CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 20 giugno 2013 ( 1 )

Causa C‑309/12

Maria Albertina Gomes Viana Novo,

Ezequiel Martins Dias,

Gabriel Inácio da Silva Fontes,

Marcelino Jorge dos Santos Simões,

Manuel Dourado Eusébio,

Alberto Martins Mineiro,

Armindo Gomes de Faria,

José Fontes Cambas,

Alberto Martins do Alto,

José Manuel Silva Correia,

Marilde Marisa Moreira Marques Moita,

José Rodrigues Salgado Almeida,

Carlos Manuel Sousa Oliveira,

Manuel da Costa Moreira,

Paulo da Costa Moreira,

José Manuel Serra da Fonseca,

Ademar Daniel Lourenço Dias,

Ana Mafalda Azevedo Martins Ferreira

contro

Fundo de Garantia Salarial IP

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Central Administrativo Norte (Portogallo)]

«Tutela dei lavoratori in caso d’insolvenza del datore di lavoro — Direttiva 80/987/CEE — Direttiva 2002/74/CE — Articoli 3 e 4 — Garanzia dei crediti salariali — Limitazione della garanzia nel tempo — Limitazione ai crediti scaduti nei sei mesi precedenti la domanda diretta a far accertare l’insolvenza del datore di lavoro — Previa proposta, da parte dei lavoratori dipendenti, di una domanda di pagamento e di riscossione coattiva dei loro crediti non pagati — Effetto»

1. 

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 4 e 10 della direttiva 80/987/CEE del Consiglio, del 20 ottobre 1980, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro ( 2 ), nella sua versione modificata dalla direttiva 2002/74/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002 ( 3 ).

2. 

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la sig.ra Gomes Viana Novo e altri 17 lavoratori subordinati di un datore di lavoro insolvente e il Fundo de Garantia Salarial IP (Fondo di garanzia salariale) ( 4 ), per crediti salariali di cui era stato chiesto il pagamento all’FGS in forza delle disposizioni del diritto portoghese che hanno trasposto la direttiva 80/987.

3. 

Tuttavia, la suddetta direttiva, che impone agli Stati membri la creazione di un organismo di garanzia del pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro ( 5 ), autorizza gli Stati membri a limitare l’obbligo di garanzia nel tempo o nello spazio alternativamente o cumulativamente.

4. 

Il procedimento principale verte sulla facoltà di limitare la garanzia nel tempo. Il legislatore portoghese si è avvalso di tale facoltà, fissando un periodo di riferimento di sei mesi precedenti la domanda di dichiarazione giudiziale di insolvenza del datore di lavoro ( 6 ) o il deposito di una domanda di procedura di conciliazione.

5. 

Il Tribunal Central Administrativo Norte (Portogallo), adito da alcuni lavoratori titolari di crediti scaduti prima del periodo di riferimento, chiede se, allorché tali lavoratori hanno presentato ricorso per far fissare l’importo dei rispettivi crediti salariali e ottenerne la riscossione coattiva, tale periodo debba essere determinato tenendo conto della data della suddetta azione.

6. 

Nelle presenti conclusioni proporrò alla Corte di dichiarare che gli articoli 3 e 4 della direttiva 80/987, letti in combinato disposto con il principio della parità di trattamento, devono essere interpretati nel senso che non ostano a che il diritto nazionale limiti la garanzia dei crediti salariali in caso di insolvenza del datore di lavoro ai crediti scaduti nel corso del periodo di sei mesi che precedono la data della domanda di apertura della procedura d’insolvenza, purché, nei confronti dei lavoratori subordinati che hanno presentato ricorso per far accertare i rispettivi crediti salariali e ne hanno chiesto invano la riscossione coattiva a causa dell’insolvenza del datore di lavoro, tale periodo di riferimento decorra dalla domanda di accertamento giudiziale del credito.

7. 

Ricordo, inoltre, che spetta al giudice del rinvio verificare se sia possibile interpretare in tal senso il proprio diritto nazionale e, in caso contrario, escluderne l’applicazione nella causa principale.

I – Contesto normativo

A – Il diritto dell’Unione

8.

L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 80/987, nella sua versione iniziale, prevedeva che il periodo di garanzia dovesse essere situato prima di una data limite, che gli Stati membri potevano scegliere fra tre date indicate al paragrafo 2 del suddetto articolo.

9.

Più precisamente, tale articolo 3 disponeva quanto segue:

«1.   Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché gli organismi di garanzia assicurino, fatto salvo l’articolo 4, il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati, risultanti da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro e relativi alla retribuzione del periodo situato prima di una data determinata.

2.   La data di cui al paragrafo 1 è, a scelta degli Stati membri:

o quella dell’insorgere dell’insolvenza del datore di lavoro;

o quella del preavviso di licenziamento del lavoratore subordinato interessato, comunicato a causa dell’insolvenza del datore di lavoro;

o quella dell’insorgere dell’insolvenza del datore di lavoro o quella della cessazione del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro del lavoratore subordinato interessato, avvenuta a causa dell’insolvenza del datore di lavoro».

10.

In considerazione della scelta operata dagli Stati membri fra le suddette tre possibilità, l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 80/987, nella sua versione iniziale, determinava i diritti non pagati che dovevano, in ogni caso, formare oggetto dell’obbligo di garanzia nel caso in cui uno Stato membro avesse deciso, in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, di limitare la garanzia stessa nel tempo.

11.

Ai sensi di detto articolo 4:

«1.   Gli Stati membri hanno la facoltà di limitare l’obbligo di pagamento degli organismi di garanzia, di cui all’articolo 3.

