Conclusioni dell avvocato generale

Conclusioni dell avvocato generale

1. La Corte è invitata a pronunciarsi sulla compatibilità con il diritto dell’Unione di un requisito di residenza imposto in Lussemburgo segnatamente ai figli dei lavoratori frontalieri per poter beneficiare di un sussidio agli studi superiori, a prescindere dal luogo in cui essi intendano compiere tali studi.

2. Sebbene la materia sulla quale verte la presente domanda di pronuncia pregiudiziale sia già oggetto di una giurisprudenza costante, la particolarità del caso di specie risiede nel fatto che, da un lato, la controversia principale si svolge in uno Stato membro il cui mercato del lavoro è caratterizzato da una forte presenza di lavoratori frontalieri e, dall’altro, la questione del diritto al finanziamento degli studi superiori viene messa in relazione proprio con i diritti conferiti a detti lavoratori – e non agli studenti in quanto tali – dal diritto dell’Unione.

I – Contesto normativo

A – Diritto dell’Unione

3. L’articolo 7, paragrafi 1 e 2, del regolamento (CEE) n. 1612/68 del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità (2), applicabile al momento dei fatti (3), enuncia quanto segue:

«1. Il lavoratore cittadino di uno Stato membro non può ricevere sul territorio degli altri Stati membri, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello dei lavoratori nazionali per quanto concerne le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato.

2. Egli gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali».

B – Diritto lussemburghese

1. Il sistema di sussidi agli studi superiori in Lussemburgo

4. La legge del 26 luglio 2010 (4), sulla quale è fondato l’attuale sistema lussemburghese di sussidi agli studi superiori, ha modificato il precedente sistema sotto vari aspetti. Tale sussidio può essere chiesto a prescindere dallo Stato in cui il richiedente intenda compiere gli studi superiori.

5. Va rilevato che, secondo la legge del 22 giugno 2000 (5), erano ammissibili al sussidio soltanto i cittadini lussemburghesi e i residenti in Lussemburgo. Originariamente, la legge del 2000 richiedeva che i cittadini lussemburghesi fornissero prova della loro nazionalità (6), mentre i cittadini dell’Unione non lussemburghesi dovevano essere domiciliati in Lussemburgo e rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 7 o dell’articolo 12 del regolamento n. 1612/68. Una legge intervenuta nel 2005 (7) ha corretto tale discriminazione, stabilendo che i cittadini lussemburghesi devono essere domiciliati nel territorio lussemburghese per poter chiedere il beneficio del sussidio. I lavoratori frontalieri che, per definizione, non risiedevano in Lussemburgo, erano esclusi dall’ambito di applicazione della legge del 22 giugno 2000.

6. In vigenza della legge del 22 giugno 2000, il sussidio rivestiva la forma di una borsa di studio e di un prestito, e la proporzione del sussidio finanziario variava «in funzione, da un lato, della situazione economica e sociale dello studente e dei suoi genitori e, dall’altro, delle spese di iscrizione a carico dello studente» (8) . Le modalità di valutazione della situazione economica e sociale dei genitori sono state stabilite con il regolamento granducale del 5 ottobre 2000 (9), il cui articolo 5 prevedeva che l’importo di base del sussidio potesse essere aumentato qualora due o più figli della medesima famiglia compissero gli studi superiori (10) e che il sussidio potesse essere ridotto dell’importo equivalente agli assegni familiari annui nel caso in cui questi ultimi fossero percepiti per lo studente (11) . A termini della legge del 22 giugno 2000, l’importo massimo complessivo erogabile ammontava ad EUR 16 350 per ogni anno accademico (12) e tale importo veniva adeguato annualmente in base alla scala mobile delle retribuzioni (13) .

7. La legge del 26 luglio 2010 costituisce il fondamento normativo dell’attuale sistema di sussidi. Essa prevede che i cittadini dell’Unione soggiornanti conformemente al capo 2 della legge modificata del 29 agosto 2008 sulla libera circolazione delle persone e l’immigrazione nel Granducato di Lussemburgo (14), che ha trasposto nel diritto lussemburghese la direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (15), possono chiedere il sussidio agli studi superiori (16) . L’articolo 6, paragrafo 1, della legge modificata del 29 agosto 2008 enuncia che i cittadini dell’Unione hanno il diritto di soggiornare nel territorio lussemburghese per un periodo superiore a tre mesi qualora esercitino un’attività di lavoro subordinato o autonomo oppure siano iscritti presso un istituto pubblico o privato, autorizzato in Lussemburgo, per seguirvi a titolo principale un corso di studi e dimostrino di disporre di un’assicurazione malattia nonché di risorse sufficienti per sé e per i propri familiari onde evitare oneri a carico del sistema di assistenza sociale (17) .

8. A seguito dell’adozione della legge del 26 luglio 2010, la proporzione del sussidio finanziario erogato sotto forma di borsa di studio o di prestito varia unicamente in funzione della situazione economica e sociale dello studente e delle spese di iscrizione a suo carico (18) . Di conseguenza, il regolamento granducale del 12 novembre 2010 (19), adottato in applicazione della legge del 26 luglio 2010, ha modificato il regolamento granducale del 5 ottobre 2000 sopprimendo tutti i riferimenti ivi contenuti alla situazione dei genitori dello studente richiedente l’aiuto. L’importo massimo del sussidio è di EUR 17 700 per anno accademico (20) . Tale importo non è più indicizzato (21) .

2. La situazione dei lavoratori frontalieri in materia di finanziamento degli studi superiori nel sistema lussemburghese

9. È pacifico che i figli di lavoratori frontalieri non soddisfacevano le condizioni per percepire il sussidio agli studi superiori nemmeno in vigenza della legge del 22 giugno 2000, posto che detta legge richiedeva la residenza in Lussemburgo. Tuttavia, i lavoratori frontalieri rientranti nel sistema lussemburghese di sicurezza sociale percepivano «assegni familiari» per ciascun figlio maggiorenne che compiva gli studi superiori in Lussemburgo o all’estero (22) . Inoltre, i beneficiari di assegni familiari avevano diritto altresì ad un bonus per figlio a carico (EUR 76,88 mensili al 1° gennaio 2009). Gli assegni familiari per studi superiori, vale a dire quelli che continuavano ad essere erogati per i figli di età superiore ai 18 anni, potevano essere corrisposti direttamente a questi ultimi, se ne facevano domanda.

10. La legge del 26 luglio 2010 ha peraltro modificato lo stato della normativa vigente e l’articolo 271, terzo comma, del codice di previdenza sociale (Code de la sécurité sociale) nel senso che, attualmente, il diritto agli assegni familiari per figli maggiorenni viene mantenuto solo per i figli che compiono gli studi di livello secondario o secondario tecnico (e non più superiore) (23), a prescindere dal luogo di studi scelto. Quanto al bonus per figlio a carico, esso viene erogato solo agli studenti che beneficiano del sussidio agli studi superiori, di cui è considerato parte integrante, a condizione che vivano ancora con i genitori (24) . Sembra tuttavia che venga riconosciuto il diritto a sgravi fiscali per i figli che non abbiano beneficiato né del bonus per figlio a carico né del sussidio finanziario dello Stato per studi superiori.

II – Controversia principale e questione pregiudiziale

11. Le sig.re Giersch e Hodin e il sig. Taminiaux sono cittadini belgi. Essi risiedono in Belgio e almeno uno dei rispettivi genitori è un lavoratore frontaliero in Lussemburgo. Il sig. Stemper è cittadino tedesco e risiede in Germania. Suo padre lavora in Lussemburgo, senza tuttavia risiedervi.

12. Le sig.re Giersch e Hodin e il sig. Taminiaux intendono compiere gli studi in Belgio, vale a dire nel loro Stato di residenza, mentre il sig. Stemper intende svolgerli nel Regno Unito. I suddetti quattro figli di lavoratori frontalieri in Lussemburgo hanno tutti presentato una domanda di sussidio finanziario per studi superiori nei mesi di settembre e ottobre 2010.

13. Il Ministro lussemburghese dell’Istruzione superiore e della Ricerca ha respinto le loro domande in quanto essi non risiedono in Lussemburgo, requisito necessario per poter chiedere il beneficio dell’aiuto previsto dalla legge del 26 luglio 2010.

14. Gli interessati hanno tutti proposto, in via principale o subordinata, ricorsi di annullamento contro le decisioni di rigetto di tale Ministro dinanzi al Tribunal administratif du Grand-Duché de Luxembourg, il quale ha precisato che i quattro ricorsi sono esemplificativi di circa 600 altri ricorsi analoghi pendenti.

15. Dinanzi al giudice del rinvio, i ricorrenti nel procedimento principale lamentano l’esistenza di una discriminazione diretta derivante dal fatto che la normativa lussemburghese richiede che i cittadini lussemburghesi siano domiciliati in Lussemburgo, mentre stabilisce che i cittadini non lussemburghesi debbano essere residenti in detto Stato. In subordine, essi concludono per l’esistenza di una discriminazione indiretta ingiustificata, contraria in particolare all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68, in quanto il requisito di residenza potrebbe essere soddisfatto più facilmente dai cittadini nazionali e sarebbe stato prescritto al solo scopo di escludere i lavoratori frontalieri dal beneficio dell’aiuto.

16. Del pari, dinanzi a detto giudice, il Granducato di Lussemburgo nega l’esistenza di qualunque discriminazione e sostiene che, ai sensi del diritto lussemburghese, le nozioni di domicilio e di residenza sono in definitiva equivalenti. Il Granducato di Lussemburgo contesta, peraltro, la qualificazione dell’aiuto statale per studi superiori come «vantaggio sociale» ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68, in quanto esso verrebbe accordato solo agli studenti, considerati in quanto adulti autonomi, a prescindere dalla situazione personale dei loro genitori. In ogni caso, lo scopo perse guito dal sistema lussemburghese di aiuti agli studi superiori, vale a dire aumentare in misura significativa la percentuale di persone residenti in Lussemburgo titolari di un diploma di istruzione superiore – percentuale che sarebbe in calo rispetto alla media europea – giustificherebbe il fatto che solo i residenti possano chiedere il beneficio di detti aiuti. Se il requisito di residenza fosse abolito, ne conseguirebbe che qualsiasi studente senza alcun legame con la società lussemburghese potrebbe beneficiarne per compiere gli studi in qualsivoglia paese. Ciò incoraggerebbe un vero e proprio turismo delle borse di studio e costituirebbe un onere finanziario insostenibile per il Granducato di Lussemburgo, che dovrebbe conseguentemente riconsiderare il principio stesso della portabilità del sussidio.

17. Il giudice del rinvio, dal canto suo, rileva che il sussidio agli studi superiori costituisce un «vantaggio sociale» ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68. Si tratta di un aiuto di mantenimento concesso direttamente agli studenti a carico dei loro genitori. Orbene, secondo la giurisprudenza della Corte, la parità di trattamento sancita dall’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68 riguarda anche i discendenti a carico di un lavoratore migrante o frontaliero (25) .

18. Seguendo l’argomentazione del Granducato di Lussemburgo, il giudice del rinvio nega l’esistenza di una discriminazione diretta basandosi sull’equivalenza, nel diritto nazionale, tra le nozioni di domicilio e di residenza, ma conclude che il sistema di aiuti si fonda su una discriminazione indiretta, vietata dal diritto dell’Unione, in quanto infatti il requisito di residenza, sempre secondo la giurisprudenza della Corte, può essere soddisfatto più facilmente dai cittadini nazionali. Detto giudice osserva che siffatta disparità di trattamento può tuttavia risultare giustificata qualora sia fondata su considerazioni oggettive indipendenti dalla cittadinanza delle persone interessate e proporzionata all’obiettivo legittimamente perseguito dal diritto nazionale. Orbene, il giudice del rinvio si interroga per l’appunto sulla legittimità dei motivi di giustificazione addotti dal Granducato di Lussemburgo.

19. Il Tribunal administratif du Grand-Duché de Luxembourg, nella necessità di fronteggiare una difficoltà d’interpretazione del diritto dell’Unione, ha deciso di sospendere il procedimento e, con decisione di rinvio pervenuta alla cancelleria della Corte il 16 gennaio 2011, ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, la seguente questione pregiudiziale:

«Se, tenuto conto del principio comunitario della parità di trattamento sancito dall’articolo 7 del regolamento n. 1612/68, le considerazioni di politica d’istruzione e di politica di bilancio dedotte dal [Granducato di Lussemburgo], ossia tentare di incoraggiare l’aumento della percentuale di soggetti titolari di un diploma di istruzione superiore, attualmente insufficiente nel confronto internazionale per quanto attiene alla popolazione residente del Lussemburgo, considerazioni che sarebbero gravemente minacciate se [il Granducato di Lussemburgo] dovesse versare il sussidio economico per studi superiori a qualsiasi studente, ancorché privo di qualunque legame con la società del Granducato, per effettuare i propri studi superiori in qualsivoglia paese del mondo, circostanza che comporterebbe un onere irragionevole per il bilancio del [Granducato di Lussemburgo], rappresentino, ai sensi della menzionata giurisprudenza comunitaria, considerazioni idonee a giustificare la disparità di trattamento derivante dall’obbligo di residenza imposto sia ai cittadini lussemburghesi sia ai cittadini di altri Stati membri al fine di ottenere un aiuto per studi superiori».

III – Procedimento dinanzi alla Corte

20. Hanno presentato osservazioni scritte dinanzi alla Corte le sig.re Giersch e Hodin, il sig. Taminiaux, i governi lussemburghese, danese, ellenico, austriaco e svedese nonché la Commissione.

