpretanda disposizione è parte del titolo V, concernente gli «accordi internazionali», della parte quinta (azione esterna dell’Unione) del TFUE. Come mostra la disposizione introduttiva del titolo, cioè l’articolo 216 TFUE sulla competenza a concludere un accordo, il titolo è dedicato agli accordi dell’Unione. Ciò risulta confermato dal contenuto delle altre disposizioni del titolo.

74.

Anche l’articolo 218 TFUE stesso depone a favore di una siffatta interpretazione sistematica. L’articolo 218, paragrafo 1, TFUE stabilisce infatti che – fatto salvo l’articolo 207 TFUE – gli accordi «tra l’Unione e i paesi terzi o le organizzazioni internazionali sono negoziati e conclusi secondo la procedura seguente». L’adozione di una decisione intesa a stabilire una posizione in un organo istituito da un accordo che deve adottare atti produttivi di effetti giuridici, come evidenziato dalle considerazioni di ordine storico, costituisce, nel senso del Trattato, un modo particolare di conclusione di un accordo. L’articolo 218, paragrafo 1, TFUE limita manifestamente l’applicabilità del paragrafo 9 agli accordi «tra l’Unione e i paesi terzi o le organizzazioni internazionali».

75.

Tale interpretazione risulta parimenti confermata dalla circostanza che la disposizione non si applica espressamente agli atti giuridici «che integrano o modificano il quadro istituzionale dell’accordo». Tale circoscrizione della sfera di applicazione della disposizione mostra chiaramente, a mio avviso, il suo carattere di lex specialis per la definizione di posizioni in organizzazioni internazionali, intesa ad introdurre una semplificazione della procedura a fronte della più complessa procedura di conclusione degli accordi. Nel caso di decisioni particolarmente importanti, tale semplificazione della procedura, segnatamente la limitazione della partecipazione del Parlamento, non deve trovare applicazione. Una lex specialis intesa a semplificare la procedura di conclusione degli accordi non è tuttavia applicabile agli accordi ai quali la procedura di conclusione degli accordi dell’Unione non si applica comunque. Poiché la procedura di conclusione degli accordi vale per gli accordi dell’Unione, anche la procedura di cui all’articolo 218, paragrafo 9, TFUE può valere unicamente per gli accordi dell’Unione.

76.

A tale argomento il Consiglio e la Commissione replicano che anche l’articolo 218, paragrafo 11, TFUE si applica ad accordi conclusi dagli Stati membri senza partecipazione dell’Unione, ossia che non tutte le disposizioni dell’articolo 218 TFUE si applicano unicamente agli accordi dell’Unione.

77.

Effettivamente, secondo costante giurisprudenza della Corte, la possibilità, prevista dall’articolo 218, paragrafo 11, TFUE, di domandare un parere circa la compatibilità di un accordo previsto con i Trattati sussiste, in determinati casi, anche nell’ipotesi di accordi che non devono essere conclusi dall’Unione stessa, bensì da Stati membri ( 66 ). Al riguardo, la questione affrontata dalla Corte verteva tuttavia sulla determinazione, in base al diritto dell’Unione, delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri ( 67 ), e non su un controllo generale degli accordi degli Stati membri. A mio avviso, tale giurisprudenza è riferita in maniera estremamente specifica al procedimento del parere, e ad essa non si può ricorrere quale argomento a sostegno dell’interpretazione delle altre disposizioni dell’articolo 218 TFUE e, in particolare, del paragrafo oggetto di interpretazione nella specie.

78.

Di conseguenza, l’interpretazione logico‑sistematica depone a favore della posizione della ricorrente ( 68 ).

iii) Finalità

79.

Nell’ambito dell’interpretazione teleologica, occorre anzitutto determinare la ratio della norma. Essa può essere individuata, da un lato, interpretando il contesto in cui la norma si inserisce; dall’altro, tramite lo scopo perseguito dal legislatore con la norma medesima; infine, può farsi riferimento alla finalità del Trattato nel suo complesso ( 69 ).

80.

Nella specie, è la genesi della norma ad evidenziarne anzitutto la ratio: il ricorso alla procedura di conclusione degli accordi per stabilire le posizioni da adottare nelle organizzazioni internazionali con riferimento alle decisioni che vincolano l’Unione a livello internazionale, imposto dal Trattato di Maastricht, è risultato pressoché insufficiente per rispondere alla realtà. Il Trattato di Amsterdam ha introdotto una procedura semplificata che in un primo momento è stata applicata unicamente ai consigli di associazione, ma il cui ambito di applicazione è stato tuttavia successivamente esteso. L’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, doveva pertanto introdurre una lex specialis rispetto alla procedura generale di conclusione degli accordi per la formazione della volontà all’interno dell’Unione in occasione dell’adozione, negli organi internazionali, di decisioni aventi effetti giuridici. La norma è dunque volta a consentire – per usare le parole impiegate dalla Commissione nella sua memoria di intervento – «che, nell’ambito degli accordi internazionali, possano essere adottati atti che, a livello dell’Unione, possono essere assoggettati ad una procedura semplificata e quindi rapida, senza tuttavia compromettere l’equilibrio istituzionale».

81.

Dal contesto in cui la norma si inserisce risulta che essa, nonostante l’estensione del suo ambito di applicazione nel Trattato di Nizza, la quale, anche già sulla scorta delle minime modifiche testuali, non doveva comportare un’estensione agli accordi anche degli Stati membri, e nonostante le modifiche apportate dal Trattato di Lisbona, deve continuare a perseguire il suo obiettivo originario. Infatti, essa è fino ad oggi parte dell’articolo che disciplina la negoziazione e la conclusione degli accordi dell’Unione, e deve pertanto continuare a costituire una lex specialis nell’ambito della procedura di conclusione degli accordi.

82.

Tuttavia, la procedura di conclusione degli accordi è una procedura prevista per la conclusione di accordi fra l’Unione e i paesi terzi o le organizzazioni internazionali (articolo 218, paragrafo 1, TFUE). Se la procedura di cui all’articolo 218, paragrafo 9, TFUE costituisce una lex specialis a tal fine, anche l’ambito di applicazione di tale norma deve essere limitato gli accordi dei quali l’Unione è parte contraente.

iv) Conclusione interlocutoria

83.

Da quanto sin qui esposto emerge che l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE si fonda sull’assunto che l’Unione debba essere parte contraente dell’accordo istitutivo dell’organo menzionato dalla norma.

b) Atti aventi effetti giuridici

84.