2.   Quando si avvalgono della facoltà di cui al paragrafo 1, gli Stati membri devono:

nel caso di cui all’articolo 3, paragrafo 2, primo trattino, assicurare il pagamento dei diritti non pagati relativi alla retribuzione degli ultimi tre mesi del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro nell’ambito di un periodo di sei mesi precedenti la data dell’insorgere dell’insolvenza del datore di lavoro;

nel caso di cui all’articolo 3, paragrafo 2, secondo trattino, assicurare il pagamento dei diritti non pagati relativi alla retribuzione degli ultimi tre mesi del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro precedenti la data del preavviso di licenziamento del lavoratore subordinato, comunicato a causa dell’insolvenza del datore di lavoro;

o, nel caso di cui all’articolo 3, paragrafo 2, terzo trattino, assicurare il pagamento dei diritti non pagati relativi alla retribuzione degli ultimi diciotto mesi del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro precedenti la data dell’insorgere dell’insolvenza del datore di lavoro o la data della cessazione del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro del lavoratore subordinato, avvenuta a causa dell’insolvenza del datore di lavoro. In tal caso, gli Stati membri possono limitare l’obbligo di pagamento alla retribuzione corrispondente ad un periodo di otto settimane o a vari periodi parziali per un totale della stessa durata.

(…)».

12.

Ormai, l’articolo 3 della direttiva 80/987 così dispone:

«Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché gli organismi di garanzia assicurino, fatto salvo l’articolo 4, il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati, risultanti da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro, comprese le indennità dovute ai lavoratori a seguito dello scioglimento del rapporto di lavoro, se previste dal diritto nazionale.

I diritti di cui l’organismo di garanzia si fa carico sono le retribuzioni non pagate corrispondenti a un periodo che si colloca prima e/o eventualmente dopo una data determinata dagli Stati membri».

13.

L’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della direttiva 80/987 così recita:

«1.   Gli Stati membri hanno la facoltà di limitare l’obbligo di pagamento degli organismi di garanzia di cui all’articolo 3.

2.   Quando gli Stati membri si avvalgono della facoltà di cui al paragrafo 1, fissano la durata del periodo che dà luogo al pagamento da parte dell’organismo di garanzia dei diritti non pagati. Questa durata tuttavia non può essere inferiore ad un periodo, riferito alla retribuzione degli ultimi tre mesi, di rapporto di lavoro che si colloca prima e/o dopo la data di cui all’articolo 3. Gli Stati membri possono iscrivere questo periodo minimo di tre mesi in un periodo di riferimento la cui durata non può essere inferiore a sei mesi.

Gli Stati membri che prevedono un periodo di riferimento di almeno diciotto mesi possono limitare a otto settimane il periodo che dà luogo al pagamento da parte dell’organismo di garanzia dei diritti non pagati. In tal caso, per il calcolo del periodo minimo sono presi in considerazione i periodi più favorevoli per i lavoratori».

14.

L’articolo 10 della direttiva 80/987 dispone quanto segue:

«La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri:

a)

di adottare le misure necessarie per evitare abusi;

(…)».

B – Il diritto portoghese

15.

L’articolo 380 della legge n. 99/2003, del 27 agosto 2003, che adotta il codice del lavoro, prevede che la garanzia del pagamento dei crediti del lavoratore risultanti dal contratto di lavoro e dalla sua violazione o cessazione, che non possono essere pagati dal datore di lavoro a causa della sua insolvenza o di una difficile situazione economica, è assunta dall’FGS nei termini previsti dalla legislazione speciale.

16.

L’articolo 317 della legge n. 35/2004, del 29 luglio 2004, dispone che l’FGS garantisce al lavoratore, in caso di inadempimento del datore di lavoro, il pagamento dei crediti derivanti dal contratto di lavoro e dalla sua violazione o cessazione nei termini definiti dagli articoli che seguono.

17.

L’articolo 318 di tale legge, che precisa le situazioni contemplate dalla garanzia, prevede quanto segue:

«1.   L’[FGS] garantisce il pagamento dei crediti di cui al precedente articolo nei casi di accertamento giudiziale dell’insolvenza del datore di lavoro.

2.   L’[FGS] garantisce altresì il pagamento dei crediti menzionati nel punto precedente, qualora sia stata avviata la procedura di conciliazione prevista nel decreto legge n. 316/98, del 20 ottobre 1998.

3.   Fatto salvo il disposto di cui al punto precedente, qualora la procedura di conciliazione non sia proseguita a causa di annullamento o estinzione, conformemente agli articoli 4 e 9, rispettivamente, del decreto legge n. 316/98, del 20 ottobre 1998, e i lavoratori aziendali abbiano sollecitato il pagamento di crediti garantiti dall’[FGS], quest’ultimo deve richiedere l’accertamento giudiziale dello stato d’insolvenza dell’impresa.

4.   Ai fini del rispetto delle disposizioni previste nei punti precedenti, quando le imprese di cui trattasi dispongono di personale dipendente, l’[FGS] deve ricevere notifica:

a)

dai tribunali, per quanto riguarda la richiesta di avvio del procedimento speciale di insolvenza e la relativa dichiarazione;

b)

dall’Istituto di sostegno alle piccole e medie imprese ed agli investimenti [Instituto de Apoio às Pequenas e Médias Empresas e ao Investimento (IAPMEI)], per quanto concerne la richiesta di avvio della procedura di conciliazione nonché l’annullamento o l’estinzione di quest’ultima».

18.

L’articolo 319 della medesima legge identifica come segue i crediti contemplati:

«1.   L’[FGS] garantisce il pagamento dei crediti previsti nell’articolo 317 che sono scaduti nel corso dei sei mesi precedenti l’esercizio dell’azione o la presentazione della richiesta di cui all’articolo precedente.

2.   Qualora non sussistano crediti scaduti nel periodo di riferimento menzionato nel punto precedente, o i loro importi siano inferiori al limite massimo stabilito nel punto 1 dell’articolo seguente, l’[FGS] garantisce fino a tale limite il pagamento dei crediti scaduti successivamente al sopracitato periodo di riferimento.

3.   L’[FGS] garantisce solamente il pagamento dei crediti che sono fatti valere nei suoi confronti non oltre tre mesi prima della relativa prescrizione».

19.

Dall’ordinanza di rinvio emerge che, secondo la giurisprudenza nazionale, nei casi di accertamento giudiziale dell’insolvenza del datore di lavoro, l’FGS garantisce i crediti salariali scaduti nel corso del periodo di sei mesi precedenti l’esercizio della procedura di insolvenza o il deposito della domanda di procedura di conciliazione.

II – Procedimento principale e questione pregiudiziale

20.

