CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PEDRO CRUZ VILLALÓN

presentate il 20 giugno 2013 ( 1 )

Causa C‑72/12

Gemeinde Altrip,

Gebrüder Hört GbR,

Willi Schneider

contro

Land Rheinland‑Pfalz

(Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesverwaltungsgericht, Germania)

«Direttiva 85/337/CEE — Articolo 10 bis — Portata del diritto di impugnare decisioni di approvazione di progetti per i quali si prevede un notevole impatto ambientale — Applicabilità ratione temporis — Livello di controllo»

1. 

La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame proposta dal Bundesverwaltungsgericht offre alla Corte di giustizia, due anni dopo la sua pronuncia nella causa Trianel ( 2 ), un’altra occasione per prendere posizione sull’interpretazione dell’articolo 10 bis della direttiva 85/337/CEE (in prosieguo: la «direttiva VIA») ( 3 ), nella versione modificata dalla direttiva 2003/35/CE ( 4 ), nell’ambito del diritto amministrativo e del diritto processuale amministrativo tedeschi.

2. 

Mentre la pronuncia nella causa Trianel riguardava l’accesso agli organi giurisdizionali di uno Stato membro da parte di organizzazioni non governative di tutela dell’ambiente nel quadro dell’articolo 10 bis della direttiva VIA, il procedimento di specie tratta, da un lato, dell’applicabilità ratione temporis di tale norma e, dall’altro, in particolare della portata del controllo che essa prescrive.

3. 

Tali questioni si pongono nel contesto di un ricorso avverso una decisione di approvazione del piano in materia di acque assunta dal Land Rheinland‑Pfalz, in cui i ricorrenti fanno valere che la valutazione di impatto ambientale (in prosieguo: la «VIA») sarebbe stata eseguita in modo irregolare.

I – Contesto normativo

A – Diritto internazionale

4.

La convenzione UN-ECE sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (in prosieguo: la «convenzione di Aarhus») è stata firmata dalla Comunità europea il 25 giugno 1998, è entrata in vigore il 30 ottobre 2001 ed è stata approvata a nome della Comunità europea il 17 febbraio 2005 ( 5 ). La Repubblica federale di Germania ha firmato tale convenzione il 25 giugno 1998 e l’ha ratificata il 15 gennaio 2007.

5.

Le disposizioni della convenzione di Aarhus sono comunemente rappresentate come uno schema a tre pilastri: il primo riguarda l’accesso alle informazioni ambientali, il secondo la partecipazione del pubblico ai processi in materia ambientale e il terzo l’accesso alla giustizia in materia ambientale ( 6 ).

6.

I considerando 6, 7, 8, 13 e 18 del preambolo della convenzione di Aarhus sono così formulati:

«(6)

Riconoscendo che un’adeguata tutela dell’ambiente è indispensabile per il benessere umano e per il godimento dei diritti fondamentali, compreso il diritto alla vita,

(7)

Riconoscendo (…) che ogni persona ha il diritto di vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere e il dovere di tutelare e migliorare l’ambiente, individualmente o collettivamente, nell’interesse delle generazioni presenti e future,

(8)

Considerando che, per poter affermare tale diritto e adempiere a tale obbligo, i cittadini devono avere accesso alle informazioni, essere ammessi a partecipare ai processi decisionali e avere accesso alla giustizia in materia ambientale e riconoscendo che, per esercitare i loro diritti, essi possono aver bisogno di assistenza,

(…)

(13)

Riconoscendo altresì l’importante ruolo che i singoli, le organizzazioni non governative e il settore privato possono svolgere ai fini della tutela dell’ambiente,

(…)

(18)

Interessate a che il pubblico (comprese le organizzazioni) abbia accesso a meccanismi giudiziari efficaci, in grado di tutelarne i legittimi interessi e di assicurare il rispetto della legge».

7.

L’articolo 1 della convenzione di Aarhus ne stabilisce la finalità:

«Per contribuire a tutelare il diritto di ogni persona, nelle generazioni presenti e future, a vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere, ciascuna Parte garantisce il diritto di accesso alle informazioni, di partecipazione del pubblico ai processi decisionali e di accesso alla giustizia in materia ambientale in conformità delle disposizioni della presente convenzione».

8.

L’articolo 2, paragrafo 5, definisce come «pubblico interessato»«il pubblico che subisce o può subire gli effetti dei processi decisionali in materia ambientale o che ha un interesse da far valere al riguardo». Secondo l’articolo 2, paragrafo 4, la nozione di «pubblico» include tra l’altro «una o più persone fisiche o giuridiche».

9.

L’articolo 3, paragrafo 1, detta le seguenti previsioni:

«Ciascuna Parte adotta i provvedimenti legislativi, regolamentari e gli altri provvedimenti necessari, compresi i provvedimenti destinati ad assicurare la compatibilità tra le disposizioni adottate per dare attuazione alla presente convenzione in tema di accesso alle informazioni, partecipazione del pubblico e accesso alla giustizia, nonché le opportune misure di esecuzione, al fine di stabilire e mantenere un quadro normativo chiaro, trasparente e coerente per l’attuazione della presente convenzione».

10.

L’articolo 9, paragrafo 2, della convenzione di Aarhus così prevede:

«Nel quadro della propria legislazione nazionale, ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico interessato

a)

che vantino un interesse sufficiente o in alternativa

b)

che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di detta Parte esiga tale presupposto,

abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale e/o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni dell’articolo 6 e, nei casi previsti dal diritto nazionale e fatto salvo il paragrafo 3, ad altre pertinenti disposizioni della presente convenzione.

Le nozioni di “interesse sufficiente” e di “violazione di un diritto” sono determinate secondo il diritto nazionale, coerentemente con l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia nell’ambito della presente convenzione. (…)

Le disposizioni del presente paragrafo non escludono la possibilità di esperire un ricorso preliminare dinanzi ad un’autorità amministrativa, né dispensano dall’obbligo di esaurire le vie di ricorso amministrativo prima di avviare un procedimento giudiziario, qualora tale obbligo sia previsto dal diritto nazionale».

B – Normativa dell’Unione europea

11.

Per allineare la normativa europea alla convenzione di Aarhus, prima della ratifica di quest’ultima è stata adottata a livello comunitario la direttiva 2003/35 ( 7 ), che ha modificato la direttiva VIA e la direttiva 96/61/CE (in prosieguo: la «direttiva IPPC») ( 8 )«per garantirne la totale compatibilità con le disposizioni della convenzione di A[a]rhus, in particolare (…) con l’articolo 9, paragrafi 2 e (…)» ( 9 ).

12.

Il considerando 9 della direttiva 2003/35/CE dispone quanto segue:

«L’articolo 9, paragrafi 2 e 4, della convenzione di Aarhus contiene norme sull’accesso alle procedure giudiziarie, o di altra natura, al fine di contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico contenute nell’articolo 6 della convenzione».

13.

L’articolo 6, primo comma, prima frase, della direttiva 2003/35 prevede quanto segue:

«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 25 giugno 2005».

14.

L’articolo 3 della direttiva 2003/35 apporta diverse modifiche alla direttiva VIA. Tra l’altro, inserisce nell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva VIA la seguente definizione di «pubblico interessato»: «pubblico che subisce o può subire gli effetti delle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, o che ha un interesse in tali procedure». Secondo una definizione successiva, la nozione di «pubblico» comprende, come nell’ambito della convenzione di Aarhus, «una o più persone fisiche o giuridiche».

15.

La direttiva 2003/35 inserisce inoltre nella direttiva VIA un nuovo articolo 10 bis. In esso si dispone quanto segue:

«Gli Stati membri provvedono, nel quadro del proprio ordinamento giuridico nazionale, affinché i membri del pubblico interessato:

a)

che vantino un interesse sufficiente o, in alternativa[,]

b)

che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale presupposto,

abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla presente direttiva.

Gli Stati membri stabiliscono in quale fase possono essere contestati le decisioni, gli atti o le omissioni.

Gli Stati membri determinano ciò che costituisce interesse sufficiente e violazione di un diritto, compatibilmente con l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia. (…)

Le disposizioni del presente articolo non escludono la possibilità di avviare procedure di ricorso preliminare dinanzi all’autorità amministrativa e non incidono sul requisito dell’esaurimento delle procedure di ricorso amministrativo quale presupposto dell’esperimento di procedure di ricorso giurisdizionale, ove siffatto requisito sia prescritto dal diritto nazionale».

16.

La direttiva VIA è stata abrogata il 17 febbraio 2012 per essere codificata e sostituita dalla direttiva 2011/92/UE ( 10 ), il cui articolo 11 corrisponde all’articolo 10 bis della direttiva VIA. Alla fattispecie in esame, data la sua tempistica, deve essere applicata la direttiva VIA.

C – Normativa nazionale

17.

