CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 16 maggio 2013 ( 1 )

Causa C‑203/12

Billerud Karlsborg AB,

Billerud Skärblacka AB

contro

Naturvårdsverket

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Högsta domstolen (Svezia)]

«Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità — Obbligo di pagamento di un’ammenda a carico del gestore che non restituisce entro il 30 aprile di ogni anno un numero sufficiente di quote per coprire le emissioni prodotte a prescindere dal motivo della mancata restituzione — Assenza di inquinamento maggiore rispetto alla quantità autorizzata — Impossibilità di sgravare o ridurre l’importo dell’ammenda — Proporzionalità»

1. 

Con il presente rinvio pregiudiziale il giudice del rinvio invita la Corte a formulare delle precisazioni sul regime sanzionatorio delle violazioni della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio ( 2 ), e, più in particolare, per la violazione da parte di un gestore dell’obbligo di restituire, entro il 30 aprile dell’anno interessato, le quote corrispondenti alle emissioni totali dell’impianto rilasciate nel corso dell’anno civile precedente.

I – Contesto normativo

A – La direttiva 2003/87

2.

La direttiva 2003/87 istituisce, a norma del suo articolo 1, «un sistema per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra nella Comunità (...), al fine di promuovere la riduzione di dette emissioni secondo criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica».

3.

Il sistema è organizzato nel seguente modo. Gli Stati membri elaborano, separatamente, un piano nazionale che stabilisce le quote totali di emissioni che intendono assegnare per il periodo considerato e le modalità di tale assegnazione ( 3 ). Ciascun piano nazionale è poi pubblicato e notificato alla Commissione europea e agli altri Stati membri ( 4 ). Per il periodo compreso tra il 1o gennaio 2005 e il 31 dicembre 2007, gli Stati membri dovevano assegnare almeno il 95% delle quote di emissioni a titolo gratuito ( 5 ).

4.

Sulla base di questi piani nazionali, ciascuno Stato membro «decide in merito alle quote totali di emissioni che assegnerà (...) nonché in merito all’assegnazione di aliquote al gestore di ciascun impianto» ( 6 ). Le quote di cui trattasi sono trasferibili ( 7 ) e devono essere restituite ogni anno, cosicché «[g]li Stati membri provvedono affinché, entro il 30 aprile di ogni anno, il gestore di ciascun impianto restituisca un numero di quote di emissioni pari alle emissioni totali di tale impianto nel corso dell’anno civile precedente, come verificato a norma dell’articolo 15, e che tali quote vengano successivamente cancellate» ( 8 ).

5.

Al fine di garantire il rispetto dei precetti della direttiva 2003/87, «[g]li Stati membri determinano le norme relative alle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate ai sensi della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per l’applicazione di tali norme. Le sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive» ( 9 ). L’articolo 16, paragrafo 3, della direttiva 2003/87 disciplina le sanzioni in caso di mancata restituzione e prevede che «[g]li Stati membri provvedono affinché il gestore che, entro il 30 aprile di ogni anno, non restituisce un numero di quote di emissioni sufficiente a coprire le emissioni rilasciate durante l’anno precedente sia obbligato a pagare un’ammenda per le emissioni in eccesso» ( 10 ). Per il periodo compreso tra il 1o gennaio 2005 e il 31 dicembre 2007, gli Stati membri sono tenuti ad applicare un’ammenda per le emissioni in eccesso pari a EUR 40 per ogni tonnellata di biossido di carbonio equivalente emessa da un impianto per il quale il gestore non ha restituito le quote di emissione ( 11 ). In ogni caso, il pagamento dell’ammenda non dispensa il gestore dall’obbligo di restituire un numero di quote di emissioni corrispondente a tali emissioni in eccesso all’atto della restituzione delle quote relative alle emissioni dell’anno civile seguente ( 12 ).

B – Il diritto svedese

6.

La legge n. 1199 del 2004 in materia di scambio di quote di emissioni (lagen [2004:1199] om handel med utsläppsrättigheter; in prosieguo: la «legge in materia di scambio di quote di emissioni») ha trasposto nel diritto svedese la direttiva 2003/87. Nella sua versione applicabile all’epoca dei fatti, essa prevedeva che il gestore dovesse stabilire o misurare le proprie emissioni di biossido di carbonio e presentare annualmente una dichiarazione verificata su dette emissioni ( 13 ). La dichiarazione delle emissioni dell’anno precedente deve essere presentata alla Naturvårdsverket (autorità di sorveglianza) al più tardi entro il 31 marzo dell’anno civile successivo ( 14 ). Inoltre, entro il 30 aprile di ogni anno, il gestore è tenuto a restituire alla Statens energimyndighet (autorità nazionale dell’energia) incaricata della tenuta del registro un numero di quote pari alle emissioni totali prodotte da ciascun impianto nel corso dell’anno civile precedente ( 15 ). Il gestore che non ha restituito un numero di quote sufficienti per coprire le emissioni prodotte è tenuto a pagare un’ammenda per le emissioni in eccesso di un importo pari a EUR 40 per ogni tonnellata di biossido di carbonio emessa dall’impianto e per la quale il gestore non ha restituito le quote ( 16 ). Il pagamento dell’ammenda non dispensa il gestore dall’obbligo di restituire un numero di quote corrispondente alle sue emissioni in eccesso all’atto della restituzione delle quote relative alle emissioni dell’anno civile successivo ( 17 ).