Poiché il datore di lavoro dei ricorrenti nel procedimento principale aveva smesso di pagare loro gli stipendi, i ricorrenti, in data 15 settembre 2003, risolvevano i rispettivi contratti di lavoro ( 7 ) e in seguito, il 10 febbraio 2004, proponevano ricorso dinanzi al Tribunal de trabalho de Barcelos (Tribunale del lavoro di Barcelos, Portogallo) per ottenere la determinazione dell’importo dei rispettivi crediti salariali e la relativa riscossione coattiva. La loro domanda veniva accolta.

21.

Il 28 novembre 2005, dato che i beni che componevano il patrimonio del datore di lavoro non erano sufficienti a soddisfare tali crediti, i ricorrenti nel procedimento principale presentavano dinanzi al Tribunal de comércio de Vila Nova de Gaia (Tribunale del commercio di Vila Nova de Gaia, Portogallo) una domanda di avvio del procedimento di insolvenza nei confronti di tale datore di lavoro. Una volta accertata l’insolvenza, i crediti salariali venivano registrati.

22.

Il 26 luglio 2006 i ricorrenti nel procedimento principale chiedevano all’FGS il pagamento dei rispettivi crediti. Con le ordinanze del 21 e del 26 dicembre 2006, il presidente dell’FGS respingeva tali domande in ragione del fatto che i crediti in parola erano scaduti oltre i sei mesi precedenti la domanda del procedimento diretto all’accertamento dell’insolvenza del datore di lavoro, vale a dire in una data anteriore al periodo di riferimento di cui all’articolo 319, paragrafo 1, della legge n. 35/2004.

23.

In seguito alla domanda di annullamento di dette ordinanze, presentata dai ricorrenti nel procedimento principale, il Tribunal administrativo e fiscal do Porto (Tribunale amministrativo e tributario di Porto, Portogallo), ha respinto il suddetto ricorso con decisione del 18 marzo 2010.

24.

I ricorrenti nel procedimento principale hanno allora proposto ricorso dinanzi al Tribunal Central Administrativo Norte, che ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se il diritto dell’Unione, nell’ambito concreto della garanzia del pagamento dei crediti salariali in caso di insolvenza del datore di lavoro, in particolare gli articoli 4 e 10 della direttiva [80/987], debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una disposizione del diritto nazionale che garantisce unicamente i crediti scaduti nel corso [del periodo di] sei mesi che preced[e] l’esercizio dell’azione diretta a far dichiarare l’insolvenza del datore di lavoro anche quando i lavoratori hanno agito contro quest’ultimo dinanzi al Tribunale del lavoro al fine di ottenere la determinazione giudiziale dell’importo addebitato e la sua riscossione coattiva».

III – Analisi

25.

Il filo conduttore del mio ragionamento è rappresentato da quattro principi derivanti dalla giurisprudenza della Corte sull’interpretazione della direttiva 80/987.

26.

In primo luogo, conformemente a una norma interpretativa classica, considerato il carattere derogatorio dei casi in cui gli Stati membri hanno facoltà di limitare l’obbligo di pagamento degli organismi di garanzia a un periodo determinato, la Corte ha affermato che le disposizioni interessate devono essere interpretate restrittivamente ( 8 ).

27.

Invero, occorre tener presente che la direttiva 80/987, il cui oggetto è la tutela dei lavoratori in caso di insolvenza del datore di lavoro, afferma, in linea di principio, che i lavoratori subordinati hanno diritto alla garanzia del pagamento dei diritti non pagati relativi alla retribuzione di un periodo situato prima o eventualmente dopo una data determinata dagli Stati membri ( 9 ).

28.

Soltanto in casi eccezionali l’articolo 4 di tale direttiva permette agli Stati membri di ridurre il periodo di garanzia e, pertanto, il corrispondente obbligo di pagamento degli organismi di garanzia, a condizione che sia assicurata una garanzia minima le cui modalità dipendono dalla data di riferimento che essi hanno scelto in applicazione dell’articolo 3 di tale direttiva.

29.

In secondo luogo, la Corte ha limitato il potere discrezionale degli Stati membri per tener conto dell’obiettivo sociale della direttiva 80/987, che è quello di garantire a tutti i lavoratori subordinati un minimo di tutela a livello dell’Unione europea in caso di insolvenza del datore di lavoro, fatte salve le disposizioni più favorevoli presso le legislazioni degli Stati membri, mediante la creazione di garanzie minime per il pagamento dei diritti non pagati derivanti da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro e vertenti sulla retribuzione relativa ad un periodo determinato ( 10 ).

30.

Dall’applicazione del combinato disposto di questi primi due principi derivano due conseguenze fondamentali.

31.

Da un lato, le uniche limitazioni possibili al diritto del lavoratore subordinato a una garanzia minima sono quelle espressamente previste all’articolo 4, paragrafi 2 e 3, della direttiva 80/987. Dato che siffatte limitazioni vertono esclusivamente sulla durata del periodo che dà luogo al pagamento o sull’importo di quest’ultimo, ne deriva che la direttiva 80/987 osta a una normativa nazionale che, in caso di insolvenza del datore di lavoro, subordini all’obbligo di farsi registrare come persone in cerca di lavoro la possibilità per i lavoratori di poter esercitare pienamente il loro diritto al pagamento dei crediti retributivi insoluti ( 11 ).

32.

Dall’altro, quand’anche le limitazioni previste dal diritto nazionale rientrino in una delle due categorie consentite in via derogatoria dall’articolo 4 della direttiva 80/987, il loro effetto non dev’essere la limitazione o l’esclusione della tutela minima garantita da tale direttiva.

33.

Tale requisito si ripercuote, in particolare, sulle modalità di presa in considerazione dei pagamenti effettuati dal datore di lavoro nel corso del periodo contemplato dalla garanzia. È stato in tal modo statuito che le retribuzioni versate ai lavoratori nel corso di tale periodo non possono essere detratte dal massimale fissato dallo Stato membro per la garanzia dei diritti non pagati ( 12 ) e che, quando un lavoratore vanti nei confronti del suo datore di lavoro tanto crediti relativi a periodi di occupazione precedenti il periodo di riferimento quanto crediti relativi allo stesso periodo di riferimento, tali retribuzioni devono essere imputate, con priorità, ai crediti precedenti ( 13 ).

34.

