7.1.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 6/6


Impugnazione proposta il 21 settembre 2011 da Affi Pascal N’Guessan avverso l’ordinanza del Tribunale (Quinta Sezione) 13 luglio 2011, causa T-352/11, N’Guessan/ Consiglio

(Causa C-482/11 P)

2012/C 6/07

Lingua processuale: il francese

Parti

Ricorrente: Affi Pascal N’Guessan (rappresentanti: avv. L. Bourthoumieux, J. Vergès, R. Dumas e M. Ceccaldi)

Altra parte nel procedimento: Consiglio dell’Unione europea

Conclusioni del ricorrente

Dichiarare ricevibile il ricorso del sig. Affi Pascal N’Guessan;

Annullare l’ordinanza 13 luglio 2001, nella causa T-352/11, che dichiara il ricorso irricevibile;

Rinviare il ricorrente dinanzi al Tribunale affinché possa far valere i suoi diritti;

Condannare il Consiglio dell'Unione europea alle spese in applicazione degli artt. 69 e 73 del regolamento di procedura della Corte.

Motivi e principali argomenti

A sostegno della propria impugnazione il ricorrente solleva i seguenti motivi:

La forza maggiore dovuta alla guerra interruttiva della prescrizione. Gli eventi ai quali il ricorrente è stato confrontato a partire dal mese di novembre 2010 in Costa d'Avorio rappresenterebbero un caso di forza maggiore, ai sensi dell'art. 45 dello Statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea, derivante dallo stato di guerra che avrebbe l'effetto di interrompere i termini di prescrizione con riferimento agli atti assunti nei suoi confronti dal Consiglio.

Il presente caso di forza maggiore derivante dalla guerra osterebbe alla possibilità per il ricorrente di esercitare liberamente il suo diritto a ricorrere contro atti che violano manifestamente taluni diritti fondamentali.

I diritti e le libertà fondamentali sarebbero superiori al principio di certezza del diritto. Invocando il principio di certezza del diritto per dichiarare irricevibile la domanda del ricorrente il Tribunale recherebbe pregiudizio al diritto fondamentale di accesso ad un Tribunale e ai diritti della difesa. Il ricorrente sarebbe stato in tal modo privato del suo diritto ad essere sentito da un giudice competente.

L'inopponibilità del termine di distanza e del termine di ricorso in caso di guerra. Il termine di distanza e il termine di ricorso non sarebbero applicabili a un destinatario residente in uno Stato che si trovi in situazione di guerra aperta. Siffatti termini sarebbero applicabili solo in tempo di pace e sul continente europeo. Orbene, il ricorrente si trova in un altro continente e, pertanto, la rigida applicazione dell'art. 102 del regolamento di procedura del Tribunale al caso di specie è senza dubbio in contrasto con l'art. 6, n. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché con l’art. 263 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

La superiorità dell'art. 263 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. L'art. 102 del regolamento di procedura del Tribunale renderebbe nullo qualsiasi obbligo di notifica quale previsto dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che prevede che il termine di ricorso inizia a decorrere dalla notifica o dalla pubblicazione o dal momento in cui l'interessato ha avuto conoscenza dell'atto. Infatti, l'art. 102 del regolamento di procedura farebbe astrazione dall’obbligo di notifica e non prenderebbe in considerazione il giorno in cui il ricorrente avuto effettivamente conoscenza dell'atto, limitando in tale modo la lettera e lo spirito dell'art. 263 TFUE. Di conseguenza, l'art. 102 metterebbe in discussione i diritti previsti e tutelati dal Trattato, aventi valore giuridico superiore e che si impongono alle istituzioni facenti parte dell'Unione europea. Di conseguenza, poiché gli atti impugnati non sono stati oggetto di una notifica al ricorrente, in violazione dell'art. 263, n. 5, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, il termine di ricorso poteva iniziare a decorrere solo a partire dal momento in cui egli ha avuto conoscenza degli atti assunti nei suoi confronti.

Un grave pregiudizio ai diritti e alle libertà fondamentali. Il principio di certezza del diritto, quale enunciato dal Tribunale, metterebbe seriamente in discussione la certezza del diritto nel suo insieme, in quanto i soggetti residenti al di fuori dell'Unione europea e residenti in un paese in guerra si vedrebbero applicare sanzioni contro le quali non potrebbero utilmente esercitare i loro diritti di ricorso, non avendo conoscenza della sanzione stessa.

In subordine, il ricorrente chiede l'annullamento degli atti assunti nei suoi confronti dal Consiglio in ragione della gravità della violazione dei diritti e delle libertà fondamentali. Poiché gli atti impugnati violerebbero talune libertà fondamentali tutelate da diversi trattati internazionali, spetterebbe alla Corte annullare tali atti in quanto la loro illegittimità contrasterebbe con l'ordinamento europeo esistente e in quanto non potrebbe essere opposto alcun termine di ricorso in ragione della gravità della violazione delle libertà e dei diritti fondamentali tutelati.