II – Procedimento principale e questioni pregiudiziali

7.

La Billerud Karlsborg AB e la Billerud Skärblacka AB sono due società di diritto svedese titolari di un’autorizzazione a emettere biossido di carbonio. Nel 2006 esse hanno emesso rispettivamente 10828 e 42433 tonnellate di biossido di carbonio. È pacifico che dette società erano in possesso, nei propri conti operazioni, di un numero di quote di emissioni corrispondente alle emissioni effettivamente prodotte nell’anno 2006.

8.

Dette società non hanno tuttavia restituito alcuna quota entro il 30 aprile 2007. I conti operazioni delle due società sono stati quindi bloccati dall’autorità incaricata della tenuta del registro e dette società hanno dovuto restituire entro il 30 aprile 2008 le quote corrispondenti alle emissioni totali dell’impianto rilasciate nel corso dell’anno civile 2006, contemporaneamente alle quote corrispondenti alle emissioni totali dell’impianto rilasciate da dette due società nel corso del 2007.

9.

A fronte della suddetta violazione dell’obbligo di restituzione che i gestori sono tenuti ad adempiere, al più tardi, entro il 30 aprile, la Naturvårdsverket ha inoltre inflitto, il 10 dicembre 2007, un’ammenda di SEK 3 959 366 alla Billerud Karlsborg AB e di SEK 15 516 051 alla Billerud Skärblacka AB. Le società in parola hanno presentato ricorso giurisdizionale avverso i provvedimenti di applicazione delle ammende in primo grado e poi in appello, senza successo.

10.

Esse hanno presentato dinanzi al giudice del rinvio un ricorso in cassazione e hanno contestato gravi vizi procedurali affermando che, alla data del 30 aprile 2007, esse disponevano nei propri conti operazioni di quote equivalenti alle effettive emissioni prodotte nel 2006 e che la restituzione, che entrambe intendevano compiere, era stata impedita da disguidi amministrativi interni. Esse ritengono, dunque, che le disposizioni della legge in materia di scambio di quote di emissioni non siano state realmente violate e che l’applicazione delle due ammende sia pertanto destituita di fondamento giuridico. Quand’anche le decisioni di applicazione delle ammende non dovessero essere ritenute prive di fondamento giuridico, le due società ricorrenti chiedono al giudice del rinvio di ridurre l’importo delle sanzioni finanziarie a SEK 0, oppure a SEK 20 000, o a un importo appropriato, dal momento che le ammende inflitte, per un importo totale vicino a SEK 20 milioni, sono sproporzionate, essendo pacifico che le suddette società non hanno effettuato emissioni al di là di quelle che erano autorizzate a compiere. A tal riguardo, esse sostengono che, essendo le ammende inflitte equiparabili a un’accusa penale, un’applicazione rigorosa delle disposizioni sulle sanzioni previste dalla legge in materia di scambio di quote di emissioni, senza alcuna possibilità di riduzione, contrasterebbe con l’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950.

11.

Il giudice del rinvio osserva, dal canto suo, che le disposizioni sulle sanzioni per la mancata restituzione entro il 30 aprile previste dalla legge in materia di scambio di quote di emissioni si ispirano direttamente alla direttiva 2003/87, la quale prevede che venga comminata una sanzione di EUR 40 per tonnellata di biossido di carbonio ai gestori che non hanno restituito quote sufficienti entro la data del 30 aprile. Il giudice del rinvio si chiede se un’ammenda siffatta, che si fonda sull’articolo 16, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2003/87, sia inflitta soltanto in caso di emissioni in eccesso o anche quando è pacifico che il gestore era in possesso di quote sufficienti ma non le ha restituite a causa di un semplice disguido. Inoltre, in forza dei rimandi operati dalla direttiva 2003/87 ai diritti fondamentali ( 18 ) e al principio di proporzionalità ( 19 ), il giudice a quo si chiede se sia possibile, rispettando i precetti della direttiva di cui trattasi, ridurre l’importo delle ammende inflitte.

12.

Trovandosi così di fronte a una difficoltà di interpretazione del diritto dell’Unione, l’Högsta domstolen (Svezia) ha deciso di sospendere il procedimento e, con decisione di rinvio pervenuta alla cancelleria della Corte il 30 aprile 2012, di sottoporre alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, le due seguenti questioni pregiudiziali:

«1)   Se il gestore che non abbia restituito un numero sufficiente di quote di emissioni entro il 30 aprile debba pagare un’ammenda, in forza dell’articolo 16, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2003/87/CE (...), a prescindere dal motivo dell’inadempimento, ad esempio qualora il gestore effettivamente non le abbia restituite per una dimenticanza, un errore amministrativo oppure problemi tecnici entro il 30 aprile, benché disponesse in tale data di un numero sufficiente di quote di emissioni.

