CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 30 gennaio 2014 ( 1 )

Causa C‑658/11

Parlamento europeo

contro

Consiglio dell’Unione europea

«Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Mauritius sulle condizioni del trasferimento delle persone sospettate di atti di pirateria da parte della forza navale diretta dall’Unione europea alla Repubblica di Mauritius — Politica estera e di sicurezza comune (PESC) — Spazio di libertà, sicurezza e giustizia — Cooperazione allo sviluppo — Scelta della base giuridica — Articolo 218, paragrafi 6 e 10, TFUE»

1. 

Con il presente ricorso la Corte viene invitata a precisare, nel contesto della lotta contro la pirateria al largo delle coste somale, i confini fra tre settori dell’azione esterna dell’Unione europea, vale a dire la politica estera e di sicurezza comune (PESC), la dimensione esterna dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (in prosieguo: lo «SLSG») e la cooperazione allo sviluppo.

2. 

La presente causa dimostra ancora una volta, in particolare dopo la sentenza del 19 luglio 2012, Parlamento/Consiglio ( 2 ), in materia di lotta contro il terrorismo internazionale, che l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, malgrado la formale sparizione dei pilastri, non ha fatto venir meno la necessità di delimitare i rispettivi ambiti di applicazione delle diverse politiche dell’Unione.

3. 

Tale compito si rivela delicato quando è in gioco l’obiettivo della sicurezza. Infatti, questo obiettivo è comune alla PESC e allo SLSG. Il medesimo obiettivo è altresì connesso alla politica di cooperazione allo sviluppo, nella misura in cui la sicurezza costituisce un presupposto necessario per lo sviluppo degli Stati di cui si tratta.

4. 

Tuttavia, la delimitazione tra le politiche dell’Unione costituisce un atto indispensabile in ragione della specificità che caratterizza la PESC rispetto alle altre politiche dell’Unione.

5. 

Tale specificità è contrassegnata in particolare dal ruolo limitato del Parlamento europeo nell’ambito della PESC. Da questo punto di vista, la fissazione di criteri chiari al fine di definire l’ambito di applicazione di tale politica rispetto agli altri settori dell’azione esterna dell’Unione presenta una sicura importanza sotto il profilo costituzionale.

6. 

Con il suo ricorso, il Parlamento chiede alla Corte di annullare la decisione 2011/640/PESC del Consiglio, del 12 luglio 2011, relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Mauritius sulle condizioni del trasferimento delle persone sospettate di atti di pirateria e dei relativi beni sequestrati da parte della forza navale diretta dall’Unione europea alla Repubblica di Mauritius e sulle condizioni delle persone sospettate di atti di pirateria dopo il trasferimento ( 3 ).

7. 

La decisione controversa è fondata sull’articolo 37 TUE, nonché sull’articolo 218, paragrafi 5 e 6, TFUE.

8. 

Ai sensi dell’articolo 37 TUE, collocato nel capo 2 del titolo V di tale trattato, recante «Disposizioni specifiche sulla [PESC]», «[l]’Unione può concludere accordi con uno o più Stati o organizzazioni internazionali nei settori di pertinenza del presente capo».

9. 

L’articolo 218 TFUE detta le regole riguardanti la negoziazione, la firma e la conclusione degli accordi internazionali. Esso è così formulato:

«1.   Fatte salve le disposizioni particolari dell’articolo 207, gli accordi tra l’Unione e i paesi terzi o le organizzazioni internazionali sono negoziati e conclusi secondo la procedura seguente.

2.   Il Consiglio autorizza l’avvio dei negoziati, definisce le direttive di negoziato, autorizza la firma e conclude gli accordi.

3.   La Commissione, o l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza quando l’accordo previsto riguarda esclusivamente o principalmente la [PESC], presenta raccomandazioni al Consiglio, il quale adotta una decisione che autorizza l’avvio dei negoziati e designa, in funzione della materia dell’accordo previsto, il negoziatore o il capo della squadra di negoziato dell’Unione.

(...)

5.   Il Consiglio, su proposta del negoziatore, adotta una decisione che autorizza la firma dell’accordo e, se del caso, la sua applicazione provvisoria prima dell’entrata in vigore.

6.   Il Consiglio, su proposta del negoziatore, adotta una decisione relativa alla conclusione dell’accordo.

Tranne quando l’accordo riguarda esclusivamente la [PESC], il Consiglio adotta la decisione di conclusione dell’accordo:

a)

previa approvazione del Parlamento (...) nei casi seguenti:

(...)

v)

accordi che riguardano settori ai quali si applica la procedura legislativa ordinaria oppure la procedura legislativa speciale qualora sia necessaria l’approvazione del Parlamento (...).

(...)

b)

previa consultazione del Parlamento (...), negli altri casi. (...)

(...)

10.   Il Parlamento (...) è immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della procedura.

(...)».

10. 

A sostegno del suo ricorso, il Parlamento deduce due motivi.

11. 

Con il primo motivo, il Parlamento fa valere che l’Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Mauritius sulle condizioni del trasferimento delle persone sospettate di atti di pirateria e dei relativi beni sequestrati da parte della forza navale diretta dall’Unione europea alla Repubblica di Mauritius e sulle condizioni delle persone sospettate di atti di pirateria dopo il trasferimento ( 4 ) non riguarda esclusivamente la PESC, ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, TFUE, dato che la finalità e il contenuto dell’accordo sono correlati anche alla cooperazione giudiziaria in materia penale, alla cooperazione di polizia e alla cooperazione allo sviluppo e che a tali settori si applica la procedura legislativa ordinaria. Di conseguenza, la decisione di concludere l’accordo avrebbe dovuto essere adottata previa approvazione del Parlamento ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, lettera a), punto v), TFUE.

12. 

Con il secondo motivo, il Parlamento sostiene che il Consiglio ha violato l’articolo 218, paragrafo 10, TFUE omettendo di informarlo immediatamente e pienamente in tutte le fasi della procedura.

13. 

Con ordinanza del presidente della Corte del 5 giugno 2012, la Repubblica ceca, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, il Regno di Svezia, nonché il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, sono stati ammessi a intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

14. 

Quanto alla Commissione, essa è stata ammessa a intervenire a sostegno del Parlamento in occasione della fase orale del procedimento.

I – Sul motivo relativo alla violazione dell’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, TFUE

A – Sull’interpretazione della nozione di accordo riguardante esclusivamente la PESC

15.

Il Parlamento propugna un’interpretazione restrittiva della nozione di accordo riguardante esclusivamente la PESC. A suo avviso, il Consiglio sarebbe legittimato a concludere un accordo internazionale senza l’approvazione o la consultazione del Parlamento soltanto in circostanze eccezionali e quando tale accordo, non contenendo alcun elemento correlato ad altre politiche dell’Unione, riguardi esclusivamente la PESC.

16.

Quanto all’accordo controverso nel presente procedimento, il Parlamento sostiene che esso presenta componenti relative a tre diverse politiche dell’Unione, vale a dire la PESC, la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, nonché la cooperazione allo sviluppo. A suo avviso, è sufficiente che una di tali componenti sia presente nell’accordo, anche a titolo secondario o accessorio, perché scatti l’obbligo di ottenere l’approvazione del Parlamento. Infatti, in una situazione del genere, l’accordo non potrebbe, ad avviso del Parlamento, essere considerato come riguardante esclusivamente la PESC.

17.

La tesi difesa dal Consiglio consiste, al contrario, nel sostenere che l’accordo non contiene componenti diverse da quella relativa alla PESC, né a titolo principale né a titolo accessorio. Quand’anche fosse possibile identificare siffatte componenti ulteriori, esse sarebbero meramente accessorie, sicché non renderebbero necessario il ricorso ad una base giuridica aggiuntiva. Poiché la base giuridica adottata concerne, da un punto di vista sostanziale, esclusivamente la PESC, occorrerebbe dedurne che, sotto il profilo procedurale, l’accordo «riguarda esclusivamente la [PESC]» ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, TFUE, sicché il Parlamento non dovrebbe dare la propria approvazione affinché il Consiglio possa adottare la decisione di concludere tale accordo.

18.

Al pari del Consiglio e degli Stati membri intervenuti nella presente causa, ritengo che un accordo «riguarda esclusivamente la [PESC]», ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, TFUE, qualora la decisione relativa alla conclusione di tale accordo sia fondata unicamente su una base giuridica sostanziale attinente alla PESC, ossia con esclusione di qualsiasi altra base giuridica sostanziale.

19.

Sarebbe a mio avviso incoerente esaminare la questione della procedura applicabile per la conclusione di un accordo internazionale in modo scollegato dalla questione preliminare della determinazione della base giuridica sostanziale che conferisce all’Unione la competenza ad adottare un accordo siffatto, dato che tali due questioni sono strettamente legate. Una separazione del genere porterebbe ad un duplice esame, implicante la definizione di nuovi criteri al fine di stabilire se un accordo riguardi o no esclusivamente la PESC, con risultati incerti forieri di insicurezza giuridica.

20.

Occorre dunque determinare la base giuridica sostanziale che autorizza l’Unione ad adottare un accordo internazionale, prima di stabilire la relativa base giuridica procedurale. Tale approccio è d’altronde corroborato dalla giurisprudenza della Corte, secondo cui «non sono le procedure a definire [la base giuridica] di un atto, ma è [la base giuridica] di un atto che determina le procedure da seguire per la sua adozione» ( 5 ).

21.

Pertanto, nell’esaminare la questione se un accordo riguardi o no esclusivamente la PESC, poco importa – al contrario di quanto sostiene il Parlamento – che l’accordo in parola riguardi anche, in modo secondario, settori diversi dalla PESC. Infatti, non è sufficiente che un accordo riguardi a titolo accessorio o in via incidentale settori diversi dalla PESC perché sia necessaria la consultazione o l’approvazione preventiva del Parlamento ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 6, TFUE.

22.

In contrasto con la volontà degli autori dei Trattati di conferirgli un ruolo limitato in materia di PESC, l’interpretazione suggerita dal Parlamento implicherebbe la necessità di consultarlo o di raccogliere la sua approvazione per l’adozione della quasi totalità degli accordi internazionali. Infatti, dal momento che, a norma dell’articolo 21, paragrafo 3, secondo comma, TUE, l’Unione deve assicurare la coerenza tra i vari settori della propria azione esterna e tra questi e le sue altre politiche, è raro che un accordo concluso nel settore della PESC non interessi, almeno incidentalmente, altre politiche dell’Unione.

23.

Come giustamente rileva il Consiglio, se si dovesse seguire la tesi del Parlamento, l’approvazione di quest’ultimo sarebbe richiesta per numerosi accordi aventi unicamente una base giuridica relativa alla PESC, per il fatto che essi spesso presentano un qualche collegamento con altre politiche dell’Unione a motivo dell’esistenza di obiettivi generali e trasversali in materia di relazioni esterne nonché dell’esigenza di coerenza. Ad esempio, dall’innegabile interconnessione tra la sicurezza, lo sviluppo e i diritti dell’uomo conseguirebbe che assai spesso sarebbe possibile sostenere che misure adottate in uno di questi tre settori avranno effetti anche sugli altri due e dunque riguardano pure tali settori ai fini dell’applicazione dell’articolo 218, paragrafo 6, TFUE. Orbene, non è questo lo spirito dei Trattati. Al contrario, questi ultimi non hanno né soppresso né accorpato le diverse politiche dell’Unione e le corrispondenti basi giuridiche mediante le quali tali obiettivi orizzontali devono essere raggiunti, e ciascuna misura resta distinta e ancorata alla propria base giuridica e alle proprie regole decisionali.