21. All’udienza svoltasi il 28 novembre 2012 hanno formulato osservazioni orali le sig.re Giersch e Hodin, i sigg. Stemper e Taminiaux, i governi lussemburghese, danese, ellenico, austriaco e svedese nonché la Commissione.

IV – Analisi giuridica

22. Al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, suggerisco di affrontare brevemente la questione della qualificazione del sussidio agli studi superiori come «vantaggio sociale» ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68 e il fatto che il requisito di residenza richiesto ai figli di lavoratori transfrontalieri costituisce una discriminazione indiretta. Effettuerò poi il classico controllo svolto dalla Corte in presenza di una disparità di trattamento e risponderò alla questione posta dal giudice del rinvio esaminando non solo la compatibilità con il diritto dell’Unione dei motivi di giustificazione addotti dal governo lussemburghese, ma anche l’adeguatezza e la proporzionalità della clausola di residenza.

A – Sull’ambito di applicazione dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68 e sull’esistenza di una discriminazione

23. È essenziale rilevare preliminarmente che la questione posta dal giudice del rinvio fa riferimento all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68. Tale articolo, secondo la giurisprudenza della Corte, costituisce «l’espressione particolare, nel campo specifico della concessione di vantaggi sociali, della regola della parità di trattamento sancita [all’articolo 45, paragrafo 2, TFUE] e deve essere interpretato come tale ultima disposizione» (26) . Il giudice del rinvio chiede quindi alla Corte di analizzare la situazione di cui al procedimento principale alla luce della libera circolazione dei lavoratori (27) .

1. Il sussidio agli studi superiori percepito dai figli di lavoratori frontalieri costituisce un vantaggio sociale

24. Dinanzi al giudice del rinvio e nel corso del presente procedimento pregiudiziale, il governo lussemburghese ha messo in dubbio che un sussidio agli studi superiori concesso secondo le modalità di cui alla legge del 26 luglio 2010 rientri nella nozione di «vantaggio sociale» ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68.

25. Il giudice del rinvio è partito dal presupposto che, ai sensi dell’articolo 203 del codice civile lussemburghese, i ricorrenti nel procedimento principale dovessero essere considerati a carico del loro genitore lavoratore frontaliero. Esso ha evidentemente tratto siffatta conclusione da due elementi: il fatto che a) detto articolo 203 dispone che «[i] coniugi contraggono congiuntamente, per il solo fatto del matrimonio, l’obbligo di nutrire, mantenere ed allevare i figli» e che b) secondo la giurisprudenza nazionale, sebbene l’obbligo di mantenimento e di educazione cessi di regola nel momento in cui i figli raggiungono la maggiore età, i genitori rimangono tuttavia obbligati a fornire loro, anche successivamente a tale momento, i mezzi per compiere gli studi diretti a prepararli alla professione che intendono esercitare, sempreché si dimostrino idonei a compierli (28) .

26. Ai fini della successiva analisi non si può condividere a priori tale premessa del giudice del rinvio, in quanto, secondo i principi di diritto internazionale privato, tale questione deve essere risolta in base alla legge che definisce lo status personale del soggetto di cui trattasi. Pertanto, il menzionato articolo 203, come interpretato dalla giurisprudenza lussemburghese, è applicabile ai cittadini o ai residenti lussemburghesi in virtù della scelta, da parte dell’ordinamento giuridico di tale paese, di utilizzare un criterio di cittadinanza, di domicilio o di residenza per determinare detto status.

27. D’altro canto, e coerentemente con quanto già affermato, non si può dedurre che i ricorrenti nel procedimento principale non siano a carico del loro genitore lavoratore frontaliero dal fatto che la legge del 26 luglio 2010 prevede che il sussidio viene erogato direttamente agli studenti, che il reddito dei genitori non rileva ai fini della determinazione dell’importo del sussidio e che lo scopo perseguito consiste nel rendere il giovane adulto indipendente dai suoi genitori di modo che possa decidere autonomamente il proprio percorso di studi.

28. Ne consegue che il giudice del rinvio potrà porsi concretamente il problema in merito al quale interroga la Corte solo dopo avere accertato non solo che gli studenti di cui al procedimento principale siano parte della famiglia dei lavoratori frontalieri interessati, ma altresì che questi ultimi li considerino a proprio carico e continuino a provvedere al loro mantenimento, verificando inoltre se tali studenti beneficino nel loro paese, effettivamente o potenzialmente, di una misura comparabile a quella attuata con la legge del 26 luglio 2010.

29. Nell’ipotesi in cui tale valutazione del giudice del rinvio induca a ritenere che i ricorrenti nel procedimento principale siano effettivamente a carico dei loro genitori lavoratori frontalieri, in primo luogo, è sufficiente brevemente rammentare – posto che l’orientamento della Corte al riguardo è talmente costante – che «un sussidio concesso per il mantenimento e la formazione, allo scopo di compiere studi universitari sanciti da un titolo qualificante all’esercizio di un’attività professionale, costituisce un “vantaggio sociale” ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68» (29) e che «il finanziamento degli studi concesso da uno Stato membro ai figli dei lavoratori costituisce, per il lavoratore migrante, un vantaggio [sociale] ai sensi di detto articolo 7, paragrafo 2, quando questi continua a provvedere al mantenimento del figlio» (30) .

30. In secondo luogo, si deve ricordare che se pure, in virtù dell’articolo 7 del regolamento n. 1612/68, un lavoratore cittadino di uno Stato membro diverso da quello in cui egli esercita la sua attività lavorativa gode dei medesimi vantaggi sociali concessi ai lavoratori nazionali, la nozione di «lavoratore» di cui alla menzionata disposizione include i lavoratori frontalieri che possono avvalersene allo stesso titolo di qualsiasi altro lavoratore previsto in tale disposizione (31) . Interpretando l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68, la Corte ha utilizzato indifferentemente le nozioni di lavoratori migranti e frontalieri proprio perché detto regolamento, a differenza di altri testi di diritto derivato (32), non tratta in modo diverso queste due categorie di lavoratori che hanno esercitato la loro libertà di circolazione.

31. In terzo luogo, la circostanza che l’aiuto venga concesso direttamente allo studente figlio di un lavoratore frontaliero non influisce in alcun modo sulla qualificazione come vantaggio sociale, atteso che la Corte ha dichiarato che i familiari di un lavoratore migrante o frontaliero «fruiscono indirettamente della parità di trattamento spettante al lavoratore», sempre che siano a suo carico (33), e che, «poiché la concessione del sussidio al figlio di un lavoratore migrante costituisce per il lavoratore migrante un vantaggio sociale, il figlio può avvalersi direttamente dell’art. 7, n. 2, [del regolamento n. 1612/68] per ottenere detto sussidio se, in forza del diritto nazionale, questo viene concesso direttamente allo studente» (34) .

32. Il giudice del rinvio ha quindi giustamente considerato che il sussidio agli studi superiori costituisce un «vantaggio sociale» ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68 e che i figli a carico dei lavoratori frontalieri hanno il diritto di avvalersi dinanzi ad esso del principio di non discriminazione ivi sancito.

2. Il requisito di residenza è indirettamente discriminatorio

33. Risulta da una giurisprudenza costante che l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68 vieta, al pari dell’articolo 45 TFUE, non soltanto le discriminazioni palesi basate direttamente sulla cittadinanza, ma anche qualsiasi discriminazione dissimulata che, pur fondandosi su altri criteri di riferimento, pervenga al medesimo risultato (35) .

34. Il requisito di residenza, secondo il giudice del rinvio, si applica indifferentemente ai cittadini lussemburghesi e ai cittadini di altri Stati membri, in quanto detto giudice ha ritenuto, interpretando il proprio diritto nazionale, che i requisiti di domicilio e di soggiorno fossero di fatto equivalenti. In tali circostanze, l’imposizione ai cittadini di altri Stati membri di un requisito di residenza non è direttamente discriminatoria.

35. Tuttavia, detto requisito di residenza è tale da «operare principalmente a danno dei lavoratori migranti e dei lavoratori frontalieri cittadini di altri Stati membri, considerato che i non residenti, nella maggior parte dei casi, sono stranieri» (36) . È «indifferente che la misura [di cui trattasi] colpisca, eventualmente, allo stesso modo tanto i cittadini nazionali che non sono in grado di rispettare detto criterio quanto i cittadini degli altri Stati membri» (37) . Infine, la Corte ha riconosciuto che, per quel che riguarda l’accesso al finanziamento portabile, la situazione del lavoratore migrante che esercita la sua attività nello Stato erogante, ma risiede in un altro Stato membro, può essere paragonata a quella di un cittadino dello Stato erogante che risieda e lavori in detto Stato (38) .

36. La disparità di trattamento risultante dall’imposizione di un requisito di residenza agli studenti figli di lavoratori frontalieri costituisce dunque una discriminazione indiretta, in linea di principio vietata, a meno che non sia obiettivamente giustificata, sia idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo di cui trattasi e non ecceda quanto necessario per conseguirlo (39) .

B – Sulla legittimità dell’obiettivo perseguito

37. Da un lato, per giustificare il trattamento differenziato dei lavoratori frontalieri con riguardo alla concessione del sussidio agli studi superiori, il governo lussemburghese invoca un obiettivo che esso definisce «politico» o «sociale», consistente nell’aumentare in misura significativa la percentuale di residenti in Lussemburgo titolari di un diploma di istruzione superiore. Tale percentuale sarebbe attualmente del 28% (40), ossia nettamente inferiore alla percentuale di titolari di analoghi diplomi in Stati comparabili. Il governo lussemburghese considera necessario raggiungere la quota del 66% di titolari di un diploma di istruzione superiore nella popolazione residente di età compresa fra i 30 e i 34 anni, perché ciò gli consente di fare fronte all’esigenza, sempre più pressante, di assicurare il passaggio dell’economia lussemburghese ad un’economia della conoscenza.

38. La cerchia dei beneficiari dell’aiuto è circoscritta ai soli residenti lussemburghesi in quanto solo detti residenti presenterebbero un legame con la società lussemburghese tale da far presumere che, dopo aver usufruito della possibilità di finanziare i propri studi, eventualmente seguiti all’estero, offerta dal sistema di aiuti lussemburghesi, essi rientreranno in Lussemburgo per mettere le conoscenze così acquisite al servizio di uno sviluppo della sua economia nel senso sopra indicato.

39. Dall’altro lato, il governo lussemburghese sostiene che tale obiettivo, correlato alla politica nazionale in materia di istruzione, non può essere considerato distinto dall’obiettivo economico. La limitazione ai soli residenti lussemburghesi del beneficio dell’aiuto agli studi superiori sarebbe necessaria per garantire il finanziamento del sistema. La Corte ha già riconosciuto che uno Stato membro possa vigilare affinché la concessione di aiuti a copertura delle spese di mantenimento di studenti provenienti da altri Stati membri non diventi un onere irragionevole in grado di produrre conseguenze sul livello globale dell’aiuto che potrebbe essere concesso da tale Stato. Il governo lussemburghese si richiama alla sentenza Bidar (41), che considera rilevante per la presente causa, e sostiene che, qualora il requisito di residenza fosse soppresso, esso sarebbe obbligato a versare il sussidio a tutti gli studenti privi di qualunque legame personale con la società lussemburghese, il che porrebbe a suo carico un onere irragionevole.

40. Da parte mia, sono convinto che i due obiettivi possano essere mantenuti distinti. È vero che la determinazione dei beneficiari di un vantaggio sociale incide logicamente sull’onere economico gravante sullo Stato che concede tale vantaggio. Una politica in materia di istruzione – poiché sembra effettivamente trattarsi di questo – viene necessariamente perseguita con vari strumenti che implicano inevitabilmente un costo. Tuttavia, per adottare una tale politica, che risulta essere discriminatoria, non è sufficiente affermare che occorre fare fronte a costi considerevoli. Si deve dimostrare che essa è fortemente necessaria e che i costi sono così elevati che renderebbero impossibile l’attuazione di detta politica.

1. Sull’obiettivo di portare al 66% la percentuale di residenti in Lussemburgo titolari di un diploma di istruzione superiore

41. Rilevo che tale obiettivo non è contestato di per sé dalle parti interessate che sono intervenute nel presente procedimento.

42. L’aumento del numero di persone titolari di un diploma di istruzione superiore costituisce chiaramente un obiettivo di interesse generale. Le stesse istituzioni dell’Unione hanno intrapreso un certo numero di azioni in tal senso e hanno evidenziato il rapporto tra il livello di formazione dei singoli, l’accesso all’impiego e la crescita economica dell’Unione. Nella sua comunicazione dal titolo «Europa 2020: Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva» (42), la Commissione fissava come obiettivo per il 2020 un tasso di abbandono scolastico ridotto al 10% ed una percentuale di giovani laureati almeno del 40% (43) . Essa proponeva in particolare che gli Stati membri traducessero tale obiettivo in un obiettivo nazionale (44) . Il conseguimento di detto obiettivo dovrebbe contribuire alla modernizzazione dei mercati occupazionali, ad aumentare la partecipazione al mercato del lavoro e a conciliare meglio l’offerta e la domanda di manodopera, temi considerati prioritari dalla Commissione ai fini di un’uscita rapida ed efficace dal periodo di crisi che l’Unione sta attraversando (45) .

43. Il Consiglio dell’Unione europea aveva già fatto proprio tale obiettivo nelle sue conclusioni del 12 maggio 2009 su un quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione («ET 2020») (46), definendo il livello di riferimento per i risultati registrati mediamente in Europa, con riguardo ai diplomi di istruzione superiore, ad almeno il 40% delle persone di età compresa fra i 30 e i 34 anni (47) .