La questione dell’importanza del criterio dell’«efficacia giuridica», seconda questione di diritto sollevata nella causa in esame, si inserisce in un contesto caratterizzato da due circostanze particolari. Da un lato, le risoluzioni OIV interessate dalla decisione controversa contengono, segnatamente, raccomandazioni, le quali – ciò è pacifico – non sono vincolanti perlomeno nel senso del diritto internazionale classico ( 70 ), a prescindere dalla questione se le risoluzioni dell’OIV possano, anzitutto, vincolare l’Unione in quanto soggetto non aderente ( 71 ).

85.

Dall’altro, e altrettanto pacificamente, nel diritto derivato dell’Unione si riscontrano, dal 2008 in poi, rinvii dinamici appunto a tali risoluzioni OIV. Così, la Commissione, nell’autorizzare le pratiche enologiche, si fonda sulle procedure raccomandate dall’OIV (articolo 120 septies del regolamento comune OCM). Inoltre, i metodi di analisi per determinare la composizione dei prodotti del settore vitivinicolo e le regole per stabilire se tali prodotti siano stati sottoposti a trattamenti in violazione delle pratiche enologiche autorizzate sono quelli raccomandati e pubblicati dall’OIV (articolo 120 octies del regolamento comune OCM), i quali, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento 606/2009, vengono pubblicati anche dalla Commissione. Infine, le pratiche enologiche raccomandate dall’OIV rilevano anche direttamente per l’importazione di vino (articolo 158 bis, paragrafo 2, del regolamento OCM). Perlomeno negli ultimi due casi, le risoluzioni dell’OIV sono state recepite nel diritto derivato tramite il rinvio dinamico contenuto nel diritto dell’Unione. Anche ad avviso della ricorrente, le risoluzioni controverse riguardavano metodi ai sensi degli articoli 120 septies, 120 octies e 158 bis, paragrafo 2, del regolamento comune OCM.

86.

La Repubblica federale tedesca e le parti intervenute a suo sostegno affermano che solo le decisioni di un’organizzazione internazionale vincolanti in base al diritto internazionale possono essere considerate atti che «hanno effetti giuridici».

87.

Per contro, il Consiglio e la Commissione ritengono che anche le decisioni di un’organizzazione internazionale integrate nel diritto dell’Unione tramite un rinvio dinamico abbiano effetti giuridici ai sensi della norma. Essi sostengono, inoltre, che anche i deboli effetti giuridici sul diritto internazionale di una decisione non vincolante sono sufficienti per affermare l’efficacia giuridica della decisione.

88.

Analizzerò, nel prosieguo, il testo, la struttura logico‑sistematica e la finalità della norma, al fine di stabilire cosa si intenda con la nozione di efficacia giuridica.

i) Testo

89.

Da un primo sguardo al testo della disposizione emerge che la nozione di «efficacia giuridica» [«Rechtswirksamkeit» in tedesco, lingua processuale delle presenti conclusioni; N.d.T.] da essa impiegata, come esposto dalla Commissione, diverge dall’efficacia vincolante del diritto internazionale. Ciò vale anche per le altre versioni linguistiche ( 72 ), nelle quali le nozioni impiegate sembrano piuttosto fare riferimento agli effetti giuridici dell’atto e nulla stabiliscono quanto al tipo di effetti di cui deve trattarsi.

90.

Un’analisi più approfondita mostra che il testo della disposizione depone, tuttavia, in senso contrario alla tesi del Consiglio, fondata sui rinvii dinamici contenuti nel diritto dell’Unione: la disposizione parla di atti aventi effetti giuridici che un organo istituito da un accordo «deve adottare» ( 73 ). Tale formulazione della disposizione evidenzia lo stretto rapporto fra l’attività dell’organo e il suo risultato. L’organo sarebbe pertanto tenuto ad adottare atti che «hanno effetti giuridici»ab origine. Tale disposizione non riguarda dunque i casi in cui atti sprovvisti di effetti giuridici vengono muniti di efficacia giuridica per così dire solo a posteriori, tramite il diritto interno di una parte contraente (nella specie l’Unione), anche qualora ciò avvenga automaticamente, mediante un rinvio dinamico, quanto piuttosto i casi in cui gli atti presentano originariamente (e quindi in forza del diritto dell’organo stesso, ossia ai sensi del diritto internazionale) tale caratteristica. Proprio in tale caratteristica dell’efficacia giuridica diretta è ravvisabile il motivo sotteso alla necessità di adottare una posizione comune. La disposizione mira, in tal modo, a creare un vincolo giuridico per l’Unione basato sulla posizione dell’organo.

ii) Struttura logico‑sistematica

91.

Un’interpretazione logico‑sistematica fornisce pochi lumi al riguardo. Da un lato, l’articolo 216, paragrafo 2, TFUE impiega la nozione «vincolano» in relazione agli accordi internazionali ( 74 ), il che potrebbe deporre nel senso che al termine «efficacia giuridica» debba essere attribuito un significato diverso. Dall’altro, nella disposizione concernente il ricorso di annullamento (articolo 263 TFUE), siamo in presenza, con il termine «Rechtswirkung» [efficacia giuridica], di una nozione simile a quella di «Rechtswirksamkeit», come emerge in particolare nelle altre versione linguistiche ( 75 ), e che si ricollega alla costante giurisprudenza della Corte, secondo la quale un ricorso di annullamento è ricevibile solo se proposto avverso provvedimenti destinati a produrre «effetti giuridici» vincolanti ( 76 ), il che potrebbe deporre per un’interpretazione – ispirata a tale giurisprudenza – della nozione di efficacia giuridica nel senso di efficacia vincolante (nella specie, sotto il profilo del diritto internazionale). Infine, la circostanza che la Corte, in altri contesti, abbia attribuito rilevanza ad atti non vincolanti sotto il profilo del diritto internazionale ( 77 ) non consente di trarre conseguenze con riferimento alla questione interpretativa che deve essere risolta nella specie.

iii) Finalità

92.

Come già illustrato in precedenza, l’obiettivo della norma consiste nel creare una lex specialis rispetto alla procedura generale di conclusione degli accordi per la formazione della volontà all’interno dell’Unione in sede di adozione di decisioni munite di effetti giuridici in organi internazionali. A mio avviso, tale obiettivo depone a favore dell’interpretazione dell’«efficacia giuridica» nel senso di efficacia vincolante sotto il profilo del diritto internazionale per un duplice ordine di ragioni.

93.