2)   In caso di risposta affermativa al primo quesito, se ai sensi dell’articolo 16, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2003/87 l’ammenda debba oppure possa essere oggetto di sgravio o rettifica, ad esempio nei casi indicati nel primo quesito».

III – Procedimento dinanzi alla Corte

13.

La due società ricorrenti nel procedimento principale, la Naturvårdsverket, il governo greco e la Commissione hanno depositato osservazioni scritte dinanzi alla Corte.

IV – Analisi

14.

Al fine di rispondere ai quesiti del giudice del rinvio, desidero precisare, brevemente, la logica che sottostà al sistema di scambio attuato dalla direttiva 2003/87. Analizzerò poi in particolare, alla luce dell’articolo 16, paragrafi 3 e 4, della suddetta direttiva, la posizione del gestore che non restituisce quote di emissioni sufficienti in quanto non ne detiene abbastanza e non se le è procurate sul mercato, rispetto a quella del gestore che viola l’obbligo di restituzione previsto dalla direttiva 2003/87 benché disponga di un numero di quote sufficienti a coprire le emissioni prodotte. Ne risulterà che il fondamento giuridico delle ammende inflitte nell’ambito della controversia oggetto del procedimento principale non è l’articolo 16, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2003/87, ma l’articolo 16, paragrafo 1, di quest’ultima, e si presenterà una questione ulteriore, vale a dire il carattere proporzionato o meno di dette ammende, che richiederà alcune considerazioni finali.

A – La logica del sistema per lo scambio di quote istituito dalla direttiva 2003/87

15.

L’adozione della direttiva 2003/87 rappresenta la cristallizzazione nel diritto dell’Unione dell’impegno assunto dalla Comunità e dagli Stati membri sulla scena internazionale di partecipare a uno sforzo comune di razionalizzazione e riduzione delle emissioni di gas a effetto serra responsabili dei cambiamenti climatici nocivi all’ambiente ( 20 ). Per conseguire in modo più efficace, tra il 2008 e il 2012, l’obiettivo della riduzione dell’8% delle emissioni di gas a effetto serra rispetto al livello del 1990 ( 21 ), la direttiva 2003/87 prevede la creazione, per tappe, di un «mercato europeo delle quote di emissione dei gas a effetto serra (...) con la minor riduzione possibile dello sviluppo economico e dell’occupazione» ( 22 ).

16.

In concreto, il sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra all’interno dell’Unione europea può essere descritto come segue.

17.

Dal 1o gennaio 2005 tutti gli impianti la cui attività rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/87 ( 23 ) devono disporre di un’autorizzazione a emettere gas a effetto serra ( 24 ). Questa autorizzazione viene concessa soltanto se l’autorità nazionale competente ha accertato che il gestore responsabile dell’impianto considerato «è in grado di controllare e comunicare le emissioni» ( 25 ).

18.

In parallelo, gli Stati membri elaborano, su base individuale, un piano nazionale di assegnazione delle quote di emissioni per ciascuno dei periodi fissati dalla direttiva 2003/87 ( 26 ) determinando le quote totali di emissioni assegnate per il periodo considerato ( 27 ). Per il triennio a partire dal 1o gennaio 2005 – quello durante il quale sono state inflitte le due ammende oggetto del procedimento principale –, gli Stati membri erano chiamati dunque a decidere della quantità totale di quote da assegnare e dell’assegnazione di dette quote al gestore di ciascun impianto ( 28 ). Una parte delle quote totali di emissioni stabilite per tutto il periodo deve essere rilasciata ogni anno ai gestori entro il 28 febbraio ( 29 ).

19.

Le emissioni devono essere controllate ( 30 ) dai gestori e ciascun gestore deve, a tal fine, comunicare all’autorità competente le emissioni rilasciate dal suo impianto ( 31 ). Questa comunicazione delle emissioni per l’anno civile precedente deve essere controllata da un responsabile della verifica indipendente dal gestore ( 32 ) e l’autorità nazionale competente deve esserne informata ( 33 ). Se risulta che la comunicazione delle emissioni dell’anno precedente non è stata riconosciuta come conforme, gli Stati membri devono far sì che il gestore considerato non possa trasferire ulteriormente altre quote ( 34 ).

20.

Entro il 30 aprile di ogni anno, ciascun gestore di un impianto deve procedere alla restituzione delle quote di emissioni, vale a dire deve restituire un numero di quote pari alle emissioni totali prodotte dal suo impianto nel corso dell’anno civile precedente ( 35 ). Detto obbligo di restituzione annuale è altresì specificato al gestore nell’autorizzazione a emettere gas a effetto serra ( 36 ). Questa restituzione precede l’ultima tappa che è quella della cancellazione delle quote di emissioni rilasciate e poi effettivamente utilizzate ( 37 ).

21.