L’articolo 61 del Verwaltungsgerichtsordnung (codice di procedura amministrativa tedesco; in prosieguo: il «VwGO») ( 11 ) dispone quanto segue:

«Hanno legittimazione attiva e passiva

1.

le persone fisiche e giuridiche,

2.

le associazioni, nella misura in cui possono beneficiare di un diritto».

18.

L’articolo 46 del Verwaltungsverfahrensgesetz (legge tedesca sul procedimento amministrativo; in prosieguo: il «VwVfG») ( 12 ), riguardante le conseguenze dei vizi procedurali e formali, stabilisce quanto segue:

«L’annullamento di un atto amministrativo che non sia nullo ai sensi dell’articolo 44 non può essere richiesto con l’unica motivazione che sarebbe venuto in essere in violazione di norme procedurali, formali o sulla competenza territoriale ove sia evidente che la violazione non ha influenzato la decisione di merito».

19.

Le disposizioni che danno attuazione alle norme dettate dalla direttiva 2003/35 in materia di ricorsi si trovano nella legge recante disposizioni complementari relative ai ricorsi in materia ambientale ai sensi della direttiva 2003/35/CE (Umwelt‑Rechtsbehelfsgesetz; in prosieguo: l’«UmwRG») ( 13 ). L’articolo 1, paragrafo 1, di detta legge così prevede:

«La presente legge è applicabile ai ricorsi avverso:

1.

decisioni ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, della legge relativa alla valutazione di impatto ambientale in merito all’ammissibilità di progetti, con riferimento ai quali:

a)

ai sensi della legge sulla valutazione di impatto ambientale, (…)

può essere previsto l’obbligo di effettuare una valutazione di impatto ambientale».

20.

L’articolo 4 dell’UmwRG così prevede:

«1.   L’annullamento di una decisione sull’ammissibilità di un progetto, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, prima frase, punto 1, può essere richiesto se, secondo quanto disposto dalla legge sulla valutazione di impatto ambientale, (…) sia stata omessa

1.

la necessaria valutazione dell’impatto ambientale o

2.

la necessaria valutazione preliminare del singolo caso circa l’obbligo di VIA

e se tale omissione non sia stata sanata. (…)

3.   I paragrafi 1 e 2 si applicano mutatis mutandis ai ricorsi proposti dagli interessati ai sensi dell’articolo 61, punti 1 e 2, del codice di procedura amministrativa».

21.

L’articolo 5, paragrafo 1, dell’UmwRG, disposizione transitoria, così prevede: «La presente legge si applica ai procedimenti di cui all’articolo 1, paragrafo 1, prima frase, che sono stati avviati o che avrebbero dovuto esserlo dopo il 25 giugno 2005».

22.

L’articolo 2 della legge sulla valutazione di impatto ambientale (in prosieguo: l’«UVPG») ( 14 )dispone quanto segue:

«1.   La valutazione dell’impatto ambientale rientra nell’ambito delle procedure decisionali amministrative da seguire per l’adozione delle decisioni sull’ammissibilità dei progetti. (…)

3.   Sono decisioni ai sensi del paragrafo 1, prima frase:

1.

l’autorizzazione, il permesso, (…), la decisione di approvazione del piano (Planfeststellungsbeschluss)».

II – Fatti e causa principale

23.

La controversia principale verte su un ricorso proposto contro la decisione di approvazione del piano di gestione delle acque assunta dal Land Rheinland‑Pfalz e avente ad oggetto la realizzazione di un sistema di ritenzione delle acque nella pianura del Reno superiore a sud delle città di Mannheim e Ludwigshafen (Waldsee/Altrip/Neuhofen).

24.

Il sistema progettato di ritenzione delle acque alluvionali interessa una superficie di circa 327 ha. Una parte dovrebbe essere inondata regolarmente, in funzione del livello delle acque del Reno. Un’altra dovrebbe essere inondata in caso di alluvioni estreme, per prevenire inondazioni nelle zone dell’area depressa del Reno in cui vi sono insediamenti umani, attività produttive e infrastrutture. Il progetto previsto dovrebbe offrire protezione contro un evento di piena che si verifica ogni 200 anni. Per rendere effettiva la ritenzione dell’acqua sono programmate numerose misure edilizie.

25.

Sono interessati alla progettazione soprattutto terreni agricoli e aree boschive. Una parte del sistema è però prevista nella zona «Rheinniederung Speyer-Ludwigshafen», dichiarata protetta nel maggio 2004 ai sensi della direttiva Fauna‑Flora‑Habitat (FFH). Nelle vicinanze del sito del progetto vi è un’ulteriore area protetta, nonché due zone europee di protezione degli uccelli.

26.

Con nota del 31 gennaio 2002 l’autorità subordinata per la gestione delle acque del Land convenuto, promotrice del progetto, ha chiesto alla Struktur‑ und Genehmigungsdirektion Süd del Land Rheinland‑Pfalz di approvare il piano per la realizzazione del sistema di ritenzione delle acque. Il piano è stato approvato con decisione del 20 giugno 2006.

27.

Contro tale decisione di approvazione del piano hanno proposto ricorso la Gemeinde Altrip, la Gebrüder Hört GbR e il sig. Schneider (in prosieguo: i «ricorrenti»). Hanno fatto valere, tra l’altro, che la VIA effettuata per la ritenzione delle acque sarebbe affetta da notevoli vizi.

28.

Il 12% del territorio comunale di Altrip è interessato dalle zone di ritenzione pianificate. Il Comune è inoltre proprietario di diversi terreni inclusi nell’area del progetto per cui è stato approvato il piano.

29.

L’azienda Gebrüder Hört GbR produce ortofrutta. I soci sono proprietari e affittuari di superfici site all’interno dell’area di ritenzione. È previsto che alcune di queste siano utilizzate anche per la costruzione di argini.

30.

Il sig. Schneider è proprietario di diversi terreni siti nelle vicinanze della zona di ritenzione pianificata, tra i quali un terreno edificabile e altri facenti parte di un luogo di ricreazione e utilizzati per un campeggio.

31.

Con sentenza del 13 dicembre 2007 il Verwaltungsgericht ha respinto il ricorso.

32.

Con sentenza del 12 febbraio 2009 l’Oberverwaltungsgericht (Corte amministrativa d’appello) del Land Rheinland‑Pfalz ha respinto l’appello interposto dai ricorrenti avverso la sentenza. Secondo tale giudice, i ricorrenti non hanno titolo per far valere difetti della VIA invocando l’UmwRG, in quanto tale legge, a norma del suo articolo 5, paragrafo 1, si applica solo a procedimenti avviati dopo il 25 giugno 2005. Sotto questo profilo ritiene che si possa omettere di stabilire se, in generale, in caso di esecuzione irregolare di una VIA, l’articolo 4, paragrafo 1, dell’UmwRG possa conferire ai ricorrenti il diritto di annullare la decisione di approvazione del piano benché tale disposizione, per come è formulata, disciplini esclusivamente il caso di assenza totale di VIA. L’Oberverwaltungsgericht mette inoltre in dubbio che i ricorrenti soddisfino il requisito della causalità enunciato dalla giurisprudenza del Bundesverwaltungsgericht.

33.

I ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione (Revision) dinanzi al Bundesverwaltungsgericht.

III – Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

34.

Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, dell’UmwRG, secondo cui tale legge vale solo per i procedimenti avviati dopo il 25 giugno 2005, il Bundesverwaltungsgericht, come l’Oberverwaltungsgericht Rheinland‑Pfalz prima, ne vede preclusa l’applicazione già ratione temporis. Dubita però che ciò corrisponda ai precetti della normativa dell’Unione.

35.

Secondo quanto sostenuto dal Bundesverwaltungsgericht, anche se l’UmwRG fosse applicabile ratione temporis, la contestazione dei ricorrenti secondo cui la VIA sarebbe irregolare non potrebbe essere accolta dopo la trasposizione della direttiva nell’ordinamento tedesco. Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, dell’UmwRG, ritenuto applicabile a norma dell’articolo 4, paragrafo 3, dell’UmwRG, e dell’articolo 61, punto 1, del VwGO, l’annullamento di una decisione può essere richiesto solo se una valutazione di impatto ambientale o una valutazione preliminare del singolo caso circa l’obbligo di VIA, a carattere obbligatorio, sia stata del tutto omessa e se tale omissione non sia stata sanata. Tenuto conto della formulazione e della genesi della norma, il giudice ritiene che non vi siano altri modi possibili di interpretare l’articolo 4, paragrafo 1, dell’UmwRG. Secondo il Bundesverwaltungsgericht, infatti, la maggiore attenzione ai vizi procedurali che, alla luce della pronuncia nella causa Wells ( 15 ), era stata originariamente ritenuta necessaria nel progetto di legge dell’UmwRG ( 16 ) non è poi riuscita ad affermarsi nel corso dell’iter legislativo. Anche per questa norma il giudice nutre dubbi in merito alla compatibilità con i precetti della direttiva.

36.