In primo luogo, la distinzione è manifestamente intesa a separare, a seconda degli effetti dell’atto, gli atti rilevanti dagli atti non rilevanti. Gli effetti giuridici di un atto giustificano, nel caso di atti muniti di tali effetti, un modus procedendi diverso al fine di stabilire una posizione comune rispetto al caso di atti sprovvisti di effetti giuridici. La distinzione fa pertanto riferimento ad una natura propria immanente negli atti stessi ab initio, segnatamente la circostanza che essi vincolano l’Unione in base al diritto internazionale. È pur vero che gli atti non vincolanti in base al diritto internazionale possono esplicare, in forza di un rinvio dinamico nel diritto dell’Unione, effetti giuridici nel diritto dell’Unione con la loro adozione; tuttavia, essi si fondano su un atto volontario dell’Unione. Nel caso di tali effetti giuridici, non siamo in presenza di una proprietà dell’atto stesso.

94.

In secondo luogo, la genesi della norma mostra che, nella vigenza del Trattato di Maastricht, occorreva ricorrere, per le decisioni vincolanti sotto il profilo del diritto internazionale, alla procedura di conclusione degli accordi. La nozione di accordo internazionale è stata al riguardo definita in maniera ampia, segnatamente, come illustrato in precedenza, quale «impegno di carattere vincolante assunto da soggetti di diritto internazionale» ( 78 ). Sembra pertanto logico che la lex specialis rispetto a tale procedura creata dal Trattato di Amsterdam abbia anch’essa come obiettivo decisioni vincolanti sotto il profilo del diritto internazionale.

95.

Tale interpretazione offre anche il necessario livello di certezza del diritto laddove si tratti di decidere in ordine all’applicabilità dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE nell’interesse delle istituzioni coinvolte nella procedura. Lo stesso non si può dire per i criteri suggeriti dal convenuto.

96.

Il Consiglio, laddove afferma la sufficienza, ai fini dell’applicazione dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, della certezza del diritto ottenuta mediante un rinvio dinamico nel diritto dell’Unione, ripone l’applicazione della procedura alla discrezionalità del legislatore. L’introduzione di un rinvio dinamico renderebbe applicabile la disposizione, mentre la sua sostituzione con un semplice recepimento del corrispondente atto internazionale nella legislazione dell’Unione ne escluderebbe a sua volta l’applicazione. Un criterio del genere mi pare eccessivamente arbitrario per decidere sull’applicazione di una norma talmente importante quale un possibile fondamento normativo procedurale ( 79 ).

97.

Ancora meno idonea a fungere da criterio di applicazione di un fondamento normativo procedurale è la debolezza sotto il profilo del diritto internazionale, richiamata dal Consiglio e dalla Commissione, degli effetti di una decisione non vincolante. Si potrebbe essere tentati dal rilevare che, negli ultimi anni, la dottrina delle fonti del diritto cerca in maniera crescente di comprendere alla voce «soft law» anche atti che, pur non essendo giuridicamente vincolanti, presentano tuttavia, per effetto di rinvii, del ricorso ai medesimi al fine di interpretare norme imperative di diritto o della loro efficacia pratica, una certa rilevanza ( 80 ).

98.

Al fine di illustrare questa certa rilevanza nella specie, ossia in relazione alle risoluzioni OIV controverse, il Consiglio ha giustamente rilevato, nella specie, che tali risoluzioni, in quanto norme tecniche internazionali, ricadono nell’ambito di applicazione degli articoli 2.4 e 2.5 dell’accordo OTS dell’Organizzazione mondiale del commercio ( 81 ). Uno Stato che adotta disposizioni tecniche conformi a tali norme risulta avvantaggiato nel caso in cui le stesse disposizioni tecniche vengano attaccate in seno all’Organizzazione mondiale del commercio in quanto ostacolo al commercio: qualora disposizioni tecniche interne siano conformi a pertinenti norme internazionali, si ritiene, fino a prova contraria, che esse non pongano in essere indebiti ostacoli agli scambi internazionali ( 82 ). A mio avviso, la categoria del «soft law» non costituisce peraltro né una categoria di atti giuridicamente rilevante, né una categoria chiaramente delimitabile. Essa non è pertanto idonea a fungere da criterio per l’applicazione di un fondamento normativo procedurale.

iv) Conclusione interlocutoria

99.

La nozione di efficacia giuridica di cui all’articolo 218, paragrafo 9, TFUE mira agli effetti vincolanti dell’atto sotto il profilo del diritto internazionale.

c) Risultato dell’interpretazione dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE

100.

In linea di principio, risulta, pertanto, che l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, alla luce del suo tenore letterale, della sua struttura logico‑sistematica nonché della sua ratio e del suo scopo, non è inteso ad essere applicato a casi come quello in oggetto. L’esame della presente controversia non può tuttavia concludersi con tale risultato.

2. Applicazione analogica

101.

Il Consiglio e la Commissione, infatti, hanno dedotto argomenti che potrebbero eventualmente giustificare l’applicazione analogica della norma, per quanto non risultino soddisfatti entrambi i requisiti di applicazione della medesima esaminati in questa sede. A loro avviso, l’applicazione dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE si impone non appena l’attività di un organo istituito da un accordo internazionale rientri nell’ambito di competenza dell’Unione, in particolare qualora si tratti di una competenza esclusiva dell’Unione ( 83 ). Solo in tal modo potrebbe essere garantita la capacità di azione dell’Unione e dei suoi Stati membri nel suo ambito di competenza.

102.

La necessità dell’interpretazione analogica della norma potrebbe pertanto risultare, nella specie, dal fatto che, per il caso dell’attività (priva di effetti giuridici) di un’organizzazione internazionale senza partecipazione dell’Unione nel settore di competenza dell’Unione, i Trattati, operando in senso contrario al sistema, non mettono a disposizione una procedura interna all’Unione che quest’ultima possa applicare al fine di garantire un efficace esercizio della propria competenza esterna da parte degli Stati membri, e dal fatto che gli interessi in gioco risultano posizionati in termini analoghi a quelli di un caso ordinario di applicazione dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE.

103.

L’analogia fa parte dello strumentario del diritto dell’Unione ( 84 ). Essa presuppone, accanto ad una lacuna normativa contraria al sistema ( 85 ), anche la comparabilità degli interessi in gioco fra il caso esaminato e quello disciplinato. La rigorosità della verifica di tali requisiti dipende, al riguardo, dalla materia all’interno della quale viene presa in considerazione un’applicazione analogica. In tal senso, nel diritto penale un’analogia è semplicemente esclusa ( 86 ). Nel settore delle competenze sostanziali dell’Unione, un’analogia, alla luce del principio di attribuzione delle competenze, risulta, a sua volta, estremamente problematica ( 87 ). Per contro, in altri settori, come ad esempio quello del diritto derivato in materia di circolazione e di soggiorno, un’interpretazione analogica può risultare opportuna ( 88 ).