44. Anche in seguito il Consiglio ha continuato a ricordare l’importanza di tale obiettivo. Nel 2010 esso osservava che, «[p]er innalzare le aspirazioni e aumentare l’accesso degli studenti provenienti da contesti svantaggiati all’istruzione superiore occorre rafforzare i programmi di sostegno finanziario e altri incentivi e migliorarne la concezione[, in quanto p]restiti per studenti abbordabili, accessibili, adeguati e trasferibili, come pure contributi in funzione del reddito, possono aumentare efficacemente il tasso di partecipazione di coloro che non possono sostenere i costi dell’istruzione superiore» (48) . Prevedendo l’evoluzione del mercato del lavoro a livello europeo, il Consiglio sottolineava, peraltro, che «[n]egli anni venturi un numero crescente di posti di lavoro richiederà qualifiche di alto livello, ma nell’UE la percentuale di persone in possesso di un diploma d’istruzione superiore o di qualifica equivalente è attualmente inferiore rispetto ai paesi concorrenti» (49) . Esso aveva formulato tale osservazione con riguardo a tutti gli Stati membri, vale a dire sia quelli il cui mercato del lavoro è caratterizzato da una forte presenza di lavoratori frontalieri, sia gli altri. Infine, nella sua agenda europea rinnovata per l’apprendimento degli adulti, che fissa gli obiettivi prioritari per il periodo 2012-2014, il Consiglio ha definito gli sforzi che si chiede agli Stati membri di compiere proprio al fine di «portare al 40% la percentuale di giovani in possesso di qualifiche dell’istruzione terziaria o di livello equivalente» (50) .

45. L’azione sopra descritta a favore di un accesso più generalizzato all’istruzione superiore rientra, in ogni caso, esclusivamente nella competenza di sostegno di cui l’Unione dispone nel settore dell’istruzione e della formazione professionale (51) . In altre parole, in mancanza di armonizzazione a livello europeo, occorre riconoscere agli Stati membri un ampio margine di discrezionalità per definire gli obiettivi della loro politica in materia di istruzione e stabilire le condizioni per la concessione di un sussidio agli studi superiori (52) .

46. A mio avviso, il passaggio ad un’economia della conoscenza, invocato dal governo lussemburghese nelle sue osservazioni scritte (53), costituisce uno degli obiettivi lasciati alla discrezionalità degli Stati membri. La situazione economica del Lussemburgo è storicamente atipica. Da un’economia basata sull’industria mineraria e sulle acciaierie, il Lussemburgo ha compiuto una transizione, a seguito della loro scomparsa, verso uno sviluppo dell’occupazione nel settore bancario e finanziario; successivamente, tale settore è stato fortemente minacciato, anche prima della crisi finanziaria – e lo è tuttora – dall’azione intrapresa a livello dell’Unione per ridurre drasticamente i vantaggi di cui godeva il sistema bancario lussemburghese rispetto ai sistemi bancari degli altri Stati membri. Orbene, è perfettamente comprensibile che uno Stato membro adotti una politica in materia di istruzione diretta ad aumentare il livello di qualifica delle risorse umane disponibili aventi una vocazione ragionevolmente prevedibile a contribuire alla riconversione dell’economia nazionale, al fine di attirare ed offrire una più ampia gamma di servizi nel suo territorio.

47. Non vi è quindi alcun dubbio che un’azione intrapresa da uno Stato membro per assicurare un livello elevato di formazione della sua popolazione residente persegua un obiettivo legittimo che può essere considerato un motivo imperativo di interesse generale.

2. Sull’obiettivo di evitare un onere irragionevole avente ripercussioni sul livello globale dei sussidi agli studi superiori

48. Quanto all’obiettivo economico, per quel che riguarda la giustificazione parallela fondata sulla messa a rischio delle capacità di finanziamento del sistema, è giocoforza constatare che si tratta di un argomento invocato reiteratamente dagli Stati membri dinanzi alla Corte. Inoltre, il richiamo alla citata sentenza Bidar non appare convincente.

49. Mi limiterò a ricordare, infatti, che la situazione di cui al procedimento principale viene esaminata qui alla luce della libera circolazione dei lavoratori e che si tratta di stabilire se la normativa nazionale leda i diritti conferiti ai lavoratori frontalieri dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Nella citata causa Bidar, la Corte era invitata a prendere posizione sulla compatibilità di un requisito di residenza richiesto ai cittadini europei economicamente non attivi affinché potessero beneficiare di un sussidio agli studi. Si tratta di una differenza fondamentale che la Corte non ha mancato di sottolineare nella sua sentenza Commissione/Paesi Bassi (54) .

50. Infatti, analizzando i motivi di giustificazione addotti dal Regno dei Paesi Bassi, la Corte ha affermato anzitutto che, «sebbene considerazioni di bilancio possano costituire il fondamento delle scelte di politica sociale di uno Stato membro e possano influenzare la natura ovvero la portata dei provvedimenti di tutela sociale che esso intende adottare, esse non costituiscono tuttavia di per sé un obiettivo perseguito da tale politica e non possono, pertanto, giustificare una discriminazione» (55) . La Corte ha nondimeno proseguito la sua analisi esaminando l’obiettivo di evitare un onere irragionevole (obiettivo economico). La parte convenuta riteneva anch’essa di poter dedurre dalle citate sentenze Bidar e Förster che gli Stati membri potessero legittimamente esigere dai beneficiari di un sussidio agli studi superiori la prova di un «certo grado di integrazione». Tuttavia, la Corte ha tenuto a sottolineare la differenza fondamentale tra le cause Bidar e Förster e la citata causa Commissione/Paesi Bassi, differenza consistente nel fatto che, nel primo caso, si trattava di cittadini economicamente non attivi che non erano familiari di lavoratori ai sensi del diritto dell’Unione, mentre nel secondo caso la situazione veniva esaminata dal punto di vista del lavoratore migrante o frontaliero avente un figlio a carico che intendeva compiere gli studi superiori e aveva chiesto di beneficiare di un sussidio a tali studi erogato dallo Stato in cui il genitore svolgeva la sua attività lavorativa.

51. La Corte ha dichiarato che, «[a]nche se la facoltà che la Corte riconosce agli Stati membri, fatto salvo il rispetto di talune condizioni, di esigere dai cittadini degli altri Stati membri un certo livello di integrazione nelle loro società al fine di poter beneficiare dei vantaggi sociali, come i sussidi finanziari all’istruzione, non è limitata alle situazioni in cui i richiedenti il sussidio di cui trattasi siano cittadini economicamente inattivi, la previsione di un requisito di residenza [di tre anni sui sei precedenti la domanda di sussidio agli studi superiori] per dimostrare l’integrazione richiesta sarebbe, in linea di principio, inappropriata riguardo ai lavoratori migranti e frontalieri» (56) . Per quanto concerne questi ultimi, «il fatto di aver avuto accesso al mercato del lavoro di uno Stato membro determina, in linea di principio , il nesso di integrazione sufficiente nella società di detto Stato, idoneo a consentir loro di avvalersi in tale Stato del principio della parità di trattamento rispetto ai lavoratori nazionali con riferimento ai vantaggi di natura sociale» (57) . La Corte ne ha tratto la conclusione che l’obiettivo di evitare un onere irragionevole, invocato in relazione alla concessione di un vantaggio sociale ai lavoratori frontalieri, non può costituire un obiettivo legittimo.

52. Per tale motivo, l’obiettivo di bilancio invocato dal Lussemburgo non può costituire di per sé un motivo atto a giustificare una disparità di trattamento tra i lavoratori lussemburghesi e i lavoratori di altri Stati membri. In ogni caso, come si è rilevato al paragrafo 38 delle presenti conclusioni, il problema non è giustificare la discriminazione lamentata dai ricorrenti nel procedimento principale in considerazione dei notevoli costi che implicherebbe la soppressione del requisito discriminatorio, bensì verificare se lo scopo economico perseguito – la transizione verso un’economia della conoscenza –, per il quale il Granducato di Lussemburgo ha stabilito tale pratica discriminatoria, sia non solo seriamente, ma anche effettivamente perseguito, e se i costi per evitare detta pratica sarebbero talmente elevati da rendere impossibile il conseguimento di tale scopo. Spetta ovviamente al giudice del rinvio verificare entrambe le circostanze per accertare, ove necessario, l’esistenza di un elemento che rafforzi ulteriormente il motivo di giustificazione costituito dall’obiettivo sociale perseguito.

C – Sull’adeguatezza e proporzionalità del requisito di residenza

53. Un provvedimento tale da restringere la libera circolazione dei lavoratori sancita dall’articolo 45 TFUE ed attuata attraverso l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68 può essere validamente giustificato soltanto se è idoneo a garantire la realizzazione dell’obiettivo legittimo perseguito e non eccede quanto necessario per raggiungerlo (58), ed è proprio ciò che occorre verificare.

54. La questione dell’adeguatezza e proporzionalità del criterio utilizzato dal governo lussemburghese per perseguire l’obiettivo legittimo è la più delicata. A tale proposito, nella fattispecie si pongono due serie di problemi. Da un lato, le varie parti intervenute nel presente procedimento hanno tratto conclusioni opposte dalla citata sentenza Commissione/Paesi Bassi, in particolare riguardo al grado di integrazione che gli Stati membri potrebbero o meno esigere dai beneficiari di un sussidio agli studi superiori. Desidero quindi chiarire tale sentenza su questo punto. Dall’altro, nel caso di specie mancano alcune informazioni essenziali, di modo che, a mio avviso, difficilmente la Corte potrà pronunciarsi definitivamente sull’adeguatezza e proporzionalità della normativa nazionale. Nel contesto della presente causa, e proprio per tenere conto delle specificità del sistema – e soprattutto del mercato del lavoro – lussemburghese, occorre approfondire un certo numero di elementi. È quindi opportuno richiamare su di essi l’attenzione del giudice del rinvio.

1. A proposito della sentenza Commissione/Paesi Bassi

55. Allorché, nella citata sentenza Commissione/Paesi Bassi, la Corte ha esaminato il motivo di legittimazione cosiddetto «sociale», relativo all’obiettivo di promuovere la mobilità degli studenti, essa lo ha effettivamente considerato un motivo imperativo di interesse generale (59) . La parte convenuta ha poi tentato di dimostrare l’adeguatezza e proporzionalità del requisito di residenza dei tre anni sui sei ultimi anni precedenti alla domanda da essa imposto adducendo che si trattava di garantire che solo gli studenti di cui occorreva favorire la mobilità beneficiassero del finanziamento: lo Stato erogante si attendeva che gli studenti che percepivano detto sussidio facessero ritorno in detto Stato per risiedervi e lavorarvi, dopo aver terminato gli studi (60) . La Corte ha quindi ammesso che tali elementi «tendono a riflettere la situazione della maggior parte degli studenti» (61) riconoscendo così l’adeguatezza del requisito di residenza per tre anni sui sei ultimi anni precedenti alla domanda ai fini della realizzazione dell’obiettivo di promuovere la mobilità degli studenti (62) . Tuttavia, il medesimo requisito di ammissibilità al finanziamento portabile degli studi superiori concesso dai Paesi Bassi presentava, secondo la Corte, «un carattere eccessivamente esclusivo» ed essa ha dichiarato che, «imponendo periodi specifici di residenza sul territorio dello Stato membro interessato, [il requisito della residenza per tre anni sui sei ultimi anni precedenti alla domanda] privilegia un elemento che non è necessariamente l’unico rappresentativo del grado reale di collegamento tra l’interessato e detto Stato membro» (63) . La Corte ha concluso che non era stato dimostrato che la regola in questione non eccedesse quanto necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito.

56. Così, da un’attenta lettura di tale sentenza risulta che la Corte valuta diversamente il criterio di un «certo grado di integrazione» a seconda che lo si applichi ad un obiettivo legittimo di natura economica o ad un obiettivo legittimo di natura sociale (64) .

57. Infatti, quando si tratta di limitare il numero di beneficiari di un sussidio agli studi superiori per motivi economici, invocando la sostenibilità del finanziamento di tale sussidio, la Corte basa la propria analisi sulla nozione di lavoratori migranti o frontalieri e rileva che essi sono per natura, per il solo fatto di avere avuto accesso al mercato del lavoro dello Stato erogante, economicamente integrati nella società di detto Stato, che essi partecipano al finanziamento delle sue politiche sociali e che, pertanto, è inappropriato imporre un requisito di residenza di tre anni per poter beneficiare di un vantaggio di tipo sociale.

58. Per contro, quando si tratta di limitare la cerchia dei beneficiari di un sussidio agli studi superiori per motivi di ordine sociale, la Corte esamina la situazione prendendo come punto di riferimento non più il lavoratore al quale è riconosciuta, per sé come per i suoi familiari, una parità di trattamento riguardo alla concessione di vantaggi sociali, bensì lo studente stesso. In altre parole, l’integrazione economica del genitore lavoratore frontaliero non significa necessariamente e automaticamente integrazione sociale dei suoi familiari. Peraltro, la terminologia utilizzata dalla Corte non è la medesima, dato che essa non parla più di un «certo grado di integrazione» (65) e menziona invece un «grado reale di collegamento» (66) . Il punto focale dell’analisi non è più il lavoratore e i suoi collegamenti con la società dello Stato di occupazione, ma lo studente stesso. Pertanto, mentre il requisito di residenza di tre anni è stato ritenuto inappropriato per verificare l’integrazione economica del lavoratore frontaliero, questo medesimo requisito è stato ritenuto adeguato dalla Corte per accertare il collegamento sociale dello studente. La Corte sembra inoltre avere ammesso che il beneficio di un sussidio poteva essere riservato agli studenti che sarebbero probabilmente tornati nello Stato erogante per stabilirvisi e ha quindi riconosciuto il nesso tra la residenza dello studente nel momento in cui egli chiede il sussidio e le prospettive di «ritorno» offerte. Essa ha tuttavia dichiarato, in definitiva, che il requisito di residenza di tre anni era in contrasto con il diritto dell’Unione in quanto sproporzionato, proprio perché esigere un periodo di residenza di tre anni su sei – e soltanto questo – costituiva una condizione troppo restrittiva per stabilire un grado reale di collegamento.