Seguendo la stessa logica, la Corte ha altresì affermato che vanno esclusi dalla nozione di «rapporto di lavoro», ai sensi degli articoli 3 e 4 della direttiva 80/987, periodi che, per loro stessa natura, non possono dare luogo a diritti salariali non pagati, quali i periodi durante i quali il rapporto di lavoro è sospeso a causa di un congedo parentale ( 14 ).

35.

In terzo luogo, la Corte ha ritenuto che le condizioni di applicazione della garanzia prevista dalla direttiva 80/987 non coincidano con la determinazione dei diritti non pagati contemplati dalla garanzia ( 15 ). Ne deriva che, se la garanzia non può essere concessa prima della decisione di avvio di un procedimento collettivo a motivo dell’insolvenza del datore di lavoro oppure, in caso di insufficienza dell’attivo, dell’accertamento della chiusura definitiva dell’impresa, il periodo durante il quale i diritti salariali non pagati sono garantiti non è necessariamente determinato a partire dalla data di tale decisione.

36.

In base a tale principio, la Corte ha ritenuto che la data dell’insorgere dell’insolvenza del datore di lavoro, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 80/987, nella sua versione iniziale, debba essere interpretata non come la data della decisione che si pronuncia sulla domanda di avvio della procedura di insolvenza, bensì come la data della domanda diretta all’apertura di tale procedimento ( 16 ). La Corte ha giustificato tale soluzione osservando che la decisione di apertura del procedimento avrebbe potuto intervenire molto tempo dopo la cessazione dei periodi di occupazione cui si riferivano le retribuzioni non pagate, così che il versamento di tali retribuzioni avrebbe potuto non essere mai garantito dalla direttiva 80/987, per motivi che esulano potenzialmente dal comportamento dei lavoratori.

37.

In quarto luogo, la Corte ha stabilito la regola secondo cui la facoltà riconosciuta al diritto nazionale di precisare le prestazioni a carico dell’organismo di garanzia è soggetta al rispetto dei diritti fondamentali, tra cui figura, in particolare, il principio generale di uguaglianza ( 17 ), il quale esige che situazioni analoghe non siano trattate in modo diverso, salvo che una differenza di trattamento sia obiettivamente giustificata ( 18 ).

38.

Ne consegue, in particolare, che, allorché, secondo una normativa nazionale, indennità legali dovute in seguito allo scioglimento del contratto di lavoro, riconosciute da una decisione giudiziaria, sono a carico dell’organismo di garanzia in caso di insolvenza del datore di lavoro, indennità della stessa natura, riconosciute in un accordo tra lavoratore e datore di lavoro concluso in presenza del giudice e approvato dall’organo giurisdizionale, devono essere considerate nella stessa maniera ( 19 ).

39.

Cercherò la risposta alla questione posta dal giudice del rinvio proprio sulla base di tali principi che governano l’interpretazione della direttiva 80/987.

40.

Per quanto riguarda il procedimento principale, dal fascicolo emerge che ai ricorrenti nella causa principale è stato rifiutato il pagamento totale delle retribuzioni degli ultimi tre mesi del loro rapporto di lavoro per il fatto che i rispettivi crediti salariali erano scaduti oltre sei mesi prima della data della domanda diretta a ottenere la dichiarazione di insolvenza del datore di lavoro, che il legislatore portoghese ha considerato quale termine del periodo di riferimento.

41.

Mentre la direttiva 80/987, nella sua versione iniziale, prevedeva che gli Stati membri potessero scegliere soltanto fra tre date, restrittivamente elencate all’articolo 3, paragrafo 2, di tale direttiva, legate all’insorgere dell’insolvenza del datore di lavoro o alla cessazione del rapporto di lavoro, la direttiva 2002/74 ha eliminato l’indicazione di queste tre date lasciando agli Stati membri piena libertà per determinare la data di riferimento, pur facendo variare il periodo di garanzia minima in base alla durata scelta.

42.

Pertanto, allorché intendono avvalersi della loro facoltà di limitare la garanzia nel tempo, gli Stati membri possono inserire la garanzia minima di tre mesi in un periodo di sei mesi che precede o segue la data di riferimento. Gli Stati possono altresì prevedere una garanzia minima limitata a otto settimane, purché nell’ambito di un periodo più lungo, di almeno diciotto mesi.

43.

Non vi è dubbio che la direttiva 80/987 non osta a che uno Stato membro fissi come data di decorrenza o come termine ( 20 ) del periodo di riferimento la data della domanda diretta all’accertamento dell’insolvenza del datore di lavoro ( 21 ). Qualora lo Stato membro interessato scelga di avvalersi della facoltà di limitare la garanzia nel tempo, nulla vieta peraltro che esso limiti il periodo di riferimento a sei mesi, poiché garantisce la retribuzione degli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro, come previsto dal diritto portoghese.

44.

A tale proposito occorre ricordare che l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 80/987, nella sua versione iniziale, autorizzava espressamente gli Stati membri a considerare come termine del periodo di riferimento la data dell’«insorgere dell’insolvenza del datore di lavoro» e che, secondo l’interpretazione fornita dalla Corte, tale data dev’essere interpretata come quella del deposito della domanda diretta all’apertura della procedura di insolvenza ( 22 ).

45.

Il legislatore dell’Unione ha dunque ampiamente preservato la libertà degli Stati membri, consentendo loro di situare in una data qualsiasi il periodo di garanzia minima relativo agli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro, come pure, eventualmente, il periodo di riferimento in cui essi includono tale periodo minimo. In pratica, gli Stati che fissano un periodo di riferimento lo scelgono, in maniera assai prevalente, in funzione della data dell’insorgere dell’insolvenza del datore di lavoro ( 23 ).

46.

Tale ultima scelta non avviene senza porre una difficoltà di principio riguardo al rispetto necessario dell’obiettivo della direttiva 80/987. Infatti, qualora la domanda diretta all’apertura della procedura d’insolvenza intervenga molto dopo la cessazione del rapporto di lavoro, i lavoratori subordinati possono essere privati della garanzia, quand’anche sia dimostrato che il mancato pagamento delle retribuzioni è connesso allo stato di insolvenza del datore di lavoro. Se, invece, la gestione dell’impresa si protrae per un determinato lasso di tempo dopo la presentazione della domanda di apertura del procedura d’insolvenza, i crediti salariali non pagati possono essere riferiti a periodi significativamente posteriori alla data di deposito della domanda ( 24 ).

