CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 12 settembre 2013 ( 1 )

Causa C‑63/12

Commissione europea

contro

Consiglio dell’Unione europea

«Ricorso di annullamento — Statuto dei funzionari — Articoli 64 e 65 — Articoli 1, 3 e 10 dell’allegato XI — Adeguamento annuale delle retribuzioni, delle pensioni e dei coefficienti correttori — Proposta di regolamento recante un adeguamento secondo il metodo “normale” — Decisione del Consiglio di non adottare la proposta — Nozione di “atto impugnabile” — Condizioni di applicazione della clausola di eccezione»

Causa C‑66/12

Consiglio dell’Unione europea

contro

Commissione europea

«Ricorso di annullamento — Ricorso per carenza — Statuto dei funzionari — Articoli 64 e 65 — Articoli 1, 3 e 10 dell’allegato XI — Adeguamento annuale delle retribuzioni, delle pensioni e dei coefficienti correttori — Proposta di regolamento recante un adeguamento secondo il metodo “normale” — Ricorso del Consiglio — Decisione di adire la Corte — Regola della maggioranza applicabile»

e

Causa C‑196/12

Commissione europea

contro

Consiglio dell’Unione europea

«Ricorso per carenza — Statuto dei funzionari — Articoli 64 e 65 — Articoli 1, 3 e 10 dell’allegato XI — Adeguamento annuale delle retribuzioni e delle pensioni e dei coefficienti correttori — Proposta di regolamento recante un adeguamento secondo il metodo “normale” — Decisione del Consiglio di non adottare la proposta — Astensione»

Indice

 

I – Introduzione

 

II – Le disposizioni pertinenti dello Statuto

 

III – Il procedimento dinanzi alla Corte

 

A – La causa C‑63/12

 

B – La causa C‑66/12

 

C – La causa C‑196/12

 

IV – I ricorsi nelle cause C‑63/12 e C‑196/12

 

A – Sulla ricevibilità dei ricorsi

 

1. Le osservazioni delle parti principali e delle parti intervenienti

 

2. Valutazione

 

a) Il controllo giurisdizionale dei comportamenti di rifiuto opposti da un’istituzione, da un organo o da un organismo dell’Unione

 

i) Il ricorso di annullamento di cui all’articolo 263 TFUE sanziona l’azione illegittima dell’istituzione

 

ii) Il ricorso per carenza di cui all’articolo 265 TFUE sanziona l’inerzia dell’istituzione

 

iii) Il rifiuto di adottare un atto dev’essere impugnato mediante ricorso di annullamento

 

b) La valutazione del comportamento del Consiglio

 

B – Sulla fondatezza del ricorso nella causa C‑63/12

 

1. Le osservazioni delle parti principali e delle parti intervenienti

 

a) Osservazioni preliminari

 

b) Gli argomenti contenuti nel ricorso

 

i) La Commissione

 

– Il rifiuto di adeguare le retribuzioni e le pensioni

 

– Il rifiuto di adeguare i coefficienti correttori

 

ii) Il Parlamento

 

c) Le tesi difensive

 

i) Il Consiglio

 

– Il rifiuto di adeguare le retribuzioni e le pensioni

 

– Il rifiuto di adeguare i coefficienti correttori

 

ii) Gli Stati membri

 

– La Repubblica ceca

 

– Il Regno di Danimarca

 

– La Repubblica federale di Germania

 

– Il Regno di Spagna

 

– Il Regno dei Paesi Bassi

 

– Il Regno Unito

 

2. Valutazione

 

a) La giurisprudenza della Corte relativa al ruolo e ai poteri rispettivi della Commissione e del Consiglio nell’ambito del procedimento di adeguamento delle retribuzioni

 

b) La risoluzione del conflitto tra la Commissione e il Consiglio sull’esistenza di un «deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale constatato all’interno dell’Unione»

 

i) L’analisi delle condizioni di avvio del procedimento previsto all’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto

 

ii) La valutazione della fondatezza dei motivi di annullamento

 

– Sul motivo vertente sullo sviamento di potere

 

– Sul motivo vertente sulla violazione della regola di diritto da parte del Consiglio, che non avrebbe potuto ritenersi autorizzato a non adottare la proposta di regolamento

 

– Sul motivo vertente sulla violazione delle condizioni di applicazione della clausola di eccezione a causa di una motivazione insufficiente ed errata

 

V – Il ricorso nella causa C‑66/12

 

A – La fondatezza del ricorso

 

1. Le osservazioni delle parti principali e delle parti intervenienti

 

a) L’Irlanda

 

b) La Repubblica francese

 

2. Valutazione

 

B – La ricevibilità del ricorso

 

1. Le osservazioni delle parti principali e delle parti intervenienti

 

2. Valutazione

 

VI – Sulle spese

 

VII – Conclusione

I – Introduzione

1.

La questione dell’adeguamento annuale delle retribuzioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione europea, che forma oggetto comune delle cause C‑63/12, C‑66/12 e C‑196/12, è già stata esaminata di recente dalla Corte e ha dato luogo alla sentenza del 24 novembre 2010, Commissione/Consiglio ( 2 ), con la quale la Corte ha annullato in parte il regolamento (UE, Euratom) n. 1296/2009 del Consiglio, del 23 dicembre 2009 ( 3 ), che aveva fissato una percentuale di adeguamento delle retribuzioni inferiore a quella proposta dalla Commissione europea.

2.

Le questioni sollevate dai tre ricorsi in esame presentano tuttavia una diversa configurazione, che richiede un approfondimento dell’analisi precedente. Vengono inoltre sollevati nuovi e delicati problemi attinenti alla ricevibilità dei ricorsi.

3.

Lo Statuto dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione europea è stabilito dal regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio, del 29 febbraio 1968, che definisce lo Statuto dei funzionari delle Comunità europee nonché il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità, ed istituisce speciali misure applicabili temporaneamente ai funzionari della Commissione ( 4 ), come modificato dal regolamento (CE, Euratom) n. 723/2004 del Consiglio, del 22 marzo 2004 ( 5 ), e dal regolamento (UE, Euratom) n. 1080/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010 ( 6 ).

4.

Gli articoli 1 e 3 dell’allegato XI dello Statuto fissavano, sino al 31 dicembre 2012, le condizioni alle quali le retribuzioni dei funzionari e degli altri agenti in parola venivano automaticamente riviste ogni anno dal Consiglio dell’Unione europea su proposta della Commissione.

5.

L’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto, introduceva tuttavia una «clausola di eccezione» che consentiva di derogare a tale criterio di adeguamento «[q]ualora si [fosse verificato] un deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale all’interno dell’Unione». In tale ipotesi, spettava alla Commissione presentare «adeguate proposte» al Consiglio, che deliberava secondo la procedura legislativa ordinaria.

6.

Il 17 dicembre 2010, il Consiglio, constatando che «la recente crisi economica e finanziaria verificatasi nell’[Unione], che ha reso necessari adeguamenti di bilancio sostanziali e determinato una maggiore precarizzazione del lavoro in vari Stati membri, ha dato luogo a un deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale all’interno dell’[Unione]», ha chiesto alla Commissione, conformemente all’articolo 241 TFUE, di presentargli, in base all’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto e alla luce dei dati obiettivi forniti dalla Commissione, adeguate proposte in tempo perché possano essere esaminate e adottate dal Parlamento europeo e dal Consiglio entro la fine del 2011 ( 7 ).

7.

Dopo che la Commissione ha adottato, il 13 luglio 2011, una relazione su tale clausola di eccezione ( 8 ), in cui si concludeva per l’assenza di deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale all’interno dell’Unione, il Consiglio ha contestato tale conclusione e ha deliberato, il 28 ottobre 2011, con una maggioranza «stragrande» di delegazioni, di rivolgere una nuova domanda alla Commissione sul fondamento dell’articolo 241 TFUE. Dichiarandosi «convinto che la crisi economica e finanziaria attualmente in corso nell’[Unione], che ha reso necessari adeguamenti di bilancio sostanziali nella maggior parte degli Stati membri, costituisca un deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale all’interno dell’[Unione]», il Consiglio, «[i]n tale contesto particolare ed eccezionale e alla luce di dati oggettivi che rispecchiano la situazione economica e sociale nell’autunno 2011», ha chiesto alla Commissione di applicare l’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto e di presentare un’appropriata proposta di adeguamento delle retribuzioni ( 9 ).

8.

La Commissione ha quindi presentato, il 24 novembre 2011, una comunicazione che forniva informazioni supplementari ( 10 ), nella quale essa sosteneva che le condizioni di applicazione della clausola non erano soddisfatte, e ha sottoposto lo stesso giorno al Consiglio una proposta di adeguamento conformemente all’esame annuale 2011 ( 11 ), al fine, da un lato, di procedere ad un aumento delle retribuzioni e delle pensioni dell’1,7%, tasso risultante dall’applicazione puramente meccanica del metodo di calcolo previsto nello Statuto e, dall’altro, di adeguare i coefficienti correttori.

9.

Considerando che il rifiuto della Commissione di presentare una proposta ai sensi dell’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto era fondato su motivi insufficienti ed errati, il Consiglio, con una «decisione» del 19 dicembre 2011 ( 12 ), ha deciso di non adottare la proposta di regolamento.

10.

La Commissione ha proposto, il 3 febbraio 2012, un ricorso di annullamento avverso tale atto, registrato con il numero C‑63/12.

11.

Parallelamente alla presentazione di tale ricorso di annullamento, la Commissione, che il 25 gennaio 2012 aveva notificato al Consiglio una lettera di diffida, nell’eventualità che il comportamento di quest’ultimo fosse inteso come un comportamento omissivo costituente una carenza ai sensi dell’articolo 265 TFUE, ha proposto, il 26 aprile 2012, un ricorso per carenza, registrato con il numero C‑196/12.

12.

Dal canto suo, il Consiglio, il 3 febbraio 2012, ha proposto un ricorso di annullamento e, in subordine, per carenza, sia avverso la comunicazione che avverso la proposta di regolamento, registrato con il numero C‑66/12.

13.

La Commissione, sostenuta dal Parlamento, ritiene che il Consiglio, nell’ambito del procedimento previsto dallo Statuto per l’adeguamento delle retribuzioni, fosse tenuto a conformarsi alla sua proposta di regolamento. Secondo la Commissione e il Parlamento, il Consiglio avrebbe potuto escludere l’applicazione automatica del metodo di calcolo, previsto dallo Statuto per tener conto della crisi economica e sociale, solo sulla base di una proposta formulata in tal senso dalla Commissione.

14.

La Commissione chiede così in via principale l’annullamento della decisione controversa, chiedendo in subordine alla Corte, con il ricorso per carenza, di dichiarare che, non adottando la proposta di regolamento, il Consiglio è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi dello Statuto.

15.

Il Consiglio, sostenuto da vari Stati membri ( 13 ), contesta tale domanda nonché l’argomentazione che ne costituisce il fondamento. Secondo la stessa istituzione e gli Stati membri in parola, lo Statuto le conferisce il potere di negare l’adeguamento delle retribuzioni qualora ritenga che le condizioni di applicazione della clausola di eccezione siano soddisfatte.

16.

Il Consiglio chiede, con il sostegno dei medesimi Stati membri, ai quali si aggiungono altri tre Stati ( 14 ), l’annullamento della comunicazione in quanto la Commissione vi manifesta il suo rifiuto definitivo di presentare proposte adeguate in base all’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto nonché l’annullamento della successiva proposta di regolamento. In subordine, esso chiede alla Corte di constatare, ai sensi dell’articolo 265 TFUE, la violazione dei Trattati a causa dell’astensione della Commissione.

17.

Sebbene le tre cause non siano state formalmente riunite, la compenetrazione dei ricorsi in esame e il carattere comune dei motivi dedotti nel merito giustificano la presentazione di conclusioni uniche.

18.

Nelle presenti conclusioni sosterrò che la decisione controversa costituisce un atto impugnabile, il che mi porterà a proporre alla Corte di dichiarare, da un lato, la ricevibilità del ricorso di annullamento presentato dalla Commissione e, dall’altro e di conseguenza, l’irricevibilità del ricorso per carenza presentato parallelamente da tale istituzione.

19.

Affermerò altresì che la sussistenza di un deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale all’interno dell’Unione costituisce una condizione di applicazione del procedimento previsto all’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto, cosicché il Consiglio può respingere la proposta di regolamento fondata sul metodo «normale» solo se e unicamente se tale condizione è soddisfatta.

20.

Aggiungerò che, in caso di disaccordo tra la Commissione e il Consiglio sulla sussistenza di siffatto deterioramento, spetta alla Corte garantire il rispetto dell’equilibrio istituzionale, esercitando il suo controllo sulla valutazione effettuata dalla Commissione, limitato alla ricerca dell’errore manifesto di valutazione.

21.

Inoltre, sosterrò che la Commissione non è incorsa in alcun errore manifesto di valutazione considerando, alla luce di dati obiettivi, che la crisi economica che gli Stati membri hanno affrontato nel 2010 non costituiva una circostanza che autorizzasse l’avvio del procedimento eccezionale di cui all’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto.

22.

Ne dedurrò che il ricorso di annullamento della Commissione dev’essere accolto e che la decisione controversa dev’essere annullata.

23.

Poiché la fondatezza del ricorso di annullamento della Commissione comporta, di conseguenza, l’infondatezza del ricorso del Consiglio, proporrò alla Corte, ai fini di una buona amministrazione della giustizia e dell’economia processuale, di non pronunciarsi sulla ricevibilità di quest’ultimo ricorso e di respingerlo nel merito.

24.

Concluderò, in subordine, per l’irricevibilità del ricorso del Consiglio sostenendo che la decisione di adire la Corte doveva essere adottata con la maggioranza qualificata di cui all’articolo 16, paragrafo 3, TUE e che l’irregolarità di cui è viziata la decisione, che la Commissione ha diritto di far valere, comporta l’irricevibilità del ricorso.

II – Le disposizioni pertinenti dello Statuto

25.

Le disposizioni pertinenti sono gli articoli 64, 65 e 65 bis dello Statuto nonché gli articoli 1, 3, 10 e 15 del suo allegato XI, intitolato «Modalità d’applicazione degli articoli 64 e 65 dello Statuto».

26.

L’articolo 64 dello Statuto prevede quanto segue:

«Alla retribuzione del funzionario espressa in euro, viene attribuito, previa deduzione delle ritenute obbligatorie previste dal presente Statuto o dai regolamenti adottati per la sua applicazione, un coefficiente correttore superiore, inferiore o pari al 100% in rapporto alle condizioni di vita nelle varie sedi di servizio.

Detti coefficienti sono fissati dal Consiglio che delibera su proposta della Commissione [a] maggioranza qualificata (…)».

27.

L’articolo 65 dello Statuto così recita:

«1.   Il Consiglio procede ogni anno ad un esame del livello delle retribuzioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione. Tale esame ha luogo in settembre sulla base di una relazione comune presentata dalla Commissione e fondata sulla situazione, al primo luglio e in ogni paese dell’Unione, di un indice comune calcolato dall’Istituto statistico dell’Unione europea [Eurostat] d’intesa con i servizi statistici nazionali degli Stati membri.

Nel corso di tale esame, il Consiglio valuta se, nel quadro della politica economica e sociale dell’Unione, sia opportuno procedere ad un adeguamento delle retribuzioni. Si tiene conto in particolare dell’eventuale aumento degli stipendi del settore pubblico e delle necessità di assunzione.

2.   In caso di variazione sensibile del costo della vita, il Consiglio decide, nel termine massimo di due mesi, sulle misure di adeguamento dei coefficienti correttori ed eventualmente sulla loro retroattività.

3.   Ai fini dell’applicazione del presente articolo, il Consiglio delibera su proposta della Commissione, [a] maggioranza qualificata (...)».

28.

L’articolo 65 bis dello Statuto dispone che le modalità d’applicazione degli articoli 64 e 65 di tale Statuto sono definite nell’allegato XI dello Statuto.

29.

L’articolo 1, paragrafo 1, dell’allegato XI dello Statuto dispone che, «[a]i fini dell’esame previsto all’articolo 65, paragrafo 1, dello [S]tatuto, Eurostat compila ogni anno prima della fine del mese di ottobre una relazione sull’andamento del costo della vita a Bruxelles, sulle parità economiche fra Bruxelles ed alcune sedi di servizio negli Stati membri e sull’andamento del potere d’acquisto delle retribuzioni dei funzionari nazionali delle amministrazioni centrali».

30.

L’articolo 3 dell’allegato XI dello Statuto prevede quanto segue:

«1.   In conformità all’articolo 65, paragrafo 3, dello [S]tatuto, il Consiglio decide prima della fine di ogni anno in merito all’adeguamento delle retribuzioni e delle pensioni proposto dalla Commissione e basato sugli elementi previsti alla sezione 1 del presente allegato, con effetto al 1o luglio.

2.   Il valore dell’adeguamento è pari al prodotto dell’indicatore specifico e dell’indice internazionale di Bruxelles. L’adeguamento è fissato in termini netti in percentuale uguale per tutti.

(...)

6.   Le istituzioni procedono, con effetto retroattivo fra la data d’effetto e la data di entrata in vigore della decisione sul nuovo adeguamento, al corrispondente adeguamento positivo o negativo delle retribuzioni dei funzionari e delle pensioni corrisposte agli ex funzionari ed altri aventi diritto.

(...)».

31.

Gli elementi necessari per il calcolo dell’adeguamento annuale, elencati nella sezione 1 dell’allegato XI dello Statuto, sono l’andamento del costo della vita a Bruxelles, le parità economiche fra Bruxelles ed alcune sedi di servizio negli Stati membri e, infine, l’andamento del potere d’acquisto delle retribuzioni dei funzionari nazionali delle amministrazioni centrali negli otto Stati membri elencati all’articolo 1, paragrafo 4, lettera a), ultimo comma, del suddetto allegato ( 15 ).

32.

L’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto, che costituisce l’unico articolo del capitolo V del suddetto allegato, intitolato «Clausola di eccezione», dispone quanto segue:

«Qualora si verifichi un deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale all’interno dell’Unione, valutato alla luce dei dati obiettivi forniti in merito dalla Commissione, quest’ultima presenta adeguate proposte al Parlamento europeo e al Consiglio che deliberano secondo la procedura prevista all’articolo 336 [TFUE]».

33.

Infine, l’articolo 15 dell’allegato XI dello Statuto, contenuto nel capitolo 7 del suddetto allegato intitolato «Disposizione finale e clausola di revisione», così prevede:

«1.   Le disposizioni del presente allegato sono applicabili per il periodo dal 1o luglio 2004 al 31 dicembre 2012.

2.   Alla fine del quarto anno avrà luogo una valutazione, che terrà conto in particolare delle implicazioni di bilancio delle disposizioni suddette. A tal fine, la Commissione presenterà una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio, accompagnata se del caso da una proposta di modifica del presente allegato ai sensi dell’articolo 336 [TFUE]».

III – Il procedimento dinanzi alla Corte

A – La causa C‑63/12

34.

La Commissione ha proposto alla Corte la sua domanda di annullamento con ricorso del 7 febbraio 2012. Il Consiglio ha depositato il suo controricorso il 2 aprile 2012, la Commissione la sua replica l’11 maggio 2012 e il Consiglio la sua controreplica il 2 luglio 2012.

35.

Con ordinanza del presidente della Corte, del 25 aprile 2012, il Parlamento è stato autorizzato a intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione. Tale istituzione ha depositato la sua memoria d’intervento l’11 giugno 2012. Il Consiglio ha depositato le sue osservazioni su tale memoria il 27 luglio 2012.

36.

La Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, il Regno di Spagna, il Regno dei Paesi Bassi e il Regno Unito sono stati autorizzati ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio con ordinanza del presidente della Corte del 6 luglio 2012.

37.

Tali Stati membri hanno depositato la loro memoria d’intervento nelle seguenti date: la Repubblica ceca il 19 settembre 2012, il Regno di Spagna il 20 settembre 2012, il Regno Unito il 24 settembre 2012 e gli altri Stati membri il 21 settembre 2012.

38.

La Commissione ha depositato le sue osservazioni su tali memorie d’intervento il 4 gennaio 2013.

39.

La Commissione chiede alla Corte:

di annullare la decisione controversa, e

di condannare il Consiglio alle spese.

40.

Il Parlamento conclude per l’accoglimento delle conclusioni della Commissione.

41.

Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

respingere il ricorso di annullamento in quanto irricevibile;

in subordine, respingere il ricorso in quanto infondato; e

condannare la Commissione alle spese.

42.

La Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, il Regno di Spagna, il Regno dei Paesi Bassi e il Regno Unito chiedono alla Corte di accogliere le conclusioni del Consiglio.

B – La causa C‑66/12

43.

Il Consiglio ha proposto alla Corte la sua domanda di annullamento con ricorso del 9 febbraio 2012. La Commissione ha depositato il suo controricorso il 23 marzo 2012, il Consiglio la sua replica l’11 maggio 2012 e la Commissione la sua controreplica il 22 giugno 2012.

44.

Con ordinanza del presidente della Corte del 20 aprile 2012, il Parlamento è stato autorizzato ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione. Esso ha depositato la sua memoria d’intervento l’11 giugno 2012. Il Consiglio ha depositato le sue osservazioni su tale memoria il 27 luglio 2012.

45.

La Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, l’Irlanda, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica di Lettonia, il Regno dei Paesi Bassi e il Regno Unito sono stati autorizzati ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio con ordinanza del presidente della Corte del 6 luglio 2012.

46.

Fatta eccezione per la Repubblica di Lettonia, che non ha depositato alcuna memoria, tali Stati membri hanno depositato la propria memoria d’intervento nelle seguenti date: la Repubblica ceca il 19 settembre 2012, il Regno di Spagna il 20 settembre 2012, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania nonché il Regno dei Paesi Bassi il 21 settembre 2012, l’Irlanda il 24 settembre 2012 e la Repubblica francese il 25 settembre 2012.

47.

La Commissione ha depositato le sue osservazioni su tali memorie d’intervento il 4 gennaio 2013.

48.

Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

in via principale, annullare la comunicazione e la proposta di regolamento;

in subordine, constatare la violazione dei Trattati dovuta al fatto che la Commissione si è astenuta dal presentare proposte adeguate al Parlamento e al Consiglio in base all’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto, e

condannare la Commissione alle spese.

49.

La Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, l’Irlanda, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica di Lettonia, il Regno dei Paesi Bassi e il Regno Unito chiedono che siano accolte le conclusioni del Consiglio.

50.

La Commissione chiede che la Corte voglia:

respingere il ricorso, e

condannare il Consiglio alle spese.

51.

Il Parlamento chiede che siano accolte le conclusioni della Commissione.

C – La causa C‑196/12

52.

La Commissione ha proposto alla Corte il suo ricorso per carenza con atto introduttivo del 26 aprile 2012. Il Consiglio ha depositato il suo controricorso il 18 giugno 2012, la Commissione la sua replica il 30 luglio 2012 e il Consiglio la sua controreplica il 17 settembre 2012.

53.

Con ordinanza del presidente della Corte del 4 settembre 2012, la Repubblica federale di Germania, il Regno di Spagna, il Regno dei Paesi Bassi e il Regno Unito sono stati autorizzati ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio, mentre il Parlamento è stato autorizzato ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione.

54.

La memoria d’intervento della Repubblica federale di Germania è stata depositata il 16 ottobre 2012, quella del Regno di Spagna il 24 ottobre 2012, quella del Regno Unito il 14 novembre 2012 e quelle del Regno dei Paesi Bassi nonché del Parlamento il 16 novembre 2012.

55.

La Commissione e il Consiglio hanno depositato le loro osservazioni su tali memorie d’intervento rispettivamente il 16 gennaio 2013 e il 21 gennaio 2013.

56.

La Commissione chiede che la Corte voglia:

dichiarare che, omettendo di adottare la proposta di regolamento, il Consiglio è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi dello Statuto, e

condannare il Consiglio alle spese.

57.

Il Parlamento conclude per l’accoglimento delle conclusioni della Commissione.

58.

Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

respingere il ricorso, e

condannare la Commissione alle spese.

59.

La Repubblica federale di Germania, il Regno di Spagna, il Regno dei Paesi Bassi e il Regno Unito chiedono alla Corte di accogliere le conclusioni del Consiglio.

IV – I ricorsi nelle cause C‑63/12 e C‑196/12

A – Sulla ricevibilità dei ricorsi

1. Le osservazioni delle parti principali e delle parti intervenienti

60.

Il Consiglio sostiene che il ricorso di annullamento è irricevibile, in quanto la decisione controversa non sarebbe un atto produttivo di effetti giuridici autonomi, poiché, adottandola, esso non avrebbe né modificato né respinto definitivamente la proposta di regolamento, ma si sarebbe limitato, per esigenze di trasparenza, ad esporre i motivi per cui non era in grado di adottarla.

61.

La Commissione contesta tale analisi e propone di operare una distinzione tra i due aspetti della proposta di regolamento che il Consiglio ha rifiutato di adottare.

62.

Per quanto riguarda, in primo luogo, l’adeguamento delle retribuzioni e delle pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione, la Commissione afferma che il ricorso di annullamento è ricevibile, in quanto il carattere decisionale dell’atto impugnato risulta sia dallo strumento giuridico utilizzato che dal suo contenuto.

63.

Per quanto attiene alla forma, la Commissione osserva che la decisione controversa rientra fra gli atti giuridici dell’Unione menzionati all’articolo 288 TFUE, è stata pubblicata nella serie L della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, dedicata alla legislazione dell’Unione, e menziona come fondamento giuridico lo Statuto, segnatamente l’articolo 65 e gli allegati VII, XI e XIII, nonché l’articolo 20 del regime applicabile agli altri agenti dell’Unione.

64.

Riguardo alla sostanza dell’atto impugnato, quest’ultimo produrrebbe effetti giuridici autonomi incontestabili, poiché il risultato della decisione controversa è il mancato adeguamento annuale delle retribuzioni e delle pensioni, che vengono, di conseguenza, congelate. La Commissione, che si chiede come il Consiglio possa adottare la proposta senza abrogare preliminarmente la decisione di non adottarla, ritiene che la distinzione che il Consiglio cerca di stabilire tra una «decisione di non adozione» e «una decisione di rigetto» non sia fondata su alcuna tipologia definita.

65.

Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’adozione dei coefficienti correttori applicati alle retribuzioni e alle pensioni, la Commissione, constatando che la decisione controversa non contiene alcuna motivazione su tale punto, ne deduce che occorre considerare in via principale che, sebbene, formalmente, il Consiglio abbia adottato una decisione di rigetto, il suo comportamento dev’essere considerato come un comportamento omissivo illecito che può essere contestato con il ricorso di annullamento.

66.

Il Consiglio, che fa riferimento alla giurisprudenza della Corte secondo la quale, per stabilire se i provvedimenti impugnati si configurino come atti, occorre considerare la loro sostanza ( 16 ), replica che la tesi secondo cui la decisione controversa comporterebbe il congelamento delle retribuzioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione si fonda sulla premessa errata che il solo fatto che la Commissione abbia presentato una proposta in base all’articolo 3 dell’allegato XI dello Statuto sarebbe sufficiente per far sorgere, su tale base, un obbligo incondizionato di agire in capo al Consiglio. Esso aggiunge che l’esistenza di un diritto dei funzionari all’adeguamento proposto dalla Commissione è soggetto alla condizione che il Consiglio decida sull’adeguamento, il che presuppone una scelta tra due fondamenti giuridici che si escludono reciprocamente, ossia l’articolo 3 dello Statuto e l’articolo 10 dell’allegato XI del medesimo.

67.

Il Consiglio osserva infine che la decisione controversa non è definitiva e non ha effetti sull’esistenza giuridica della proposta di regolamento, che esso potrebbe adottare in qualsiasi momento senza abrogare l’atto precedente, per effetto della regola lex posterior derogat priori.

68.

Il Parlamento fa proprio l’argomento della Commissione. Esso fa valere che la distinzione operata dal Consiglio tra una decisione di non adozione e una decisione di rigetto dev’essere considerata artificiale e che è importante tener conto, nel valutare la natura della decisione, del fatto che essa costituisce la risposta del Consiglio ad un obbligo di adeguamento delle retribuzioni e delle pensioni «prima della fine di ogni anno» e alla proposta presentata dalla Commissione in tale ambito.

69.

Gli Stati membri intervenienti sostengono la posizione del Consiglio, rinviando agli argomenti elaborati da quest’ultimo. La Repubblica federale di Germania aggiunge che la decisione controversa non produce effetti giuridici poiché non è conclusiva di alcun procedimento né rende la proposta di regolamento priva di oggetto. Tale decisione rappresenterebbe soltanto una fase intermedia nel procedimento avviato dalla Commissione allo scopo di stabilire l’adeguamento annuale delle retribuzioni, procedimento che si concluderà solo quando il Consiglio avrà adottato un regolamento che adegui le retribuzioni con effetto retroattivo al 1o luglio 2011.

2. Valutazione

70.

Come dimostrerò, avverso la decisione controversa, nei suoi due aspetti, dev’essere proposto un ricorso di annullamento e non un ricorso per carenza.

71.

Il ricorso di annullamento e il ricorso per carenza proposti dalla Commissione hanno, in realtà, un unico oggetto, in quanto sono diretti a far sanzionare il comportamento del Consiglio che si è opposto all’adozione della proposta di regolamento invocando il meccanismo della clausola di eccezione. Poiché risulta, prima facie, che tale comportamento può essere inteso, in positivo, come costituente una decisione pur rivelando, in negativo, l’eventuale carenza del Consiglio nel procedere all’adeguamento annuale delle retribuzioni e nel fissare i coefficienti correttori, la Commissione ha impugnato tale atto sotto due diversi profili, proponendo al contempo un ricorso di annullamento e un ricorso per carenza, ai quali il Consiglio ha risposto proponendo un ricorso di annullamento e, in subordine, un ricorso per carenza.

72.

I dubbi della Commissione e del Consiglio sul mezzo di ricorso da utilizzare sono rivelatori dell’incertezza giuridica circa la determinazione dei rispettivi ambiti del ricorso di annullamento e del ricorso per carenza, in particolare quando il comportamento contestato è un comportamento di diniego. Sebbene tale incertezza attenga alla complessità del collegamento teorico tra questi due mezzi di ricorso e ad alcuni sviluppi testuali, essa trova altresì giustificazione in alcuni sviluppi giurisprudenziali che hanno lasciato intravvedere qualche incertezza. In ogni caso, il fatto che possano essere espressi dubbi quanto alla linea di demarcazione tra i due ricorsi, per di più da due istituzioni dell’Unione, mi sembra particolarmente preoccupante, dal momento che si presuppone che il sistema giurisdizionale di controllo della legittimità degli atti dell’Unione obbedisca a un principio di completezza ( 17 ) e di coerenza al fine di garantire il rispetto del principio della tutela giurisdizionale effettiva.

73.

Quest’ultimo principio, sancito dagli articoli 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e riaffermato all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, implica che qualsiasi atto illegittimo di un’istituzione, di un organo o di un organismo dell’Unione possa essere contestato qualora produca effetti giuridici lesivi.

74.

Nella prospettiva di garantire una tutela giurisdizionale quanto più ampia possibile, si potrebbe sostenere che occorre in primo luogo evitare qualsiasi lacuna nel controllo della legittimità e, pertanto, fare in modo che una decisione negativa da parte di un’istituzione, di un organo o di un organismo dell’Unione, dato che produce effetti giuridici vincolanti, possa essere considerata dalla Corte, garante della legalità, indipendentemente dal fatto che tale controllo sia previsto mediante un ricorso di annullamento o un ricorso per carenza.

75.

Si dovrebbe quindi ammettere l’esistenza di due mezzi di ricorso concorrenti, accettando, se necessario, di conferire un diritto di opzione ai ricorrenti che potrebbero scegliere liberamente il mezzo di ricorso con il quale intendono impugnare una decisione negativa.

76.

In linea con tale soluzione, occorre ricordare che i due mezzi di ricorso perseguono una finalità comune, che si traduce, nelle decisioni della Corte, con la formula secondo cui essi «sono l’espressione di uno stesso rimedio giuridico» ( 18 ) o con l’enunciato del principio secondo cui «il sistema delle impugnazioni istituite dal trattato implica [una] stretta connessione [tra le stesse]» ( 19 ).

77.

Tuttavia, nonostante la loro finalità comune, questi due mezzi di ricorso rimangono diversi quanto alla loro natura ( 20 ), alle loro condizioni di ricevibilità e di esercizio nonché, in minor misura, agli effetti che essi possono produrre ( 21 ). Sono pertanto convinto che non risponda né all’interesse dei ricorrenti né a quello di una buona amministrazione della giustizia consentire sovrapposizioni. È invece indispensabile tracciare una netta linea di demarcazione tra questi due mezzi di ricorso, attribuendo loro la caratteristica di escludersi a vicenda e garantendone la coesistenza armoniosa fondata su una concezione «sistematica» ( 22 ). Detta questione non è solo teorica, in quanto richiede un’analisi del rapporto di complementarietà o di concorrenza tra i due ricorsi nonché un’analisi del loro grado di autonomia o di dipendenza ( 23 ). Essa implica anche un’importante questione pratica, poiché dalla soluzione che viene ad essa fornita dipende la possibilità per i ricorrenti di esercitare il mezzo di ricorso migliore, in grado di sanzionare l’illegittimità commessa, in una prospettiva volta a privilegiare l’effetto utile del controllo di legittimità.

78.

Così, prima di valutare più precisamente il comportamento del Consiglio e il mezzo di ricorso che occorre esercitare per contestarne la legittimità, inizierò dalla formulazione delle norme che disciplinano il controllo giurisdizionale dei comportamenti «negativi», vale a dire i comportamenti mediante i quali un’istituzione, un organo o un organismo dell’Unione esprime un rifiuto, come quelli che mi sembrano emergere dallo stato attuale della giurisprudenza della Corte.

a) Il controllo giurisdizionale dei comportamenti di rifiuto opposti da un’istituzione, da un organo o da un organismo dell’Unione

79.

Ritengo di poter considerare certa la seguente proposizione. Dato che il ricorso di annullamento dell’articolo 263 TFUE sanziona l’azione illegittima dell’istituzione (i), mentre il ricorso per carenza di cui all’articolo 265 TFUE sanziona la sua inerzia (ii), il rifiuto di adottare un atto dev’essere impugnato mediante ricorso di annullamento (iii).

i) Il ricorso di annullamento di cui all’articolo 263 TFUE sanziona l’azione illegittima dell’istituzione

80.

Ai sensi dell’articolo 263 TFUE, la Corte controlla la legittimità degli atti delle istituzioni, in particolare di quelli del Consiglio, diversi dalle raccomandazioni o dai pareri.

81.

Affinché un atto possa essere oggetto di un ricorso di annullamento, devono sussistere due presupposti.

82.

In primo luogo, è necessario che un atto giuridico, un «provvedimento», sia stato materialmente adottato da un’istituzione dell’Unione.

83.

In secondo luogo, risulta da una giurisprudenza costante, sviluppata nell’ambito di ricorsi di annullamento proposti da Stati membri o da istituzioni, che sono considerati atti impugnabili ai sensi dell’articolo 263 TFUE «tutti i provvedimenti, a prescindere dalla loro forma, adottati dalle istituzioni e intesi alla produzione di effetti giuridici vincolanti» ( 24 ). Qualora il ricorso di annullamento sia proposto da una persona fisica o giuridica avverso un atto di cui sia destinataria, gli effetti giuridici vincolanti prodotti dall’atto devono essere idonei ad incidere sugli interessi del ricorrente, modificando in misura rilevante la sua situazione giuridica ( 25 ).

84.

Il criterio dell’effetto giuridico vincolante assume un’importanza particolare quando si tratta di valutare l’impugnabilità o meno di un atto intermedio che si inserisce in un procedimento amministrativo comprendente più fasi. In via di principio, per essere impugnabile, l’atto deve presentare un carattere definitivo. Secondo l’espressione utilizzata dalla Corte, esso deve costituire «la manifestazione definitiva della (...) volontà [dell’istituzione]» ( 26 ), cosicché non possono essere considerati come atti impugnabili gli atti intermedi il cui obiettivo consiste nel preparare la decisione finale, come quelli che esprimono un’opinione provvisoria dell’istituzione ( 27 ).

85.

È stato così dichiarato che una proposta di regolamento sottoposta dalla Commissione al Consiglio non può essere considerata un atto impugnabile, poiché essa costituisce solo un atto intermedio il cui obiettivo è unicamente di preparare l’adozione di un atto finale senza fissare definitivamente la posizione che adotterà il Consiglio ( 28 ).

86.

Per contro, l’atto intermedio che produce «effetti giuridici autonomi» deve poter essere oggetto di un ricorso di annullamento ( 29 ).

87.

Preciso infine che, benché il provvedimento intermedio privo del carattere decisorio non sia impugnabile in quanto tale con un’azione di annullamento, i suoi eventuali vizi possono essere fatti valere nel ricorso diretto contro l’atto definitivo, della cui elaborazione l’atto costituisce un momento preparatorio ( 30 ).

ii) Il ricorso per carenza di cui all’articolo 265 TFUE sanziona l’inerzia dell’istituzione

88.

L’articolo 265 TFUE dispone che qualora, in violazione dei Trattati, il Parlamento europeo, il Consiglio europeo, il Consiglio, la Commissione o la Banca centrale europea si astengano dal pronunciarsi, gli Stati membri e le altre istituzioni dell’Unione possono adire la Corte per far constatare tale violazione.

89.

Il ricorso per carenza può essere anche esercitato da qualsiasi persona fisica o giuridica che contesti ad un’istituzione, ad un organo o ad un organismo dell’Unione di avere omesso di emanare nei suoi confronti un atto che non sia una raccomandazione o un parere.

90.

Il ricorso è ricevibile soltanto quando all’istituzione, all’organo o all’organismo in causa sia stato preventivamente richiesto di agire e se, allo scadere di un termine di due mesi da tale richiesta, l’istituzione, l’organo o l’organismo non ha «preso posizione».

91.

Secondo una giurisprudenza costante, il rimedio del ricorso per carenza «è basato sul principio che l’illegittima inerzia [dell’istituzione in questione] consente (…) di adire la Corte affinché questa dichiari che il comportamento omissivo è in contrasto col Trattato, in quanto l’istituzione interessata non vi abbia posto rimedio» ( 31 ).

92.

Il confronto di tale norma con l’oggetto del ricorso di annullamento consente di tracciare la linea di demarcazione tra i due rimedi giuridici intesi a garantire il controllo diretto della legittimità del comportamento delle istituzioni dell’Unione. Mentre il ricorso di annullamento sanziona la manifestazione di volontà che assume la forma di un atto giuridico produttivo di effetti giuridici vincolanti, il ricorso per carenza sanziona, invece, l’inerzia illegittima dell’istituzione. In altri termini, il controllo della legittimità si effettua mediante ricorso di annullamento quando è contestata l’azione dell’istituzione e mediante ricorso per carenza quando ne è contestata l’inerzia.

93.

Da questa summa divisio si evince la risposta alla questione consistente nello stabilire quale ricorso debba essere esercitato avverso una decisione di rifiuto.

iii) Il rifiuto di adottare un atto dev’essere impugnato mediante ricorso di annullamento

94.

Sebbene l’evidente chiarezza della distinzione tra il ricorso di annullamento e il ricorso per carenza sia stata offuscata dalle differenze concettuali tra la definizione del ricorso per carenza contenuta nel Trattato CECA e la definizione del ricorso per carenza contenuta nel Trattato CEE ( 32 ), l’esame della questione del mezzo di ricorso che può essere impiegato per denunciare l’illegittimità riguardante una decisione negativa mi sembra faccia tuttavia emergere chiaramente che il rifiuto è un atto che può formare oggetto di un ricorso di annullamento.

95.

Infatti, il rifiuto di prendere una decisione vale come decisione poiché esprime una manifestazione di volontà, benché negativa, e la decisione di rifiuto obbedisce alle stesse regole di competenza e di forma della decisione positiva.

96.

La giurisprudenza si inserisce chiaramente in questa logica di assimilazione e sono numerose le sentenze che dichiarano ricevibile il ricorso di annullamento avverso decisioni di rifiuto ( 33 ).

97.

Tuttavia, in un obiter dictum inserito nella sentenza del 27 settembre 1988, Parlamento/Consiglio ( 34 ), la Corte ha ammesso che la mancata presentazione di un progetto di bilancio da parte del Consiglio poteva essere oggetto di un ricorso per carenza da parte del Parlamento, affermando che «un rifiuto di agire, pur essendo esplicito, può essere deferito alla Corte a norma dell’articolo 175 in quanto non fa venir meno la carenza» ( 35 ). Tale formulazione, che la dottrina ha potuto qualificare come «misteriosa» ( 36 ), è giustificata più da considerazioni riguardanti la legittimazione attiva del Parlamento che dalla volontà di ampliare l’ambito di applicazione del ricorso per carenza. La giurisprudenza successiva è del resto ritornata a una posizione più ortodossa ( 37 ).

98.

Inoltre, per stabilire se una decisione di rifiuto costituisca o meno un atto impugnabile, la giurisprudenza distingue a seconda che l’atto rifiutato potesse produrre o meno effetti giuridici definitivi. La Corte ha in tal senso ripetutamente dichiarato che, quando un atto è negativo, tale decisione va considerata in funzione dell’oggetto della domanda cui risponde ( 38 ). Tale formula, in apparenza un po’ sibillina e soggetta ad alcune varianti redazionali ( 39 ), interpreta, in realtà, per le decisioni negative, la seguente proposizione. Il rifiuto di adottare un atto può essere oggetto di un ricorso di annullamento in quanto siffatto ricorso avrebbe potuto essere proposto avverso l’atto che l’istituzione ha rifiutato di adottare. Pertanto, se l’atto rifiutato può produrre effetti giuridici definitivi, il rifiuto può essere oggetto di ricorso. Al contrario, se l’atto di cui è stata rifiutata l’adozione non produce tali effetti, il rifiuto di adottarlo non può essere deferito alla Corte mediante ricorso di annullamento.

99.

Il rifiuto di agire dev’essere quindi contestato mediante ricorso di annullamento, a prescindere dalla forma in cui esso viene espresso.

100.

Ciò vale, in primo luogo, in caso di rifiuto esplicito. Quando l’istituzione risponde con una decisione espressa di rigetto, il rimedio del ricorso per carenza non va utilizzato, poiché il ricorrente dispone, entro il termine fissato dal Trattato FUE, del diritto di esperire il ricorso di annullamento che gli consente di far constatare l’illegittimità dell’atto adottato dall’istituzione.

101.

Il rifiuto esplicito può manifestarsi in due diverse forme.

102.

Può trattarsi, innanzi tutto, del rifiuto puro e semplice di adottare la decisione richiesta ( 40 ).

103.

Può trattarsi poi dell’adozione di un atto contrario a quello richiesto. In tal caso, la decisione adottata non può essere impugnata mediante ricorso per carenza, poiché, secondo la spiegazione fornita da varie sentenze, tale ricorso «denota l’omissione di statuire o di prendere posizione, non già l’adozione di un atto diverso da quello che il richiedente avrebbe desiderato o ritenuto necessario» ( 41 ).

104.

La Corte ha persino considerato, in una sentenza del 23 gennaio 1992, Commissione/Consiglio ( 42 ), pronunciata a seguito di un ricorso di annullamento proposto dalla Commissione avverso un regolamento del Consiglio che rettificava le retribuzioni e le pensioni dei funzionari e degli altri agenti delle Comunità e adeguava i coefficienti correttori relativi a tali retribuzioni e pensioni, che l’adozione di un atto che ometteva illegittimamente di integrare una proposta della Commissione poteva essere contestata mediante ricorso di annullamento. Nella causa che ha dato luogo a tale sentenza, constatando che la proposta della Commissione verteva, in particolare, sull’introduzione di un coefficiente correttore specifico per Monaco di Baviera (Germania) e che il regolamento adottato dal Consiglio in base a tale proposta non conteneva disposizioni in tal senso, la Corte ne ha dedotto che la Commissione poteva proporre ricorso di annullamento contro tale regolamento, se riteneva che, con tale omissione, il Consiglio avesse violato un obbligo imposto dal Trattato CEE ( 43 ). In tal senso, qualora un’istituzione abbia agito, ma omettendo di adottare una parte del provvedimento proposto, l’illegittimità che ne deriva può, secondo tale decisione, essere sanzionata mediante ricorso di annullamento ( 44 ).

105.

Ciò vale, in secondo luogo, in caso di decisione di rifiuto implicita, ma con la precisazione fondamentale che la decisione implicita può risultare dal silenzio o dall’inerzia di un’istituzione solo a condizione che una disposizione del diritto dell’Unione lo preveda espressamente. Emerge infatti da una giurisprudenza consolidata che, «in mancanza di (…) disposizioni espresse, che fissano un termine alla scadenza del quale si ritiene adottata una decisione implicita e definiscono il contenuto di tale decisione, l’inerzia di un’istituzione non può essere equiparata ad una decisione, salvo voler mettere in discussione il sistema dei mezzi di tutela giurisdizionale istituito dal Trattato» ( 45 ). Tuttavia, «in talune circostanze specifiche, (…) si [può] eccezionalmente ritenere che il silenzio o la mancata azione da parte dell’istituzione possa avere valore di decisione implicita di rifiuto» ( 46 ).

106.

Ecco sintetizzati i principi guida che regolano i ricorsi avverso le decisioni negative.

107.

Si devono ancora aggiungere le due precisazioni seguenti.

108.

In primo luogo, va osservato che l’assenza di decisione per mancato raggiungimento della maggioranza richiesta non equivale a un rifiuto di decidere.

109.

La sentenza del 13 luglio 2004, Commissione/Consiglio ( 47 ), pronunciata in una causa riguardante l’attuazione del patto di stabilità e crescita, illustra tale distinzione. Investita dalla Commissione di un ricorso di annullamento contro «la mancata adozione», da parte del Consiglio, dei provvedimenti formali contenuti nelle raccomandazioni dalla stessa formulate ai sensi dell’articolo 104, paragrafi 8 e 9, CE ( 48 ) al fine di costringere la Repubblica federale di Germania e la Repubblica francese a ridurre il loro deficit pubblico, la Corte ha considerato che il ricorso era irricevibile in quanto la mancata adozione denunciata risultava dall’assenza della maggioranza necessaria per adottare una decisione in proposito. La Corte ha rilevato, inoltre, che nessuna norma del diritto dell’Unione stabiliva un termine alla scadenza del quale si sarebbe considerata intervenuta una decisione implicita, che definisse il contenuto di tale decisione ( 49 ).

110.

Aggiungerò che la sentenza del 30 settembre 2003, Eurocoton e a./Consiglio ( 50 ), con la quale la Corte ha dichiarato che la mancata adozione da parte del Consiglio di una proposta di regolamento che imponeva dazi antidumping definitivi costituiva un atto impugnabile, non mi sembra possa esser fatta valere in senso contrario. Sebbene possa suscitare dubbi in quanto lascia intendere che il mero fatto di votare costituisca una «presa di posizione», benché la maggioranza necessaria all’adozione del regolamento non sia raggiunta ( 51 ), tale sentenza, che tiene conto delle peculiarità della procedura antidumping, mi sembra trovare principalmente una spiegazione nell’esistenza, nell’ambito di tale procedura, di un termine al di là del quale il Consiglio non può più adottare la proposta della Commissione, cosicché la mancata adozione della proposta nel termine prescritto ha potuto essere considerata costitutiva di un rigetto implicito ( 52 ).

111.

In secondo luogo, come riconosciuto dalla Commissione e dal Consiglio, risulta da una costante giurisprudenza relativa alla ricevibilità dei ricorsi di annullamento che occorre riferirsi alla sostanza stessa degli atti impugnati nonché all’intenzione dei loro autori per qualificare gli atti medesimi ( 53 ).

112.