Il sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra si caratterizza per una logica contabile ( 38 ) molto rigorosa. Viene tra l’altro tenuto un registro a livello nazionale che contiene una contabilità separata per registrare le quote possedute, rilasciate o cedute da ciascun soggetto interessato ( 39 ). La tenuta di una siffatta rigorosa contabilità risulta ancor più necessaria in quanto, in definitiva, dal rispetto da parte dei gestori degli obblighi previsti a loro carico dal sistema per lo scambio di quote dipende anche il rispetto dell’impegno assunto dagli Stati membri e dall’Unione, a livello comunitario e internazionale, di diminuire sensibilmente le loro emissioni antropiche aggregate dei gas a effetto serra ( 40 ).

22.

Il corretto funzionamento del sistema è garantito dalla previsione di sanzioni, alle quali è dedicato l’articolo 16 della direttiva 2003/87. Il suo paragrafo 1 prevede, in modo classico, che gli Stati membri devono determinare le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate ai sensi della direttiva. Le sanzioni stabilite dagli Stati membri devono essere «efficaci, proporzionate e dissuasive».

23.

Le sanzioni applicabili in caso di violazione dell’obbligo di restituzione di quote di emissioni «sufficienti» sono sottratte alla libera scelta degli Stati membri per essere precisate dalla stessa direttiva 2003/87.

24.

Da un lato, gli Stati membri devono pubblicare i nomi dei gestori che hanno violato l’obbligo di «restituzione di quote di emissioni sufficienti» ( 41 ). Dall’altro, detti Stati sono altresì tenuti a infliggere un’ammenda a ogni gestore che non abbia restituito, entro il 30 aprile di ogni anno, «un numero di quote di emissioni sufficiente a coprire le emissioni rilasciate durante l’anno precedente» ( 42 ). A norma dell’articolo 16, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2003/87, l’ammenda è presentata come un’«ammenda per le emissioni in eccesso». È lo stesso legislatore a fissarne l’importo. Così, per il periodo 2005‑2008, «per ogni tonnellata di biossido di carbonio equivalente emessa da un impianto per il quale il gestore non ha restituito le quote di emissione, gli Stati membri applicano un’ammenda (...) per le emissioni in eccesso, pari a 40 EUR» ( 43 ). Viene inoltre precisato che «il pagamento dell’ammenda per le emissioni in eccesso non dispensa il gestore dall’obbligo di restituire un numero di quote di emissioni corrispondente a tali emissioni in eccesso all’atto della restituzione delle quote relative alle emissioni dell’anno civile seguente» ( 44 ).

B – Il carattere polimorfo della violazione dell’obbligo di restituzione delle quote

25.

Dalla lettera dell’articolo 16, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2003/87 risulta che l’ammenda è concepita come un’«ammenda per le emissioni in eccesso» e l’importo fissato dal legislatore si applica «per ogni tonnellata di biossido di carbonio equivalente emessa da un impianto per il quale il gestore non ha restituito le quote di emissione». I quesiti del giudice del rinvio sono volti, in particolare, a sapere se l’ammenda debba essere inflitta alle stesse condizioni al gestore che, pur non avendo superato la quantità di emissioni autorizzate, non ha tuttavia formalmente restituito le quote ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2003/87, cosicché l’ammenda prevista da detta direttiva deve essere applicata a ogni tonnellata di biossido di carbonio equivalente emessa per la quale non sia stata restituita entro il 30 aprile nessuna quota, benché detenuta.

26.

A questo proposito, la Naturvårdsverket, il governo greco e la Commissione sostengono, essenzialmente, la posizione che segue. Il meccanismo sanzionatorio previsto dall’articolo 16, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2003/87, fungerebbe da garante dell’applicazione uniforme, efficace e trasparente della direttiva de qua. Tenuto conto dell’obiettivo fondamentale perseguito da tale direttiva, vale a dire la protezione dell’ambiente, e del fatto che il corretto funzionamento del sistema per lo scambio dipenderebbe dalla disciplina di ciascuno dei soggetti coinvolti, l’ammenda andrebbe applicata indipendentemente dal fatto che il gestore fosse o meno in possesso di un numero di quote corrispondenti alle emissioni realmente rilasciate. Dato che l’articolo 16, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2003/87 opera come lex specialis rispetto all’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva in parola, la sanzione da esso imposta dovrebbe essere applicata rigorosamente e l’ammenda prevista, nel nome dell’interesse generale, dovrebbe colpire allo stesso modo la mancata restituzione in tempo utile di un numero di quote sufficienti a coprire le emissioni prodotte e il superamento delle quote di emissioni. La nozione di «emissioni in eccesso» ai sensi dell’articolo 16, paragrafi 3 e 4, della direttiva di cui trattasi, dovrebbe essere interpretata come riferita a ogni quota, detenuta o meno, non restituita nei termini.

27.

Confesso di avere qualche difficoltà a seguire un’argomentazione siffatta. Pur comprendendo facilmente l’importanza che riveste, per l’insieme del sistema per lo scambio di quote, il rispetto da parte di ciascuno degli attori degli obblighi previsti dalla direttiva 2003/87, resto tuttavia dell’idea che la violazione dell’obbligo di restituzione non rivesta la stessa intensità quando è noto e incontestato che il gestore è in possesso di un numero sufficiente di quote di emissioni e quando, al contrario, esso si è reso responsabile di emissioni eccessive, superiori a quelle autorizzate dal numero di quote detenute. In tali circostanze, l’applicazione di una stessa sanzione a due infrazioni della direttiva 2003/87 di natura e portata ben diversa sarebbe problematica. L’analisi letterale e l’analisi teleologica dell’articolo 16, paragrafi 3 e 4, della suddetta direttiva confermano, a mio avviso, che le due situazioni in esame devono essere distinte.