2. Sull’adeguatezza del requisito di residenza

59. Il problema consiste dunque nello stabilire, alla luce delle suesposte considerazioni, se il requisito di residenza richiesto ai figli di lavoratori frontalieri dal Granducato di Lussemburgo per poter chiedere il beneficio del sussidio agli studi superiori sia idoneo a far sorgere una ragionevole probabilità di ritorno, che detto Stato ha considerato necessaria per la realizzazione dell’obiettivo legittimo perseguito.

60. La risposta è insita nella formulazione stessa dell’obiettivo. Qualora la Corte riconoscesse – accogliendo il mio suggerimento – che lo Stato lussemburghese possa legittimamente adottare misure atte a favorire l’accesso della sua popolazione residente all’istruzione superiore, nella prospettiva che tale popolazione, più di ogni altra, potrà integrarsi nel mercato del lavoro lussemburghese una volta terminati gli studi e quindi arricchirlo, essa dovrebbe logicamente ammettere che un requisito di residenza è idoneo a garantire il conseguimento di detto obiettivo, in quant o riserva il beneficio del sussidio ai soli residenti lussemburghesi.

3. Sulla proporzionalità del requisito di residenza

61. Il requisito di residenza in discussione nella causa Commissione/Paesi Bassi, citata, che era prescritto solo ai fini del finanziamento di studi superiori perseguiti al di fuori dei Paesi Bassi (67), veniva considerato soddisfatto se il richiedente dell’aiuto poteva dimostrare di avere risieduto ininterrottamente in detto Stato per tre anni sugli ultimi sei precedenti la domanda. Come si è già rilevato, dalla citata sentenza Commissione/Paesi Bassi risulta che la Corte non intendeva esentare i figli di lavoratori frontalieri dall’obbligo di dimostrare un collegamento con la società dello Stato di occupazione del loro genitore nel caso in cui essi chiedano, in tale Stato, un aiuto portabile per gli studi superiori. Essa ha tuttavia affermato chiaramente che un requisito di residenza di tre anni non può essere considerato dagli Stati membri l’unico elemento rappresentativo di tale collegamento.

62. Occorre quindi esaminare il requisito di residenza imposto dal Lussemburgo alla luce di tale valutazione. La questione centrale è se solo un requisito di previa residenza possa garantire al Granducato di Lussemburgo un minimo di «ritorno sull’investimento», per così dire, una ragionevole probabilità che i beneficiari dell’aiuto torneranno in Lussemburgo per stabilirvisi e mettersi a disposizione del suo mercato del lavoro, così da contribuire alla nuova dinamica economica del paese. Ai fini di tale valutazione, ritengo utile indicare al giudice del rinvio due serie di analisi.

63. Il giudice del rinvio dovrebbe anzitutto verificare che il criterio applicato dalle autorità nazionali per statuire su una domanda di residenza, in mancanza del periodo minimo richiesto, non sia puramente formale, bensì sufficiente a determinare una ragionevole probabilità che il richiedente sia disponibile ad inserirsi nella vita economica e sociale lussemburghese.

64. La seconda analisi che suggerisco al giudice del rinvio di svolgere si ricollega al fatto che il sussidio agli studi superiori previsto dalla normativa lussemburghese è un aiuto portabile e, in quanto tale, può essere utilizzato al di fuori del paese erogante, con la conseguenza che gli studenti che ne beneficiano possono essere attirati dal mercato del lavoro del paese in cui compiono gli studi. Tale elemento implica che il fatto in sé di essere residente al momento della domanda di sussidio agli studi superiori non comporta una sufficiente, ragionevole probabilità di ritorno nello Stato erogante. Per ritenere che il ricorso a tale criterio sia proporzionato allo scopo perseguito occorre verificare se l’obiettivo della trasformazione dell’economia lussemburghese in un’economia della conoscenza – e, pertanto, un’economia che propone servizi ampiamente intesi – sia stato effettivamente corredato da azioni pubbliche dirette a sviluppare concretamente nuove prospettive di occupazione in tal senso, non solo nei settori in cui il Lussemburgo offre possibilità di formazione superiore, ma anche negli altri settori, dato che, per accertare il rispetto del criterio di proporzionalità, non è sufficiente verificare le caratteristiche del singolo provvedimento e dell’obiettivo perseguito, ma occorre esaminare altresì le modalità concrete per conseguire tale obiettivo.

65. Pertanto, per l’insieme dei motivi sopra esposti, ritengo che spetti al giudice del rinvio valutare, dopo avere esaminato tutti i necessari elementi rilevanti di cui la Corte attualmente non dispone, l’adeguatezza e la proporzionalità del requisito di residenza imposto dalla legge del 26 luglio 2010 ai figli di lavoratori frontalieri che chiedano un sussidio agli studi superiori.

V – Conclusione

66. In base alle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere come segue alla questione sottopostale dal Tribunal administratif du Grand-Duché de Luxembourg:

«L’obiettivo di aumentare la percentuale di persone residenti titolari di un diploma di istruzione superiore costituisce un obiettivo legittimo idoneo a giustificare, con riguardo all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1612/68 del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità, e all’articolo 45 TFUE, una discriminazione indiretta. Spetta al giudice del rinvio verificare, dopo avere esaminato tutti i necessari elementi rilevanti, e in particolare quelli sui quali si è precedentemente richiamata la sua attenzione, se il requisito di residenza imposto dalla legge del 26 luglio 2010 ai figli di lavoratori frontalieri che chiedano un sussidio agli studi superiori sia adeguato e non ecceda quanto necessario per conseguire l’obiettivo legittimo perseguito».

(1) .

(2)  – GU L 257, pag. 2.

(3)  – Il regolamento n. 1612/68 è stato abrogato dal regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione (GU L 141, pag. 1). L’articolo 7, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 492/2011 ha ripreso, a diritto invariato, il contenuto dell’articolo 7, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1612/68.

(4)  – Mémorial A 2010, pag. 2040.

(5)  – Mémorial A 2000, pag. 1106.

(6)  – Articolo 2, lettera a), della legge del 22 giugno 2000.

(7)  – V. articolo unico della legge del 4 aprile 2005 di modifica della legge del 22 giugno 2000, relativa al sussidio finanziario dello Stato per studi superiori ( Mémorial A 2005).

(8)  – Articolo 4 della legge del 22 giugno 2000.

(9)  – Mémorial A 2000, pag. 2548.

(10)  – Articolo 5, paragrafo 4, primo trattino, del regolamento granducale del 5 ottobre 2000.

(11)  – Articolo 5, paragrafo 4, secondo trattino, del regolamento granducale del 5 ottobre 2000.

(12)  – Articolo 3 della legge del 22 giugno 2000. Tale importo include l’aiuto sotto forma di prestito.

(13)  – Articolo 5, paragrafo 3, del regolamento granducale del 5 ottobre 2000.

(14)  – Mémorial 2008, pag. 2024 (per il testo coordinato, v. Mémorial A 2012, pag. 874).

(15)  – GU L 158, pag. 77.

(16)  – Articolo 2 della legge del 26 luglio 2010.

(17)  – V. articolo 6, paragrafo 1, punti 1 e 3, della legge del 29 agosto 2008.

(18)  – Articolo 4 della legge del 26 luglio 2010.

(19)  – Mémorial A 2010, pag. 3430.

(20)  – Articolo 3 della legge del 22 giugno 2000, come modificata dalla legge del 26 luglio 2010. Tale importo include l’aiuto sotto forma di prestito.

(21)  – L’articolo 4 del regolamento granducale del 12 novembre 2010 ha abrogato l’articolo 5 del regolamento granducale del 5 ottobre 2000.

(22)  – V. articolo 3, paragrafo 2, della legge del 19 giugno 1985 relativa agli assegni familiari e all’istituzione della Cassa nazionale delle prestazioni familiari (Mémorial A 1985, pag. 680).

(23)  – V. articolo V, paragrafo 2, della legge del 26 luglio 2010. L’assegno familiare ammonta ad EUR 234,12 mensili, ossia EUR 2 809,44 all’anno, per ciascun figlio [v. articolo 272, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 2, del codice di previdenza sociale].

(24)  – Articolo II, paragrafo 1, della legge del 26 luglio 2010.

(25)  – Il giudice del rinvio richiama in particolare la sentenza del 26 febbraio 1992, Bernini (C-3/90, Racc. pag. I-1071).

(26)  – V. sentenza dell’11 settembre 2007, Hendrix (C-287/05, Racc. pag. I-6909, punto 53 e la giurisprudenza ivi citata).

(27)  – Per tale motivo, la presente causa si distingue chiaramente dalla situazione di cui alle cause Bidar [sentenza del 15 marzo 2005 (C-209/03, Racc. pag. I-2119)] e Förster [sentenza del 18 novembre 2008 (C-158/07, Racc. pag. I-8507)], dal momento che si trattava allora di stabilire i diritti di cittadini economicamente non attivi.

(28)  – V. punto 3 delle spiegazioni relative all’articolo 203 del codice civile lussemburghese.

(29)  – Sentenza del 14 giugno 2012, Commissione/Paesi Bassi (C-542/09, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

(30)  – Sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit. (punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

(31)  – Sentenza Hendrix, cit. (punto 47 e giurisprudenza ivi citata). Si veda anche il quarto considerando del regolamento n. 1612/68.

(32)  – V., in particolare, regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166, pag. 1).

(33)  – Sentenza Bernini, cit. (punto 26).

(34)  – Sentenze Bernini, cit. (punto 26); dell’8 giugno 1999, Meeusen (C-337/97, Racc. pag. I-3289, punto 22), e del 5 maggio 2011, Commissione/Germania (C-206/10, Racc. pag. I-3573, punto 36).

(35)  – Sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit. (punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

(36)  – Ibidem (punto 38).

(37)  – Idem.

(38)  – Ibidem (punto 44).

(39)  – Ibidem (punto 55).

(40)  – Nelle sue osservazioni scritte, il governo lussemburghese indica il 39,5% delle persone di età compresa tra 24 e 29 anni (la percentuale dei titolari di un diploma di istruzione superiore tra i cittadini lussemburghesi è dell’ordine del 22%, considerate tutte le fasce di età senza distinzioni).

(41)  – Sentenza del 15 marzo 2005 (C-209/03, Racc. pag. I-2119, punto 56).

(42)  – COM(2010) 2020 def. del 3 marzo 2010.

(43)  – Ibidem (pagg. 5 e 12).

(44)  – Ibidem (pag. 5).

(45)  – Comunicazione della Commissione citata (pag. 5). V. anche comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Una strategia per nuove competenze e per l’occupazione: un contributo europeo verso la piena occupazione» [COM(2010) 682 def. del 23 novembre 2010].

(46)  – GU C 119, pag. 2.

(47)  – Ibidem (allegato I).

(48)  – Conclusioni del Consiglio dell’11 maggio 2010 sulla dimensione sociale dell’istruzione e della formazione (GU C 135, pag. 2).

(49)  – Conclusioni del Consiglio del 19 novembre 2010 sull’iniziativa Youth on the move - un approccio integrato in risposta alla sfide cui sono confrontati i giovani (GU C 326, pag. 9).

(50)  – V. allegato della risoluzione del Consiglio su un’agenda europea rinnovata per l’apprendimento degli adulti (GU C 372, pag. 1).

(51)  – Articoli 6 TFUE e 165 TFUE.

(52) – V. nel medesimo senso, paragrafo 139 delle conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa che ha dato luogo alla sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit.

(53)  – Punto 28 di dette osservazioni.

(54)  – Sentenza cit. (punti 60 e segg.).

(55)  – Ibidem (punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

(56) – Ibidem (punto 63). Il corsivo è mio.

(57)  – Ibidem (punto 65). Il corsivo è mio.

(58)  – Ibidem (punto 73).

(59)  – Ibidem (punti 70 e segg.).

(60)  – Ibidem (punti 76 e 77).

(61)  – Ibidem (punto 78).

(62)  – Ibidem (punto 79).

(63)  – Ibidem (punto 86). Il corsivo è mio.

(64)  – V. paragrafi 50 e segg. delle presenti conclusioni.

(65)  – O un certo livello di integrazione (v. punti 61 e 63 della sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit.).

(66)  – Sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit. (punto 86).

(67)  – V. paragrafo 14 delle conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa che ha dato luogo alla sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit.


CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 7 febbraio 2013 ( 1 )

Causa C-20/12

Elodie Giersch,

Benjamin Marco Stemper,

Julien Taminiaux,

Xavier Renaud Hodin,

Joëlle Hodin

contro

État du Grand-Duché de Luxembourg

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal administratif du Grand-Duché de Luxembourg (Lussemburgo)]

«Libera circolazione dei lavoratori — Parità di trattamento — Vantaggi sociali — Sussidio finanziario per studi superiori — Requisito di residenza — Discriminazione indiretta — Obiettivo consistente nell’aumentare la percentuale di persone titolari di un diploma di istruzione superiore — Adeguatezza e proporzionalità del requisito di residenza»

1. 