È proprio alla luce dei principi sopra richiamati che stabilirò quale sia il mezzo di ricorso da esercitare contro il comportamento del Consiglio, verificando se tale comportamento costituisca o meno una decisione impugnabile.

b) La valutazione del comportamento del Consiglio

113.

La «decisione» controversa, con la quale il Consiglio ha deciso di non adottare la proposta di regolamento, presentata in base all’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto, costituisce una decisione impugnabile mediante ricorso di annullamento?

114.

A mio parere tale questione richiede indubbiamente una risposta affermativa.

115.

Rileverò innanzi tutto che il Consiglio, affermando che esso non sarebbe intervenuto sulla proposta di regolamento, che non lo avrebbe né modificato né respinto definitivamente, ma si sarebbe limitato ad esporre i motivi per cui non era in grado di adottarlo, snatura la propria decisione. Lungi dal contenere una mera spiegazione, la decisione controversa contiene una parte dispositiva conformemente alla quale il Consiglio «decide di non adottare la proposta della Commissione».

116.

L’atto adottato dal Consiglio ha quindi natura decisionale.

117.

Tale atto è inoltre definitivo, in quanto pone fine al processo di adeguamento, secondo il metodo «normale», delle retribuzioni e delle pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione nonché dei coefficienti correttori relativi a tali retribuzioni e pensioni per il 2011, fermo restando che l’articolo 3, paragrafo 1, dell’allegato XI dello Statuto prevede che il regolamento del Consiglio debba essere adottato «prima della fine di ogni anno». Al riguardo, occorre rilevare che l’argomento del Consiglio secondo cui si tratterebbe di una risposta interlocutoria, di carattere provvisorio, è totalmente in contrasto sia con i motivi della decisione controversa che con la posizione difesa da tale istituzione nel presente procedimento. Come emerge dal considerando 14 della decisione controversa, il Consiglio ha ritenuto che, per tener conto della crisi economica, potesse essere applicato solo il procedimento di cui all’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto. Secondo il Consiglio, non si tratta affatto di un’eventuale ripresa del procedimento, nel caso, segnatamente, in cui la Commissione riuscisse a convincerlo dell’impossibilità di applicare la clausola di eccezione. Il Consiglio ha quindi chiaramente manifestato la sua volontà di abbandonare definitivamente il procedimento del metodo «normale» di cui all’articolo 3 dell’allegato XI dello Statuto a vantaggio del procedimento specifico, previsto all’articolo 10 del suddetto allegato, in caso di crisi economica grave.

118.

L’argomento della Repubblica federale di Germania, secondo cui la decisione controversa rappresenterebbe semplicemente una fase intermedia nel procedimento avviato dalla Commissione al fine di stabilire l’adeguamento annuale delle retribuzioni, mi sembra fondato su una confusione tra i due tipi di procedimento che, come rilevato giustamente dal Regno dei Paesi Bassi, si escludono a vicenda.

119.

Dato che il Consiglio trae argomenti dai termini in cui è redatta la decisione controversa, occorre aggiungere che la distinzione proposta tra la decisione «di non adottare» e la decisione «di respingere» mi sembra più capziosa che astuta. Il Consiglio non si è astenuto dal prendere posizione sulla proposta di regolamento per non aver ottenuto, ad esempio, la maggioranza richiesta, ma ha adottato una decisione che equivale a un rigetto puro e semplice della proposta di regolamento.

120.

Occorre inoltre osservare che l’atto di cui è stata rifiutata l’adozione da parte del Consiglio è un regolamento che, se fosse stato adottato, avrebbe chiaramente prodotto effetti giuridicamente vincolanti nei confronti sia delle istituzioni dell’Unione che dei funzionari e degli altri agenti, i quali, dal 1o luglio 2011, sono privati dell’aumento cui avrebbero avuto diritto se il Consiglio avesse adottato la proposta di regolamento.

121.

Infine, l’argomento della Commissione secondo il quale si dovrebbero distinguere i due aspetti della proposta di regolamento, in quanto il rifiuto relativo all’adeguamento dei coefficienti correttori dev’essere inteso, in mancanza di motivazione, come un comportamento omissivo illecito, deriva, a mio parere, da una confusione tra il difetto di motivazione di una decisione e l’assenza di decisione.

122.

Tenuto conto delle considerazioni che precedono, il ricorso di annullamento dev’essere dichiarato ricevibile mentre il ricorso per carenza dev’essere dichiarato irricevibile.

B – Sulla fondatezza del ricorso nella causa C‑63/12

1. Le osservazioni delle parti principali e delle parti intervenienti

a) Osservazioni preliminari

123.

Il ricorso di annullamento della Commissione (causa C‑63/12) e il ricorso del Consiglio (causa C‑66/12) non hanno lo stesso oggetto, poiché il primo è proposto avverso la decisione controversa, mentre il secondo impugna due dei tre atti preparatori della Commissione ( 54 ).

124.

Tuttavia, è pacifico e non contestato dalle parti che le censure formulate nel merito dal Consiglio, nell’ambito del ricorso dallo stesso proposto, sono identiche ai motivi dedotti nel merito da tale istituzione in risposta al ricorso di annullamento della Commissione.

125.

Come ha indicato il Consiglio nel suo controricorso nella causa C‑63/12, la questione sostanziale posta nelle due cause è di stabilire se le condizioni di applicazione della clausola di eccezione fossero o meno soddisfatte. D’altro canto, gli atti introduttivi e le memorie presentati dalle parti in tale causa rinviano spesso agli argomenti elaborati nella causa C‑66/12.

126.

Sebbene tale modalità di presentazione dei motivi, mediante rinvio parziale a documenti allegati, non mi sembri rimettere in discussione la loro ricevibilità, essa autorizza e rende persino necessario, a mio avviso, un esame globale di tutti questi argomenti.

127.

Pertanto, la trattazione seguente, benché dedicata all’esame della fondatezza del ricorso nella causa C‑63/12, terrà altresì conto degli argomenti elaborati dalle parti nell’ambito del ricorso nella causa C‑66/12.

b) Gli argomenti contenuti nel ricorso

i) La Commissione

128.

La Commissione addebita al Consiglio di aver rifiutato di adeguare, da un lato, le retribuzioni e le pensioni e, dall’altro, i coefficienti correttori.

– Il rifiuto di adeguare le retribuzioni e le pensioni

129.

In via principale, la Commissione fa valere un motivo suddiviso in due parti relative, la prima, ad uno sviamento di potere e, la seconda, alla violazione dei limiti di competenza del Consiglio ( 55 ).

130.

Essa sostiene, nella prima parte di questo motivo, relativa alla violazione degli articoli 3 e 10 dell’allegato XI dello Statuto, che il Consiglio ha commesso uno sviamento di procedura e ha violato il principio dell’equilibrio istituzionale considerando che le condizioni di cui all’articolo 10 del suddetto allegato fossero soddisfatte e, pertanto, rifiutando di adottare la proposta di adeguamento delle retribuzioni e delle pensioni, mentre essa non gli aveva presentato una proposta sulla base di tale articolo e la misura eccezionale prevista da tale disposizione dev’essere adottata congiuntamente dal Parlamento e dal Consiglio.

131.

La Commissione aggiunge, nella seconda parte del suddetto motivo, che il Consiglio, che non disponeva di alcun margine di discrezionalità, ha violato l’articolo 65 dello Statuto rifiutando di adottare la proposta di regolamento e che, se riteneva che essa avesse indebitamente omesso di presentare una proposta ai sensi dell’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto, poteva adire la Corte chiedendo, se del caso, la concessione di misure provvisorie. Inoltre, discostandosi dalla proposta di regolamento, il Consiglio avrebbe violato il principio patere legem quam ipse fecisti.

132.

In subordine, la Commissione sostiene che il Consiglio ha commesso un errore di diritto violando le condizioni di applicazione della clausola di eccezione. Essa considera che la decisione controversa è viziata da una motivazione «insufficiente ed errata», in quanto le condizioni di applicazione della clausola di eccezione non sono soddisfatte.

133.

Ricordando che, secondo una giurisprudenza consolidata, essa gode di un ampio potere discrezionale nei settori in cui è necessaria una valutazione economica o sociale complessa ( 56 ), la Commissione dichiara di aver considerato quindici indicatori economici comunemente ammessi, in particolare dagli stessi Stati membri, e che la scelta del periodo compreso tra il 1o luglio 2010 e l’inizio del novembre 2011 per effettuare la sua valutazione è giustificata, dato che un deterioramento improvviso della situazione viene constatato necessariamente in relazione a un periodo assai breve.

134.

Essa aggiunge che l’applicazione del metodo farebbe ricadere sui funzionari dell’Unione la perdita di potere d’acquisto subita da taluni funzionari nazionali e ritiene di aver effettuato l’analisi del deterioramento delle finanze pubbliche, fatto valere dal Consiglio, il quale non potrebbe essere qualificato come «improvviso», in quanto risalirebbe a un periodo precedente al netto declino dell’attività economica negli anni 2008 e 2009.

135.

La Commissione sostiene altresì di aver incluso la revisione al ribasso delle previsioni di crescita, che si rifletteva nelle decisioni degli Stati membri in materia di retribuzioni pubbliche nazionali, e di aver analizzato la crisi del credito, esistente almeno dal 2008, se non addirittura dal 2007. Quanto al calo del prezzo dei beni, essa considera che il Consiglio avrebbe dovuto spiegare la pertinenza di tale elemento che farebbe parte del ciclo economico normale e sarebbe estremamente volatile. A suo avviso, neppure le fluttuazioni del tasso di disoccupazione, nel corso del 2011, potrebbero dimostrare un deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale.

– Il rifiuto di adeguare i coefficienti correttori

136.

Secondo la Commissione, l’adeguamento dei coefficienti correttori differisce dall’adeguamento delle retribuzioni, in quanto il secondo, effettuato in base all’articolo 65 dello Statuto, riguarda l’adeguamento del livello generale delle retribuzioni rispetto a Bruxelles (Belgio) («variazione nel tempo»), mentre il primo, effettuato in base all’articolo 64 dello Statuto, è diretto a mantenere la parità di trattamento sostanziale tra funzionari e pensionati indipendentemente dalla loro sede di servizio o dal loro luogo di residenza all’interno dell’Unione («variazione nello spazio»).

137.

La Commissione contesta al Consiglio il fatto che, rifiutando di adeguare i coefficienti correttori, esso ha violato ancora una volta gli articoli 1 e 3 dell’allegato XI dello Statuto nonché l’articolo 64 del medesimo, e ha omesso di motivare la sua decisione, in quanto i motivi di quest’ultima riguardano esclusivamente l’adeguamento delle retribuzioni e delle pensioni e viene indicato come fondamento giuridico l’articolo 65 dello Statuto, senza menzionare l’articolo 64 dello stesso.

ii) Il Parlamento

138.

Il Parlamento condivide l’analisi della Commissione. Esso ritiene, in particolare, che il Consiglio abbia violato le sue prerogative quale colegislatore poiché, adottando la decisione controversa, ha in realtà applicato l’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto, mentre l’applicazione della clausola di eccezione presuppone il ricorso alla procedura legislativa ordinaria.

139.

Esso intende evidenziare le conseguenze nefaste per l’equilibrio interistituzionale, che derivano da un eccesso di competenza come quello commesso dal Consiglio che, discostandosi dal metodo «normale» stabilito dallo Statuto, ha invertito la scelta politica effettuata al momento dell’adozione di tale Statuto. Secondo il Parlamento, che richiama il disposto dell’articolo 13 TUE, ai sensi del quale ogni istituzione deve esercitare le proprie attribuzioni nel rispetto di quelle delle altre istituzioni, se il Consiglio, per ragioni politiche connesse alla crisi finanziaria, avesse voluto cambiare il metodo, avrebbe dovuto seguire la procedura legislativa ordinaria in cui la scelta politica viene effettuata dai due colegislatori, su proposta della Commissione e previa consultazione delle altre istituzioni interessate.

c) Le tesi difensive

i) Il Consiglio

– Il rifiuto di adeguare le retribuzioni e le pensioni

140.

Il Consiglio contesta, anzitutto, i motivi vertenti sullo sviamento di potere e sulla violazione dei limiti di competenza.

141.

Il Consiglio ritiene, in primo luogo, che la decisione da esso adottata non sia fondata sull’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto, ma rifletta la sua posizione in ordine all’applicazione del metodo «normale».

142.

Ritenendo che la constatazione di un deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale non spetti esclusivamente alla Commissione, ma di disporre, insieme al Parlamento, di un potere discrezionale proprio al riguardo, il Consiglio fa valere che, se, nell’esercizio del suo potere discrezionale, esso conclude che le condizioni di applicazione di tale articolo sono soddisfatte oppure se, anche supponendo che non abbia siffatto potere discrezionale, esso ritiene che l’analisi della Commissione sia viziata da un errore manifesto di valutazione, in tal caso, non ha altra scelta che astenersi dall’adottare la proposta di adeguamento e proporre al contempo un ricorso al fine di far constatare che la conclusione della Commissione è infondata in diritto. Di fronte al rifiuto della Commissione di presentare una proposta in base alla clausola di eccezione, esso avrebbe deciso, in modo trasparente e coerente, di non adottare la proposta di regolamento, pur decidendo parallelamente di adire la Corte al fine di far verificare se il rifiuto della Commissione di applicare la clausola di eccezione fosse fondato. A suo avviso, la tesi della Commissione lo costringerebbe ad adottare un regolamento in attuazione del metodo «normale», che esso considera tuttavia illegittimo, e quindi a seguire un criterio contradditorio.

143.

Il Consiglio afferma, in secondo luogo, che il procedimento di cui all’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto si suddivide in tre fasi distinte, ossia, anzitutto, la valutazione, alla luce dei dati obiettivi forniti dalla Commissione, della situazione economica e sociale all’interno dell’Unione ed eventualmente la constatazione di un suo deterioramento grave e improvviso, in quanto il Consiglio e il Parlamento dispongono di un potere discrezionale proprio a tal fine; poi, la presentazione di proposte su iniziativa della Commissione, la quale, tuttavia, esercita una competenza vincolata quando le condizioni di applicazione della clausola di eccezione sono soddisfatte e, infine, l’adozione da parte del Parlamento e del Consiglio, delle misure proposte dalla Commissione.

144.

Esso sostiene che la decisione controversa si colloca chiaramente nella prima fase del procedimento e che, in mancanza di proposte della Commissione, non poteva agire sulla base dell’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto. A fini di trasparenza e allo scopo di preservare la sua posizione in attesa di una sentenza della Corte che definisse la questione se le condizioni di applicazione della clausola di eccezione fossero o meno soddisfatte, il Consiglio si sarebbe limitato ad esporre i motivi per cui riteneva di non poter adottare la proposta di regolamento.

145.

Il Consiglio spiega poi le ragioni per cui il motivo vertente sulla violazione delle condizioni di applicazione della clausola di eccezione, dedotto in subordine dalla Commissione, non gli pare fondato.

146.

Il Consiglio fa valere che, pur ammettendo che la Commissione goda di un ampio margine di discrezionalità per l’analisi della situazione economica e sociale all’interno dell’Unione e di un suo eventuale deterioramento grave e improvviso, esso dispone del medesimo potere discrezionale.

147.

Richiamando la giurisprudenza della Corte relativa all’obbligo di motivazione derivante dall’articolo 296 TFUE ( 57 ), il Consiglio fa valere che la decisione controversa non è un atto giuridico e che, anche supponendo che sia comunque considerata produttiva di effetti giuridici, tale decisione contiene sedici considerando che consentono di conoscere i motivi della posizione sostenuta da questa istituzione, cosicché non può esserle addebitata un’insufficienza di motivazione.

148.

Esso considera inoltre che non si può contestare alla suddetta decisione di essere viziata da una motivazione manifestamente errata. Pur essendo d’accordo con la Commissione quanto ai criteri generali da prendere in considerazione per verificare se le condizioni di applicazione dell’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto sono soddisfatte, il Consiglio ritiene tuttavia che la Commissione abbia applicato tali criteri e abbia qualificato i fatti in maniera errata, traendo conclusioni inesatte dai dati che essa ha preso in considerazione.

149.

Senza contestare il fatto che un deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale dev’essere constatato in relazione a un periodo assai breve, il Consiglio sostiene, anzitutto, che il periodo di riferimento non dev’essere quello coperto dal metodo «normale».

150.

In primo luogo, siffatta limitazione violerebbe la realtà economica e condurrebbe a risultati che vanificherebbero de facto l’effetto utile della clausola di eccezione, in quanto una crisi si verificherà più spesso a cavallo tra due periodi di riferimento. Il Consiglio contesta, al riguardo, all’approccio della Commissione di comportare la scissione artificiale di un solo accadimento, ossia un deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale nell’Unione, in più «minicrisi». Prendendo come esempio una crisi di otto mesi che iniziasse a manifestarsi nel marzo dell’anno n, ossia quattro mesi prima della fine del periodo di riferimento, esso rileva che, ai fini dell’esercizio dell’adeguamento annuale relativo al periodo compreso tra il 1o luglio dell’anno n e il 30 giugno dell’anno n + 1, la Commissione terrebbe conto unicamente degli ultimi quattro mesi della crisi, le cui ripercussioni sui dati economici e sociali sarebbero così livellate per effetto della media di un anno.

151.

Pertanto, secondo il Consiglio, l’approccio seguito dalla Commissione rende l’applicazione della clausola di eccezione estremamente difficile, se non addirittura impossibile, e non tiene conto dello scopo di tale clausola, consistente nel permettere una reazione rapida in una situazione di crisi. La suddetta clausola potrebbe quindi trovare applicazione non solo alla fine dell’anno, in luogo dell’adeguamento annuale secondo il metodo «normale», ma anche nel corso dell’anno, qualora sopraggiunga un deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale.

152.

In secondo luogo, la questione se, in caso di crisi grave e improvvisa, le retribuzioni dei funzionari non siano adeguate con sufficiente rapidità, dovrebbe essere valutata non già in astratto, bensì tenendo conto delle circostanze concrete del caso di specie e della necessità di una reazione rapida, senza attendere che le misure di austerità adottate dagli Stati membri influiscano sulle retribuzioni dei loro funzionari con un impatto, di conseguenza, ritardato sulle retribuzioni dei funzionari dell’Unione.

153.

In terzo luogo, l’approccio della Commissione non terrebbe conto del fatto che, dopo la fine di una crisi, i contatori non vengono semplicemente azzerati, poiché occorre tempo per consolidare le finanze pubbliche e le riserve di capitale delle imprese.

154.

Il Consiglio ne trae la conclusione che la circostanza che la Commissione non abbia preso sufficientemente in considerazione i fatti che si sono verificati prima dell’inizio del periodo di riferimento e che hanno avuto ripercussioni rilevanti sulla situazione economica e sociale durante il periodo compreso tra il 1o luglio 2010 e l’inizio del novembre 2011 nonché l’interpretazione errata e troppo restrittiva dei criteri per l’applicazione della clausola di eccezione hanno distorto in maniera significativa le conclusioni della Commissione, come da esso constatato al considerando 7 della decisione controversa.

155.

Il Consiglio fa poi valere che la creatività degli Stati membri per quanto riguarda le misure di austerità e di risanamento dei bilanci non si riflette in nessuno degli indicatori utilizzati dalla Commissione, che non ha chiesto informazioni su tali misure e si è limitata a prendere in considerazione la riduzione del potere d’acquisto dei funzionari nazionali negli otto Stati membri di riferimento, che si riflette nel risultato del metodo «normale», mentre tale indicatore, assai semplificato, non è rappresentativo né della situazione economica e sociale nell’intera Unione né delle misure di austerità, in materia di bilancio, che incidono sulla funzione pubblica in numerosi Stati membri.

156.

Il Consiglio rammenta, al riguardo, che alla fine del 2011 solo quattro Stati membri non erano soggetti alla procedura per disavanzo eccessivo e che l’aumento del debito pubblico all’interno dell’Unione, già assai elevato dopo la crisi degli anni 2008 e 2009, ha subito una nuova accelerazione a seguito del deterioramento economico del secondo semestre del 2011.

157.

A titolo illustrativo delle misure di risanamento dei bilanci decise dai governi degli Stati membri, il Consiglio indica che il governo spagnolo, dopo aver adottato, nell’aprile 2011, un programma di stabilità che prevedeva uno sforzo di bilancio superiore all’1,5% del PIL sino al 2013, ha adottato d’urgenza, il 30 dicembre 2011, misure supplementari. Esso aggiunge che il governo italiano ha messo in atto, a metà agosto 2011, misure supplementari che raggiungevano un importo netto cumulato di EUR 59,8 miliardi, ossia circa il 3,5% del PIL, prima di adottare una nuova serie di misure costituenti l’1,3% del PIL, al fine di raggiungere l’equilibrio di bilancio nel 2013.

158.

Il Consiglio rinvia inoltre alla descrizione delle misure di risanamento dei bilanci effettuata nelle previsioni d’autunno del 2011 della direzione generale (DG) «Affari economici e finanziari» della Commissione, meravigliandosi del fatto che, in siffatto contesto, tale istituzione non abbia preso in considerazione siffatte misure, mentre queste costituivano un indice attendibile della gravità e della subitaneità della crisi economica e sociale.

159.

Secondo il Consiglio, la Commissione avrebbe peraltro omesso di prendere in considerazione l’andamento del potere d’acquisto dei funzionari all’interno degli Stati membri che non fanno parte del campione di otto Stati membri elencati all’articolo 1, paragrafo 4, dell’allegato XI dello Statuto, benché tale dato fosse significativo ( 58 ).

160.

Esso ritiene, per di più, che la Commissione abbia ignorato le numerose altre misure di risanamento degli Stati membri che incidevano sui loro servizi pubblici nazionali nonché le misure adottate a livello dell’Unione, quali il meccanismo europeo di stabilità (MES), la riforma del patto di stabilità e crescita, il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria o le due proposte della Commissione del 23 novembre 2011 ( 59 ) dirette a istituire un sistema, a livello dell’Unione, atto a rafforzare la sorveglianza di bilancio negli Stati membri della zona euro.

161.

Per il Consiglio, la Commissione non tiene assolutamente conto del fatto che la crisi, che ha interessato inizialmente solo alcuni Stati membri, è divenuta una grave crisi di fiducia per tutta l’Unione, in particolare per gli Stati membri della zona euro, e che il livello assai elevato del debito pubblico negli Stati membri costituisce un elemento aggravante di tale crisi. Il Consiglio non comprende quindi come, nonostante il forte deterioramento della crescita economica, da essa stessa rilevato, la Commissione possa concludere che le condizioni economiche e sociali non possono essere qualificate come «straordinarie».

162.

Il Consiglio addebita altresì alla Commissione di aver fortemente semplificato la presentazione della crisi del credito, di aver omesso di prendere in considerazione il calo del prezzo dei beni e di non aver tenuto sufficientemente conto della situazione del mercato del lavoro, caratterizzata da un tasso di disoccupazione assai elevato.

163.

In termini più generali, esso contesta alla Commissione di aver deciso che un elemento di analisi, che già si riflette nei risultati del metodo «normale», non poteva essere preso in considerazione ai fini dell’applicazione della clausola di eccezione, mentre sarebbe necessario distinguere due fasi nel processo di valutazione della situazione economica e sociale. Si dovrebbe anzitutto esaminare la situazione tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti e solo in un secondo momento, in caso di constatazione di un deterioramento grave e improvviso della situazione, occorrerebbe esaminare se tale deterioramento si ripercuote, con sufficiente rapidità, sull’adeguamento delle retribuzioni in attuazione del metodo «normale». Secondo il Consiglio, l’immagine della situazione economica e sociale all’interno dell’Unione è necessariamente incompleta o falsata qualora si escludano prima di tutto gli elementi pertinenti.

164.

La Commissione replica che la clausola di eccezione è applicabile solo in caso di sviluppi estremi all’interno dell’Unione e unicamente qualora il metodo «normale» non sia in grado di quantificarli. A suo avviso, gli effetti a medio termine di una crisi sono presi in considerazione con tale metodo, cosicché il ricorso alla clausola di eccezione non sarebbe giustificato.

