CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NIILO JÄÄSKINEN

presentate il 25 aprile 2013 ( 1 )

Causa C‑9/12

Corman‑Collins SA

contro

La Maison du Whisky SA

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal tribunal de commerce de Verviers (Belgio)]

«Competenza giurisdizionale in materia civile e commerciale — Regolamento (CE) n. 44/2001 — Articolo 2 — Articolo 5, punto 1, lettere a) e b) — Competenza speciale in materia contrattuale — Nozioni di “compravendita di beni” e di “prestazione di servizi” — Contratto di concessione di vendita di beni — Obbligazione dedotta in giudizio»

I – Introduzione

1.

La presente domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal tribunal de commerce (tribunale del commercio) di Verviers (Belgio), verte principalmente sull’interpretazione della norma sulla competenza speciale prevista in materia contrattuale all’articolo 5, punto 1, lettere a) e b), del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale ( 2 ), generalmente denominato «regolamento Bruxelles I».

2.

La domanda in parola s’inserisce nel quadro di un’azione proposta dalla Corman‑Collins SA (in prosieguo: la «Corman-Collins»), società con sede in Belgio, contro La Maison du Whisky SA (in prosieguo: «La Maison du Whisky»), società con sede in Francia, a motivo del recesso di quest’ultima da un contratto di concessione di vendita di beni che, secondo la ricorrente nel procedimento principale, avrebbe vincolato le parti.

3.

La società francese contesta la competenza dei tribunali belgi a conoscere della detta controversia, nonché l’esistenza stessa di un contratto di tale natura tra le parti. Essa fonda la sua eccezione di incompetenza sull’articolo 2 del regolamento n. 44/2001 che prevede che il convenuto stabilito in uno Stato membro ( 3 ) debba essere citato in linea di principio davanti ai giudici di quest’ultimo Stato. A questo proposito, il giudice del rinvio s’interroga anzitutto sull’eventuale incompatibilità con il diritto dell’Unione di una norma di diritto internazionale privato belga che prevede la competenza dei giudici belgi quando l’attore è un concessionario stabilito in Belgio il quale lamenta il recesso da un contratto di concessione di vendita esclusiva che produce i suoi effetti nel territorio nazionale.

4.

In secondo luogo, aspetto centrale della presente causa, viene essenzialmente chiesto alla Corte di chiarire se un contratto di concessione in forza del quale una parte acquista prodotti in uno Stato membro per rivenderli nel territorio di un altro Stato membro debba essere qualificato come «compravendita di beni» o come «prestazione di servizi» ai sensi dell’articolo 5, punto 1, lettera b), del regolamento n. 44/2001, quesito questo che ha portato a prese di posizione divergenti sia nella dottrina che nella giurisprudenza degli Stati membri ( 4 ). Se non potesse essere accolta nessuna di tali qualificazioni, la tipologia di contratti in parola potrebbe ricadere nella norma sulla competenza prevista alla lettera a) del suddetto punto 1, conformemente all’ordine di applicazione stabilito alla lettera c) dello stesso.

5.

Infine, l’ultima questione pregiudiziale, il cui tenore può essere pienamente compreso soltanto alla luce della motivazione della decisione di rinvio, invita la Corte a stabilire se, nel caso in cui a un’azione come quella oggetto del procedimento principale si applichi la lettera a), e non la lettera b), dell’articolo 5, punto 1, del regolamento n. 44/2001, «l’obbligazione dedotta in giudizio», ai sensi della suddetta disposizione, sia quella del venditore‑concedente o quella dell’acquirente‑concessionario.

II – Contesto normativo

A – Il diritto dell’Unione

1. Il regolamento n. 44/2001

6.

L’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 44/2001, che rientra nella sezione 1, recante il titolo «Disposizioni generali», del capo II del medesimo, relativo alle norme sulla competenza, enuncia il principio secondo cui, «[s]alve le disposizioni del presente regolamento, le persone domiciliate nel territorio di un determinato Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti ai giudici di tale Stato membro».

7.

A norma dell’articolo 5, punto 1, del regolamento n. 44/2001, collocato nella sezione 2 del capo II del medesimo, intitolata «Competenze speciali»:

«[l]a persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro:

a)

in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita;

b)

ai fini dell’applicazione della presente disposizione e salvo diversa convenzione, il luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio è:

nel caso della compravendita di beni, il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto,

nel caso della prestazione di servizi, il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto;

c)

la lettera a) si applica nei casi in cui non è applicabile la lettera b)».

2. Il regolamento Roma I

8.

A norma del considerando 7 del regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) ( 5 ), «[i]l campo di applicazione materiale e le disposizioni del presente regolamento dovrebbero essere coerenti con il regolamento [n. 44/2001]».

9.

L’articolo 4, paragrafo 1, del suddetto regolamento così dispone:

«In mancanza di scelta esercitata ai sensi dell’articolo 3 e fatti salvi gli articoli da 5 a 8, la legge che disciplina il contratto è determinata come segue:

a)

il contratto di vendita di beni è disciplinato dalla legge del paese nel quale il venditore ha la residenza abituale;

b)

il contratto di prestazione di servizi è disciplinato dalla legge del paese nel quale il prestatore di servizi ha la residenza abituale;

(...)

f)

il contratto di distribuzione è disciplinato dalla legge del paese nel quale il distributore ha la residenza abituale;

(...)».

B – Il diritto belga

10.

La legge del 27 luglio 1961 sul recesso unilaterale dalle concessioni di vendita esclusiva a durata indeterminata ( 6 ) (in prosieguo: la «legge belga del 27 luglio 1961») definisce la «concessione di vendita» al suo articolo 1, paragrafo 2, come «ogni accordo in forza del quale un concedente riserva a uno o più concessionari il diritto di vendere, in nome e per conto proprio, i prodotti che esso fabbrica o distribuisce».

11.

A norma dell’articolo 4 della detta legge:

«Il concessionario danneggiato dal recesso da un contratto di vendita che produce effetti in tutto o in parte del territorio belga può, in ogni caso, citare il concedente in Belgio, o davanti al giudice del proprio domicilio, o davanti al giudice del domicilio o della sede del concedente.

Qualora sia adito della controversia un tribunale belga, quest’ultimo applicherà soltanto il diritto belga».

III – Procedimento principale, questioni pregiudiziali e controversia dinanzi alla Corte

12.

Per una decina d’anni la Corman‑Collins, società con sede in Belgio, e La Maison du Whisky, società con sede in Francia, hanno intrattenuto rapporti commerciali nell’ambito dei quali la prima acquistava dalla seconda whisky di varie marche, che prendeva in consegna presso i magazzini della società francese, per rivenderli nel territorio belga.

13.

Per tutto questo periodo la Corman‑Collins ha utilizzato la denominazione «Maison du Whisky Belgique» e un sito Internet denominato «www.whisky.be», senza che ciò suscitasse reazioni da parte di La Maison du Whisky. I recapiti della Corman‑Collins erano inoltre menzionati nella rivista Whisky Magazine edita da una filiale di La Maison du Whisky.

14.

Nel dicembre 2010, quest’ultima ha intimato alla Corman‑Collins di non utilizzare la succitata denominazione e ha bloccato il sito. Nel febbraio 2011 l’ha informata che, rispettivamente dal 1o aprile e dal 1o settembre 2011, essa avrebbe affidato la distribuzione esclusiva di due marchi dei suoi prodotti a un’altra società belga alla quale la Corman‑Collins veniva pertanto invitata a trasmettere, a partire da quel momento, i suoi ordinativi.

15.

Il 9 marzo 2011 la Corman‑Collins ha convenuto La Maison du Whisky dinanzi al tribunal de commerce di Verviers perché fosse condannata in via principale, sulla base della legge belga del 27 luglio 1961, al pagamento di un’indennità sostitutiva del preavviso e di un’indennità supplementare.

16.

La Maison du Whisky ha contestato la competenza territoriale del tribunale adito affermando che sarebbero competenti i tribunali francesi in applicazione dell’articolo 2 del regolamento n. 44/2001. La Corman‑Collins ha replicato a tale eccezione invocando l’articolo 4 della suddetta legge belga.

17.