Se tale limitazione delle possibilità di impugnare una decisione non dovesse essere ammissibile, si porrebbe al Bundesverwaltungsgericht la questione della conformità al diritto dell’Unione europea dei criteri applicati secondo costante giurisprudenza nel diritto interno, che limitano le possibilità di accoglimento delle contestazioni dinanzi al giudice della legittimità procedurale di una decisione.

37.

Alla luce di tali considerazioni il Bundesverwaltungsgericht, con ordinanza del 10 gennaio 2012, ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte di giustizia, ai sensi dell’articolo 267 TFUE e affinché quest’ultima fornisca chiarimenti, le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all’accesso alla giustizia, debba essere interpretato nel senso che agli Stati membri è imposto l’obbligo di dichiarare applicabili le disposizioni nazionali emanate in attuazione dell’articolo 10 bis della direttiva 85/337/CEE anche ai procedimenti amministrativi di autorizzazione iniziati prima del 25 giugno 2005, ma nei quali le autorizzazioni sono state concesse solo successivamente a tale data.

2)

Nel caso in cui alla questione n. 1 debba essere data risposta positiva:

Se l’articolo 10 bis della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, nella versione modificata dalla direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, debba essere interpretato nel senso che agli Stati membri è imposto l’obbligo di estendere l’applicabilità delle disposizioni nazionali relative alla contestazione della legittimità procedurale di una decisione, emanate in attuazione dell’articolo 10 bis della direttiva 85/337/CEE, anche al caso in cui la valutazione dell’impatto ambientale sia stata effettuata, ma presenti alcuni vizi.

3)

Nel caso in cui alla questione n. 2 debba essere data risposta positiva:

Se, nel caso in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro stabilisca in linea di principio, conformemente all’articolo 10 bis, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 85/337/CEE, che per i membri del pubblico interessato l’accesso ad una procedura di ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale dipenda dal fatto che si faccia valere la violazione di un diritto, l’articolo 10 bis della direttiva 85/337/CEE debba essere interpretato nel senso che

a)

il ricorso giurisdizionale mirante a contestare la legittimità procedurale di decisioni cui si applicano le disposizioni della suddetta direttiva circa la partecipazione del pubblico può essere accolto e comportare l’annullamento della decisione solo se, in base alle circostanze della fattispecie, sussista la possibilità concreta che la decisione impugnata avrebbe avuto un esito diverso senza l’irregolarità procedurale e se, al contempo, una posizione giuridica sostanziale spettante al ricorrente sia inficiata dall’irregolarità procedurale, o

b)

nel contesto della procedura di ricorso mirante a contestare la legittimità procedurale, nel caso di decisioni cui si applicano le disposizioni della direttiva sulla partecipazione del pubblico, le irregolarità procedurali debbono essere di entità apprezzabile.

Qualora alla questione precedente si debba rispondere nel senso di cui alla lettera b):

Quali condizioni sostanziali debbano essere stabilite per le irregolarità procedurali affinché possano essere considerate a favore del ricorrente nella procedura di ricorso mirante a contestare la legittimità procedurale della decisione».

38.

I ricorrenti nella causa principale, il Land Rheinland‑Pfalz, la Repubblica federale di Germania, l’Irlanda e la Commissione europea hanno formulato osservazioni scritte.

39.

Le medesime parti hanno poi preso parte all’udienza del 16 gennaio 2013.

IV – Analisi giuridica

40.

Il Bundesverwaltungsgericht sottopone alla Corte di giustizia tre questioni che riguardano tutte l’accesso a una procedura di ricorso offerto dall’articolo 10 bis della direttiva VIA, con la differenza che sia la seconda sia la terza si pongono a condizione che sia data risposta positiva alla questione precedente. La prima questione è volta a chiarire l’applicabilità ratione temporis della norma in oggetto. Qualora la Corte di giustizia la ritenga applicabile ratione temporis, dovrà analizzare nella seconda e nella terza questione pregiudiziale la portata del ricorso così consentito. La seconda questione pregiudiziale chiede se sia ammissibile limitare l’applicabilità delle disposizioni nazionali sulla contestazione della legittimità procedurale di una decisione, emanate in attuazione dell’articolo 10 bis della direttiva VIA, al caso dell’omissione della VIA. Qualora tale limitazione non sia legittima, la terza questione pregiudiziale è volta a ottenere un chiarimento della portata del controllo, in particolare per capire se le condizioni applicate nella giurisprudenza nazionale per l’accoglimento di contestazioni della legittimità procedurale di una decisione, requisito della causalità e violazione di un diritto soggettivo, siano coerenti con il diritto dell’Unione europea.

A – Ricevibilità

41.

L’Irlanda ritiene la seconda e la terza questione pregiudiziale irricevibili. A suo parere, l’ordinanza del Bundesverwaltungsgericht non indicherebbe in alcun modo quali vizi della VIA i ricorrenti fanno valere. Sotto questo profilo la Corte di giustizia sarebbe invitata a statuire su questioni di natura ipotetica, rispondendo alle quali non produrrebbe effetti sulla controversia.

42.

Secondo costante giurisprudenza della Corte, spetta in linea di principio al giudice nazionale dinanzi al quale pende la controversia valutare, in considerazione delle peculiarità della causa, la necessità di una pronuncia pregiudiziale e la pertinenza delle questioni da esso sottoposte alla Corte di giustizia ( 17 ).

43.

La Corte di giustizia può derogare a tale principio solo ove risulti «in modo manifesto» ( 18 ) che l’interpretazione del diritto dell’Unione non è affatto in relazione con la causa pendente. Di conseguenza, solo in rari casi la Corte di giustizia, date le argomentazioni di diritto nazionale e di fatto svolte dal giudice a quo, è giunta alla conclusione che le questioni sottoposte fossero di carattere meramente ipotetico ( 19 ) o addirittura che la controversia in oggetto fosse stata costruita artificiosamente ( 20 ).

44.

Dall’ordinanza del Bundesverwaltungsgericht si evince che la VIA necessaria per il progetto controverso è stata eseguita e che è stata criticata dai ricorrenti in quanto irregolare. Non risulta però dall’ordinanza quali siano le irregolarità fatte valere dai ricorrenti mediante il ricorso.

45.

Ciò tuttavia non comporta l’irricevibilità della seconda e della terza questione pregiudiziale. Per la seconda questione ciò discende già dal fatto che, come indicato dal Bundesverwaltungsgericht, in base alla normativa attualmente vigente in Germania l’esecuzione della VIA preclude il diritto di annullare la decisione, a prescindere dal tipo di vizio procedurale fatto valere. Secondo quanto esposto dal giudice a quo, la facoltà di proporre ricorso contro la VIA per irregolarità comporterebbe già di per sé il rinvio del procedimento all’Oberverwaltungsgericht. Per tale ipotesi si pone il problema prospettato dalla terza questione pregiudiziale, ossia la conformità al diritto europeo dei criteri finora applicati in giurisprudenza nell’ordinamento tedesco o di altri criteri che il Bundesverwaltungsgericht, secondo quanto ha indicato, dovrà fornire all’Oberverwaltungsgericht sotto forma di analisi giuridica. Anche se nel procedimento in esame la mancanza di dati sulla natura dei vizi procedurali non consente una risposta definitiva e dettagliata alla terza questione, come osserva giustamente la Commissione, la Corte di giustizia dispone comunque di informazioni sufficienti per fornire una risposta utile alla questione nell’ambito del rapporto di collaborazione tra la Corte di giustizia e il giudice a quo.

46.

La seconda e la terza questione pregiudiziale sono pertanto ricevibili.

B – Prima questione pregiudiziale

47.

Con la prima questione pregiudiziale, il Bundesverwaltungsgericht pone l’interrogativo dell’applicabilità ratione temporis dell’articolo 10 bis, inserito nella direttiva VIA dalla direttiva 2003/35, tenuto conto di quanto dispone, come sopra descritto, l’articolo 5, paragrafo 1, dell’UmwRG, la legge nazionale di trasposizione della direttiva. La direttiva 2003/35 statuisce in proposito che gli Stati membri sono tenuti a ottemperare entro il 25 giugno 2005 (articolo 6, primo comma, prima frase). È però dubbio se ciò significhi che devono offrire l’accesso a una procedura di ricorso, come prevede l’articolo 10 bis della direttiva VIA, solo nei procedimenti amministrativi di autorizzazione avviati da quella data in poi oppure se l’accesso debba essere offerto anche nei procedimenti che, pur essendo stati avviati prima di tale data, hanno prodotto solo in seguito il rilascio di un’autorizzazione.

48.

La Repubblica federale di Germania e l’Irlanda sono del parere che la direttiva 2003/35 non obblighi gli Stati membri a offrire la possibilità di ricorso di cui all’articolo 10 bis della direttiva VIA nei procedimenti di autorizzazione avviati prima dello scadere del termine di trasposizione della direttiva, anche nel caso in cui l’autorizzazione sia stata rilasciata solo dopo. Le loro argomentazioni sulle altre questioni pregiudiziali sono quindi presentate in subordine. Il Land Rheinland‑Pfalz aderisce all’opinione giuridica della Repubblica federale di Germania.