24.

L’esigenza di coerenza spinge il Consiglio a integrare negli atti da esso adottati in materia di PESC elementi relativi ad altre politiche dell’Unione. La presenza di tali elementi, se accessori, non permette di ritenere che il centro di gravità dell’atto fuoriesca dall’ambito della PESC. Gli obiettivi orizzontali e l’esigenza di coerenza dell’azione esterna dell’Unione non cancellano le particolarità di ciascuna delle politiche dell’Unione, così come la complementarietà di tali politiche non fa venir meno la specificità di ciascuna di esse.

25.

Gli accordi PESC possono contenere elementi puramente accessori ricadenti nell’ambito di altre politiche dell’Unione, qualora questi abbiano una portata talmente limitata da non giustificare l’aggiunta di un’ulteriore base giuridica. Di conseguenza, tali accordi riguarderebbero esclusivamente la PESC, anche ai fini dell’articolo 218, paragrafo 6, TFUE.

26.

Contrariamente a quanto sostiene il Parlamento, la differenza di formulazione tra il paragrafo 3 e il paragrafo 6, secondo comma, dell’articolo 218 TFUE non vale a modificare la mia valutazione.

27.

Vero è che, ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 3, TFUE, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza ha il compito di presentare raccomandazioni al Consiglio «quando l’accordo previsto riguarda esclusivamente o principalmente la [PESC]» ( 6 ). Il testo di tale disposizione menziona dunque due categorie di accordi contemplati, vale a dire quelli che riguardano esclusivamente la PESC e quelli che riguardano principalmente tale politica. Dall’esistenza di queste due categorie nell’ambito dell’articolo 218, paragrafo 3, TFUE il Parlamento deduce che il Consiglio non è legittimato, ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 6, TFUE, a concludere un accordo senza coinvolgere il Parlamento qualora l’accordo riguardi solo principalmente, ma non esclusivamente, la PESC.

28.

Occorre però sottolineare come le due disposizioni summenzionate si riferiscano a due fasi distinte della procedura relativa agli accordi internazionali. La prima di esse concerne la determinazione dell’istituzione o del soggetto competente a presentare raccomandazioni al Consiglio ai fini dell’avvio dei negoziati relativi ad un accordo previsto. La seconda riguarda invece la procedura applicabile alla conclusione di tale accordo.

29.

Inoltre, e più essenzialmente, ritengo che la diversità di formulazione evidenziata dal Parlamento non permetta di avallare la tesi da esso propugnata, essendo questa contraria all’economia sistematica su cui riposa l’articolo 218, paragrafo 6, TFUE.

30.

L’articolo 218, paragrafo 6, TFUE istituisce infatti una simmetria tra le procedure di adozione delle misure sul piano interno e su quello esterno. In altri termini, detta disposizione si basa su un parallelismo tra i poteri del Parlamento a livello interno e i suoi poteri a livello esterno. Sarebbe contrario alla lettera e allo spirito della citata disposizione concedere al Parlamento poteri per l’adozione di una decisione riguardante la firma e la conclusione di un accordo internazionale più ampi di quelli di cui detta istituzione dispone per l’adozione di un atto interno non avente un oggetto siffatto.

31.

In aggiunta, l’interpretazione difesa dal Parlamento pregiudicherebbe l’equilibrio istituzionale creato dal Trattato di Lisbona, il quale prevede un ruolo limitato del Parlamento nella definizione e nell’attuazione della PESC, indipendentemente dal fatto che ciò avvenga mediante atti unilaterali oppure accordi internazionali.

32.

Come evidenziato dalla Repubblica ceca, l’articolo 218, paragrafo 6, TFUE costituisce una norma procedurale il cui obiettivo è di garantire che i poteri «esterni» del Parlamento corrispondano ai suoi poteri «interni», vale a dire che esso disponga, con riguardo ad una data materia, di identici poteri, indipendentemente dalla questione se la materia in oggetto debba essere disciplinata mediante un atto interno o un atto esterno.

33.

In concreto, l’espressione «[t]ranne quando l’accordo riguarda esclusivamente la [PESC]» di cui all’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, TFUE mira a garantire, nel caso in cui l’atto esterno non sia fondato unicamente su una base giuridica riconducibile alla PESC, ma si fondi anche al contempo su una o più basi giuridiche ulteriori, che il Parlamento goda degli stessi poteri di cui disporrebbe se si trattasse di un atto interno fondato anch’esso su basi giuridiche ulteriori rispetto a quella attinente alla PESC ( 7 ).

34.

Nel caso in cui, applicando il criterio del centro di gravità dell’atto in questione, si arrivasse alla conclusione che l’accordo è giustamente fondato sull’articolo 37 TUE, il quale costituisce dunque la sua unica base giuridica, occorrerebbe dedurne che, dal punto di vista procedurale, l’accordo riguarda esclusivamente la PESC ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 6, TFUE.

35.

Da tale analisi, istituente un collegamento tra l’interpretazione dell’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, TFUE e la scelta della base giuridica sostanziale, discende che, per verificare se la decisione controversa concerna un accordo riguardante esclusivamente la PESC ai sensi di detta disposizione, la quale è stata dunque correttamente adottata senza consultazione o approvazione del Parlamento, è indispensabile appurare se la base giuridica sostanziale appropriata di tale decisione sia effettivamente – e unicamente – l’articolo 37 TUE.

B – Sulla scelta della base giuridica sostanziale della decisione controversa

36.

La scelta della base giuridica appropriata di un atto dell’Unione riveste un’importanza di natura costituzionale ( 8 ). È da tale scelta che consegue la procedura applicabile all’adozione dell’atto in questione, indipendentemente dal fatto che questo attenga all’azione interna o all’azione esterna dell’Unione.

37.

Secondo una costante giurisprudenza, la scelta della base giuridica di un atto dell’Unione deve fondarsi su elementi oggettivi, suscettibili di controllo giurisdizionale, tra i quali figurano la finalità e il contenuto di tale atto ( 9 ). Se l’esame dell’atto in questione dimostra che esso persegue una duplice finalità o che possiede una duplice componente e se una di tali finalità o componenti è identificabile come principale o preponderante, mentre l’altra è solo accessoria, l’atto deve fondarsi su una sola base giuridica, ossia quella richiesta dalla finalità o dalla componente principale o preponderante ( 10 ). La ricerca del centro di gravità dell’atto in questione deve altresì tener conto del contesto in cui quest’ultimo si iscrive.

38.

Poiché la decisione controversa ha per oggetto la firma e la conclusione dell’accordo a nome dell’Unione, essa va esaminata leggendola in combinazione con l’accordo.

39.

Nella presente causa, la ricerca del centro di gravità della decisione controversa porta a chiedersi se quest’ultima nonché l’accordo ricadano unicamente nell’ambito della PESC, oppure se essi riguardino altresì, in modo inscindibile e in misura equivalente, da un lato, lo SLSG e/o, dall’altro, la cooperazione allo sviluppo, cosicché la decisione suddetta avrebbe dovuto essere fondata su più basi giuridiche, corrispondenti a tali diverse politiche dell’Unione.

40.

Su invito formulato dalla Corte all’udienza, il Parlamento ha indicato che, a suo avviso, la decisione controversa avrebbe dovuto essere fondata sulle basi giuridiche sostanziali che seguono, vale a dire, oltre all’articolo 37 TUE, gli articoli 82 TFUE, 87 TFUE e 209 TFUE.

41.

A mio parere, tanto il contesto in cui l’accordo si inserisce quanto l’obiettivo e il contenuto di quest’ultimo permettono di affermare che la decisione controversa ad esso relativa doveva fondarsi unicamente sulla base giuridica sostanziale costituita dall’articolo 37 TUE.

42.

Nell’ambito della mia analisi tesa a dimostrare il carattere adeguato della base giuridica sostanziale della decisione controversa, l’esame dell’obiettivo e del contenuto di quest’ultima e dell’accordo non può essere effettuato in modo isolato, ma deve tener conto degli atti cui la decisione e l’accordo suddetti si riferiscono e con i quali questi stabiliscono un collegamento.

43.

È importante, a questo proposito, rilevare come tanto la decisione controversa quanto l’accordo facciano riferimento a risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ( 11 ), nonché all’azione comune 2008/851/PESC del Consiglio, del 10 novembre 2008, relativa all’operazione militare dell’Unione europea volta a contribuire alla dissuasione, alla prevenzione e alla repressione degli atti di pirateria e delle rapine a mano armata al largo della Somalia ( 12 ).

44.

Tenuto conto del crescere degli atti di pirateria al largo delle coste della Somalia e della minaccia che questi rappresentano per la sicurezza internazionale, il Consiglio di sicurezza ha adottato varie risoluzioni su tale questione, in particolare le risoluzioni 1814 (2008), 1816 (2008), 1838 (2008), 1846 (2008) e 1851 (2008).

45.

Nella sua risoluzione 1814 (2008), il Consiglio di sicurezza ha rilevato che «la situazione in Somalia continua a minacciare la pace e la sicurezza internazionali nella regione» ( 13 ). Al punto 11 di tale risoluzione, esso ha sollecitato «gli Stati e le organizzazioni regionali affinché, agendo in stretto coordinamento tra loro, (...) adottino misure per proteggere le navi partecipanti al trasporto e alla fornitura degli aiuti umanitari destinati alla Somalia e alle attività autorizzate dall’[Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU)]».

46.

Nella sua risoluzione 1816 (2008), il Consiglio di sicurezza si è dichiarato preoccupato «per la minaccia che gli atti di pirateria e le rapine a mano armata commessi contro le navi rappresentano per la distribuzione rapida, sicura ed efficace degli aiuti umanitari in Somalia, per la sicurezza delle rotte marittime commerciali e per la navigazione internazionale» ( 14 ). Esso ha altresì rilevato che «gli atti di pirateria e le rapine a mano armata subite da navi nelle acque territoriali della Somalia o in alto mare, al largo delle sue coste, esacerbano la situazione nel paese, la quale continua a minacciare la pace internazionale e la sicurezza nella regione» ( 15 ).

47.

Partendo da tale constatazione, il Consiglio di sicurezza ha fatto appello alla cooperazione internazionale ai fini della lotta contro la pirateria. Esso ha, in particolare, esortato «gli Stati interessati all’uso delle rotte marittime commerciali situate al largo delle coste somale a rafforzare e coordinare, in cooperazione con il Governo federale di transizione, l’azione volta a scoraggiare gli atti di pirateria e le rapine a mano armata in mare» ( 16 ). Il Consiglio di sicurezza ha altresì sollecitato «tutti gli Stati a cooperare tra loro, insieme con l’[Organizzazione marittima internazionale (OMI)] e, eventualmente, con le organizzazioni regionali competenti, in riferimento agli atti di pirateria e alle rapine a mano armata commessi nelle acque territoriali della Somalia e in alto mare al largo delle coste somale e a trasmettersi tutte le informazioni in proposito, nonché a prestare assistenza alle navi minacciate o attaccate da pirati o da rapinatori armati, conformemente al diritto internazionale applicabile» ( 17 ).