165.

La Commissione contesta altresì al Consiglio di astenenrsi dal precisare il periodo di riferimento che occorrerebbe considerare e i criteri che andrebbero scelti per poter ottenere dati obiettivi.

– Il rifiuto di adeguare i coefficienti correttori

166.

In primo luogo, il Consiglio, pur concordando con la Commissione sul fatto che l’adeguamento dei coefficienti correttori ha un obiettivo distinto dalla determinazione annua del livello delle retribuzioni, fa tuttavia valere che nessuna disposizione dell’allegato XI dello Statuto prevede che esso debba decidere prima della fine dell’anno riguardo a siffatto adeguamento e che le differenze tra i coefficienti correttori applicabili dal 1o luglio 2010 e quelli proposti dalla Commissione rimangono nell’insieme entro un margine che garantisce una corrispondenza sostanziale e razionale di trattamento.

167.

In secondo luogo, il Consiglio sostiene che non era soggetto all’obbligo di motivazione, in quanto la sua decisione non costituisce un atto giuridico e, in ogni caso, l’adeguamento dei coefficienti costitusce un aspetto secondario che, per tale motivo, non dev’essere oggetto di una motivazione specifica.

ii) Gli Stati membri

– La Repubblica ceca

168.

La Repubblica ceca si associa alle osservazioni presentate dal Consiglio. In particolare, essa contesta alla Commissione di aver limitato nel tempo la valutazione della situazione economica e sociale all’interno dell’Unione al periodo di riferimento utilizzato per l’applicazione del metodo «normale», di aver tenuto conto solo di taluni indicatori, isolatamente, senza procedere ad un’osservazione permanente degli sviluppi, e di aver erroneamente valutato le misure di austerità, in materia di bilancio, adottate o notificate dagli Stati membri. Secondo tale Stato membro, la Commissione, che ha applicato il metodo «normale», benché quest’ultimo tenga conto soltanto dell’andamento del potere d’acquisto dei funzionari in otto Stati membri, non ha preso in considerazione la situazione nell’intera Unione. Inoltre, la Commissione si contraddirebbe rifiutandosi di tener conto della situazione in Ungheria, col pretesto che tale Stato membro non faceva parte degli Stati la cui situazione viene presa in considerazione ai fini dell’applicazione del metodo «normale», pur rifiutando di prendere in considerazione le situazioni, rispettivamente, del Regno di Spagna, della Repubblica francese e della Repubblica italiana, in quanto le medesime già si rifletterebbero nell’applicazione del metodo «normale».

– Il Regno di Danimarca

169.

Il Regno di Danimarca considera che la citata sentenza del 24 novembre 2010, Commissione/Consiglio, non esclude che il Consiglio condivida la questione di stabilire se le condizioni di applicazione dell’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto siano o meno soddisfatte. A suo avviso, presentando una proposta di adeguamento delle retribuzioni secondo il metodo «normale», benché le condizioni di applicazione di tale metodo non fossero soddisfatte, la Commissione ha violato il suo dovere di leale cooperazione. Ritenendo che sia estremamamente importante, in caso di crisi, adottare rapidamente misure efficaci, salvo aggravamento della situazione, tale Stato membro afferma che, avendo assistito a un calo del PIL di quasi quattro punti tra il 2008 e il 2011, a seguito della crisi economica mondiale, esso ha ridotto le spese di funzionamento dei ministeri, ha rivisto gli scaglioni di imposta sul redditto e ha congelato le retribuzioni dei funzionari.

– La Repubblica federale di Germania

170.

La Repubblica federale di Germania sottolinea che la Commissione non detiene un monopolio ai fini della valutazione dell’esistenza di un deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale all’interno dell’Unione, ai sensi dell’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto e che, pertanto, il Consiglio non è tenuto ad aderire «ciecamente» a qualsiasi proposta presentata dalla Commissione. A suo avviso, sebbene la Commissione disponga di un potere di iniziativa, il Consiglio e il Parlamento, che sono responsabili dell’approvazione del bilancio dell’Unione, dispongono, nondimeno, in forza del principio dell’equilibrio istituzionale, del potere di verificare se le condizioni di applicazione della clausola di eccezione di cui all’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto siano soddisfatte.

171.

Tale Stato membro aggiunge che il Consiglio non aveva altra scelta se non quella di non approvare la proposta di regolamento e che la decisione controversa non mette in discussione l’efficacia vincolante dell’allegato XI dello Statuto, ma garantisce la possibilità di un ricorso del Consiglio nei confronti della Commissione per mancata applicazione della clausola di eccezione.

172.

Inoltre, la Repubblica federale di Germania ritiene che le relazioni della Commissione del 13 luglio e del 25 novembre 2011 siano inesatte e che i dati obiettivi comunicati non consentano di trarre altra conclusione se non quella dell’esistenza di un deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale. Essa contesta l’esistenza di un principio di parallelismo tra l’andamento delle retribuzioni dei funzionari dell’Unione e l’andamento delle retribuzioni dei funzionari nazionali.

– Il Regno di Spagna

173.

Il Regno di Spagna considera che la questione che la Corte dovrà decidere è fondamentalmente un problema di fatto, poiché si tratta di stabilire se le circostanze economiche sussistenti all’interno dell’Unione nel dicembre 2011 richiedessero l’applicazione dell’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto.

174.

Esso ritiene che, nel momento in cui la Commissione ha presentato la sua proposta di regolamento, sussistessero dati sufficienti che attestavano l’esistenza di una crisi grave, eccezionale e generalizzata i cui effetti non si riflettevano nel metodo «normale», e che in seguito si è addirittura ulteriormente aggravata. A suo avviso, le previsioni economiche dell’autunno del 2011, pubblicate il 10 novembre 2011 dalla Commissione, non coincidono con la posizione che la medesima sostiene nell’ambito del ricorso in esame, in quanto esse dimostrano che si è passati da una previsione di aumento del PIL dell’1,8% nel 2011 e dell’1,9% nel 2012 a una previsione, rispettivamente, dell’1,6% e dello 0,6%.

– Il Regno dei Paesi Bassi

175.

Il Regno dei Paesi Bassi ritiene che fosse legittimo, dato che il Consiglio era del parere che l’Unione si trovasse di fronte a una grave crisi economica, che il medesimo respingesse la proposta di regolamento, in quanto il procedimento di adeguamento secondo il metodo «normale» e il procedimento eccezionale di cui all’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto si escludono a vicenda. Esso insiste sul fatto che, pur fornendo i dati obiettivi per la valutazione della situazione economica e sociale, la Commissione non abbia una competenza esclusiva per procedere a tale valutazione. Il Consiglio avrebbe, nell’ambito della clausola di eccezione, una competenza discrezionale per procedere alla suddetta valutazione.

176.

Inoltre, il Regno dei Paesi Bassi fa valere che non si può fare alcuna differenza tra la nozione di crisi economica generale e la nozione di deterioramento della situazione cui fa riferimento la clausola di eccezione, la quale non può essere limitata a una situazione di crisi causata da «eventi esterni». Esso aggiunge che la Commissione è incorsa in un errore di valutazione omettendo di distinguere rigorosamente tra il procedimento di cui all’articolo 65, paragrafo 1, dello Statuto e la clausola di eccezione e, in particolare, restringendo l’analisi dei dati a quelli utilizzati nell’ambito del metodo «normale», senza prendere in considerazione le cifre valide per l’Unione considerata nel suo insieme ed escludendo taluni dati, quale il prezzo dei beni o la crisi di fiducia dei mercati nei confronti dei debiti pubblici. Tale errore di valutazione avrebbe la conseguenza di privare la clausola di eccezione di qualsiasi effetto utile. Infine, esso contesta l’applicazione, nell’ambito della clausola di eccezione, della regola del parallelismo tra l’andamento delle retribuzioni nella funzione pubblica dell’Unione e nelle funzioni pubbliche degli Stati membri.

– Il Regno Unito

177.

Secondo il Regno Unito, il Consiglio, alla luce dei dati obiettivi forniti dalla Commissione, può constatare che si è verificato un deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale e, in tal caso, decidere di non accogliere la proposta della Commissione presentata in applicazione dell’articolo 3 dell’allegato XI dello Statuto.

178.

Esso ritiene peraltro che la Commissione abbia fondato la sua analisi sulla premessa errata del mantenimento del principio del parallelismo, mentre l’applicazione dell’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto presuppone unicamente la constatazione obiettiva di un deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale.

179.

Il Regno Unito aggiunge che l’approccio della Commissione non è assolutamente conforme all’obiettivo della clausola di eccezione e considera che la gravità della crisi non può essere seriamente messa in dubbio, quando la sua subitaneità si manifesta nelle misure urgenti che gli Stati membri e le istituzioni stesse hanno dovuto adottare.

2. Valutazione

180.

Le questioni al centro delle presenti controversie tra la Commissione e il Consiglio riguardano il ruolo e i poteri rispettivi delle istituzioni interessate in caso di valutazioni divergenti sulla situazione economica e sociale.

181.

I conflitti «meramente orizzontali» ( 60 ) tra la Commissione e il Consiglio, riguardo alla determinazione del livello delle retribuzioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione, hanno sempre costituito una questione fondamentale ai fini del rispetto dell’equilibrio istituzionale ( 61 ). Le sentenze pronunciate dalla Corte nell’ambito dei suddetti conflitti forniscono elementi di risposta preziosi, che occorre richiamare prima di esaminare più in dettaglio i motivi invocati dalla Commissione alla luce di tali insegnamenti e delle particolari circostanze di questo nuovo conflitto.

a) La giurisprudenza della Corte relativa al ruolo e ai poteri rispettivi della Commissione e del Consiglio nell’ambito del procedimento di adeguamento delle retribuzioni

182.

La Corte ha pronunciato quattro sentenze relativamente al procedimento di adeguamento annuale delle retribuzioni e delle pensioni, che hanno sancito un’autolimitazione dei poteri del Consiglio in base al metodo «normale» e un dovere di iniziativa della Commissione in base alla clausola di eccezione.

183.

Senza che sia necessario ripercorrere nei dettagli la genesi e gli sviluppi storici del metodo di adeguamento delle retribuzioni e delle pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione ( 62 ), ricorderò che le disposizioni contenute nell’allegato XI dello Statuto, intitolato «Modalità d’applicazione degli articoli 64 e 65 dello Statuto», sono state adottate al fine di evitare i conflitti tra le istituzioni dell’Unione e i loro funzionari e altri agenti per quanto riguarda l’adeguamento delle retribuzioni.

184.

Tenendo conto di tali obiettivi, la Corte ha constatato che il Consiglio aveva fissato esso stesso limiti al potere discrezionale risultante dall’articolo 65 dello Statuto e lo ha obbligato a rispettare tali limiti.

185.

Nella citata sentenza del 24 novembre 2010, Commissione/Consiglio, la Corte, dopo aver rilevato che la versione in vigore dell’allegato XI dello Statuto era «il risultato di una continua evoluzione (…) caratterizzata da un inquadramento sempre più preciso e rigoroso del metodo di adeguamento annuale delle retribuzioni» ( 63 ), ha dichiarato che il Consiglio, con l’adozione di tale allegato, aveva emanato disposizioni dirette all’attuazione di tale articolo e, con tale «inquadramento», aveva limitato il proprio potere discrezionale derivante da detto articolo. Secondo la Corte, «il Consiglio ha deciso in via autonoma, nell’esercizio del proprio potere discrezionale derivante dall’articolo 65 dello Statuto, di sottoporsi all’obbligo di rispettare, per la durata di validità del[l’]allegato [XI dello Statuto], i criteri specificati tassativamente all’articolo 3 dello stesso» ( 64 ), circostanza da cui essa ha dedotto che il Consiglio non potesse far valere, nell’ambito di tale articolo 3, un margine di discrezionalità eccedente i criteri determinati dal suddetto articolo 3.

186.

La citata sentenza del 24 novembre 2010, Commissione/Consiglio, che riprende e conferma la soluzione già formulata dalla Corte nelle sentenze del 5 giugno 1973, Commissione/Consiglio ( 65 ), e del 26 giugno 1975, Commissione/Consiglio ( 66 ), obbliga quindi il Consiglio a rispettare i limiti dallo stesso imposti al proprio potere decisionale, il che significa che esso è tenuto a rispettare il metodo «normale», salvo ricorrerre al procedimento di cui all’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto.

187.

Tale sentenza apporta, inoltre, varie precisazioni relative all’applicazione del procedimento della clausola di eccezione e alla possibilità di tener conto di una crisi economica grave.

188.

Tale procedimento autorizza, «in una situazione straordinaria, [a] discostarsi puntualmente dal metodo previsto all’articolo 3 dell’allegato XI dello Statuto, senza tuttavia modificarlo o abrogarlo per gli anni successivi» ( 67 ), «[consentendo] alle istituzioni di poter far fronte ad avvenimenti improvvisi che necessitano più una reazione specifica che la modifica completa del metodo “normale”» ( 68 ).

189.

Essa costituisce, secondo la Corte, «l’unica» possibilità di tener conto di una crisi economica nell’ambito dell’adeguamento delle retribuzioni e di evitare, di conseguenza, l’applicazione dei criteri stabiliti all’articolo 3, paragrafo 2, dell’allegato XI dello Statuto ( 69 ).

190.

La Corte ha aggiunto che l’esercizio della competenza conferita alla Commissione dall’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto non costituiva una semplice facoltà per la Commissione, circostanza da cui si deve dedurre che il potere di iniziativa riconosciuto alla Commissione nel procedimento legislativo di diritto comune, nell’ambito del procedimento particolare di cui all’articolo 10, si trasforma in un dovere di iniziativa ( 70 ).

191.

Essa ha infine precisato che, in forza dell’articolo 241 TFUE, il Consiglio può chiedere alla Commissione di sottoporgli una proposta adeguata ( 71 ).

192.

Da tale decisione derivano due precetti fondamentali.

193.

Il primo attiene al rapporto che intercorre tra le due procedure previste, rispettivamente, agli articoli 3 e 10 dell’allegato XI dello Statuto. Queste due procedure, che si escludono a vicenda, sono organizzate, a detta della Corte, secondo un rapporto regola-eccezione. Il procedimento del metodo «normale» dev’essere applicato, in via di principio, fintanto che l’allegato XI dello Statuto è in vigore, mentre il procedimento «specifico», che consente di tener conto di una crisi economica grave, può essere utilizzato solo in via eccezionale. La formulazione della citata sentenza del 24 novembre 2010, Commissione/Consiglio, pone chiaramente l’accento sul carattere inusitato del procedimento di cui all’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto, qualificando come «straordinaria» la situazione che autorizza il ricorso a siffatto strumento, il quale consente di far fronte ad avvenimenti «improvvisi» che necessitano di una reazione «specifica», allorché, applicando il metodo «normale», le retribuzioni dei funzionari non sarebbero adeguate con sufficiente rapidità.

194.

Il secondo precetto attiene al processo decisionale per la determinazione del livello delle retribuzioni e delle pensioni. Tale processo subisce una duplice trasformazione rispetto al sistema decisionale ordinario, ossia, da un lato, il potere discrezionale del Consiglio si trasforma in obbligo di applicare il metodo «normale», salvo applicazione della clausola di eccezione, e, dall’altro, il potere di iniziativa della Commissione diviene un dovere di ricorrere alla clausola di eccezione qualora le condizioni siano soddisfatte.

195.

Resta da stabilire su quale base debba porsi l’equilibrio istituzionale qualora la Commissione e il Consiglio dissentano sulla valutazione dell’esistenza di una crisi economica grave e improvvisa che giustifichi il ricorso alla clausola di eccezione.

b) La risoluzione del conflitto tra la Commissione e il Consiglio sull’esistenza di un «deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale constatato all’interno dell’Unione»

196.

Nel corso dell’udienza, il dibattito si è concentrato soprattutto, su iniziativa della Corte, sulle condizioni di applicazione della clausola di eccezione qualora il Consiglio e la Commissione dissentano sull’esistenza di una crisi economica grave. Tale questione sembra determinare la possibilità per il Consiglio di rifiutare o meno la proposta della Commissione fondata sull’applicazione del metodo «normale». Qualora il procedimento della clausola di eccezione sia avviato soltanto attraverso il «dialogo» tra il Consiglio e la Commissione, l’avvio di tale procedimento dovrebbe rendere illegittima la proposta di regolamento presentata dalla Commissione sul fondamento del metodo «normale» e autorizzare, di conseguenza, il Consiglio a rifiutarsi di adottarla.

197.

Mi concentrerò quindi, in un primo tempo, su tale difficoltà, prima di esaminare, in un secondo tempo, i vari motivi dedotti dalla Commissione a sostegno del suo ricorso di annullamento.

i) L’analisi delle condizioni di avvio del procedimento previsto all’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto

198.

L’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto non precisa su quale istituzione gravi l’obbligo di effettuare, alla luce dei dati «obiettivi forniti (…) dalla Commissione», la valutazione necessaria per stabilire se la clausola di eccezione sia o meno applicabile. La formulazione di tale disposizione rende anche difficoltosa la determinazione delle rispettive responsabilità in quanto cumula l’uso della voce passiva, con la parola «valutato» e un indicativo presente, segno di un’azione che dev’essere intrapresa dalla Commissione, che «presenta» proposte adeguate. Sebbene tale formulazione non consenta di stabilire con chiarezza se spetti alla Commissione, e ad essa soltanto, valutare la situazione oppure se il Consiglio possa effettuare la propria valutazione, in realtà, ritengo che la questione consista non già nello stabilire se ciascuna delle due istituzioni possa effettuare la propria valutazione, alla luce dei dati «obiettivi» che, come sappiamo, devono essere forniti dalla Commisssione, bensì nello stabilire come debba essere risolto, in caso di valutazioni contrastanti, questo dissenso interistituzionale.

199.

Alla questione se il Consiglio possa rifiutarsi di adottare la proposta di adeguamento delle retribuzioni e delle pensioni secondo il metodo «normale», in quanto ritiene sussistente una crisi economica grave che giustifica il ricorso al procedimento della clausola di eccezione, le parti hanno risposto con proposte antitetiche, ossia o che la richiesta presentata dal Consiglio in forza dell’articolo 241 TFUE dia avvio, di per sé, al procedimento della clausola di eccezione, o, al contrario, che tale procedimento possa essere avviato solo su iniziativa della Commissione, cosicché il Consiglio non ha altra possibilità, in caso di rifiuto della Commissione, se non quella di far constatare dalla Corte che la Commissione ha ecceduto i limiti del suo potere discrezionale al momento della valutazione della situazione economica e sociale.

200.

La prima proposta, che attribuisce un effetto costruttivo al dialogo tra la Commissione e il Consiglio oppure, per utilizzare un termine meno eufemistico, al dissenso tra le due istituzioni ( 72 ), dal quale avrebbe origine il procedimento della clausola di eccezione, mi sembra risolva la questione dell’avvio di tale procedimento mediante preterizione. Senza affermarlo, questa tesi presuppone che la richiesta del Consiglio, fondata sull’articolo 241 TFUE, obblighi la Commissione a presentare una proposta di regolamento fondata sull’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto e che, se la Commissione, nonostante ciò, formula in risposta una proposta di regolamento fondata sull’articolo 3 del suddetto allegato, tale proposta si trasformi, a causa del dissenso del Consiglio, in «proposta adeguata» secondo la clausola di eccezione.

201.

La seconda proposta è più classica. Essa subordina l’avvio del procedimento della clausola di eccezione ad una condizione sostanziale, l’esistenza di una crisi economica e sociale grave e improvvisa, e ad una condizione procedurale, la formulazione di una proposta adeguata da parte della Commissione.

202.

Per quanto mi riguarda, non posso aderire alla prima proposta e propongo senza esitazione alla Corte di accogliere la seconda, a favore della quale mi convincono più argomenti.

203.

Il primo argomento è di carattere testuale e si suddivide in due parti.

204.

Da un lato, si deve rilevare che l’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto è formulato in termini che fanno assurgere chiaramente l’esistenza di un «deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale constatata all’interno dell’Unione» a condizione di avvio del procedimento della clausola di eccezione. Con l’espressione «[q]ualora si verifichi», tale articolo rinvia all’esistenza obiettiva di siffatto deterioramento. Se il legislatore dell’Unione avesse inteso configurare la volontà del Consiglio come fattore scatenante dell’avvio di tale procedimento, avrebbe utilizzato un’altra espressione in tal senso ( 73 ). L’esclusione del metodo «normale» e l’applicazione concomitante del procedimento «specifico» sono quindi chiaramente determinate dall’esistenza di una crisi rispondente ai criteri della gravità e della subitaneità richieste da tale disposizione.

205.

Dall’altro, l’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto prevede che la Commissione «present[i] adeguate proposte» al Parlamento e al Consiglio. Orbene, in una situazione di dialogo conflittuale come quella che contrappone il Consiglio alla Commissione, riguardo all’adeguamento delle retribuzioni a decorrere dal 1o luglio 2011, solo a costo di operare un duplice snaturamento del contenuto della proposta della Commissione, presentata sul fondamento del metodo «normale» ed avente come unico destinatario il Consiglio, si potrebbe ritenere che essa valga come proposta presentata al Parlamento e al Consiglio sul fondamento dell’articolo 10 in parola.

206.

Il secondo argomento verte sulla giurisprudenza esistente della Corte relativa all’applicazione della clausola di eccezione.

207.

Mi sembra che la mera osservanza della citata sentenza del 24 novembre 2010, Commissione/Consiglio, e della logica di tale giurisprudenza escluda un’interpretazione che conferirebbe al Consiglio il potere di iniziativa per l’avvio del procedimento previsto all’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto. Per la Corte, l’applicazione di tale articolo «dipende» da una proposta della Commissione ( 74 ), cosicché farla dipendere da un’iniziativa del Consiglio segnerebbe una rottura con questa soluzione. L’idea secondo cui la proposta della Commissione, fondata sul metodo «normale», avvierebbe il procedimento della clausola di eccezione qualora si scontrasse con l’opposizione del Consiglio, costituisce, a mio avviso, un artificio che presuppone lo snaturamento della proposta della Commissione.

208.

La Corte ha inoltre dichiarato che il Consiglio non disponeva, nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto, di un potere diverso da quello che esso detiene, secondo il diritto comune, in forza dell’articolo 241 TFUE. Orbene, quest’ultimo articolo conferisce al Consiglio solo un potere di «stimolo», consentendogli di chiedere alla Commissione di procedere a tutti gli studi che esso ritiene opportuni ai fini del raggiungimento degli obiettivi comuni e di sottoporgli tutte le proposte del caso. Pertanto, sebbene l’esercizio della competenza conferita alla Commissione dall’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto non costituisca una mera facoltà per tale istituzione ( 75 ), resta il fatto che il Consiglio non dispone di un potere di iniziativa concorrente che gli consenta di sostituirsi a tale istituzione in caso di carenza e di avviare il procedimento della clausola di eccezione in luogo della Commissione.

209.

Il terzo argomento verte sul rispetto del principio dell’equilibrio istituzionale.

210.

Questo principio essenziale implica che ciascuna istituzione eserciti le sue funzioni nel rispetto delle funzioni delle altre istituzioni.

211.

Orbene, il principio dell’autolimitazione dei poteri del Consiglio, considerato nella presentazione tradizionale del processo decisionale di adeguamento delle retribuzioni, mal si concilia con il riconoscimento al medesimo Consiglio della piena libertà di avviare il procedimento della clausola di eccezione.

212.

Rammenterò, a tal proposito, che, secondo l’interpretazione fornitane dalla Corte, il processo decisionale risultante dal metodo «normale» di adeguamento delle retribuzioni è caratterizzato da una limitazione del potere decisionale del Consiglio, il quale è vincolato, per il periodo di validità dell’allegato XI dello Statuto, nell’esercizio del suo potere discrezionale derivante dall’articolo 65 di tale Statuto. Il processo in parola è contrassegnato anche dalla partecipazione della Commissione, cosicché ne deriva «una specie di formazione della decisione per consenso, il che fa perdere al Consiglio il diritto di discostarsi unilateralmente dalla sua decisione di principio precedente in casi di concreta applicazione» ( 76 ).