49.

I ricorrenti sostengono invece che l’articolo 6, primo comma, della direttiva 2003/35 obbliga gli Stati membri ad applicare le norme nazionali di trasposizione dell’articolo 10 bis della direttiva VIA a ogni procedimento amministrativo di autorizzazione in cui l’autorizzazione sia stata rilasciata dopo il 25 giugno 2005, a prescindere dalla sua data di avvio. Anche la Commissione ritiene che l’articolo 10 bis della direttiva VIA sia applicabile ai procedimenti di autorizzazione già avviati alla data del 25 giugno 2005.

50.

A mio giudizio, l’articolo 10 bis della direttiva VIA deve essere applicato a casi come quello di specie.

51.

Gli Stati membri sono tenuti a trasporre le direttive nel proprio ordinamento entro il termine previsto nei singoli casi ( 21 ). I diritti attribuiti da una direttiva devono essere trasposti entro tale termine, salvo eccezioni espressamente previste dalla direttiva stessa. Se uno Stato membro non ottempera a questo obbligo, rischia che le disposizioni della direttiva che soddisfano i noti requisiti acquistino efficacia diretta ( 22 ).

52.

Tale principio può risultare problematico laddove prescrive di applicare una nuova norma a fatti il cui esame sia già iniziato o addirittura già concluso. In un caso del genere, se l’atto giuridico dell’Unione europea non prevede espressamente una norma transitoria, la Corte di giustizia dispone l’applicabilità ratione temporis per via interpretativa, tenendo conto dei principi di certezza del diritto (irretroattività), legittimo affidamento e salvaguardia dell’effetto utile dell’atto giuridico ( 23 ).

53.

La Corte di giustizia ha dovuto applicare tale principio a più riprese. Ha statuito, per esempio, che le norme procedurali valessero anche per le controversie pendenti alla loro entrata in vigore, ma che di regola le norme sostanziali del diritto dell’Unione europea valessero solo per le fattispecie verificatesi dopo la loro entrata in vigore ( 24 ). Una norma nuova, invece, è applicabile in linea di principio agli effetti futuri di una fattispecie ( 25 ). Rispetto all’obbligo di eseguire una VIA, la Corte di giustizia ha accertato che esso non vale se la data ufficiale di presentazione dell’istanza di autorizzazione del progetto precede quella di scadenza del termine di trasposizione della direttiva VIA ( 26 ).

54.

Il caso di specie riguarda la facoltà di applicare, alla scadenza del termine di trasposizione, la nuova possibilità di tutela giurisdizionale garantita dall’articolo 10 bis della direttiva VIA ai procedimenti di autorizzazione già avviati in tale data. La direttiva 2003/35 non prevede una norma transitoria per questa ipotesi.

55.

Un’interpretazione dell’articolo 10 bis della direttiva VIA che tenga conto dei principi di certezza del diritto (irretroattività), legittimo affidamento e salvaguardia dell’effetto utile della direttiva induce a concludere che tale disposizione deve essere applicata ai procedimenti amministrativi di autorizzazione che erano stati avviati prima che scadesse il termine di trasposizione della direttiva, ma che, a quella data, non erano ancora stati conclusi con provvedimento definitivo.

56.

L’interesse a che la direttiva sia attuata in modo efficiente e tempestivo milita a favore dell’applicazione dell’articolo 10 bis della direttiva VIA alla scadenza del termine di trasposizione. Anche se, come fanno la Germania e l’Irlanda, si voglia ravvisare una leggera componente di retroattività ( 27 ) nell’applicazione di nuove possibilità di tutela giurisdizionale a procedimenti pendenti alla data in cui queste sono poste in essere, i principi di certezza del diritto e legittimo affidamento non ostano all’applicazione della norma a casi del genere. Sono questi principi e non la classificazione in norme procedurali e sostanziali, poco utile in casi come quello di specie, a essere decisivi per interpretare la direttiva rispetto alla sua applicabilità ratione temporis.

57.

Contrariamente a quanto dedotto da Germania e Irlanda, la giurisprudenza della Corte di giustizia sull’applicabilità ratione temporis dell’obbligo di procedere a una VIA non permette di concludere altrimenti.

58.

Nell’ambito di tale giurisprudenza la Corte si è basata sul fatto che la direttiva VIA riguarda in gran parte progetti di una certa ampiezza, la cui realizzazione richiede molto tempo. L’ulteriore differimento di procedure già avviate per effetto di specifiche prescrizioni di una direttiva colpisce situazioni già consolidate ( 28 ). Sotto questo profilo, il promotore del progetto può fare affidamento sul decorso della procedura presunto all’atto di presentazione dell’istanza e non si deve attendere ulteriori complicazioni procedurali.

59.

Come rileva giustamente il Bundesverwaltungsgericht, nel caso di specie non sono imposte nuove prescrizioni al procedimento amministrativo o ai procedimenti giurisdizionali in corso. Si tratta invece del miglioramento dell’accesso alle procedure di ricorso sotto il profilo dell’osservanza di precetti giuridici già vincolanti. Il principio del legittimo affidamento non può indurre anche a contare sul fatto che l’osservanza della normativa vigente non sarà soggetta a verifiche. È vero che, di fatto, per progetti di una certa ampiezza si devono prevedere ritardi nel caso in cui siano ampliate le possibilità di tutela giurisdizionale. Questi però vanno considerati solo un risvolto del controllo giuridisdizionale di norme già vincolanti. Il promotore del progetto non può che metterli in conto. Sotto questo profilo prevale l’interesse a che la direttiva produca un effetto utile.

60.

Nel caso di specie, l’interesse a che la direttiva sia attuata in modo efficiente e tempestivo è ulteriormente accentuato dal fatto che la direttiva dà attuazione ai precetti della convenzione di Aarhus, che è entrata in vigore per la Comunità il 17 febbraio 2005 e, ai sensi dell’articolo 216, paragrafo 2, TFUE, vincola gli organi dell’Unione europea e gli Stati membri ( 29 ). Se l’articolo 10 bis della direttiva VIA fosse applicabile solo ai procedimenti avviati dopo la scadenza del termine di trasposizione, l’accesso a una procedura di ricorso, che deve essere garantito a norma dell’articolo 9, paragrafo 2, della convenzione di Aarhus, non lo sarebbe per anni per effetto della lunga durata delle apposite procedure di autorizzazione.

61.

Occorre quindi osservare che l’articolo 6, primo comma, della direttiva 2003/35 deve essere interpretato nel senso che agli Stati membri è imposto l’obbligo di dichiarare applicabili le disposizioni nazionali emanate in attuazione dell’articolo 10 bis della direttiva VIA anche ai procedimenti amministrativi di autorizzazione iniziati prima del 25 giugno 2005 e che in tale data non si erano ancora conclusi con provvedimento definitivo. Si deve quindi rispondere alla seconda questione pregiudiziale, sottoposta per l’eventualità di una risposta positiva alla prima.

C – Seconda questione pregiudiziale

62.

Con la seconda questione pregiudiziale, il Bundesverwaltungsgericht intende sapere se l’articolo 10 bis della direttiva VIA debba essere interpretato nel senso che agli Stati membri è imposto l’obbligo di estendere l’applicabilità delle disposizioni nazionali relative alla contestazione della legittimità procedurale di una decisione, emanate in attuazione dell’articolo 10 bis della direttiva VIA, anche al caso in cui la valutazione dell’impatto ambientale sia stata effettuata, ma presenti dei vizi.

63.

Tutte le parti nel procedimento, tranne l’Irlanda, sono dell’opinione che l’articolo 10 bis della direttiva VIA obblighi gli Stati membri a estendere la possibilità di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale anche al caso in cui l’esecuzione della VIA sia affetta da vizi. La Repubblica federale di Germania è del parere che la normativa tedesca soddisfi già tali requisiti, poiché ritiene che, ai sensi dell’articolo 46 del VwVfG, applicabile insieme all’articolo 4, paragrafo 1, dell’UmwRG, l’annullamento di una decisione di autorizzazione possa essere richiesto anche nel caso di esecuzione viziata della VIA. L’Irlanda, data la mancanza di informazioni sul tipo di vizi contestati nel caso di specie, rinvia all’autonomia procedurale degli Stati membri, che ritiene si debba esercitare in armonia con gli obiettivi della direttiva.

64.

Riguardo alle argomentazioni della Repubblica federale di Germania, va anzitutto osservato che la Corte di giustizia non ha competenza in materia di interpretazione del diritto nazionale. Nel quadro del suo rapporto di collaborazione con i giudici nazionali deve fare affidamento sulle indicazioni da loro fornite in merito.

65.