48.

Nella sua risoluzione 1838 (2008), il Consiglio di sicurezza ha inoltre chiesto «a tutti gli Stati interessati alla sicurezza delle attività marittime di partecipare attivamente alla lotta contro la pirateria in alto mare al largo delle coste somale, in particolare dispiegando navi da guerra e aeromobili militari, conformemente al diritto internazionale, quale sancito nella [Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, firmata a Montego Bay il 10 dicembre 1982 ( 18 )]» ( 19 ).

49.

Al di là dell’aspetto militare, tale cooperazione internazionale si estende al settore della repressione degli atti di pirateria. Infatti, nella sua risoluzione 1816 (2008), il Consiglio di sicurezza ha chiesto «a tutti gli Stati, e segnatamente agli Stati della bandiera, agli Stati del porto e agli Stati costieri, nonché agli Stati di cui sono cittadini le vittime o gli autori di atti di pirateria o di rapine a mano armata e agli Stati aventi giurisdizione in forza del diritto internazionale o del loro diritto interno, di cooperare al fine di stabilire chi avrà la competenza e di adottare le necessarie misure investigative e giudiziarie nei confronti degli autori di atti di pirateria e di rapine a mano armata commessi al largo delle coste somale, in conformità del diritto internazionale applicabile, ivi compreso il diritto internazionale in materia di diritti dell’uomo, e di assecondare tali sforzi, in particolare fornendo assistenza logistica e adottando misure nei riguardi delle persone ricadenti sotto la loro giurisdizione e il loro controllo, quali le vittime, i testimoni e le persone detenute nell’ambito di operazioni condotte ai sensi della presente risoluzione» ( 20 ).

50.

Il Consiglio di sicurezza ha così incoraggiato il rafforzamento della cooperazione internazionale in vista di una repressione più efficace degli atti di pirateria, notando con preoccupazione «che la mancanza di mezzi, l’assenza di legislazione interna e le incertezze in merito alla sorte da riservare ai pirati dopo la loro cattura hanno impedito di condurre un’azione internazionale più vigorosa contro i pirati operanti al largo delle coste somale e, in alcuni casi, costretto a liberare i pirati senza averli tradotti in giudizio» ( 21 ).

51.

Al fine di attuare le risoluzioni del Consiglio di sicurezza e di partecipare alla cooperazione internazionale in materia di lotta contro la pirateria, l’Unione ha adottato l’azione comune. Tale azione comune è fondata sugli articoli 14 UE, 25, ultimo comma, UE e 28, paragrafo 3, UE.

52.

L’articolo 1 dell’azione comune, intitolato «Missione», dispone, al paragrafo 1, quanto segue:

«L’Unione (...) conduce un’operazione militare a sostegno delle risoluzioni 1814 (2008), 1816 (2008) e 1838 (2008) del Consiglio di sicurezza (...) in modo conforme all’azione autorizzata in caso di pirateria in applicazione degli articoli 100 e seguenti della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (...) e mediante, in particolare, impegni assunti con gli Stati terzi, in prosieguo denominata “Atalanta”, al fine di contribuire:

alla protezione delle navi del [Programma alimentare mondiale (PAM)] che inoltrano l’aiuto umanitario alle popolazioni sfollate della Somalia, conformemente al mandato della risoluzione 1814 (2008) del [Consiglio di sicurezza],

alla protezione delle navi vulnerabili che navigano al largo della Somalia, nonché alla dissuasione, alla prevenzione e alla repressione degli atti di pirateria e delle rapine a mano armata al largo della Somalia, conformemente al mandato definito nella risoluzione 1816 (2008) del [Consiglio di sicurezza]».

53.

L’articolo 2 dell’azione comune, intitolato «Mandato», stabilisce quanto segue:

«Atalanta, alle condizioni stabilite dal diritto internazionale applicabile, in particolare dalla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, e dalle risoluzioni 1814 (2008), 1816 (2008) e 1838 (2008) del [Consiglio di sicurezza], e nel limite delle sue capacità disponibili:

(...)

e)

al fine dell’eventuale esercizio di azioni giudiziarie da parte degli Stati competenti alle condizioni previste all’articolo 12, può arrestare, fermare e trasferire le persone che si sospetta intendano, ai sensi degli articoli 101 e 103 della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, commettere, che commettono o che hanno commesso atti di pirateria o rapine a mano armata nelle zone in cui essa è presente e sequestrare le navi di pirati o di rapinatori o le navi catturate a seguito di un atto di pirateria o di rapina a mano armata e che sono sotto il controllo dei pirati o dei rapinatori, nonché requisire i beni che si trovano a bordo;

(...)».

54.

L’articolo 10 dell’azione comune, intitolato «Partecipazione di Stati terzi», recita:

«1.   Fatti salvi l’autonomia decisionale dell’[Unione] e il quadro istituzionale unico, e in base agli orientamenti pertinenti del Consiglio europeo, gli Stati terzi possono essere invitati a partecipare all’operazione.

(...)

3.   Le modalità particolareggiate della partecipazione di Stati terzi sono oggetto di accordi conclusi secondo la procedura di cui all’articolo 37 del trattato. Quando l’[Unione] e uno Stato terzo hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di quest’ultimo alle operazioni di gestione delle crisi condotte dall’[Unione], le disposizioni di detto accordo si applicano nell’ambito della presente operazione.

(...)

6.   Le condizioni di trasferimento[, ad uno Stato terzo partecipante all’operazione,] delle persone arrestate e fermate al fine dell’esercizio della competenza giurisdizionale di tale Stato sono stabilite in occasione della conclusione o dell’attuazione degli accordi di partecipazione di cui al paragrafo 3».

55.

Infine, è importante citare l’articolo 12 dell’azione comune, intitolato «Trasferimento delle persone arrestate e fermate in vista dell’esercizio delle competenze giurisdizionali», il quale dispone:

«1.   Sulla base dell’accettazione da parte della Somalia dell’esercizio della giurisdizione ad opera degli Stati membri o degli Stati terzi, da un lato, e dell’articolo 105 della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, dall’altro, le persone che si sospetta intendano, ai sensi degli articoli 101 e 103 della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, commettere, che commettono o che hanno commesso atti di pirateria o rapine a mano armata nelle acque territoriali della Somalia o in alto mare arrestate e fermate ai fini dell’esercizio di azioni giudiziarie, nonché i beni che sono serviti a compiere tali atti, sono trasferiti:

alle autorità competenti dello Stato membro o dello Stato terzo che partecipa all’operazione del quale la nave che ha effettuato la cattura batte bandiera, o

se tale Stato non può o non intende esercitare la propria giurisdizione, a uno Stato membro o a qualsiasi Stato terzo che desideri esercitarla nei confronti di tali persone e beni.

2.   Nessuna delle persone di cui al paragrafo 1 può essere trasferita in uno Stato terzo se le condizioni del trasferimento non sono state stabilite con tale Stato terzo in conformità del diritto internazionale applicabile, compreso il diritto internazionale dei diritti umani, al fine di garantire in particolare che nessuno sia sottoposto alla pena di morte, alla tortura o a qualsiasi altro trattamento crudele, inumano o degradante».

56.

Come indicato dal considerando 3 della decisione controversa, l’accordo è stato adottato al fine di dare attuazione all’articolo 12 dell’azione comune. L’accordo prevede anche le modalità di partecipazione di uno Stato terzo all’operazione Atalanta in applicazione dell’articolo 10, paragrafi 3 e 6, dell’azione comune.

57.

Nell’ambito del presente procedimento, nessuno contesta che, alla luce dell’obiettivo e del contenuto dell’azione comune, quest’ultima rientra nell’ambito della PESC. Lo stesso vale, a mio parere, per quanto riguarda l’accordo e la decisione controversa che costituiscono il prolungamento di detta azione comune. Nello specifico, non vedo per quali ragioni il principio stesso di una partecipazione degli Stati terzi all’azione dell’Unione intesa alla dissuasione, alla prevenzione e alla repressione degli atti di pirateria al largo delle coste somale, nonché la regola secondo cui il trasferimento ad uno Stato terzo delle persone arrestate è subordinato al rispetto, da parte di tale Stato, del diritto internazionale, in particolare in materia di diritti dell’uomo, rientrerebbero nell’ambito della PESC, mentre la definizione più dettagliata delle modalità di trasferimento e di trattamento delle persone in questione esulerebbe dal settore della PESC.

58.

Vediamo ora in che cosa consiste precisamente l’accordo cui si riferisce la decisione controversa.

59.

L’accordo organizza le modalità di trasferimento delle persone sospettate di atti di pirateria e dei relativi beni dalla forza navale diretta dall’Unione europea (Eunavfor) alla Repubblica di Mauritius, definisce le condizioni relative al trattamento e alle azioni giudiziarie nei confronti di dette persone, e precisa l’aiuto fornito in tale contesto dall’Eunavfor alla Repubblica di Mauritius.

60.

L’articolo 1 dell’accordo, intitolato «Obiettivo», così dispone:

«Il presente accordo definisce le condizioni e le modalità

a)

del trasferimento delle persone fermate dall’[Eunavfor] che sono sospettate di tentare di commettere, di commettere o di aver commesso atti di pirateria nel teatro di operazione d[e]ll’[Eunavfor] (...);

b)

del trasferimento dei relativi beni sequestrati dall’[Eunavfor], da quest’ultima [alla Repubblica di] Mauritius, e

c)

del trattamento delle persone trasferite».

61.

L’articolo 3 dell’accordo enuncia i principi generali disciplinanti le modalità e le condizioni di trasferimento alla Repubblica di Mauritius delle persone sospettate di atti di pirateria fermate dall’Eunavfor e dei relativi beni sequestrati da quest’ultima. L’articolo suddetto prevede, in particolare, che il trasferimento di tali persone alle competenti autorità della Repubblica di Mauritius preposte al rispetto delle leggi venga effettuato unicamente su decisione di queste ultime. Inoltre, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 5, dell’accordo, «[l]a persona trasferita è trattata in modo umano e nel rispetto degli obblighi internazionali in materia di diritti umani che figurano nella costituzione [della Repubblica] di Mauritius, incluso il divieto della tortura e di qualsiasi altro trattamento o pena crudele, disumana o degradante e il divieto della detenzione arbitraria, ed in conformità al requisito del diritto a un processo equo».

62.

L’articolo 4 dell’accordo contiene le norme relative al trattamento, all’azione giudiziaria e al processo nei confronti delle persone trasferite. Tra tali norme figurano il diritto di essere giudicato entro un termine ragionevole, il diritto a un processo equo, nonché la garanzia della presunzione d’innocenza. Inoltre, l’articolo 5 dell’accordo prevede il divieto della pena di morte per le persone trasferite.

63.

Quanto all’articolo 6 dell’accordo, esso riguarda la documentazione e le notifiche. Tale articolo stabilisce, in particolare, che l’Eunavfor deve fornire alla Repubblica di Mauritius la documentazione relativa al fermo di ogni persona trasferita, che la Repubblica di Mauritius è responsabile della formazione di un registro preciso riguardante tutte le persone trasferite, e che la documentazione rimane a disposizione dell’Unione e dell’Eunavfor.

64.