47.

Tuttavia, la discrezionalità di cui dispongono gli Stati membri non è illimitata. Al contrario, essa è giocoforza limitata dal requisito fondamentale dell’applicazione uniforme del diritto dell’Unione, dalla necessità di preservare l’effetto utile della direttiva e dai requisiti che derivano dalla protezione dei diritti fondamentali, che vincolano gli Stati membri in tutti i casi in cui essi sono chiamati ad applicare il diritto dell’Unione.

48.

Orbene, ritengo che una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale – che esclude dalla garanzia i crediti salariali scaduti oltre sei mesi prima dell’introduzione del procedimento di insolvenza, anche se i lavoratori si sono correttamente attivati per ottenerne il pagamento – comprometta l’effetto utile della direttiva 80/987 e non sia conforme ai diritti fondamentali.

49.

Siffatta normativa non è, innanzi tutto, conforme al fine sociale della direttiva 80/987 in quanto, come sottolineato dalla Commissione, il limite del periodo di riferimento ai sei mesi che precedono l’avvio del procedimento di insolvenza può comportare l’effetto di escludere dalla garanzia tutti i crediti salariali non pagati, malgrado la diligenza dei lavoratori interessati.

50.

A tal riguardo è importante ricordare che la protezione conferita ai crediti salariali si spiega con il carattere alimentare di questi ultimi, i quali, nella maggior parte dei casi, permettono al lavoratore subordinato di assicurare la sussistenza propria e della sua famiglia. Nel quadro della crisi economica e finanziaria che colpisce l’Unione, in generale, e alcuni Stati membri, in particolare, ritengo oltremodo necessario non perdere di vista questa caratteristica tipica dei crediti salariali e tenere a mente le situazioni umanamente difficili che derivano dall’impossibilità per i lavoratori di ottenere il pagamento di quanto è loro dovuto.

51.

Un’altra considerazione, parimenti fondamentale, guida il mio pensiero ed è incentrata sul rispetto del principio di parità di trattamento.

52.

In base alle informazioni fornite dal governo portoghese, 18 dei 31 lavoratori subordinati impiegati dalla società hanno cessato di percepire i rispettivi salari a partire dal mese di marzo 2003, 1 lavoratore non è più stato pagato dal 1o aprile 2004 e gli altri 12 hanno smesso di percepire la retribuzione in date diverse, scaglionate nel corso del 2005 e del 2006.

53.

Il suddetto governo ha inoltre indicato che 17 dei 18 lavoratori subordinati che avevano cessato di percepire la rispettiva retribuzione a marzo 2003 avevano risolto il contratto in data 15 settembre 2003, mentre il contratto del diciottesimo lavoratore era giunto a scadenza il 14 aprile 2004. Il lavoratore che aveva cessato di essere pagato il 1o aprile 2004 aveva risolto il suo contratto il 30 settembre 2004 e il contratto di lavoro degli altri lavoratori era venuto meno il 5 maggio 2006, posteriormente al deposito della domanda di apertura della procedura d’insolvenza, su decisione dell’amministratore del passivo a motivo della chiusura definitiva dell’impresa.

54.

Posto che il periodo di riferimento decorre dal 28 maggio 2005, ossia sei mesi prima della data di presentazione della domanda diretta alla dichiarazione dell’insolvenza del datore di lavoro, soltanto i lavoratori subordinati il cui contratto di lavoro non era ancora stato risolto in tale data potevano pretendere la garanzia delle retribuzioni non pagate. Invece, quelli come la sig.ra Gomes Viana Novo, il cui contratto era stato risolto oltre tre mesi prima, non avrebbero potuto chiedere alcun indennizzo.

55.

Ritengo che la disparità di trattamento che ne deriva non sia obiettivamente giustificata da una differenza oggettiva di situazioni. Ovviamente, la facoltà conferita agli Stati membri dall’articolo 4 della direttiva 80/987 di includere il periodo di garanzia minima in un periodo di riferimento comporta necessariamente una disparità di trattamento fra i lavoratori subordinati in funzione della data in cui sono situati gli ultimi tre mesi del loro rapporto di lavoro. Tuttavia, non vedo il motivo per cui il criterio temporale dovrebbe prevalere al punto tale da giustificare una disparità di trattamento a seconda che i lavoratori subordinati abbiano direttamente esercitato un’azione per la dichiarazione di insolvenza oppure abbiano previamente intentato un giudizio per fare accertare giudizialmente i rispettivi crediti e ottenerne la riscossione coattiva.

56.

Per dimostrare l’esistenza di situazioni perfettamente comparabili, occorre tornare sulla questione, che è stata discussa in udienza, della situazione particolare dei lavoratori subordinati interessati e di quella del loro datore di lavoro alla fine del 2003, momento in cui i lavoratori anzidetti decidevano di risolvere i loro contratti di lavoro.

57.

Prima facie, tali lavoratori dovevano soltanto scegliere tra chiedere il pagamento dei loro crediti dinanzi al Tribunale del lavoro se il loro datore di lavoro era solvente oppure, in caso contrario, chiedere l’apertura del procedimento di insolvenza dinanzi al Tribunale del commercio per ottenere la garanzia dell’FGS.

58.

Per quanto semplice, tale esposizione è del tutto fuorviante. In realtà, la questione se il datore di lavoro sia insolvente ai sensi della legislazione nazionale applicabile presuppone una valutazione giuridica delicata effettuata sulla base di dati complessi.

59.

Nella maggior parte dei casi, i lavoratori subordinati non hanno cognizione di tali dati e ignorano l’effettiva situazione economica del loro datore di lavoro, così che essi non sono in grado di stabilire se il mancato pagamento dei salari sia dovuto a un problema di liquidità temporaneo oppure a una situazione finanziaria gravemente e da lungo tempo compromessa.

60.

Peraltro, l’insolvenza viene accertata soltanto in seguito, spesso in maniera retroattiva, in particolare allorché azioni dirette a ottenere il pagamento e l’esecuzione forzata rivelano che l’impresa non è in grado di far fronte a tali crediti scaduti.

61.