213.

Dato che l’applicazione della clausola di eccezione va necessariamente di pari passo con l’esclusione del metodo «normale», ammettere che il Consiglio possa avviare il procedimento della clausola di eccezione di propria iniziativa e invocando semplicemente una crisi economica grave equivale ad aprire una breccia in questa logica di equilibrio e a dare al Consiglio la possibilità non solo di rimettere in discussione la partecipazione della Commissione, ma anche di eludere i criteri fissati all’articolo 3 dell’allegato XI dello Statuto.

214.

Ritengo inoltre che l’affermazione del Consiglio, secondo la quale esso non avrebbe rinunciato definitivamente al suo potere discrezionale che riacquisterebbe al verificarsi di una crisi economica, non sia conforme alla nuova configurazione dell’equilibrio istituzionale derivante dal Trattato di Lisbona.

215.

Questa tesi presuppone che l’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto sia inteso come un’eccezione al procedimento di adeguamento automatico previsto all’articolo 3 di tale allegato, avente l’effetto di determinare un ritorno al potere decisionale del Consiglio derivante dall’articolo 65 dello Statuto.

216.

Orbene, siffatta lettura, anche supponendo che fosse valida precedentemente al Trattato di Lisbona, non è più possibile dall’entrata in vigore di tale trattato, che ha fatto evolvere, a favore del Parlamento, la ripartizione dei poteri tra istituzioni.

217.

Al riguardo, rammenterò che l’articolo 336 TFUE dispone che lo Statuto dei funzionari è stabilito secondo la procedura legislativa ordinaria. Il rinvio a tale disposizione, effettuato dall’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto, è privo di qualsiasi ambiguità e significa che il procedimento della clausola di eccezione è considerato non già come un riappropriarsi, da parte del Consiglio, del potere decisionale di cui all’articolo 65 dello Statuto, bensì come un ritorno alla procedura legislativa ordinaria. Non è quindi possibile seguire il ragionamento secondo cui il Consiglio ritroverebbe, con l’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto, il libero esercizio del potere discrezionale, che aveva accettato di circoscrivere assumendo l’obbligo di rispettare le norme previste agli articoli 1 e 3 del suddetto allegato.

218.

Il quarto argomento riguarda le esigenze del controllo giurisdizionale.

219.

In un’Unione di diritto, dotata di un sistema di mezzi di ricorso che garantiscono il controllo giurisdizionale della conformità degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione alle norme superiori e ai principi fondamentali, un’interpretazione dell’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto che configurasse il dialogo conflittuale tra la Commissione e il Consiglio come il fattore scatenante all’origine dell’applicazione della clausola di eccezione presenterebbe, a mio avviso, l’inconveniente fondamentale di vietare qualsiasi controllo giurisdizionale sulla decisione di ricorrere alla clausola di eccezione.

220.

Se il procedimento ha origine soltanto dal «dialogo» tra il Consiglio e la Commissione, che si svolge sia a monte che a valle della proposta della Commissione, non sarà possibile esercitare un controllo giurisdizionale, sia pure limitato, non solo prima dell’adozione di un regolamento, ma anche successivamente.

221.

La Commissione non potrà agire preventivamente per impedire l’adozione di un regolamento, poiché, anche supponendo che essa manifesti il proprio dissenso presentando una proposta fondata sul metodo «normale», tale proposta verrà assimilata ad una «proposta adeguata» con cui si adisce validamente il Consiglio e il Parlamento secondo la clausola di eccezione.

222.

Il controllo non potrà avvenire neppure a posteriori, poiché, se la Commissione persegue l’annullamento del regolamento adottato, infine, dal Parlamento e dal Consiglio, essa non potrà invocare, a sostegno del suo ricorso, l’assenza di crisi economica, in quanto la legittimità del ricorso al procedimento della clausola di eccezione non è, per ipotesi, subordinata alla condizione dell’esistenza di siffatta crisi.

223.

Supponiamo che il Consiglio, senza invocare l’esistenza di una crisi economica, o addirittura riconoscendo espressamente che siffatta crisi non esisteva, abbia tuttavia richiesto formalmente alla Commissione di presentargli una proposta sulla base della clausola di eccezione, adducendo come unico motivo il fatto che l’applicazione del metodo «normale» comportava un aumento troppo consistente dell’importo delle retribuzioni. Se la legittimità della decisione di ricorrere alla clausola di eccezione risultasse solo dal «dialogo» interistituzionale, questa delimitazione illegittima del metodo «normale» non potrebbe essere sanzionata.

224.

La circostanza che il Parlamento abbia voce in capitolo e possa far valere, nel corso della procedura legislativa ordinaria, la propria valutazione della situazione economica e sociale, non mi sembra tale da giustificare siffatta soluzione, in quanto la partecipazione di tale istituzione al processo decisionale non può supplire alla mancanza di controllo giurisdizionale.

225.

Il procedimento previsto all’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto è inteso come un’eccezione, il più possibile circoscritta, cosicché il suo avvio non può essere incondizionato. La legittimità dell’azione delle istituzioni nell’ambito di tale procedimento deve rimanere subordinata all’esistenza di una situazione di fatto determinata, consistente in una crisi economica, la quale deve, per di più, rispondere a criteri di gravità e di subitaneità.

226.

Da un punto di vista più generale, è consentito rimanere scettici dinanzi a una soluzione che comporterebbe alla fine il riconoscimento, al di fuori del settore della politica estera e della sicurezza comune (PESC), di una categoria di atti che sfuggono al controllo di legittimità. I motivi che potrebbero essere addotti a sostegno di siffatta soluzione sono due, ossia la dimensione politica della valutazione di cui trattasi e la tecnicità della materia. Orbene, tali motivi sono identici a quelli solitamente esposti dalla dottrina per spiegare che il giudice dell’Unione decide non già di rinunciare a qualsiasi controllo, bensì di esercitare un controllo limitato, in particolare quando deve effettuare una valutazione economica complessa ( 77 ). A mio avviso, non esistono ragioni specifiche che possano spiegare perché la Corte debba, per applicare l’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto, non solo limitare il suo controllo, ma rinunciarci in modo puro e semplice.

227.

Esiste un’importante corrente giurisprudenziale che attesta la capacità della Corte di attivare tutte le risorse processuali per la piena assunzione delle sue responsabilità giurisdizionali nei settori più complessi, in particolare quando sia in discussione il rispetto degli equilibri istituzionali o dei principi fondamentali.

228.

Dal mio punto di vista, non vedo alcuna ragione valida per cui la Corte debba cedere il suo potere di controllo della legittimità o limitarsi a esercitare un controllo indebolito, che si riduce a constatare meccanicamente un «dialogo» interistituzionale ad effetto scatenante. Conformemente al principio dell’equilibrio istituzionale, ciascuna istituzione dell’Unione interessata deve assumersi la sua parte di responsabilità e la Corte, che esercita la missione di custode dei Trattati, ha un dovere di controllo di cui può far variare, se necessario, l’intensità.

229.

Riassumendo: l’interpretazione secondo la quale il procedimento di cui all’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto sarebbe attivato dal dialogo tra la Commissione e il Consiglio non risulta in contrasto con il tenore letterale di detto articolo, con l’interpretazione che ne ha fornito la Corte, con il principio dell’equilibrio istituzionale e con le esigenze del controllo di legittimità. L’applicazione del procedimento straordinario presuppone, invece, la constatazione obiettiva di un deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale all’interno dell’Unione. In caso di dissenso tra la Commissione e il Consiglio sull’esistenza di siffatto deterioramento, incombe alla Corte esercitare il suo controllo giurisdizionale sulla valutazione della Commissione.

230.

Date queste premesse, passo ora all’esame dei motivi di annullamento dedotti dalla Commissione.

ii) La valutazione della fondatezza dei motivi di annullamento

231.

Non mi sembra che la Commissione abbia dedicato un’attenzione particolare alla distinzione tra i motivi di ricorso da essa dedotti a sostegno del suo ricorso di annullamento. In particolare, nella prima parte del suo motivo principale, essa contesta al Consiglio di non avere competenza ad adottare la decisione controversa, addebitandogli al contempo di essere incorso in uno sviamento di procedura e di aver violato, contemporaneamente, i «requisiti di forma», il principio dell’equilibrio istituzionale, il principio patere legem quam ipse fecisti nonché gli articoli 3 e 10 dell’allegato XI dello Statuto.

232.

Basandomi sull’elenco dei motivi di ricorso di cui all’articolo 263, paragrafo 2, TFUE, esaminerò in successione il motivo vertente sullo sviamento di potere, quello che addebita al Consiglio di aver violato la regola di diritto per essersi ritenuto autorizzato a non adottare la proposta di regolamento e il motivo vertente sulla violazione della condizioni di applicazione della clausola di eccezione a causa di una motivazione insufficiente ed errata.

– Sul motivo vertente sullo sviamento di potere

233.

Neppure il motivo vertente sullo sviamento di potere, nell’ambito del quale la Commissione contesta al Consiglio di aver eluso il procedimento di cui all’articolo 3 dell’allegato XI dello Statuto per far fronte alle circostanze del caso di specie, può essere accolto e ciò per due ragioni alternative: o la censura si confonde con la violazione del Trattato FUE, o è infondata.

234.

In primo luogo, lo sviamento di potere, di cui lo sviamento di procedura costituisce una «categoria» ( 78 ), è logicamente ammissibile solo se l’autore dell’atto dispone di un ampio potere discrezionale. Esso non è, per contro, ipotizzabile qualora si tratti dell’esercizio di una competenza vincolata ( 79 ). In tal caso, infatti, lo sviamento di potere si confonde necessariamente con la violazione del Trattato poiché, se non è quella imposta dalla normativa in vigore, la misura adottata dall’istituzione è illegittima, senza che sia necessario interrogarsi sulle motivazioni del suo autore.

235.

Orbene, la decisione che il Consiglio è indotto a prendere in attuazione del metodo «normale» di adeguamento delle retribuzioni rientra nell’esercizio di una competenza vincolata. Pertanto, mi sembra che la censura rientri nella violazione della legge, senza che sia necessario interrogarsi sulle motivazioni del Consiglio.

236.

In secondo luogo, come emerge da una giurisprudenza costante, lo sviamento di potere si configura quando un’istituzione ha adottato un atto allo scopo esclusivo, o quantomeno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati o di eludere una procedura appositamente prevista dai Trattati per ovviare alle circostanze cui essa è tenuta a far fronte ( 80 ).

237.

Nel presente caso, lo sviamento di potere presupporrebbe che sia stato perseguito un obiettivo diverso da quello di tener conto dell’esistenza di una crisi economica grave.

238.

Orbene, nella fattispecie, la Commissione non dimostra affatto che la decisione controversa è stata ispirata da motivazioni diverse da quelle enunciate nei considerando di tale decisione. Quanto all’errore eventualmente commesso dal Consiglio nel valutare l’esistenza di una crisi economica grave, esso si configura non già come uno sviamento di potere, bensì come una violazione del Trattato.

– Sul motivo vertente sulla violazione della regola di diritto da parte del Consiglio, che non avrebbe potuto ritenersi autorizzato a non adottare la proposta di regolamento

239.

Il motivo che contesta al Consiglio di essersi rifiutato di adottare la proposta di regolamento e di aver applicato, in realtà, l’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto non mi pare fondato.

240.

Innanzi tutto, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, il Consiglio, investito della proposta di regolamento, si è limitato a rifiutare l’applicazione del metodo «normale», senza pronunciarsi nell’ambito del procedimento della clausola di eccezione.

241.

Ritengo poi che il Consiglio, cui è stata attribuita la competenza a procedere, in forza dell’articolo 65 dello Statuto e degli articoli 1 e 3 dell’allegato XI del medesimo, all’adeguamento annuale delle retribuzioni secondo il metodo «normale», è altresì competente a rifiutarlo se le relative condizioni non sono soddisfatte.

242.

Orbene, l’esistenza di una crisi economica grave e improvvisa autorizza il Consiglio a rifiutare la proposta di adeguamento secondo il metodo «normale», poiché obbliga la Commissione a presentare un’adeguata proposta, fondata sulla clausola di eccezione.

– Sul motivo vertente sulla violazione delle condizioni di applicazione della clausola di eccezione a causa di una motivazione insufficiente ed errata

243.

Escluderò, innanzi tutto, per quanto riguarda la questione principale del rifiuto di adeguamento delle retribuzioni, l’affermazione di un’insufficienza di motivazione, in quanto la decisione controversa contiene sedici considerando in cui vengono esposti i motivi per cui il Consiglio ha ritenuto di non essere in grado di adottare la proposta di regolamento.

244.

Resta quindi da esaminare se la decisione controversa sia viziata da una motivazione errata.

245.

La giurisprudenza della Corte è costante, da lungo tempo, nel dichiarare che, in via generale, il giudice dell’Unione esercita un controllo ristretto sulle valutazioni economiche complesse, limitato alla sanzione dell’errore manifesto di valutazione. Secondo una formula richiamata più volte dalla Corte, il sindacato giurisdizionale su un atto che contenga valutazioni del genere deve limitarsi alla verifica dell’osservanza delle norme relative alla procedura e alla motivazione, dell’esattezza materiale dei fatti considerati nell’operare la scelta contestata, dell’insussistenza di errore manifesto di valutazione di tali fatti o dell’insussistenza di sviamento di potere ( 81 ).

246.

Orbene, l’esame della questione se la situazione economica e sociale constatata all’interno dell’Unione si sia gravemente e improvvisamente deteriorata implica una valutazione alla luce di dati obiettivi complessi, che presuppongono il ricorso a molteplici indicatori.

247.

Pertanto, è necessario riconoscere che il giudice dell’Unione deve limitare il controllo che esso esercita su una valutazione di tal genere alla sufficienza della motivazione, all’esattezza materiale dei fatti nonché all’insussistenza di un errore manifesto di valutazione.

248.

Prima di esaminare più nei dettagli le diverse censure formulate dal Consiglio e dagli Stati membri intervenienti, richiamerò a grandi linee la valutazione della situazione economica e sociale svolta dalla Commissione.

249.

La relazione sulla clausola di eccezione analizza le condizioni di applicazione di tale clausola menzionando il fatto che il deterioramento della situazione dev’essere non solo grave e improvviso, ma anche «tale che il metodo non sia più in grado di tenerne conto a causa della sua natura eccezionale in termini di rapidità ed entità» ( 82 ). Essa è fondata, infatti, sul postulato secondo cui «il principio del parallelismo con i funzionari nazionali in termini di variazione del potere d’acquisto (…) deve essere mantenuto anche in un momento in cui l’economia dell’Unione europea attraversa un periodo di crisi» ( 83 ), il che implica che la clausola di eccezione non deve essere applicata quando il metodo «normale» ha la «capacità (…) di rispondere in modo adeguato agli sviluppi socioeconomici nell’[Unione] misurando i loro effetti sui salari dei funzionari pubblici» ( 84 ).

250.

La relazione sulla clausola di eccezione aggiunge, al punto 4.1, che il termine «deterioramento» è usato per descrivere un peggioramento della situazione economica e sociale, che la questione se sia intervenuto o meno un deterioramento grave è definita «in riferimento sia all’ampiezza che alla durata degli effetti socioeconomici», mentre la questione se si sia verificato un deterioramento improvviso deve essere esaminata con riferimento «[al]la velocità e [al]la prevedibilità [di tali] effetti», cosicché, secondo la Commissione, «è particolarmente importante distinguere le normali fluttuazioni del ciclo economico da quelle determinate da eventi esterni».

251.

Esaminando successivamente gli indicatori «obiettivi» che possono essere utilizzati, la relazione sulla clausola di eccezione, che indica che essi devono essere conformi a una serie di principi pertinenti e generalmente accettati, considera quindici indicatori relativi all’attività economica ( 85 ), alle finanze pubbliche ( 86 ), al mercato del lavoro ( 87 ) e al clima economico ( 88 ), fondandosi sulle previsioni economiche europee pubblicate, il 13 maggio 2011, dalla DG «Affari economici e finanziari».

252.

Infine, constatando che tali indicatori dimostrano che la recessione si è conclusa nell’autunno del 2009 e che la ripresa economica continua a progredire nell’Unione, la relazione sulla clausola di eccezione rileva l’assenza di un deterioramento grave e improvviso della situazione economica e sociale, all’interno dell’Unione, «durante il periodo di riferimento che va dal 1o luglio 2010 a metà maggio 2011», nonché l’assenza di un evento che non sia stato o non abbia potuto essere preso in considerazione dal metodo «normale» e conclude che non sia opportuno presentare una proposta in forza dell’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto.

253.

Nella sua comunicazione, fondata sugli «ultimi sviluppi che hanno interessato l’Unione (…) dalle previsioni economiche europee di primavera fino ad ora» ( 89 ), e in particolare sulle previsioni economiche comunicate dalla DG «Affari economici e finanziari» il 10 novembre 2011, la Commissione si mostra più circospetta ed effettua una valutazione più puntuale della situazione.

254.

Essa conferma la conclusione dell’analisi precedente, pur constatando, tuttavia, un peggioramento delle prospettive economiche e un «[rallentamento dell’]attività economica», che, nonostante ciò, il metodo «normale» sarebbe ancora in grado di riflettere.

255.

Secondo la comunicazione, sebbene tali previsioni evidenzino un peggioramento per il 2011 rispetto alle previsioni pubblicate in primavera e mostrino «le turbolenze che stanno interessando l’economia europea» ( 90 ), tuttavia, l’Unione non si trova di fronte a una situazione straordinaria in cui le retribuzioni dei funzionari dell’Unione «non sarebbero adeguate con sufficiente rapidità per tener conto delle misure adottate dagli Stati membri nei confronti dei funzionari pubblici nazionali» ( 91 ).

256.

Le censure formulate dal Consiglio e dagli Stati membri intervenienti quanto alla valutazione della Commissione possono essere ripartite in quattro categorie a seconda che riguardino il periodo da prendere in considerazione per valutare la situazione economica e sociale, la natura e il numero degli indicatori pertinenti, l’area geografica all’interno della quale deve verificarsi il peggioramento o, infine, il mantenimento del principio del parallelismo tra l’andamento delle retribuzioni e delle pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione e quello delle retribuzioni dei funzionari nazionali.

257.

Esaminerò in successione queste quattro serie di censure al fine di verificare se la Commissione sia incorsa in un errore manifesto di valutazione.

258.

La prima censura verte sul periodo da prendere in considerazione.

259.

Ritengo che la Commissione non sia incorsa in un errore manifesto di valutazione considerando come periodo da esaminare quello che va dal 1o luglio 2010 a metà maggio 2011, dal momento che non si doveva tener conto del periodo anteriore, essendo già stato preso in considerazione per l’esercizio precedente, e che la metà di maggio del 2011 rappresentava la data delle ultime informazioni disponibili.

260.

Occorre rilevare, in termini generali, che l’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto consente di prendere in considerazione non una qualsiasi crisi, ma solo quella che assume particolare rilevanza a causa della sua «subitaneità». Per stabilire se un evento presenti il carattere della subitaneità, sembra logico fare riferimento alla sua durata e considerare che un evento difficilmente localizzabile nel tempo e che risulta da un processo evolutivo progressivo non è improvviso.

261.

Ne consegue, a mio parere, che il criterio della subitaneità, imposto dalla normativa dell’Unione, esclude la presa in considerazione delle crisi durature, sia pure profonde, e implica la limitazione nel tempo del periodo di valutazione.

262.

Inoltre, va osservato che la Corte ha sancito, nella citata sentenza del 24 novembre 2010, Commissione/Consiglio, il principio secondo il quale il ricorso alla clausola di eccezione presuppone un deterioramento della situazione che il metodo «normale» non consente di prendere in considerazione con sufficiente rapidità, in quanto tale metodo funziona con uno sfasamento temporale ( 92 ). Il Consiglio non contesta del resto tale principio, al quale fa riferimento nelle sue osservazioni scritte.

263.

Dalla giurisprudenza della Corte emerge quindi chiaramente che la giustificazione del ricorso alla clausola di eccezione risiede nella scarsa rapidità del metodo «normale» a tener conto di una crisi improvvisa. È quindi necessario individuare un evento o una serie di eventi che si verificano durante un periodo preciso e recente.

264.

Per quanto attiene all’inizio del periodo di valutazione, la Commissione fa valere, giustamente, che il periodo precedente al 1o luglio 2010 non doveva essere preso in considerazione, poiché corrispondeva all’esercizio precedente, per il quale il Consiglio non aveva chiesto l’applicazione della clausola di eccezione.

265.

Rilevo, peraltro, che il Consiglio non addebita direttamente alla Commissione di non aver preso in considerazione la crisi degli anni 2008 e 2009, ma contesta invece alla stessa di non aver tenuto conto degli «effetti persistenti» di tale crisi sulla situazione economica e sociale durante il periodo di riferimento, precisando che la crisi «ha avuto come effetto di rendere estremamente fragile la situazione economica e sociale di molti Stati membri» ( 93 ).

266.

Tuttavia, il fatto che la crisi degli anni 2008 e 2009 possa produrre effetti persistenti durante il periodo di riferimento non sminuisce la scelta effettuata dalla Commissione, purché gli indicatori utilizzati valutino soltanto le conseguenze di eventi nuovi verificatisi nel corso di tale periodo.

267.

Orbene, è giocoforza constatare che la Commissione ha complessivamente valutato la congiuntura economica e sociale durante il periodo di riferimento, senza escludere le eventuali conseguenze della crisi precedente. In particolare, sebbene abbia preso logicamente in considerazione l’«avvio» di ripresa economica verificatosi nel corso del 2010, la Commissione ha altresì menzionato lo stato preoccupante delle finanze pubbliche e l’impatto negativo degli interventi degli Stati membri, rilevando in particolare che, tra il 2007 e il 2009, il deficit di bilancio pubblico aggregato era passato da meno dell’1% a quasi il 7% del PIL.

268.

Per quanto attiene alla fine del periodo di valutazione, si deve aggiungere che la Commissione e il Consiglio sembrano implicitamente concordare, in realtà, sul fatto che la fine del periodo deve corrispondere alla data in cui i dati più recenti sono stati resi disponibili.

269.

La censura secondo la quale l’approccio della Commissione negherebbe la realtà economica e priverebbe la clausola di eccezione di qualsiasi effetto utile si fonda, in definitiva, su una visione errata di tale approccio. Contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio, dall’analisi della Commissione non risulta che la stessa intenda far coincidere perfettamente l’inizio e la fine della crisi con il periodo di riferimento coperto dal metodo «normale». Pertanto, la Commissione non ha atteso la fine di tale periodo per effettuare la sua analisi e valutare l’applicabilità dell’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto. Dalla sua relazione sulla clausola di eccezione e dalla sua comunicazione risulta, invece, che se avesse constatato un deterioramento della situazione economica e sociale tra il mese di luglio 2010 e la metà di maggio del 2011, e quindi durante un periodo diverso dal periodo di riferimento, essa avrebbe potuto ritenere giustificata l’applicazione della clausola di eccezione.

270.

In definitiva, non risulta che la Commissione sia incorsa in un errore manifesto di valutazione nella scelta del periodo di valutazione della situazione.

271.

La seconda censura attiene alla natura e al numero degli indicatori pertinenti.

272.

Il Consiglio sostiene che la valutazione della situazione economica e sociale ai fini dell’applicazione della clausola di eccezione dev’essere effettuata alla luce della situazione economica e sociale in senso ampio e non può essere effettuata con riferimento ai due parametri determinanti per l’adeguamento annuale secondo il metodo «normale». Esso addebita, in particolare, alla Commissione di aver preso in considerazione soltanto la riduzione del potere d’acquisto dei funzionari nazionali negli otto Stati membri che fungono da riferimento per l’applicazione del metodo «normale» e di aver ignorato le altre numerose misure di risanamento che incidono sui servizi pubblici nazionali. Esso contesta altresì alla Commissione di aver omesso di prendere in considerazione un certo numero di altri indicatori essenziali.

273.