Inoltre, l’articolo 7 dell’accordo definisce l’assistenza che l’Eunavfor fornisce alla Repubblica di Mauritius ai fini dell’indagine e dell’azione giudiziaria nei confronti delle persone trasferite. L’Eunavfor assiste infatti la Repubblica di Mauritius per quanto riguarda, in particolare, la consegna della documentazione sui fermi predisposta a norma dell’articolo 6, paragrafo 2, dell’accordo, il trattamento degli elementi di prova e la produzione delle testimonianze o delle dichiarazioni sotto giuramento dei testimoni.

65.

All’articolo 7, paragrafo 3, dell’accordo si stabilisce che, «[n]ella misura in cui tali risorse non siano fornite attraverso altri donatori finanziari, le parti elaborano, fatte salve le procedure applicabili, disposizioni di attuazione sull’assistenza finanziaria, tecnica e di altro genere per consentire il trasferimento, il fermo, le indagini, l’azione giudiziaria e la celebrazione del processo delle persone trasferite. Tali disposizioni di attuazione mirano inoltre a prevedere l’assistenza tecnica e logistica [alla Repubblica di] Mauritius nei settori della revisione della legislazione, della formazione degli inquirenti e dei pubblici ministeri, delle procedure investigative e giudiziarie e, in particolare, le disposizioni per la conservazione e la consegna delle prove e la procedura d’appello. Tali disposizioni di attuazione mirano inoltre a prevedere il rimpatrio delle persone trasferite in caso di assoluzione o di mancato esercizio dell’azione penale, il loro trasferimento per finire di scontare la pena in un altro Stato o il loro rimpatrio dopo aver scontato la pena a Mauritius».

66.

Oltre a ciò, l’articolo 10, paragrafo 1, dell’accordo indica che, «[a]i fini dell’attuazione del presente accordo, le questioni operative, amministrative e tecniche possono essere oggetto di disposizioni di attuazione che devono essere concluse tra le competenti autorità [della Repubblica] di Mauritius, da una parte, e le competenti autorità dell’[Unione] e degli Stati d’origine, dall’altra». A termini dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera f), dell’accordo, tali disposizioni di attuazione possono, in particolare, riguardare «la fornitura di supporto tecnico, competenze specialistiche, formazione e assistenza di altro genere di cui all’articolo 7 su richiesta [della Repubblica] di Mauritius ai fini del raggiungimento degli obiettivi del presente accordo».

67.

Infine, l’articolo 11, paragrafo 2, dell’accordo dispone che quest’ultimo «resta in vigore fino al termine dell’operazione [Atalanta] notificato dall’[Eunavfor]».

68.

Risulta da tale descrizione dell’azione comune e dell’accordo che esiste uno stretto collegamento tra l’operazione militare prevista dalla prima e le disposizioni in materia di trasferimento e di trattamento delle persone sospettate di atti di pirateria contenute nel secondo.

69.

Gli accordi che l’Unione conclude ai sensi degli articoli 10, paragrafo 3, e 12, paragrafo 2, dell’azione comune mirano a dar seguito alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza in materia di lotta contro la pirateria al largo delle coste somale, e rientrano dunque nella cooperazione internazionale in tale settore. L’azione comune e l’accordo costituiscono insieme una risposta adeguata e coerente alle richieste formulate dal Consiglio di sicurezza.

70.

Come rilevato dalla Repubblica italiana, è l’azione comune a prevedere che, al fine di assicurare la riuscita dell’attività di prevenzione e repressione degli atti di pirateria, è indispensabile concludere con gli Stati della regione gli accordi necessari a coinvolgerli anche nell’esercizio della giurisdizione sulle persone sospettate. L’accordo può dunque essere considerato come una misura di attuazione dell’azione comune, della quale esso costituisce parte integrante. Al riguardo occorre rilevare che l’articolo 28, paragrafo 1, TUE stabilisce che, «[q]uando una situazione internazionale richiede un intervento operativo dell’Unione, il Consiglio adotta le decisioni necessarie[, le quali] definiscono (...) le condizioni di attuazione». La circostanza che l’accordo costituisca parte integrante delle condizioni di attuazione dell’azione comune costituisce già un serio indizio del suo collegamento con la PESC.

71.

Occorre inoltre insistere sul fatto che gli accordi di trasferimento sono indispensabili per la corretta attuazione e l’efficacia dell’operazione militare messa in campo dall’azione comune.

72.

Infatti, come rilevato dalla Repubblica francese, la lotta contro la pirateria non si limita all’ispezione delle navi pirata sospette, bensì si estende fino al trasferimento e alla sottoposizione a giudizio delle persone sospettate di atti di pirateria. Pertanto, se è pur vero che le attività di trasferimento e perseguimento legale delle persone sospettate previste dall’accordo non rientrano stricto sensu tra le attività militari, ciò non toglie che dette attività siano intrinsecamente connesse all’operazione militare Atalanta.

73.

La missione Atalanta si propone di svolgere attività di dissuasione, prevenzione e repressione degli atti di pirateria. Nell’ambito di tale missione, è necessario non soltanto proteggere le navi, ma anche, eventualmente, arrestare le persone sospettate di atti di pirateria e consegnarle poi alle autorità competenti. L’obiettivo della missione sarebbe difficilmente realizzabile se le persone che hanno commesso atti di pirateria non potessero costituire l’oggetto di azioni giudiziarie e potessero dunque riprendere immediatamente le loro attività criminali.

74.

Come sottolineato dalla Repubblica italiana, se l’identificazione e la cattura delle persone sospettate di atti di pirateria non si traducessero in processi che siano, contemporaneamente, celeri, efficaci e rispettosi dei diritti umani, la stessa azione comune verrebbe privata di effetto utile. Essa non avrebbe, in questo caso, alcun effetto deterrente e sarebbe inidonea a risolvere definitivamente il problema della pirateria al largo delle coste somale.

75.

Gli accordi come quello in questione nella presente causa sono essenziali per la conduzione dell’operazione militare decisa dall’Unione. La continuità tra le attività operative e l’attività giuridica è stata molto presto identificata come uno dei centri di gravità di tale operazione militare. Senza tale continuità, le azioni giudiziarie contro i pirati vengono rese più difficili, se non impossibili. L’efficacia operativa delle attività è in tal caso compromessa, e l’effetto dissuasivo atteso dall’azione dell’Unione viene ridotto quasi a zero ( 22 ).

76.

La lotta contro la pirateria presenta importanti aspetti di sicurezza e militari, che devono necessariamente andare di pari passo con una parte repressiva e giudiziaria altrettanto importante ( 23 ). È per questo motivo che la comunità internazionale si è impegnata nella firma di accordi di trasferimento a scopi giudiziari con Stati della regione interessata, in uno spirito di condivisione globale del problema e per ragioni operative attinenti all’interesse ad un trasferimento in prossimità del luogo di commissione dell’illecito ( 24 ).

77.

D’altronde, lo stesso Parlamento riconosce, nella sua risoluzione del 10 maggio 2012 sulla pirateria marittima ( 25 ), che «il persistere dell’impunità per la pirateria contrasta con l’esigenza di un deterrente» ( 26 ).

78.

Risulta dagli elementi che precedono che l’accordo si colloca nella scia delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza e dell’azione comune ed è intrinsecamente connesso alla conduzione dell’operazione militare Atalanta. Vedremo ora come l’obiettivo perseguito dall’accordo rientri, al pari dell’azione comune, nell’ambito della PESC.

79.

Dal punto di vista del loro obiettivo, l’azione comune e l’accordo sono strumenti mediante i quali l’Unione ha dato corso ad un’azione decisa in seno al Consiglio di sicurezza e mirante a preservare la pace e la sicurezza internazionali. Conformemente a quanto previsto dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza nonché dall’articolo 12, paragrafo 2, dell’azione comune, l’accordo ha più in particolare lo scopo di conciliare la lotta efficace contro la pirateria al largo delle coste somale con il rispetto dei diritti fondamentali.

80.

La pirateria al largo delle coste somale rappresenta una minaccia per la sicurezza internazionale e la stabilità della regione. L’azione dell’Unione è destinata a lottare contro questa forma di criminalità internazionale che ha preso piede nell’Oceano indiano, in particolare al largo delle coste somale e del Corno d’Africa. Come il Parlamento ha rilevato nella sua risoluzione del 10 maggio 2012 sulla pirateria marittima, quest’ultima «rappresenta (...) un pericolo sempre maggiore per la vita umana e l’incolumità della gente di mare e di altre persone, nonché una minaccia per lo sviluppo e la stabilità regionali, l’ambiente marino, il commercio mondiale e ogni forma di trasporto marittimo e di navigazione, tra cui i pescherecci, come pure per la distribuzione di aiuti umanitari» ( 27 ).

81.

L’azione dell’Unione mira dunque a salvaguardare la sicurezza della navigazione marittima in questa zona di forte transito internazionale. In questa misura, l’azione suddetta persegue un obiettivo di protezione della sicurezza internazionale al largo delle coste somale. Essa favorisce altresì la stabilità e la pace nella regione.

82.

Dal punto di vista dell’Unione, la paralisi della circolazione marittima nel Mar Rosso e al largo del Golfo di Aden farebbe della pirateria un problema strategico. Infatti, si tratta di una rotta marittima giudicata fondamentale per l’approvvigionamento dell’Europa. In senso più ampio, la mobilitazione a livello internazionale contro gli atti di pirateria dimostra che questi ultimi possono potenzialmente colpire tutte le navi commerciali provenienti da diverse parti del mondo e costituiscono per tale motivo una minaccia per la pace e la sicurezza internazionali.

83.

A mio avviso, l’obiettivo della lotta contro la pirateria al largo delle coste somale al fine di mantenere la pace e la sicurezza internazionali, e ciò in modo conforme ai diritti dell’uomo, nell’ambito di una cooperazione internazionale avviata dal Consiglio di sicurezza, rientra nell’ambito della PESC.

84.

A questo proposito, occorre notare come un obiettivo siffatto corrisponda alle finalità dell’azione esterna dell’Unione, quali più precisamente elencate all’articolo 21, paragrafo 2, lettere da a) a c) ed h), TUE. Tale disposizione stabilisce quanto segue:

«L’Unione definisce e attua politiche comuni e azioni e opera per assicurare un elevato livello di cooperazione in tutti i settori delle relazioni internazionali al fine di:

a)

salvaguardare i suoi valori, i suoi interessi fondamentali, la sua sicurezza, la sua indipendenza e la sua integrità;

b)

consolidare e sostenere la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti dell’uomo e i principi del diritto internazionale;

c)

preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale, conformemente agli obiettivi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite [ ( 28 )], nonché ai principi dell’Atto finale di Helsinki e agli obiettivi della Carta di Parigi, compresi quelli relativi alle frontiere esterne;

(...)

h)

promuovere un sistema internazionale basato su una cooperazione multilaterale rafforzata e il buon governo mondiale».

85.