La Corte è invitata a pronunciarsi sulla compatibilità con il diritto dell’Unione di un requisito di residenza imposto in Lussemburgo segnatamente ai figli dei lavoratori frontalieri per poter beneficiare di un sussidio agli studi superiori, a prescindere dal luogo in cui essi intendano compiere tali studi.

2. 

Sebbene la materia sulla quale verte la presente domanda di pronuncia pregiudiziale sia già oggetto di una giurisprudenza costante, la particolarità del caso di specie risiede nel fatto che, da un lato, la controversia principale si svolge in uno Stato membro il cui mercato del lavoro è caratterizzato da una forte presenza di lavoratori frontalieri e, dall’altro, la questione del diritto al finanziamento degli studi superiori viene messa in relazione proprio con i diritti conferiti a detti lavoratori – e non agli studenti in quanto tali – dal diritto dell’Unione.

I – Contesto normativo

A – Diritto dell’Unione

3.

L’articolo 7, paragrafi 1 e 2, del regolamento (CEE) n. 1612/68 del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità ( 2 ), applicabile al momento dei fatti ( 3 ), enuncia quanto segue:

«1.   Il lavoratore cittadino di uno Stato membro non può ricevere sul territorio degli altri Stati membri, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello dei lavoratori nazionali per quanto concerne le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato.

2.   Egli gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali».

B – Diritto lussemburghese

1. Il sistema di sussidi agli studi superiori in Lussemburgo

4.

La legge del 26 luglio 2010 ( 4 ), sulla quale è fondato l’attuale sistema lussemburghese di sussidi agli studi superiori, ha modificato il precedente sistema sotto vari aspetti. Tale sussidio può essere chiesto a prescindere dallo Stato in cui il richiedente intenda compiere gli studi superiori.

5.

Va rilevato che, secondo la legge del 22 giugno 2000 ( 5 ), erano ammissibili al sussidio soltanto i cittadini lussemburghesi e i residenti in Lussemburgo. Originariamente, la legge del 2000 richiedeva che i cittadini lussemburghesi fornissero prova della loro nazionalità ( 6 ), mentre i cittadini dell’Unione non lussemburghesi dovevano essere domiciliati in Lussemburgo e rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 7 o dell’articolo 12 del regolamento n. 1612/68. Una legge intervenuta nel 2005 ( 7 ) ha corretto tale discriminazione, stabilendo che i cittadini lussemburghesi devono essere domiciliati nel territorio lussemburghese per poter chiedere il beneficio del sussidio. I lavoratori frontalieri che, per definizione, non risiedevano in Lussemburgo, erano esclusi dall’ambito di applicazione della legge del 22 giugno 2000.

6.

In vigenza della legge del 22 giugno 2000, il sussidio rivestiva la forma di una borsa di studio e di un prestito, e la proporzione del sussidio finanziario variava «in funzione, da un lato, della situazione economica e sociale dello studente e dei suoi genitori e, dall’altro, delle spese di iscrizione a carico dello studente» ( 8 ). Le modalità di valutazione della situazione economica e sociale dei genitori sono state stabilite con il regolamento granducale del 5 ottobre 2000 ( 9 ), il cui articolo 5 prevedeva che l’importo di base del sussidio potesse essere aumentato qualora due o più figli della medesima famiglia compissero gli studi superiori ( 10 ) e che il sussidio potesse essere ridotto dell’importo equivalente agli assegni familiari annui nel caso in cui questi ultimi fossero percepiti per lo studente ( 11 ). A termini della legge del 22 giugno 2000, l’importo massimo complessivo erogabile ammontava ad EUR 16 350 per ogni anno accademico ( 12 ) e tale importo veniva adeguato annualmente in base alla scala mobile delle retribuzioni ( 13 ).

7.

La legge del 26 luglio 2010 costituisce il fondamento normativo dell’attuale sistema di sussidi. Essa prevede che i cittadini dell’Unione soggiornanti conformemente al capo 2 della legge modificata del 29 agosto 2008 sulla libera circolazione delle persone e l’immigrazione nel Granducato di Lussemburgo ( 14 ), che ha trasposto nel diritto lussemburghese la direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE ( 15 ), possono chiedere il sussidio agli studi superiori ( 16 ). L’articolo 6, paragrafo 1, della legge modificata del 29 agosto 2008 enuncia che i cittadini dell’Unione hanno il diritto di soggiornare nel territorio lussemburghese per un periodo superiore a tre mesi qualora esercitino un’attività di lavoro subordinato o autonomo oppure siano iscritti presso un istituto pubblico o privato, autorizzato in Lussemburgo, per seguirvi a titolo principale un corso di studi e dimostrino di disporre di un’assicurazione malattia nonché di risorse sufficienti per sé e per i propri familiari onde evitare oneri a carico del sistema di assistenza sociale ( 17 ).

8.

A seguito dell’adozione della legge del 26 luglio 2010, la proporzione del sussidio finanziario erogato sotto forma di borsa di studio o di prestito varia unicamente in funzione della situazione economica e sociale dello studente e delle spese di iscrizione a suo carico ( 18 ). Di conseguenza, il regolamento granducale del 12 novembre 2010 ( 19 ), adottato in applicazione della legge del 26 luglio 2010, ha modificato il regolamento granducale del 5 ottobre 2000 sopprimendo tutti i riferimenti ivi contenuti alla situazione dei genitori dello studente richiedente l’aiuto. L’importo massimo del sussidio è di EUR 17 700 per anno accademico ( 20 ). Tale importo non è più indicizzato ( 21 ).

2. La situazione dei lavoratori frontalieri in materia di finanziamento degli studi superiori nel sistema lussemburghese

9.

È pacifico che i figli di lavoratori frontalieri non soddisfacevano le condizioni per percepire il sussidio agli studi superiori nemmeno in vigenza della legge del 22 giugno 2000, posto che detta legge richiedeva la residenza in Lussemburgo. Tuttavia, i lavoratori frontalieri rientranti nel sistema lussemburghese di sicurezza sociale percepivano «assegni familiari» per ciascun figlio maggiorenne che compiva gli studi superiori in Lussemburgo o all’estero ( 22 ). Inoltre, i beneficiari di assegni familiari avevano diritto altresì ad un bonus per figlio a carico (EUR 76,88 mensili al 1o gennaio 2009). Gli assegni familiari per studi superiori, vale a dire quelli che continuavano ad essere erogati per i figli di età superiore ai 18 anni, potevano essere corrisposti direttamente a questi ultimi, se ne facevano domanda.

10.

La legge del 26 luglio 2010 ha peraltro modificato lo stato della normativa vigente e l’articolo 271, terzo comma, del codice di previdenza sociale (Code de la sécurité sociale) nel senso che, attualmente, il diritto agli assegni familiari per figli maggiorenni viene mantenuto solo per i figli che compiono gli studi di livello secondario o secondario tecnico (e non più superiore) ( 23 ), a prescindere dal luogo di studi scelto. Quanto al bonus per figlio a carico, esso viene erogato solo agli studenti che beneficiano del sussidio agli studi superiori, di cui è considerato parte integrante, a condizione che vivano ancora con i genitori ( 24 ). Sembra tuttavia che venga riconosciuto il diritto a sgravi fiscali per i figli che non abbiano beneficiato né del bonus per figlio a carico né del sussidio finanziario dello Stato per studi superiori.

II – Controversia principale e questione pregiudiziale

11.

Le sig.re Giersch e Hodin e il sig. Taminiaux sono cittadini belgi. Essi risiedono in Belgio e almeno uno dei rispettivi genitori è un lavoratore frontaliero in Lussemburgo. Il sig. Stemper è cittadino tedesco e risiede in Germania. Suo padre lavora in Lussemburgo, senza tuttavia risiedervi.

12.

Le sig.re Giersch e Hodin e il sig. Taminiaux intendono compiere gli studi in Belgio, vale a dire nel loro Stato di residenza, mentre il sig. Stemper intende svolgerli nel Regno Unito. I suddetti quattro figli di lavoratori frontalieri in Lussemburgo hanno tutti presentato una domanda di sussidio finanziario per studi superiori nei mesi di settembre e ottobre 2010.

13.

Il Ministro lussemburghese dell’Istruzione superiore e della Ricerca ha respinto le loro domande in quanto essi non risiedono in Lussemburgo, requisito necessario per poter chiedere il beneficio dell’aiuto previsto dalla legge del 26 luglio 2010.

14.

Gli interessati hanno tutti proposto, in via principale o subordinata, ricorsi di annullamento contro le decisioni di rigetto di tale Ministro dinanzi al Tribunal administratif du Grand-Duché de Luxembourg, il quale ha precisato che i quattro ricorsi sono esemplificativi di circa 600 altri ricorsi analoghi pendenti.

15.

Dinanzi al giudice del rinvio, i ricorrenti nel procedimento principale lamentano l’esistenza di una discriminazione diretta derivante dal fatto che la normativa lussemburghese richiede che i cittadini lussemburghesi siano domiciliati in Lussemburgo, mentre stabilisce che i cittadini non lussemburghesi debbano essere residenti in detto Stato. In subordine, essi concludono per l’esistenza di una discriminazione indiretta ingiustificata, contraria in particolare all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68, in quanto il requisito di residenza potrebbe essere soddisfatto più facilmente dai cittadini nazionali e sarebbe stato prescritto al solo scopo di escludere i lavoratori frontalieri dal beneficio dell’aiuto.

16.

Del pari, dinanzi a detto giudice, il Granducato di Lussemburgo nega l’esistenza di qualunque discriminazione e sostiene che, ai sensi del diritto lussemburghese, le nozioni di domicilio e di residenza sono in definitiva equivalenti. Il Granducato di Lussemburgo contesta, peraltro, la qualificazione dell’aiuto statale per studi superiori come «vantaggio sociale» ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68, in quanto esso verrebbe accordato solo agli studenti, considerati in quanto adulti autonomi, a prescindere dalla situazione personale dei loro genitori. In ogni caso, lo scopo perseguito dal sistema lussemburghese di aiuti agli studi superiori, vale a dire aumentare in misura significativa la percentuale di persone residenti in Lussemburgo titolari di un diploma di istruzione superiore – percentuale che sarebbe in calo rispetto alla media europea – giustificherebbe il fatto che solo i residenti possano chiedere il beneficio di detti aiuti. Se il requisito di residenza fosse abolito, ne conseguirebbe che qualsiasi studente senza alcun legame con la società lussemburghese potrebbe beneficiarne per compiere gli studi in qualsivoglia paese. Ciò incoraggerebbe un vero e proprio turismo delle borse di studio e costituirebbe un onere finanziario insostenibile per il Granducato di Lussemburgo, che dovrebbe conseguentemente riconsiderare il principio stesso della portabilità del sussidio.

17.

Il giudice del rinvio, dal canto suo, rileva che il sussidio agli studi superiori costituisce un «vantaggio sociale» ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68. Si tratta di un aiuto di mantenimento concesso direttamente agli studenti a carico dei loro genitori. Orbene, secondo la giurisprudenza della Corte, la parità di trattamento sancita dall’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68 riguarda anche i discendenti a carico di un lavoratore migrante o frontaliero ( 25 ).

18.

Seguendo l’argomentazione del Granducato di Lussemburgo, il giudice del rinvio nega l’esistenza di una discriminazione diretta basandosi sull’equivalenza, nel diritto nazionale, tra le nozioni di domicilio e di residenza, ma conclude che il sistema di aiuti si fonda su una discriminazione indiretta, vietata dal diritto dell’Unione, in quanto infatti il requisito di residenza, sempre secondo la giurisprudenza della Corte, può essere soddisfatto più facilmente dai cittadini nazionali. Detto giudice osserva che siffatta disparità di trattamento può tuttavia risultare giustificata qualora sia fondata su considerazioni oggettive indipendenti dalla cittadinanza delle persone interessate e proporzionata all’obiettivo legittimamente perseguito dal diritto nazionale. Orbene, il giudice del rinvio si interroga per l’appunto sulla legittimità dei motivi di giustificazione addotti dal Granducato di Lussemburgo.

19.

Il Tribunal administratif du Grand-Duché de Luxembourg, nella necessità di fronteggiare una difficoltà d’interpretazione del diritto dell’Unione, ha deciso di sospendere il procedimento e, con decisione di rinvio pervenuta alla cancelleria della Corte il 16 gennaio 2011, ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, la seguente questione pregiudiziale:

«Se, tenuto conto del principio comunitario della parità di trattamento sancito dall’articolo 7 del regolamento n. 1612/68, le considerazioni di politica d’istruzione e di politica di bilancio dedotte dal [Granducato di Lussemburgo], ossia tentare di incoraggiare l’aumento della percentuale di soggetti titolari di un diploma di istruzione superiore, attualmente insufficiente nel confronto internazionale per quanto attiene alla popolazione residente del Lussemburgo, considerazioni che sarebbero gravemente minacciate se [il Granducato di Lussemburgo] dovesse versare il sussidio economico per studi superiori a qualsiasi studente, ancorché privo di qualunque legame con la società del Granducato, per effettuare i propri studi superiori in qualsivoglia paese del mondo, circostanza che comporterebbe un onere irragionevole per il bilancio del [Granducato di Lussemburgo], rappresentino, ai sensi della menzionata giurisprudenza comunitaria, considerazioni idonee a giustificare la disparità di trattamento derivante dall’obbligo di residenza imposto sia ai cittadini lussemburghesi sia ai cittadini di altri Stati membri al fine di ottenere un aiuto per studi superiori».

III – Procedimento dinanzi alla Corte

20.