Sebbene il diritto portoghese non consideri la previa procedura di riscossione coattiva dei crediti non pagati prodromica ed essenziale per l’azione diretta alla dichiarazione di insolvenza, date le circostanze non vedo come potrebbe essere contestato ai ricorrenti nel procedimento principale di aver previamente avviato un’azione diretta a ottenere il pagamento e l’esecuzione forzata, che ha senza dubbio contribuito a rivelare la situazione di insolvenza del loro datore di lavoro, invece di agire direttamente per ottenere la dichiarazione di insolvenza, sulla base di un’analisi che sarebbe stata necessariamente divinatoria.

62.

Osservo, inoltre, che l’apertura di una procedura di insolvenza è un atto grave, che comporta lo spossessamento parziale o totale del datore di lavoro e che, pertanto, il lavoratore non può chiedere con leggerezza senza disporre di elementi che gli consentano di supporre che il suo ex datore di lavoro non disponga di un attivo sufficiente per soddisfare il suo credito. Quand’anche essi fossero stati a conoscenza della situazione del loro datore di lavoro, non può essere contestato ai lavoratori subordinati di avere preferito, almeno inizialmente, il ricorso ai rimedi di diritto comune per recuperare i loro crediti – forse a motivo di una presa in considerazione legittima della situazione degli altri lavoratori, i cui salari hanno continuato ad essere pagati, o delle possibilità di rilancio dell’attività dell’impresa.

63.

Non è facile motivare la circostanza secondo cui i lavoratori subordinati che hanno cessato di essere pagati per primi e hanno intentato l’azione diretta alla dichiarazione di insolvenza sarebbero privati del diritto alla garanzia minima, mentre potrebbero beneficiarne quelli che hanno continuato a essere pagati per un periodo più lungo e non hanno avviato alcuna azione.

64.

Pertanto, ritengo che l’esclusione derivante dall’articolo 319 della legge n. 35/2004, secondo l’interpretazione fornita dal giudice nazionale, non sia conforme alla direttiva 80/987, letta in combinato disposto con il principio di parità di trattamento.

65.

A mio avviso, la garanzia avrebbe dovuto essere applicata laddove risultava che i crediti salariali di cui i lavoratori avevano chiesto il pagamento non avevano potuto essere riscossi a causa dell’insolvenza del loro datore di lavoro. Ritengo utile precisare, al riguardo, che dall’ordinanza di rinvio emerge chiaramente che il rifiuto di farsi carico dei crediti è stato motivato soltanto con il fatto che i crediti non rientravano nel periodo di riferimento, e non per l’assenza di nesso tra i detti crediti e la situazione di insolvenza del datore di lavoro ( 25 ).

66.

La finalità dello sviluppo di un nuovo metodo di tutela dei crediti salariali, che consiste nella garanzia di tali crediti da parte di un organismo terzo in caso di insolvenza del datore di lavoro, era rimediare alle lacune dei meccanismi di protezione tradizionali, quali i privilegi legali, che non consentivano ai lavoratori di ottenere il pagamento dei loro salari non pagati in situazioni di fallimento, caratterizzate dalla presenza di attività realizzabili esigue, se non addirittura inesistenti ( 26 ). Rifiutare la garanzia per un credito che, pertanto, non ha potuto essere riscosso a causa dell’insolvenza del datore di lavoro crea una falla importante in tale tutela minima dei lavoratori subordinati, voluta dal legislatore dell’Unione.

67.

Prima di esporre in maniera più precisa la risposta che propongo di fornire al giudice del rinvio, vorrei menzionare, per respingerle, due obiezioni sollevate rispettivamente dai governi tedesco e portoghese.

68.

Il governo tedesco adduce come argomento decisivo il fatto che la direttiva 80/987, rispetto alla sua versione iniziale, abbia lasciato maggiore discrezionalità agli Stati membri nella scelta dei mezzi per tutelare i lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, in quanto, ai sensi dell’articolo 3, secondo comma, di tale direttiva, la determinazione della data che fissa il periodo di riferimento è, attualmente, lasciata alla totale discrezione degli Stati membri. Tuttavia, rilevo che la Commissione ha motivato esclusivamente tale modifica con la finalità di semplificazione di un metodo considerato «inutilmente complicato» ( 27 ), precisando che una redazione più semplice poteva «raggiungere lo stesso [ ( 28 )] risultato di tutela dei lavoratori» ( 29 ). Tale modifica non può dunque in alcun caso giustificare un abbassamento del livello di tutela offerta ai lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro. Osservo, peraltro, che la direttiva 2002/74 ha parallelamente sancito la possibilità di estendere la garanzia ai crediti posteriori alla data di riferimento per coprire eventualmente i salari ancora dovuti quando la gestione dell’impresa prosegue durante il procedimento di insolvenza ( 30 ).

69.

Il governo portoghese, invece, fa osservare che l’intervento dell’FGS non può essere attuato con un ricorso per ottenere il pagamento proposto dinanzi al Tribunale del lavoro, in quanto tale ricorso può o meno fondarsi su una situazione economica difficile o sull’insolvenza del datore di lavoro. Tuttavia, come ricordato in precedenza ( 31 ), la Corte si è preoccupata di distinguere le condizioni di ricorso alla garanzia prevista dalla direttiva 80/987 dalla determinazione dei crediti non pagati contemplati dalla garanzia medesima. Anche se, effettivamente, l’organismo di garanzia può intervenire soltanto dopo la decisione di apertura della procedura di insolvenza, ciò non esclude che, al verificarsi di tale evento, esso garantisca il pagamento dei crediti salariali di cui i lavoratori subordinati hanno chiesto la riscossione dinanzi a una giurisdizione ordinaria, dato che, comunque, l’impossibilità di ottenere la riscossione dei crediti è connessa all’insolvenza del datore di lavoro.

70.

Superate le due suddette obiezioni, mi accingo a esaminare la mia proposta di risposta alla questione pregiudiziale.

71.

Atteso che, a mio parere, uno Stato membro che considera come termine del periodo di riferimento la data di deposito della domanda diretta alla dichiarazione di insolvenza del datore di lavoro non può escludere sistematicamente dalla garanzia i crediti di cui i lavoratori subordinati, prima di presentare istanza d’insolvenza, hanno chiesto il pagamento e la riscossione coattiva, la risposta, che deve conciliare la limitazione temporale con la necessità di non azzerare la tutela minima voluta dalla direttiva 80/987 e il requisito di parità di trattamento, può, in teoria, percorrere due strade diverse.