È ben vero che gli obiettivi elencati all’articolo 21, paragrafo 2, TUE costituiscono obiettivi orizzontali dell’azione esterna dell’Unione, senza che taluno di essi sia espressamente attribuito alla PESC. L’identificazione degli obiettivi della PESC è resa tanto più difficile per il fatto che, da un lato, l’articolo 23 TUE, contenuto nel capo 2 relativo alle disposizioni specifiche riguardanti la PESC, rinvia agli obiettivi orizzontali dell’azione esterna dell’Unione menzionati all’articolo 21, paragrafo 2, TUE, e che, dall’altro lato, l’articolo 24, paragrafo 1, TUE definisce in modo particolarmente ampio e generico il settore della PESC. Infatti, a mente di quest’ultima disposizione, «[l]a competenza dell’Unione in materia di [PESC] riguarda tutti i settori della politica estera e tutte le questioni relative alla sicurezza dell’Unione, compresa la definizione progressiva di una politica di difesa comune che può condurre a una difesa comune».

86.

È tuttavia indispensabile definire i limiti esistenti tra la PESC e le altre politiche dell’Unione. Tale obbligo deriva dall’applicazione della clausola di non interferenza reciproca tra le competenze dell’Unione attinenti alla PESC e quelle attinenti alle altre politiche dell’Unione, contenuta all’articolo 40 TUE.

87.

A tal fine, occorre anzitutto osservare come i summenzionati obiettivi dell’azione esterna dell’Unione, ossia quelli elencati all’articolo 21, paragrafo 2, lettere da a) a c) ed h), TUE, rientrino tra quelli che sono tradizionalmente assegnati alla PESC. A questo proposito rilevo che gli obiettivi indicati in tale disposizione corrispondono, in sostanza, a quelli che erano assegnati alla PESC, a norma dell’articolo 11, paragrafo 1, del Trattato UE, nel testo precedente al Trattato di Lisbona.

88.

Inoltre, nella misura in cui l’articolo 21, paragrafo 2, TUE indica gli obiettivi comuni all’azione esterna dell’Unione, occorre, per stabilire a quale politica dell’Unione si ricolleghi più in particolare questo o quell’obiettivo, leggere la norma suddetta in relazione con le disposizioni più specifiche applicabili nell’ambito di ciascuna politica.

89.

Per quanto riguarda, in particolare, l’obiettivo relativo al mantenimento della pace e al rafforzamento della sicurezza internazionale, la citata sentenza Parlamento/Consiglio depone nel senso di un suo collegamento con la PESC.

90.

Infatti, in detta sentenza, la Corte ha ricollegato al settore della PESC l’obiettivo della lotta contro il terrorismo internazionale ed il finanziamento di quest’ultimo finalizzata a preservare la pace e la sicurezza a livello internazionale, facendo leva non soltanto sugli articoli 21, paragrafo 2, lettera c), e 24, paragrafo 1, primo comma, TUE, ma anche sull’articolo 43, paragrafo 1, TUE.

91.

Come nella causa decisa dalla sentenza sopra citata, il fatto che l’accordo costituisca uno degli strumenti mediante i quali l’Unione realizza un’azione di rilevanza internazionale costituente l’oggetto di numerose risoluzioni del Consiglio di sicurezza e volta incontestabilmente a preservare la pace e la sicurezza internazionali è un elemento importante per ritenere che tale accordo possa essere ricondotto al settore della PESC ( 29 ).

92.

A norma dell’articolo 37 TUE – che, ricordiamolo, costituisce la base giuridica sostanziale della decisione controversa – l’Unione può concludere accordi internazionali in tutti i settori della PESC, incluso dunque il settore della politica di sicurezza e di difesa comune (in prosieguo: la «PSDC»), che, come indicato dall’articolo 42, paragrafo 1, TUE, costituisce parte integrante della PESC.

93.

Orbene, ritengo che l’accordo, in quanto necessario prolungamento dell’operazione militare Atalanta, teso al medesimo obiettivo di salvaguardia della pace e della sicurezza internazionali, appartenga all’ambito della PSDC.

94.

A norma dell’articolo 42, paragrafo 1, TUE, la PSDC «assicura che l’Unione disponga di una capacità operativa ricorrendo a mezzi civili e militari. L’Unione può avvalersi di tali mezzi in missioni al suo esterno per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite».

95.

Il contenuto delle missioni della PSDC viene precisato all’articolo 43, paragrafo 1, TUE, a tenore del quale «[l]e missioni di cui all’articolo 42, paragrafo 1, nelle quali l’Unione può ricorrere a mezzi civili e militari, comprendono le azioni congiunte in materia di disarmo, le missioni umanitarie e di soccorso, le missioni di consulenza e assistenza in materia militare, le missioni di prevenzione dei conflitti e di mantenimento della pace e le missioni di unità di combattimento per la gestione delle crisi, comprese le missioni tese al ristabilimento della pace e le operazioni di stabilizzazione al termine dei conflitti. Tutte queste missioni possono contribuire alla lotta contro il terrorismo, anche tramite il sostegno a paesi terzi per combattere il terrorismo sul loro territorio».

96.

Il Parlamento afferma di non comprendere in che modo i compiti affidati ai rappresentanti dell’Unione e all’Eunavfor in virtù dell’accordo, come il trasferimento di persone e di cose, la trasmissione di prove, la facilitazione delle azioni giudiziarie e dei giudizi, la revisione della legislazione, la formazione degli inquirenti e la fornitura di un sostegno finanziario, tecnico, logistico o di altra natura alla Repubblica di Mauritius, potrebbero rientrare in una delle missioni specifiche della PSDC contemplate agli articoli 42 TUE e 43 TUE. Pur ammettendo che detti compiti possono contribuire all’obiettivo generale del rafforzamento della sicurezza internazionale e sono collegati all’operazione militare Atalanta, il Parlamento ritiene che la loro stessa natura e i loro obiettivi specifici vadano al di là di quelli per i quali è stata predisposta l’operazione Atalanta.

97.

Al contrario, io ritengo che l’elencazione delle missioni della PSDC contenuta nell’articolo 43, paragrafo 1, TUE sia sufficientemente ampia per ricomprendere l’insieme delle disposizioni dell’accordo e per ritenere, di conseguenza, che quest’ultimo costituisca parte integrante di una missione rientrante nell’ambito della PSDC.

98.

Quand’anche si dovesse ritenere che il trasferimento delle persone sospette e l’avvio delle azioni giudiziarie nei confronti di queste ultime non costituiscano per loro natura attività militari, occorre rilevare che una delle caratteristiche importanti della PSDC, che emerge chiaramente dagli articoli 42, paragrafo 1, TUE e 43, paragrafo 1, TUE, è quella di non limitarsi all’utilizzazione di mezzi militari, prevedendo altresì l’utilizzazione di mezzi civili, segnatamente nell’ambito di missioni di gestione di crisi ( 30 ).

99.

Secondo il Parlamento, il fatto che l’accordo miri a lottare contro una forma di criminalità, e ciò mediante strumenti simili a quelli utilizzati in materia di cooperazione di polizia e di cooperazione giudiziaria in materia penale, nell’ambito del titolo V della terza parte del Trattato FUE, relativo allo SLSG, implicherebbe che anche la decisione controversa dovrebbe essere fondata su basi giuridiche contenute in tale titolo, vale a dire gli articoli 82 TFUE e 87 TFUE.

100.

Quanto alla Commissione, essa fa valere che l’obiettivo principale dell’accordo è di evitare che gli Stati membri interessati debbano realizzare loro stessi i procedimenti penali. Tale accordo faciliterebbe la cooperazione tra le autorità degli Stati membri e le autorità della Repubblica di Mauritius, creando un quadro giuridico e pratico per la consegna delle persone sospettate allo Stato terzo rivierasco ai fini delle indagini e delle azioni giudiziarie penali da parte di quest’ultimo. Ne consegue che l’obiettivo e il contenuto dell’accordo avrebbero giustificato che l’articolo 82 TFUE venisse assunto quale base giuridica per la conclusione dell’accordo medesimo, tenuto conto del suo carattere essenzialmente destinato alla cooperazione giudiziaria. Il fatto che il personale militare sia implicato nell’applicazione dell’accordo non cambierebbe nulla nelle conclusioni cui perviene la Commissione. Infatti, per determinare la base giuridica appropriata, non sarebbe importante la natura o la qualità del soggetto che agisce, bensì sarebbe cruciale la natura dell’attività prevista.

101.

L’argomentazione del Parlamento e della Commissione è, a mio avviso, erronea.

102.

A sostegno del primo aspetto della sua tesi, il Parlamento fa valere che la lotta contro la criminalità non è l’obiettivo ovvero la missione specifica dell’Unione nell’ambito della PESC o della PSDC, bensì un settore rientrante nello SLSG. Detta istituzione rileva altresì che soltanto la lotta contro il terrorismo viene contemplata all’articolo 43, paragrafo 1, TUE.

103.

Tuttavia, l’indicazione contenuta in quest’ultima disposizione, secondo cui le missioni della PSDC possono contribuire alla lotta contro il terrorismo, non esclude affatto, a mio parere, che simili missioni possano contribuire anche a lottare contro altre forme di criminalità.

104.

Inoltre, come giustamente evidenziato dal Consiglio, la lotta contro i crimini internazionali commessi al di fuori del territorio dell’Unione e costituenti minacce per la sicurezza internazionale è una questione rientrante nella PESC e – inclusa in quest’ultima, in quanto sua parte integrante – nella PSDC per il tramite di operazioni di gestione di crisi, ricorrendone il caso.

105.

A questo proposito, occorre osservare che l’Unione ha condotto varie missioni di riforma del settore della sicurezza nell’ambito della PSDC, in particolare missioni civili, per far fronte a minacce gravanti sulla sicurezza, comprese le minacce derivanti da attività criminali, nonché un certo numero di missioni di polizia e di missioni cosiddette «sullo Stato di diritto» ( 31 ). Orbene, tali missioni non sono state considerate – a mio avviso giustamente – come relative allo SLSG. Le operazioni che sono state condotte nell’ambito delle suddette missioni possono riguardare il mantenimento o il ristabilimento dell’ordine pubblico. I compiti previsti possono comprendere, in particolare, la formazione e l’inquadramento di personale addetto alla sicurezza nonché l’aiuto all’elaborazione delle leggi ( 32 ).

106.

L’argomentazione sviluppata dal Parlamento e dalla Commissione mostra, in realtà, che la distinzione tra la PESC e la dimensione esterna dello SLSG merita un chiarimento.

107.

La distinzione tra queste due politiche dell’Unione è resa difficile a motivo del collegamento dell’imperativo della sicurezza con entrambe ( 33 ). Gli obiettivi della salvaguardia della sicurezza dell’Unione e del rafforzamento della sicurezza internazionale sono assegnati all’Unione quali obiettivi dell’azione esterna di quest’ultima, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, lettere a) e c), TUE. Allo stesso tempo, assicurare un elevato livello di sicurezza è un obiettivo anche dello SLSG, in conformità all’articolo 67, paragrafo 3, TFUE.

108.

Tuttavia, gli ambiti di applicazione rispettivi della PESC e dello SLSG nella sua dimensione esterna devono essere ben distinti.

109.

Come sottolineato dal Consiglio, le misure concernenti lo SLSG, abbiano esse dimensione interna o esterna, debbono essere adottate allo scopo di far progredire la libertà, la sicurezza e la giustizia nell’Unione. L’articolo 67, paragrafo 1, TFUE stabilisce, infatti, che «[l’]Unione realizza uno [SLSG]», il che viene rispecchiato anche all’articolo 3, paragrafo 2, TUE. Difatti, ai sensi di quest’ultima disposizione, «[l]’Unione offre ai suoi cittadini uno [SLSG] senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l’asilo, l’immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest’ultima».