Mi sembra che la prima censura debba essere respinta, in quanto infondata in fatto, dato che la Commissione non ha valutato la situazione economica e sociale basandosi sul risultato dell’applicazione del metodo «normale», che tiene conto dell’andamento del potere d’acquisto dei funzionari in otto Stati membri di riferimento. Come ho ricordato ( 94 ), la valutazione è stata effettuata in base a una serie di quindici indicatori che si ritiene riguardino, al contempo, i settori economico e sociale. Occorre rilevare, in particolare, che la Commissione ha preso in considerazione gli andamenti delle retribuzioni nel settore pubblico a livello dell’intera Unione. Essa non ha neppure omesso di considerare le misure di austerità di bilancio adottate dagli Stati membri, dato che ha menzionato il fatto che le sequele della crisi avrebbero continuato ad essere avvertite per diverso tempo dai pubblici dipendenti «poiché negli anni a venire si [sarebbero dovute] operare razionalizzazioni significative» ( 95 ).

274.

La seconda censura, relativa all’omissione di taluni indicatori essenziali, non mi pare fondata.

275.

Limitandosi a prevedere che la valutazione doveva essere effettuata in base a dati obiettivi forniti dalla Commissione, senza redigere alcun elenco, sia pure meramente orientativo, di indicatori pertinenti, il legislatore dell’Unione ha lasciato a tale istituzione un margine di discrezionalità nell’individuazione degli indicatori che danno conto dell’evoluzione della situazione economica e sociale. Peraltro, a causa del carattere particolarmente vago della nozione di situazione economica e sociale, il procedimento di valutazione contiene necessariamente elementi perfettibili.

276.

Ciò premesso, non è sufficiente per il Consiglio affermare che erano disponibili altri indicatori, oltre ai quindici considerati, per dimostrare che l’analisi della Commissione deriva da un errore manifesto di valutazione.

277.

Del resto, taluni indicatori dedotti dal Consiglio mostrano assai rapidamente i propri limiti, come quello, volatile, relativo alla percezione del debito pubblico, da parte degli operatori, sui mercati finanziari.

278.

Non è quindi dimostrato che la valutazione della situazione, risultante dalla griglia di analisi adottata dalla Commissione, derivi da un errore manifesto di valutazione.

279.

La terza censura riguarda l’area geografica da prendere in considerazione.

280.

Il Consiglio e gli Stati membri intervenienti addebitano, in sostanza, alla Commissione, da un lato, di essersi limitata ad analizzare la situazione negli Stati membri che formano il campione di riferimento per la determinazione degli indicatori specifici utilizzati nel metodo «normale» e, dall’altro, di non aver tenuto conto delle situazioni particolari di taluni Stati membri che facevano sorgere rischi per l’intera Unione.

281.

Questa duplice censura è infondata.

282.

Da un lato, risulta dalla relazione sulla clausola di eccezione e dalla comunicazione che la Commissione ha analizzato dati riguardanti l’intera Unione, senza escludere uno o più Stati membri col pretesto che essi non facevano parte del campione di riferimento.

283.

Dall’altro, le situazioni particolari di taluni Stati membri si riflettono necessariamente nei dati generali riguardanti l’intera Unione e sui quali la Commissione ha fondato il suo ragionamento. La presa in considerazione della situazione economica e sociale «all’interno dell’Unione» implica, logicamente, che i dati riflettano non solo la situazione degli Stati membri che affrontano una congiuntura difficile, ma anche quella degli Stati membri che si trovano in una situazione migliore. Inoltre, è giocoforza constatare che la Commissione ha tenuto conto delle eventuali disparità tra gli Stati membri. Così, per quanto riguarda il tasso di disoccupazione, essa ha avuto cura di menzionare i diversi andamenti tra gli Stati membri, ma, rapportando tali elementi alla situazione globale, essa ha considerato che le situazioni in taluni Stati membri non giustificavano il ricorso alla clausola di eccezione.

284.

La quarta censura, più generale, verte sul mantenimento, in caso di crisi, del principio del parallelismo tra l’adeguamento delle retribuzioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione e quella dei funzionari nazionali. Alla Commissione viene contestato di fornire un’interpretazione troppo restrittiva della clausola di eccezione, quando ritiene che essa debba trovare applicazione solo nel caso in cui il deterioramento della situazione economica e sociale non si rifletta già nella perdita del potere d’acquisto dei dipendenti pubblici nazionali, che si ripercuote nell’applicazione del metodo «normale».

285.

Non mi sembra che tale censura sia più fondata delle precedenti.

286.

È pacifico che il metodo «normale» di adeguamento delle retribuzioni dei funzionari dell’Unione è fondato, sin dalle origini, sul principio del parallelismo tra l’andamento del potere d’acquisto dei funzionari dell’Unione e l’andamento del potere d’acquisto dei dipendenti pubblici nazionali. Tale pricipio ha imposto il ricorso a indicatori specifici, che si ritiene diano un’immagine il più possibile fedele dell’andamento al rialzo e al ribasso del potere d’acquisto delle retribuzioni dei dipendenti pubblici nazionali. Orbene, il deterioramento della situazione economica e sociale all’interno dell’Unione, come il Consiglio stesso ha riconosciuto ( 96 ), incide sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici nazionali, così da riflettersi, sia pure parzialmente e con un certo sfasamento temporale, nell’applicazione del metodo «normale».

287.

Contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio, la Commissione non nega che la riduzione del potere d’acquisto dei funzionari dell’Unione, che può derivare dall’applicazione del metodo, possa essere insufficiente alla luce della gravità e della subitaneità di una crisi da cui l’Unione sia colpita, ma ritiene che la crisi del 2011 non abbia avuto un impatto tale da giustificare l’adozione di misure che andassero oltre quanto si trovava già riflesso nell’applicazione del metodo «normale».

288.

Il Consiglio non dimostra che tale valutazione si fonderebbe su un’analisi parziale o inesatta dei dati disponibili o che avrebbe trascurato o sminuito taluni indicatori a vantaggio di altri sia pure meno pertinenti. Sebbene i dati che fungono da base per la valutazione siano obiettivi, l’analisi che ne viene fatta e la determinazione del grado di rappresentatività attribuito a ciascuno di essi si fondano necessariamente su una certa soggettività. Nessuna delle censure formulate dimostra che l’analisi effettuata dalla Commissione eccederebbe il margine d’intervento riconosciuto a tale istituzione e sarebbe viziata da un errore manifesto di valutazione.

289.

Sebbene il deterioramento della situazione economica e sociale all’interno dell’Unione possa obbligare a modificare la politica salariale e giustificare, eventalmente, una riduzione del potere d’acquisto, simile andamento dev’essere conforme ai principi di un’Unione di diritto e rispettare le norme fissate dallo Statuto e le garanzie dallo stesso riconosciute ai funzionari e agli altri agenti dell’Unione.

290.

Nell’ambito dei poteri conferitigli dall’articolo 65 dello Statuto, il Consiglio si è impegnato a rispettare per un periodo determinato un procedimento vincolante e automatico di adeguamento delle retribuzioni, corredato di un procedimento di salvaguardia, che ha come passaggio obbligato la constatazione, da parte della Commissione, di una crisi economica «qualificata», e che necessita successivamente di un giudizio di opportunità formulato, secondo la procedura legislativa ordinaria, dal Consiglio e dal Parlamento.

291.

La rigidità delle condizioni procedurali e sostanziali necessarie all’applicazione del procedimento della clausola di eccezione non può giustificare il fatto che il Consiglio si sottragga unilateralmente a tali condizioni, salvo commettere una duplice violazione delle norme statutarie e del principio della tutela del legittimo affidamento che i funzionari e gli altri agenti dell’Unione possono rivendicare.

292.

Certo, nulla vieta che si proceda a una modifica dello Statuto al fine di prevedere un altro procedimento successivamente al 31 dicembre 2012, data di cessazione dell’applicazione del metodo.

293.

Al riguardo, per rimediare all’asimmetria tra la logica dell’adeguamento automatico secondo il metodo «normale» e l’assenza di automaticità nell’applicazione della clausola di eccezione, la posizione del Parlamento europeo adottata in prima lettura il 2 luglio 2013 ( 97 ) prevede proprio l’introduzione di una nuova clausola di eccezione avente carattere automatico, poiché funzionerebbe automaticamente in caso di riduzione del PIL dell’Unione ( 98 ).

294.

È del resto curioso constatare che l’applicazione di tale nuova clausola di crisi sarebbe sfociata nel 2011, tenuto conto dell’aumento del PIL ( 99 ), nell’accettazione della proposta di regolamento.

295.

In definitiva, poiché ritengo che la valutazione della Commissione non sia viziata da un errore manifesto, concludo per l’annullamento della decisione controversa per la parte in cui essa ha negato l’adeguamento delle retribuzioni.

296.

Farò solo un breve accenno alla questione dell’adeguamento dei coefficienti correttori, che non mi sembra sollevi particolari difficoltà.

297.

Infatti, delle due l’una.

298.

O il procedimento della clausola di eccezione si applica anche all’adeguamento dei coefficienti correttori e la decisione contenente il rifiuto di adeguare questi ultimi è illegittima per le stesse ragioni della decisione contenente il rifiuto di adeguare le retribuzioni.

299.

Oppure, come ritengo, l’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto non può giustificare il rifiuto di adottare i coefficienti correttori e, in tal caso, la decisione controversa dev’essere annullata, in quanto non contiene la benché minima motivazione che spieghi le ragioni per cui il Consiglio si oppone a tale adeguamento.

300.

Pertanto, chiedo alla Corte di annullare la decisione controversa in tutte le sue disposizioni.

V – Il ricorso nella causa C‑66/12

301.

Esporrò, in primo luogo, le ragioni per cui chiedo, in via principale, alla Corte di respingere tale ricorso senza che sia necessario statuire sull’eccezione di irricevibilità opposta dalla Commissione.

302.

Nell’eventualità che la Corte non condivida tale punto di vista, indicherò, in secondo luogo e in subordine, le ragioni per cui mi sembra che tale eccezione di irricevibilità non debba essere accolta.

A – La fondatezza del ricorso

1. Le osservazioni delle parti principali e delle parti intervenienti

303.

Dato che gli argomenti del Consiglio, della Commissione, della Repubblica ceca, del Regno di Danimarca, della Repubblica federale di Germania, del Regno di Spagna, del Regno dei Paesi Bassi e del Regno Unito sono già stati esposti in sede di esame della fondatezza del ricorso nella causa C‑63/12, mi limiterò a presentare i motivi sviluppati dall’Irlanda e dalla Repubblica francese.

a) L’Irlanda

304.

L’Irlanda sostiene che una perturbazione grave e improvvisa può essere costituita dalla probabilità che gli Stati membri si trovino di fronte a un deficit di bilancio e ritiene che il Consiglio possa andare oltre i dati obiettivi forniti dalla Commissione valutando il rischio di una precipitazione della crisi.

305.

Essa contesta alla Commissione di non aver preso correttamente in considerazione la situazione delle finanze pubbliche degli Stati membri, benché si tratti dell’elemento caratteristico e fondamentale dell’attuale crisi economica.

306.

Per quanto riguarda, più in particolare, la situazione irlandese, essa indica di aver attuato adeguamenti di bilancio di ampia portata, che hanno incluso, segnatamente, riduzioni salariali nel settore pubblico, e di aver assunto vari impegni per preservare il suo settore bancario. L’Irlanda menziona altresì la notevole contrazione del PIL reale negli anni tra il 2008 e il 2010, seguita, nel 2011, da una contrazione del prodotto nazionale lordo (PNL), dall’aumento del debito pubblico, dal deterioramento dell’occupazione e dalla bassa inflazione, che attesta la debolezza persistente dell’economia interna irlandese.

b) La Repubblica francese

307.

La Repubblica francese sostiene che la Corte deve esercitare un controllo ordinario sul rifiuto della Commissione di applicare la clausola di eccezione, in particolare perché la Commissione non dispone di alcun margine di discrezionalità nell’applicazione di tale clausola e la complessità delle valutazioni da effettuare non può bastare a giustificare la limitazione del controllo giurisdizionale.

308.

Tale Stato membro condivide l’argomento del Consiglio sia per quanto riguarda la limitazione nel tempo dei dati pertinenti sia per quanto riguarda la valutazione della gravità e della subitaneità della situazione.

309.

Esso considera che la Commissione non ha tenuto conto di tutti i dati obiettivi e pertinenti e sottolinea, per quanto attiene, più in particolare, alla Repubblica francese, che le misure di risanamento del bilancio, adottate in risposta alla crisi, hanno comportato una battuta d’arresto nell’andamento delle due componenti principali della retribuzione dei funzionari, a seguito del congelamento dell’indice. A suo avviso, lo sfasamento temporale di un anno determinato dal metodo «normale» non consentirebbe un adeguamento sufficientemente rapido.

310.

La Repubblica francese ritiene, inoltre, che la Commissione abbia ignorato e sottovalutato la gravità della crisi e abbia accolto un’interpretazione dell’articolo 10 dell’allegato XI dello Statuto, che rende oltremodo difficile, se non addirittura impossibile, soddisfare le condizioni che consentono di derogare al metodo «normale».

311.

Infine, essa sottolinea che la Commissione, quale custode dell’interesse generale dell’Unione, ha doveri specifici e non può esonerare i funzionari dell’Unione dal necessario impegno collettivo, accettato dai dipendenti pubblici degli Stati membri, per favorire la riduzione dei deficit di bilancio e per fronteggiare una crisi di straordinaria gravità nella storia dell’Unione.

2. Valutazione

312.

La Corte ha ripetutamente dichiarato che il giudice dell’Unione può legittimamente valutare, in considerazione delle circostanze del caso di specie, se la corretta amministrazione della giustizia giustifichi il rigetto del ricorso nel merito, senza statuire preliminarmente sulla sua ricevibilità ( 100 ).

313.

Il ricorso a tale processo di inversione dell’ordine logico – o naturale – dell’esame delle questioni è talvolta discusso ( 101 ). Tuttavia, un’ipotesi in cui i principi di economia processuale e di buona amministrazione della giustizia giustificano una pronuncia sulla fondatezza del ricorso senza esaminarne la ricevibilità, ricorre proprio quando il rigetto del ricorso si impone, come conseguenza, a causa della decisione adottata in relazione a un altro ricorso connesso.

314.

Orbene, ciò è esattamente quanto accade nel caso di specie.

315.

Ho già avuto occasione di evidenziare il rapporto di connessione esistente fra le tre cause costituenti l’oggetto delle presenti conclusioni e la compenetrazione tra i motivi dedotti ( 102 ).

316.

Se, come propongo, la Corte deciderà, nella causa C‑63/12, di accogliere il ricorso di annullamento avverso la decisione controversa, in quanto la Commissione non è incorsa in un errore manifesto di valutazione ritenendo che le condizioni di applicazione della clausola di eccezione non fossero soddisfatte ( 103 ), essa potrà solo respingere, di conseguenza, il ricorso di annullamento con il quale il Consiglio contesta alla Commissione di essere incorsa, in due atti preparatori della decisione controversa, in un errore manifesto di valutazione.

317.

Concludo quindi, in via principale, per il rigetto del ricorso nella causa C‑66/12.

318.

Pertanto, esaminerò solo in subordine la questione, complessa e delicata, della ricevibilità del ricorso.

B – La ricevibilità del ricorso

1. Le osservazioni delle parti principali e delle parti intervenienti

319.

La Commissione deduce l’irricevibilità del ricorso nel suo insieme, in quanto il Consiglio non ha deliberato di proporre tale ricorso con la maggioranza qualificata dei suoi membri, dato che sei delegazioni avevano dichiarato, al momento della discussione in seno al Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper), che si sarebbero astenute ed era stato deliberato sul punto, senza discussione, al Consiglio «Ambiente» del 19 dicembre 2011.

320.

La Commissione fa valere che, dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l’articolo 16, paragrafo 3, TUE, dispone che il Consiglio delibera a maggioranza qualificata, salvo nei casi in cui i Trattati dispongano diversamente. Orbene, benché il Consiglio faccia riferimento, nel caso di specie, all’eccezione di cui all’articolo 240, paragrafo 3, TFUE, che autorizza il Consiglio a deliberare a maggioranza semplice in merito alle questioni procedurali e per l’adozione del suo regolamento interno, la decisione di adire la Corte, anche se non produce effetti giuridici vincolanti, non costituisce, tuttavia, una semplice questione procedurale e racchiude, invece, una decisione di principio sul merito, esprimendo l’opposizione del Consiglio alle conclusioni della Commissione quanto all’applicazione del metodo.

321.

Dato che il Consiglio non ha agito a maggioranza qualificata, la sua decisione di adire la Corte dovrebbe essere considerata come se non fosse stata adottata. Infatti, le norme procedurali stabilite dai Trattati non ricadono nella disponibilità degli Stati membri o delle istituzioni dell’Unione e hanno un’importanza fondamentale. Inoltre, qualora la volontà del ricorrente di proporre un ricorso non sia dimostrata, il ricorso dev’essere dichiarato irricevibile.

322.

Il Consiglio replica che la decisione di adire la Corte è, per definizione, una decisione procedurale e non una decisione sostanziale, poiché non è finalizzata all’adozione di un atto o di una misura previsti dai Trattati e non contiene alcuna decisione sul merito delle questioni di diritto sottoposte all’esame della Corte.

323.

Facendo valere che, prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, esso ha sempre ritenuto – senza essere contraddetto dalla Commissione – che la regola di voto per la decisione di agire in giudizio non corrispondesse a quella prevista dalla base giuridica specifica che disciplinava la materia in cui rientravano le questioni sostanziali sottoposte alla Corte, ma fosse la regola di base della maggioranza semplice di cui all’articolo 205, paragrafo 1, CE, il Consiglio sostiene che l’articolo 16, paragrafo 3, TUE stabilisce il voto a maggioranza qualificata non già come principio generale, bensì semplicemente come regola di base.

324.

Peraltro, supponendo che la decisione di adire la Corte debba essere adottata a maggioranza qualificata, sarebbe necessario, in applicazione dell’articolo 3, paragrafo 3, terzo comma, del Protocollo (n. 36) sulle disposizioni transitorie, allegato ai Trattati UE e FUE, ottenere almeno 255 voti che esprimano il voto favorevole di almeno due terzi dei membri del Consiglio, poiché siffatta decisione non viene adottata su proposta della Commissione. In tal modo, paradossalmente, l’adozione della decisione di adire la Corte sarebbe resa più difficile dell’adozione di decisioni politiche importanti, benché non esista alcun indizio che gli estensori del Trattato di Lisbona abbiano previsto di ridurre le possibilità per il Consiglio di far valere i suoi diritti dinanzi alla Corte e di creare uno squilibrio tra le istituzioni dell’Unione, dato che la Commissione delibera, dal canto suo, a maggioranza dei suoi membri sulla presentazione di un ricorso ( 104 ).

325.

Il Regno di Spagna aggiunge che limitare la possibilità di proporre un ricorso giurisdizionale costituirebbe una violazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva, mentre il Trattato di Lisbona non ha avuto lo scopo di rendere più difficile l’esercizio delle azioni giudiziarie da parte delle istituzioni dell’Unione. Inoltre, la regola della maggioranza qualificata non sarebbe coerente con la prassi delle altre istituzioni, i cui regolamenti interni favoriscono le azioni giudiziarie, e inciderebbe sul principo dell’equilibrio istituzionale, impedendo a un’istituzione di proporre un ricorso al fine di difendere le proprie competenze.

326.

La Repubblica francese fa valere che le uniche disposizioni espresse dei Trattati, relative alla regola della maggioranza applicabile alle istanze presentate alla Corte dal Consiglio, sono quelle contenute negli articoli 245 TFUE e 247 TFUE, relativi alla richiesta di destituzione di un membro della Commissione, e sostiene che è tanto più paradossale imporre una regola maggioritaria più rigorosa per l’introduzione di un ricorso di annullamento o di un ricorso per carenza che per una richiesta di destituzione in quanto le condizioni di attuazione dei procedimenti di destituzione sono tradizionalmente corredate di norme di tutela, giustificate dal principio della separazione dei poteri e dal principio della continuità di governo.

327.

La Repubblica federale di Germania sostiene che il principio della tutela giurisdizionale effettiva impone che l’articolo 240, paragrafo 3, TFUE non sia interpretato in modo troppo restrittivo. Secondo tale Stato membro, la decisione, anche ammesso che sia irregolare, dev’essere ritenuta valida per la presunzione di legittimità applicabile agli atti delle istituzioni dell’Unione fintantoché essi non siano stati revocati o annullati.

328.

Il Regno Unito sostiene che, anche supponendo che la decisione avesse dovuto essere adottata a maggioranza qualificata, tale maggioranza qualificata è stata resa dal Consiglio «Ambiente» del 19 dicembre 2011, poiché la questione, inserita al punto A dell’ordine del giorno, è stata adottata all’unanimità dal Consiglio, dato che nessun membro ha espresso pareri, ha chiesto che venissero inserite dichiarazioni nel verbale né ha proposto che il punto comportasse eventualmente una nuova discussione che giustificasse il suo ritiro dall’ordine del giorno.

329.

La Commissione si interroga sulla ricevibilità del motivo dedotto dal Regno Unito, parte interveniente, in quanto il Consiglio, ricorrente, non contesta il fatto di aver adottato la sua decisione a maggioranza semplice. Sul merito, essa fa valere che l’adozione di un punto «senza discussione» non significa la sua adozione all’unanimità e risulta chiaramente dalla nota del Coreper al Consiglio ( 105 ) e dall’elenco dei punti A sottoposti all’approvazione del Consiglio ( 106 ) che non sussisteva alcuna maggioranza qualificata dei membri del Consiglio a favore della decisione.

2. Valutazione

330.

Prima di esaminare la questione se la decisione di proporre ricorso di annullamento o per carenza richieda la maggioranza qualificata in seno al Consiglio, mi sembra indispensabile verificare, in via preliminare, con quale maggioranza la decisione sia stata effettivamente adottata, poiché, se fosse stata adottata a maggioranza qualificata, l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione sarebbe infondata in fatto.

331.

Innanzi tutto, il Regno Unito, parte interveniente, ci chiede di procedere a tale verifica con un motivo che, contrariamente all’argomento dedotto dalla Commissione, non può essere dichiarato irricevibile. Infatti, il principio enunciato all’articolo 129, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, secondo il quale l’intervento può avere come oggetto soltanto l’adesione alle conclusioni di una delle parti, non impedisce all’interveniente di far valere argomenti propri.

332.

Inoltre, ritengo, in ogni caso, che spetti alla Corte, dinanzi alla quale viene sollevata un’eccezione di irricevibilità fondata su un difetto di maggioranza, verificare, se necessario d’ufficio, con quale maggioranza sia stata adottata la decisione contestata.

333.

Orbene, alla luce degli elementi prodotti dalle parti, e in particolare della nota del Coreper al Consiglio, in cui si attesta che sei delegazioni avevano dichiarato che si sarebbero astenute ( 107 ), e dell’elenco dei punti A esaminati nella 3139a sessione del Consiglio «Ambiente», occorre considerare che le decisioni non sono state oggetto di un voto a maggioranza «speciale», richiesta quando il Consiglio non delibera su proposta della Commissione ( 108 ).

334.

Resta da stabilire se tale maggioranza sia richiesta o meno per l’esercizio di un’azione di annullamento o di un’azione per carenza.

335.

Prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l’articolo 205, paragrafo 1, CE prevedeva come regola di voto, applicabile in via generale in seno al Consiglio, la «maggioranza dei membri che lo compongono», ossia la maggioranza semplice, con tutti gli Stati membri posti così su un piano di parità.

336.

In realtà, tale regola risultava artificiale, in quanto il Consiglio vota generalmente all’unanimità o a maggioranza qualificata e vota a maggioranza semplice solo in un numero assai limitato di casi.

337.

La sostituzione della regola della maggioranza qualificata a quella della maggioranza semplice, quale regola di base comune, è stata dunque intesa nel senso di aver posto fine a tale anomalia, avvicinando la formulazione letterale dei testi normativi alla realtà.

338.