72.

Si può prevedere di rinviare nel tempo la data di esigibilità dei crediti, assimilando ai crediti salariali scaduti durante il periodo di riferimento quelli che, nel medesimo periodo, hanno formato oggetto di una domanda di pagamento seguita da un vano tentativo di riscossione coattiva.

73.

A sostegno di tale soluzione si può osservare che la proposta di direttiva del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sulla tutela dei lavoratori in caso di insolvenza del datore di lavoro, presentata dalla Commissione il 13 aprile 1978 ( 32 ), obbligava gli Stati membri a garantire i diritti pendenti sorti nel corso degli ultimi dodici mesi prima dell’inizio dell’insolvenza ovvero che «entro questo lasso di tempo [avessero] invano formato oggetto di esecuzione forzata» ( 33 ).

74.

Tuttavia, sono dell’avviso che tale soluzione si allontani troppo dal testo infine adottato, che non menziona i crediti che abbiano invano formato oggetto di esecuzione forzata, imponendo, invece, che un periodo di lavoro sia situato nell’ambito del periodo di riferimento ( 34 ).

75.

Ritengo più efficace una seconda soluzione, che consiste nello spostare il termine del periodo di riferimento riguardo ai lavoratori subordinati che hanno previamente presentato ricorso per fare accertare i rispettivi crediti salariali, chiedendone invano la riscossione coattiva a causa dell’insolvenza del datore di lavoro, considerando che, in tale ipotesi, detto periodo decorre dalla domanda diretta all’accertamento giudiziale del credito.

76.

Occorre rammentare che, per quanto possibile, spetta al giudice nazionale interpretare la legge nazionale in modo conforme alle esigenze del diritto dell’Unione. A mio avviso, siffatta interpretazione non è improponibile in quanto, senza modificare la norma secondo cui l’FGS garantisce i crediti salariali scaduti nel corso del periodo di sei mesi precedenti l’esercizio della procedura di insolvenza dinanzi al Tribunale del commercio, basterebbe osservare che, riguardo ai lavoratori subordinati che hanno presentato ricorso dinanzi al Tribunale del lavoro per ottenere il pagamento dei loro crediti salariali, tale procedura si considera presentata alla data della domanda di pagamento.

77.

Spetterà al giudice del rinvio stabilire se tale interpretazione sia possibile e, in caso contrario, escludere l’applicazione della propria legge nazionale.

IV – Conclusione

78.

Alla luce delle precedenti considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alla questione sollevata dal Tribunal Central Administrativo Norte come segue:

Gli articoli 3 e 4 della direttiva 80/987/CEE del Consiglio, del 20 ottobre 1980, concernente la tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, nella sua versione modificata dalla direttiva 2002/74/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, letti in combinato disposto con il principio di parità di trattamento, devono essere interpretati nel senso che non ostano a che il diritto nazionale limiti la garanzia dei crediti salariali in caso di insolvenza del datore di lavoro ai crediti scaduti nel corso del periodo di sei mesi che precede la data della domanda di apertura della procedura di insolvenza, purché, nei confronti dei lavoratori subordinati che hanno presentato ricorso per far accertare i rispettivi crediti salariali e ne hanno chiesto invano la riscossione coattiva a causa dell’insolvenza del datore di lavoro, tale periodo di riferimento decorra dalla domanda di accertamento giudiziale del credito.

Spetta al giudice del rinvio verificare, prendendo in considerazione il diritto interno nella sua interezza, sia esso sostanziale o processuale, se sia possibile pervenire a un’interpretazione del proprio diritto nazionale per risolvere la controversia principale in maniera conforme al dettato e allo scopo della direttiva 80/987, come modificata dalla direttiva 2002/74, letta in combinato disposto con il principio di uguaglianza e, se una siffatta interpretazione non è possibile, disapplicare, nel procedimento principale, ogni disposizione di diritto interno contraria.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU L 283, pag. 23.

( 3 ) GU L 270, pag. 10; in prosieguo: la «direttiva 80/987». La direttiva 80/987 è stata codificata dalla direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro (GU L 283, pag. 36). Tuttavia, quest’ultima non è applicabile ratione temporis nel procedimento principale.

( 4 ) In prosieguo: l’«FGS».

( 5 ) La relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio del 28 febbraio 2011, sull’attuazione e l’applicazione di determinate disposizioni della direttiva 2008/94 [COM(2011) 84 def.], consente di avere un’idea dell’importo delle somme che gli organi di garanzia hanno versato tra il 2006 e il 2009 (v. allegato tecnico).

( 6 ) Secondo il paragrafo 3 della suddetta relazione, sei Stati membri (Repubblica di Bulgaria, Repubblica ceca, Regno di Danimarca, Repubblica ellenica, Repubblica di Malta e Repubblica d’Austria) hanno adottato una soluzione identica, mentre altri sette Stati (Irlanda, Repubblica italiana, Repubblica di Cipro, Repubblica di Lettonia, Repubblica di Lituania, Repubblica di Polonia e Repubblica slovacca) hanno fissato un periodo di riferimento identico ma di durata maggiore e il Regno del Belgio ha optato per una data di riferimento diversa, ossia quella della chiusura dell’impresa. Altri dodici Stati (Repubblica federale di Germania, Repubblica d’Estonia, Regno di Spagna, Repubblica francese, Granducato di Lussemburgo, Repubblica d’Ungheria, Regno dei Paesi Bassi, Romania, Repubblica di Slovenia, Repubblica di Finlandia, Regno di Svezia nonché Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord) non hanno fissato alcun periodo di riferimento. V., altresì, il quadro di comparazione intitolato «Limitations to the liability of the guarantee institutions (Implementation of Article 4 of Directive 2008/94/EC)», elaborato nel settembre 2011 dalla Commissione sulla base di uno studio compiuto nel gennaio 2007 sulla trasposizione della direttiva 80/987 e di informazioni fornite successivamente dagli Stati membri.