110.

La costruzione di uno SLSG a vantaggio dei cittadini dell’Unione esige l’esercizio, da parte dell’Unione medesima, della propria competenza esterna ( 34 ). Ad esempio, l’articolo 79, paragrafo 3, TFUE attribuisce all’Unione una competenza esterna esplicita a concludere accordi di riammissione. Inoltre, sulla base dell’articolo 216 TFUE, l’Unione può concludere accordi internazionali in materia di cooperazione di polizia o giudiziaria, segnatamente quando ciò si riveli necessario per conseguire un obiettivo specifico dello SLSG.

111.

È dunque sulla base degli obiettivi fissati all’articolo 3, paragrafo 2, TUE e all’articolo 67 TFUE che si può distinguere quale sia la dimensione esterna dello SLSG. In altri termini, la dimensione esterna dello SLSG è funzionale e strumentale in rapporto agli obiettivi che sono espressi in tali disposizioni ( 35 ). Le politiche interne ed esterne nel settore dello SLSG sono indissolubilmente legate. Per definire ciò che costituisce l’aspetto esterno nel settore dello SLSG, occorre tener conto in via prioritaria delle funzioni politiche interne di quest’ultimo ( 36 ).

112.

Ne consegue che, se certo la costruzione di tale spazio può esigere un’azione esterna da parte dell’Unione, bisogna, perché un accordo possa essere considerato rientrante nello SLSG, che esso presenti uno stretto collegamento con la libertà, la sicurezza e la giustizia in seno all’Unione. Detto altrimenti, il collegamento con lo SLSG si giustifica quando esiste un nesso diretto tra la finalità di sicurezza interna dell’Unione e la cooperazione giudiziaria e/o di polizia che viene sviluppata all’esterno dell’Unione. Per contro, un’azione dell’Unione deve essere ricondotta alla PESC quando il suo obiettivo sia anzitutto la pace, la stabilità e l’evoluzione democratica in una regione fuori dell’Unione ( 37 ).

113.

Certo la distinzione non è sempre evidente, tanto è vero che lo sviluppo di una forma di criminalità in una determinata regione può costituire, al tempo stesso, un pericolo per la sicurezza interna dell’Unione e per la stabilità della regione interessata ( 38 ). Come risulta in particolare dal programma di Stoccolma ( 39 ), adottato dal Consiglio europeo nel 2010, la sicurezza interna e la sicurezza esterna sono inscindibili. È essenziale far fronte alle minacce, anche lontano dal nostro continente, per proteggere l’Europa e i suoi cittadini ( 40 ).

114.

Ciò non toglie, a mio parere, che, quando ci si trova in presenza di un’azione dell’Unione che si inscrive in un’iniziativa di cooperazione internazionale avviata dal Consiglio di sicurezza e che mira anzitutto a lottare contro una minaccia gravante sulla pace e sulla sicurezza internazionali, tale azione debba essere adottata nell’ambito della PESC.

115.

Orbene, nel caso di specie, l’accordo – che abbiamo visto collocarsi nell’ambito di un’azione decisa a livello internazionale e che mira a lottare contro atti di pirateria al largo delle coste somale, al fine di assicurare la pace e la sicurezza internazionali in tale zona – non ricomprende, a mio avviso, alcuna situazione presentante un collegamento sufficiente con la costruzione dello SLSG.

116.

Contrariamente a quanto sostiene il Parlamento, non costituisce un sufficiente elemento di collegamento con lo SLSG il fatto che l’accordo preveda una forma di cooperazione tra l’Eunavfor e le autorità della Repubblica di Mauritius preposte al rispetto della legge e riguardi attività che assomigliano ad attività di polizia o giudiziarie.

117.

A mio avviso, è errato dire che, essendo in gioco il trattamento giudiziario di persone, ciò è sufficiente per far rientrare l’azione dell’Unione nell’ambito della politica relativa allo SLSG, considerato qui nella sua dimensione esterna. Infatti, la PESC può implicare il ricorso a strumenti di natura poliziesca o giudiziaria per permettere il raggiungimento dei suoi obiettivi. L’utilizzazione di tali strumenti non è di per sé determinante, purché gli stessi vengano messi al servizio dell’obiettivo del mantenimento della pace e della sicurezza internazionali – il quale, come abbiamo visto, rientra incontestabilmente nella PESC –, e non dell’obiettivo proprio dello SLSG.

118.

Le missioni avviate dall’Unione nell’ambito della PSDC testimoniano che gli strumenti tradizionali dello SLSG possono essere mobilitati a vantaggio degli obiettivi della PESC. Infatti, le missioni internazionali decise dall’Unione al fine di assicurare il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale sono facilitate dalla possibilità di ricorrere a mezzi di tipo civile, come il rafforzamento del sistema giudiziario e dei servizi di polizia degli Stati terzi interessati ( 41 ). L’aspetto esterno dello SLSG viene così assorbito dall’esercizio della competenza di politica estera dell’Unione a vantaggio degli obiettivi della PESC ( 42 ).

119.

Sottolineo infine che la constatazione secondo cui l’accordo mira a proteggere i diritti delle persone sospettate di atti di pirateria e rinvia parimenti a un futuro accordo tra le parti allo scopo di stabilire le modalità dell’assistenza tecnica e logistica fornita dall’Unione alla Repubblica di Mauritius ai fini, in particolare, della revisione della legislazione di quest’ultima, della formazione degli investigatori e dei rappresentanti del pubblico ministero, della procedura di indagine e della procedura giudiziaria, non consente di far entrare tale accordo nell’ambito dello SLSG. Infatti, tali componenti dell’accordo mirano a garantire la tutela dei diritti dell’uomo e il consolidamento dello Stato di diritto, che fanno parte degli obiettivi della PESC. Sarebbe al riguardo paradossale se la volontà delle parti dell’accordo di garantire che la repressione efficace degli atti di pirateria non avvenga a discapito dei diritti fondamentali dei loro autori contribuisse a far uscire tale accordo dall’ambito della PESC, la quale, al pari delle altre politiche dell’Unione, soggiace al rispetto dei diritti fondamentali.

120.

L’operazione militare condotta dall’Unione sfocia necessariamente nell’arresto degli autori di atti di pirateria. Definire le modalità con cui tali persone vengono trattate dopo il loro arresto e quale sorte sia loro riservata fa evidentemente parte dell’operazione stessa. Orbene, il solo trattamento delle persone arrestate che sia conforme al diritto è quello che consiste nel sottoporle a giudizio. In tale prospettiva, permettere agli Stati ai quali i pirati vengono consegnati di rendere le loro procedure conformi al diritto internazionale in materia di diritti dell’uomo costituisce la fase ultima ma essenziale dell’operazione militare condotta nell’ambito della PESC.

121.

Risulta dagli elementi che precedono che giustamente il Consiglio ha ritenuto, nell’adottare la decisione controversa, che quest’ultima non rientrasse nello SLSG nella sua dimensione esterna e che non si dovesse dunque far ricorso ad una delle basi giuridiche relative a questa politica dell’Unione.

122.

A mio avviso, l’accordo non contiene neppure una componente relativa alla cooperazione allo sviluppo che avrebbe giustificato il ricorso ad una base giuridica contenuta nella quinta parte, titolo III, capo 1, del Trattato FUE.

123.

Nella sua sentenza del 20 maggio 2008, Commissione/Consiglio ( 43 ), la Corte ha statuito che, «perché la Comunità possa adottare una misura concreta di lotta contro la proliferazione delle armi leggere e di piccolo calibro nell’ambito della sua politica di cooperazione allo sviluppo, tale misura deve rientrare, sia per finalità sia per contenuto, nell’ambito di applicazione delle competenze che il Trattato CE le attribuisce in materia» ( 44 ). Secondo la Corte, «[n]on rientra in tale ambito una misura che, pur contribuendo allo sviluppo economico e sociale di paesi in via di sviluppo, abbia la finalità primaria di attuare la PESC» ( 45 ).

124.

Orbene, abbiamo visto che è proprio la PESC a costituire il centro di gravità dell’accordo e della decisione controversa.

125.

A norma dell’articolo 208, paragrafo 1, secondo comma, TFUE, «[l’]obiettivo principale della politica dell’Unione [nel settore della cooperazione allo sviluppo] è la riduzione e, a termine, l’eliminazione della povertà».

126.

Come rilevato dal Consiglio, l’articolo 208, paragrafo 1, TFUE ha proceduto ad una ridefinizione dell’ambito di applicazione della cooperazione allo sviluppo, di modo che l’elemento essenziale della politica di sviluppo dell’Unione è la riduzione e l’eliminazione della povertà. Inoltre, l’articolo 208, paragrafo 1, secondo comma, ultima frase, TFUE precisa che «[l]’Unione tiene conto degli obiettivi della cooperazione allo sviluppo nell’attuazione delle politiche che possono avere incidenze sui paesi in via di sviluppo». Le altre politiche dell’Unione, come la PESC, devono dunque tener conto degli obiettivi della cooperazione allo sviluppo e possono quindi contribuirvi, ciò che corrisponde all’esigenza di coerenza dell’azione esterna dell’Unione. Di conseguenza, il semplice fatto che una misura rientrante nella PESC possa produrre effetti positivi incidenti sullo sviluppo di uno Stato terzo non fa di essa una misura rientrante nell’ambito di applicazione della cooperazione allo sviluppo ai sensi dell’articolo 208 TFUE.

127.

Invero, durante la vigenza dei trattati che hanno preceduto il Trattato di Lisbona, la Corte ha interpretato in senso relativamente ampio l’ambito interessato dalla cooperazione allo sviluppo ( 46 ). Tuttavia, una siffatta concezione ampia incontra alcuni limiti. In particolare, occorre stabilire una distinzione tra le misure che mirano allo sviluppo e quelle che perseguono altri obiettivi dell’Unione, come quelli della PESC. In tale ottica, il rafforzamento della capacità di assolvimento della funzione giudiziaria della Repubblica di Mauritius non è un fine a sé, ma mira a reprimere in modo efficace gli atti di pirateria che costituiscono una minaccia per la pace e la sicurezza internazionali, e ciò nel rispetto dei diritti fondamentali degli autori di tali atti.

128.

Qualsiasi assistenza fornita ai sensi dell’accordo, e in particolare quella contemplata all’articolo 7, paragrafi 2 e 3, del medesimo, concernerà il trasferimento delle persone sospettate di atti di pirateria, in vista di un’efficace repressione di tali atti, nonché la capacità della Repubblica di Mauritius di applicare l’accordo in conformità del diritto internazionale in materia di diritti dell’uomo. Noto inoltre che la fornitura, prevista dall’articolo 10, paragrafo 2, lettera f), dell’accordo, di supporto tecnico, competenze specialistiche, formazione e assistenza di altro genere quale prevista dall’articolo 7 del medesimo accordo, viene effettuata unicamente «ai fini del raggiungimento degli obiettivi [di detto] accordo». Pertanto, l’assistenza prevista dall’accordo non va al di là degli obiettivi per i quali l’operazione Atalanta è stata predisposta. Detta assistenza non ha dunque in alcun modo per obiettivo lo sviluppo della Repubblica di Mauritius e, pertanto, non costituisce una misura di sviluppo ricadente sotto gli articoli 208 TFUE e 209 TFUE.

