CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 25 aprile 2013 ( 1 )

Causa C‑638/11 P

Consiglio dell’Unione europea

contro

Gul Ahmed Textile Mills Ltd

«Impugnazione — Dumping — Importazioni di biancheria da letto di cotone originarie del Pakistan — Nesso di causalità tra dumping e pregiudizio — Fattori all’origine del pregiudizio diversi dalle importazioni oggetto di dumping — Imputazione o non imputazione del pregiudizio alle importazioni oggetto di dumping»

1. 

Prima del 2002, le importazioni di biancheria da letto di cotone originarie del Pakistan erano assoggettate a dazio doganale con aliquota, da ultimo, del 12%. Dal 1997 tali importazioni erano anche soggette, con qualche eccezione, a dazi antidumping compresi tra il 6% ed il 7% ( 2 ). Nel gennaio 2002 entrambi i dazi sono stati soppressi ( 3 ). Nel novembre 2002 la Eurocoton ( 4 ), per conto dei produttori che rappresentavano una quota rilevante della produzione comunitaria, ha presentato una denuncia alla Commissione. A seguito di un’inchiesta, nel 2004 è stato imposto un nuovo dazio antidumping del 13,1% ( 5 ).

2. 

La Gul Ahmed Textile Mills Ltd (in prosieguo: la «Gul Ahmed») è una società produttrice pakistana i cui prodotti esportati non erano assoggettati al precedente dazio antidumping ( 6 ). Tale società ha impugnato il regolamento controverso dinanzi al Tribunale deducendo, tra gli altri motivi, che, nella determinazione del pregiudizio non si era tenuto conto della crescita delle importazioni derivante dalla soppressione dei dazi applicati in precedenza, dato, questo, che costituiva un fattore noto diverso dalle importazioni oggetto di dumping che danneggiavano l’industria comunitaria ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 7, del regolamento n. 384/96 (in prosieguo: il «regolamento di base») ( 7 ).

3. 

Il Tribunale ha accolto il ricorso sulla base di tale motivo ( 8 ).

4. 

Il Consiglio ha proposto impugnazione e, sostenuto dalla Commissione, deduce essenzialmente che l’effetto della soppressione dei dazi applicati in precedenza non può venire separato o distinto da quello delle importazioni oggetto di dumping al momento di determinare la causa del pregiudizio subito dall’industria comunitaria. La soppressione di detti dazi non era un «fattore diverso rispetto alle importazioni oggetto di dumping». Si tratta quindi di una questione concisa, e cioè se l’articolo 3, paragrafo 7 del regolamento di base debba essere interpretato estensivamente oppure restrittivamente.

Normativa applicabile

Il regolamento di base

5.

Come si dichiara nel preambolo, il regolamento di base è stato adottato allo scopo di uniformare le norme comunitarie alle modifiche apportate agli accordi internazionali, in particolare all’Accordo antidumping dell’OMC ( 9 ).

6.

L’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento di base sancisce il principio secondo cui un dazio antidumping può essere imposto su qualsiasi prodotto oggetto di dumping la cui immissione in libera pratica nella Comunità causi un pregiudizio. A termini dell’articolo 1, paragrafo 2, un prodotto è considerato oggetto di dumping quando il suo prezzo all’esportazione nella Comunità è inferiore ad un prezzo comparabile del prodotto simile, applicato nel paese esportatore nell’ambito di normali operazioni commerciali.

7.

L’articolo 2 stabilisce i principi e le regole che disciplinano la determinazione dell’esistenza del dumping. Essenzialmente, per un dato prodotto esportato da un paese terzo, vengono fissati un valore normale sul mercato interno e un prezzo all’esportazione nella Comunità, e viene effettuato un confronto equo tra i due, tenuto conto dei vari fattori che possono influenzare le differenze tra di essi. Se, da un confronto tra le medie ponderate, emerge che il valore normale supera il prezzo all’esportazione, lo scarto tra i due valori costituisce il margine di dumping.