( 7 ) Fatta eccezione, secondo il governo portoghese, della sig.ra Azevedo Martins Ferreira, il cui contratto è scaduto il 14 aprile 2004.

( 8 ) V. sentenze del 14 luglio 1998, Regeling (C-125/97, Racc. pag. I-4493, punto 20); dell’11 settembre 2003, Walcher (C-201/01, Racc. pag. I-8827, punto 38), e del 17 novembre 2011, van Ardennen (C-435/10, Racc. pag. I-11705, punti 31 e 34).

( 9 ) V. articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 80/987.

( 10 ) V., in tal senso, sentenze del 10 luglio 1997, Maso e a. (C-373/95, Racc. pag. I-4051, punto 56); Regeling, cit. (punti 3, 20 e 21); del 16 dicembre 1999, Everson e Barrass (C-198/98, Racc. pag. I-8903, punti 3 e 20); del 15 maggio 2003, Mau (C-160/01, Racc. pag. I-4791, punti 3 e 42); Walcher, cit. (punto 38); del 4 marzo 2004, Barsotti e a. (C-19/01, C-50/01 e C-84/01, Racc pag. I-2005, punto 35); del 16 luglio 2009, Visciano (C-69/08, Racc. pag. I-6741, punto 27); del 10 febbraio 2011, Andersson (C-30/10, Racc. pag. I-513, punto 25), nonché van Ardennen, cit. (punti 27 e 34).

( 11 ) V. sentenza van Ardennen, cit. (punto 35).

( 12 ) V. sentenza Barsotti e a., cit. (punto 38).

( 13 ) V. sentenza Regeling, cit. (punti 21 e 22).

( 14 ) V. sentenza Mau, cit. (punti da 39 a 44 nonché 52 e 53).

( 15 ) V. sentenze del 10 luglio 1997, Bonifaci e a. e Berto e a. (C-94/95 e C-95/95, Racc. pag. I-3969, punto 39), nonché Maso e a., cit. (punto 49).

( 16 ) V. citate sentenze Bonifaci e a. e Berto e a. (punti 42 e 44); Maso e a. (punti 52 e 54), nonché Mau (punti 22, 47 e 48).

( 17 ) V. sentenze del 12 dicembre 2002, Rodríguez Caballero (C-442/00, Racc. pag. I-11915, punti da 29 a 32), e del 16 dicembre 2004, Olaso Valero (C-520/03, Racc. pag. I-12065, punto 34); ordinanza del 13 dicembre 2005, Guerrero Pecino (C-177/05, Racc. pag. I-10887, punto 26); sentenze del 7 settembre 2006, Cordero Alonso (C-81/05, Racc. pag. I-7569, punto 37); del 17 gennaio 2008, Velasco Navarro (C-246/06, Racc. pag. I-105, punto 35), e del 21 febbraio 2008, Robledillo Núñez (C-498/06, Racc. pag. I-921, punto 30).

( 18 ) V. citate sentenze Rodríguez Caballero (punto 32) e Olaso Valero (punto 34); ordinanza Guerrero Pecino, cit. (punto 26), nonché citate sentenze Cordero Alonso (punto 37) e Velasco Navarro (punto 36).

( 19 ) V. sentenza Cordero Alonso, cit. (punto 42).

( 20 ) L’articolo 3, paragrafo 2, di tale direttiva autorizza gli Stati membri a fissare il periodo di garanzia «prima e/o eventualmente dopo» la data che avranno stabilito.

( 21 ) V., in tal senso, sentenza del 18 aprile 2013, Mustafa (C‑247/12), concernente una normativa nazionale che riserva la garanzia ai crediti dei lavoratori maturati prima della data di trascrizione nel registro delle imprese della sentenza di apertura della procedura di insolvenza.

( 22 ) V. giurisprudenza citata alla nota 16.

( 23 ) V. nota 5.

( 24 ) V., in tal senso, Estelmann, M., «Europarechtliche Probleme des Drei-Monatszeitraums nach § 183 SGB III», Zeitschrift für europäisches Sozial- und Arbeitsrecht, 2003, n. 11-12, pag. 460, che qualifica tale assenza di precisione come «zentraler Schwachpunkt der Regelung». V. altresì il commento delle citate sentenze Bonifaci e a. e Berto e a.; Maso e a., nonché della sentenza del 10 luglio 1997, Palmisani (C-261/95, Racc. pag. I-4025), di Ayșe Odman, N., Common Market Law Review, 1998, pag. 1395, il quale ritiene che «the achievement or the purpose of the Directive [80/987] to secure a minimum amount of guarantee to the employees who are in this situation will be seriously endangered with the placement of temporal limits starting from the date of the onset of insolvency, especially if the Member State chooses to apply the minimum period which is six months prior to the date of the onset of insolvency» (pag. 1409). Ad avviso di questo autore, «[a]s long as the causal link exists between the notice of dismissal or the discontinuation of the contract of employment or the employment relationship and the state of insolvency as described in Article 2(2) [of the Directive 80/987], the guarantee envisaged by [this] Directive should be granted to the employee» (pag. 1410).

( 25 ) Al punto 3.1, VIII, paragrafo 2, dell’ordinanza di rinvio, è precisato che «[i]l datore di lavoro è stato dichiarato insolvente, essendo soddisfatta la condizione di cui all’articolo 318, paragrafo 1, della legge n. 35/2004 (…)» (pag. 6 della versione in lingua francese).

( 26 ) V., in tal senso, Bronstein, A.S., «La protection des créances salariales en cas d’insolvabilité de l’employeur: du droit civil à la sécurité sociale», Revue internationale du travail, 1987, vol. 126, n. 6, pag. 795.

( 27 ) V. punto 4.2, primo comma, della motivazione della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 80/987 [nella sua versione iniziale] [COM(2000) 832 def., pag. 7].

( 28 ) Il corsivo è mio.

( 29 ) V. punto 4.2, primo comma, della motivazione di tale proposta di direttiva.

( 30 ) V. punto 4.2, secondo comma, della motivazione di detta proposta di direttiva.

( 31 ) V. paragrafo 35 delle presenti conclusioni.

( 32 ) GU C 135, pag. 2.

( 33 ) Articolo 4, lettera b), di tale proposta di direttiva.

( 34 ) V. articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 80/987.