Le parti non concordavano inoltre sulla qualificazione delle loro relazioni commerciali, dal momento che esse non avevano mai stipulato per iscritto un accordo quadro che definisse le condizioni dei loro rapporti. La Cormann‑Collins ha sostenuto che si sarebbe trattato di un contratto di concessione di vendita in esclusiva ai sensi della stessa legge belga, mentre La Maison du Whisky ha affermato che si sarebbe trattato di semplici contratti di vendita conclusi sulla base di ordinativi settimanali in funzione delle richieste formulate dalla Cormann‑Collins.

18.

Nella sua decisione di rinvio il tribunal de commerce de Verviers afferma espressamente che la Corman‑Collins e La Maison du Whisky «erano vincolate da un contratto verbale» e che, «in virtù della legge [belga del] 27 luglio 1961, il rapporto giuridico tra le parti può essere inteso come contratto di concessione di vendita, dal momento che l’attrice era autorizzata a rivendere nel territorio belga i prodotti acquistati presso la convenuta».

19.

Il suddetto tribunale manifesta invece dei dubbi quanto alla possibilità di fondare la propria competenza sulla regola prevista all’articolo 4 della legge belga del 27 luglio 1961, in considerazione del primato del diritto dell’Unione e delle disposizioni del regolamento n. 44/2001, che, a suo avviso, è applicabile sia ratione loci che ratione materiae. Esso osserva che in forza dell’articolo 2 del suddetto regolamento dovrebbero essere competenti i giudici francesi, ma che potrebbe trovare applicazione anche l’articolo 5, punto 1, del medesimo regolamento. A tal proposito esso si chiede, alla luce della giurisprudenza della Corte ( 7 ), se un contratto di concessione di vendita debba essere qualificato come contratto di compravendita di beni e/o come contratto di prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 5, punto 1, lettera b), del regolamento n. 44/2001. Esso aggiunge che soltanto nel caso in cui nessuna di queste qualificazioni possa essere riferita a una siffatta tipologia di contratto si dovrà stabilire quale sia l’obbligazione dedotta in giudizio nel procedimento principale, problematica che implicitamente riguarda l’articolo 5, punto 1, lettera a), del suddetto regolamento.

20.

In tale contesto, con decisione del 6 gennaio 2012, il tribunal de commerce de Verviers ha sospeso il procedimento e sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 2 del regolamento n. 44/2001, eventualmente in combinato disposto con l’articolo 5, punto 1, lettere a) o b), debba essere interpretato nel senso che esso osta a una norma sulla competenza come quella contenuta nell’articolo 4 della legge belga del 27 luglio 1961, la quale prevede la competenza dei giudici belgi quando il concessionario ha sede nel territorio belga e la concessione di vendita produce tutti o parte dei suoi effetti nel medesimo territorio, indipendentemente dal luogo in cui ha sede il concedente, quando quest’ultimo è parte convenuta.

2)

Se l’articolo 5, punto 1, lettera a), del regolamento n. 44/2001 debba essere interpretato nel senso che esso si applica a un contratto di concessione di vendita di beni in forza del quale una parte acquista prodotti da un’altra in vista della loro rivendita nel territorio di un altro Stato membro.

3)

In caso di risposta negativa a tale questione, se l’articolo 5, punto 1, lettera b), del regolamento n. 44/2001 debba essere interpretato nel senso che esso si applica a un contratto di concessione di vendita come quello in discussione tra le parti.

4)

In caso di risposta negativa alle due questioni precedenti, se l’obbligazione controversa in caso di rottura di un contratto di concessione di vendita sia quella del venditore‑concedente o quella dell’acquirente‑concessionario».

21.

Osservazioni scritte sono state presentate dalla Corman‑Collins e da La Maison du Whisky, dal Regno del Belgio, dalla Confederazione svizzera e dalla Commissione europea.

22.

All’udienza del 31 gennaio 2013 sono comparsi la Corman‑Collins, La Maison du Whisky, il governo belga e la Commissione.

IV – Analisi

A – L’esclusione da parte del regolamento n. 44/2001 della norma sulla competenza prevista all’articolo 4 della legge belga del 27 luglio 1961 (prima questione)

23.

Con la sua prima questione il giudice del rinvio si chiede essenzialmente se una norma nazionale sulla competenza, come quella contenuta all’articolo 4 della legge belga del 27 luglio 1961, possa essere applicata nei confronti di un convenuto che ha la sua sede in un altro Stato membro, nonostante le disposizioni del regolamento n. 44/2001.

24.

Si tratta di stabilire se, in applicazione di detta norma di diritto nazionale e a prescindere dal luogo in cui si trova il domicilio o la sede sociale del convenuto, i giudici belgi possano essere ritenuti competenti quando un concessionario con sede nel territorio belga cita in giudizio un concedente a motivo del recesso dal loro contratto di concessione di vendita e il contratto in parola produce i suoi effetti in detto territorio, tutto o parte di esso.

25.

Nel caso di specie la Corman‑Collins afferma di poter convenire La Maison du Whisky davanti a un tribunale belga sulla base della suddetta disposizione benché la sede sociale della stessa si trovi nel territorio francese.

26.

Ad eccezione della Corman‑Collins, tutte le parti che hanno presentato osservazioni concordano nel proporre alla Corte di rispondere nel senso che l’applicazione di una tale norma sulla competenza fondata sulla lex fori è esclusa in circostanze siffatte, in quanto esse ricadono nell’ambito di applicazione ratione loci del regolamento n. 44/2001.

27.

Condivido tale posizione. Il regolamento n. 44/2001 mira infatti, in particolare ( 8 ), a stabilire in modo uniforme la competenza giurisdizionale per tutti i contenziosi che presentano elementi transfrontalieri e il cui oggetto riguarda la materia da esso disciplinata ( 9 ). Dal considerando 8 di detto regolamento risulta chiaramente che, quando un convenuto è domiciliato in uno degli Stati membri vincolati dal regolamento stesso, le norme comuni che esso enuncia in materia di competenza giurisdizionale devono, in linea di principio, applicarsi e prevalere sulle norme sulla competenza vigenti nei suddetti diversi Stati.

28.

In forza di tali norme unificate, se il convenuto in giudizio considerato è domiciliato in uno Stato membro, come nel caso del procedimento principale, l’attore è tenuto in linea di principio ad agire di fronte alle autorità giudiziarie di tale Stato in base alla norma sulla competenza generale prevista dall’articolo 2 del regolamento n. 44/2001.

29.

Dall’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 44/2001 si evince che le sole deroghe ammesse a tale principio sono quelle previste dalle disposizioni delle sezioni da 2 a 7 del capo II del regolamento suddetto, relativo alle norme sulla competenza. In particolare, quando si tratta di un rapporto contrattuale come quello oggetto del procedimento principale, si applica la norma sulla competenza speciale sancita all’articolo 5, punto 1, del suddetto regolamento, la quale opera in alternativa a quella contenuta nell’articolo 2 ( 10 ), e non le norme sulla competenza previste dal diritto degli Stati membri.

30.

Il paragrafo 2 del medesimo articolo 3 insiste sull’idea secondo cui il legislatore dell’Unione ha inteso escludere l’applicazione delle norme nazionali sulla competenza nei casi rientranti nell’ambito di applicazione del regolamento ( 11 ), dal momento che afferma espressamente che nei confronti di un convenuto domiciliato in uno Stato membro non possono essere addotte le norme nazionali.

31.

Ne consegue, a mio avviso, che occorre rispondere alla questione pregiudiziale in esame nel senso che quando il convenuto è domiciliato nel territorio di uno Stato membro diverso da quello in cui ha sede il giudice adito, le norme del regolamento n. 44/2001 escludono l’applicazione di una norma nazionale sulla competenza quale quella prevista all’articolo 4 della legge belga del 27 luglio 1961.

B – La qualificazione di un contratto di concessione di vendita nel quadro dell’articolo 5, punto 1, del regolamento n. 44/2001 (seconda e terza questione)

1. Osservazioni preliminari

32.

Mi sembra che la seconda e la terza questione non siano state proposte in termini chiari, dato che il giudice del rinvio pare aver confuso i diversi criteri di competenza contenuti all’articolo 5, punto 1, del regolamento n. 44/2001 e non aver perfettamente tenuto conto del rapporto che intercorre tra di loro ( 12 ).