La formulazione dell’articolo 10 bis della direttiva VIA è già univoca riguardo alla portata di principio del ricorso esperibile mediante la procedura prevista. Secondo tale norma, gli Stati membri provvedono affinché i membri del pubblico interessato che soddisfano una o, in alternativa, l’altra delle condizioni precisate abbiano «accesso a una procedura di ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale (…) per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni (…) soggett[e] alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla presente direttiva» ( 30 ). Il testo in corsivo dà attuazione, con formulazione identica, all’articolo 9, paragrafo 2, della convenzione di Aarhus ( 31 ).

66.

Coerentemente, nella causa Trianel la Corte di giustizia ha osservato che la norma non limita in alcun modo i motivi che possono essere dedotti a sostegno di uno specifico mezzo di ricorso ( 32 ).

67.

Tali precetti non sono compatibili con la limitazione delle possibilità di contestare un procedimento di autorizzazione sottoposto a obbligo di VIA al caso della mancata realizzazione della VIA («assenza totale»). In linea di principio, non si può escludere una contestazione dell’irregolarità della VIA.

68.

Alla seconda questione si deve perciò rispondere che l’articolo 10 bis della direttiva VIA deve essere interpretato nel senso che, nell’ambito della procedura di ricorso prevista dalla norma, deve essere possibile contestare la legittimità procedurale di una decisione anche nel caso in cui la VIA sia stata eseguita, ma sia affetta da vizi. Si deve quindi rispondere anche alla terza e ultima questione pregiudiziale del Bundesverwaltungsgericht, sottoposta per l’eventualità di un’estensione della procedura di ricorso all’ipotesi di VIA irregolare.

D – Terza questione pregiudiziale

69.

Con la terza questione pregiudiziale, il giudice a quo intende chiarire in che misura debba essere possibile impugnare dinanzi al giudice per vizi procedurali decisioni cui si applicano le disposizioni della direttiva VIA circa la partecipazione del pubblico e ciò debba poter determinare l’annullamento della decisione nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro, a norma dell’articolo 10 bis, primo comma, lettera b), della direttiva VIA, subordini l’accesso alla procedura di ricorso dinanzi al giudice da parte dei membri del pubblico interessato al fatto che si faccia valere la violazione di un diritto. Il giudice intende qui sapere soprattutto se siano ammissibili due limitazioni della rilevanza dei vizi procedurali applicate in modo combinato dalla giurisprudenza nazionale: il requisito della causalità e l’inficiamento di una posizione giuridica sostanziale del ricorrente.

1. I criteri della giurisprudenza nazionale

70.

Per una migliore comprensione è opportuno presentare con la debita concisione entrambi questi criteri della giurisprudenza nazionale sulla scorta di quanto dedotto dalle parti e dell’ordinanza di rinvio.

71.

Il cosiddetto «requisito della causalità» implica che, perché sia accolta l’impugnazione di una decisione per vizio procedurale, in base alle circostanze della fattispecie, debba sussistere la possibilità concreta che la decisione impugnata avrebbe avuto un esito diverso senza tale irregolarità ( 33 ).

72.

È inoltre necessario che il vizio procedurale infici una «posizione giuridica sostanziale» spettante al ricorrente. A detta del Bundesverwaltungsgericht, però, secondo la giurisprudenza nazionale la legge sulla VIA e le norme procedurali di altre leggi specifiche non attribuiscono a un soggetto interessato da un progetto sottoposto a obbligo di VIA posizioni procedurali azionabili autonomamente ( 34 ). Da quanto si evince dagli argomenti delle parti, il criterio della posizione giuridica sostanziale spettante al ricorrente assume rilievo anche nel quadro della fondatezza del ricorso. Ciò comporterebbe una limitazione della portata del controllo a quei ricorsi che soddisfano il requisito della legittimazione ad agire in sede di ricevibilità: tipicamente, ad esempio, perché il ricorrente invoca una potenziale violazione del suo diritto di proprietà ( 35 ).

2. Le posizioni delle parti

73.

Le parti esprimono punti di vista chiaramente divergenti in riferimento alla terza questione pregiudiziale. I ricorrenti sostengono che i due criteri sopra descritti non siano conformi alla normativa europea e che i vizi procedurali, invece, siano di entità apprezzabile. A loro giudizio, in virtù dell’articolo 263, secondo comma, TFUE, si dovrebbe comunque tener conto della violazione di norme procedurali sostanziali in sede di contestazione dinanzi a un giudice della legittimità procedurale di una decisione, a meno che nel caso specifico non sia manifestamente possibile escludere che il vizio abbia influito sull’esito della causa. Sotto questo profilo le norme relative alla partecipazione del pubblico e l’articolo 3 della direttiva VIA sarebbero da considerare norme procedurali sostanziali.

74.

La Repubblica federale di Germania ritiene che, nel contesto dell’autonomia procedurale degli Stati membri, il requisito della causalità sviluppato dalla giurisprudenza sia conforme alla normativa europea. Il Land Rheinland‑Pfalz si allinea a tale posizione.

75.

L’Irlanda è del parere che, data l’autonomia procedurale degli Stati membri, sia compito degli Stati membri stessi determinare quali atti, omissioni o decisioni siano soggetti al controllo di cui all’articolo 10 bis della direttiva VIA e che cosa configuri la violazione di un diritto. Essi devono assumere tale determinazione coerentemente con l’obiettivo della direttiva, ossia consentire al pubblico interessato di accedere alla tutela giurisdizionale.

76.

Infine, la Commissione è dell’opinione che il giudice nazionale, nel verificare la fondatezza, debba esaminare perlomeno tutte le norme procedurali e sostanziali derivanti dal diritto dell’Unione europea e dalla sua trasposizione sul piano nazionale, senza che tale esame sia limitato alle norme che conferiscono la legittimazione ad agire o alla violazione di una posizione giuridica sostanziale.

77.

A giudizio della Commissione, in caso di vizi procedurali gravi non può valere il requisito della causalità, mentre i vizi procedurali meno rilevanti non comportano comunque l’annullamento della decisione nel caso in cui l’autorità esponga in modo convincente che, in base alle circostanze della fattispecie, non sussiste la concreta possibilità che la decisione impugnata avrebbe avuto un esito diverso senza il vizio procedurale.

78.

A giudizio della Commissione, i vizi procedurali di decisioni cui si applicano le disposizioni della direttiva sulla partecipazione del pubblico sono di entità apprezzabile, nel quadro di una contestazione dinanzi al giudice, a meno che non risultino irrilevanti per il raggiungimento degli scopi della direttiva VIA.

3. Interpretazione dell’articolo 10 bis della direttiva VIA

79.

Il procedimento di specie non è la prima occasione in cui la Corte di giustizia si cimenta nell’interpretazione dell’articolo 10 bis della direttiva VIA. Nell’iniziare le mie argomentazioni ho fatto già notare che soprattutto la causa Trianel ha fornito lo spunto per analizzare tale disposizione.

80.

In quella causa la Corte di giustizia ha analizzato, in sostanza, la portata dell’accesso alla procedura di ricorso di cui all’articolo 10 bis della direttiva VIA di cui dispongono le organizzazioni non governative ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della stessa direttiva. A tale proposito la Corte di giustizia ha riconosciuto come principio giuridico che non si può negare a tali organizzazioni la possibilità di far valere dinanzi al giudice la violazione di norme derivanti dal diritto europeo e finalizzate alla protezione ambientale, nel quadro di un ricorso di cui all’articolo 10 bis della direttiva VIA contro una decisione di autorizzazione pertinente, motivando ciò con il fatto che tali norme tutelano solo interessi collettivi e non beni giuridici dei singoli. Si può evincere dalla pronuncia della Corte che una siffatta limitazione non può essere operata né sul piano della ricevibilità del ricorso né su quello della sua fondatezza ( 36 ). La Repubblica federale di Germania, la cui normativa aveva fornito lo spunto per il rinvio pregiudizionale nella causa Trianel, ha tratto dalla sentenza le debite conseguenze ( 37 ).

81.

Contrariamente alla causa Trianel, il procedimento di specie riguarda persone fisiche e giuridiche che, pur facendo tutte parte del pubblico interessato ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva VIA, non rappresentano un’organizzazione non governativa ai sensi di tale norma.

82.

Nella mia risposta alla seconda questione pregiudiziale ho già rilevato che in quel caso l’articolo 10 bis della direttiva VIA non consente di limitare la possibilità di contestare decisioni pertinenti ai casi in cui una VIA obbligatoria non sia stata eseguita.

83.

Ciò però non significa affatto che, nel quadro dell’articolo 10 bis della direttiva VIA, la normativa dell’Unione prescriva in modo dettagliato la portata del controllo della tutela giurisdizionale corrispondente. Secondo la giurisprudenza della Corte, invece, nell’attuare l’articolo 10 bis della direttiva VIA (e l’articolo 9, paragrafo 2, della convenzione di Aarhus al quale dà attuazione), gli Stati membri dispongono in linea di principio di un margine di manovra conseguente alla loro autonomia procedurale. Sotto questo profilo possono disciplinare autonomamente la procedura con cui offrono il corrispondente accesso alla tutela giurisdizionale. Nel farlo sono soggetti a due limitazioni: le norme non possono essere più sfavorevoli di quelle che disciplinano fattispecie analoghe di natura interna (principio di equivalenza) e l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento comunitario non deve essere reso praticamente impossibile o eccessivamente difficile (principio di effettività) ( 38 ).

