SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

5 dicembre 2013 (*)

«Impugnazione – Intese – Mercato europeo del perossido di idrogeno e del perborato di sodio – Decisione che accerta un’infrazione all’articolo 81 CE – Calcolo dell’ammenda – Durata dell’infrazione – Prescrizione – Circostanze attenuanti»

Nella causa C‑447/11 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 29 agosto 2011,

Caffaro Srl, posta in amministrazione straordinaria, rappresentata da C. Biscaretti di Ruffia ed E. Gambaro, avvocati,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata da V. Di Bucci, L. Malferrari, R. Striani e B. Gencarelli, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da R. Silva de Lapuerta, presidente di sezione, J.L. da Cruz Vilaça, G. Arestis (relatore), J.‑C. Bonichot e A. Arabadjiev, giudici,

avvocato generale: M. Wathelet

cancelliere: M. Aleksejev, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 gennaio 2013,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, la Caffaro Srl in amministrazione straordinaria (in prosieguo: la «Caffaro»), chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 16 giugno 2011, Caffaro/Commissione (T‑192/06, Racc. pag. II-3063; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui quest’ultimo ha respinto il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione C (2006) 1766 def. della Commissione, del 3 maggio 2006, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE nei confronti di Akzo Nobel NV, Akzo Nobel Chemicals Holding AB, EKA Chemicals AB, Degussa AG, Edison SpA, FMC Corporation, FMC Foret SA, Kemira Oyj, L’Air Liquide SA, Chemoxal SA, Snia SpA, Caffaro Srl, Solvay SA/NV, Solvay Solexis SpA, Total SA, Elf Aquitaine SA e Arkema SA (Caso COMP/F/C.38.620 – Perossido di idrogeno e perborato), di cui è pubblicata una sintesi nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU 2006, L 353, pag. 54; in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Contesto normativo

2        L’articolo 25 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), relativo alla prescrizione in materia di imposizione di sanzioni, dispone quanto segue:

«1.      I poteri conferiti alla Commissione in virtù degli articoli 23 e 24 sono soggetti ai termini di prescrizione seguenti:

a)       tre anni per le infrazioni alle disposizioni relative alla richiesta di informazioni o all’esecuzione di accertamenti;

b)       cinque anni per le altre infrazioni.

2.      La prescrizione decorre dal giorno in cui è stata commessa l’infrazione. Tuttavia, per quanto concerne le infrazioni continuate o ripetute, la prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata l’infrazione.

3.      La prescrizione riguardante l’imposizione di ammende o di penalità di mora si interrompe con qualsiasi atto della Commissione o dell’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro destinato all’accertamento o alla repressione dell’infrazione. La prescrizione è interrotta a partire dal giorno in cui l’atto è notificato ad almeno un’impresa, o associazione di imprese, che abbia partecipato all’infrazione. (…)

(...)».

3        Il punto 3 della comunicazione della Commissione intitolata «Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5 del trattato CECA» (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «Orientamenti del 1998»), contiene vari esempi di circostanze attenuanti che consentono di ridurre l’importo di base per il calcolo dell’ammenda.

4        Il punto 5, lettera b), degli Orientamenti del 1998 dispone quanto segue:

«Dopo aver effettuato i calcoli di cui sopra, occorrerà prendere in considerazione, secondo le circostanze, taluni elementi obiettivi quali il contesto economico specifico, il vantaggio economico o finanziario realizzato dagli autori dell’infrazione (cfr. XXI relazione sulla politica di concorrenza, punto 139), le caratteristiche delle imprese in questione nonché la loro capacità contributiva reale in un contesto sociale particolare, adeguando di conseguenza gli importi delle ammende».

 Fatti

5        La Caffaro, già Industrie Chimiche Caffaro SpA, poi Caffaro SpA, è una società di diritto italiano che vendeva, fino al 1999, perborato di sodio. All’epoca dei fatti essa era controllata al 100% dalla Caffaro SpA, divenuta, a seguito di fusione nel corso del 2000, SNIA SpA (in prosieguo: la «SNIA»).

6        Nel novembre del 2002 la Degussa AG ha informato la Commissione dell’esistenza di un’intesa nel mercato del perossido d’idrogeno e del perborato di sodio e ha chiesto l’applicazione della comunicazione della Commissione, relativa alla non imposizione di ammende e alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (GU 2002, C 45, pag. 3). La Degussa AG ha del pari fornito alla Commissione le prove materiali che le hanno consentito di effettuare, il 25 e il 26 marzo 2003, talune verifiche negli uffici di determinate imprese.

7        Il 26 gennaio 2005 la Commissione ha trasmesso una comunicazione degli addebiti alla Caffaro e alle altre imprese coinvolte.

8        Con lettera dell’8 maggio 2006, la Caffaro ha ricevuto notifica della decisione controversa in cui si affermava che essa aveva partecipato, nel periodo compreso tra il 29 maggio 1997 e il 31 dicembre 1998, ad un’infrazione unica e continuata dell’articolo 81 CE e dell’articolo 53 dell’Accordo sullo spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3), relativa al perossido d’idrogeno e al perborato di sodio. L’infrazione accertata è consistita prevalentemente nello scambio tra concorrenti di informazioni importanti in termini commerciali e di informazioni segrete concernenti il mercato e le imprese, nella limitazione e controllo della produzione e delle capacità potenziali ed effettive di quest’ultima, nell’assegnazione di quote di mercato e di clienti e nella fissazione e monitoraggio del rispetto degli obiettivi di prezzo.

9        L’articolo 1, punto 1), della decisione controversa enuncia che la Caffaro ha violato gli articoli 81, paragrafo 1, CE e 53 del summenzionato accordo, partecipando all’infrazione in discorso nel periodo compreso tra il 29 maggio 1997 e il 31 dicembre 1998. All’articolo 2, lettera g), di tale decisione la Commissione ha inflitto alla Caffaro, «in solido» con la SNIA, un’ammenda di EUR 1,078 milioni.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

10      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 luglio 2006 la Caffaro ha presentato un ricorso diretto, in via principale, all’annullamento della decisione controversa, nella parte in cui la Commissione le ha inflitto, in solido con la SNIA, un’ammenda, e, in via subordinata, alla riduzione dell’importo dell’ammenda.

11      A sostegno del proprio ricorso la Caffaro ha addotto cinque motivi, vertenti su errori di diritto e di valutazione dei fatti relativamente, in primo luogo, alla presunta circostanza che essa sarebbe stata vittima dell’intesa sul perossido d’idrogeno, in secondo luogo, alla scelta, asseritamente errata, dell’anno di riferimento nell’ambito del trattamento differenziato, in terzo luogo, alla valutazione della durata della sua partecipazione all’infrazione, in quarto luogo, all’applicazione della disposizione contenuta all’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 e, in quinto luogo, alla valutazione delle circostanze attenuanti.

12      Il Tribunale ha respinto integralmente il ricorso.

 Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

13      La Caffaro chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata e, di conseguenza, la decisione controversa nella parte in cui la Commissione le ha inflitto, in solido con la SNIA, un’ammenda; o

–        in alternativa, annullare tale sentenza e, di conseguenza, le parti della suddetta decisione a cui si riferiscono i motivi della presente impugnazione, che la Corte consideri fondati e meritevoli di essere accolti;

–        in subordine, ridefinire detta ammenda, riducendola ad un valore simbolico ovvero riducendola in modo sostanziale, tenendo conto dei motivi di diritto e delle circostanze di fatto menzionate nella presente impugnazione;

–        in via di ulteriore subordine, rimettere gli atti al Tribunale per un nuovo giudizio conforme alle indicazioni e ai criteri che la Corte vorrà precisare nel presente procedimento; e

–        condannare la Commissione alle spese relative ai due gradi di giudizio.

14      Inoltre, la Caffaro chiede alla Corte che, nell’ipotesi in cui le conclusioni formulate nella presente impugnazione siano accolte, ne benefici anche la SNIA, posta in amministrazione straordinaria.

15      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione; e

–        condannare la Caffaro alle spese.

 Sull’impugnazione

 Sul primo motivo, vertente sulla mancata presa in considerazione dello stato di dipendenza economica della Caffaro e dell’assenza di vantaggi tratti dall’intesa

 Argomenti delle parti

16      La Caffaro sostiene che il Tribunale, respingendo ai punti da 33 a 77 della sentenza impugnata il primo motivo, con il quale essa intendeva dimostrare di essere stata vittima e non complice dell’intesa, ha commesso un errore di valutazione di svariate circostanze.

17      In primo luogo, la Caffaro chiede alla Corte di constatare lo snaturamento dei fatti e degli elementi di prova da parte del Tribunale, senza che sia necessario procedere ad una nuova valutazione degli stessi. A tale proposito, essa afferma che il Tribunale avrebbe dovuto tener conto in particolare del fatto che la Caffaro, la quale produceva unicamente perborato di sodio, non faceva parte dello «zoccolo duro» delle imprese produttrici di perossido di idrogeno e di perborato di sodio ma, al contrario, era in posizione di totale dipendenza economica nei riguardi di tali imprese. Il Tribunale avrebbe dovuto altresì considerare il fatto che la Caffaro, nella sua qualità di «cliente», ha sopportato un aumento di quasi il doppio del prezzo del perossido di idrogeno nel periodo compreso tra l’agosto 1997 e il gennaio 1999. Per quanto riguarda quest’ultimo elemento, la Caffaro sottolinea, tra l’altro, che il Tribunale poteva agevolmente rilevare il peso determinante di tale aumento di prezzo sulla cessazione della propria attività da parte della Caffaro.

18      In secondo luogo, la Caffaro addebita al Tribunale, anzitutto, di aver affermato, ai punti 42 e 43 della sentenza impugnata, che un’impresa che partecipi a riunioni ad oggetto anticoncorrenziale, anche sotto la coercizione di altri partecipanti che hanno un potere economico superiore, dispone sempre della possibilità di denunciare alla Commissione le attività anticoncorrenziali di cui trattasi piuttosto che continuare a partecipare a dette riunioni. La Caffaro contesta al Tribunale di aver ritenuto, sulla base di tale affermazione, che né la situazione di dipendenza economica della Caffaro nei confronti degli altri partecipanti all’intesa, né la coercizione esercitata da questi ultimi nei suoi riguardi configurassero elementi tali da giustificare l’annullamento dell’ammenda o la riduzione del suo importo.

19      A tale proposito la Caffaro è del parere che tale asserzione costituisca un’erronea qualificazione giuridica dei fatti posto che, come risulta dal punto 45 della sentenza impugnata, essa discende unicamente dalla lettura di taluni principi giurisprudenziali scaturiti, in particolare, dalle sentenze del Tribunale del 29 aprile 2004, Tokai Carbon e a./Commissione (T‑236/01, T‑239/01, T‑244/01, T‑246/01, T‑251/01 e T‑252/01, Racc. pag. II‑1181) nonché del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione (T‑38/02, Racc. pag. II‑4407), e che sono stati elaborati a partire da contesti totalmente diversi dal caso di specie, non potendo in alcun caso influenzare la decisione controversa.

20      La Caffaro ritiene poi che, ai punti da 46 a 57 della sentenza impugnata, il Tribunale abbia respinto a torto il suo argomento relativo alla disparità di trattamento da essa subita rispetto a precedenti decisioni della Commissione, in cui quest’ultima non ha imposto alcuna ammenda o ha inflitto un’ammenda soltanto simbolica ai partecipanti ad accordi illeciti che avevano agito contro i loro interessi o che fossero economicamente dipendenti da altre imprese parti degli accordi stessi. Infatti, le decisioni citate dalla Caffaro nel suo ricorso dinanzi al Tribunale riguarderebbero cause che, anche se non identiche, sono di certo comparabili alla presente fattispecie. Le conclusioni alle quali è giunto il Tribunale al punto 57 della suddetta sentenza sarebbero pertanto erronee in fatto ed in diritto.

21      In terzo luogo, la Caffaro addebita al Tribunale di aver respinto, ai punti da 66 a 70 della sentenza impugnata, il suo argomento relativo all’assenza di efficacia pratica dell’ammenda in esame, citando la giurisprudenza costante della Corte relativa all’obiettivo di dissuasione perseguito dall’ammenda. Dopo aver ricordato che, conformemente agli Orientamenti del 1998, applicabili alla fattispecie in esame, le esigenze di dissuasione devono seguire una «linea politica coerente non discriminatoria», la Caffaro sottolinea la totale assenza di utilità di un’ammenda che rivesta un carattere punitivo o dissuasivo, inflitta a un’impresa già uscita dal mercato proprio a causa del cartello in questione e, dunque, non soltanto già punita dagli eventi, se mai fosse colpevole, ma comunque non più in grado di reiterare il preteso comportamento anticoncorrenziale sul mercato in questione.

22      In quarto luogo, la Caffaro lamenta che il Tribunale abbia disatteso l’obbligo di motivazione ad esso incombente omettendo, nella sentenza impugnata, di pronunciarsi sul fatto che la Commissione non avesse tenuto conto della sua peculiare situazione all’interno del cartello. La Caffaro manifesta la sua incomprensione per il fatto che il Tribunale, ai punti 75 e 76 di detta sentenza, ha dichiarato che la Commissione non aveva violato l’obbligo di motivazione allorché, nella decisione controversa, la Commissione non aveva tenuto conto della sua situazione di vittima del cartello né aveva statuito sui suoi argomenti contenuti a questo proposito nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti.

23      A tale riguardo la Caffaro rileva che, ai punti 33, 52 e 73 della sentenza impugnata, sembra che, secondo il Tribunale, essa non abbia contestato il carattere unico dell’infrazione e, sulla base di tale valutazione, tale giudice ha ritenuto «ininfluenti» alcuni suoi argomenti. La Caffaro precisa che tale assunzione è erronea in quanto, sin dal procedimento amministrativo, essa ha sostenuto che poteva esistere soltanto un cartello, ossia quello del perossido d’idrogeno, del quale la Caffaro era vittima. Il Tribunale avrebbe quindi omesso di pronunciarsi sulla circostanza che la Commissione non abbia espressamente distinto la Caffaro, unica tra le destinatarie della decisione controversa a produrre soltanto perborato di sodio, rispetto alle altre imprese, verticalmente integrate, né da ciò abbia tratto le ovvie conseguenze in tema di determinazione della sanzione.

24      La Commissione contesta tale argomentazione della Caffaro.

 Giudizio della Corte

25      In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento della Caffaro relativo ad un presunto snaturamento dei fatti e degli elementi di prova commesso dal Tribunale, si deve ricordare che, secondo giurisprudenza costante, ai sensi degli articoli 256 TFUE, 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e 112, paragrafo 1, primo comma, lettera c), del regolamento di procedura di questa in vigore al momento della proposizione dell’impugnazione, il ricorrente che alleghi un siffatto snaturamento deve indicare con precisione gli elementi del fascicolo che sarebbero stati snaturati dal Tribunale e dimostrare gli errori di valutazione che, a suo avviso, avrebbero indotto quest’ultimo a detto snaturamento. Tale snaturamento deve risultare manifestamente dagli atti di causa, senza che occorra procedere ad una nuova valutazione dei fatti e delle prove (v., in particolare, sentenze del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, C‑413/08 P, Racc. pag. I‑5361, punti 16 e 17, e del 12 luglio 2012, Cetarsa/Commissione, C‑181/11 P, punti 96 e 97).

26      Orbene, nel caso specifico si deve necessariamente rilevare che la Caffaro non dimostra in che modo il Tribunale abbia snaturato i fatti e gli elementi di prova che gli sono stati sottoposti. La Caffaro si limita infatti a sostenere che il Tribunale avrebbe dovuto trarre conclusioni diverse rispetto a quelle adottate alla luce dei fatti e degli elementi di prova dinanzi ad esso presentati.

27      Un siffatto argomento, pertanto, mira in realtà a far sì che si proceda ad un riesame dei fatti e degli elementi di prova sottoposti al Tribunale. Orbene, conformemente a giurisprudenza costante, dagli articoli 256, paragrafo 1, TFUE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte risulta che l’impugnazione è limitata alle questioni di diritto. Il Tribunale è competente in via esclusiva ad accertare e valutare i fatti rilevanti, nonché a vagliare gli elementi di prova. La valutazione di tali fatti ed elementi di prova non costituisce, quindi, salvo il caso di un loro snaturamento, che nel caso di specie non è dimostrato, una questione di diritto, soggetta in quanto tale al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione.

28      In ogni caso, l’analisi operata dal Tribunale ai punti da 33 a 77 della sentenza impugnata non contiene alcun indizio che faccia presumere che, in primo grado, abbia avuto luogo uno snaturamento dei fatti o degli elementi di prova.

29      Ne consegue che l’argomento della Caffaro vertente su un asserito snaturamento dei fatti e degli elementi di prova deve essere respinto.

30      In secondo luogo, anzitutto, relativamente all’argomento della Caffaro attinente ad una presunta qualificazione giuridica erronea dei fatti che il Tribunale avrebbe operato ai punti 42 e 43 della sentenza impugnata, si deve rilevare che l’esistenza di pressioni ad aderire ad un cartello subite da un’impresa che partecipi a riunioni aventi carattere anticoncorrenziale nulla cambia della realtà e della gravità dell’infrazione commessa da tale impresa. Infatti, anche quando è sottoposta a coercizione da parte di altri partecipanti aventi un potere economico superiore, una simile impresa dispone sempre della possibilità di informarne le autorità competenti e, in particolare, d’introdurre una denuncia presso la Commissione in applicazione dell’articolo 7 del regolamento n. 1/2003, allo scopo di denunciare le attività anticoncorrenziali di cui trattasi, piuttosto che continuare a partecipare a tali riunioni e ad associarsi all’intesa (v., in tal senso, sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Racc. pag. I‑5425, punti 369 e 370).

31      Pertanto, correttamente il Tribunale ha dichiarato, ai punti 43 e 44 della sentenza impugnata, che né la presunta situazione di dipendenza rispetto ad un’altra impresa partecipante all’intesa, né l’atteggiamento minaccioso asseritamente assunto da quest’ultima sono tali da integrare una situazione che la Commissione possa considerare quale circostanza attenuante e che, a fortiori, tale istituzione non può essere tenuta a prendere in considerazione questi stessi elementi per decidere di non imporre alcuna ammenda o di imporre soltanto un’ammenda simbolica.

32      Ne consegue che, dato che il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto a questo riguardo, l’argomento della Caffaro vertente su una presunta qualificazione giuridica erronea dei fatti non può essere accolto.

33      Poi, per quanto attiene all’argomento della Caffaro vertente sul fatto che il Tribunale, ai punti da 46 a 57 della sentenza impugnata, avrebbe erroneamente respinto la sua argomentazione relativa alla disparità di trattamento che essa avrebbe subito rispetto a precedenti decisioni prese dalla Commissione, nelle quali questa non ha imposto alcuna ammenda o ha imposto unicamente un’ammenda simbolica, giova ricordare che risulta da giurisprudenza costante che una prassi della Commissione relativa alle decisioni non può fungere da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza e che decisioni relative ad altri casi hanno un carattere meramente indicativo dell’esistenza eventuale di discriminazioni, essendo poco verosimile un’identità delle circostanze proprie di tali casi, come i mercati, i prodotti, le imprese e i periodi di riferimento (v., in particolare, sentenza del 7 giugno 2007, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, C‑76/06 P, Racc. pag. I‑4405, punto 60 nonché giurisprudenza citata).

34      Occorre aggiungere che le imprese coinvolte in un procedimento amministrativo, che può dare luogo a un’ammenda per violazione delle norme dell’Unione in materia di concorrenza, non possono riporre un legittimo affidamento nel fatto che la Commissione non superi il livello delle ammende praticato in precedenza. Al riguardo, la Corte ha precisato in particolare che dette imprese devono quindi tenere conto della possibilità che, in qualsiasi momento, la Commissione decida di aumentare il livello dell’importo delle ammende rispetto a quello applicato nel passato (v. sentenza Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, cit., punto 61 nonché giurisprudenza ivi citata).

35      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, il Tribunale non ha commesso errori di diritto respingendo, al punto 57 della sentenza impugnata, l’argomento della Caffaro relativo ad una presunta disparità di trattamento che essa avrebbe subito rispetto alla prassi della Commissione in materia di decisioni, circa la presa in considerazione di una situazione di dipendenza economica nei confronti di altre imprese partecipanti all’intesa. Conseguentemente, l’argomento fondato su un siffatto errore, che è stato sollevato dalla Caffaro nell’ambito del primo motivo della sua impugnazione, non può essere accolto.

36      In terzo luogo, relativamente all’argomento della Caffaro con cui essa addebita al Tribunale di aver respinto, ai punti da 66 a 70 della sentenza impugnata, la sua argomentazione vertente sulla mancanza di efficacia pratica dell’ammenda, si deve ricordare che l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 mira a conferire alla Commissione il potere di infliggere ammende al fine di consentirle di adempiere il compito di sorveglianza attribuitole dal diritto dell’Unione. Questo compito comprende, in particolare, l’incarico di reprimere comportamenti illeciti, come pure di prevenire il loro ripetersi (v. sentenza Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, cit., punto 22 nonché giurisprudenza ivi citata).

37      Quanto all’obiettivo di dissuasione, secondo giurisprudenza costante le ammende inflitte per violazione dell’articolo 81 CE e previste dall’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 hanno segnatamente lo scopo di dissuadere sia le imprese coinvolte sia altri operatori economici dalla violazione, in futuro, delle norme del diritto dell’Unione in materia di concorrenza (v., in particolare, sentenza del 29 giugno 2006, Showa Denko/Commissione, C‑289/04 P, Racc. pag. I‑5859, punto 16 e giurisprudenza ivi citata). Come rilevato giustamente dal Tribunale al punto 67 della sentenza impugnata, pertanto, la ricerca dell’effetto dissuasivo non riguarda solo le imprese specificamente indicate nella decisione che infligge le ammende, dal momento che anche le imprese di dimensioni simili e che dispongano di risorse analoghe devono essere indotte ad astenersi dal partecipare a simili infrazioni delle norme in materia di concorrenza.

38      Pertanto, al punto 68 di tale sentenza il Tribunale ha dichiarato correttamente che, in ogni caso, dal momento che la Caffaro non aveva cessato ogni attività economica, il fatto che essa non operasse più sul mercato interessato non rimetteva affatto in discussione la necessità di garantire il carattere dissuasivo della sanzione inflittale.

39      Quanto all’obiettivo di repressione dei comportamenti contrari alle norme in materia di concorrenza, è sufficiente rilevare che il solo fatto che un’impresa partecipante ad un cartello illecito si ritiri dal mercato incriminato, come nel caso di specie, non può giustificare in alcun modo la disapplicazione di una sanzione per tale infrazione. Infatti, se così fosse, sarebbe agevole per una siffatta impresa potersi sottrarre all’imposizione di un’ammenda, ritirandosi dal mercato dopo aver commesso l’infrazione.

40      Pertanto, al punto 69 della sentenza impugnata il Tribunale ha dichiarato correttamente che sarebbe contrario al suddetto obiettivo di repressione che dalla cessazione delle attività commerciali nel mercato interessato conseguisse che l’impresa di cui trattasi si sottragga all’irrogazione di un’ammenda per l’infrazione commessa.

41      Sulla base di tutte le considerazioni sopra esposte, il Tribunale non ha commesso errori là dove ha respinto, ai punti da 66 a 70 della sentenza impugnata, l’argomento della Caffaro vertente su una mancanza di efficacia pratica dell’ammenda inflittale, dichiarando, al punto 70, che l’ammenda in parola non può essere considerata priva di una simile efficacia. Conseguentemente, l’argomento fondato su un siffatto errore addotto dalla Caffaro nell’ambito del suo primo motivo non può essere accolto.

42      In quarto luogo, per quanto attiene all’argomento della Caffaro con cui essa addebita al Tribunale di aver violato l’obbligo di motivazione, nel senso che tale giudice avrebbe asseritamente omesso, nella sentenza impugnata, di pronunciarsi sul fatto che la Commissione non abbia tenuto conto della sua situazione particolare all’interno del cartello in esame, occorre rammentare che da giurisprudenza costante risulta che l’obbligo di motivazione non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che segua esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia, e che la motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale non ha accolto le loro tesi ed alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo (v., in particolare, sentenza del 16 luglio 2009, Commissione/Schneider Electric, C‑440/07 P, Racc. pag. I‑6413, punto 135 e giurisprudenza ivi citata).

43      Nel caso di specie, da una mera lettura dei punti da 33 a 77 della sentenza impugnata risulta che al Tribunale non può addebitarsi di non aver correttamente soddisfatto tali requisiti.

44      Difatti, in particolare è sufficiente rilevare che, approvando, ai punti da 72 a 74 della summenzionata sentenza, la scelta della Commissione di applicare riduzioni sostanziali dell’importo dell’ammenda per tener conto tanto del fatto che la Caffaro ignorava il piano globale degli accordi anticoncorrenziali, quanto del ruolo passivo e inferiore di tale società all’interno dell’intesa, il Tribunale si è necessariamente pronunciato sul fatto che la Commissione aveva tenuto conto della posizione particolare di detta società in seno al cartello di cui trattasi. Allo stesso modo, è giocoforza rilevare che anche il Tribunale si è pronunciato in questo senso, dal momento che ha osservato espressamente, al punto 76 della sentenza in esame, che la Commissione aveva esposto, ai punti 461 e da 474 a 477 della decisione impugnata, le considerazioni che, in relazione alla situazione particolare della Caffaro, hanno motivato la riduzione dell’importo dell’ammenda.

45      Di conseguenza, anche l’argomento della Caffaro vertente su un’asserita violazione dell’obbligo di motivazione che il Tribunale avrebbe commesso deve essere respinto.

46      Dal momento che nessuno degli argomenti addotti a sostegno del primo motivo dell’impugnazione è stato accolto, tale motivo deve essere respinto.

 Sul secondo motivo, relativo all’anno di riferimento per il calcolo dell’ammenda inflitta alla Caffaro

 Argomenti delle parti

47      La Caffaro sostiene che, ai punti da 82 a 98 della sentenza impugnata, il Tribunale sia incorso in un errore di diritto ed abbia proceduto a un’erronea qualificazione giuridica dei fatti, in quanto non ha riconosciuto che la Commissione ha operato una disparità di trattamento arbitraria adottando, come riferimento per sette gruppi di imprese, le quote di mercato mondiale di perossido di idrogeno e di perborato di sodio dell’anno 1999, ma quelle dell’anno 1998 unicamente per la Caffaro. Secondo quest’ultima, lo scopo esclusivo di tale metodo sarebbe quello di reperire un fatturato maggiore per quest’ultima.

48      La Commissione contesta tale argomentazione della Caffaro.

 Giudizio della Corte

49      Si deve ricordare che, conformemente ad una giurisprudenza costante, il principio della parità di trattamento è violato solo quando situazioni analoghe sono trattate in modo differente o quando situazioni differenti sono trattate in modo identico, a meno che un siffatto trattamento non sia oggettivamente giustificato (v., in particolare, sentenza del 10 gennaio 2006, IATA e ELFAA, C‑344/04, Racc. pag. I‑403, punto 95).

50      Si deve altresì ricordare che, per il calcolo delle ammende inflitte alle imprese partecipanti ad una intesa, un trattamento differenziato tra le imprese coinvolte è inerente all’esercizio dei poteri spettanti alla Commissione in materia. Infatti, nell’ambito del suo margine di valutazione discrezionale, la Commissione è chiamata a individualizzare la sanzione in funzione dei comportamenti e delle caratteristiche proprie di tali imprese, al fine di garantire, in ciascun caso specifico, la piena efficacia delle norme del diritto dell’Unione in materia di concorrenza (sentenza del 12 novembre 2009, SGL Carbon/Commissione, C‑564/08 P, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

51      In proposito, il fatturato realizzato da ciascuna impresa nel corso dell’ultimo anno del periodo di durata dell’infrazione considerato può essere tenuto in conto dalla Commissione per valutare la gravità dell’infrazione commessa da ciascuna impresa. Infatti, quando si tratta di valutare le dimensioni e la potenza economica di un’impresa al momento di un’infrazione, occorre necessariamente far riferimento al fatturato realizzato in tale periodo. Il fatto che l’anno di riferimento facesse parte del periodo di durata dell’infrazione ha consentito di valutare l’ampiezza dell’illecito commesso in rapporto alla realtà economica quale risultava nel corso di tale periodo (v., in tal senso, sentenza del 16 novembre 2000, Sarrió/Commissione, C‑291/98 P, Racc. pag. I‑9991, punto 86).

52      Ne consegue che, quando per un’impresa determinata il fatturato relativo all’anno di riferimento considerato nei confronti delle altre imprese partecipanti all’intesa non costituisce un’indicazione utile ed affidabile della situazione economica reale di questa impresa nel corso del periodo di durata dell’infrazione, la Commissione può legittimamente prendere in considerazione il fatturato della suddetta impresa relativo a un anno diverso da tale anno di riferimento comune, allo scopo di essere in grado di valutare correttamente le risorse finanziarie della stessa e di assicurare all’ammenda un carattere dissuasivo sufficiente, a condizione tuttavia che la scelta dell’anno sia operata secondo un criterio coerente e oggettivamente giustificato (v., in tal senso, sentenza Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, cit., punti da 40 a 44).

53      Pertanto, ai punti 87 e 89 della sentenza impugnata il Tribunale ha rilevato correttamente che il fatto di basarsi, nell’ambito di un trattamento differenziato, su un anno di riferimento diverso per un membro dell’intesa non comporta, di per sé, una violazione del principio della parità di trattamento e che quindi, contrariamente a quanto sostiene la Caffaro, la scelta dell’anno comune a tutte le imprese coinvolte dal cartello non configura l’unico criterio per determinare le sanzioni in modo conforme a tale principio.

54      Allo stesso modo, al Tribunale non può addebitarsi di aver commesso un errore di diritto dichiarando, al punto 92 della suddetta sentenza, che nel caso di specie, dopo aver rilevato che le vendite realizzate dalla Caffaro nel corso dell’anno di riferimento comune, utilizzato rispetto alle altre imprese che hanno partecipato all’intesa, non configuravano un indizio affidabile della sua reale situazione economica nel corso del periodo di durata dell’infrazione, in particolare dato che la sua partecipazione all’infrazione era già cessata, la Commissione poteva legittimamente fare riferimento alle sue vendite del 1998, ultimo anno della sua partecipazione all’intesa.

55      Si deve inoltre rilevare, come giustamente osservato dal Tribunale al punto 93 della sentenza in esame, che tale criterio è stato applicato in modo coerente ed obiettivo nei confronti di tutti i membri dell’intesa in questione, dato che tutte le imprese coinvolte, ad eccezione della Caffaro, hanno partecipato all’intesa nel 1999, anno che costituisce così l’ultimo anno della loro partecipazione all’infrazione relativa ad entrambi i prodotti interessati.

56      In tali circostanze, ai punti da 82 a 98 della sentenza impugnata il Tribunale ha dichiarato sostanzialmente, senza commettere errori di diritto, che la Commissione ha adottato legittimamente, quale criterio di riferimento per tutti i membri dell’intesa di cui trattasi, l’ultimo anno di partecipazione all’infrazione, dal momento che tale criterio coerente ed obiettivo rifletteva il peso economico reale di ciascuna impresa nell’ambito del cartello, anche se l’applicazione di detto criterio ha comportato che, per quanto riguarda la Caffaro, si sia fatto riferimento ad un anno diverso.

57      Il secondo motivo, pertanto, dev’essere respinto.

 Sul terzo motivo, vertente sulla durata dell’infrazione imputata alla Caffaro

 Argomenti delle parti

58      La Caffaro asserisce che il Tribunale ha commesso un errore di diritto dichiarando, ai punti da 124 a 132 della sentenza impugnata, che l’errore della Commissione circa la partecipazione della Caffaro ai contatti illeciti intervenuti a Bruxelles (Belgio) il 26 novembre 1998, errore riconosciuto dallo stesso Tribunale al punto 123 di detta sentenza, fosse ininfluente sul dispositivo della decisione controversa. Essa è del parere che, riconosciuto tale errore della Commissione, il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare che la data finale dell’infrazione ad essa imputabile fosse quella della riunione che ha avuto luogo a Évian-les-Bains (Francia) il 14 maggio 1998 e, quindi, ridurre la durata dell’infrazione stessa.

59      Secondo la Caffaro, tale rideterminazione della durata dell’infrazione avrebbe dovuto automaticamente condurre alla riduzione dell’importo di base dell’ammenda inflittale. Infatti, se l’incontro di Évian-les-Bains del 14 maggio 1998 doveva essere considerato l’ultimo nel quale si presume siano intervenuti rappresentanti della Caffaro, la durata della condotta illecita a quest’ultima ascrivibile sarebbe inferiore a un anno e dovrebbe essere qualificata, dunque, di «breve durata», conformemente al punto 1, B, primo trattino, degli Orientamenti del 1998. Pertanto, il Tribunale avrebbe dovuto considerare illegittima la maggiorazione del 15% dell’importo iniziale dell’ammenda applicata alla Caffaro dalla Commissione nella decisione controversa.

60      Inoltre, il Tribunale avrebbe omesso di considerare che, nella decisione controversa, la Commissione aveva attribuito decisiva rilevanza alla partecipazione della Caffaro alla riunione di Bruxelles del novembre 1998. L’errore della Commissione circa la partecipazione della Caffaro alla riunione in parola sarebbe stato riconosciuto dal Tribunale, e ciò avrebbe dovuto far sorgere dubbi in merito al fatto di far riferimento alla data del 31 dicembre 1998 quale data finale dell’infrazione nei suoi confronti.

61      A questo proposito, la Caffaro precisa che, tra la riunione tenutasi a Évian‑les‑Bains il 14 maggio 1998 ed il 31 dicembre 1998, data che la Commissione considera come la fine dell’infrazione per quanto riguarda la Caffaro, sono intercorse cinque riunioni riguardanti il settore del perborato di sodio e che a nessuna di tali riunioni era presente un rappresentante della Caffaro. Ciò nonostante, il Tribunale sosterrebbe, a torto, che la circostanza che la Caffaro si sia sottratta all’applicazione degli accordi conclusi a Évian-les-Bains il 14 maggio 1998 non possa influire sulla sua responsabilità per la partecipazione all’intesa sino al 31 dicembre 1998. In particolare, la Caffaro lamenta che il Tribunale abbia effettuato, ai punti da 126 a 130 della sentenza impugnata, una lettura scorretta della giurisprudenza dell’Unione che esso cita, affermando che essa avrebbe dovuto prendere pubblicamente le distanze dal contenuto illecito della riunione del 14 maggio 1998.

62      Inoltre, la Caffaro sostiene che, alla luce delle considerazioni che precedono, ai punti 133 e 134 della sentenza impugnata il Tribunale abbia operato uno snaturamento dei fatti e una violazione dell’obbligo di motivazione, dichiarando ai suddetti punti che la decisione controversa era sufficientemente motivata relativamente alla data in cui la sua partecipazione all’infrazione è giunta al termine.

63      La Commissione contesta tale argomentazione della Caffaro.

 Giudizio della Corte

64      Per quanto riguarda l’argomento della Caffaro vertente su un presunto errore di diritto in cui sarebbe incorso il Tribunale, ai punti da 124 a 132 della sentenza impugnata, dichiarando che il fatto che la Commissione non avesse dimostrato la partecipazione della Caffaro ai contatti illeciti intervenuti a Bruxelles il 26 novembre 1998 fosse privo d’influenza sul dispositivo della decisione controversa, si deve rilevare che, come osservato dal Tribunale al punto 124 di detta sentenza, quando alcuni punti della motivazione sono, di per sé, idonei a giustificare in modo giuridicamente valido una decisione, i vizi da cui potrebbero essere inficiati altri punti della motivazione dell’atto sono comunque ininfluenti sul suo dispositivo (v. sentenza del 12 luglio 2001, Commissione e Francia/TF1, C‑302/99 P e C‑308/99 P, Racc. pag. I‑5603, punto 27).

65      Nella fattispecie in esame occorre anzitutto rilevare che, al punto 125 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che la partecipazione della Caffaro all’infrazione fino al 31 dicembre 1998 si fondava anche sul motivo che tale società aveva «aderito fino al 31 dicembre 1998 agli accordi collusivi», data fino alla quale valevano gli accordi collusivi definiti nel corso della riunione svoltasi il 14 maggio 1998 a Évian-les-Bains.

66      Poi, come risulta dai punti da 126 a 130 della sentenza impugnata, occorre rilevare che il Tribunale ha esaminato le prove e ha dichiarato che, nel caso di specie, era accertato che la Caffaro avesse aderito agli accordi collusivi, concordati in occasione della riunione del 14 maggio 1998 a Évian-les-Bains, che comprendevano, in particolare, la fissazione dei prezzi del perborato di sodio applicabili al secondo semestre del 1998.

67      A tale proposito, il Tribunale ha respinto correttamente l’argomento della Caffaro vertente sull’asserita mancata applicazione di tali accordi, considerando che tale mancata applicazione non poteva avere incidenza sulla sua responsabilità per la partecipazione all’intesa di cui trattasi nel corso del periodo interessato. Allo stesso modo, esso ha respinto correttamente l’argomento di tale società vertente sulla sua mancata partecipazione a riunioni nel corso del secondo semestre del 1998, ritenendo che tale argomento non fosse idoneo a dimostrare che essa si fosse pubblicamente distanziata dal contenuto degli accordi illeciti conclusi il 14 maggio 1998 a Évian-les-Bains. Infatti, la circostanza che un’impresa non dia alcun seguito ai risultati di una riunione avente un oggetto anticoncorrenziale non è atta a escludere la responsabilità della medesima, a meno che essa non abbia preso pubblicamente le distanze dal contenuto illecito delle discussioni (v., in particolare, sentenza del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Racc. pag. I‑123, punto 85 nonché giurisprudenza ivi citata). Il Tribunale ha inoltre rilevato che era pacifico che la suddetta società fosse restata attiva sul mercato del perborato di sodio fino alla metà del 1999.

68      Pertanto, ai punti 131 e 132 della sentenza impugnata il Tribunale ha concluso, senza commettere errori di diritto, che l’accertamento della Commissione circa la partecipazione della Caffaro all’infrazione fino al 31 dicembre 1998 si fondava, in modo giuridicamente valido, sul fatto che questa avesse aderito agli accordi collusivi applicabili al secondo semestre del 1998, pattuiti nel corso della riunione del 14 maggio 1998 a Évian-les-Bains, e che, conseguentemente, il fatto che tale istituzione non abbia dimostrato la partecipazione della società di cui trattasi ai contatti illeciti del 26 novembre 1998 era ininfluente sulla durata dell’infrazione accertata nei suoi confronti.

69      Per quanto riguarda l’argomento della Caffaro con cui essa intende contestare la valutazione delle prove operata dal Tribunale, si deve ricordare che, secondo giurisprudenza costante, la Corte non è competente per accertare i fatti né, in linea di principio, per esaminare le prove sulle quali il Tribunale si è basato nell’accertamento di tali fatti. Infatti, qualora le prove siano state assunte regolarmente e i principi generali del diritto nonché le norme relative all’onere della prova e all’istruttoria siano stati rispettati, come avvenuto nel caso di specie, spetta esclusivamente al Tribunale valutare il valore probatorio dei mezzi di prova ad esso offerti. Questa valutazione non costituisce quindi, salvo il caso di snaturamento di tali elementi, una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte.

70      Per quanto attiene all’argomento della Caffaro relativo ad un asserito snaturamento dei fatti commesso dal Tribunale, ai punti 133 e 134 della sentenza impugnata, si deve necessariamente rilevare che tale argomento deve essere respinto in quanto irricevibile, dal momento che la suddetta società non indica in che modo il Tribunale avrebbe snaturato tali fatti.

71      Si deve altresì respingere, in quanto irricevibile, l’argomento della Caffaro relativo ad un’asserita violazione dell’obbligo di motivazione che il Tribunale avrebbe commesso ai suddetti punti 133 e 134, dal momento che tale società si limita ad asserire che il Tribunale ha commesso una siffatta violazione senza indicare con precisione gli argomenti giuridici che sostengono in modo puntuale tale argomento.

72      Di conseguenza, dal momento che nessuno degli argomenti addotti a sostegno di tale terzo motivo dell’impugnazione è stato accolto, tale motivo deve essere respinto.

 Sul quarto motivo, vertente sulla prescrizione quinquennale e sulla tardività dell’azione della Commissione

 Argomenti delle parti

73      Con il quarto motivo la Caffaro addebita al Tribunale, in primo luogo, di aver applicato erroneamente, ai punti da 147 a 165 della sentenza impugnata, l’articolo 25 del regolamento n. 1/2003.

74      In particolare, la Caffaro contesta al Tribunale di non aver considerato l’inerzia della Commissione per un anno, dopo l’atto interruttivo della prescrizione, vale a dire le ispezioni alle sedi delle altre imprese che hanno avuto luogo il 25 e il 26 marzo 2003, prima di trasmetterle una richiesta di informazioni il 18 marzo 2004, senza addurre alcun motivo. Il Tribunale avrebbe dovuto giudicare «eccessivamente tardiva» e «imputabile ad una negligenza» della Commissione la comunicazione effettuata il 18 marzo 2004, ossia un anno e mezzo dopo l’inizio dell’indagine e oltre un anno dopo l’avvenuta conoscenza dell’infrazione in questione, ed avrebbe dovuto trarne le necessarie conseguenze in termini di disapplicazione nei suoi riguardi dell’articolo 25, paragrafi 3 e 4, del regolamento n. 1/2003.

75      La Caffaro ritiene che il Tribunale si sia limitato, ai punti da 147 a 157 della sentenza impugnata, ad un’interpretazione formalistica della normativa dell’Unione in materia di prescrizione e che tale soluzione, nel caso di specie, contrasti con i principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento. Oltre a detti principi, la Caffaro sottolinea che la Commissione è tenuta a seguire il principio dell’osservanza di un termine ragionevole nello svolgimento dei procedimenti amministrativi, che è un principio generale del diritto dell’Unione prevalente su una norma di diritto derivato, quale il citato articolo 25.

76      In proposito, la Caffaro lamenta che il Tribunale non si sia pronunciato nel merito delle censure relative allo sviamento di potere e al difetto di motivazione della Commissione, sviluppate dalla Caffaro in primo grado. Essa gli addebita altresì di avere snaturato i fatti relativi alla tardività dell’azione della Commissione, non avendo preso in considerazione talune circostanze, in particolare che, fino al marzo 2004, essa non era a conoscenza dell’indagine in corso nei confronti delle altre imprese e che già nei mesi di marzo e aprile 2003 tale istituzione era in possesso di informazioni circa la presenza dei suoi rappresentanti alle riunioni di Siviglia (Spagna) e di Évian-les-Bains.

77      In secondo luogo, la Caffaro asserisce che il Tribunale ha commesso un errore di diritto, ai punti da 162 a 164 della sentenza impugnata, respingendo il suo argomento secondo cui i suoi diritti della difesa sono stati lesi per il fatto che essa non è stata informata delle indagini durante le ispezioni realizzate nel corso del mese di marzo 2003, ma unicamente il 18 marzo 2004, a seguito di una richiesta di informazioni della Commissione. In particolare, la Caffaro contesta al Tribunale di avere ritenuto a torto, ai suddetti punti, che il grave ritardo nell’informazione dell’esistenza delle indagini non avesse arrecato un serio pregiudizio all’efficacia della sua difesa.

78      A tale riguardo la Caffaro sottolinea, da un lato, che essa non è stata posta in grado di presentare tempestivamente una richiesta di collaborazione ai sensi della comunicazione della Commissione relativa alla non imposizione di ammende e alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese, il che ne ha compromesso la possibilità di poter beneficiare di un considerevole sconto sull’ammenda, e, dall’altro, che l’inerzia di tale istituzione ha compresso il periodo utile per predisporre le proprie difese di oltre la metà rispetto a quello di cui hanno beneficiato le altre partecipanti all’intesa.

79      Inoltre, la Caffaro adduce che la richiesta di informazioni che essa ha ricevuto in data 18 marzo 2008 non rispettava lo «standard» richiesto dalla giurisprudenza del Tribunale, in quanto non le ha consentito di comprendere lo scopo e le conseguenze dell’indagine in corso e non precisava tutti gli indizi a suo carico di cui era necessaria la verifica.

80      La Commissione contesta tale argomentazione della Caffaro.

 Giudizio della Corte

81      In primo luogo, per quanto riguarda l’argomentazione della Caffaro vertente su un asserito errore di applicazione da parte del Tribunale, ai punti da 147 a 165 della sentenza impugnata, dell’articolo 25 del regolamento n. 1/2003, è opportuno rilevare che, a termini dell’articolo 25, paragrafo 1, lettera b), di tale regolamento, i poteri conferiti alla Commissione in virtù degli articoli 23 e 24 di detto regolamento, di infliggere ammende alle imprese quando, intenzionalmente o per negligenza, queste ultime commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo 81 CE, sono soggetti a un termine di prescrizione di cinque anni.

82      In forza dell’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, la prescrizione decorre dal giorno in cui l’infrazione è stata commessa o, per le infrazioni continuate o ripetute, a partire dal giorno in cui è cessata l’infrazione.

83      Conformemente all’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, la prescrizione si interrompe con qualsiasi atto della Commissione destinato all’accertamento o alla repressione dell’infrazione. La prescrizione è interrotta a partire dal giorno in cui l’atto è notificato ad almeno un’impresa, o associazione di imprese, che abbia partecipato all’infrazione e, in forza dell’articolo 25, paragrafo 4, dello stesso regolamento, tale interruzione vale nei confronti di tutte le imprese ed associazioni di imprese che abbiano partecipato all’infrazione.

84      Nel caso di specie, come risulta dai punti 151 e 152 della sentenza impugnata, la Commissione ha rilevato correttamente che la Caffaro aveva partecipato all’infrazione di cui trattasi fino al 31 dicembre 1998 e che è pacifico che la prima misura adottata da tale istituzione per accertare l’infrazione medesima sia consistita in ispezioni negli uffici di talune imprese, effettuate il 25 e il 26 marzo 2003, cioè prima della scadenza del termine di prescrizione quinquennale nei confronti di detta società, di modo che la prescrizione non era maturata al momento dell’adozione della decisione controversa.

85      Pertanto, al punto 153 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato, senza commettere errori nell’applicazione dell’articolo 25 del regolamento n. 1/2003, che l’azione volta alla repressione dell’infrazione nei confronti della Caffaro non era prescritta.

86      A tale proposito, non può neppure addebitarsi al Tribunale di non essersi pronunciato sugli argomenti relativi allo sviamento di potere e al difetto di motivazione da parte della Commissione. Infatti, da una lettura della sentenza impugnata e, in particolare, dal punto 155 di questa, risulta che il Tribunale ha risposto a tali argomenti. Orbene, il fatto che la Caffaro non concordi con la risposta che il Tribunale ha fornito al suo motivo non può configurare un difetto di motivazione della sentenza impugnata, una volta che, conformemente alla giurisprudenza menzionata al punto 42 della presente sentenza, i motivi alla base della decisione del Tribunale le consentono di conoscere le ragioni per le quali questo giudice non ha accolto la sua tesi e pongono la Corte in condizione di esercitare il suo controllo, il che si verifica nel caso di specie.

87      Per quanto riguarda l’argomento della Caffaro relativo ad un asserito snaturamento dei fatti concernenti la tardività dell’azione della Commissione, si deve necessariamente rilevare che la Caffaro non dimostra affatto in che modo il Tribunale avrebbe snaturato tali fatti. Invero la Caffaro si limita a sostenere che il Tribunale avrebbe dovuto trarre conclusioni diverse rispetto a quelle dedotte dai fatti e dagli elementi di prova dinanzi ad esso presentati. Conformemente a giurisprudenza costante, un argomento del genere deve essere respinto in quanto irricevibile.

88      In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento della Caffaro, con cui essa addebita al Tribunale di aver respinto erroneamente il suo argomento vertente su una presunta violazione dei suoi diritti della difesa conseguente alla comunicazione tardiva dell’esistenza dell’indagine, si deve ricordare che, ai punti da 112 a 122 della sua sentenza del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione (C‑521/09 P, Racc. pag. I‑8947), la Corte ha dichiarato che il rispetto dei diritti della difesa non implica che la Commissione, già anteriormente alla prima misura adottata nei confronti di un dato soggetto, sia tenuta, in ogni caso, ad avvertire detto soggetto della possibilità stessa di misure istruttorie o di azioni fondate sul diritto della concorrenza dell’Unione.

89      Inoltre, ai suddetti punti la Corte ha precisato che, sempreché il destinatario di una comunicazione degli addebiti sia posto in condizione di fare utilmente conoscere la sua posizione nel corso del procedimento amministrativo, in contraddittorio, sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze allegati dalla Commissione, quest’ultima non è in linea di principio tenuta a indirizzare un provvedimento istruttorio a detto destinatario prima dell’invio della comunicazione degli addebiti.

90      Ne consegue che la summenzionata giurisprudenza si applica, a fortiori, in un caso come quello in esame, nel quale la Caffaro è stata destinataria di una misura istruttoria, ossia la richiesta di informazioni del 18 marzo 2004, trasmessa dieci mesi prima della comunicazione degli addebiti, di modo che l’argomento addotto a questo riguardo da tale società non può essere accolto.

91      Inoltre, va rilevato che, nell’ambito di una domanda di cooperazione, le imprese non sono tenute ad attendere di ricevere una richiesta di informazioni da parte della Commissione per decidere di cooperare con quest’ultima. Pertanto, il Tribunale ha ritenuto legittimamente che il fatto che la Caffaro fosse stata informata delle indagini soltanto al momento della richiesta di informazioni trasmessale dalla Commissione il 18 marzo 2004 non le avesse precluso di presentare tempestivamente una richiesta di collaborazione.

92      Per quanto riguarda l’argomento della Caffaro concernente i presunti vizi della richiesta di informazioni del 18 marzo 2004, dal fascicolo della controversia sottoposto al Tribunale risulta che in primo grado non è stata formulata una simile censura. Orbene, nell’ambito dell’impugnazione la competenza della Corte è limitata alla valutazione della soluzione giuridica che è stata fornita a fronte dei motivi discussi dinanzi al giudice di primo grado. Una parte non può dunque modificare l’oggetto della controversia, sollevando per la prima volta dinanzi alla Corte un motivo che avrebbe potuto dedurre dinanzi al Tribunale, ma che non ha sollevato, in quanto questo equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte, la cui competenza in materia di impugnazione è limitata, una controversia più ampia di quella di cui è stato investito il Tribunale (v., in particolare, sentenza Elf Aquitaine/Commissione, cit., punto 35 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, il suddetto argomento va respinto in quanto irricevibile.

93      Dal momento che nessuno degli argomenti addotti a sostegno del quarto motivo dell’impugnazione è stato accolto, tale motivo deve essere respinto.

 Sul quinto motivo, relativo alla presa in considerazione di varie circostanze attenuanti

 Argomenti delle parti

94      La Caffaro contesta al Tribunale di avere dichiarato, al punto 175 della sentenza impugnata, che, per quanto attiene alla riduzione del 50% dell’importo dell’ammenda stabilita dalla Commissione per il suo ruolo passivo e minore nell’infrazione, non occorresse applicare altre circostanze attenuanti. Essa ritiene al contrario che il Tribunale avrebbe dovuto tener conto della mancata applicazione degli accordi anticoncorrenziali e del fatto che questi non le hanno procurato alcun vantaggio.

95      La Caffaro rileva che, ai punti 173 e 174 della sentenza impugnata, il Tribunale ha motivato la sua risposta dichiarando che dagli Orientamenti del 1998 non risulta che la Commissione debba tener conto separatamente di ciascuna delle circostanze attenuanti ivi enumerate e che tale istituzione gode di un margine discrezionale talmente ampio da non essere obbligata ad accordare riduzioni supplementari, anche qualora un’impresa dimostri la ricorrenza di una di tali circostanze. Ad avviso della Caffaro tale approccio non è in linea con il tenore letterale del punto 3 di detti Orientamenti, che enumera le singole circostanze in modo separato. Detto approccio condurrebbe inoltre a conferire un potere arbitrario alla Commissione la quale, divenendo «giudice di se stessa», avrebbe la facoltà di dichiarare che la riduzione già concessa a titolo di una circostanza attenuante valga anche per una o più altre circostanze.

96      Inoltre, la Caffaro rimprovera al Tribunale di aver dedicato il solo punto 177 della sentenza impugnata alla circostanza della mancanza di un vantaggio ricavato dall’infrazione, dichiarando che tale mancanza non può essere considerata una circostanza attenuante. Pur riconoscendo che detta mancanza non compare tra le circostanze attenuanti di cui agli Orientamenti del 1998, la Caffaro ricorda che, al punto 5, lettera b), degli stessi, la Commissione si impegna a prendere in considerazione taluni elementi obiettivi, tra cui proprio tale vantaggio, allo scopo di adeguare gli importi delle ammende.

97      La Caffaro contesta altresì al Tribunale di avere respinto, ai punti 178 e seguenti della sentenza impugnata, il motivo relativo alla mancata attuazione degli accordi conclusi il 14 maggio 1998 a Évian-les-Bains, commettendo una violazione delle proprie norme di procedura in materia di produzione della prova e uno snaturamento degli elementi probatori.

98      In primo luogo, la Caffaro afferma che, per quanto riguarda gli allegati A.6, A.13 e A.14 del ricorso dinanzi a Tribunale, quest’ultimo ha valutato in modo manifestamente erroneo gli elementi di prova, pervenendo ad uno snaturamento. Poi, la Caffaro fa valere che le fatture che essa ha prodotto come mezzi di prova agli allegati da C.2 a C.13 della sua replica, che sono state respinte dal Tribunale in quanto non erano state prodotte nel corso del procedimento amministrativo, costituiscono, di fatto, mezzi di prova a sostegno di documenti prodotti nel suddetto ricorso e coincidono con gli allegati che accompagnano le osservazioni da essa presentate in risposta alla comunicazione degli addebiti. In ogni caso, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, i suddetti allegati da C.2 a C.13 non sottenderebbero alcun nuovo argomento giuridico.

99      Allo stesso modo, la Caffaro ritiene che il Tribunale non abbia tenuto conto di numerosi elementi evocati nella decisione controversa che dimostrano che essa non aveva applicato gli aumenti di prezzo concordati ad Évian-les-Bains, segnatamente l’assenza dei suoi rappresentanti alle cinque riunioni seguite a quella tenutasi ad Évian-les-Bains, finalizzate all’esecuzione degli accordi, e il fatto che essa avesse fatto tutto quanto fosse in suo potere per opporsi agli accordi e limitare l’impatto dell’intesa.

100    La Commissione contesta tale argomentazione della Caffaro.

 Giudizio della Corte

101    Occorre ricordare che, come risulta da giurisprudenza costante, la Commissione gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo delle ammende e può, a questo proposito, tener conto di molteplici elementi. La Corte ha anche statuito che il metodo di calcolo delineato dagli Orientamenti del 1998 prevede vari elementi di flessibilità che consentono alla Commissione di esercitare il proprio ampio potere discrezionale in conformità al disposto dell’articolo 23 del regolamento n. 1/2003, come interpretato dalla Corte. Spetta nondimeno alla Corte di verificare se il Tribunale abbia valutato correttamente l’esercizio, da parte della Commissione, di detto potere discrezionale (v., in particolare, sentenza del 29 giugno 2006, SGL Carbon/Commissione, C‑308/04 P, Racc. pag. I‑5977, punti da 46 a 48 e giurisprudenza ivi citata).

102    In proposito occorre rilevare che, sebbene la Commissione si debba conformare ai termini dei propri Orientamenti nella determinazione dell’importo delle ammende, tuttavia non è previsto negli Orientamenti del 1998 che la Commissione abbia sempre l’obbligo di prendere in considerazione in modo separato ciascuna delle circostanze attenuanti elencate al punto 3 degli stessi. Infatti, tale punto 3, intitolato «Circostanze attenuanti», contempla la «[r]iduzione dell’importo di base per circostanze attenuanti».

103    Ne consegue che, anche se le circostanze indicate nell’elenco contenuto nel suddetto punto 3 rientrano senz’altro nel novero di quelle che possono essere prese in considerazione dalla Commissione in un caso determinato, quest’ultima non ha l’obbligo, allorché un’impresa adduce elementi tali da indicare la presenza di una di dette circostanze, di concedere a tale titolo una riduzione supplementare in maniera automatica, senza procedere ad un’analisi globale. Infatti, l’adeguatezza di un’eventuale riduzione dell’ammenda a titolo delle circostanze attenuanti deve essere valutata da un punto di vista complessivo, tenendo conto dell’insieme delle circostanze rilevanti del caso specifico.

104    Pertanto, al punto 175 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato correttamente che, considerata la notevole entità della riduzione dell’importo dell’ammenda applicata, nell’ambito della valutazione delle circostanze attenuanti nella decisione controversa, a titolo del ruolo passivo e minore della Caffaro nell’infrazione, l’argomentazione di tale società relativa all’esistenza di altre circostanze attenuanti, non riconosciute dalla Commissione, quand’anche fondata, non poteva portare ad ammettere il carattere inadeguato di una riduzione accordata dalla Commissione in base a detta valutazione.

105    Inoltre, quanto agli argomenti della Caffaro vertenti su una presunta violazione del regolamento di procedura del Tribunale in materia di produzione della prova nonché di un asserito snaturamento dei fatti e degli elementi di prova, commessi dal Tribunale ai punti da 176 a 183 della sentenza impugnata, tali argomenti devono essere respinti in quanto inconferenti dato che, essendo diretti contro motivi forniti ad abundantiam dalla medesima sentenza, essi non possono comportare l’annullamento di quest’ultima.

106    Conseguentemente, dal momento che nessuno degli argomenti sollevati a sostegno del quinto motivo dell’impugnazione è stato accolto, tale motivo deve essere respinto.

107    Poiché nessuno dei motivi dedotti dalla Caffaro a sostegno della sua impugnazione può essere accolto, l’impugnazione deve essere interamente respinta.

 Sulle spese

108    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, che si applica per analogia al procedimento d’impugnazione a norma dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Caffaro, rimasta soccombente, va condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      La Caffaro Srl, posta in amministrazione straordinaria, è condannata alle spese.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.