33.

Con le suddette questioni il giudice del rinvio chiede essenzialmente se sia la lettera a) o la lettera b) dell’articolo 5, punto 1, del regolamento n. 44/2001 a trovare applicazione ai fini di individuare il giudice competente a conoscere di un’azione giudiziaria fondata su un contratto di concessione di vendita.

34.

Al fine di rispondere in modo utile, considerata l’interazione tra queste due questioni, ritengo che occorra esaminarle congiuntamente e che, soprattutto, tenuto conto della gerarchia stabilita dalla lettera c) del suddetto articolo 5, punto 1, occorra invertire il loro ordine così da trattare anzitutto la terza questione, vertente sulla lettera b) della suddetta disposizione, e poi la seconda, relativa alla lettera a) della medesima disposizione ( 13 ).

35.

In via preliminare, ricordo che, ai fini di interpretare il regolamento n. 44/2001, trova applicazione la giurisprudenza della Corte relativa alla convenzione del 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale ( 14 ) (in prosieguo: la «convenzione di Bruxelles»), nei casi in cui le disposizioni di tali atti possono essere qualificate come equivalenti, dal momento che il regolamento di cui trattasi ha sostituito la suddetta convenzione nei rapporti tra gli Stati membri ( 15 ).

36.

La Corte ha già osservato, da un lato, che esiste una rigorosa identità tra i termini dell’articolo 5, punto 1, lettera a), del regolamento n. 44/2001 e quelli dell’articolo 5, punto 1, primo periodo, della convenzione di Bruxelles e, dall’altro, che una continuità di interpretazione tra i suddetti strumenti non solo è stata auspicata espressamente dal legislatore dell’Unione ( 16 ), ma è altresì conforme al principio della certezza giuridica, dal che risulta che deve essere riconosciuta una portata identica alle suddette disposizioni ( 17 ).

37.

Per quanto attiene invece all’articolo 5, punto 1, lettera b), del regolamento n. 44/2001, gli insegnamenti che si possono trarre dalle sentenze con cui è stata interpretata la convenzione di Bruxelles sono meno diretti, dal momento che le norme sulla competenza di cui alla suddetta lettera b) sono nuove. La particolarità della suddetta disposizione è stata, infatti, sottolineata dalla Corte alla luce sia dei lavori preparatori del regolamento in parola sia della struttura del suo articolo 5, punto 1 ( 18 ), ed essa ne ha dedotto che «il legislatore comunitario [ha] inteso, nell’ambito del regolamento n. 44/2001, preservare, per tutti i contratti diversi da quelli concernenti le compravendite di beni e le prestazioni di servizi, i principi elaborati dalla Corte nel contesto della convenzione di Bruxelles» ( 19 ).

38.

Aggiungo che l’intenzione del legislatore era, mi sembra, che la lettera b) fosse oggetto di un’interpretazione estensiva rispetto alla lettera a) in considerazione dell’obiettivo di semplificazione del regolamento n. 44/2001 rispetto alle disposizioni che erano contenute nella convenzione di Bruxelles. Dai lavori preparatori del suddetto regolamento ( 20 ) e anche dalla relazione del professor Pocar sulla convenzione detta «Lugano bis» ( 21 ), le cui disposizioni sono state adattate nello stesso senso, si evince che le regole specifiche di cui alla lettera b) sono state create per superare le difficoltà di applicazione della regola di cui alla lettera a) emerse dalla giurisprudenza sviluppatasi dalle sentenze Industrie Tessili Italiana Como e De Bloos ( 22 ). Tuttavia, nella citata sentenza Falco Privatstiftung e Rabitsch ( 23 ), la Corte sembra aver optato per un approccio relativamente restrittivo della medesima lettera b).

39.

Occorre tener presente anche un’altra norma sull’interpretazione del regolamento n. 44/2001, vale a dire quella sulla necessità di interpretare le nozioni ivi contenute, in particolare quelle relative alle norme sulla competenza che esso enuncia, in maniera autonoma, facendo principalmente riferimento al sistema e alle finalità del regolamento medesimo, al fine di garantirne l’uniforme applicazione in tutti gli Stati membri ( 24 ). Ciò implica, da un lato, che, in linea di principio, non va fatto rinvio al diritto degli Stati membri e in particolare a quello del giudice adito ( 25 ) e, dall’altro, che vanno evitate assimilazioni ingiustificate tra le suddette nozioni e quelle impiegate in altre norme di diritto dell’Unione ( 26 ).

40.

Questa linea di condotta è ancor più importante nel quadro della presente controversia se si considera che la nozione di «contratto di concessione di vendita», utilizzata dal giudice del rinvio nelle sue questioni pregiudiziali ( 27 ), non rientra tra le nozioni che sono state definite nel diritto dell’Unione ( 28 ) e può rinviare a situazioni diverse nel diritto degli Stati membri, ammesso che tutti conoscano tale forma di contratto ( 29 ). Osservo inoltre che nella succitata causa De Bloos, che già verteva sull’individuazione del giudice competente a conoscere di una domanda di indennità sostitutiva del preavviso del recesso da un contratto di concessione riguardante una parte belga e una parte francese, né la Corte né l’avvocato generale avevano definito la suddetta nozione, né sulla base delle normative nazionali interessate né in termini generali e astratti.

41.

Alla luce della varietà dei contratti di concessione di vendita è più agevole darne una definizione negativa ( 30 ) che una positiva. È tuttavia possibile individuare determinati elementi che sono tipicamente associati alla tipologia di contratti in parola ( 31 ), vale a dire il fatto che la concessione ha come scopo la rivendita dei prodotti considerati nel territorio di concessione; che il concessionario è scelto dal concedente; che il concessionario è quanto meno autorizzato a rivendere i prodotti del concedente quando non beneficia addirittura di un diritto in esclusiva; che si tratta di un rapporto contrattuale di durata; che può essere previsto per il concedente il carattere esclusivo della fornitura e/o dell’approvvigionamento; che può essere previsto un obbligo di acquisto o di rivendita a carico del concessionario; e che le parti possono scegliere di sviluppare insieme le tecniche di promozione ( 32 ).

42.

Aggiungo che, anche se la qualificazione del rapporto giuridico controverso come contratto di concessione di vendita compiuta dal giudice del rinvio sulla base del diritto belga è contestata da La Maison du Whisky e potrebbe essere discussa alla luce degli elementi versati agli atti, la Corte non potrebbe essa stessa valutare o qualificare i fatti o le relative disposizioni nazionali, in conformità di una giurisprudenza costante ( 33 ).

43.

È alla luce di tutte queste considerazioni che occorre rispondere alla seconda e alla terza questione sollevate dal giudice del rinvio.

44.

L’interpretazione dell’articolo 5, punto 1, del regolamento n. 44/2001 ai fini di rispondere alle suddette questioni richiede, a mio avviso, di esaminare, secondo l’ordine definito dal tenore della suddetta disposizione, se un contratto internazionale di concessione di vendita rientri nella categoria della compravendita di beni ai sensi della lettera b), primo trattino, del suddetto punto 1, o in quella della prestazione di servizi ai sensi della lettera b), secondo trattino, del suddetto punto 1, o, altrimenti, se rientri nelle altre forme di contratto disciplinate alla lettera a) del medesimo punto 1. Osservo fin da subito che ritengo occorra aderire alla seconda delle tre opzioni succitate, per le ragioni che illustrerò nel prosieguo.

2. Rigetto della qualificazione come contratto di compravendita di beni ai sensi dell’articolo 5, punto 1, lettera b), primo trattino, del regolamento n. 44/2001

45.

La Maison du Whisky sostiene che alla relazione contrattuale controversa si applica l’articolo 5, punto 1, lettera b), primo trattino, del regolamento n. 44/2001. Dopo aver ricordato che, per distinguere i contratti di compravendita di beni dai contratti di prestazioni di servizi, occorre aver riguardo all’obbligazione caratteristica dei suddetti contratti ( 34 ), La Maison du Whisky afferma che il contratto di concessione è caratterizzato dall’obbligazione del concedente di fornire al concessionario i prodotti oggetto della concessione, obbligazione – questa – che rappresenta un corollario del diritto del concessionario di vendere i prodotti in parola in un determinato territorio. Essa ne deduce che un contratto di concessione può riferirsi soltanto alla compravendita di beni, con la conseguenza, a suo avviso, di escludere definitivamente la qualificazione del contratto come di prestazione di servizi. Questo approccio si riallaccia a quello fatto proprio dalla Corte suprema di cassazione (Italia) ( 35 ) sulla base anzitutto della Convenzione delle Nazioni Unite sottoscritta a Vienna l’11 aprile 1980 ( 36 ), mentre diversa è la posizione adottata da altri giudici nazionali ( 37 ).