104.

Per quanto riguarda la causa in esame, occorre anzitutto osservare che, nell’ambito dei fondamenti normativi procedurali nel quale deve essere collocata tale causa, se è vero che un’analogia non è esclusa, tuttavia, alla luce della necessità di salvaguardare le competenze delle istituzioni dell’Unione, i relativi requisiti necessitano di accurata verifica. Inoltre, in senso contrario al ricorso all’analogia depone il fatto che una norma sia stata creata quale lex specialis per un caso specifico ( 89 ). In linea di principio, il ricorso all’analogia esige, dunque, una ponderazione approfondita dei motivi che possano giustificarne l’applicazione.

a) Distinzione di due fattispecie

105.

I Trattati muovono dalla premessa che le competenze dell’Unione vengano esercitate dalle istituzioni dell’Unione ( 90 ). Qualora un’organizzazione internazionale operi nell’ambito di competenza dell’Unione, la logica del sistema sembra in un primo momento esigere che l’Unione stessa operi quale membro dell’organizzazione. In molti casi, tuttavia, l’Unione non è membro dell’organizzazione.

106.

A mio avviso, nella specie occorre distinguere, ai fini della soluzione della causa in esame, due fattispecie. In tal senso, in primo luogo, sussiste una serie di casi in cui l’Unione, per motivi di diritto internazionale, non può divenire membro di un’organizzazione internazionale. Un caso del genere ricorre quando l’organizzazione internazionale non consente l’adesione di un’organizzazione sovranazionale o, invece, quando la domanda di adesione all’organizzazione presentata dall’Unione sia stata – a prescindere dai motivi – respinta. In un siffatto caso, secondo la giurisprudenza della Corte, la competenza esterna dell’Unione viene esercitata tramite gli Stati membri, che agiscono congiuntamente nell’interesse dell’Unione ( 91 ).

107.

La situazione è diversa qualora all’Unione venga consentita l’adesione all’organizzazione internazionale di cui trattasi e una domanda di adesione non sia stata finora respinta dall’organizzazione. In un caso del genere, l’adesione dell’Unione rappresenta la via più naturale per l’esercizio effettivo delle competenze dell’Unione.

108.

La causa in esame deve essere ricondotta in questa seconda fattispecie. Nell’accordo del 3 aprile 2001, 1’OIV, ai sensi dell’articolo 8, consente espressamente ad un’«organizzazione internazionale intergovernativa», e dunque anche all’Unione, di divenire membro. Di conseguenza, nel 2008, la Commissione, richiamando i rinvii dinamici alle risoluzioni OIV nel diritto dell’Unione introdotti poco prima ( 92 ), ha formulato una raccomandazione per essere autorizzata a negoziare l’adesione; tuttavia, per motivi interni all’Unione – segnatamente, il mancato raggiungimento della necessaria maggioranza in seno al Consiglio – tale autorizzazione non è stata rilasciata.

109.

Ciò premesso, limiterò le considerazioni che seguono, relative alla questione dell’applicazione analogica dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE alla seconda fattispecie. Tralascerò, pertanto, la questione dei limiti in cui un’analogia in relazione a tale disposizione sia giustificabile nel caso di accordi concernenti una materia ricompresa nell’ambito di competenza della Comunità, ma dei quali quest’ultima «non [possa] essere ancora» membro a causa della configurazione dell’accordo internazionale ( 93 ).

b) Applicazione analogica nell’ambito della fattispecie pertinente

110.

A mio avviso, l’applicazione analogica della disposizione deve essere quindi respinta.

111.

In primo luogo, l’interpretazione dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE proposta dal convenuto significherebbe piuttosto, in pratica, un ritorno all’articolo 116 CEE. Tale disposizione è stata tuttavia consapevolmente eliminata e non è stata nuovamente introdotta; essa si riferiva, inoltre, ad un contesto completamente diverso. La manifesta volontà del legislatore dei Trattati risulterebbe così ignorata.

112.

In secondo luogo, tale interpretazione analogica ignorerebbe due sviluppi essenziali del diritto: anzitutto, il fatto che nella sfera di competenza dell’Unione ricada l’attività di un numero sempre maggiore di organizzazioni internazionali; inoltre, e soprattutto, gli ostacoli di diritto internazionale ad uno status di membro dell’Unione nelle organizzazioni internazionali sono stati e vengono progressivamente aboliti. La regola nel settore dell’esercizio delle competenze esclusive dell’Unione deve essere l’adesione dell’Unione all’organizzazione internazionale. Secondo la giurisprudenza della Corte, nell’ambito di competenza esclusiva dell’Unione sussiste un obbligo delle istituzioni dell’Unione e degli Stati membri di utilizzare tutti i mezzi giuridici e politici per rendere possibile l’adesione dell’Unione alle convenzioni ( 94 ). Peraltro, accogliendo la tesi del Consiglio, l’Unione sarebbe libera di decidere, in futuro, di aderire ad un’organizzazione internazionale oppure, senza aderire, di stabilire posizioni in maniera analoga come a seguito di un’adesione. Infatti, seguendo il modello del Consiglio basato sugli effetti dei rinvii dinamici, l’Unione stessa potrebbe, mediante l’introduzione di un siffatto rinvio, provocare l’applicazione dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, rendendo così superflua un’adesione all’organizzazione internazionale.

113.

Infine, l’applicazione analogica dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE eluderebbe, nella specie, le competenze del Parlamento europeo. L’articolo 218 TFUE prevede, in linea di principio, una partecipazione del Parlamento nell’ambito della conclusione di un accordo. Essa ha luogo nel caso dell’adesione dell’Unione ad un’organizzazione internazionale del pari che, come affermato in precedenza, nel caso dell’adozione di una decisione munita di effetti giuridici nelle organizzazioni internazionali. Nell’ambito dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, il ruolo del Parlamento è tuttavia ridotto alla necessità che esso sia immediatamente e pienamente informato. L’estensione dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE anche agli accordi conclusi dagli Stati membri limita in maniera considerevole i diritti di partecipazione del Parlamento. La scelta del fondamento normativo corretto deve essere tuttavia intesa appunto anche a garantire le prerogative delle istituzioni comunitarie interessate ( 95 ).

114.

L’applicazione analogica dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, alla luce di un’accurata ponderazione dei motivi in senso favorevole e contrario, deve essere pertanto esclusa.

C – Conclusione

115.