129.

Il tipo di assistenza non è determinante e nessuno rientra per sua natura nella cooperazione allo sviluppo ( 47 ). A questo proposito, un’assistenza come «l’assistenza tecnica e logistica [alla Repubblica di] Mauritius nei settori della revisione della legislazione, della formazione degli inquirenti e dei pubblici ministeri, delle procedure investigative e giudiziarie» ( 48 ) può tranquillamente essere fornita nell’ambito della PESC e, in particolare, della PSDC, come abbiamo visto in precedenza, al fine di garantire la sicurezza e di promuovere i diritti dell’uomo e lo Stato di diritto.

130.

Risulta da tali considerazioni che, poiché nell’accordo non è dato riscontrare alcuna componente relativa alla cooperazione allo sviluppo, giustamente la decisione controversa è stata fondata sull’articolo 37 TUE, senza che vi fosse aggiunta una base giuridica ricadente nella cooperazione allo sviluppo.

131.

Poiché la decisione controversa è a buon diritto fondata unicamente su una base giuridica relativa alla PESC, l’accordo ad essa correlato deve essere considerato come riguardante esclusivamente la PESC ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, TFUE. L’adozione della decisione di concludere tale accordo non richiedeva dunque né l’approvazione né la consultazione del Parlamento.

II – Sul motivo relativo alla violazione dell’articolo 218, paragrafo 10, TFUE

132.

Con il suo secondo motivo, il Parlamento si duole che il Consiglio non lo abbia «immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della procedura», contrariamente a quanto imposto dall’articolo 218, paragrafo 10, TFUE.

133.

Il Consiglio sostiene, in via principale, che tale motivo è irricevibile in quanto, trattandosi di un accordo riguardante esclusivamente la PESC, la Corte non sarebbe competente a verificare se il Consiglio abbia o no rispettato l’obbligo di informazione previsto da detta disposizione. In via subordinata, nel caso in cui la Corte si dichiarasse competente a verificare il rispetto dell’articolo 218, paragrafo 10, TFUE da parte del Consiglio, quest’ultimo sostiene che non può essergli imputata alcuna violazione di tale disposizione.

134.

A norma dell’articolo 24, paragrafo 1, secondo comma, TUE, la Corte «non è competente riguardo [alle disposizioni relative alla PESC], ad eccezione della competenza a controllare il rispetto dell’articolo 40 [TUE] e la legittimità di talune decisioni, come previsto dall’articolo 275, secondo comma, [TFUE]».

135.

Inoltre, l’articolo 275, primo comma, TFUE precisa che la Corte non è competente «per quanto riguarda gli atti adottati in base [alle disposizioni relative alla PESC]». Tuttavia, a mente dell’articolo 275, secondo comma, TFUE, «la Corte è competente a controllare il rispetto dell’articolo 40 [TUE] e a pronunciarsi sui ricorsi, proposti secondo le condizioni di cui all’articolo 263, quarto comma[, TFUE], riguardanti il controllo della legittimità delle decisioni che prevedono misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche adottate dal Consiglio in base al titolo V, capo 2, del Trattato [UE]».

136.

Risulta da tali disposizioni che, sebbene l’incompetenza della Corte in materia di PESC rimanga la regola, tale politica non sfugge totalmente alla vigilanza del giudice dell’Unione.

137.

È pacifico che l’articolo 218 TFUE fissa le regole relative alla negoziazione e alla conclusione di tutti gli accordi internazionali. In particolare, la regola prevista all’articolo 218, paragrafo 10, TFUE, secondo cui «[i]l Parlamento (...) è immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della procedura», si applica a tutti i settori del diritto dell’Unione. Se dunque tale disposizione è destinata a trovare applicazione, segnatamente, per quanto riguarda gli accordi internazionali conclusi dall’Unione in materia di PESC, non si tratta però assolutamente di una disposizione relativa alla PESC, ai sensi degli articoli 24, paragrafo 1, secondo comma, TUE e 275, primo comma, TFUE. Questo primo profilo di incompetenza deve dunque essere disatteso.

138.

Inoltre, ancorché la decisione controversa costituisca sicuramente – come abbiamo visto in precedenza – un atto adottato, da un punto di vista sostanziale, in base alle disposizioni relative alla PESC, ai sensi dell’articolo 275, primo comma, TFUE, da ciò non consegue, a mio avviso, che la Corte debba dichiararsi incompetente a controllare il rispetto, da parte del Consiglio, di una modalità procedurale, quale quella prevista dall’articolo 218, paragrafo 10, TFUE, che è applicabile a tutti gli accordi internazionali e la cui applicazione agli accordi internazionali conclusi in materia di PESC non è espressamente esclusa.

139.

Se dunque deve essere accolto, a mio avviso, il principio di una competenza della Corte a controllare il rispetto, da parte del Consiglio, dell’articolo 218, paragrafo 10, TFUE, ciò non toglie che la Corte, nell’ambito del suo controllo, allorché si trova in presenza di un accordo riguardante esclusivamente la PESC, come avviene nel presente caso, debba tener conto della natura specifica delle regole e delle procedure alle quali la PESC è assoggettata, come risulta dall’articolo 24, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

140.

Certo, come ricordato dalla Corte nella citata sentenza Parlamento/Consiglio, «la partecipazione del Parlamento alla procedura legislativa è il riflesso, sul piano dell’Unione, di un fondamentale principio di democrazia secondo il quale i popoli partecipano all’esercizio del potere per il tramite di un’assemblea rappresentativa» ( 49 ). Tuttavia, allo stesso tempo, la Corte non ha potuto far altro che constatare che gli autori del Trattato di Lisbona avevano fatto la scelta di conferire «un ruolo più limitato al Parlamento riguardo all’azione dell’Unione nel contesto della PESC» ( 50 ).

141.

Orbene, una delle regole e delle procedure specifiche in materia di PESC è che, conformemente all’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, TFUE, l’approvazione o la consultazione del Parlamento non sono richieste allorché l’accordo in questione riguarda esclusivamente la PESC.

142.

Ne deriva, a mio avviso, che le modalità e la precisione dell’informazione di cui deve beneficiare il Parlamento ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 10, TFUE non possono essere le stesse quando l’accordo in questione riguarda esclusivamente la PESC e quando invece così non è. In altri termini, penso che si possa legittimamente pretendere dal Consiglio che fornisca al Parlamento informazioni su un accordo internazionale in modo più rapido e dettagliato nel caso in cui quest’ultima istituzione sia chiamata a dare la propria approvazione o debba essere consultata ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, TFUE, che non quando al Parlamento non sia richiesta alcuna approvazione o consultazione. Infatti, per esprimere un parere ragionato, il Parlamento deve necessariamente disporre di informazioni sufficientemente dettagliate e tempestive, e sarebbe legittimato a rifiutare la propria approvazione alla decisione di conclusione di un accordo ove mancassero tali informazioni.

143.

Dunque, in ciascun caso, la verifica della Corte del rispetto, da parte del Consiglio, dell’obbligo di informazione previsto dall’articolo 218, paragrafo 10, TFUE deve, a mio avviso, essere effettuata tenendo conto della natura dell’accordo in questione e dei poteri di cui il Parlamento dispone, ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, TFUE, per influire sul contenuto sostanziale di tale accordo.

144.

Ciò detto, accettare che l’intensità dell’obbligo di informazione previsto dall’articolo 218, paragrafo 10, TFUE possa variare a seconda del grado di partecipazione riconosciuto al Parlamento nel procedimento relativo alla conclusione degli accordi internazionali non deve portare ad ammettere che il Parlamento venga privato di sufficienti informazioni quando l’accordo in questione riguarda esclusivamente la PESC. Ricordo infatti che, pur potendo variare di intensità a seconda dei casi, l’obbligo di informazione previsto dall’articolo 218, paragrafo 10, TFUE è di applicazione generale, e dunque vale anche in materia di PESC.

145.

Inoltre, non bisogna dimenticare che, sebbene abbia un ruolo limitato nel settore della PESC, segnatamente quando un accordo riguardi esclusivamente quest’ultima, il Parlamento dispone però di un potere di vigilanza su tale politica, come risulta in particolare dall’articolo 36 TUE ( 51 ).

146.

Vediamo ora in quali momenti il Parlamento è stato informato della negoziazione e della conclusione dell’accordo.

147.

Il 22 marzo 2010, il Consiglio ha autorizzato l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza ad avviare negoziati per la conclusione di accordi di trasferimento con vari Stati terzi, tra cui la Repubblica di Mauritius.

148.

Con lettera in pari data, il Consiglio ha informato il presidente del Parlamento di tale decisione, comunicandogli che lo avrebbe informato a tempo debito della conclusione degli accordi di trasferimento in questione.

149.

I negoziati hanno portato, il 12 luglio 2011, all’adozione della decisione controversa, con la quale il Consiglio ha autorizzato la firma dell’accordo.

150.

L’accordo è stato firmato il 14 luglio 2011.

151.

La decisione controversa e l’accordo sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 30 settembre 2011.

152.

Con lettera in data 17 ottobre 2011, il Consiglio ha informato il presidente del Parlamento dell’adozione della decisione controversa e della firma dell’accordo.

153.

Il Parlamento si duole che il Consiglio, da un lato, non lo abbia tenuto informato nel corso della fase di negoziazione dell’accordo e, dall’altro, abbia atteso più di tre mesi prima di comunicargli la decisione controversa e l’accordo.

154.

A mio avviso, tali censure non sono idonee a determinare l’annullamento della decisione controversa.

155.

Infatti, in primo luogo, ritengo che l’articolo 218, paragrafo 10, TFUE implichi uno sforzo effettivo di informazione da parte del Consiglio verso il Parlamento. In particolare, a mio parere, l’obbligo di informazione previsto da tale disposizione non potrebbe essere considerato soddisfatto dalla semplice pubblicazione di una decisione del Consiglio nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Orbene, constato come il Consiglio abbia informato direttamente e personalmente il presidente del Parlamento dell’avvio dei negoziati nonché, successivamente, dell’adozione della decisione controversa e della firma dell’accordo.

156.

In secondo luogo, come ho già indicato in precedenza, non si può pretendere dal Consiglio che, qualora l’accordo in questione riguardi esclusivamente la PESC, esso informi il Parlamento in modo così dettagliato come se fosse prescritta l’approvazione o la consultazione di quest’ultimo. In particolare, dal momento che il Parlamento non era chiamato a esprimere il proprio parere sul contenuto dell’accordo, non era obbligatorio informarlo in merito all’evoluzione dei negoziati.

157.

In terzo luogo, riguardo al periodo di tre mesi trascorso prima che la decisione controversa e l’accordo fossero comunicati dal Consiglio al Parlamento, osservo che sarebbe stato più in sintonia con lo spirito dell’articolo 218, paragrafo 10, TFUE se il Parlamento fosse stato informato prima della pubblicazione della decisione controversa e dell’accordo nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Tuttavia, poiché, per le ragioni prima esposte attinenti al fatto che l’accordo riguarda esclusivamente la PESC, il decorso di detto periodo di tempo non ha leso le prerogative del Parlamento né ha avuto alcun impatto sul contenuto dell’accordo, ritengo che facciano difetto i presupposti per constatare una violazione dell’articolo 218, paragrafo 10, TFUE.

