B.
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Sulla domanda di annullamento.
3)
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Il ricorrente ha chiesto l’annullamento della decisione comunicatagli con e-mail dell’ 11.05.10, nella parte in cui la BEI ha rifiutato di procedere alla nomina del terzo medico, ha rifiutato di avviare la procedura di conciliazione ex art. 41 reg. pers. ed ha rifiutato di rimborsargli la spesa di EUR 3 000,00 sostenuta per una terapia laser prescrittagli ed eseguita in Italia.
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4)
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In ordine all’impugnazione del rifiuto di nominare il terzo medico, il Tribunale della funzione pubblica ha dichiarato irricevibile la domanda assumendo che il ricorrente avrebbe dovuto impugnare un inesistente provvedimento del 24.03.08, senza spiegare il nesso tra il provvedimento impugnato e quello che assume lesivo del diritto e senza chiarire in virtù di quali regole il parere attribuito al fiduciario della BEI sarebbe diventato un provvedimento di rigetto della BEI.
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5)
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L’appellante sostiene che, in quanto atto interno al procedimento, il parere non lede il diritto e non è mai impugnabile autonomamente.
Il Tribunale di primo grado ha invece ribaltato tutti i precedenti giurisprudenziali e ritenuto di introdurre un termine di tre mesi per impugnare qualunque atto interno ad un procedimento, stabilendo che i termini per ricorrere al giudice inizierebbero a decorrere dalla stessa data in cui il dipendente presenta un’istanza, a prescindere dall’adozione di un provvedimento e senza nemmeno conoscerne la motivazione.
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6)
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Il ricorrente contesta l’intero sistema di regole che, dettate per le Istituzioni Pubbliche, il Tribunale di primo grado pretende di applicare alla BEI, che è organizzata come una banca privata ed i cui dipendenti hanno un contratto di lavoro di diritto privato. Con l’effetto che quelli che li riguardano non sono atti amministrativi, non rappresentano l’esercizio di una potestas, non sono atti autoritativi e non godono di una presunzione di legittimità, sicché non sussiste alcuna analogia con i dipendenti pubblici, e nemmeno c’è la necessità di conferire immediata stabilità agli atti organizzativi emessi alla stessa stregua di una qualsiasi banca privata.
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7)
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Inoltre, l’appellante lamenta l’illogicità della motivazione nella parte in cui ha escluso il suo errore scusabile attribuendogli la conoscenza di un atto notificato solo al suo difensore.
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8)
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Infine, lamenta che, in ogni ordinamento, l’atto nullo è impugnabile in ogni tempo, non solo nel breve termine di decadenza stabilito per gli atti annullabili.
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9)
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Circa la procedura di conciliazione ex art. 41 reg. pers. l’appellante sostiene che non si tratta di un presupposto processuale, epperò illegittimamente il Tribunale della Funzione Pubblica pretende di assimilarla al ricorso amministrativo cui sono tenuti i dipendenti pubblici dell’ unione, che è invece obbligatorio e che segna il limite del successivo ricorso al giudice.
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10)
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Sull’impugnazione del rifiuto di avviare la riferita procedura di conciliazione, l’appellante ritiene illegittima la decisione del Tribunale della funzione pubblica in quanto la banca non può mai rifiutarla.
Da ciò consegue, da una parte, che nessuna motivazione può legittimamente sostenere quel rifiuto e, dall’altra, che all’accoglimento della domanda del dipendente deve corrispondere la responsabilità aggravata della banca e la sua sicura condanna al pagamento delle spese di lite.
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11)
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In ordine all’implicito rifiuto di rimborsare la spesa per la laser terapia, il De Nicola sostiene che l’assenza di motivazione è sicuro sintomo di eccesso di potere, dato che il rimborso può essere legittimamente rifiutato in tre soli casi, mentre l’inesistenza di un formale atto rappresenta una nullità assoluta, come tale impugnabile in ogni tempo.
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12)
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Infine, deve sicuramente ritenersi illegittima la decisione con la quale il Tribunale della funzione pubblica ha omesso di decidere assumendo di non avere i necessari elementi.
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