46.

Dato che, per qualificare un contratto ai fini dell’applicazione dell’articolo 5, punto 1, lettera b), del regolamento n. 44/2001, la Corte ha effettivamente preso in considerazione un criterio collegato alla ricerca dell’obbligazione che caratterizza il contratto ( 38 ), occorrerebbe, perché un contratto di concessione di vendita ricada nelle disposizioni del primo trattino del succitato punto b), che la sua essenza consista proprio nell’operazione della vendita.

47.

Ora, a mio avviso, non è questo il caso, tenuto conto, da un lato, delle considerazioni suesposte circa gli elementi che generalmente caratterizzano un contratto di concessione di vendita e, dall’altro, del fatto che ciò significherebbe dimenticare la peculiarità costituita dall’esistenza, di norma, in questa tipologia di relazioni commerciali, di un accordo quadro di concessione distinto dai contratti di vendita successivi ( 39 ).

48.

Vorrei evidenziare che la prova della conclusione di un simile accordo quadro non potrà fondarsi, in mancanza di convenzioni scritte o verbali, sulla sola esistenza di una relazione stabile riflessa da vendite successive. È possibile inoltre che un accordo quadro tra un produttore e un grossista o tra un grossista e un dettagliante non si qualifichi come concessione di vendita ( 40 ).

49.

Ritengo pertanto che, qualora venga accertato che le parti hanno realmente concluso un contratto di concessione di vendita, il giudice adito in relazione a una controversia vertente su un siffatto rapporto contrattuale non possa fondare la propria competenza sul criterio di collegamento relativo al luogo di consegna dei beni venduti, in applicazione dell’articolo 5, punto 1, lettera b), primo trattino, del regolamento n. 44/2001.

3. Ammissione della qualificazione come contratto di prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 5, punto 1, lettera b), secondo trattino, del regolamento n. 44/2001

50.

La Commissione si esprime a favore dell’applicabilità al rapporto contrattuale in causa dell’articolo 5, punto 1, lettera b), secondo trattino, del regolamento n. 44/2001. Condivido questa posizione, ammesso che si tratti, nel caso di specie, di un contratto di concessione di vendita e non di semplici rapporti di vendita con carattere di stabilità. Tornerò più avanti su questa differenza essenziale.

51.

Nella succitata sentenza Falco Privatstiftung e Rabitsch la Corte ha insistito sulla necessità di interpretare in modo autonomo la nozione di «prestazione di servizi» ai sensi della suddetta disposizione e ha affermato che «la nozione di servizi implica, quanto meno, che la parte che li fornisce effettui una determinata attività [da un lato] in cambio [dall’altro] di un corrispettivo» ( 41 ).

52.

A quanto mi consta, la presente controversia rappresenta per la Corte la prima occasione di servirsi dei criteri di applicazione che essa ha in tal modo sviluppato e, se del caso, di precisarne la portata ( 42 ).

53.

Ritengo occorra, per coerenza con la giurisprudenza, attenersi agli elementi indicati nella definizione formulata dalla Corte nella succitata sentenza, senza tuttavia adottare un approccio troppo restrittivo della nozione in esame ( 43 ), tenuto conto in particolare degli obiettivi che hanno condotto all’adozione di detta disposizione. Infatti, siccome gli estensori del regolamento n. 44/2001 avevano come obiettivo quello di semplificare le norme sulla competenza in materia contrattuale ( 44 ), occorre non privare del loro effetto utile le disposizioni specifiche dell’articolo 5, punto 1, lettera b), che mirano a evitare l’applicazione del complesso meccanismo implicato dall’attuazione della norma più generale di cui all’articolo 5, punto 1, lettera a), del suddetto regolamento.

54.

Per quanto attiene al primo criterio previsto dalla Corte nei termini sopra ricordati, esso presuppone il compimento di atti positivi, escludendo meri atti omissivi ( 45 ). A questo proposito il contratto di concessione di vendita risponde, a mio avviso, a questa esigenza ( 46 ), tenuto conto della prestazione essenziale che viene resa dal concessionario a favore del concedente, vale a dire quella di garantirgli la distribuzione dei prodotti in modo tale che il concedente sia dispensato dalla creazione di una propria rete di distribuzione nel territorio di concessione o non debba dipendere dalla rivendita garantita da parti indipendenti. Vorrei sottolineare che, nell’ambito dei rapporti privilegiati che intercorrono con il concedente, il concessionario fornisce un valore aggiunto rispetto all’attività dei semplici rivenditori in quanto, in generale, assicura, grazie allo stoccaggio, la continuità di approvvigionamento per i prodotti del concedente, garantisce un servizio post‑vendita ove si tratti di beni durevoli e/o può favorire la promozione di detti prodotti attraverso offerte speciali ( 47 ).

55.

Per quanto attiene al secondo criterio, relativo alla «remunerazione» che deve essere riconosciuta quale compenso per una siffatta attività, ritengo che esso non debba essere inteso in senso restrittivo, richiedendo sempre il versamento di una retribuzione pecuniaria, poiché così si negherebbe l’esistenza di servizi che sono forniti senza alcun compenso di carattere finanziario, ma che rientrano innegabilmente nella nozione di «prestazione di servizi» ai sensi dell’articolo 5, punto 1, lettera b), secondo trattino, del regolamento n. 44/2001 ( 48 ).

56.

Per quanto concerne più nello specifico i contratti di concessione di vendita, sono dell’avviso che la contropartita economica di cui beneficia il concessionario, in cambio della summenzionata attività da lui svolta, consista in particolare nel vantaggio caratteristico che gli riconosce il concedente, vale a dire l’esclusività territoriale o quantomeno la garanzia che un numero limitato di concessionari avrà la possibilità di rivendere i prodotti del concedente in un determinato territorio. Il concedente, inoltre, riconosce di norma al concessionario una posizione più vantaggiosa rispetto a quella dei semplici rivenditori offrendogli agevolazioni di pagamento e/o trasmettendogli, grazie alla formazione, un know‑how. Una siffatta selettività e tali altre prerogative hanno un valore economico per il concessionario che è idoneo a indurre quest’ultimo ad accettare di vincolarsi in un rapporto privilegiato con il concedente e a impegnarsi per favorire la vendita dei suoi prodotti.

57.

Un contratto di concessione di vendita può pertanto, a mio parere, essere qualificato come un contratto di «prestazione di servizi» ai fini dell’applicazione delle norme sulla competenza enunciate all’articolo 5, punto 1, lettera b), secondo trattino, del suddetto regolamento.

58.

Questa posizione è supportata dalle disposizioni del regolamento Roma I di cui occorre tener conto, per quanto possibile, nell’interpretare il regolamento n. 44/2001 ( 49 ), senza tuttavia che la Corte sia tenuta a procedere in modo meccanico ( 50 ). Ricordo che il considerando 17 del regolamento Roma I qualifica come «contratti di prestazione di servizi» i «contratti di distribuzione», tra i quali rientrano i contratti di concessione di vendita, e invita ad adottare la stessa interpretazione per il regolamento n. 44/2001. Non arriverò a ritenere, come la Commissione, che il legislatore comunitario ha così optato per una completa assimilazione dei contratti di distribuzione ai contratti di prestazione di servizi, poiché, se è vero che il considerando citato indica che i contratti di distribuzione sono contratti di prestazione di servizi, esso precisa, in fine, che si tratta di prestazione di contratti di servizi particolari, per i quali sono previste regole specifiche all’articolo 4 del regolamento Roma I ( 51 ). Sono, tuttavia, favorevole a che la Corte prenda espressamente in considerazione l’approccio seguito dal legislatore nel regolamento Roma I e adotti un sistema d’interpretazione che garantisca una coerenza tra quest’ultimo e il regolamento n. 44/2001, così come essa ha fatto nella sentenza Koelzsch ( 52 ).