84.

I precetti del diritto dell’Unione riguardanti la portata del controllo della procedura di ricorso prevista dall’articolo 10 bis della direttiva VIA discendono, in particolare, dal principio di effettività. Nel procedimento di specie non vi sono indizi di una violazione del principio di equivalenza.

85.

Come già illustrato nel quadro della mia proposta relativa alla seconda questione pregiudiziale, l’articolo 10 bis della direttiva VIA, in virtù della sua formulazione, dice una parola chiara sulla verifica della legittimità procedurale delle decisioni nell’ambito della procedura prevista dalla norma. A questo proposito, non limita in alcun modo i motivi che possono essere dedotti a sostegno del corrispondente mezzo di ricorso.

86.

L’articolo 10 bis della direttiva VIA consente tuttavia agli Stati membri di subordinare a una condizione l’accesso dei membri del pubblico interessato alla procedura di ricorso prevista dalla norma. Qui gli Stati membri, dando espressione alla loro autonomia procedurale, possono scegliere tra due alternative. La prima è la titolarità di un «interesse sufficiente», mentre la seconda, scelta dalla Germania, è il far valere «la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale presupposto». Per il resto gli Stati membri, ai sensi dell’articolo 10 bis della direttiva VIA, determinano autonomamente ciò che va qualificato come violazione di un diritto. Tale determinazione deve però essere assunta coerentemente con l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia.

87.

Queste due alternative enunciate all’articolo 10 bis si ripercuotono sulla portata del controllo nel contesto della procedura di ricorso che deve essere garantita?

88.

Il testo della norma induce a ritenere che entrambe le alternative citate all’articolo 10 bis della direttiva VIA riguardino la descrizione di una condizione di ricevibilità del rispettivo ricorso. Qualora essa sia soddisfatta, ha luogo un esame della fondatezza della «legittimità sostanziale e procedurale delle decisioni». Anche la Corte di giustizia, in relazione alle alternative, si riferisce espressamente alle «condizioni di ricevibilità del ricorso» ( 39 ).

89.

Un’interpretazione dell’articolo 10 bis della direttiva VIA conforme al diritto internazionale con riguardo all’articolo 9, paragrafo 2, della convenzione di Aarhus ( 40 ) conferma che entrambe le alternative citate all’articolo 10 bis della direttiva VIA sono intese a rendere possibile la restrizione della ricevibilità del ricorso, non della portata del controllo dello stesso. È infatti significativo che la Guida all’applicazione, che può essere presa in considerazione quale sussidio interpretativo per la convenzione ( 41 ), cita i relativi criteri quali quelli riguardanti la legittimazione ad agire ( 42 ).

90.

A questo riguardo condivido l’opinione dell’avvocato generale Sharpston, la quale ha spiegato allo stesso modo le due alternative affermando che gli Stati firmatari della convenzione di Aarhus attraverso di esse hanno voluto tenere in considerazione i diversi criteri nazionali relativi alla legittimazione ad agire ( 43 ).

91.

Con riferimento alla portata del controllo, sotto il profilo procedurale è quindi assodato che la direttiva VIA prescrive il controllo della legittimità procedurale delle decisioni e non limita in alcun modo i motivi che possono essere dedotti a sostegno del relativo ricorso. Secondo il principio di effettività, il suddetto rimedio giuridico riferito alle disposizioni derivanti dal diritto dell’Unione e finalizzate alla tutela ambientale non deve essere reso praticamente impossibile o eccessivamente difficile. Una tutela giurisdizionale nazionale che si attenga ai suddetti precetti è anche conforme all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in forza del quale gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione. Non è possibile svolgere ulteriori considerazioni relativamente alla portata del controllo vista la mancanza di una descrizione dei vizi procedurali concretamente lamentati.

4. Verifica dei criteri nazionali

92.

Nel prosieguo vorrei innanzitutto verificare se il criterio del pregiudizio ad una posizione giuridica sostanziale del ricorrente nella forma descritta dal Bundesverwaltungsgericht nell’ambito dell’articolo 10 bis della direttiva VIA sia conforme ai precetti della direttiva. Negli ultimi anni la scienza del diritto amministrativo nello Stato membro coinvolto si è occupata intensamente del tema e, anche sotto l’influenza della sentenza Trianel, ha avviato un dibattito molto vivace sulla possibilità di mantenere il requisito della violazione di un diritto soggettivo nel campo del diritto ambientale e, precisamente, anche con riferimento a vizi procedurali nello svolgimento della VIA ( 44 ).

93.

Un’attenta interpretazione dell’articolo 10 bis della direttiva VIA, soprattutto anche in base alla sua ratio, mostra che il criterio, nella forma descritta dal Bundesverwaltungsgericht, non è conforme ai precetti della direttiva.

94.

Come affermato precedentemente, il testo dell’articolo 10 bis prevede una procedura di ricorso per contestare (anche) la legittimità procedurale senza alcun riferimento ad una limitazione dei motivi dedotti a sostegno in tale contesto. In proposito, la norma consente di restringere l’accesso alla procedura di ricorso ai membri del pubblico interessato che facciano valere la violazione di un diritto. Questa nozione è stabilita dagli stessi Stati membri tenendo esplicitamente conto dell’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia. Tuttavia – ho peraltro già fatto riferimento a ciò – il criterio costituisce un criterio di ricevibilità consentito, e non già una possibile restrizione della portata del controllo. Quest’ultima, dunque, non può essere giustificata con esso.

95.

Occorre, inoltre, avere riguardo per il fatto che la convenzione di Aarhus, alla cui attuazione è finalizzato l’articolo 10 bis della direttiva VIA, contiene utili riferimenti allo scopo della norma. Ai sensi del suo articolo 1, essa è finalizzata a tutelare il diritto a vivere in un ambiente atto ad assicurare il benessere. A tale scopo sono previste determinate norme procedurali (accesso alle informazioni, partecipazione del pubblico) e un effettivo accesso alla giustizia.

96.

I considerando 7 e 8 della convenzione esplicitano ulteriormente il contesto del diritto di accesso alla giustizia in materia ambientale. L’accesso è garantito ai cittadini per affermare il loro diritto ad un ambiente sano e per adempiere il loro obbligo di tutelare e migliorare l’ambiente nell’interesse delle generazioni presenti e future.

97.

Da ciò, a mio avviso, scaturiscono due conseguenze. Da un lato, le norme procedurali e il rispetto delle stesse proprio e anche nel diritto ambientale svolgono una funzione sostanziale per la tutela dei diritti conferiti. Con ciò si spiega la crescente importanza dei diritti di partecipazione nel diritto dell’ambiente. Questi ultimi sono visti oggi non solo come fattore di legittimazione delle decisioni, ma anche come elementi di miglioramento della tutela dell’ambiente ( 45 ). Questa concezione del procedimento chiarisce del pari il valore del corretto svolgimento di una VIA ( 46 ). In tale contesto appare chiaro il motivo per cui l’articolo 10 bis della direttiva VIA cita congiuntamente il controllo della legittimità sostanziale e di quella procedurale.

98.

D’altro canto, la convenzione di Aarhus non prevede la tutela dell’ambiente come funzione specifica di organizzazioni non governative create a tale scopo, bensì considera i singoli come titolari della facoltà e dell’obbligo di perseguire istanze ambientali ( 47 ). Una limitazione della portata del controllo nel caso di ricorsi dei singoli non è giustificabile con il fatto che le associazioni a tutela dell’ambiente possano intervenire genericamente per difendere istanze ambientalistiche. Relativamente alla legittimazione ad agire, la posizione delle associazioni a tutela dell’ambiente è invero privilegiata ai sensi dell’articolo 10 bis, paragrafo 3, frasi 2 e 3, per il fatto che, in base alla disposizione, esse sono titolari di diritti passibili di violazione ( 48 ). Nell’ambito della fondatezza, tuttavia, non vi sono elementi che inducano a ritenere che i membri del pubblico interessato siano in una posizione peggiore rispetto alle associazioni a tutela dell’ambiente. Come indicato dalle citate disposizioni della convenzione di Aarhus, a questo riguardo il cittadino stesso diventa un organo che assicura l’attuazione della tutela dell’ambiente ( 49 ), compito che – come esposto dai ricorrenti – le associazioni a tutela dell’ambiente possono realizzare solo limitatamente per mancanza di risorse finanziarie.

99.