28.

Da un punto di vista letterale, occorre effettivamente riconoscere che l’articolo 16, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2003/87 non è certo privo di ambiguità. Ciò detto, dal momento che l’intero sistema si fonda sulla premessa che i gestori sono in possesso di un’autorizzazione a emettere e che, in forza di detta autorizzazione, è stato attribuito loro un certo numero di quote di emissioni, sembrerebbe che per «emissione in eccesso» ai sensi di detto articolo si debba intendere necessariamente un’emissione che non è coperta da una quota di emissioni attribuita e detenuta. Dal testo dell’articolo in parola risulta altresì che la sanzione riguarda «il gestore (...) che non restituisce un numero di quote di emissioni sufficiente a coprire le emissioni rilasciate durante l’anno precedente» ( 45 ), mentre esso si sarebbe potuto limitare a citare «il gestore che non restituisce». Da detta precisazione si evince che l’ammenda inflitta in base allo stesso articolo non sanziona la violazione dell’obbligo di restituzione in sé, ma al contrario la violazione dell’obbligo di restituzione che deriva dal fatto che un gestore non possiede quote di emissioni sufficienti per coprire le emissioni rilasciate e non se le è procurate sul mercato, con la conseguenza che detto gestore si è reso colpevole di emissioni in eccesso, intese come emissioni non autorizzate.

29.

Una siffatta interpretazione letterale è confermata dall’analisi teleologica. I lavori preparatori della direttiva 2003/87 ci indicano così che la sanzione prevista all’articolo 16, paragrafi 3 e 4, di detta direttiva ha per obiettivo di far sì che «[l’]importo [dell’ammenda] sia sufficientemente elevato affinché l’unica soluzione razionale per il gestore consista nell’acquistare sul mercato un numero di quote sufficiente per coprire le emissioni effettivamente rilasciate dal suo impianto» ( 46 ). Di conseguenza, il quantum dell’ammenda è stato fissato dal legislatore in funzione del prezzo stimato della quota così da incentivare i gestori a rifornirsi sul mercato ( 47 ).

30.

Orbene, la particolarità della situazione oggetto del procedimento principale consiste nel fatto che è pacifico che, per l’anno 2007, le due società cui è stata inflitta l’ammenda possedevano una quantità di quote molto più ampia della quantità di emissioni effettive. Non era quindi necessario che cercassero di acquisire sul mercato le quote mancanti. L’obiettivo di incentivazione della sanzione prevista dall’articolo di cui trattasi tende quindi a confermare che la norma in parola riguarda la situazione di un gestore che non ha restituito quote sufficienti per coprire le sue emissioni poiché non si è procurato le quote mancanti sul mercato. È questo tipo di comportamento, particolarmente grave, che deve essere sanzionato in modo rigoroso e che deve essere colpito dall’ammenda prevista all’articolo 16, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2003/87.

31.

Per contro, benché la mancata restituzione nei tempi previsti integri indubbiamente una perturbazione del sistema, dato il rigore della logica contabile che lo anima, non si deve dimenticare che le suddette società non si sono rese responsabili di nessun maggior inquinamento e che non è stato nemmeno accertato che, nel caso delle due società considerate, la ritardata restituzione sia stata causata dalla riscontrata volontà di eludere il sistema, di speculare sul mercato e/o di trarre profitto in modo tale da falsare la concorrenza ( 48 ), e questo tanto più che, a detta delle ricorrenti nel procedimento principale, i loro conti operazioni sono stati rapidamente bloccati dall’autorità incaricata della tenuta del registro ( 49 ). Orbene, a norma dell’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2003/87, l’ammenda si accompagna anche alla pubblicazione dei nomi «dei gestori che hanno violato i requisiti per la restituzione di quote di emissioni sufficienti». Questo metodo ispirato al «name and shame», applicato nel contesto della direttiva in parola, ha senso soltanto se riguarda i gestori che si sono resi responsabili di emissioni superiori alla quantità autorizzata senza attenersi alle regole del gioco del mercato, vale a dire senza procurarsi le quote mancanti sul mercato, e che, così facendo, hanno messo a rischio il conseguimento dell’obiettivo perseguito dalla suddetta direttiva. Si comprende bene qui come la pubblicazione del nome delle due società ricorrenti nel procedimento principale, che costituisce un corollario della sanzione prevista all’articolo 16, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2003/87, sarebbe manifestamente immeritata in considerazione degli elementi appena indicati.

32.