III – Conclusione

158.

Alla luce di tutto quanto precede, suggerisco che la Corte voglia:

respingere il ricorso;

condannare il Parlamento europeo alle spese, dichiarando che la Repubblica ceca, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, il Regno di Svezia, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e la Commissione europea sopporteranno ciascuno le proprie spese.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) C‑130/10.

( 3 ) GU L 254, pag. 1 (in prosieguo: la «decisione controversa»).

( 4 ) In prosieguo: l’«accordo».

( 5 ) Sentenza Parlamento/Consiglio, cit., punto 80.

( 6 ) Il corsivo è mio.

( 7 ) Per un esempio di atto fondato su più basi giuridiche, v. la decisione 2012/308/PESC del Consiglio, del 26 aprile 2012, relativa all’adesione dell’Unione europea al trattato di amicizia e cooperazione nel sud-est asiatico (GU L 154, pag. 1). Tale decisione è fondata sul combinato disposto degli articoli 37 TUE e 31, paragrafo 1, TUE e degli articoli 209 TFUE, 212 TFUE e 218, paragrafi 6, secondo comma, lettera a), e 8, secondo comma, TFUE.

( 8 ) Parere 2/00, del 6 dicembre 2001 (Racc. pag. I-9713, punto 5).

( 9 ) V., in particolare, sentenza del 22 ottobre 2013, Commissione/Consiglio (C‑137/12, punto 52 e la giurisprudenza ivi citata).

( 10 ) Ibidem (punto 53).

( 11 ) In prosieguo: il «Consiglio di sicurezza».

( 12 ) GU L 301, pag. 33. Azione comune come modificata da ultimo, prima della presentazione dell’odierno ricorso, dalla decisione 2010/766/PESC del Consiglio, del 7 dicembre 2010 (GU L 327, pag. 49; in prosieguo: l’«azione comune»).

( 13 ) Ultimo considerando di tale risoluzione.

( 14 ) Secondo considerando di tale risoluzione.

( 15 ) Dodicesimo considerando di tale risoluzione.

( 16 ) Punto 2 della risoluzione 1816 (2008).

( 17 ) Punto 3 di tale risoluzione.

( 18 ) Convenzione entrata in vigore il 16 novembre 1994 e conclusa e approvata a nome della Comunità europea mediante la decisione 98/392/CE del Consiglio, del 23 marzo 1998 (GU L 179, pag. 1; in prosieguo: la «convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare»).

( 19 ) Punto 2 di tale risoluzione.

( 20 ) Punto 11 di tale risoluzione. V. anche il punto 14 della risoluzione 1846 (2008).

( 21 ) Nono considerando della risoluzione 1851 (2008).

( 22 ) V. l’intervento di Lenoir, D., «Atalante et l’action de l’Union européenne contre la piraterie», nell’ambito della Terza tavola rotonda – Azione, intervento, sanzione – della giornata di studi del 7 dicembre 2009 sul tema «La piraterie: “menace stratégique” ou épiphénomène?», organizzata dalla Fondation pour la recherche stratégique, pag. 61.

( 23 ) V. Bosse‑Platière, I., «Le volet judiciaire de la lutte contre la piraterie maritime en Somalie: les accords de transferts conclus par l’Union européenne avec des États tiers», in Les différentes facettes du concept juridique de sécurité – Mélanges en l’honneur du Professeur Pierre-André Lecocq, Università Nord Lille 2, 2011, pag. 101.

( 24 ) V. il rapporto del Consigliere speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per le questioni giuridiche connesse alla pirateria al largo delle coste somale (punto 65).

( 25 ) 2011/2962(RSP).

( 26 ) Punto 10.

( 27 ) Considerando C di tale risoluzione.

( 28 ) Carta firmata a San Francisco il 26 giugno 1945.

( 29 ) V., in tal senso, sentenza Parlamento/Consiglio, cit., punto 76, nonché paragrafo 66 delle conclusioni da me presentate nella causa decisa da tale sentenza.

( 30 ) Come già indicava la «Strategia europea in materia di sicurezza – Un’Europa sicura in un mondo migliore», adottata a Bruxelles il 12 dicembre 2003, «nessuna delle nuove minacce è di natura puramente militare, né alcuna di esse può essere affrontata con mezzi solamente militari. Ciascuna di esse richiede invece una combinazione di strumenti» (pag. 7).

( 31 ) Cito, ad esempio, l’azione comune 2008/124/PESC del Consiglio, del 4 febbraio 2008, relativa alla missione dell’Unione europea sullo Stato di diritto in Kosovo (EULEX KOSOVO) (GU L 42, pag. 92); l’assistenza fornita all’Iraq nell’ambito della decisione 2010/330/PESC del Consiglio, del 14 giugno 2010 , relativa alla missione integrata dell’Unione europea sullo stato di diritto per l’Iraq, EUJUST LEX‑IRAQ (GU L 149, pag. 12); la decisione 2012/389/PESC del Consiglio, del 16 luglio 2012, relativa alla missione dell’Unione europea per lo sviluppo delle capacità marittime regionali nel Corno d’Africa (EUCAP NESTOR) (GU L 187, pag. 40), nonché la decisione 2012/392/PESC del Consiglio, del 16 luglio 2012, relativa alla missione dell’Unione europea in ambito PSDC in Niger (EUCAP Sahel Niger) (GU L 187, pag. 48).

( 32 ) A partire dal Consiglio europeo di Santa Maria da Feira del 19 e 20 giugno 2000, l’Unione ha sviluppato la dimensione civile della PSDC. Le operazioni lanciate in tale contesto sono state intese a fornire agli Stati in situazione postbellica o caratterizzati da istituzioni deboli un’assistenza volta a consentire loro di consolidare le loro norme giuridiche e/o di sviluppare la loro capacità al fine di lottare contro la criminalità organizzata o di controllare le loro frontiere esterne in modo più efficace. V. Trauner, F., «The internal-external security nexus: more coherence under Lisbon?», Occasional Paper, ISS, marzo 2011, pag. 16.

( 33 ) V. Neframi, E., «L’aspect externe de l’espace de liberté, de sécurité e de justice: quel respect des principes e objectifs de l’action extérieure de l’Union?», in La dimension extérieure de l’espace de liberté, de sécurité e de justice de l’Union européenne après le Traité de Lisbonne, Bruylant, 2013, pag. 509, specialmente pag. 521.

( 34 ) Il Programma dell’Aia: rafforzamento della libertà, della sicurezza e della giustizia nell’Unione europea (GU 2005, C 53, pag. 1) dichiara infatti che tutti i poteri dell’Unione, incluse le relazioni esterne, dovrebbero essere utilizzati in maniera integrata e coerente al fine di istituire uno SLSG (punto 4, ultimo paragrafo).

( 35 ) V. Govaere, I., e Demedts, V., «Quelle définition de l’“externe” en matière d’SLSG? Le cadre et les enjeux», in La dimension extérieure de l’espace de liberté, de sécurité e de justice de l’Union européenne après le Traité de Lisbonne, Bruylant, 2013, pag. 489, specialmente pag. 497.

( 36 ) Ibidem (pag. 508).

( 37 ) V. de Biolley, S., «Coopération policière dans l’Union européenne», in Jurisclasseur Europe, fascicolo 2680, punto 114.

( 38 ) Idem.

( 39 ) Programma di Stoccolma – Un’Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini (GU 2010, C 115, pag. 1).

( 40 ) V. punto 7, intitolato «L’Europa in un mondo globalizzato – La dimensione esterna della libertà, della sicurezza e della giustizia». Il Consiglio europeo dichiara, a questo proposito, di «riconosce[re] che la PSDC e molte azioni esterne nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia hanno obiettivi comuni o complementari. Le missioni PSDC contribuiscono anche in modo rilevante alla sicurezza interna dell’Unione, sostenendo la lotta contro gravi forme di criminalità transnazionali nei paesi ospitanti e lo sviluppo del rispetto dello Stato di diritto» (punto 7.1). Per questo motivo il Consiglio europeo «esorta a una maggiore cooperazione e coerenza tra le politiche nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia e PSDC per promuovere questi obiettivi condivisi» (idem).

( 41 ) La sinergia tra gli strumenti tradizionali dello SLSG e la PESC, nella sua dimensione PSDC, viene sottolineata nella «Strategia di sicurezza interna per l’Unione europea – Verso un modello di sicurezza europeo», adottata dal Consiglio «Giustizia e Affari interni» del 25 e 26 febbraio 2010 e approvata dal Consiglio europeo del 25 e 26 marzo 2010, la quale afferma che è «molto importante intensificare la partecipazione delle agenzie preposte all’applicazione della legge e degli organismi che operano nel settore della libertà, della sicurezza e della giustizia in tutte le fasi delle missioni incaricate della gestione civile delle crisi, di modo che possano svolgere un ruolo nella risoluzione dei conflitti cooperando con tutti gli altri servizi operanti sul terreno (servizi militari, diplomatici, di emergenza, ecc.)» (pag. 30). Esiste dunque uno stretto collegamento ed una complementarietà tra la dimensione esterna dello SLSG e la PSDC. Se la cooperazione con gli Stati terzi è cruciale per raggiungere gli obiettivi di sicurezza interna dell’Unione, similmente le missioni PSDC possono servire agli obiettivi dello SLSG non soltanto fornendo informazioni rilevanti per la sicurezza interna, ma anche contribuendo alla stabilità dei paesi vicini dell’Unione (v., riguardo a tale aspetto, Wolff, S., e Mounier, G., «The external dimension of JHA: A new dimension of EU diplomacy», in Freedom, Security and Justice after Lisbon and Stockholm, TMC Asser Press, 2011).

( 42 ) V. Neframi, E., op. cit., pag. 527.

( 43 ) C-91/05, Racc. pag. I-3651.

( 44 ) Punto 71.

( 45 ) Punto 72.

( 46 ) V. sentenze del 3 dicembre 1996, Portogallo/Consiglio (C-268/94, Racc. pag. I-6177, punti da 23 a 29 e da 37 a 39); del 23 ottobre 2007, Parlamento/Commissione (C-403/05, Racc. pag. I-9045, punti da 56 a 58), e del 20 maggio 2008, Commissione/Consiglio, cit., punti da 64 a 70.

( 47 ) V., in tal senso, sentenza del 20 maggio 2008, Commissione/Consiglio, cit., punti 104 e 105.

( 48 ) V. articolo 7, paragrafo 3, dell’accordo.

( 49 ) Punto 81.

( 50 ) Punto 82.

( 51 ) Infatti, l’articolo 36, primo comma, TUE stabilisce che «[l]’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza consulta regolarmente il Parlamento (...) sui principali aspetti e sulle scelte fondamentali della [PESC] e della [PSDC] e lo informa dell’evoluzione di tali politiche. Egli provvede affinché le opinioni del Parlamento (...) siano debitamente prese in considerazione. I rappresentanti speciali possono essere associati all’informazione del Parlamento». L’articolo 36, secondo comma, TUE prosegue precisando che il Parlamento «può rivolgere interrogazioni o formulare raccomandazioni al Consiglio e all’alto rappresentante. Esso procede due volte all’anno ad un dibattito sui progressi compiuti nell’attuazione della [PESC], compresa la [PSDC]».