Di conseguenza, l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE non offre un fondamento normativo idoneo per la decisione in oggetto. Sulla scorta dei miei suesposti rilievi, non siamo neanche in presenza, al riguardo, di un errore meramente formale ( 96 ). La decisione impugnata deve essere pertanto annullata.

D – Ulteriori censure

116.

Alla luce della posizione qui accolta, non mi esprimo – neanche con riferimento alla loro ricevibilità – sulle ulteriori censure sollevate dalle parti intervenienti, segnatamente sull’insufficienza di motivazione della decisione impugnata, censurata dai Paesi Bassi, e sulla mancata partecipazione del Parlamento, dedotta dall’Ungheria.

E – Delimitazione degli effetti dell’annullamento

117.

Il Consiglio ha chiesto, nell’ipotesi di annullamento della decisione, il mantenimento dei suoi effetti. La ricorrente si è opposta a tale richiesta.

118.

Ai sensi dell’articolo 264 TFUE, la Corte, ove lo reputi necessario, può precisare gli effetti di un atto annullato che devono essere considerati definitivi.

119.

Con la decisione impugnata è stata stabilita una posizione dell’Unione che doveva essere ed è stata adottata dagli Stati membri dell’Unione che sono parti contraenti dell’OIV. La situazione mi sembra pertanto analoga a quella in cui la Corte, nella causa CITES, ha mantenuto in vigore gli effetti della decisione impugnata ( 97 ).

120.

Peraltro, la causa in oggetto si distingue dalla causa CITES già per il fatto che, in quella causa, la ricorrente non si era opposta alla domanda di mantenimento degli effetti. Nella specie, la ricorrente si è opposta adducendo possibili conseguenze nell’ambito del procedimento per inadempimento.

121.

Come giustamente affermato dal governo slovacco, nella causa in esame non è dato vedere a chi nuocerebbe, sotto il profilo della certezza del diritto, l’annullamento. Le risoluzioni OIV controverse sono state adottate e non vengono compromesse nella loro efficacia giuridica per il venir meno della decisione. Pertanto, a mio avviso, la domanda presentata in subordine non deve essere accolta.

F – Sulle spese

122.

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. In forza della soluzione da me suggerita, la ricorrente, che ne ha fatto domanda, è vittoriosa. Il Consiglio deve pertanto essere condannato alle spese. Ai sensi dell’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, le parti intervenienti sopporteranno le proprie spese.

V – Conclusione

123.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di statuire nei seguenti termini:

1)

La decisione del Consiglio del 18 giugno 2012, che stabilisce la posizione da adottare a nome dell’Unione in merito ad alcune risoluzioni da votare in sede di OIV, è annullata.

2)

Il Consiglio dell’Unione europea è condannato alle spese.

3)

La Repubblica ceca, il Granducato di Lussemburgo, l’Ungheria, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica austriaca, la Repubblica slovacca, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord nonché la Commissione sopporteranno le proprie spese.


( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

( 2 ) Hoffmeister, F., Outsider or Frontrunner? Recent Developments under International and European Law on the Status of the European Union in International Organizations and Treaty Bodies, CMLR 44 (2007), 41 e 68.

( 3 ) BGBl. II 2002, 2733. Ai sensi del suo articolo 19, le versioni in lingua francese, spagnola e inglese fanno ugualmente fede.

( 4 ) Accordo del 29 novembre 1924 che istituisce un Ufficio internazionale del vino a Parigi. Una traduzione in tedesco si trova, ad esempio, in BGBl. della Repubblica austriaca 1930, 241. L’Organizzazione ha portato il nome «Ufficio internazionale della vigna e del vino» dal 4 settembre 1958.

( 5 ) L’organizzazione precedente contemplava evidentemente solo gli Stati quali membri, in quanto l’articolo 6 dell’accordo che istituisce un Ufficio internazionale del vino a Parigi stabiliva: «Tutti i paesi che non hanno sottoscritto il presente accordo potranno aderire allo stesso (…)».

( 6 ) Regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio, del 29 aprile 2008, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo, che modifica i regolamenti (CE) n. 1493/1999, (CE) n. 1782/2003, (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 3/2008 e abroga i regolamenti (CEE) n. 2392/86 e (CE) n. 1493/1999 (GU L 148, pag. 1).

( 7 ) Secondo quanto esposto dalla Germania all’udienza, le risoluzioni dell’OIV e dell’organizzazione che l’aveva preceduta servivano dal 1971 alla Comunità quali punti di riferimento. L’OIV è stata menzionata anche prima del 2008 in corrispondenti atti giuridici, come nel quarto considerando del regolamento (CE) n. 2165/2005 del Consiglio, del 20 dicembre 2005 (GU L 345, pag. 1), e nel considerando 1 del regolamento (CE) n. 1507/2006 della Commissione, dell’11 ottobre 2006 (GU L. 280, pag. 9). V. anche il secondo considerando del regolamento (CE) n. 519/2007 del Consiglio, del 7 maggio 2007 (GU L 123, pag. 1).

( 8 ) Regolamento (CE) n. 491/2009 del Consiglio del 25 maggio 2009, che modifica il regolamento (CE) n. 1234/2007 recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) (GU L 154, pag. 1).

( 9 ) Regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) (GU L 299, pag. 1), più volte modificato. V. considerando 3 del regolamento n. 491/2009.

( 10 ) Regolamento (CE) n. 606/2009 della Commissione, del 10 luglio 2009, recante alcune modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio per quanto riguarda le categorie di prodotti vitivinicoli, le pratiche enologiche e le relative restrizioni (GU 193, pag. 1).

( 11 ) In questa sede senza le note a piè di pagina contenute nel testo citato.

( 12 ) Corsivo nell’originale.

( 13 ) Documento del Consiglio 11436/12.

( 14 ) All’udienza, la Germania ha distinto al riguardo due questioni: se l’Unione debba essere membro dell’OIV per applicare la disposizione, e se nell’OIV possano essere adottate risoluzioni «a nome dell’Unione». A mio avviso, la seconda questione costituisce unicamente un aspetto della prima.

( 15 ) La ricorrente aderisce espressamente a tale censura.

( 16 ) Il Consiglio ha aderito a tale argomento.

( 17 ) Le parti intervenute a sostegno della Germania hanno sollevato censure supplementari, alle quali la Germania ha in parte aderito.

( 18 ) Sentenza Commissione/Consiglio («CITES», C‑370/07, EU:C:2009:590). La CITES è la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973, UNTS 993, pag. 243.

( 19 ) Obiettivi e attribuzioni dell’OIV sono menzionati dagli articoli 1 e 2 dell’accordo OIV.