Da quanto precede risulta che l’articolo 16, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2003/87 deve essere interpretato nel senso che non comprende il caso di una violazione dell’obbligo di restituzione da parte di un gestore che possiede effettivamente, al 30 aprile dell’anno considerato, un numero di quote sufficiente a coprire le emissioni rilasciate nell’anno precedente e che non si è quindi reso responsabile di un inquinamento maggiore rispetto alla quantità autorizzata. Da questa constatazione consegue che la seconda questione sollevata dal giudice del rinvio non rileva ai fini della risoluzione della controversia principale.

33.

Concludere in questo senso non significa tuttavia affermare che la violazione dell’obbligo di restituzione di cui si sono resi responsabili i ricorrenti nel procedimento principale avrebbe dovuto restare impunita, ma significa semplicemente che la sanzione della mancata restituzione entro il 30 aprile di dette quote di emissioni da parte di un gestore che possiede quote sufficienti per coprire le emissioni prodotte nell’anno precedente non è stata oggetto di armonizzazione da parte del legislatore dell’Unione ed è lasciata alla valutazione degli Stati membri. L’applicazione delle due ammende oggetto del procedimento principale non ha quindi il proprio fondamento giuridico nell’articolo 16, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2003/87, ma nell’articolo 16, paragrafo 1, di detta direttiva.

34.

Orbene, l’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2003/87 impone agli Stati membri di prevedere norme relative alle sanzioni che devono risultare proporzionate. Alla luce delle circostanze, appare utile formulare alcune considerazioni per il giudice del rinvio il quale, per dirimere la controversia principale, dovrà ovviamente chiedersi se la norma di diritto svedese sulla base della quale sono state inflitte le due ammende risponda a detta esigenza di proporzionalità.

C – Osservazioni finali sulla proporzionalità delle ammende controverse nel procedimento principale

35.

Il fondamento giuridico delle due ammende inflitte alle società ricorrenti nel procedimento principale è quindi l’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2003/87. A norma di detto articolo compete agli Stati membri determinare le norme relative alle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate ai sensi della presente direttiva e dette sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.

36.

In mancanza di un’armonizzazione complessiva delle norme relative alle sanzioni previste in caso di violazione delle regole fissate dalla direttiva 2003/87, deve essere riconosciuto agli Stati membri un ampio margine di manovra ( 50 ). Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, «in mancanza di armonizzazione della normativa dell’Unione nel settore delle sanzioni applicabili in caso di inosservanza delle condizioni previste da un regime istituito da tale normativa, gli Stati membri possono scegliere le sanzioni che sembrano loro appropriate. Essi tuttavia sono tenuti a esercitare questa competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali e, di conseguenza, nel rispetto del principio di proporzionalità» ( 51 ). Dette sanzioni non devono quindi «eccedere i limiti di ciò che è idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti da tale normativa» e «gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti» ( 52 ). Il principio di proporzionalità s’impone d’altro canto «agli Stati membri non solamente per quanto concerne la determinazione (...) delle norme relative all’entità delle sanzioni, ma anche riguardo alla valutazione degli elementi che possono essere presi in considerazione per la fissazione della sanzione» ( 53 ).

37.

L’applicazione del capo 8, articolo 6, della legge in materia di scambio di quote di emissioni alle società ricorrenti nel procedimento principale deve quindi essere intesa come la sanzione applicata dall’autorità svedese competente in caso di violazione dell’obbligo di restituzione da parte di un gestore che disponeva, al 30 aprile dell’anno considerato, di un numero di quote sufficiente per coprire le emissioni prodotte nell’anno precedente e che non si è reso responsabile di nessun maggior inquinamento rispetto alla quantità autorizzata. Ciascuna delle suddette società ha dovuto così effettuare il pagamento di un’ammenda di importo significativo (rispettivamente SEK 3 959 366 e SEK 15 516 051), applicata in modo automatico, senza preavviso e – così sembra – senza possibilità di adeguamento, per ogni tonnellata di biossido di carbonio equivalente emessa nel corso dell’anno precedente. Orbene, il legislatore dell’Unione ha tenuto a precisare non soltanto che la direttiva 2003/87 rispetta i diritti fondamentali ( 54 ), ma anche che la creazione di un mercato delle quote di emissione dei gas a effetto serra deve avvenire «con la minor riduzione possibile dello sviluppo economico e dell’occupazione» ( 55 ).

38.

L’autorità svedese competente ha quindi allineato il regime sanzionatorio a quello previsto all’articolo 16, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2003/87. Un simile allineamento, per il suo carattere marcatamente repressivo, mira a contribuire al conseguimento dell’obiettivo legittimamente perseguito dalla direttiva 2003/87 di proteggere l’ambiente riducendo, a termine, le emissioni antropiche di gas a effetto serra e a disincentivare le condotte che possono perturbare il sistema per lo scambio di quote istituito dalla suddetta direttiva. In tale contesto l’applicazione di un’ammenda risulta necessariamente adeguata per conseguire l’obiettivo perseguito dal legislatore dell’Unione.

39.

Occorre tuttavia chiedersi se essa ecceda i limiti di ciò che è necessario alla realizzazione degli obiettivi legittimamente perseguiti. A questo proposito mi limiterò a illustrare gli elementi salienti del meccanismo sanzionatorio previsto al capo 8, articolo 6, della legge in materia di scambio di quote di emissioni.