In base alle considerazioni che precedono, in caso di ricorsi di membri del pubblico interessato la normativa nazionale non deve escludere dalla portata del controllo giurisdizionale questioni di legittimità procedurale nel contesto (relativo al diritto dell’ambiente) della direttiva VIA. Ciò costituirebbe una violazione del principio di effettività e non rappresenterebbe un’attuazione dell’articolo 10 bis della direttiva VIA adeguata e conforme al diritto europeo. Nella misura in cui un criterio che prevede la rivendicazione della violazione di un diritto soggettivo escluda disposizioni discendenti dalla normativa dell’Unione e finalizzate alla tutela dell’ambiente dalla portata del controllo della procedura di ricorso ai sensi dell’articolo 10 bis della direttiva VIA, come avviene secondo quanto esposto dal Bundesverwaltungsgericht, esso non è a mio avviso sostenibile.

100.

In questo contesto si comprende anche l’affermazione della Corte di giustizia nella causa Trianel, secondo cui «è possibile che il legislatore nazionale circoscriva ai soli diritti pubblici soggettivi i diritti di cui può essere invocata la violazione da parte dei singoli nel contesto di un ricorso giurisdizionale promosso avverso una delle decisioni, atti od omissioni previsti dall’art. 10 bis della direttiva 85/337 (…)» ( 50 ). La nozione di diritti pubblici soggettivi deve essere interpretata nel senso che le disposizioni del diritto dell’Unione finalizzate alla tutela dell’ambiente devono poter essere fatte valere dai singoli nel contesto della fondatezza. Sotto questo profilo le concezioni oggettiva e soggettiva della tutela giurisdizionale sono convergenti: a ciò fa riferimento anche il diritto a vivere in un ambiente atto ad assicurare la salute e il benessere citato all’articolo 1 della convenzione di Aarhus.

101.

Anche il Compliance Committee della convenzione ritiene che l’esclusione dei diritti relativi alla normativa dell’ambiente dai ricorsi in base ad una limitazione dei ricorsi dei confinanti ai propri diritti e l’esclusione della normativa sull’ambiente da questa nozione costituiscano una violazione dell’articolo 9, paragrafo 2. Sebbene tale precetto non sia vincolante per la Corte di giustizia ( 51 ), esso corrobora la mia interpretazione della convenzione ( 52 ).

102.

Per il principio di causalità devono essere osservati criteri analoghi. Anche in questo campo gli Stati membri sono senza dubbio dotati di autonomia procedurale. In base ad essa, in linea di principio il criterio di causalità non deve essere escluso ai fini della valutazione della rilevanza di vizi procedurali. A tale proposito, tuttavia, si devono rispettare i principi di equivalenza e di effettività. Anche il requisito della causalità, dunque, deve essere valutato soprattutto secondo il principio di effettività ( 53 ). Neanche qui si evince alcun riferimento ad una violazione del principio di equivalenza.

103.

Il requisito della causalità, pertanto, non deve impedire l’esercizio dei diritti di cui all’articolo 10 bis della direttiva VIA.

104.

Proprio nel campo che qui interessa – vi ho fatto riferimento in precedenza – il procedimento acquisisce un ruolo particolare per garantire una tutela effettiva dell’ambiente. L’accesso ad una procedura di ricorso con riferimento ad irregolarità procedurali, tuttavia, è effettivo solo se l’accoglimento della doglianza non è escluso a priori. La configurazione del criterio di causalità deve tenere conto del significato particolare del procedimento, in particolare anche nel contesto del diritto europeo dell’ambiente, e non deve escludere di fatto le irregolarità procedurali dalla portata del controllo.

105.

Ciò non vuol dire affatto che qualsivoglia irregolarità procedurale debba comportare l’annullamento di una decisione. Questo punto è esplicitato già dal parallelismo con le conseguenze dei vizi nel caso di atti giuridici dell’Unione. L’articolo 263, secondo comma, TFUE stabilisce a questo proposito che la Corte di giustizia «è competente a pronunciarsi sui ricorsi per (...) violazione delle forme sostanziali (...) proposti da uno Stato membro, dal Parlamento europeo, dal Consiglio o dalla Commissione». Semplificando, la giurisprudenza gestisce il problema nel senso che, in caso di violazione di norme procedurali particolarmente importanti, un atto è senz’altro nullo ( 54 ), nel caso di norme meno importanti deve produrre un effetto ( 55 ). I criteri sviluppati nell’ambito di questa norma non devono essere trasposti tout court all’articolo 10 bis della direttiva VIA in virtù dell’autonomia procedurale degli Stati membri.

106.

Quando si applica il criterio di causalità, piuttosto, si deve avere riguardo per il principio di effettività. Ciò comporta che attraverso tale criterio, soprattutto anche strutturando l’onere della prova nel contesto dello stesso, non si deve escludere di fatto l’invocazione di norme procedurali discendenti dal diritto dell’Unione e finalizzate alla tutela dell’ambiente. A tale riguardo, nel caso di norme procedurali particolarmente importanti, si deve rinunciare completamente al requisito di causalità per il risultato del procedimento amministrativo.

V – Conclusione

107.

Per i motivi sopra esposti, propongo alla Corte di rispondere alle questioni sollevate dal Bundesverwaltungsgericht nel modo seguente:

1)

L’articolo 6, primo comma, della direttiva 2003/35 deve essere interpretato nel senso che agli Stati membri è imposto l’obbligo di dichiarare applicabili le disposizioni nazionali emanate in attuazione dell’articolo 10 bis della direttiva VIA anche ai procedimenti amministrativi di autorizzazione iniziati prima del 25 giugno 2005 e non ancora conclusi con un provvedimento definitivo in tale data.

2)

L’articolo 10 bis della direttiva VIA deve essere interpretato nel senso che nella procedura di ricorso prevista dalla norma deve essere possibile contestare la legittimità procedurale di una decisione anche nel caso in cui la VIA sia stata effettuata, ma presenti vizi.

3)

L’articolo 10 bis della direttiva VIA deve essere interpretato nel senso che, nel caso in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro stabilisca, conformemente all’articolo 10 bis, primo comma, lettera b), della direttiva VIA, che per i membri del pubblico interessato l’accesso ad una procedura di ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale dipenda dal fatto che si faccia valere una violazione di un diritto,

una limitazione delle prospettive di accoglimento di un ricorso giurisdizionale mirante a contestare la legittimità procedurale di decisioni cui si applicano le disposizioni della suddetta direttiva circa la partecipazione del pubblico alle ipotesi in cui mediante l’irregolarità procedurale è pregiudicata al contempo una posizione giuridica sostanziale spettante al ricorrente è illegittima in quanto con essa si escludono dalla portata del controllo norme discendenti dal diritto dell’Unione e finalizzate alla tutela dell’ambiente;

una limitazione delle prospettive di accoglimento di un ricorso giurisdizionale mirante a contestare la legittimità procedurale di decisioni cui si applicano le disposizioni della suddetta direttiva circa la partecipazione del pubblico alle ipotesi in cui, in base alle circostanze della fattispecie, sussista la possibilità concreta che la decisione impugnata avrebbe avuto un esito diverso senza l’irregolarità procedurale è illegittima in quanto con essa si escluda di fatto la rivendicazione di norme discendenti dal diritto dell’Unione e finalizzate alla tutela dell’ambiente e in quanto il presente criterio si riferisca anche a norme procedurali di particolare importanza.

La valutazione dei requisiti che devono essere stabiliti per le irregolarità procedurali affinché queste possano essere valutate nel ricorso giurisdizionale mirante a contestare la legittimità procedurale di una decisione a favore del ricorrente, è subordinata all’autonomia procedurale degli Stati membri, i quali, tuttavia, non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile la tutela giurisdizionale relativamente alle norme derivanti dal diritto dell’Unione e finalizzate alla tutela dell’ambiente ovvero assoggettarla a normative più svantaggiose rispetto a fattispecie di natura interna.


( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

( 2 ) Sentenza del 12 maggio 2011, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, Landesverband Nordrhein‑Westfalen, «Trianel» (C-115/09, Racc. pag. I-3673).

( 3 ) Direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 175, pag. 40).

( 4 ) Direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all’accesso alla giustizia (GU L 156, pag. 17).

( 5 ) Decisione del Consiglio, del 17 febbraio 2005, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, della convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU L 124, pag. 1). Il testo della convenzione di Aarhus è riportato alle pagg. 4 e segg. del numero citato della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

( 6 ) United Nations Economic Commission for Europe, The Aarhus Convention: An Implementation Guide, 2a edizione 2013, pag. 6; Beyerlin, U., e Grote Stoutenburg, J., «Environment, International Protection», in: Wolfrum, R. (a cura di), Max Planck Encyclopedia of Public International Law, punto 73.

( 7 ) V. considerando 5 della direttiva.

( 8 ) Direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (GU L 257, pag. 26).

( 9 ) Considerando 11 della direttiva 2003/35.

( 10 ) Direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 2012, L 26, pag. 1).

( 11 ) Nella versione pubblicata il 19 marzo 1991 (BGBl. I, pag. 686).

( 12 ) Nella versione pubblicata il 23 gennaio 2003 (BGBl. I, pag. 102).