( 20 ) V. articolo 5, paragrafi 1 e 3, dell’accordo OIV. Eccezioni all’adozione per consenso sono possibili; esse possono essere tuttavia impedite adducendo il rischio di un pregiudizio di interessi nazionali fondamentali. Il procedimento inteso all’elaborazione delle risoluzioni è descritto al capo 5 del regolamento interno dell’OIV.

( 21 ) Attualmente, 21 su 45 Stati membri dell’OIV sono Stati membri dell’Unione europea: Belgio, Bulgaria, Germania, Finlandia, Francia, Grecia, Italia, Croazia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Austria, Portogallo, Romania, Svezia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Repubblica ceca, Ungheria, Cipro.

( 22 ) Articoli 3 e 4 del regolamento interno dell’OIV.

( 23 ) Ai sensi dell’articolo 5, paragrafi 2 e 3, del regolamento interno dell’OIV, con il previo accordo del comitato esecutivo. Definizioni di entrambe queste nozioni si trovano all’allegato 2 del regolamento interno dell’OIV.

( 24 ) Articoli 30, lettera a), 31 e 82, paragrafo 2, del regolamento, oggi articoli 120 septies, lettera a), 120 octies e 158 bis, paragrafo 2, del regolamento unico OCM. Richiami dell’OIV sono ravvisabili già in atti giuridici risalenti (v. nota 7).

( 25 ) COM(2008) 577 definitivo.

( 26 ) All’udienza, la Commissione ha indicato al riguardo due motivi: da un lato, l’adesione dell’Unione, alla luce del peso del voto ad essa connesso, potrebbe disturbare l’equilibrio all’interno dell’OIV; dall’altro, gli Stati membri intendevano conservare una posizione autonoma.

( 27 ) Procedimento 2011/2121. Secondo quanto affermato dalla Commissione all’udienza, il procedimento è stato sospeso in attesa della decisione nella presente causa.

( 28 ) COM(2012) 192 final. Fra la nona e la decima Assemblea generale dell’OIV, l’Organizzazione aveva tenuto due assemblee generali straordinarie. Per la prima di tali assemblee era stata presentata una proposta di decisione sul fondamento dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, che non era tuttavia stata adottata. Le risoluzioni adottate dall’OIV sono tuttavia state considerate non rilevanti per l’acquis dell’Unione. Alla seconda Assemblea, per mancanza di tempo, non ha potuto essere presentata alcuna proposta di decisione né ha potuto essere attuato un coordinamento nell’ambito dell’Unione.

( 29 ) La Germania e la Repubblica ceca sostengono che la Commissione avrebbe prospettato la possibilità, nel caso di voto favorevole degli Stati membri in relazione alla decisione, di non insistere nel procedimento di inadempimento. La Commissione ha ammesso, all’udienza, che la maggioranza era stata raggiunta sotto la pressione del procedimento di inadempimento.

( 30 ) Documento 11436/12 del Consiglio.

( 31 ) La dichiarazione della Romania non menziona la disposizione, ma chiarisce che il voto della Romania non può essere interpretato come precedente per casi analoghi e che la Commissione e gli Stati membri devono chiarire la ripartizione delle competenze.

( 32 ) Per contro, altri progetti di risoluzione erano oggetto di un coordinamento informale negli organi preparatori del Consiglio, in virtù dell’obbligo di leale cooperazione (articolo 4, paragrafo 3, TFUE).

( 33 ) Stando a quanto esposto dal Consiglio, la risoluzione OENO‑SPECIF 10‑452 non è stata sottoposta per la votazione all’Assemblea generale dopo la decisione del comitato tecnico competente.

( 34 ) Parere 1/78 (EU:C:1979:224, punto 50). Il corsivo è mio.

( 35 ) V., nella prospettiva del diritto internazionale, Kuijper, P., e a. (a cura di), The Law of EU External Relations, Oxford, OUP, 2013, pag. 201. Sulla tematica in generale: Eeckhout, P., EU External Relations Law, Oxford, OUP, 2a ed. 2012, pagg. da 222 a 231.

( 36 ) Sentenza Commissione/Consiglio («AETS», 22/70, EU:C:1971:32, punti 76 e 77).

( 37 ) Sentenza Kramer e a. (3/76, 4/76 e 6/76, EU:C:1976:114, punti 42 e 43); v., al riguardo, Constantinesco, V., e a. (a cura di), Traité instituant la CEE, Paris, Economica, 1992, art. 116, punti 6 e 16.

( 38 ) In tal senso, è stato criticato il fatto che, ai sensi di tale disposizione, la Comunità poteva adottare a maggioranza decisioni che il Consiglio avrebbe potuto prendere internamente solo all’unanimità, nonché il fatto che potevano essere adottate decisioni nella sfera di competenza esclusiva degli Stati membri (CONF/3870/96).

( 39 ) Articolo J.2, paragrafo 3, TUE, ora articolo 34, paragrafo 1, TFUE, con un obbligo di difesa delle posizioni dell’Unione; la nozione di «posizione» non deve peraltro essere intesa in senso stretto. Al riguardo, Geiger, R., in: Geiger, R., e a. (a cura di), EUV/AEUV, Monaco di Baviera, C.H. Beck, 5a ed. 2010, art. 34 TUE, punto 1.

( 40 ) Sack, J., «Les relations extérieures de l’Union européenne sous l’angle institutionnel», Revue des affaires européennes 2001‑2002, 29, 33.

( 41 ) Parere 1/78 (EU:C:1979:224, punto 51); v. anche parere 1/75 (EU:C:1975:145).

( 42 ) La decisione consentiva espressamente l’adesione della Comunità (articolo 7 della terza decisione modificata del Consiglio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico relativa al trattamento nazionale).

( 43 ) Parere 2/92 (EU:C:1995:83, punto 8).

( 44 ) V. anche Vedder, C., Die auswärtige Gewalt des Europa der Neun, Göttingen, Otto Schwartz & Co., 1980, pagg. da 155 a 157.

( 45 ) Sack, J., The European Community’s Membership of International Organizations, CMLR 32 (1995), 1227, 1252; Schmalenbach, K., in: Calliess, C., e Ruffert, M. (a cura di), Kommentar zu EU-Vertrag und EG-Vertrag, Neuwied, Luchterhand, 1999, art. 300, punto 49.

( 46 ) In relazioni ai medesimi e alla capacità della Comunità di divenire membro di un’organizzazione internazionale, parere 1/76 (EU:C:1977:63, punto 5); parere 1/94 (EU:C:1994:384); Hillion, C., e Koutrakos, P. (a cura di), Mixed Agreements Revisited, Oxford, Hart, 2010.