59.

Spetta al giudice nazionale verificare se, in concreto, nella controversia dinanzi a lui pendente, si ravvisi un rapporto sinallagmatico corrispondente a una prestazione di servizi, vale a dire che va oltre il livello di semplici relazioni commerciali stabili, per poter confermare che la norma applicabile nel caso di specie è effettivamente l’articolo 5, punto 1, lettera b), secondo trattino, del regolamento n. 44/2001.

60.

In effetti, un rapporto stabile di fornitura tra un produttore o un grossista e un commerciante è, a mio avviso, assimilabile a un semplice contratto di compravendita, e rientra quindi nella norma sulla competenza speciale prevista all’articolo 5, punto 1, lettera b), primo trattino, del suddetto regolamento, anche se il rapporto commerciale presenta di fatto un carattere di esclusività o una durata a lungo termine. Diversamente, se il supposto acquirente‑concessionario ha chiaramente obblighi contrattuali specifici ( 53 ) e questi ultimi sono fondati sulla contropartita economica dovuta dal venditore‑concedente ( 54 ), è possibile ritenere che un simile rapporto di concessione di vendita corrisponda a una prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 5, punto 1, lettera b), secondo trattino, del regolamento n. 44/2001.

61.

Ricordo che l’onere di provare, dinanzi al giudice adito, che i suddetti elementi, determinanti per fondare la competenza, ricorrano realmente nella fattispecie grava sulla parte che invoca l’esistenza di un contratto di concessione di vendita, e ciò presuppone una prestazione di servizi che possa essere distinta da un semplice contratto di vendita. Aggiungo che una siffatta qualificazione deve essere fondata su un’analisi concreta del rapporto contrattuale e non sulla definizione di tale tipologia di contratto eventualmente contenuta nella lex fori.

62.

Se la prova richiesta viene adeguatamente fornita e viene riconosciuta così la qualificazione del contratto come prestazione di servizi, il giudice chiamato a decidere di una controversia vertente su un contratto di concessione di vendita potrà fondare la propria competenza sul criterio di collegamento relativo al luogo in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati, a norma del secondo trattino della suddetta lettera b).

4. Esclusione dell’applicazione dell’articolo 5, punto 1, lettera a), del regolamento n. 44/2001

63.

Con la sua seconda questione, qui esaminata successivamente alla terza per le ragioni sopra esposte, il giudice del rinvio desidera sapere se un contratto di concessione di vendita, in forza del quale una parte acquista prodotti da un’altra in vista della loro rivendita nel territorio di un altro Stato membro, rientri nel campo di applicazione dell’articolo 5, punto 1, lettera a), del regolamento n. 44/2001.

64.

La Corman‑Collins e il governo belga rispondono in senso affermativo, muovendo dal presupposto, da essi ben poco motivato, che i contratti di concessione di vendita non siano né contratti di compravendita né contratti di prestazione di servizi o che, quantomeno, secondo il governo belga, non rientrino «soltanto» in una di queste due categorie previste all’articolo 5, punto 1, lettera b), del suddetto regolamento. Questa posizione è stata sostenuta dalla giurisprudenza di taluni Stati membri ed è supportata da una parte della dottrina ( 55 ).

65.

A sostegno di tale tesi sono stati formulati molteplici argomenti. Uno tra questi è che soltanto un’interpretazione letterale delle nozioni potrebbe portare a un’uniformazione delle norme sulla competenza in seno all’Unione. Un altro è che l’operazione di qualificazione non potrebbe condurre a preferire un approccio troppo semplicistico, che non considerasse le molteplici forme sotto cui può presentarsi il contratto di concessione di vendita e non tenesse conto delle specificità che quest’ultimo può presentare nelle normative dei diversi Stati membri. Questi argomenti tuttavia non mi convincono, posto che, da un lato, la maggior parte delle figure contrattuali commerciali assume forme diverse e mal si presta a una qualificazione che permetta l’unificazione delle nozioni e che, dall’altro, non può essere adottato un approccio puramente comparatistico per interpretare le nozioni contenute nel regolamento n. 44/2001 e per stabilire, quindi, quali tipologie di controversie vi rientrino, poiché la Corte ha dichiarato in più occasioni che occorre optare per una loro definizione autonoma.

66.

Da parte mia, ritengo invece che un contratto di concessione di vendita debba essere qualificato come contratto di prestazione di servizi, ai sensi dell’articolo 5, punto 1, lettera b), del regolamento n. 44/2001, per le ragioni indicate in precedenza.

67.

Ora, dall’articolo 5, punto 1, lettera c), del suddetto regolamento si evince che la norma sulla competenza contenuta nella lettera a) della medesima disposizione è destinata a trovare applicazione in alternativa e in subordine rispetto alle norme sulla competenza contenute alla successiva lettera b). Date le circostanze, non occorre a mio avviso interrogarsi oltre sull’applicazione, nel quadro della presente controversia, della prima di queste due serie di norme sulla competenza.

68.

Qualche spunto per l’interpretazione dell’articolo 5, punto 1, lettera a), del regolamento n. 44/2001 verrà tuttavia fornito, in via subordinata, nel quadro della risposta alla quarta questione pregiudiziale che verte, in realtà, sull’interpretazione di detta disposizione, anche se la sua formulazione letterale non lo indica espressamente.

69.

Per quanto attiene alla seconda e alla terza questione pregiudiziali, propongo alla Corte di rispondere nel senso che, tra le disposizioni del regolamento n. 44/2001, è quella dell’articolo 5, punto 1, lettera b), secondo trattino, che deve essere applicata al fine di determinare il giudice competente a conoscere di un’azione fondata su un contratto di concessione di vendita internazionale, il che implica clausole specifiche quanto alla distribuzione da parte del concessionario della merce venduta dal concedente, dal momento che una siffatta tipologia di contratto rientra nella prestazione di servizi ai sensi della suddetta norma.

C – L’individuazione dell’obbligazione dedotta in giudizio ai sensi dell’articolo 5, punto 1, lettera a), del regolamento n. 44/2001 (quarta questione)

70.

La quarta questione pregiudiziale è formulata come segue:

«In caso di risposta negativa alle due questioni precedenti, se l’obbligazione controversa in caso di risoluzione di un contratto di concessione di vendita sia quella del venditore-concedente o quella dell’acquirente-concessionario».

71.

Questa formulazione manca quantomeno di chiarezza, viste le disposizioni di cui viene chiesta l’interpretazione ( 56 ). Malgrado questa ambiguità, ritengo che la Corte possa offrire una risposta pertinente alla quarta questione che le viene sottoposta, tenuto conto dell’espressa motivazione contenuta al riguardo nella decisione di rinvio. Il giudice del rinvio ha infatti precisato che «solo nel caso in cui il contratto di concessione di vendita non sia qualificato come contratto di compravendita di beni o come contratto di prestazione di servizi, si dovrà stabilire quale sia l’obbligazione controversa che, nella fattispecie, costituisce il fondamento della domanda formulata» ( 57 ). Dal ragionamento appena compiuto risulta che la questione contiene un errore redazionale, dato che il giudice del rinvio intendeva riferirsi non al caso in cui non possa trovare applicazione né la lettera a) né la lettera b) dell’articolo 5, punto 1, del regolamento n. 44/2001, bensì al caso in cui non possa trovare applicazione né il primo né il secondo trattino della suddetta lettera b) ( 58 ).

72.

Dal momento che la Corte dispone di elementi sufficienti a tal fine, la questione pregiudiziale può essere riformulata ( 59 ) nel senso che il giudice del rinvio si chiede essenzialmente se, nel caso in cui – diversamente dalla risposta che io propongo di dare – il procedimento principale non rientri nell’articolo 5, punto 1, lettera b), del regolamento n. 44/2001, «l’obbligazione dedotta in giudizio», ai sensi della lettera a) del suddetto articolo 5, punto 1, sia l’obbligazione del venditore‑concedente o quella dell’acquirente‑concessionario.

73.