Essa ha obbligato gli estensori del Trattato di Lisbona ad elencare tassativamente i casi in cui è applicabile, eccezionalmente, la maggioranza semplice.

339.

Pertanto, il Trattato di Lisbona e il Protocollo n. 1 che modifica i protocolli allegati al Trattato sull’Unione europea, al Trattato che istituisce la Comunità europea e/o al Trattato che istituisce la Comunità dell’energia atomica, allegato al Trattato di Lisbona, contengono, tra le «modifiche orizzontali», disposizioni aventi lo scopo di inserire i termini «che delibera a maggioranza semplice» dopo i termini «il Consiglio».

340.

L’articolo 2, A, 3, del Trattato di Lisbona modifica in tal senso sette disposizioni del Trattato FUE, ossia gli articoli 150, primo comma, TFUE, 160, primo comma, TFUE e 242 TFUE, relativi all’istituzione di comitati consultivi ( 109 ) e all’adozione dello statuto dei comitati previsti dai Trattati, l’articolo 241 TFUE, relativo alle richieste rivolte alla Commissione di procedere allo svolgimento di studi e di sottoporre al Consiglio le proposte del caso, gli articoli 245, ultimo comma, ultima frase, TFUE e 247 TFUE, relativi ai ricorsi presentati alla Corte affinché pronunci le dimissioni d’ufficio di un membro della Commissione e, infine, l’articolo 337 TFUE, relativo alla determinazione delle condizioni alle quali la Commissione può raccogliere informazioni e procedere alle necessarie verifiche.

341.

L’articolo 1, A, 7, lettere a) e b), del Protocollo n. 1, summenzionato, modifica gli articoli 4, secondo comma, e 13, secondo comma, del Protocollo sullo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, relativi rispettivamente alla concessione di una deroga ai fini dell’esercizio di un’attività professionale e alla nomina di relatori aggiunti, nonché l’articolo 6, primo comma, prima frase, del Protocollo sui privilegi e le sulle immunità delle Comunità europee, relativo alla forma dei lasciapassare che possono essere rilasciati ai membri e agli agenti delle istituzioni dell’Unione dai presidenti di queste ultime.

342.

Inoltre, il Trattato di Lisbona ha modificato l’articolo 207 CE, relativo all’organizzazione del Consiglio. Ora, l’articolo 240, paragrafo 2, secondo comma, TFUE dispone che il Consiglio decide a maggioranza semplice in merito all’organizzazione del segretariato generale, mentre l’articolo 240, paragrafo 3, TFUE stabilisce che il Consiglio «delibera a maggioranza semplice in merito alle questioni procedurali e per l’adozione del suo regolamento interno».

343.

Gli estensori del Trattato di Lisbona sembrano quindi aver dedicato la massima attenzione all’enumerazione dei casi in cui il voto potrebbe essere espresso a maggioranza semplice in deroga alla regola della maggioranza qualificata, nuovamente assurta a regola di base.

344.

Tutta la difficoltà risiede nella valutazione della portata del loro silenzio riguardo alla regola della maggioranza applicabile alla presentazione dei ricorsi di cui agli articoli 263 TFUE e 265 TFUE ( 110 ).

345.

Il Consiglio e gli Stati membri intervenienti ritengono che la risposta debba essere individuata nella natura della decisione di adire la Corte, che sarebbe una «questione procedurale» ai sensi dell’articolo 240, paragrafo 3, TFUE.

346.

Per quanto mi riguarda, non condivido tale analisi.

347.

In primo luogo, mi sembra che la nozione di questione procedurale rinvii al procedimento interno al Consiglio e non ai procedimenti esterni, come i procedimenti giurisdizionali dinanzi al giudice dell’Unione.

348.

In secondo luogo, anche supponendo che la nozione di questione procedurale possa includere il procedimento giurisdizionale, ritengo che esista una differenza fondamentale tra la decisione del Consiglio di adire la Corte e la determinazione, da parte del medesimo Consiglio, delle modalità pratiche di avvio e poi di esercizio del ricorso. Sebbene sia possibile ammettere che le decisioni adottate per fissare le modalità di esercizio di un ricorso possono configurarsi come questioni procedurali, per contro, la decisione di principio sull’avvio dell’azione non può essere assimilata a tale categoria di questioni. La decisione del Consiglio di esercitare il suo diritto di accesso al giudice dell’Unione per far controllare la legittimità dell’azione o dell’inerzia di un’altra istituzione dell’Unione e per far rispettare la ripartizione delle competenze interne è una decisione importante, che non può rientrare nella nozione di questione procedurale. Il fatto che il ricorso abbia ad oggetto una questione sulla quale il Consiglio ha già preso posizione nel merito in una decisione distinta non modifica affatto il problema, poiché, da tale presa di posizione preliminare non può essere dedotta la volontà implicita del Consiglio di adire la Corte né, in mancanza di qualsiasi fondamento testuale, il declassamento della decisione di adire la Corte a semplice questione procedurale.

349.

Non ritengo neppure che la risposta possa essere dedotta, con un ragionamento a fortiori, dagli articoli 245 TFUE e 247 TFUE, i quali prevedono che il Consiglio delibera a maggioranza semplice in caso di istanza alla Corte affinché pronunci le dimissioni d’ufficio di un membro della Commissione che non rispetti più gli obblighi imposti dall’esercizio delle sue funzioni o che abbia commesso una colpa grave.

350.

Non mi sembra molto pertinente intepretare tali disposizioni, proprie del sistema istituzionale dell’Unione, il quale presenta una fondamentale originalità rispetto agli ordinamenti costituzionali interni, confrontandole con le disposizioni che disciplinano, nel diritto francese o nel diritto tedesco, i procedimenti di destituzione dei membri del potere esecutivo ( 111 ).

351.

Sostenere, come fa la Repubblica francese, che le disposizioni del Trattato FUE avrebbero lo scopo di evitare che i membri della Commissione vengano chiamati a rispondere dinanzi alla Corte significa estrapolare disposizioni nazionali, del resto controverse.

352.

L’argomento che il Consiglio e taluni Stati membri intervenienti traggono dal principio della tutela giurisdizionale e da quello dell’equilibrio istituzionale nonché, in senso più ampio, dalle esigenze di un’Unione di diritto, mi sembra meno fragile, anche se non viene molto sviluppato, in particolare dal Consiglio, che si limita ad affermare, in modo lapidario, che non esiste alcun indizio che gli estensori del Trattato di Lisbona abbiano previsto di ridurre, in maniera così radicale, le possibilità per il Consiglio di far valere i suoi diritti dinanzi alla Corte.

353.

La Corte, ricordiamolo, ha colmato la «lacuna procedurale» del Trattato e riconosciuto al Parlamento il diritto di agire con ricorso di annullamento per la tutela delle proprie prerogative proprio in nome dell’«interesse fondamentale alla conservazione ed al rispetto dell’equilibrio istituzionale» ( 112 ) e facendo appello al «sistema» ( 113 ) dei Trattati.

354.

Resta da stabilire se la necessità di fornire al Consiglio, depositario della legittimità intergovernativa, i mezzi per garantire la difesa delle sue competenze giustifichi l’esclusione della regola di base di cui all’articolo 16, paragrafo 3, TUE a favore della maggioranza semplice.

355.

Non mi convince molto la considerazione secondo la quale il principio dell’equilibrio istituzionale, che impone a ciascuna istituzione di agire nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dai Trattati ( 114 ), implica una parità delle regole di voto tra le istituzioni dell’Unione che formano il triangolo decisionale.

356.

Certamente l’articolo 250 TFUE prevede che le deliberazioni della Commissione siano prese a maggioranza dei suoi membri. La Corte, peraltro, fondandosi sul principio della collegialità, ha precisato che la decisione di proporre un ricorso per inadempimento contro uno Stato membro, adottata dalla Commissione nel suo ruolo di custode dei Trattati, dev’essere presa in comune dal Collegio e che tutti gli elementi sui quali si basa detta decisione devono essere disponibili per i membri del Collegio ( 115 ).

357.

Quanto al Parlamento, l’articolo 231, paragrafo 1, TFUE dispone che esso delibera a maggioranza dei suffragi espressi, salvo contrarie disposizioni dei Trattati. Inoltre, l’articolo 128 del suo regolamento interno prevede che la presentazione di un ricorso dinanzi alla Corte di giustizia da parte del presidente del Parlamento, a nome di quest’ultimo, se avvenuta su raccomandazione della commissione competente, può essere deliberata anche in assenza di voto da parte dell’assemblea parlamentare ( 116 ).

358.

Tuttavia, le regole di voto applicabili in seno a tali istituzioni non sono direttamente confrontabili, poiché esse sottendono logiche organizzative radicalmente diverse.

359.

Inoltre, l’argomento fondato sull’applicazione di regole maggioritarie non paritarie mi sembra paradossale, dato che l’assoggettamento della decisione del Consiglio alla regola della maggioranza qualificata sfocia, invece, nell’applicazione paritaria della regola ordinaria – o di base – prevista dai Trattati per ciascuna delle tre istituzioni considerate.

360.

È vero che il principio dell’equilibrio istituzionale presenta un altro aspetto, in quanto esige che qualsiasi violazione del principio della regola di ripartizione delle competenze tra istituzioni, qualora si verifichi, possa essere sanzionata. In quest’ottica, il fatto che il Consiglio debba adottare la sua decisione di adire la Corte a maggioranza qualificata potrebbe essere inteso nel senso che gli preclude la possibilità di proporre un ricorso giurisdizionale in modo certo ed efficace. Infine, proprio l’effetto utile del diritto del Consiglio di adire la Corte richiederebbe che quest’ultimo abbia la possibilità di adottare la sua decisione senza il vincolo della maggioranza speciale.

361.

Sensibile a tale argomento, mi sono chiesto se non sia possibile, fermo restando che il ricorso all’articolo 240, paragrafo 3, TFUE mi sembra azzardato, individuare, nell’articolo 16, paragrafo 1, TUE, un limite alla portata della regola sancita all’articolo 16, paragrafo 3, TUE e considerare che tale regola si applica soltanto alle decisioni del Consiglio rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 16, paragrafo 1, TUE, vale a dire quando il Consiglio esercita le funzioni legislativa o di bilancio o quelle di definizione o di coordinamento delle politiche. Così, in mancanza di una disciplina, all’interno dei Trattati, delle modalità di votazione applicabili alla decisione di agire in giudizio, tale questione rientrerebbe fra quelle sulle quali il Consiglio ha facoltà di pronunciarsi in forza del suo potere di organizzazione interna.

362.

Tuttavia, tale ragionamento va incontro a tre obiezioni che mi sembrano dirimenti.

363.

La prima obiezione riguarda le osservazioni proprie del Consiglio, il quale sottolinea che, prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la regola di voto per la decisione di adire la Corte non corrispondeva a quella prevista dal fondamento giuridico specifico che disciplinava la materia considerata, ma era la regola di base di cui all’articolo 205, paragrafo 1, CE. Poiché non vi è dubbio che la regola di cui all’articolo 16, paragrafo 3, TUE si è sostituita quale regola di base a quella di cui all’articolo 205, paragrafo 1, CE, non mi sembra coerente dichiararla inapplicabile a decisioni che rientravano indubbiamente nell’ambito di applicazione della regola precedente.

364.

La seconda obiezione riguarda la giurisprudenza della Corte.

365.

Ritengo, innanzi tutto, di potervi individuare l’intento di conferire alla regola maggioritaria di base l’ambito di applicazione più ampio possibile, senza alcun limite. Infatti, nella sentenza del 9 novembre 1995, Germania/Consiglio ( 117 ), la Corte ha dichiarato che l’articolo del Trattato che prevede una regola maggioritaria di base in seno al Consiglio «sarebbe superfluo ove l’assenza di specifiche regole sulle deliberazioni in una disposizione del Trattato impedisse a quest’ultima di fungere da fondamento giuridico per un atto del Consiglio» ( 118 ). Orbene, se tale articolo non è superfluo, è perché trova applicazione in quanto la regola che esso enuncia non viene esclusa da una disposizione espressa, che precisi, per il fondamento giuridico considerato, la regola maggioritaria applicabile. Sebbene tale giurisprudenza sia precedente all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, detto trattato non ha tuttavia modificato la natura di regola generale e di base della regola enunciata all’articolo 16, paragrafo 3, TUE, che è quindi difficile interpretare restrittivamente in mancanza di una disposizione espressa di segno contrario.

366.

Dalla giurisprudenza della Corte attingo anche precisazioni interessanti sulla natura giuridica della decisione di agire in giudizio. In una causa relativa a un ricorso per inadempimento, la Corte ha dichiarato che la decisione di presentare il ricorso, adottata dalla Commissione nel suo ruolo di custode dei Trattati, «non può qualificarsi misura d’amministrazione o di gestione» ( 119 ). Tale decisione, applicabile per analogia al ricorso di annullamento, porta a condannare la tesi secondo la quale questo tipo di decisione esulerebbe dalle modalità di votazione previste dal Trattato e rientrerebbe nel potere di organizzazione interna del Consiglio.

367.

La terza obiezione, la più essenziale, riguarda l’importanza delle norme che disciplinano il processo decisionale in seno al Consiglio e il sistema di ponderazione dei voti attribuiti agli Stati membri. Tale questione, estremamente delicata, è stata costantemente oggetto di discussioni nell’ambito delle conferenze intergovernative e gli estensori dei Trattati hanno sempre dedicato un’attenzione particolare alla definizione, in modo espresso e dettagliato, in occasione di revisioni successive dei Trattati, delle modalità di voto per ciascun fondamento giuridico alla base dell’azione del Consiglio, senza limitarsi all’ambito delle funzioni definite dall’articolo 16, paragrafo 1, TUE.

368.

In definitiva, ritengo che sussistano obiezioni dirimenti a che sia esclusa, per la decisione del Consiglio di adire la Corte con un ricorso di annullamento o con un ricorso per carenza, la regola della maggioranza qualificata, che gli estensori dei Trattati hanno fatto assurgere a regola di base.

369.

Resta da stabilire se l’irregolarità da cui è viziata la decisione del Consiglio comporti l’irricevibilità del ricorso e se la Commissione possa far valere tale irregolarità.

370.

Rispondo senza esitazione in senso affermativo alla prima questione.

371.

Da un lato, le norme relative alle modalità di voto costituiscono norme essenziali alla cui osservanza la Corte attribuisce particolare rilevanza, come attestato dal contenzioso del fondamento giuridico. La Corte ha così dichiarato che l’erroneo ricorso ad un articolo del Trattato come fondamento normativo che produce come conseguenza la sostituzione dell’unanimità alla maggioranza qualificata in seno al Consiglio non può essere considerato, in linea di principio, un vizio di pura forma, poiché un cambiamento delle modalità di voto può produrre conseguenze sul contenuto dell’atto adottato ( 120 ). Lasciare senza sanzione norme così essenziali non mi sembra conforme alle esigenze di un’Unione di diritto.

372.

Dall’altro, contrariamente a quanto sostiene la Repubblica federale di Germania, non è possibile far valere l’irregolarità della decisione del Consiglio presentando un ricorso di annullamento, dato che dalla giurisprudenza della Corte emerge che la decisione di esperire un ricorso giurisdizionale non può, in linea di principio, essere considerata una decisione impugnabile ( 121 ). Pertanto, è possibile far valere la violazione della regola della maggioranza qualificata solo in via eccezionale, nell’ambito della difesa contro l’azione esercitata dal Consiglio.

373.

La seconda questione richiede, anch’essa, un risposta affermativa.

374.

Come ho testé indicato, le regole di votazione sono regole essenziali la cui sanzione non interessa esclusivamente gli Stati membri, ma contribuisce al rispetto della legalità in un’Unione di diritto. Inoltre, la giurisprudenza sancisce, in via generale, la natura di ordine pubblico dei motivi vertenti sulla violazione delle condizioni di ricevibilità del ricorso di annullamento, circostanza da cui deriva che essi possono essere rilevati d’ufficio dal giudice dell’Unione. Infine, in varie sentenze, la Corte ha esaminato la fondatezza del motivo vertente sulla violazione delle regole di votazione in seno a un’istituzione, dedotto dal convenuto, riconoscendo così implicitamente la sua ricevibilità ( 122 ).

375.

In definitiva, ritengo che la decisione controversa sia stata adottata in violazione della regola della maggioranza qualificata enunciata all’articolo 16, paragrafo 3, TUE e che tale irregolarità, che la Commissione ha la facoltà di far valere, comporta l’irricevibilità del ricorso del Consiglio nel suo insieme.

376.

Mi esimerò, di conseguenza, dall’esaminare gli altri motivi di irricevibilità dedotti dalla Commissione.

VI – Sulle spese

377.

In applicazione dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, che prevede che ogni parte soccombente sia condannata alle spese se ne è stata fatta domanda, ritengo che si debbano accogliere le conclusioni dirette alla condanna del Consiglio alle spese nelle cause C‑63/12 e C‑66/12 nonché quelle dirette alla condanna della Commissione alle spese nella causa C‑196/12.

378.

Conformemente all’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, il Parlamento e gli Stati membri intervenienti sopporteranno, in ciascuna causa, le proprie spese.

VII – Conclusione

379.

Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco che la Corte voglia:

1)

Sul ricorso nella causa C‑63/12:

annullare la decisione 2011/866/UE del Consiglio, del 19 dicembre 2011, concernente la proposta della Commissione di regolamento del Consiglio che adegua con effetto dal 1o luglio 2011 le retribuzioni e le pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione europea e i coefficienti correttori applicati alle retribuzioni e pensioni;

condannare il Consiglio dell’Unione europea alle spese, e

lasciare alla Repubblica ceca, al Regno di Danimarca, alla Repubblica federale di Germania, al Regno di Spagna, al Regno dei Paesi Bassi, al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord nonché al Parlamento europeo l’onere delle rispettive spese.

2)

Sul ricorso nella causa C‑66/12:

respingere il ricorso senza esaminarne la ricevibilità;

condannare il Consiglio dell’Unione europea alle spese, e

lasciare alla Repubblica ceca, al Regno di Danimarca, alla Repubblica federale di Germania, all’Irlanda, al Regno di Spagna, alla Repubblica francese, alla Repubblica di Lettonia, al Regno dei Paesi Bassi, al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord nonché al Parlamento europeo l’onere delle rispettive spese.

3)

Sul ricorso nella causa C‑196/12:

dichiarare irricevibile tale ricorso;

condannare la Commissione europea alle spese, e

lasciare al Regno di Spagna, alla Repubblica federale di Germania, al Regno dei Paesi Bassi, al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord nonché al Parlamento europeo l’onere delle rispettive spese.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) C-40/10, Racc. pag. I-12043.

( 3 ) Regolamento che adegua con effetto dal 1o luglio 2009 le retribuzioni e le pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione europea ed i coefficienti correttori applicati alle retribuzioni e pensioni (GU L 348, pag. 10).

( 4 ) GU L 56, pag. 1.

( 5 ) GU L 124, pag. 1.

( 6 ) GU L 311, pag. 1, in prosieguo: lo «Statuto».

( 7 ) Documento del Consiglio n. 17946/10 ADD 1, del 17 dicembre 2010.

( 8 ) Relazione della Commissione al Consiglio sulla clausola di eccezione (allegato XI, articolo 10, dello Statuto) [COM (2011) 440 def.; in prosieguo: la «relazione sulla clausola di eccezione»].

( 9 ) Documento del Consiglio 16281/11, del 31 ottobre 2011 (decisione adottata mediante procedimento scritto conclusosi il 4 novembre 2011).

( 10 ) Comunicazione della Commissione al Consiglio che fornisce informazioni supplementari in merito alla relazione della Commissione sulla clausola di eccezione del 13 luglio 2011 [COM(2011) 829 def., in prosieguo: la «comunicazione»].

( 11 ) Proposta di regolamento del Consiglio che adegua con effetto dal 1o luglio 2011 le retribuzioni e le pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione europea ed i coefficienti correttori applicati alle retribuzioni e pensioni [COM(2011) 820 def.; in prosieguo: la «proposta di regolamento»].

( 12 ) Decisione 2011/866/UE concernente la proposta della Commissione di regolamento del Consiglio che adegua con effetto dal 1o luglio 2011 le retribuzioni e le pensioni dei funzionari e degli altri agenti dell’Unione europea e i coefficienti correttori applicati alle retribuzioni e pensioni (GU L 341, pag. 54; in prosieguo: la «decisione controversa»).

( 13 ) Si tratta della Repubblica ceca, del Regno di Danimarca, della Repubblica federale di Germania, del Regno di Spagna, del Regno dei Paesi Bassi nonché del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.

( 14 ) L’Irlanda, la Repubblica francese e la Repubblica di Lettonia.

( 15 ) Si tratta dei seguenti Stati membri: il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, il Granducato di Lussemburgo, il Regno dei Paesi Bassi e il Regno Unito. Nella stessa disposizione è previsto, dopo tale elenco, che il Consiglio, deliberando su proposta della Commissione conformemente all’articolo 65, paragrafo 3, dello Statuto, può adottare un nuovo campione che rappresenti almeno il 75% del prodotto interno lordo (PIL) dell’Unione e che sarà d’applicazione a decorrere dall’anno successivo all’adozione.

( 16 ) Il Consiglio cita le sentenze della Corte dell’11 novembre 1981, IBM/Commissione (60/81, Racc. pag. 2639), e del Tribunale del 10 luglio 1990, Automec/Commissione (T-64/89, Racc. pag. II-367).

( 17 ) La Corte ha ripetutamente dichiarato che l’Unione di diritto si fonda sull’istituzione di un sistema completo di rimedi giurisdizionali e di procedimenti inteso ad affidare alla Corte il controllo della legittimità degli atti delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione [v., in particolare, sentenza del 14 giugno 2012, CIVAD (C‑533/10, punto 32 e la giurisprudenza ivi citata)].

( 18 ) V. sentenze del 18 novembre 1970, Chevalley/Commissione (15/70, Racc. pag. 975, punto 6), e del 26 novembre 1996, T. Port (C-68/95, Racc. pag. I-6065, punto 59), nonché ordinanza del 1o ottobre 2004, Pérez Escolar/Commissione (C‑379/03 P, punto 15). Tali decisioni ne deducono che i singoli, che possono proporre un ricorso di annullamento avverso un atto di un’istituzione di cui non sono destinatari, quando tale atto li riguarda direttamente e individualmente, devono poter proporre un ricorso per carenza contro un’istituzione che abbia omesso di adottare un atto che li avrebbe riguardati allo stesso modo.

( 19 ) V. sentenza del 22 maggio 1985, Parlamento/Consiglio (13/83, Racc. pag. 1513, punto 36).

( 20 ) A differenza del Trattato CECA che, nel definire la carenza come «l’implicita decisione di rifiuto che si presume derivare [dal] silenzio» (articolo 35), ne faceva una modalità particolare di ricorso di annullamento, il Trattato CE ha conferito autonomia al ricorso per carenza definendolo come diretto a «far constatare» la violazione del Trattato conseguente all’astensione dal pronunciarsi (articolo 175 del Trattato CE, divenuto articolo 232 CE, divenuto a sua volta articolo 265 TFUE).

( 21 ) Tali effetti non sono sostanzialmente diversi e sono del resto precisati da un’unica disposizione, ossia l’articolo 266, primo comma, TFUE, che impone all’istituzione contestata di «prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea comporta». Tuttavia, mentre l’annullamento di un atto comporta l’espunzione immediata e retroattiva di tale atto dall’ordinamento giuridico, la constatazione della carenza da parte dell’istituzione, senza comportare un cambiamento immediato della situazione giuridica, obbliga l’istituzione interessata ad emanare l’atto che la stessa si è rifiutata di adottare.

( 22 ) Su tale questione, v., in particolare, la tesi di Berrod, F., La systématique des voies de droit communautaires, Dalloz, Parigi, 2003; Ritleng, D., Pour une systématique des contentieux au profit d’une protection juridictionnelle effective,«Mélanges en hommage à Guy Isaac: 50 ans de droit communautaire», PU Tolosa, 2004, pag. 735, e Lenaerts, K., La systémique des voies de recours dans l’ordre juridique de l’Union européenne,«Mélanges en hommage à Georges Vandersanden», Bruylant, Bruxelles, 2008, pag. 257.