40.

Ricordo quindi che dal fascicolo non risulta che sia stato inviato alle due società ricorrenti nel procedimento principale un qualche preavviso o richiamo prima dell’applicazione delle ammende. Orbene, può essere agevolmente prevista una misura meno restrittiva ( 56 ). Non solo, il carattere automatico e immediato dell’applicazione dell’ammenda impedisce di tener conto in alcun modo delle circostanze del caso di specie, anche se, in primo luogo, un disguido amministrativo o tecnico è all’origine della violazione dell’obbligo imposto dalla direttiva, in secondo luogo, non è stato causato un inquinamento maggiore rispetto a quanto autorizzato e non è stato riscontrato in concreto nessun abuso, e, in terzo luogo, dal fascicolo si evince – ferma restando la verifica da parte del giudice del rinvio – che le ricorrenti nel procedimento principale hanno contattato, il 14 maggio 2007, l’autorità incaricata della tenuta del registro al fine di regolarizzare la propria situazione, autorità questa che aveva già provveduto a bloccare i loro conti operazioni.

41.

Salvo verifica da parte del giudice del rinvio, si può ritenere che l’applicazione alle società ricorrenti nel procedimento principale del capo 8, articolo 6, della legge in materia di scambio di quote di emissioni, particolarmente rigoroso, non presenti un nesso stretto con l’intensità della perturbazione causata al sistema di scambio.

42.

Dagli elementi che precedono risulta così che, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, il requisito della proporzionalità prevista all’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2003/87 osta a un meccanismo sanzionatorio come quello previsto al capo 8, articolo 6, della legge in materia di scambio di quote di emissioni nella misura in cui esso si applica alle stesse condizioni, in modo automatico, immediato e senza previo esame delle circostanze, al gestore che non ha adempiuto l’obbligo di restituzione pur possedendo un numero di quote di emissioni sufficiente a coprire le emissioni prodotte e che non si è reso colpevole di alcun maggiore inquinamento rispetto alla quantità autorizzata.

V – Conclusioni

43.

Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni sollevate dall’Högsta domstolen nel modo seguente:

L’articolo 16, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che non rientra nel suo ambito di applicazione il caso di una violazione dell’obbligo di restituzione da parte di un gestore che possiede effettivamente, al 30 aprile dell’anno considerato, un numero di quote di emissioni sufficiente a coprire le emissioni rilasciate nell’anno precedente e che non si è quindi reso responsabile di un inquinamento maggiore rispetto alla quantità autorizzata.

Il fondamento giuridico della sanzione prevista in caso di violazione dell’obbligo di restituzione da parte di un gestore che incontestabilmente detiene un numero di quote di emissioni sufficiente a coprire le emissioni dell’anno precedente e che non si è reso responsabile di alcun inquinamento maggiore rispetto alla quantità autorizzata, è l’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2003/87.

In circostanze come quelle oggetto del procedimento principale, l’esigenza di proporzionalità prevista all’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2003/87 deve essere interpretata nel senso che osta, fatte salve le necessarie verifiche dei fatti da parte del giudice del rinvio, a un meccanismo sanzionatorio come quello previsto al capo 8, articolo 6, della legge n. 1199 del 2004 in materia di scambio di quote di emissioni [lagen (2004:1199) om handel med utsläppsrättigheter] nella misura in cui esso si applica, alle stesse condizioni, in modo automatico, immediato e senza previo esame delle circostanze, al gestore che non ha adempiuto l’obbligo di restituzione pur possedendo un numero di quote di emissioni sufficiente a coprire le emissioni prodotte e che non si è reso colpevole di alcun maggiore inquinamento rispetto alla quantità autorizzata.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU L 275, pag. 32.

( 3 ) Articolo 9, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2003/87.

( 4 ) Articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2003/87.

( 5 ) Articolo 10 della direttiva 2003/87.

( 6 ) Articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 2003/87.

( 7 ) Articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2003/87.

( 8 ) Articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2003/87.

( 9 ) Articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2003/87.

( 10 ) Articolo 16, paragrafo 3, della direttiva 2003/87.

( 11 ) Articolo 16, paragrafo 4, della direttiva 2003/87.

( 12 ) Articolo 16, paragrafo 4, in fine, della direttiva 2003/87.

( 13 ) Capo 5, articolo 1, della legge in materia di scambio di quote di emissioni. Il gestore che non ha inviato la dichiarazione verificata entro il 31 marzo dell’anno successivo deve versare una penale di 20000 corone svedesi (SEK), salvo che detta penale risulti manifestamente ingiustificata. L’importo della penalità in parola non può essere ridotto, ma può essere oggetto di sgravio (v. capo 8, articolo 5 bis, della legge in materia di scambio di quote di emissioni).

( 14 ) Capo 5, articolo 1, della legge in materia di scambio di quote di emissioni.

( 15 ) Capo 6, articolo 1, della legge in materia di scambio di quote di emissioni.

( 16 ) Capo 8, articolo 6, della legge in materia di scambio di quote di emissioni. Il controvalore in corone svedesi è fissato al capo 8, articolo 6, terzo comma, della legge in materia di scambio di quote di emissioni.