A questo proposito, la Corman‑Collins sostiene che quando l’obbligazione del concedente consiste nel permettere al concessionario di esercitare il suo diritto a vendere in esclusiva in un territorio determinato, la domanda di risarcimento dovrebbe essere proposta davanti al giudice che ha sede in tal luogo ( 60 ).

74.

Ritengo, in linea con la Commissione, che la risposta alla suddetta questione debba essere trovata nella giurisprudenza della Corte relativa all’interpretazione dell’articolo 5, punto 1, primo periodo, della convenzione di Bruxelles. Ricordo, infatti, che il testo dell’articolo 5, punto 1, lettera a), del regolamento n. 44/2001 è assolutamente identico a quello della suddetta disposizione della convenzione e che è già stato dichiarato che alla prima di tali disposizioni deve essere riconosciuta, per tale motivo, una portata identica a quella della seconda ( 61 ).

75.

Dalla copiosa giurisprudenza della Corte sull’articolo 5, punto 1, della convenzione di Bruxelles, alla quale occorre dunque continuare a riferirsi malgrado le difficoltà di attuazione evidenziate al riguardo ( 62 ), risulta una serie di criteri che permettono di individuare il giudice competente in materia contrattuale e che sono applicabili in particolare quanto all’obbligazione da considerare a tal fine e all’individuazione del suo luogo di esecuzione.

76.

Uno dei suddetti principi giurisprudenziali è quello secondo cui la nozione di «obbligazione dedotta in giudizio», contenuta nell’articolo 5, punto 1, lettera a), del regolamento n. 44/2001, corrisponde all’obbligazione che scaturisce dal contratto controverso ( 63 ) e di cui l’attore eccepisce l’inadempimento al fine di giustificare la sua azione giudiziaria ( 64 ). La Corte ha, in particolare, già statuito che, nel caso in cui l’attore è un concessionario che fa valere il proprio diritto al risarcimento del danno o che chiede la risoluzione del contratto per colpa della controparte, la suddetta nozione rinvia all’obbligazione a carico del concedente che corrisponde al diritto contrattuale sul quale tali domande sono fondate ( 65 ). Compete al giudice nazionale adito nel procedimento principale e non alla Corte definire il contenuto preciso di detta obbligazione.

77.

Inoltre, anche se la questione, in quanto tale, non è posta dal giudice del rinvio, ritengo necessario, perché il quadro gli sia completamente chiaro, richiamare la sua attenzione sul fatto che anche l’individuazione del luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio è stata oggetto di numerose sentenze della Corte. Ne risulta che il luogo in cui l’obbligazione contrattuale controversa «è stata o deve essere eseguita» ai sensi dell’articolo 5, punto 1, lettera a), del regolamento n. 44/2001 deve essere determinato in conformità delle norme sul conflitto di leggi applicabili nello Stato membro in cui ha sede il giudice adito ( 66 ).

78.

Infine, come sottolinea la Commissione, la Corte ha precisato che, se si accerta che l’azione dell’attore è fondata non su una sola obbligazione, ma su più obbligazioni derivanti da un medesimo contratto e il luogo di esecuzione non è, in base alla legge applicabile, lo stesso per tutte, il giudice adito, per determinare la propria competenza, si orienterà sul principio secondo il quale l’accessorio segue il principale ( 67 ). Nel caso in cui le suddette obbligazioni siano equivalenti, nel senso che nessuna di esse appare principale rispetto alle altre, la Corte ha statuito che il giudice adito è competente a conoscere soltanto della parte dell’azione vertente sulle obbligazioni il cui luogo di esecuzione si trova nel territorio nazionale e non su quelle che devono essere eseguite in un altro Stato membro ( 68 ). Spetterà al giudice del rinvio stabilire se tale sia il caso nella controversia di cui è investito.

79.

In conclusione, qualora l’articolo 5, punto 1, lettera a), del regolamento n. 44/2001 costituisca la norma sulla competenza che la Corte dichiara applicabile in una controversia come quella oggetto del procedimento principale, occorrerebbe, a mio avviso, rispondere alla quarta questione pregiudiziale, come riformulata, che «l’obbligazione dedotta in giudizio», ai sensi della suddetta disposizione, è l’obbligazione contrattuale del concedente la cui mancata esecuzione è invocata dal concessionario a fondamento della propria azione giudiziaria.

V – Conclusione

80.

Alla luce delle precedenti considerazioni, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali sollevate dal tribunal de commerce de Verviers:

1)

L’articolo 2 del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, letto in combinato disposto con gli articoli 3, 4 e 5, punto 1, del medesimo regolamento, deve essere interpretato nel senso che esso osta all’applicazione, nei confronti di un convenuto domiciliato in un altro Stato membro, di una norma nazionale sulla competenza come quella contenuta all’articolo 4, paragrafo 1, della legge del 27 luglio 1961, sul recesso unilaterale dalle concessioni di vendita esclusiva a durata indeterminata, come modificata dalla legge del 13 aprile 1971 sul recesso unilaterale dalle concessioni di vendita, la quale prevede la competenza dei giudici belgi, indipendentemente dal luogo in cui ha sede il convenuto, quando un concessionario stabilito nel territorio belga cita in giudizio un concedente a motivo del recesso dal contratto di concessione di vendita che intercorre tra loro se quest’ultimo produce i suoi effetti in detto territorio, tutto o parte di esso.

2)

Si applica l’articolo 5, punto 1, lettera b), secondo trattino, del regolamento n. 44/2001, che disciplina la competenza in materia contrattuale per la prestazione di servizi, al fine di determinare il giudice competente a conoscere di un’azione giudiziaria con la quale l’attore, stabilito in uno Stato membro, fa valere nei confronti di un convenuto, stabilito in un altro Stato membro, diritti derivanti da un contratto di concessione di vendita, il che presuppone che il contratto vincolante le parti comporti effettivamente clausole specifiche circa la distribuzione da parte del concessionario della merce venduta dal concedente.

3)

In subordine, se fosse l’articolo 5, punto 1, lettera a), del regolamento n. 44/2001 a trovare applicazione in circostanze come quelle del procedimento principale, nelle quali un acquirente‑concessionario cita in giudizio un venditore‑concedente a motivo della rottura dei loro rapporti contrattuali, l’obbligazione dedotta in giudizio, ai sensi della suddetta disposizione, è l’obbligazione del venditore‑concedente che scaturisce dal contratto in questione, la cui mancata esecuzione è invocata dall’attore a fondamento dell’azione giudiziaria.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU 2001, L 12, pag. 1.

( 3 ) Conformemente all’articolo 1, paragrafo 3, del suddetto regolamento, l’espressione «Stato membro» sarà riferita, nelle presenti conclusioni, a tutti gli Stati membri dell’Unione ad eccezione del Regno di Danimarca.

( 4 ) Per un’analisi di diritto comparato, si vedano in particolare Berlioz, P., «La notion de fourniture de services au sens de l’article 5‑1 b) du règlement “Bruxelles I”», J.D.I., 2008, n. 3, doctr. 6, pag. 675; Hollander, P., Le droit de la distribution, Anthémis, Liegi, 2009, pagg. 271 e segg., e Magnus, U./Mankowski, P. (a cura di), Brussels I Regulation, Sellier European Law Publishers, Monaco di Baviera, 2012, pagg. 153 e segg.

( 5 ) GU L 177, pag. 6.

( 6 ) Moniteur belge del 5 ottobre 1961, pag. 7518. Testo modificato dalla legge del 13 aprile 1971 sul recesso unilaterale dalle concessioni di vendita (Moniteur belge del 21 aprile 1971, pag. 4996).

( 7 ) Il giudice del rinvio cita le sentenze del 23 aprile 2009, Falco Privatstiftung e Rabitsch (C-533/07, Racc. pag. I-3327), e dell’11 marzo 2010, Wood Floor Solutions Andreas Domberger (C-19/09, Racc. pag. I-2121).

( 8 ) Al considerando 2 il regolamento n. 44/2001 enuncia di contenere disposizioni che consentono, da un lato, di unificare le norme sui conflitti di competenza in materia civile e commerciale e, dall’altro, di semplificare le formalità affinché le decisioni emesse dagli Stati membri vincolati da detto regolamento siano riconosciute ed eseguite in modo rapido e semplice.

( 9 ) L’ambito di applicazione ratione materiae del regolamento n. 44/2001 è definito al suo articolo 1.