Hanno presentato osservazioni scritte dinanzi alla Corte le sig.re Giersch e Hodin, il sig. Taminiaux, i governi lussemburghese, danese, ellenico, austriaco e svedese nonché la Commissione.

21.

All’udienza svoltasi il 28 novembre 2012 hanno formulato osservazioni orali le sig.re Giersch e Hodin, i sigg. Stemper e Taminiaux, i governi lussemburghese, danese, ellenico, austriaco e svedese nonché la Commissione.

IV – Analisi giuridica

22.

Al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, suggerisco di affrontare brevemente la questione della qualificazione del sussidio agli studi superiori come «vantaggio sociale» ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68 e il fatto che il requisito di residenza richiesto ai figli di lavoratori transfrontalieri costituisce una discriminazione indiretta. Effettuerò poi il classico controllo svolto dalla Corte in presenza di una disparità di trattamento e risponderò alla questione posta dal giudice del rinvio esaminando non solo la compatibilità con il diritto dell’Unione dei motivi di giustificazione addotti dal governo lussemburghese, ma anche l’adeguatezza e la proporzionalità della clausola di residenza.

A – Sull’ambito di applicazione dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68 e sull’esistenza di una discriminazione

23.

È essenziale rilevare preliminarmente che la questione posta dal giudice del rinvio fa riferimento all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68. Tale articolo, secondo la giurisprudenza della Corte, costituisce «l’espressione particolare, nel campo specifico della concessione di vantaggi sociali, della regola della parità di trattamento sancita [all’articolo 45, paragrafo 2, TFUE] e deve essere interpretato come tale ultima disposizione» ( 26 ). Il giudice del rinvio chiede quindi alla Corte di analizzare la situazione di cui al procedimento principale alla luce della libera circolazione dei lavoratori ( 27 ).

1. Il sussidio agli studi superiori percepito dai figli di lavoratori frontalieri costituisce un vantaggio sociale

24.

Dinanzi al giudice del rinvio e nel corso del presente procedimento pregiudiziale, il governo lussemburghese ha messo in dubbio che un sussidio agli studi superiori concesso secondo le modalità di cui alla legge del 26 luglio 2010 rientri nella nozione di «vantaggio sociale» ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68.

25.

Il giudice del rinvio è partito dal presupposto che, ai sensi dell’articolo 203 del codice civile lussemburghese, i ricorrenti nel procedimento principale dovessero essere considerati a carico del loro genitore lavoratore frontaliero. Esso ha evidentemente tratto siffatta conclusione da due elementi: il fatto che a) detto articolo 203 dispone che «[i] coniugi contraggono congiuntamente, per il solo fatto del matrimonio, l’obbligo di nutrire, mantenere ed allevare i figli» e che b) secondo la giurisprudenza nazionale, sebbene l’obbligo di mantenimento e di educazione cessi di regola nel momento in cui i figli raggiungono la maggiore età, i genitori rimangono tuttavia obbligati a fornire loro, anche successivamente a tale momento, i mezzi per compiere gli studi diretti a prepararli alla professione che intendono esercitare, sempreché si dimostrino idonei a compierli ( 28 ).

26.

Ai fini della successiva analisi non si può condividere a priori tale premessa del giudice del rinvio, in quanto, secondo i principi di diritto internazionale privato, tale questione deve essere risolta in base alla legge che definisce lo status personale del soggetto di cui trattasi. Pertanto, il menzionato articolo 203, come interpretato dalla giurisprudenza lussemburghese, è applicabile ai cittadini o ai residenti lussemburghesi in virtù della scelta, da parte dell’ordinamento giuridico di tale paese, di utilizzare un criterio di cittadinanza, di domicilio o di residenza per determinare detto status.

27.

D’altro canto, e coerentemente con quanto già affermato, non si può dedurre che i ricorrenti nel procedimento principale non siano a carico del loro genitore lavoratore frontaliero dal fatto che la legge del 26 luglio 2010 prevede che il sussidio viene erogato direttamente agli studenti, che il reddito dei genitori non rileva ai fini della determinazione dell’importo del sussidio e che lo scopo perseguito consiste nel rendere il giovane adulto indipendente dai suoi genitori di modo che possa decidere autonomamente il proprio percorso di studi.

28.

Ne consegue che il giudice del rinvio potrà porsi concretamente il problema in merito al quale interroga la Corte solo dopo avere accertato non solo che gli studenti di cui al procedimento principale siano parte della famiglia dei lavoratori frontalieri interessati, ma altresì che questi ultimi li considerino a proprio carico e continuino a provvedere al loro mantenimento, verificando inoltre se tali studenti beneficino nel loro paese, effettivamente o potenzialmente, di una misura comparabile a quella attuata con la legge del 26 luglio 2010.

29.

Nell’ipotesi in cui tale valutazione del giudice del rinvio induca a ritenere che i ricorrenti nel procedimento principale siano effettivamente a carico dei loro genitori lavoratori frontalieri, in primo luogo, è sufficiente brevemente rammentare – posto che l’orientamento della Corte al riguardo è talmente costante – che «un sussidio concesso per il mantenimento e la formazione, allo scopo di compiere studi universitari sanciti da un titolo qualificante all’esercizio di un’attività professionale, costituisce un “vantaggio sociale” ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68» ( 29 ) e che «il finanziamento degli studi concesso da uno Stato membro ai figli dei lavoratori costituisce, per il lavoratore migrante, un vantaggio [sociale] ai sensi di detto articolo 7, paragrafo 2, quando questi continua a provvedere al mantenimento del figlio» ( 30 ).

30.

In secondo luogo, si deve ricordare che se pure, in virtù dell’articolo 7 del regolamento n. 1612/68, un lavoratore cittadino di uno Stato membro diverso da quello in cui egli esercita la sua attività lavorativa gode dei medesimi vantaggi sociali concessi ai lavoratori nazionali, la nozione di «lavoratore» di cui alla menzionata disposizione include i lavoratori frontalieri che possono avvalersene allo stesso titolo di qualsiasi altro lavoratore previsto in tale disposizione ( 31 ). Interpretando l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68, la Corte ha utilizzato indifferentemente le nozioni di lavoratori migranti e frontalieri proprio perché detto regolamento, a differenza di altri testi di diritto derivato ( 32 ), non tratta in modo diverso queste due categorie di lavoratori che hanno esercitato la loro libertà di circolazione.

31.

In terzo luogo, la circostanza che l’aiuto venga concesso direttamente allo studente figlio di un lavoratore frontaliero non influisce in alcun modo sulla qualificazione come vantaggio sociale, atteso che la Corte ha dichiarato che i familiari di un lavoratore migrante o frontaliero «fruiscono indirettamente della parità di trattamento spettante al lavoratore», sempre che siano a suo carico ( 33 ), e che, «poiché la concessione del sussidio al figlio di un lavoratore migrante costituisce per il lavoratore migrante un vantaggio sociale, il figlio può avvalersi direttamente dell’art. 7, n. 2, [del regolamento n. 1612/68] per ottenere detto sussidio se, in forza del diritto nazionale, questo viene concesso direttamente allo studente» ( 34 ).

32.

Il giudice del rinvio ha quindi giustamente considerato che il sussidio agli studi superiori costituisce un «vantaggio sociale» ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68 e che i figli a carico dei lavoratori frontalieri hanno il diritto di avvalersi dinanzi ad esso del principio di non discriminazione ivi sancito.

2. Il requisito di residenza è indirettamente discriminatorio

33.

Risulta da una giurisprudenza costante che l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68 vieta, al pari dell’articolo 45 TFUE, non soltanto le discriminazioni palesi basate direttamente sulla cittadinanza, ma anche qualsiasi discriminazione dissimulata che, pur fondandosi su altri criteri di riferimento, pervenga al medesimo risultato ( 35 ).

34.

Il requisito di residenza, secondo il giudice del rinvio, si applica indifferentemente ai cittadini lussemburghesi e ai cittadini di altri Stati membri, in quanto detto giudice ha ritenuto, interpretando il proprio diritto nazionale, che i requisiti di domicilio e di soggiorno fossero di fatto equivalenti. In tali circostanze, l’imposizione ai cittadini di altri Stati membri di un requisito di residenza non è direttamente discriminatoria.

35.

Tuttavia, detto requisito di residenza è tale da «operare principalmente a danno dei lavoratori migranti e dei lavoratori frontalieri cittadini di altri Stati membri, considerato che i non residenti, nella maggior parte dei casi, sono stranieri» ( 36 ). È «indifferente che la misura [di cui trattasi] colpisca, eventualmente, allo stesso modo tanto i cittadini nazionali che non sono in grado di rispettare detto criterio quanto i cittadini degli altri Stati membri» ( 37 ). Infine, la Corte ha riconosciuto che, per quel che riguarda l’accesso al finanziamento portabile, la situazione del lavoratore migrante che esercita la sua attività nello Stato erogante, ma risiede in un altro Stato membro, può essere paragonata a quella di un cittadino dello Stato erogante che risieda e lavori in detto Stato ( 38 ).

36.

La disparità di trattamento risultante dall’imposizione di un requisito di residenza agli studenti figli di lavoratori frontalieri costituisce dunque una discriminazione indiretta, in linea di principio vietata, a meno che non sia obiettivamente giustificata, sia idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo di cui trattasi e non ecceda quanto necessario per conseguirlo ( 39 ).

B – Sulla legittimità dell’obiettivo perseguito

37.

Da un lato, per giustificare il trattamento differenziato dei lavoratori frontalieri con riguardo alla concessione del sussidio agli studi superiori, il governo lussemburghese invoca un obiettivo che esso definisce «politico» o «sociale», consistente nell’aumentare in misura significativa la percentuale di residenti in Lussemburgo titolari di un diploma di istruzione superiore. Tale percentuale sarebbe attualmente del 28% ( 40 ), ossia nettamente inferiore alla percentuale di titolari di analoghi diplomi in Stati comparabili. Il governo lussemburghese considera necessario raggiungere la quota del 66% di titolari di un diploma di istruzione superiore nella popolazione residente di età compresa fra i 30 e i 34 anni, perché ciò gli consente di fare fronte all’esigenza, sempre più pressante, di assicurare il passaggio dell’economia lussemburghese ad un’economia della conoscenza.

38.

La cerchia dei beneficiari dell’aiuto è circoscritta ai soli residenti lussemburghesi in quanto solo detti residenti presenterebbero un legame con la società lussemburghese tale da far presumere che, dopo aver usufruito della possibilità di finanziare i propri studi, eventualmente seguiti all’estero, offerta dal sistema di aiuti lussemburghesi, essi rientreranno in Lussemburgo per mettere le conoscenze così acquisite al servizio di uno sviluppo della sua economia nel senso sopra indicato.

39.

Dall’altro lato, il governo lussemburghese sostiene che tale obiettivo, correlato alla politica nazionale in materia di istruzione, non può essere considerato distinto dall’obiettivo economico. La limitazione ai soli residenti lussemburghesi del beneficio dell’aiuto agli studi superiori sarebbe necessaria per garantire il finanziamento del sistema. La Corte ha già riconosciuto che uno Stato membro possa vigilare affinché la concessione di aiuti a copertura delle spese di mantenimento di studenti provenienti da altri Stati membri non diventi un onere irragionevole in grado di produrre conseguenze sul livello globale dell’aiuto che potrebbe essere concesso da tale Stato. Il governo lussemburghese si richiama alla sentenza Bidar ( 41 ), che considera rilevante per la presente causa, e sostiene che, qualora il requisito di residenza fosse soppresso, esso sarebbe obbligato a versare il sussidio a tutti gli studenti privi di qualunque legame personale con la società lussemburghese, il che porrebbe a suo carico un onere irragionevole.

40.

Da parte mia, sono convinto che i due obiettivi possano essere mantenuti distinti. È vero che la determinazione dei beneficiari di un vantaggio sociale incide logicamente sull’onere economico gravante sullo Stato che concede tale vantaggio. Una politica in materia di istruzione – poiché sembra effettivamente trattarsi di questo – viene necessariamente perseguita con vari strumenti che implicano inevitabilmente un costo. Tuttavia, per adottare una tale politica, che risulta essere discriminatoria, non è sufficiente affermare che occorre fare fronte a costi considerevoli. Si deve dimostrare che essa è fortemente necessaria e che i costi sono così elevati che renderebbero impossibile l’attuazione di detta politica.

1. Sull’obiettivo di portare al 66% la percentuale di residenti in Lussemburgo titolari di un diploma di istruzione superiore

41.

Rilevo che tale obiettivo non è contestato di per sé dalle parti interessate che sono intervenute nel presente procedimento.

42.

L’aumento del numero di persone titolari di un diploma di istruzione superiore costituisce chiaramente un obiettivo di interesse generale. Le stesse istituzioni dell’Unione hanno intrapreso un certo numero di azioni in tal senso e hanno evidenziato il rapporto tra il livello di formazione dei singoli, l’accesso all’impiego e la crescita economica dell’Unione. Nella sua comunicazione dal titolo «Europa 2020: Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva» ( 42 ), la Commissione fissava come obiettivo per il 2020 un tasso di abbandono scolastico ridotto al 10% ed una percentuale di giovani laureati almeno del 40% ( 43 ). Essa proponeva in particolare che gli Stati membri traducessero tale obiettivo in un obiettivo nazionale ( 44 ). Il conseguimento di detto obiettivo dovrebbe contribuire alla modernizzazione dei mercati occupazionali, ad aumentare la partecipazione al mercato del lavoro e a conciliare meglio l’offerta e la domanda di manodopera, temi considerati prioritari dalla Commissione ai fini di un’uscita rapida ed efficace dal periodo di crisi che l’Unione sta attraversando ( 45 ).

43.