( 13 ) Legge del 7 dicembre 2006 (BGBl. I, pag. 2816). La revisione di tale legge, operata con la legge che modifica la legge sui ricorsi in materia ambientale e altre norme di diritto dell’ambiente, del 21 gennaio 2013 (BGBl. I, pag. 95), non è oggetto del procedimento in esame.

( 14 ) Nella versione pubblicata il 24 febbraio 2010 (BGBl. I, pag. 94).

( 15 ) Sentenza del 7 gennaio 2004, Wells (C-201/02, Racc. pag. I-723).

( 16 ) BT‑Drucksache 16/2495.

( 17 ) Sentenze del 29 novembre 1978, Redmond (83/78, Racc. pag. 2347, punto 25), e del 30 novembre 1995, Esso Española (C-134/94, Racc. pag. I-4223, punto 9).

( 18 ) Sentenza del 16 giugno 1981, Salonia (126/80, Racc. pag. 1563, punto 6).

( 19 ) Sentenza del 16 luglio 1992, Meilicke (C-83/91, Racc. pag. I-4871, punti da 31 a 34).

( 20 ) Sentenza dell’11 marzo 1980, Foglia (104/79, Racc. pag. 745, punti 10 e 11).

( 21 ) V. solo sentenza del 19 dicembre 2012, Commissione/Italia (C‑68/11, punto 60).

( 22 ) Sentenza del 19 novembre 1991, Francovich e a. (C-6/90 e C-9/90, Racc. pag. I-5357, punto 11).

( 23 ) V. sentenza del 12 novembre 1981, Meridionale Industria Salumi e a. (da 212/80 a 217/80, Racc. pag. 2735, punto 10).

( 24 ) Sentenza Meridionale Industria Salumi e a., cit. alla nota 23, punto 10; conclusioni presentate dall’avvocato generale Trstenjak nella causa Budějovický Budvar, decisa con sentenza del 22 settembre 2011 (C-482/09, Racc. pag. I-8701), e dall’avvocato generale Kokott nella causa Toshiba Corporation e a., decisa con sentenza dell’8 settembre 2011 (C‑17/10, punti da 42 a 46).

( 25 ) Sentenze del 14 aprile 1970, Brock (68/69, Racc. pag. 171, punto 7); del 10 luglio 1986, Licata/CES (270/84, Racc. pag. 2305, punto 31); dell’11 dicembre 2008, Commissione/Freistaat Sachsen (C-334/07 P, Racc. pag. I-9465, punto 43), e del 6 luglio 2010, Monsanto Technology (C-428/08, Racc. pag. I-6765, punto 66).

( 26 ) Sentenze del 18 giugno 1998, Gedeputeerde Staten van Noord‑Holland (C-81/96, Racc. pag. I-3923, punto 23); Wells, cit. supra alla nota 15, punto 43, e del 15 gennaio 2013, Križan e a. (C‑416/10, punto 94).

( 27 ) Sulla problematica della retroattività, oltre alla giurisprudenza citata nelle note precedenti, v. Tridimas, T., The General Principles of EU Law, OUP, Oxford, 2a edizione 2006, pagg. 252‑273.

( 28 ) Sentenza Gedeputeerde Staten van Noord‑Holland, cit. alla nota 26, punto 24.

( 29 ) Sullo status della convenzione di Aarhus nell’ambito del diritto dell’UE, v. sentenza dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie (C-240/09, Racc. pag. I-1255, punti da 29 a 31).

( 30 ) Il corsivo è mio.

( 31 ) Nelle versioni inglese e francese, gli aggettivi equivalenti a «sostanziale» e «procedurale» sono collegati dalla congiunzione «e» nel testo della convenzione di Aarhus, ma dalla congiunzione «o» in quello della direttiva VIA. Si tratta di un cambiamento puramente redazionale.

( 32 ) Sentenza «Trianel», cit. supra alla nota 2, punto 37.

( 33 ) V. solo BVerwG, sentenza dell’8 giugno 1995, 4 C .94, e BVerwG, sentenza del 13 dicembre 2007, 4 C 9.06.

( 34 ) V. anche le conclusioni presentate dall’avvocato generale Sharpston nella causa «Trianel», cit. alla nota 2, paragrafo 34.

( 35 ) V. Winter, G., Individualrechtsschutz im deutschen Umweltrecht unter dem Einfluss des Gemeinschaftsrechts, NVwZ 1999, 467.

( 36 ) Sentenza «Trianel» (cit. alla nota 2, punto 60).

( 37 ) Dapprima è stato operato un adattamento della normativa interna per via giurisprudenziale, v. BVerwG, sentenza del 29 settembre 2011, 7 C 21.09. In seguito, però, è stata modificata la legislazione in materia: legge che modifica la legge sui ricorsi in materia ambientale e altre norme in materia ambientale, del 21 gennaio 2013 (BGBl. I, pag. 95), v. BT‑Drucksache 17/10957.

( 38 ) Sentenze Wells, cit. supra alla nota 15, punto 67; del 18 ottobre 2011, Boxus e Roua (da C-128/09 a C-131/09, C-134/09 e C-135/09, Racc. pag. I-9711, punto 52), e «Trianel», cit. alla nota 2, punto 43.

( 39 ) Sentenza «Trianel», cit. alla nota 2, punto 38.

( 40 ) V. considerando 9 della direttiva 2003/35.

( 41 ) Sentenza del 16 febbraio 2012, Solvay e a. (C‑182/10, punto 28).

( 42 ) United Nations Economic Commission for Europe, The Aarhus Convention: An Implementation Guide, 2a edizione 2013, pagg. 20‑204.

( 43 ) Conclusioni presentate dall’avvocato generale Sharpston nella causa «Trianel», cit. alla nota 2, paragrafo 44.

( 44 ) V. solo Kment, M., Europarechtswidrigkeit des § 4 I UmwRG?, NVwZ 2012, 481; Siegel, T., Zur Einklagbarkeit der Umweltverträglichkeit, DÖV 2012, 709; Ziekow, J., Das Umwelt‑Rechtsbehelfsgesetz im System des deutschen Rechtsschutzes, NVwZ 2007, 259. Già prima fondamentale: Calliess, C., Feinstaub im Rechtsschutz deutscher Verwaltungsgerichte, NVwZ 2006, 1; Schoch, F., «Die europäische Perspektive des Verwaltungsverfahrens‑ und Verwaltungsprozessrechts», in: Schmidt‑Assmann, E. und Hoffmann‑Riem, W. (a cura di), Strukturen des Europäischen Verwaltungsrechts, Nomos, Baden‑Baden, 1999, pag. 279; Kokott, J., Europäisierung des Verwaltungsprozessrechts, Die Verwaltung 31 (1998), 335.

( 45 ) Ebbesson, J., «Public Participation», in: Bodansky, D., e a. (a cura di), The Oxford Handbook of International Environmental Law, Oxford, OUP, 2007, pag. 681.

( 46 ) Clément, M., Droit Européen de l’Environnement, Bruxelles, Larcier, 2a edizione 2012, pag. 119.

( 47 ) Considerando 7 e 8 della convenzione di Aarhus.

( 48 ) Sentenza «Trianel», cit. alla nota 2, punti 40 e 42.

( 49 ) La nozione di cittadino come garante del rispetto del diritto non è affatto estranea al diritto europeo. Sentenza del 5 febbraio 1963, van Gend & Loos (26/62, Racc. pag. 1). V. Weiler, J.H.H., «The Transformation of Europe», in: The Constitution of Europe, CUP, Cambridge, 1999, 10, 20.

( 50 ) Sentenza «Trianel», cit. alla nota 2, punto 45.

( 51 ) V. articolo 15 della convenzione di Aarhus, che stabilisce meccanismi facoltativi di natura extragiudiziale, non contenziosa e consultiva per verificare l’osservanza delle disposizioni della convenzione, nonché Meeting of the Parties, Decision I/7, Review of Compliance, UN Doc. ECE/MP.PP/2/Add.8 del 2 aprile 2004.

( 52 ) Economic Commission for Europe, Findings and recommendations with regard to communication ACCC/C/2010/48 concerning compliance by Austria. Adopted by the Compliance Committee on 16 December 2011, UN Doc. ECE/MP.PP/C.1/2012/4, del 17 aprile 2012, pag. 14. A causa delle informazioni insufficienti, il Committee non ha riscontrato alcuna violazione e ha svolto argomentazioni ipotetiche.

( 53 ) V., a tale proposito, von Danwitz, T., Europäisches Verwaltungsrecht, Springer, Berlino, 2008, pag. 541.

( 54 ) Sentenza del 29 ottobre 1980, Roquette Frères/Consiglio (138/79, Racc. pag. 3333, punto 33).

( 55 ) In senso divergente rispetto all’effetto concretamente richiesto, sentenze del 29 ottobre 1980, van Landewyck e a./Commissione (da 209/78 a 215/78 e 218/78, Racc. pag. 3125, punto 47), e del 2 ottobre 2003, Thyssen Stahl/Commissione (C-194/99 P, Racc. pag. I-10821, punto 31).