( 23 ) V., in proposito, la tesi di Berrod,. F., op. cit., n. 388, pag. 356, e n. 392, pag. 359. Tale autore sintetizza la tensione dialettica esistente tra i due ricorsi menzionando il «nesso consustanziale» che li unisce, pur sottolineando che esiste, nondimeno, un’«autonomia esistenziale» del ricorso per carenza rispetto al ricorso di annullamento.

( 24 ) V. sentenza del 13 ottobre 2011, Deutsche Post e Germania/Commissione (C-463/10 P e C-475/10 P, Racc. pag. I-9639, punto 36 e la giurisprudenza ivi citata).

( 25 ) V. ordinanza del 14 maggio 2012, Sepracor Pharmaceuticals (Ireland)/Commissione (C‑477/11 P, punto 51 e la giurisprudenza ivi citata).

( 26 ) V. sentenza del 5 dicembre 1963, Henricot e a./Alta Autorità (23/63, 24/63 e 52/63, Racc. pag. 439, pag. 455).

( 27 ) V., in particolare, sentenza IBM/Commissione, cit., punto 10, nonché ordinanza Sepracor Pharmaceuticals (Ireland)/Commissione, cit., punti 55 e 56.

( 28 ) Ordinanza del Tribunale del 15 maggio 1997, Berthu/Commissione (T-175/96, Racc. pag. II-811, punti 21 e 22).

( 29 ) V. ordinanza Sepracor Pharmaceuticals (Ireland)/Commissione, cit., punto 58, e la giurisprudenza ivi citata.

( 30 ) V. sentenze IBM/Commissione, cit., punto 12, nonché del Tribunale del 21 giugno 2012, Spagna/Commissione (T‑264/10 e T‑266/10, punto 13).

( 31 ) V. sentenza del 16 febbraio 1993, ENU/Commissione (C-107/91, Racc. pag. I-599, punto 10 e la giurisprudenza ivi citata).

( 32 ) Va osservato in particolare che, a causa dell’assimilazione, nel Trattato CECA, del silenzio a una decisione implicita di rigetto, si è verificato un effetto contagio per ricomprendere attraverso il ricorso per carenza qualsiasi decisione di rigetto, anche esplicita. V., su tale questione, Soldatos, P., «L’introuvable recours en carence devant la Cour de justice des Communautés européennes», Cahiers de droit européen, 1969, pagg. 316 e segg.

( 33 ) V., in particolare, sentenze del 23 febbraio 1961, De Gezamenlijke Steenkolenmijnen in Limburg/Alta Autorità (30/59, Racc. pag. 1), del 15 dicembre 1988, Irish Cement/Commissione (166/86 e 220/86, Racc. pag. 6473), sul rigetto di una denuncia contro la concessione di un aiuto, del 9 dicembre 2004, Commissione/Greencore (C-123/03 P, Racc. pag. I-11647), sul rifiuto della Commissione di pagare interessi moratori sull’importo rimborsato di un’ammenda, e del 18 novembre 2010, NDSHT/Commissione (C-322/09 P, Racc. pag. I-11911), sulla decisione di rifiuto di avviare un procedimento di indagine formale in materia di aiuti di Stato.

( 34 ) 302/87 (Racc. pag. 5615).

( 35 ) Punto 17.

( 36 ) V. Simon, D., Le système juridique communautaire, PUF, Paris, 2a ed., 1998, n. 379, pag. 402.

( 37 ) V. sentenza NDSHT/Commissione, cit., punti da 44 a 56.

( 38 ) V. sentenza dell’8 marzo 1972, Nordgetreide/Commissione (42/71, Racc. pag. 105, punto 5), vertente sul rifiuto, da parte della Commissione, di modificare l’elenco dei prodotti ai quali poteva essere applicato il meccanismo degli importi compensativi. V., nello stesso senso, sentenza del 24 novembre 1992, Buckl e a./Commissione (C-15/91 e C-108/91, Racc. pag. I-6061, punto 22), riguardante il rifiuto, da parte della Commissione, di ripristinare un prelievo applicato all’importazione di taluni prodotti agricoli. V. anche ordinanze del 6 aprile 2006, GISTI/Commissione (C‑408/05 P, punto 10), nonché del 15 dicembre 2011, Altner/Commissione (C‑411/11 P, punto 7, e la giurisprudenza ivi citata), relative al rifiuto della Commissione di avviare un procedimento per inadempimento. Quest’ultima ordinanza spiega l’assenza del ricorso di annullamento avverso tale rifiuto con l’esclusione del ricorso individuale avverso gli atti che la Commissione può essere indotta ad adottare nell’ambito del procedimento per inadempimento disciplinato dall’articolo 258 TFUE, in quanto tali atti sono rivolti agli Stati membri e non a singoli destinatari. In genere, vengono addotte altre due spiegazioni per escludere siffatto ricorso, ossia l’assenza di effetti giuridici vincolanti dei pareri motivati emanati dalla Commissione e il potere discrezionale riconosciuto alla Commissione, sia per valutare la sussistenza dell’inadempimento che per avviare il procedimento per inadempimento. Quest’ultima spiegazione mi sembra fondata su una confusione tra condizione di ricevibilità e condizione di merito. Infatti, l’esistenza di un potere discrezionale in capo all’istituzione in questione dovrebbe non già comportare l’irricevibilità del ricorso di annullamento (in caso di rigetto esplicito di una domanda con cui è proposta un’azione per inadempimento) o per carenza (in caso di una mancata presa di posizione a seguito di una diffida a promuovere un’azione per inadempimento), bensì renderlo infondato, impedendo che l’atto o l’astensione dell’istituzione siano considerati illegittimi.

( 39 ) La sentenza Buckl e a./Commissione, cit., menziona una valutazione in funzione della «natura» della domanda, mentre la sentenza Nordgetreide/Commissione, cit., ne analizza l’«oggetto».

( 40 ) V., in particolare, sentenza del 10 dicembre 2002, Commissione/Camar e Tico (C-312/00 P, Racc. pag. I-11355), relativa a un ricorso di annullamento avverso il rifiuto della Commissione di adottare un regolamento in attuazione dell’articolo 16, paragrafo 3, del regolamento (CEE) n. 404/93 del Consiglio, del 13 febbraio 1993, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore della banana (GU L 47, pag. 1), al fine di adeguare il contingente tariffario di cui all’articolo 18 del regolamento n. 404/93 per far fronte agli effetti sulla produzione di banane in Somalia delle inondazioni eccezionali rilevate nel 1997 e nel 1998.

( 41 ) V. sentenza del 13 luglio 1971, Deutscher Komponistenverband/Commissione (8/71, Racc. pag. 705, punto 2). Questa formulazione è stata ripresa, tale e quale, nelle citate sentenze Irish Cement/Commissione, punto 17; Buckl e a./Commissione, punto 17, e ENU/Commissione, punto 10. V. anche ordinanza del Tribunale del 17 novembre 2010, Victoria Sánchez/Parlamento e Commissione (T‑61/10, punto 38).

( 42 ) C-301/90, Racc. pag. I-221.

( 43 ) Punto 14.

( 44 ) Al punto 11 delle conclusioni presentate nella causa che ha dato luogo alla suddetta sentenza, l’avvocato generale Jacobs chiarisce che, anche se può sembrare inusuale chiedere l’annullamento di un regolamento in quanto il medesimo non contiene una disposizione particolare, il problema, in sostanza, è lo stesso «sia che un regolamento venga ritenuto illecito perché contiene una disposizione particolare sia che venga contestato perché non la contiene». Tali chiarimenti non mi convincono del tutto. In un caso di specie come questo, l’illegittimità non riguarda il regolamento adottato che non è, di per sé, illegittimo, ma deriva da un’omessa pronuncia. Peraltro, l’adozione di una disposizione diversa da ciò che è stato richiesto e la mancata adozione di una disposizione mi sembrano due cose diverse. Assimilare la seconda alla prima presuppone che l’astensione parziale dal pronunciarsi su una domanda sia ritenuta un rifiuto implicito, il che non mi sembra possibile per la ragione menzionata al paragrafo 105 delle presenti conclusioni.

( 45 ) V. ordinanza del 13 dicembre 2000, Sodima/Commissione (C-44/00 P, Racc. pag. I-11231, punto 24). V. anche sentenza Commissione/Greencore, cit., punto 45, nonché ordinanze del Tribunale del 24 marzo 2011, Internationaler Hilfsfonds/Commissione (T-36/10, Racc. pag. II-1403, punto 38), e del 13 novembre 2012, ClientEarth e a./Commissione (T‑278/11, punto 32). Queste due ordinanze offrono un esempio eloquente di disposizione che equipara la mancata risposta di un’istituzione nel termine prescritto a una risposta negativa. Si tratta dell’articolo 8, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, pag. 43), in cui si prevede che, in assenza di risposta nei termini da parte dell’istituzione a una domanda di conferma dell’accesso a un documento «la domanda s’intende respinta». Tuttavia, l’ambito privilegiato di questo tipo di sistema rimane il diritto della funzione pubblica, sebbene si riscontri in altri ambiti. V., per un’illustrazione diversificata dell’argomento, Mariatte, F., e Muñoz, R., Contentieux de l’Union européenne / 2 – Carence – Responsabilité, Lamy Axe droit, Paris, 2011, pag. 29.

( 46 ) Sentenza Commissione/Greencore, cit., punto 45. Non sono a conoscenza di decisioni della Corte o del Tribunale che applichino tale eccezione constatando la sussistenza di circostanze eccezionali.

( 47 ) C-27/04, Racc. pag. I-6649.

( 48 ) Articolo 126, paragrafi 8 e 9, TFUE.

( 49 ) Punto 32 di detta sentenza.

( 50 ) C-76/01 P, Racc. pag. I-10091.

( 51 ) Punti 58 e 59.

( 52 ) Punto 64.

( 53 ) Sentenza del 17 luglio 2008, Athinaïki Techniki/Commissione (C-521/06 P, Racc. pag. I-5829, punto 42).

( 54 ) La comunicazione e la proposta di regolamento.

( 55 ) V. titolo del motivo principale che figura tra i punti 38 e 39 del ricorso della Commissione.

( 56 ) La Commissione cita, in materia di aiuti di Stato, le sentenze del 29 ottobre 1980, Roquette Frères/Consiglio (138/79, Racc. pag. 3333, punto 25), del 17 novembre 1987, British American Tobacco e Reynolds Industries/Commissione (142/84 e 156/84, Racc. pag. 4487, punto 62), del 10 marzo 1992, Ricoh/Consiglio (C-174/87, Racc. pag. I-1335, punto 68), e del 15 giugno 1993, Matra/Commissione (C-225/91, Racc. pag. I-3203, punto 25), nonché, in materia di dumping, la sentenza del Tribunale del 28 ottobre 1999, EFMA/Consiglio (T-210/95, Racc. pag. II-3291, punto 57).

( 57 ) Il Consiglio fa riferimento, a titolo esemplificativo, alla sentenza del 10 luglio 2008, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala (C-413/06 P, Racc. pag. I-4951).

( 58 ) Il Consiglio si riferisce, da un lato, alle previsioni della DG «Affari economici e finanziari» del marzo 2011, menzionando una previsione di riduzione della retribuzione in 17 dei 19 Stati membri interessati e, dall’altro, al documento Eurostat A65/11/12 del marzo 2011, intitolato «Forecast of the trend in purchasing power of national officials to July 2011».

( 59 ) Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria nella zona euro [COM(2011) 819 def.] e proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulle disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro [COM(2011) 821 def.].

( 60 ) Riprendo la terminologia proposta da K. Lenaerts nella sua tesi intitolata «Le juge et la constitution aux États‑Unis d’Amérique et dans l’ordre juridique européen», Bruylant, Bruxelles, 1988, n. 298, pag. 343.

( 61 ) V., per un’analisi di tali conflitti sotto il profilo della ripartizione e della regolamentazione dei rapporti di potere tra istituzioni, Lenaerts, K., op. cit., nn. da 295 a 307, pagg. 340 e segg.

( 62 ) Dal 1972 si sono succeduti cinque metodi in forza delle seguenti disposizioni, ossia la decisione del Consiglio del 20 e 21 marzo 1972; la decisione 81/1061/Euratom, CECA, CEE del Consiglio, del 15 dicembre 1981, che modifica il metodo di adeguamento delle retribuzioni dei funzionari e altri agenti delle Comunità (GU L 386, pag. 6); la decisione 87/530/Euratom, CECA, CEE del Consiglio del 20 ottobre 1987, che completa il metodo di adeguamento delle retribuzioni dei funzionari e altri agenti delle Comunità (GU L 307, pag. 40); il regolamento (CECA, CEE, Euratom) n. 3830/91 del Consiglio, del 19 dicembre 1991, che modifica lo Statuto dei funzionari delle Comunità europee, nonché il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità per quanto riguarda le modalità di adeguamento delle retribuzioni (GU L 361, pag. 1); il regolamento (CE, Euratom) n. 2181/2003 del Consiglio, dell’8 dicembre 2003, relativo a provvedimenti transitori per la riforma dello Statuto del personale, in particolare per quanto riguarda retribuzioni e pensioni (GU L 327, pag. 1), nonché il regolamento (CE, Euratom) n. 723/2004 del Consiglio, del 22 marzo 2004, che modifica lo Statuto dei funzionari delle Comunità europee e il regime applicabile agli altri agenti di dette Comunità (GU L 124, pag. 1).

( 63 ) Punto 63 di tale sentenza.

( 64 ) Punto 71 di detta sentenza.

( 65 ) 81/72, Racc. pag. 575. Al punto 9 di tale sentenza, la Corte ha dichiarato che, «con la decisione 21 marzo 1972, il Consiglio, statuendo in forza dei poteri attribuitigli dall’art. 65 dello Statuto in materia di retribuzioni del personale, ha assunto degli obblighi che si è impegnato ad osservare per il periodo da esso indicato».

( 66 ) 70/74, Racc. pag. 795. Al punto 20 di tale sentenza, la Corte ha stabilito che, «[c]on la decisione 20‑21 marzo 1972, (…) il Consiglio ha inteso vincolarsi per un certo periodo, ai fini dell’attuazione dell’art. 65 [dello Statuto], all’osservanza di determinati criteri».

( 67 ) Punto 74 di detta sentenza.

( 68 ) Punto 75 della medesima sentenza.

( 69 ) Sentenza del 24 novembre 2010, Commissione/Consiglio, cit., punto 77.

( 70 ) Ibidem, punto 79.

( 71 ) Ibidem, punto 80.

( 72 ) Le discussioni tra la Commissione e il Consiglio presentano tutte le caratteristiche di un dialogo tra sordi.

( 73 ) A titolo esemplificativo, il suddetto articolo 10 avrebbe potuto prevedere il ricorso alla clausola di eccezione «qualora il Consiglio [o il Parlamento] ritenga che sussista una crisi economica grave e improvvisa».

( 74 ) Punto 78 di tale sentenza.

( 75 ) Punto 79 di detta sentenza.

( 76 ) Lenaerts, K., op. cit., n. 305, pag. 354.

( 77 ) V., in tal senso, la tesi di Ritleng, D., «Le contrôle de la légalité des actes communautaires par la Cour de justice et le Tribunal de première instance des Communautés européennes», 1998, n. 683, pag. 583.

( 78 ) V. sentenza del 21 giugno 1988, ISA e a./Commissione (32/87, 52/87 e 57/87, Racc. pag. 3305, punto 8 e la giurisprudenza ivi citata).

( 79 ) V., in tal senso, sentenze del Tribunale del 15 dicembre 1994, Unifruit Hellas/Commissione (T-489/93, Racc. pag. II-1201, punto 84), e del 14 dicembre 2011, Nycomed Danmark/EMA (T-52/09, Racc. pag. II-8133, punto 103). V., anche, la tesi di Ritleng, D., op. cit., n. 193, pag. 182.

( 80 ) V., in tal senso, sentenza del 15 maggio 2008, Spagna/Consiglio (C-442/04, Racc. pag. I-3517, punto 49 e la giurisprudenza ivi citata).

( 81 ) V. sentenza del 1o luglio 2008, Chronopost e La Poste/UFEX e a. (C-341/06 P e C-342/06 P, Racc. pag. I-4777, punto 143 e la giurisprudenza ivi citata), nonché ordinanza del 25 aprile 2002, DSG/Commissione (C-323/00 P, Racc. pag. I-3919, punto 43).

( 82 ) Punto 4, pag. 5.

( 83 ) Punto 4.2, pag. 7.

( 84 ) Idem.

( 85 ) Crescita del PIL, domanda interna, scorte, esportazioni nette, consumo privato, consumo pubblico, investimento totale, inflazione (IPCA) nell’Unione.

( 86 ) Bilancio delle pubbliche amministrazioni e indebitamento pubblico nell’Unione.

( 87 ) Occupazione complessiva, tasso di disoccupazione e retribuzione dei lavoratori nell’Unione.

( 88 ) Indicatore del clima economico e aspettative occupazionali nell’Unione.

( 89 ) Punto 1, sesto comma, pag. 3.

( 90 ) Punto 3, quarto comma, pag. 11.

( 91 ) Punto 3, nono comma, pag. 12.

( 92 ) Tale sfasamento si spiega col fatto che, conformemente alle disposizioni dell’articolo 1, paragrafi 2 e 4, dell’allegato XI dello Statuto, l’indice internazionale di Bruxelles tiene conto dell’evoluzione constatata tra il mese di giugno dell’anno precedente e il mese di giugno dell’anno in corso e che gli indicatori specifici stabiliti da Eurostat ripercorrono l’andamento delle retribuzioni reali dei funzionari nazionali delle amministrazioni centrali tra il mese di luglio dell’anno precedente e il mese di luglio dell’anno in corso. La Corte, al punto 70 della suddetta sentenza, ha preso in considerazione tale sfasamento, rilevando che l’andamento retributivo negli Stati membri riscontrato tra il mese di luglio dell’anno precedente e il mese di luglio dell’anno in corso rifletteva le decisioni riguardanti la retribuzione dei funzionari adottate dalle autorità di detti Stati membri alla luce della situazione economica prevalente durante tale periodo.

( 93 ) V. punto 40 della controreplica del Consiglio nella causa C‑63/12.

( 94 ) V. paragrafo 251 delle presenti conclusioni.

( 95 ) V. relazione sulla clausola di eccezione, punto 5.2.5, quinto comma, pag. 23.

( 96 ) Al considerando 8 della decisione controversa, il Consiglio rileva che la crisi finanziaria «ha reso necessari adeguamenti di bilancio sostanziali, tra l’altro adeguamenti delle retribuzioni dei funzionari, in un gran numero di Stati membri».

( 97 ) Posizione in vista dell’adozione del regolamento (UE) n. .../2013 del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica lo [S]tatuto dei funzionari e il regime applicabile agli altri agenti dell’Unione europea.

( 98 ) V. articolo 1, punto 53, di tale posizione che modifica l’allegato XI dello Statuto introducendo una nuova clausola di eccezione (nuovo articolo 11). Se l’andamento del PIL si colloca tra il ‑0,1% e il ‑1 %, il 33% del valore dell’indice specifico viene preso in considerazione immediatamente, mentre il restante 67% viene rinviato al 1o aprile dell’anno n + 1; se l’andamento del PIL si colloca tra il ‑1% e il ‑3%, la presa in considerazione del valore dell’indice viene totalmente rinviata al 1o aprile dell’anno n + 1; infine, se il PIL diminuisce di oltre il 3%, non viene effettuata alcuna rivalutazione fintantoché l’aumento cumulato del PIL, calcolato a partire dall’anno in corso, non diviene nuovamente positivo. Il considerando 4 della suddetta posizione precisa che tale clausola automatica di crisi ha lo scopo di «ovviare alle difficoltà legate all’applicazione del metodo in passato».

( 99 ) Secondo le statistiche Eurostat, nel 2011 il tasso di crescita del PIL reale dell’Unione è salito all’1,6% [prospetto relativo al tasso di crescita del PIL reale (in volume), consultabile online all’indirizzo http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/product_details/dataset?p_product_code=tec00115].

( 100 ) V., in tal senso, sentenze della Corte del 26 febbraio 2002, Consiglio/Boehringer (C-23/00 P, Racc. pag. I-1873, punti 51 e 52), e del 23 marzo 2004, Francia/Commissione (C-233/02, Racc. pag. I-2759, punto 26), nonché del Tribunale del 25 aprile 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione (T‑526/10, punto 20).

( 101 ) V., in particolare, paragrafi da 46 a 53 delle conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 7 marzo 2013, Svizzera/Commissione (C‑547/10 P), nonché Bouveresse, A., «Recevabilité et moyens d’annulation», nota al TUE, 24 aprile 2013, causa T‑256/10, Revue Europe, com. 257.

( 102 ) V. paragrafi da 123 a 127 delle presenti conclusioni.

( 103 ) Preciso che gli argomenti sviluppati dall’Irlanda e dalla Repubblica francese non sono idonei a rimettere in discussione tale conclusione.

( 104 ) V. articolo 250 TFUE.

( 105 ) Documento del Consiglio 18771/11, del 16 dicembre 2011 (allegato B. 7 del controricorso della Commissione nella causa C‑66/12).

( 106 ) Documento del Consiglio 18665/11, del 16 dicembre 2011 (allegato B. 8 del controricorso della Commissione nella causa C‑66/12).

( 107 ) Si tratta del Regno del Belgio, della Repubblica ellenica, della Repubblica italiana, del Granducato di Lussemburgo, della Repubblica di Polonia e della Repubblica portoghese.

( 108 ) V. articolo 3, paragrafo 3, del Protocollo (n. 36), summenzionato.

( 109 ) Si tratta del comitato per l’occupazione e del comitato per la protezione sociale.

( 110 ) Va osservato che l’articolo 218, paragrafo 11, TFUE, relativo a richieste di pareri alla Corte circa la compatibilità di un accordo previsto con i Trattati, non menziona neppure la regola della maggioranza speciale.

( 111 ) Osserverò, in particolare, che il principio della separazione dei poteri si presenta, nel sistema istituzionale dell’Unione, con una configurazione diversa da quella esistente nell’ordinamento giuridico interno. V., in tal senso, Georgopoulos, T., «Doctrine de séparation des pouvoirs et intégration européenne», La prise de décision dans le système de l’Union européenne, 2011, pag. 3.

( 112 ) Sentenza del 22 maggio 1990, Parlamento/Consiglio (C-70/88, Racc. pag. I-2041, punto 26).

( 113 ) Ibidem, punto 14.

( 114 ) Articolo 13, paragrafo 2, TUE.

( 115 ) Sentenze del 29 settembre 1998, Commissione/Germania (C-191/95, Racc. pag. I-5449, punto 48), e del 13 dicembre 2001, Commissione/Francia (C-1/00, Racc. pag. I-9989, punto 80).

( 116 ) L’articolo 128, paragrafo 3, seconda frase, di tale regolamento interno prevede che, all’inizio della tornata successiva, il presidente del Parlamento «può» sottoporre all’Aula la decisione in merito al mantenimento del ricorso.

( 117 ) C-426/93, Racc. pag. I-3723.

( 118 ) Punto 18.

( 119 ) Sentenza Commissione/Germania, cit., punto 37.

( 120 ) Sentenza dell’11 settembre 2003, Commissione/Consiglio (C-211/01, Racc. pag. I-8913, punto 52).

( 121 ) Sentenze della Corte Commissione/Germania, cit., punto 47, del 12 settembre 2006, Reynolds Tobacco e a./Commissione (C-131/03 P, Racc. pag. I-7795, punto 56), nonché del Tribunale del 15 gennaio 2003, Philip Morris International e a./Commissione (T‑377/00, T‑379/00, T‑380/00, T‑260/01 et T-272/01, Racc. pag. II-1, punto 79).

( 122 ) V., in particolare, sentenza del 17 febbraio 2011, Commissione/Cipro (C‑251/09, punti da 13 a 17).