( 47 ) CONF/3870/96, in particolare pag. 5. Già in una fase precoce erano state raggiunte intese non pubblicate fra il Consiglio e la Commissione per il caso di accordi sulle materie prime e della FAO. Sack, J., Die Europäische Gemeinschaft als Mitglied Internationaler Organisationen, in: Randelzhofer, A., e a. (a cura di), Gedächtnisschrift für Eberhard Grabitz, Monaco di Baviera, C.H.Beck, 1995, pagg. da 655 a 659.

( 48 ) CONF/3822/96; CONF/3870/96.

( 49 ) Sentenze Sevince (C‑192/89, EU:C:1990:322, punto 9) nonché Grecia/Commissione (30/88, EU:C:1989:422, punto 13).

( 50 ) Schmalenbach, K., in: Calliess, C., e Ruffert, M. (a cura di), Kommentar zu EU-Vertrag und EG-Vertrag, Neuwied, Luchterhand, 1999‚ art. 300, punto 45.

( 51 ) Risultano ora parimenti compresi altri organi, istituiti, ad esempio, da accordi di cooperazione. Conference of the Representatives of the Governments of the Member States, The Legal Adviser, documento SN 2705/00 del 10 maggio 2000. V. Rehulka, in: Mayer, H., e Stöger, K., Kommentar zu EUV und AEUV, Vienna, Manzsche Verlags- und Universitätsbuchhandlung, 2011, art. 218 TFUE, punto 3; Terhechte in: Schwarze, J. (a cura di), EU-Kommentar, Baden‑Baden, 2a ed. 2009, art. 218 TFUE, punti da 11 a 14.

( 52 ) Sentenza «CITES» (EU:C:2009:590, punti 19, 58 e 59).

( 53 ) Sentenza «CITES» (EU:C:2009:590, punti 43, 45, 61 e 62).

( 54 ) Sentenza «CITES» (EU:C:2009:590, punto 51).

( 55 ) Sentenza «CITES» (EU:C:2009:590, punto 59).

( 56 ) Conclusioni presentate dall’avvocato generale Kokott nella causa «CITES» (C‑370/07, EU:C:2009:249, paragrafi da 75 a 77).

( 57 ) V. gli articoli 57 e 60 della Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati. Brandtner, B., e Rosas, A., «Human Rights and the External Relations of the European Community», EJIL 9 (1998), 468; Bartels, L., Human Rights Conditionality in the EU’s International Agreements, Oxford, OUP, 2005; v. COM(95) 216 def.

( 58 ) Concorde al riguardo: Zagel, G., in: Smit, H., e a. (a cura di), Smit & Herzog on the Law of the European Union, Danvers, LexisNexis, 2013, Art. 218.04[3][c]; Schmalenbach, K., in: Calliess, C., e Ruffert, M. (a cura di), EUV/AEUV, Monaco di Baviera, C.H. Beck, 4a ed. 2011, art. 218, punti 23 e 24.

( 59 ) In tedesco, la nozione di «Übereinkunft» ha sostituito quella di «Abkommen», che era stata impiegata nella disposizione dell’articolo 300, paragrafo 2, secondo comma, del Trattato CE. Non siamo tuttavia in presenza di una modifica sostanziale. La nozione continua a riferirsi a «ogni impegno a carattere vincolante assunto da soggetti di diritto internazionale, indipendentemente dalla sua forma». V. parere 1/75 (EU:C:1975:145); v. anche parere 2/92 («OCSE», EU:C:1995:83, punto 8); sentenza Francia/Commissione (C‑233/02, EU:C:2004:173, punto 45).

( 60 ) Ai sensi del brocardo Ubi lex non distinguit, nec nos distinguere debemus (glossa Pretium sub Dig. 6.2.8). Altrettanto erroneo ritengo l’argomento del Consiglio secondo il quale, nel caso di un’interpretazione letterale chiara e in assenza di divergenze in altre versioni linguistiche, non si dovrebbe più ricorrere ad altri metodi esegetici. La Corte ha dichiarato espressamente che, ai fini dell’interpretazione di una norma del diritto dell’Unione, «si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte». Sentenze Sturgeon e a. (C‑402/07 e C‑432/07, EU:C:2009:716, punto 41); SGAE (C‑306/05, EU:C:2006:764, punto 34), nonché Wendelboe e a. (19/83, EU:C:1985:54, punti da 13 a 15).

( 61 ) nello stesso senso, in definitiva, anche Lorenzmeier, S., in: Grabitz, E., e a. (a cura di), Das Recht der Europäischen Union, Monaco di Baviera, C.H. Beck, 51° supplemento 2013, art. 218, punto 8. Sull’impiego della nozione nell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE, rimando alle osservazioni da me svolte in relazione all’interpretazione sistematica della disposizione.

( 62 ) Il corsivo è mio.

( 63 ) La Germania ha affermato che l’espressione di una posizione «a nome» di un non membro di un’organizzazione internazionale è irricevibile e che gli Stati membri dell’OIV che non fanno parte dell’Unione respingono l’espressione di posizioni «a nome dell’Unione» ed essa non viene adottata dalla direzione della riunione.

( 64 ) L’articolo 218, paragrafo 7, TFUE impiega l’espressione «a nome dell’Unione» nel senso della rappresentanza organica: «(…) il Consiglio (…) può abilitare il negoziatore ad approvare a nome dell’Unione le modifiche dell’accordo (…)». Il corsivo è mio.

( 65 ) Parere 2/91 (EU:C:1993:106, punto 5); sentenza Commissione/Grecia (C‑45/07, EU:C:2009:81, punto 31). V. infra, nota 91.

( 66 ) Parere 2/91 (EU:C:1993:106, punto 5).

( 67 ) Parere 2/91 (EU:C:1993:106, punti 3 e 4).

( 68 ) V. conclusioni presentate dall’avvocato generale Kokott nella causa «CITES» (EU:C:2009:249, paragrafo 75).

( 69 ) Fondamentale: Simon, D., L’Interprétation judiciaire des traités d’organisations internationales, Parigi, Pedone, 1981, pagg. da 391 a 398. V. anche Lecourt, R., L’Europe des juges, Bruxelles, Bruylant, 1976, pagg. da 235 a 247.

( 70 ) È vero che l’OIV sorveglia l’applicazione delle raccomandazioni (articolo 2, paragrafo 2, lettera b), dell’accordo OIV); tale verifica non costituisce, tuttavia, un controllo di un’attuazione vincolante.