( 10 ) Il suddetto articolo 5 permette, alle condizioni da esso stabilite, che l’attore adisca giudici diversi da quelli dello Stato membro nel quale il convenuto è domiciliato.

( 11 ) Lo stesso non può dirsi, ben inteso, se la situazione alla base della controversia è puramente interna.

( 12 ) Lo stesso vale per la quarta questione, per i motivi che illustrerò più in dettaglio nel prosieguo.

( 13 ) Quest’ultimo elemento ha, infatti, carattere sussidiario rispetto al precedente, come si evince dalla succitata lettera c), a norma della quale «la lettera a) si applica nei casi in cui non è applicabile la lettera b)» (il corsivo è mio).

( 14 ) GU 1972, L 299, pag. 32, come modificata dalle successive convenzioni relative all’adesione dei nuovi Stati membri a tale convenzione.

( 15 ) V., in particolare, sentenze del 25 ottobre 2012, Folien Fischer e Fofitec (C‑133/11, punto 31); del 7 febbraio 2013, Refcomp (C‑543/10, punto 18), e del 14 marzo 2013, Česká spořitelna (C‑419/11, punto 27).

( 16 ) V. considerando 19 del regolamento n. 44/2001.

( 17 ) Citate sentenze Falco Privatstiftung e Rabitsch (punti da 48 a 57, e giurisprudenza ivi citata) e Česká spořitelna (punti 43 e 44).

( 18 ) V. sentenza Falco Privatstiftung e Rabitsch, cit. (punto 54), che rinvia a tal proposito ai paragrafi 94 e 95 delle conclusioni formulate dall’avvocato generale Trstenjak nell’ambito di detta causa.

( 19 ) Ibidem (punto 55). Il corsivo è mio.

( 20 ) V., in particolare, la proposta di regolamento COM (1999) 348 def., pag. 14.

( 21 ) Relazione esplicativa elaborata dal professor Fausto Pocar sulla Convenzione concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale conclusa a Lugano il 30 ottobre 2007 (GU 2009, C 319, pag. 1, punti da 49 a 51). Detta convenzione è conclusa fra la Comunità europea, il Regno di Danimarca, la Repubblica d’Islanda, il Regno di Norvegia e la Confederazione svizzera.

( 22 ) Sentenze del 6 ottobre 1976, Industrie Tessili Italiana Como (12/76, Racc. pag. 1473) e De Bloos (14/76, Racc. pag. 1497).

( 23 ) Al punto 43, la Corte ha considerato che «estendere l’ambito di applicazione dell’articolo 5, punto 1, lettera b), secondo trattino, del regolamento n. 44/2001 avrebbe l’effetto di eludere l’intenzione del legislatore comunitario a questo riguardo e pregiudicherebbe l’effetto utile del suddetto articolo 5, punto 1, lettere c) e a)».

( 24 ) V., in particolare, sentenza Česká spořitelna, cit. (punto 25, e giurisprudenza ivi citata).

( 25 ) Ibidem (punto 45, e giurisprudenza ivi citata).

( 26 ) È stato statuito in particolare che la nozione di «prestazione dei servizi» ai sensi dell’articolo 56 TFUE non è equivalente a quella di «prestazione di servizi» ai sensi dell’articolo 5, punto 1, lettera b), del regolamento n. 44/2001. Sul rigetto dell’analogia considerata, v. sentenza Falco Privatstiftung e Rabitsch, cit. (punti 15, 33 e segg.) e paragrafi 59 e segg. delle conclusioni presentate dall’avvocato generale Trstenjak nel quadro di tale causa.

( 27 ) Ricordo che, secondo il suddetto giudice, il rapporto contrattuale sul quale la Corman‑Collins fonda la sua azione corrisponde a tale tipologia di contratto. Nella seconda questione pregiudiziale esso precisa che la sua domanda verte su un contratto di concessione di vendita «in forza del quale una parte acquista prodotti da un’altra in vista della loro rivendita nel territorio di un altro Stato membro».

( 28 ) Diversamente da quanto vale, , in particolare, per un’altra tipologia di contratti di distribuzione: i contratti di agenzia commerciale [direttiva 86/653/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1986, relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti (GU L 382, pag. 17)].

( 29 ) Mentre taluni diritti nazionali, al pari del diritto belga (articolo 1, paragrafo 2, della legge belga del 27 luglio 1961), hanno adottato una definizione legislativa o regolamentare della concessione di vendita e un regime specifico per tale contratto, in altri Stati membri la figura contrattuale considerata è definita essenzialmente sulla base della prassi, il che non agevola l’affermazione di una nozione omogenea.

( 30 ) I contratti in parola si differenziano chiaramente, da una parte, dai contratti di agenzia commerciale, poiché il concessionario non ha potere di rappresentanza del concedente, e, dall’altra, dai contratti di affiliazione (franchising), poiché la concessione di vendita non si fonda sulla messa a disposizione da parte del concedente del suo know‑how tecnico o amministrativo a favore del concessionario.

( 31 ) Preciso che parte di questi elementi è considerata dal diritto di determinati Stati membri e da taluni autori come necessaria ai fini della qualificazione del contratto di concessione, mentre altri elementi sarebbero rimessi alla mera volontà delle parti; si tratta tuttavia, a mio avviso, di approcci troppo variabili per poterne trarre vere costanti.

( 32 ) L’autorizzazione a rivendere e il suo eventuale carattere esclusivo presuppongono una scelta in capo al concedente che trova il proprio fondamento vuoi nei diritti di proprietà intellettuale vuoi in una politica di distribuzione selettiva.

( 33 ) Nell’ambito del procedimento di rinvio pregiudiziale, ogni valutazione dei fatti di causa rientra nella competenza del giudice nazionale benché la Corte possa, in uno spirito di cooperazione, fornirgli tutte le indicazioni che reputa necessarie. V., in particolare, sentenze del 3 febbraio 1977, Benedetti (52/76, Racc. pag. 163, punto 10), e del 5 marzo 2009, Apis‑Hristovich (C-545/07, Racc. pag. I-1627, punto 32).

( 34 ) Sentenza del 25 febbraio 2010, Car Trim (C-381/08, Racc. pag. I-1255, punti 31 e segg.).

( 35 ) V., in particolare, sentenza della Corte suprema di cassazione, del 14 dicembre 1999, n. 895, Commento critico di F. Ferrari, in Giustizia civile, 2000, I, pagg. 2333 e segg.

( 36 ) Convenzione sui contratti di compravendita internazionale di merci.

( 37 ) I giudici francesi, ungheresi, dei Paesi Bassi, svizzeri e statunitensi, investiti della suddetta questione, hanno escluso dal campo di applicazione della suddetta convenzione i contratti di distribuzione, in generale, e i contratti di concessione di vendita, in particolare (v. Ferrari, F., op. cit, pag. 2338, e Witz, D., Recueil Dalloz, 2008, pagg. 2620 e segg.).

( 38 ) Sentenza Falco Privatstiftung e Rabitsch, cit. (punto 54).

( 39 ) V., in tal senso, le conclusioni dell’avvocato generale Reischl presentate nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza De Bloos. Questa distinzione, ampiamente riconosciuta nel diritto degli Stati membri, risulta dalle differenze esistenti quanto alle modalità di conclusione del contratto (le richieste successive a un accordo quadro vengono generalmente inoltrate a mezzo ordine, posta o posta elettronica, più che mediante integrazioni al contratto iniziale), alle finalità (l’obiettivo di distribuire i prodotti in un territorio per acquisire tale mercato è assente nel contratto di vendita isolato) e ai regimi giuridici applicabili (in particolare per quanto attiene agli effetti limitati di una clausola attributiva della competenza presente in uno di questi contratti).

( 40 ) Ad esempio, se una società s’impegna, sulla base di un accordo quadro, ad acquistare ogni anno svariate migliaia di computer senza marchio, sulla base tuttavia di contratti di vendita mensili che hanno carattere autonomo essendo conclusi per ciascuna fornitura, un simile accordo non costituisce una concessione in vendita, ma un semplice rapporto continuativo di vendita.

( 41 ) V. punti da 29 a 33.