Il Consiglio dell’Unione europea aveva già fatto proprio tale obiettivo nelle sue conclusioni del 12 maggio 2009 su un quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione («ET 2020») ( 46 ), definendo il livello di riferimento per i risultati registrati mediamente in Europa, con riguardo ai diplomi di istruzione superiore, ad almeno il 40% delle persone di età compresa fra i 30 e i 34 anni ( 47 ).

44.

Anche in seguito il Consiglio ha continuato a ricordare l’importanza di tale obiettivo. Nel 2010 esso osservava che, «[p]er innalzare le aspirazioni e aumentare l’accesso degli studenti provenienti da contesti svantaggiati all’istruzione superiore occorre rafforzare i programmi di sostegno finanziario e altri incentivi e migliorarne la concezione[, in quanto p]restiti per studenti abbordabili, accessibili, adeguati e trasferibili, come pure contributi in funzione del reddito, possono aumentare efficacemente il tasso di partecipazione di coloro che non possono sostenere i costi dell’istruzione superiore» ( 48 ). Prevedendo l’evoluzione del mercato del lavoro a livello europeo, il Consiglio sottolineava, peraltro, che «[n]egli anni venturi un numero crescente di posti di lavoro richiederà qualifiche di alto livello, ma nell’UE la percentuale di persone in possesso di un diploma d’istruzione superiore o di qualifica equivalente è attualmente inferiore rispetto ai paesi concorrenti» ( 49 ). Esso aveva formulato tale osservazione con riguardo a tutti gli Stati membri, vale a dire sia quelli il cui mercato del lavoro è caratterizzato da una forte presenza di lavoratori frontalieri, sia gli altri. Infine, nella sua agenda europea rinnovata per l’apprendimento degli adulti, che fissa gli obiettivi prioritari per il periodo 2012-2014, il Consiglio ha definito gli sforzi che si chiede agli Stati membri di compiere proprio al fine di «portare al 40% la percentuale di giovani in possesso di qualifiche dell’istruzione terziaria o di livello equivalente» ( 50 ).

45.

L’azione sopra descritta a favore di un accesso più generalizzato all’istruzione superiore rientra, in ogni caso, esclusivamente nella competenza di sostegno di cui l’Unione dispone nel settore dell’istruzione e della formazione professionale ( 51 ). In altre parole, in mancanza di armonizzazione a livello europeo, occorre riconoscere agli Stati membri un ampio margine di discrezionalità per definire gli obiettivi della loro politica in materia di istruzione e stabilire le condizioni per la concessione di un sussidio agli studi superiori ( 52 ).

46.

A mio avviso, il passaggio ad un’economia della conoscenza, invocato dal governo lussemburghese nelle sue osservazioni scritte ( 53 ), costituisce uno degli obiettivi lasciati alla discrezionalità degli Stati membri. La situazione economica del Lussemburgo è storicamente atipica. Da un’economia basata sull’industria mineraria e sulle acciaierie, il Lussemburgo ha compiuto una transizione, a seguito della loro scomparsa, verso uno sviluppo dell’occupazione nel settore bancario e finanziario; successivamente, tale settore è stato fortemente minacciato, anche prima della crisi finanziaria – e lo è tuttora – dall’azione intrapresa a livello dell’Unione per ridurre drasticamente i vantaggi di cui godeva il sistema bancario lussemburghese rispetto ai sistemi bancari degli altri Stati membri. Orbene, è perfettamente comprensibile che uno Stato membro adotti una politica in materia di istruzione diretta ad aumentare il livello di qualifica delle risorse umane disponibili aventi una vocazione ragionevolmente prevedibile a contribuire alla riconversione dell’economia nazionale, al fine di attirare ed offrire una più ampia gamma di servizi nel suo territorio.

47.

Non vi è quindi alcun dubbio che un’azione intrapresa da uno Stato membro per assicurare un livello elevato di formazione della sua popolazione residente persegua un obiettivo legittimo che può essere considerato un motivo imperativo di interesse generale.

2. Sull’obiettivo di evitare un onere irragionevole avente ripercussioni sul livello globale dei sussidi agli studi superiori

48.

Quanto all’obiettivo economico, per quel che riguarda la giustificazione parallela fondata sulla messa a rischio delle capacità di finanziamento del sistema, è giocoforza constatare che si tratta di un argomento invocato reiteratamente dagli Stati membri dinanzi alla Corte. Inoltre, il richiamo alla citata sentenza Bidar non appare convincente.

49.

Mi limiterò a ricordare, infatti, che la situazione di cui al procedimento principale viene esaminata qui alla luce della libera circolazione dei lavoratori e che si tratta di stabilire se la normativa nazionale leda i diritti conferiti ai lavoratori frontalieri dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Nella citata causa Bidar, la Corte era invitata a prendere posizione sulla compatibilità di un requisito di residenza richiesto ai cittadini europei economicamente non attivi affinché potessero beneficiare di un sussidio agli studi. Si tratta di una differenza fondamentale che la Corte non ha mancato di sottolineare nella sua sentenza Commissione/Paesi Bassi ( 54 ).

50.

Infatti, analizzando i motivi di giustificazione addotti dal Regno dei Paesi Bassi, la Corte ha affermato anzitutto che, «sebbene considerazioni di bilancio possano costituire il fondamento delle scelte di politica sociale di uno Stato membro e possano influenzare la natura ovvero la portata dei provvedimenti di tutela sociale che esso intende adottare, esse non costituiscono tuttavia di per sé un obiettivo perseguito da tale politica e non possono, pertanto, giustificare una discriminazione» ( 55 ). La Corte ha nondimeno proseguito la sua analisi esaminando l’obiettivo di evitare un onere irragionevole (obiettivo economico). La parte convenuta riteneva anch’essa di poter dedurre dalle citate sentenze Bidar e Förster che gli Stati membri potessero legittimamente esigere dai beneficiari di un sussidio agli studi superiori la prova di un «certo grado di integrazione». Tuttavia, la Corte ha tenuto a sottolineare la differenza fondamentale tra le cause Bidar e Förster e la citata causa Commissione/Paesi Bassi, differenza consistente nel fatto che, nel primo caso, si trattava di cittadini economicamente non attivi che non erano familiari di lavoratori ai sensi del diritto dell’Unione, mentre nel secondo caso la situazione veniva esaminata dal punto di vista del lavoratore migrante o frontaliero avente un figlio a carico che intendeva compiere gli studi superiori e aveva chiesto di beneficiare di un sussidio a tali studi erogato dallo Stato in cui il genitore svolgeva la sua attività lavorativa.

51.

La Corte ha dichiarato che, «[a]nche se la facoltà che la Corte riconosce agli Stati membri, fatto salvo il rispetto di talune condizioni, di esigere dai cittadini degli altri Stati membri un certo livello di integrazione nelle loro società al fine di poter beneficiare dei vantaggi sociali, come i sussidi finanziari all’istruzione, non è limitata alle situazioni in cui i richiedenti il sussidio di cui trattasi siano cittadini economicamente inattivi, la previsione di un requisito di residenza [di tre anni sui sei precedenti la domanda di sussidio agli studi superiori] per dimostrare l’integrazione richiesta sarebbe, in linea di principio, inappropriata riguardo ai lavoratori migranti e frontalieri» ( 56 ). Per quanto concerne questi ultimi, «il fatto di aver avuto accesso al mercato del lavoro di uno Stato membro determina, in linea di principio, il nesso di integrazione sufficiente nella società di detto Stato, idoneo a consentir loro di avvalersi in tale Stato del principio della parità di trattamento rispetto ai lavoratori nazionali con riferimento ai vantaggi di natura sociale» ( 57 ). La Corte ne ha tratto la conclusione che l’obiettivo di evitare un onere irragionevole, invocato in relazione alla concessione di un vantaggio sociale ai lavoratori frontalieri, non può costituire un obiettivo legittimo.

52.

Per tale motivo, l’obiettivo di bilancio invocato dal Lussemburgo non può costituire di per sé un motivo atto a giustificare una disparità di trattamento tra i lavoratori lussemburghesi e i lavoratori di altri Stati membri. In ogni caso, come si è rilevato al paragrafo 38 delle presenti conclusioni, il problema non è giustificare la discriminazione lamentata dai ricorrenti nel procedimento principale in considerazione dei notevoli costi che implicherebbe la soppressione del requisito discriminatorio, bensì verificare se lo scopo economico perseguito – la transizione verso un’economia della conoscenza –, per il quale il Granducato di Lussemburgo ha stabilito tale pratica discriminatoria, sia non solo seriamente, ma anche effettivamente perseguito, e se i costi per evitare detta pratica sarebbero talmente elevati da rendere impossibile il conseguimento di tale scopo. Spetta ovviamente al giudice del rinvio verificare entrambe le circostanze per accertare, ove necessario, l’esistenza di un elemento che rafforzi ulteriormente il motivo di giustificazione costituito dall’obiettivo sociale perseguito.

C – Sull’adeguatezza e proporzionalità del requisito di residenza

53.

Un provvedimento tale da restringere la libera circolazione dei lavoratori sancita dall’articolo 45 TFUE ed attuata attraverso l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68 può essere validamente giustificato soltanto se è idoneo a garantire la realizzazione dell’obiettivo legittimo perseguito e non eccede quanto necessario per raggiungerlo ( 58 ), ed è proprio ciò che occorre verificare.

54.

La questione dell’adeguatezza e proporzionalità del criterio utilizzato dal governo lussemburghese per perseguire l’obiettivo legittimo è la più delicata. A tale proposito, nella fattispecie si pongono due serie di problemi. Da un lato, le varie parti intervenute nel presente procedimento hanno tratto conclusioni opposte dalla citata sentenza Commissione/Paesi Bassi, in particolare riguardo al grado di integrazione che gli Stati membri potrebbero o meno esigere dai beneficiari di un sussidio agli studi superiori. Desidero quindi chiarire tale sentenza su questo punto. Dall’altro, nel caso di specie mancano alcune informazioni essenziali, di modo che, a mio avviso, difficilmente la Corte potrà pronunciarsi definitivamente sull’adeguatezza e proporzionalità della normativa nazionale. Nel contesto della presente causa, e proprio per tenere conto delle specificità del sistema – e soprattutto del mercato del lavoro – lussemburghese, occorre approfondire un certo numero di elementi. È quindi opportuno richiamare su di essi l’attenzione del giudice del rinvio.

1. A proposito della sentenza Commissione/Paesi Bassi

55.

Allorché, nella citata sentenza Commissione/Paesi Bassi, la Corte ha esaminato il motivo di legittimazione cosiddetto «sociale», relativo all’obiettivo di promuovere la mobilità degli studenti, essa lo ha effettivamente considerato un motivo imperativo di interesse generale ( 59 ). La parte convenuta ha poi tentato di dimostrare l’adeguatezza e proporzionalità del requisito di residenza dei tre anni sui sei ultimi anni precedenti alla domanda da essa imposto adducendo che si trattava di garantire che solo gli studenti di cui occorreva favorire la mobilità beneficiassero del finanziamento: lo Stato erogante si attendeva che gli studenti che percepivano detto sussidio facessero ritorno in detto Stato per risiedervi e lavorarvi, dopo aver terminato gli studi ( 60 ). La Corte ha quindi ammesso che tali elementi «tendono a riflettere la situazione della maggior parte degli studenti» ( 61 ) riconoscendo così l’adeguatezza del requisito di residenza per tre anni sui sei ultimi anni precedenti alla domanda ai fini della realizzazione dell’obiettivo di promuovere la mobilità degli studenti ( 62 ). Tuttavia, il medesimo requisito di ammissibilità al finanziamento portabile degli studi superiori concesso dai Paesi Bassi presentava, secondo la Corte, «un carattere eccessivamente esclusivo» ed essa ha dichiarato che, «imponendo periodi specifici di residenza sul territorio dello Stato membro interessato, [il requisito della residenza per tre anni sui sei ultimi anni precedenti alla domanda] privilegia un elemento che non è necessariamente l’unico rappresentativo del grado reale di collegamento tra l’interessato e detto Stato membro» ( 63 ). La Corte ha concluso che non era stato dimostrato che la regola in questione non eccedesse quanto necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito.

56.

Così, da un’attenta lettura di tale sentenza risulta che la Corte valuta diversamente il criterio di un «certo grado di integrazione» a seconda che lo si applichi ad un obiettivo legittimo di natura economica o ad un obiettivo legittimo di natura sociale ( 64 ).

57.

Infatti, quando si tratta di limitare il numero di beneficiari di un sussidio agli studi superiori per motivi economici, invocando la sostenibilità del finanziamento di tale sussidio, la Corte basa la propria analisi sulla nozione di lavoratori migranti o frontalieri e rileva che essi sono per natura, per il solo fatto di avere avuto accesso al mercato del lavoro dello Stato erogante, economicamente integrati nella società di detto Stato, che essi partecipano al finanziamento delle sue politiche sociali e che, pertanto, è inappropriato imporre un requisito di residenza di tre anni per poter beneficiare di un vantaggio di tipo sociale.

58.