( 71 ) V., al riguardo, sentenza Intertanko e a. (C‑308/06, EU:C:2008:312, punti da 47 a 50); Air Transport Association of America e a. (C‑366/10, EU:C:2011:864, punti 52 e da 60 a 71).

( 72 ) «[W]hen that body is called upon to adopt acts having legal effects» in inglese; «lorsque cette instance est appelée à adopter des actes ayant des effets juridiques» in francese; «cuando dicho organismo deba adoptar actos que surtan efectos jurídicos» in spagnolo; [«sofern dieses Gremium rechtswirksame Akte (…) zu erlassen hat» in tedesco; la versione in tedesco, lingua processuale, delle presenti conclusioni riporta, invece, la versione italiana della frase in questione; N.d.T.].

( 73 ) Per quanto riguarda le altre versioni linguistiche, v. nota 72.

( 74 ) Nella versione inglese: «binding», nella versione francese: «lient»; in spagnolo: «vincularán», [«binden» in tedesco. La versione in tedesco, lingua processuale delle presenti conclusioni, riporta invece la versione italiana della frase in questione; N.d.T.].

( 75 ) In tedesco, il testo corrispondente così recita: «mit Rechtswirkung gegenüber Dritten»; nella versione inglese: «intended to produce legal effects vis-à-vis third parties» (il corsivo è nell’originale); in francese: «destinés à produire des effets juridiques à l’egard des tiers»; in spagnolo: «destinados a producir efectos jurídicos frente a terceros»; in italiano: «destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi».

( 76 ) Sentenze Eurocoton e a./Consiglio (C‑76/01 P, EU:C:2003:511, punto 54); Paesi Bassi/Commissione (C‑147/96, EU:C:2000:335, punto 25); Les Verts/Parlamento (294/83, EU:C:1986:166, punti da 24 a 27), IBM/Commissione (60/81, EU:C:1981:264, punto 9) e «AETS» (EU:C:1971:32, punti da 38 a 55). V. anche sentenza Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 56).

( 77 ) In tal senso nelle sentenze Deutsche Shell (C‑188/91, EU:C:1992:24, punti da 16 a 18) nonché Commissione/Grecia (EU:C:2008:642, punti da 19 a 23).

( 78 ) V. supra, nota 59.

( 79 ) Al pari del Consiglio, ritengo peraltro che non si sia in presenza della questione di un’estensione delle competenze sostanziali dell’Unione in contrapposizione al principio di attribuzione delle competenze.

( 80 ) V. Dupuy, P.‑M., Droit international public, Parigi, Dalloz, 10a ed. 2010, pag. 433; Malanczuk, P., Akehurst’s Modern Introduction to International Law, Londra, Routledge, 7a ed. 1997, pag. 54.

( 81 ) Accordo sugli ostacoli tecnici agli scambi («Accordo OTS»), allegato 1A dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (GU 1994, L 366, pag. 86), approvato dal Consiglio nella decisione del Consiglio 94/800/CE, del 22 dicembre 1994 (GU L 336, pag. 1).

( 82 ) Cfr. al riguardo Tamiotti, L., «Art. 2 TBT Agreement», in: Wolfrum, R. e a. (a cura di), Max Planck Commentaries on World Trade Law: Technical Barriers and SPS Measures, Leiden, Brill, 2007, pag. 226.

( 83 ) Posso lasciare irrisolta, in questa sede, la questione se nella specie sussista effettivamente una competenza esclusiva sostanziale dell’Unione.

( 84 ) V., recentemente, sentenza O (C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 50); v. anche sentenze Ziebell (già Örnek) (C‑371/08, EU:C:2011:809, punto 58), nonché Winner Wetten (C‑409/06, EU:C:2010:503, punto 64).

( 85 ) Conclusioni presentate dall’avvocato generale Trstenjak nella causa Sapir e a. (C‑645/11, EU:C:2012:757, paragrafo 118); conclusioni presentate dall’avvocato generale Alber nella causa Consiglio/Busacca e a. (C‑434/98 P, EU:C:2000:298, paragrafo 26).

( 86 ) Articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, articolo 7 CEDU, Corte eur. D.U., K.A. e A.D. c. Belgio, nn. 42758/98 e 45558/99, 17 febbraio 2005, n. 51.

( 87 ) V. Calliess, C., in: Calliess, C., e Ruffert, M. (a cura di), EUV/AEUV, Monaco di Baviera, C.H. Beck, 4a ed. 2011, art. 5 TUE, punto 9.

( 88 ) V. sentenze Eind (C‑291/05, EU:C:2007:771, punti 43 e 45), e O (C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 50).

( 89 ) Sentenza Haneberg (C‑28/91, EU:C:1992:285, punti da 21 a 25).

( 90 ) Schmalenbach, K., in: Calliess, C. e Ruffert, M., Kommentar zu EU-Vertrag und EG-Vertrag, Neuwied, Luchterhand, 2a ed. 2002‚ art. 300, punto 74.

( 91 ) Parere 2/91 (EU:C:1993:106, punto 5); sentenza Commissione/Grecia (EU:C:2009:81, punto 31); conclusioni presentate dall’avvocato generale Bot nella causa Commissione/Grecia (C‑45/07, EU:C:2008:642, paragrafo 47). Più estesamente: sentenza AETS (EU:C:1971:32, punti da 81 a 90) (in relazione a mutamenti di competenza nella Comunità); conclusioni presentate dall’avvocato generale Tizzano nella causa Commissione/Germania (C‑433/03, EU:C:2005/153, paragrafo 87). V., in generale, Cremona, M., Member States as Trustees of the Community Interest: Participating in International Agreements on Behalf of the European Community, EUI Working Papers 2009/17.

( 92 ) V. paragrafo 33 supra.

( 93 ) In relazione a tale questione nell’ambito di un’interpretazione teleologica, v. conclusioni presentate dall’avvocato generale Kokott nella causa «CITES» (EU:C:2009:249, paragrafo 76). A favore di un’interpretazione analogica della norma: Lorenzmeier, S. in Grabitz, E. e a. (a cura di), Das Recht der Europäischen Union, Monaco di Baviera, C.H. Beck, 51° supplemento 2013, art. 218, punti da 64 a 66.

( 94 ) Sentenza Kramer e a. (EU:C:1976:114, punti 44 e 45). Cfr. Hoffmeister (v. supra, nota 2), pag. 59.

( 95 ) Sentenza «CITES» (EU:C:2009:590, punto 48).

( 96 ) V. sentenza Commissione/Consiglio (165/87, EU:C:1988:458, punto 19).

( 97 ) Sentenza «CITES» (EU:C:2009:590, punti da 63 a 66).