( 17 ) Capo 8, articolo 7, della legge in materia di scambio di quote di emissioni.

( 18 ) V. considerando 27 della direttiva 2003/87.

( 19 ) V. considerando 30 e articolo 16, paragrafo1, della direttiva 2003/87.

( 20 ) V. sentenza del 16 dicembre 2008, Arcelor Atlantique e Lorraine e a. (C-127/07, Racc. pag. I-9895, punti 28 e segg.).

( 21 ) Considerando 2 della direttiva 2003/87.

( 22 ) Considerando 5 della direttiva 2003/87.

( 23 ) Sebbene ciò non rilevi ai fini della presente causa, osservo che tale ambito di applicazione è stato recentemente esteso dalla direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, che modifica la direttiva 2003/87 al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra (GU L 140, pag. 63).

( 24 ) Articoli 4 e 5 della direttiva 2003/87.

( 25 ) Articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2003/87.

( 26 ) Articolo 11 della direttiva 2003/87.

( 27 ) Articolo 9 della direttiva 2003/87.

( 28 ) Articoli 10 e 11, paragrafo 1, della direttiva 2003/87.

( 29 ) Articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2003/87.

( 30 ) Articolo 14, paragrafo 2, della direttiva 2003/87.

( 31 ) Articolo 14, paragrafo 3, della direttiva 2003/87.

( 32 ) Articolo 15, primo comma, e allegato V della direttiva 2003/87.

( 33 ) Articolo 15, primo comma, della direttiva 2003/87.

( 34 ) Articolo 15, secondo comma, della direttiva 2003/87. Sul carattere trasferibile delle quote, v. articolo 12, paragrafo 1, di detta direttiva.

( 35 ) Articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2003/87. La procedura di restituzione è disciplinata dagli articoli 52 e segg. del regolamento (CE) n. 2216/2004 della Commissione, del 21 dicembre 2004, relativo ad un sistema standardizzato e sicuro di registri a norma della direttiva 2003/87 e della decisione n. 280/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 386, pag. 1).

( 36 ) Articolo 6, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 2003/87.

( 37 ) Articolo 12, paragrafo 3, in fine, della direttiva 2003/87.

( 38 ) Articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2003/87.

( 39 ) Articolo 19 della direttiva 2003/87.

( 40 ) V. considerando 4 della direttiva 2003/87.

( 41 ) Articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2003/87.

( 42 ) Articolo 16, paragrafo 3, della direttiva 2003/87.

( 43 ) Articolo 16, paragrafo 4, della direttiva 2003/87. L’importo dell’ammenda è stato così fissato a un livello meno elevato durante il periodo detto di «apprendistato» (vale a dire il periodo tra il 2005 e il 2008).

( 44 ) Articolo 16, paragrafo 4, in fine, della direttiva 2003/87.

( 45 ) Il corsivo è mio.

( 46 ) Punto 17 della motivazione della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce una disciplina per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio [COM (2001) 581 def.].

( 47 ) V. la proposta di direttiva succitata (pag. 52).

( 48 ) A questo proposito, occorre ricordare che un mezzo meno radicale per premunirsi contro le tentazioni speculative cui sarebbero esposti i gestori e di garantire un vantaggio per l’ambiente consisterebbe in una riduzione drastica del numero di quote attribuite dagli Stati membri [v. sentenza Arcelor Atlantique e Lorraine e a., cit. (punto 31)]. Dal fascicolo emerge inoltre che, al 30 aprile 2007 – ossia, certamente, durante il periodo di apprendistato del sistema –, la Billerud Karlsborg AB e la Billerud Skärblacka AB detenevano, rispettivamente, 66705 quote (di cui 10828 soggette all’obbligo di restituzione) e 178405 quote (di cui 42433 soggette all’obbligo di restituzione).

( 49 ) Secondo quanto affermato dalle ricorrenti nel procedimento principale, i conti operazioni sarebbero stati bloccati a partire da una data collocata tra il 1o e il 14 maggio 2007.

( 50 ) V., per analogia, sentenza del 29 marzo 2012, Commissione/Estonia (C‑505/09 P, punto 53).

( 51 ) Sentenza del 9 febbraio 2012, Urbán (C‑210/10, punto 23 e giurisprudenza citata).

( 52 ) Sentenza Urbán, cit. (punto 24 e giurisprudenza citata).

( 53 ) V., per analogia, sentenza Urbán, cit. (punto 54).

( 54 ) Considerando 27 della direttiva 2003/87.

( 55 ) Considerando 5 della direttiva 2003/87.

( 56 ) Per quanto attiene all’applicazione dell’ammenda prevista all’articolo 16, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2003/87, il diritto francese prevede, ad esempio, che l’autorità competente intima al gestore che ha violato l’obbligo di restituire un numero di quote sufficienti a coprire le emissioni prodotte l’anno precedente, di adempiere tale obbligo entro il termine di un mese [v. articolo L. 229‑18, paragrafo II, del code de l’environnement (codice dell’ambiente)].