Per contro, quando si tratta di limitare la cerchia dei beneficiari di un sussidio agli studi superiori per motivi di ordine sociale, la Corte esamina la situazione prendendo come punto di riferimento non più il lavoratore al quale è riconosciuta, per sé come per i suoi familiari, una parità di trattamento riguardo alla concessione di vantaggi sociali, bensì lo studente stesso. In altre parole, l’integrazione economica del genitore lavoratore frontaliero non significa necessariamente e automaticamente integrazione sociale dei suoi familiari. Peraltro, la terminologia utilizzata dalla Corte non è la medesima, dato che essa non parla più di un «certo grado di integrazione» ( 65 ) e menziona invece un «grado reale di collegamento» ( 66 ). Il punto focale dell’analisi non è più il lavoratore e i suoi collegamenti con la società dello Stato di occupazione, ma lo studente stesso. Pertanto, mentre il requisito di residenza di tre anni è stato ritenuto inappropriato per verificare l’integrazione economica del lavoratore frontaliero, questo medesimo requisito è stato ritenuto adeguato dalla Corte per accertare il collegamento sociale dello studente. La Corte sembra inoltre avere ammesso che il beneficio di un sussidio poteva essere riservato agli studenti che sarebbero probabilmente tornati nello Stato erogante per stabilirvisi e ha quindi riconosciuto il nesso tra la residenza dello studente nel momento in cui egli chiede il sussidio e le prospettive di «ritorno» offerte. Essa ha tuttavia dichiarato, in definitiva, che il requisito di residenza di tre anni era in contrasto con il diritto dell’Unione in quanto sproporzionato, proprio perché esigere un periodo di residenza di tre anni su sei – e soltanto questo – costituiva una condizione troppo restrittiva per stabilire un grado reale di collegamento.

2. Sull’adeguatezza del requisito di residenza

59.

Il problema consiste dunque nello stabilire, alla luce delle suesposte considerazioni, se il requisito di residenza richiesto ai figli di lavoratori frontalieri dal Granducato di Lussemburgo per poter chiedere il beneficio del sussidio agli studi superiori sia idoneo a far sorgere una ragionevole probabilità di ritorno, che detto Stato ha considerato necessaria per la realizzazione dell’obiettivo legittimo perseguito.

60.

La risposta è insita nella formulazione stessa dell’obiettivo. Qualora la Corte riconoscesse – accogliendo il mio suggerimento – che lo Stato lussemburghese possa legittimamente adottare misure atte a favorire l’accesso della sua popolazione residente all’istruzione superiore, nella prospettiva che tale popolazione, più di ogni altra, potrà integrarsi nel mercato del lavoro lussemburghese una volta terminati gli studi e quindi arricchirlo, essa dovrebbe logicamente ammettere che un requisito di residenza è idoneo a garantire il conseguimento di detto obiettivo, in quanto riserva il beneficio del sussidio ai soli residenti lussemburghesi.

3. Sulla proporzionalità del requisito di residenza

61.

Il requisito di residenza in discussione nella causa Commissione/Paesi Bassi, citata, che era prescritto solo ai fini del finanziamento di studi superiori perseguiti al di fuori dei Paesi Bassi ( 67 ), veniva considerato soddisfatto se il richiedente dell’aiuto poteva dimostrare di avere risieduto ininterrottamente in detto Stato per tre anni sugli ultimi sei precedenti la domanda. Come si è già rilevato, dalla citata sentenza Commissione/Paesi Bassi risulta che la Corte non intendeva esentare i figli di lavoratori frontalieri dall’obbligo di dimostrare un collegamento con la società dello Stato di occupazione del loro genitore nel caso in cui essi chiedano, in tale Stato, un aiuto portabile per gli studi superiori. Essa ha tuttavia affermato chiaramente che un requisito di residenza di tre anni non può essere considerato dagli Stati membri l’unico elemento rappresentativo di tale collegamento.

62.

Occorre quindi esaminare il requisito di residenza imposto dal Lussemburgo alla luce di tale valutazione. La questione centrale è se solo un requisito di previa residenza possa garantire al Granducato di Lussemburgo un minimo di «ritorno sull’investimento», per così dire, una ragionevole probabilità che i beneficiari dell’aiuto torneranno in Lussemburgo per stabilirvisi e mettersi a disposizione del suo mercato del lavoro, così da contribuire alla nuova dinamica economica del paese. Ai fini di tale valutazione, ritengo utile indicare al giudice del rinvio due serie di analisi.

63.

Il giudice del rinvio dovrebbe anzitutto verificare che il criterio applicato dalle autorità nazionali per statuire su una domanda di residenza, in mancanza del periodo minimo richiesto, non sia puramente formale, bensì sufficiente a determinare una ragionevole probabilità che il richiedente sia disponibile ad inserirsi nella vita economica e sociale lussemburghese.

64.

La seconda analisi che suggerisco al giudice del rinvio di svolgere si ricollega al fatto che il sussidio agli studi superiori previsto dalla normativa lussemburghese è un aiuto portabile e, in quanto tale, può essere utilizzato al di fuori del paese erogante, con la conseguenza che gli studenti che ne beneficiano possono essere attirati dal mercato del lavoro del paese in cui compiono gli studi. Tale elemento implica che il fatto in sé di essere residente al momento della domanda di sussidio agli studi superiori non comporta una sufficiente, ragionevole probabilità di ritorno nello Stato erogante. Per ritenere che il ricorso a tale criterio sia proporzionato allo scopo perseguito occorre verificare se l’obiettivo della trasformazione dell’economia lussemburghese in un’economia della conoscenza – e, pertanto, un’economia che propone servizi ampiamente intesi – sia stato effettivamente corredato da azioni pubbliche dirette a sviluppare concretamente nuove prospettive di occupazione in tal senso, non solo nei settori in cui il Lussemburgo offre possibilità di formazione superiore, ma anche negli altri settori, dato che, per accertare il rispetto del criterio di proporzionalità, non è sufficiente verificare le caratteristiche del singolo provvedimento e dell’obiettivo perseguito, ma occorre esaminare altresì le modalità concrete per conseguire tale obiettivo.

65.

Pertanto, per l’insieme dei motivi sopra esposti, ritengo che spetti al giudice del rinvio valutare, dopo avere esaminato tutti i necessari elementi rilevanti di cui la Corte attualmente non dispone, l’adeguatezza e la proporzionalità del requisito di residenza imposto dalla legge del 26 luglio 2010 ai figli di lavoratori frontalieri che chiedano un sussidio agli studi superiori.

V – Conclusione

66.

In base alle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere come segue alla questione sottopostale dal Tribunal administratif du Grand-Duché de Luxembourg:

«L’obiettivo di aumentare la percentuale di persone residenti titolari di un diploma di istruzione superiore costituisce un obiettivo legittimo idoneo a giustificare, con riguardo all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1612/68 del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità, e all’articolo 45 TFUE, una discriminazione indiretta. Spetta al giudice del rinvio verificare, dopo avere esaminato tutti i necessari elementi rilevanti, e in particolare quelli sui quali si è precedentemente richiamata la sua attenzione, se il requisito di residenza imposto dalla legge del 26 luglio 2010 ai figli di lavoratori frontalieri che chiedano un sussidio agli studi superiori sia adeguato e non ecceda quanto necessario per conseguire l’obiettivo legittimo perseguito».


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU L 257, pag. 2.

( 3 ) Il regolamento n. 1612/68 è stato abrogato dal regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione (GU L 141, pag. 1). L’articolo 7, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 492/2011 ha ripreso, a diritto invariato, il contenuto dell’articolo 7, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1612/68.

( 4 ) Mémorial A 2010, pag. 2040.

( 5 ) Mémorial A 2000, pag. 1106.

( 6 ) Articolo 2, lettera a), della legge del 22 giugno 2000.

( 7 ) V. articolo unico della legge del 4 aprile 2005 di modifica della legge del 22 giugno 2000, relativa al sussidio finanziario dello Stato per studi superiori (Mémorial A 2005).

( 8 ) Articolo 4 della legge del 22 giugno 2000.

( 9 ) Mémorial A 2000, pag. 2548.

( 10 ) Articolo 5, paragrafo 4, primo trattino, del regolamento granducale del 5 ottobre 2000.

( 11 ) Articolo 5, paragrafo 4, secondo trattino, del regolamento granducale del 5 ottobre 2000.

( 12 ) Articolo 3 della legge del 22 giugno 2000. Tale importo include l’aiuto sotto forma di prestito.

( 13 ) Articolo 5, paragrafo 3, del regolamento granducale del 5 ottobre 2000.

( 14 ) Mémorial 2008, pag. 2024 (per il testo coordinato, v. Mémorial A 2012, pag. 874).

( 15 ) GU L 158, pag. 77.

( 16 ) Articolo 2 della legge del 26 luglio 2010.

( 17 ) V. articolo 6, paragrafo 1, punti 1 e 3, della legge del 29 agosto 2008.

( 18 ) Articolo 4 della legge del 26 luglio 2010.

( 19 ) Mémorial A 2010, pag. 3430.

( 20 ) Articolo 3 della legge del 22 giugno 2000, come modificata dalla legge del 26 luglio 2010. Tale importo include l’aiuto sotto forma di prestito.

( 21 ) L’articolo 4 del regolamento granducale del 12 novembre 2010 ha abrogato l’articolo 5 del regolamento granducale del 5 ottobre 2000.

( 22 ) V. articolo 3, paragrafo 2, della legge del 19 giugno 1985 relativa agli assegni familiari e all’istituzione della Cassa nazionale delle prestazioni familiari (Mémorial A 1985, pag. 680).

( 23 ) V. articolo V, paragrafo 2, della legge del 26 luglio 2010. L’assegno familiare ammonta ad EUR 234,12 mensili, ossia EUR 2 809,44 all’anno, per ciascun figlio [v. articolo 272, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 2, del codice di previdenza sociale].

( 24 ) Articolo II, paragrafo 1, della legge del 26 luglio 2010.

( 25 ) Il giudice del rinvio richiama in particolare la sentenza del 26 febbraio 1992, Bernini (C-3/90, Racc. pag. I-1071).

( 26 ) V. sentenza dell’11 settembre 2007, Hendrix (C-287/05, Racc. pag. I-6909, punto 53 e la giurisprudenza ivi citata).

( 27 ) Per tale motivo, la presente causa si distingue chiaramente dalla situazione di cui alle cause Bidar [sentenza del 15 marzo 2005 (C-209/03, Racc. pag. I-2119)] e Förster [sentenza del 18 novembre 2008 (C-158/07, Racc. pag. I-8507)], dal momento che si trattava allora di stabilire i diritti di cittadini economicamente non attivi.

( 28 ) V. punto 3 delle spiegazioni relative all’articolo 203 del codice civile lussemburghese.

( 29 ) Sentenza del 14 giugno 2012, Commissione/Paesi Bassi (C-542/09, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

( 30 ) Sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit. (punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

( 31 ) Sentenza Hendrix, cit. (punto 47 e giurisprudenza ivi citata). Si veda anche il quarto considerando del regolamento n. 1612/68.

( 32 ) V., in particolare, regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166, pag. 1).

( 33 ) Sentenza Bernini, cit. (punto 26).

( 34 ) Sentenze Bernini, cit. (punto 26); dell’8 giugno 1999, Meeusen (C-337/97, Racc. pag. I-3289, punto 22), e del 5 maggio 2011, Commissione/Germania (C-206/10, Racc. pag. I-3573, punto 36).

( 35 ) Sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit. (punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

( 36 ) Ibidem (punto 38).

( 37 ) Idem.

( 38 ) Ibidem (punto 44).

( 39 ) Ibidem (punto 55).

( 40 ) Nelle sue osservazioni scritte, il governo lussemburghese indica il 39,5% delle persone di età compresa tra 24 e 29 anni (la percentuale dei titolari di un diploma di istruzione superiore tra i cittadini lussemburghesi è dell’ordine del 22%, considerate tutte le fasce di età senza distinzioni).

( 41 ) Sentenza del 15 marzo 2005 (C-209/03, Racc. pag. I-2119, punto 56).

( 42 ) COM(2010) 2020 def. del 3 marzo 2010.

( 43 ) Ibidem (pagg. 5 e 12).

( 44 ) Ibidem (pag. 5).

( 45 ) Comunicazione della Commissione citata (pag. 5). V. anche comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Una strategia per nuove competenze e per l’occupazione: un contributo europeo verso la piena occupazione» [COM(2010) 682 def. del 23 novembre 2010].

( 46 ) GU C 119, pag. 2.

( 47 ) Ibidem (allegato I).

( 48 ) Conclusioni del Consiglio dell’11 maggio 2010 sulla dimensione sociale dell’istruzione e della formazione (GU C 135, pag. 2).

( 49 ) Conclusioni del Consiglio del 19 novembre 2010 sull’iniziativa Youth on the move - un approccio integrato in risposta alla sfide cui sono confrontati i giovani (GU C 326, pag. 9).

( 50 ) V. allegato della risoluzione del Consiglio su un’agenda europea rinnovata per l’apprendimento degli adulti (GU C 372, pag. 1).

( 51 ) Articoli 6 TFUE e 165 TFUE.

( 52 ) V. nel medesimo senso, paragrafo 139 delle conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa che ha dato luogo alla sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit.

( 53 ) Punto 28 di dette osservazioni.

( 54 ) Sentenza cit. (punti 60 e segg.).

( 55 ) Ibidem (punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

( 56 ) Ibidem (punto 63). Il corsivo è mio.

( 57 ) Ibidem (punto 65). Il corsivo è mio.

( 58 ) Ibidem (punto 73).

( 59 ) Ibidem (punti 70 e segg.).

( 60 ) Ibidem (punti 76 e 77).

( 61 ) Ibidem (punto 78).

( 62 ) Ibidem (punto 79).

( 63 ) Ibidem (punto 86). Il corsivo è mio.

( 64 ) V. paragrafi 50 e segg. delle presenti conclusioni.

( 65 ) O un certo livello di integrazione (v. punti 61 e 63 della sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit.).

( 66 ) Sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit. (punto 86).

( 67 ) V. paragrafo 14 delle conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa che ha dato luogo alla sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit.