SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

12 luglio 2012 ( *1 )

«Libera circolazione delle merci — Misure di effetto equivalente a una restrizione quantitativa — Processo nazionale di certificazione — Presunzione di conformità al diritto nazionale — Applicabilità dell’articolo 28 CE ad un ente di certificazione privato»

Nella causa C-171/11,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Oberlandesgericht Düsseldorf (Germania), con decisione del 30 marzo 2011, pervenuta in cancelleria l’11 aprile 2011, nel procedimento

Fra.bo SpA

contro

Deutsche Vereinigung des Gas- und Wasserfaches eV (DVGW) – Technisch-Wissenschaftlicher Verein,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. J.-C. Bonichot, presidente di sezione, dalla sig.ra A. Prechal, dai sigg. K. Schiemann (relatore), L. Bay Larsen e E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak

cancelliere: sig. K. Malacek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 15 febbraio 2012,

considerate le osservazioni presentate:

per la Fra.bo SpA, da A. Saueracker e M. Becker, Rechtsanwälte,

per la Deutsche Vereinigung des Gas- und Wasserfaches eV (DVGW) – Technisch-Wissenschaftlicher Verein, da C. Tellman e F.-E. Hufnagel, Rechtsanwälte,

per il governo tedesco, da T. Henze e N. Graf Vitzthum, in qualità di agenti,

per il governo ceco, da M. Smolek e D. Hadroušek, in qualità di agenti,

per il governo olandese, da C. Wissels e B. Koopman, in qualità di agenti,

per la Commissione europea, da G. Zavvos, G. Wilms, L. Malferrari e C. Hödlmayr, in qualità di agenti,

per l’Autorità di vigilanza EFTA, da M. Schneider e X. Lewis, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 marzo 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 28 CE, 81 CE e 86, paragrafo 2, CE.

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Fra.bo SpA (in prosieguo: la «Fra.bo»), società di diritto italiano specializzata nella produzione e distribuzione di raccordature in rame destinate, in particolare, ai condotti d’acqua o di gas, e l’ente di certificazione tedesco Deutsche Vereinigung des Gas- und Wasserfaches eV (DVGW) ‐ Technisch-Wissenschaftlicher Verein (in prosieguo: la «DVGW»), in merito alla decisione di quest’ultimo di revoca o di diniego della proroga del certificato delle raccordature in rame prodotte e distribuite dalla Fra.bo.

Contesto normativo tedesco

3

Dalla decisione di rinvio e dalle osservazioni delle parti interessate risulta che il regolamento concernente le condizioni generali relative alla fornitura di acqua (Verordnung über Allgemeine Bedingungen für die Versorgung mit Wasser) del 20 giugno 1980 (BGBl. 1980 I, pag. 750; in prosieguo: l’«AVBWasserV») stabilisce condizioni generali di vendita tra le imprese di fornitura di acqua e i loro clienti, alle quali le parti possono liberamente derogare.

4

All’epoca dei fatti del procedimento principale, l’articolo 12, paragrafo 4, dell’AVBWasserV così disponeva:

«Possono essere impiegati unicamente materiali e apparecchi conformi alle regole riconosciute della tecnica. Il contrassegno di un laboratorio di collaudo riconosciuto (ad es. marchi di omologazione DIN DVGW, DVGW o GS) attesta la rispondenza a tali requisiti».

5

Il regolamento del 13 gennaio 2010 (BGBl. 2010 I, pag. 10) ha modificato come segue l’articolo 12, paragrafo 4, dell’AVBWasserV:

«Possono essere impiegati unicamente prodotti e apparecchi conformi alle regole riconosciute della tecnica. Il rispetto dei requisiti di cui al primo periodo viene presunto in presenza di una marcatura CE per l’impiego espresso nel settore dell’acqua potabile. Qualora tale marcatura CE non sia prescritta, la presunzione ricorre anche qualora il prodotto o l’apparecchio presenti un contrassegno di un ente di certificazione accreditato del settore, in particolare il contrassegno DIN-DVGW o il contrassegno DVGW. I prodotti e gli apparecchi

1.

legalmente prodotti in un altro Stato contraente dell’Accordo sullo Spazio economico europeo o

2.

legalmente prodotti o immessi in commercio in un altro Stato membro dell’Unione europea o in Turchia

e che non siano conformi alle specificazioni tecniche del contrassegno ai sensi del terzo periodo, vengono trattati in maniera equivalente – comprese le verifiche e le attività di vigilanza condotte negli Stati summenzionati – qualora con essi venga conseguito in maniera parimenti duratura il livello di tutela richiesto in Germania».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

6

Dalla decisione di rinvio e dalle osservazioni delle parti interessate risulta che la Fra.bo è una società con sede in Italia che produce e distribuisce raccordature in rame. Queste ultime sono elementi che collegano due condotti di acqua o di gas; al fine di garantire la chiusura a tenuta stagna, esse sono munite, alle estremità, di guarnizioni anulari in elastomero.

7

La DVGW è un ente di diritto privato senza scopo di lucro creato nel 1859 ed il cui scopo, a norma del suo statuto, è la promozione dei settori del gas e dell’acqua. In Germania la DVGW è riconosciuta quale ente «di pubblica utilità», status concesso ai sensi degli articoli 51 e seguenti del codice tributario (Abgabenordnung) agli enti la cui attività è diretta ad aiutare in maniera disinteressata la collettività in ambito materiale, spirituale o morale. Conformemente all’articolo 2, paragrafo 2, del suo statuto, la DVGW non difende gli interessi dei fabbricanti del settore.

8

Per il settore dell’acqua esistono circa 350 norme elaborate dalla DVGW. La norma tecnica W 534 è pertinente per la controversia principale. Essa funge infatti da fondamento alla certificazione, su base volontaria, dei prodotti che entrano in contatto con acqua potabile.

9

Alla fine del 1999 la Fra.bo presentava alla DVGW una domanda di certificazione della raccordatura in rame di cui trattasi nel procedimento principale. La DVGW incaricava il Materialprüfungsanstalt Darmstadt di procedere ai controlli richiesti. Quest’ultimo subappaltava tali controlli all’impresa Cerisie Laboratorio, con sede in Italia, la quale non è riconosciuta dalla DVGW, bensì dalle autorità italiane competenti. Nel novembre 2000 la DVGW rilasciava alla Fra.bo un certificato di conformità per il settore dell’acqua valido cinque anni.

10

A seguito di obiezioni sollevate da terzi, la DVGW avviava un procedimento di controllo complementare, di cui veniva nuovamente incaricato il Materialprüfungsanstalt Darmstadt. Un «test dell’ozono», atto a verificare la resistenza all’ozono della guarnizione anulare in elastomero della raccordatura in rame, veniva effettuato su un campione di materiale inviato dall’impresa produttrice italiana. Nel giugno 2005 la DVGW comunicava alla Fra.bo che tale raccordatura non aveva superato il «test dell’ozono», ma che – come previsto dalle proprie regole – la Fra.bo avrebbe potuto presentare entro tre mesi un rapporto di collaudo positivo. Tuttavia, la DVGW non accettava il rapporto di collaudo successivamente redatto dalla Cerisie Laboratorio, in quanto quest’ultima non sarebbe stata riconosciuta dalla DVGW quale laboratorio di collaudo. Nella controversia di cui al procedimento principale, la DVGW contesta detto rapporto di collaudo anche perché insufficiente sotto il profilo del contenuto, in quanto non indicherebbe né le specificazioni del test né le condizioni cui il materiale è stato sottoposto.

11

Nel frattempo, in un procedimento formalizzato al quale la Fra.bo non ha partecipato, la DVGW modificava la norma tecnica W 534, introducendo il «test delle 3000 ore» al fine di garantire una durata maggiore dei prodotti certificati. Dalla risposta fornita dalla DVGW ad una domanda scritta della Corte risulta che tale test consiste nell’esporre la guarnizione anulare in elastomero della raccordatura in rame per 3000 ore ad una temperatura di 110 gradi Celsius. Secondo le regole della DVGW, i titolari dei certificati di conformità sono tenuti, entro tre mesi dall’entrata in vigore della modifica di tale norma, a richiedere un certificato supplementare per dimostrare il rispetto dei requisiti modificati. La Fra.bo non presentava tale domanda né sottoponeva le proprie raccordature in rame al «test delle 3000 ore».

12

Nel giugno 2005 la DVGW revocava alla Fra.bo il suo certificato di conformità, in considerazione dell’omessa produzione di un rapporto di collaudo positivo concernente il «test delle 3000 ore». La DVGW respingeva altresì la domanda di proroga di tale certificato, in base al rilievo che non esisteva più un certificato di conformità suscettibile di proroga.

13

La Fra.bo citava la DVGW dinanzi al Landgericht Köln, sostenendo che la revoca del certificato di conformità di cui trattasi e/o il diniego di prorogarlo violavano il diritto dell’Unione. Secondo la Fra.bo, la DVGW è soggetta alle disposizioni sulla libera circolazione delle merci, vale a dire agli articoli 28 CE e seguenti, e la revoca del certificato de quo, al pari del diniego di proroga del medesimo, ostacolano notevolmente il suo accesso al mercato tedesco. Infatti, a causa della presunzione di conformità di cui godono i prodotti certificati dalla DVGW ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 4, dell’AVBWasserV, in assenza di tale certificato le risulterebbe praticamente impossibile commercializzare i propri prodotti in Germania. Inoltre, il «test delle 3000 ore» non sarebbe obiettivamente giustificato e la DVGW non sarebbe legittimata ad escludere a priori i rapporti di collaudo di laboratori che, pur riconosciuti dalle autorità competenti di altri Stati membri diversi dalla Repubblica federale di Germania, non lo sono tuttavia dalla DVGW. Quest’ultima andrebbe inoltre considerata un’associazione di imprese, la quale, stabilendo le norme tecniche impugnate, violerebbe anche l’articolo 81 CE.

14

In quanto associazione di diritto privato, la DVGW ritiene di non essere vincolata alle disposizioni sulla libera circolazione delle merci e che solo la Repubblica federale di Germania sarebbe responsabile di un’eventuale violazione dell’articolo 28 CE relativamente all’adozione dell’articolo 12, paragrafo 4, dell’AVBWasserV. La DVGW sarebbe pertanto libera di elaborare e di applicare alle proprie attività di certificazione norme tecniche che eccedono quanto previsto in Stati membri diversi dalla Repubblica federale di Germania. Essa sarebbe anche libera, per motivi inerenti alla qualità, di prendere in considerazione solo i laboratori da essa stessa riconosciuti. Peraltro, quale ente di normalizzazione, essa non eserciterebbe un’attività economica ai sensi delle norme in tema di intese, cosicché un’applicazione dell’articolo 81 CE resterebbe esclusa.

15

Il Landgericht Köln ha respinto il ricorso della Fra.bo, in base al rilievo che la DVGW poteva fissare autonomamente i requisiti relativi ad una certificazione di conformità da essa rilasciata. La Fra.bo ha impugnato tale decisione dinanzi al giudice del rinvio per ottenere, sulla base della stessa tesi, la condanna della DVGW a prorogare il certificato di conformità delle raccordature in esame e a versare un risarcimento pari a EUR 1000000, oltre agli interessi.

16

A fronte di dubbi quanto all’applicabilità alle attività della DVGW delle disposizioni sulla libera circolazione delle merci e sui cartelli tra imprese, l’Oberlandesgericht Düsseldorf ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 28 CE (...), eventualmente in combinato disposto con l’articolo 86, paragrafo 2, CE (...), debba essere interpretato nel senso che gli enti di diritto privato costituti al fine di elaborare norme tecniche in un determinato settore, nonché di certificare i prodotti sulla scorta di tali norme tecniche, siano assoggettati, nell’elaborazione delle norme tecniche e nel processo di certificazione, alle summenzionate disposizioni, qualora il legislatore nazionale consideri espressamente conformi alla legge i prodotti provvisti di certificati, cosicché, nella prassi, la distribuzione di prodotti sprovvisti di tale certificato sia perlomeno resa notevolmente più difficoltosa.

2)

In caso di soluzione negativa della prima questione:

Se l’articolo 81 CE (...) debba essere interpretato nel senso che l’attività di un ente di diritto privato – descritto in dettaglio sub 1 – nel settore dell’elaborazione di norme tecniche e della certificazione di prodotti sulla scorta di tali norme tecniche debba essere considerata «economica», qualora detto ente sia detenuto da imprese.

In caso di soluzione affermativa della questione precedente:

Se l’articolo 81 CE (...) debba essere interpretato nel senso che l’elaborazione di norme tecniche e la certificazione sulla scorta di tali norme da parte di un’associazione di imprese sia idonea ad ostacolare il commercio tra gli Stati membri, qualora un prodotto realizzato e distribuito legalmente in un altro Stato membro non possa essere distribuito nello Stato membro d’importazione o possa esserlo solo con notevole difficoltà, in quanto esso non soddisfa i requisiti della norma tecnica e la distribuzione senza un siffatto certificato è praticamente impossibile, avuto riguardo alla preponderanza sul mercato della norma tecnica e ad una disposizione del legislatore nazionale secondo la quale un certificato dell’associazione di imprese attesta l’osservanza dei requisiti di legge, e qualora la norma tecnica, se fosse stata emessa direttamente dal legislatore nazionale, sarebbe inapplicabile perché in contrasto con i principi di libera circolazione delle merci».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

17

Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 28 CE debba essere interpretato nel senso che si applica alle attività di normalizzazione e di certificazione di un ente privato, qualora la legislazione nazionale consideri conformi alla normativa nazionale i prodotti certificati da tale ente e ciò produca l’effetto di ostacolare la commercializzazione di prodotti sprovvisti del certificato medesimo.

18

È pacifico, in limine, che la raccordatura in rame di cui trattasi al procedimento principale è un «materiale da costruzione» ai sensi della direttiva 89/106/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati Membri concernenti i prodotti da costruzione (GU 1989, L 40, pag. 12), come modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 settembre 2003 (GU L 284, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva 89/106»), che non costituisce oggetto né di una norma armonizzata o di un’omologazione tecnica europea né di una specificazione tecnica nazionale riconosciuta a livello dell’Unione ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, di tale direttiva.

19

Orbene, per quanto riguarda i materiali da costruzione che non ricadono sotto l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 89/106, l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva medesima dispone che gli Stati membri ne consentono l’immissione sul mercato nel loro territorio se tali prodotti soddisfano prescrizioni nazionali conformi al Trattato CE e fintantoché le specificazioni tecniche europee dispongano diversamente.

20

In tal senso, disposizioni nazionali che disciplinano l’immissione sul mercato di un materiale da costruzione, non rientrante in specificazioni tecniche armonizzate o riconosciute a livello dell’Unione, devono essere, come peraltro ricordato dalla direttiva 89/106, conformi agli obblighi che derivano dal Trattato e, in particolare, al principio della libera circolazione delle merci sancito negli articoli 28 CE e 30 CE (v., in tal senso, sentenza del 13 marzo 2008, Commissione/Belgio, C-227/06, punto 34).

21

Occorre anzitutto verificare se, come sostenuto dalla ricorrente nel procedimento principale, l’articolo 28 CE si applichi alle attività di normalizzazione e di certificazione di un ente privato in circostanze come quelle di cui al procedimento principale.

22

A tale riguardo occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, qualsiasi normativa degli Stati membri che possa ostacolare, direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, il commercio intracomunitario va considerata una misura di effetto equivalente a restrizioni quantitative, vietata dall’articolo 28 CE (sentenze dell’11 luglio 1974, Dassonville, 8/74, Racc. pag. 837, punto 5; del 5 febbraio 2004, Commissione/Italia, C-270/02, Racc. pag. I-1559, punto 18, e Commissione/Belgio, cit., punto 40). Il solo fatto quindi di essere dissuaso dall’introdurre o dal commercializzare i prodotti di cui trattasi nello Stato membro interessato costituisce per l’importatore un ostacolo alla libera circolazione delle merci (sentenza del 24 aprile 2008, Commissione/Lussemburgo, C-286/07, punto 27).

23

Allo stesso modo la Corte ha dichiarato che uno Stato membro viene meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi degli articoli 28 CE e 30 CE, qualora, senza una valida giustificazione, induca gli operatori economici che intendano commercializzare sul suo territorio materiali da costruzione, fabbricati e/o commercializzati legittimamente in un altro Stato membro, ad ottenere marchi di conformità nazionali (v., in tal senso, sentenza Commissione/Belgio, cit.) o qualora non tenga conto dei certificati di omologazione rilasciati da altri Stati membri (v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2005, Commissione/Portogallo, C-432/03, Racc. pag. I-9665).

24

È pacifico che la DVGW è un ente privato senza scopo di lucro le cui attività non sono finanziate dalla Repubblica federale di Germania. È inoltre pacifico che tale Stato membro non esercita un’influenza determinante sulle attività di normalizzazione e di certificazione della DVGW, sebbene una parte dei membri di quest’ultima sia costituita da enti di diritto pubblico.

25

La DVGW sostiene che, conseguentemente, l’articolo 28 CE non è applicabile nei suoi confronti, considerata la sua natura di ente privato. Le altre parti interessate ritengono che enti privati possano, in determinate circostanze, essere tenuti a rispettare la libera circolazione delle merci sancita dall’articolo 28 CE.

26

È quindi necessario verificare se, tenuto conto in particolare del contesto legislativo e regolamentare in cui essa si esercita, l’attività di un ente di diritto privato quale la DVGW produca l’effetto di ostacolare la libera circolazione delle merci al pari di misure di origine nazionale.

27

Orbene, nel caso di specie, occorre rilevare, in primo luogo, che il legislatore tedesco ha stabilito all’articolo 12, paragrafo 4, dell’AVBWasserV che i prodotti certificati dalla DVGW sono conformi alla normativa nazionale.

28

In secondo luogo, nel procedimento principale è pacifico inter partes che la DVGW è il solo ente in grado di certificare, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 4, dell’AVBWasserV, le raccordature in rame oggetto del procedimento medesimo. In altri termini, la DVGW rappresenta l’unica possibilità per tali prodotti di ottenere una certificazione di conformità.

29

Vero è che la DVGW e il governo tedesco hanno dedotto l’esistenza di una procedura diversa dalla certificazione effettuata dalla DVGW, consistente nel far verificare ad un perito la conformità di un prodotto alle norme riconosciute dalla tecnica ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 4, dell’AVBWasserV. Tuttavia, dalle risposte alle domande scritte e orali della Corte risulta che le difficoltà amministrative legate alla mancanza di norme procedurali specifiche poste a disciplina del lavoro di un perito di tal genere, da un lato, nonché i costi aggiuntivi che comporta il ricorso ad una perizia individuale, dall’altro, rendono quest’altra procedura poco o per nulla praticabile.

30

In terzo luogo, il giudice del rinvio ritiene che, in pratica, la mancata certificazione da parte della DVGW ostacoli notevolmente la commercializzazione dei prodotti interessati sul mercato tedesco. Infatti, se è pur vero che l’AVBWasserV si limita a stabilire per le imprese di fornitura di acqua e i loro clienti condizioni generali di vendita alle quali le parti possono liberamente derogare, dagli atti di causa risulta che in pratica la quasi totalità dei consumatori tedeschi acquistano unicamente raccordature in rame certificate dalla DVGW.

31

Alla luce dei suesposti rilievi, occorre necessariamente constatare che un ente quale la DVGW detiene in realtà, segnatamente per il fatto di essere abilitata a certificare i prodotti, il potere di regolamentare l’ingresso sul mercato tedesco di prodotti quali le raccordature in rame di cui trattasi nel procedimento principale.

32

Occorre quindi rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 28 CE dev’essere interpretato nel senso che si applica alle attività di normalizzazione e di certificazione di un ente privato, qualora la legislazione nazionale consideri conformi al diritto nazionale i prodotti certificati da tale ente e ciò produca l’effetto di ostacolare la commercializzazione di prodotti sprovvisti di tale certificato.

Sulla seconda questione

33

Non è necessario rispondere alla seconda questione, dal momento che è stata sollevata dal giudice del rinvio solo nell’ipotesi in cui venisse data risposta negativa alla prima questione.

Sulle spese

34

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

 

L’articolo 28 CE dev’essere interpretato nel senso che si applica alle attività di normalizzazione e di certificazione di un ente privato, qualora la legislazione nazionale consideri conformi al diritto nazionale i prodotti certificati da tale ente e ciò produca l’effetto di ostacolare la commercializzazione di prodotti sprovvisti di tale certificato.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.