( 42 ) È vero che al paragrafo 59 delle sue conclusioni nella causa che ha dato luogo alla succitata sentenza Wood Floor Solutions Andreas Domberger l’avvocato generale Trstenjak aveva già applicato detti criteri al contratto di agenzia commerciale, ma la Corte, cui non era stata sottoposta tale questione, si è astenuta dall’applicarli a propria volta.

( 43 ) Al paragrafo 54 delle conclusioni nella causa Falco Privatstiftung e Rabitsch, cit., l’avvocato generale Trstenjak si era altresì espressa a favore di un’accezione ampia di tale nozione.

( 44 ) V. paragrafo 38 delle presenti conclusioni.

( 45 ) Nella sentenza Falco Privatstiftung e Rabitsch, cit. (punto 31), la Corte ha negato che potesse qualificarsi come «prestazione di servizi» un contratto con il quale il titolare del diritto di proprietà intellettuale concesso si obbligava nei confronti della controparte unicamente a non contestare lo sfruttamento di tale diritto da parte sua, in quanto, concedendo lo sfruttamento del diritto in questione, egli non effettuava alcuna prestazione, ma solo si impegnava a consentire che la controparte sfruttasse liberamente tale diritto.

( 46 ) L’avvocato generale Trstenjak aveva proposto un approccio diverso, ritenendo che la prestazione di servizi richieda che la persona compia «una qualche attività ovvero un attivo comportamento», argomento questo sostenuto, a contrario, alla luce della dottrina secondo cui un contratto di concessione in esclusiva non può essere né un contratto di vendita né un contratto di prestazione di servizi (v. paragrafo 57 e nota a piè di pagina 56 delle sue conclusioni nella causa Falco Privatstiftung e Rabitsch, cit.).

( 47 ) Un’analisi teleologica dei contratti di distribuzione, quali i contratti di concessione, consente di osservare che essi «sono volti a fornire un servizio per la conquista e lo sfruttamento di un mercato locale» (Sindres, D., «De la qualification d’un contrat‑cadre de distribution au regard des règles communautaires de compétence», Rev. crit. D.I.P., 2008, pag. 863, punto 12, e la dottrina ivi citata).

( 48 ) È il caso dei servizi forniti a titolo gratuito (ad esempio l’attività che potrebbe svolgere pro bono un avvocato a favore di un richiedente asilo). Parte della dottrina sostiene addirittura che quello della remunerazione possa non essere un elemento necessario (v. Magnus, U./Mankowski, P., op. cit., pag. 155, e gli autori ivi citati alla nota 474).

( 49 ) L’auspicio del legislatore che sia garantita una simile coerenza è enunciato al considerando 7 del regolamento Roma I.

( 50 ) Osservo che nella succitata causa Falco Privatstiftung e Rabitsch, mentre l’avvocato generale Trstenjak aveva sottolineato, ai paragrafi da 67 a 69 delle sue conclusioni, l’interesse a un’interpretazione uniforme del regolamento n. 44/2001 e del regolamento Roma I, la Corte non ha inserito tale considerazione nella motivazione della sua sentenza.

( 51 ) Il paragrafo 1 del suddetto articolo 4 contiene, infatti, le regole di conflitto del foro per i contratti di prestazione di servizi [lettera b)] che sono diverse da quelle previste per i contratti di distribuzione [lettera f)].

( 52 ) Ai punti 33 e segg. della suddetta sentenza del 15 marzo 2011 (C-29/10, Racc. pag. I-1595), la Corte ha statuito che l’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 2, lettera a), della convenzione di Roma del 19 giugno 1980, relativa alla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, da cui il regolamento Roma I trae origine, doveva avvenire alla luce di quella relativa ai criteri previsti all’articolo 5, punto 1, della convenzione di Bruxelles, da cui è scaturito il regolamento n. 44/2001, quando essi fissano norme per la determinazione della competenza giurisdizionale per le stesse materie e stabiliscono nozioni analoghe.

( 53 ) Quali il mantenimento di scorte, la garanzia di un servizio post‑vendita e lo svolgimento di attività promozionali.

( 54 ) Una tale contropartita può consistere, in particolare, in sconti speciali e/o agevolazioni di pagamento collegate ai risultati della distribuzione oppure in un supporto in sede di distribuzione o di promozione.

( 55 ) V., in particolare, sentenze della Cour de cassation (Francia), del 23 gennaio 2007 (ricorso n. 05‑12.166, La semaine juridique, éd. générale, nota T. Azzi); del 5 marzo 2008 (ricorso n. 06‑21.949, Recueil Dalloz, 2008, pag. 1729, nota di H. Kenfack) e del 9 luglio 2008 (ricorso n. 07‑17.295, Rev. crit. D.I.P., 2008, pag. 863, nota di D. Sindres), nonché la giurisprudenza citata nella nota a piè di pagina 4 delle presenti conclusioni.

( 56 ) La Maison du Whisky ritiene addirittura che non sia possibile rispondere alla questione così formulata in quanto essa sarebbe inficiata da più di un errore.

( 57 ) V. l’ultimo atteso della decisione di rinvio.

( 58 ) Si ricordi che i succitati primo e secondo trattino si riferiscono, rispettivamente, alla «compravendita di beni» e alla «prestazione di servizi».

( 59 ) La procedura di cooperazione prevista dall’articolo 267 TFUE autorizza la Corte a riformulare una questione pregiudiziale al fine di dare al giudice nazionale una risposta utile che gli permetta di dirimere la controversia per cui è stato adito [v., in particolare, sentenza del 14 ottobre 2010, Fuß (C-243/09, Racc. pag. I-9849, punto 39)].

( 60 ) Anche il governo belga si è pronunciato in questo senso nell’ambito della sua risposta alla seconda questione pregiudiziale.

( 61 ) Citate sentenze Falco Privatstiftung e Rabitsch (punti da 48 a 57, e giurisprudenza ivi citata) e Česká spořitelna (punti 43 e 44).

( 62 ) Nella succitata relazione sulla convenzione «Lugano bis» (punti 44 e segg.), il professor Pocar ricorda le soluzioni proposte, senza successo, per tentare di porvi rimedio. Osservo che l’articolo 7, punto 1, del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU L 351, pag. 1), che rifonde il regolamento n. 44/2001, non ha eliminato il meccanismo, di complessa applicazione, che risulta dalla giurisprudenza citata.

( 63 ) L’obbligazione in questione può derivare, a mio avviso, sia dal contratto stesso sia dagli effetti che la legge applicabile gli riconosce. V. pag. 1518 delle conclusioni dell’avvocato generale Reischl nella citata causa De Bloos: «l’obbligazione principale [del concedente] costituisce l’oggetto della causa, anche se [le] conseguenze [della violazione di detta obbligazione] siano state disciplinate dalla legge».

( 64 ) V., in particolare, sentenze De Bloos, cit. (punti da 9 a 14); del 29 giugno 1994, Custom Made Commercial (C-288/92, Racc. pag. I-2913, punto 23) e Česká spořitelna, cit. (punto 54, e giurisprudenza ivi citata).

( 65 ) V.. sentenza De Bloos, cit. (punti 14 e 15), ricordando che anche nell’ambito di detta causa la Corte si era dovuta pronunciare su una domanda pregiudiziale proposta da un giudice belga nel quadro di una controversia vertente su un contratto di concessione di vendita in esclusiva.

( 66 ) Sentenze Custom Made Commercial, cit, (punto 26); del 5 ottobre 1999, Leathertex (C-420/97, Racc. pag. I-6747, punto 33) e Česká spořitelna, cit. (punto 54, e giurisprudenza ivi citata).

( 67 ) Al punto 19 della sentenza del 15 gennaio 1987, Shenavai (266/85, Racc. pag. 239), è stato aggiunto che, «in altre parole, sarà l’obbligazione principale, fra le varie in questione, quella che determina la competenza».

( 68 ) Sentenza Leathertex, cit. (punti da 39 a 42). Nell’ambito di detta causa, vertente sulla risoluzione di un contratto di agenzia commerciale, il giudice belga aveva ritenuto, in applicazione della giurisprudenza della Corte, che l’obbligazione di versare un’indennità compensativa di preavviso dovesse essere eseguita in Belgio, mentre l’obbligazione di versare le commissioni doveva essere eseguita in Italia.