8.

L’articolo 3 («Accertamento di un pregiudizio») prevede, in particolare, quanto segue:

«(…)

2.   L’accertamento di un pregiudizio si basa su prove positive e implica un esame obiettivo a) del volume delle importazioni oggetto di dumping e dei loro effetti sui prezzi dei prodotti simili sul mercato comunitario, e b) dell’incidenza di tali importazioni sull’industria comunitaria.

3.   Per quanto riguarda il volume delle importazioni oggetto di dumping, occorre esaminare se queste ultime sono aumentate in misura significativa, tanto in termini assoluti quanto in rapporto alla produzione o al consumo nella Comunità. Riguardo agli effetti sui prezzi si esamina se le importazioni oggetto di dumping sono state effettuate a prezzi sensibilmente inferiori a quelli dei prodotti simili dell’industria comunitaria oppure se tali importazioni hanno comunque l’effetto di deprimere notevolmente i prezzi o di impedire in misura notevole aumenti che altrimenti sarebbero intervenuti. Questi fattori, singolarmente o combinati, non costituiscono necessariamente una base di giudizio determinante.

(…)

5.   L’esame dell’incidenza delle importazioni oggetto di dumping sull’industria comunitaria interessata comprende una valutazione di tutti i fattori e indicatori economici pertinenti in rapporto con la situazione dell’industria, quali il fatto che l’industria non abbia ancora completamente superato le conseguenze di precedenti pratiche di dumping o di sovvenzioni, l’entità del margine di dumping effettivo, la diminuzione reale e potenziale delle vendite, dei profitti, della produzione, della quota di mercato, della produttività, dell’utile sul capitale investito, e dell’utilizzazione della capacità produttiva; i fattori che incidono sui prezzi nella Comunità, gli effetti negativi, reali e potenziali, sul flusso di cassa, sulle scorte, sull’occupazione, sui salari, sulla crescita e sulla capacità di ottenere capitale o investimenti. Detto elenco non è tassativo, né tali fattori, singolarmente o combinati, costituiscono necessariamente una base di giudizio determinante.

6.   Deve essere dimostrato, in base a tutti gli elementi di prova, presentati in conformità con il paragrafo 2, che le importazioni oggetto di dumping causano pregiudizio ai sensi del presente regolamento. In particolare, occorre dimostrare che il volume e/o i prezzi individuati a norma del paragrafo 3 hanno sull’industria comunitaria gli effetti contemplati nel paragrafo 5 e che questa incidenza si manifesta in misura che può essere considerata grave.

7.   Oltre alle importazioni oggetto di dumping, vengono esaminati i fattori noti che contemporaneamente causano pregiudizio all’industria comunitaria per evitare che il pregiudizio dovuto a tali fattori sia attribuito alle importazioni oggetto di dumping a norma del paragrafo 6. I fattori che possono essere presi in considerazione a questo proposito comprendono, tra l’altro, il volume e i prezzi delle importazioni non vendute a prezzi di dumping, la contrazione della domanda oppure le variazioni dell’andamento dei consumi, le restrizioni commerciali attuate da produttori di paesi terzi e comunitari e la concorrenza tra gli stessi, nonché gli sviluppi tecnologici e le prestazioni dell’industria comunitaria in materia di esportazioni e di produttività.

(…)» ( 10 ).

Il regolamento controverso

9.

Dal considerando 19 del regolamento controverso emerge che l’inchiesta relativa al dumping ed al pregiudizio ha riguardato il periodo compreso tra il 1o ottobre 2001 e il 30 settembre 2002, e che l’analisi delle tendenze rilevanti per valutare il pregiudizio ha riguardato il periodo tra il 1999 e la fine del periodo dell’inchiesta ( 11 ).

10.

L’esistenza di pratiche di dumping da parte di tutti i produttori esportatori pakistani e di un pregiudizio all’industria comunitaria è indicata nei considerando da 30 a 102 del regolamento, il nesso causale è esaminato nei considerando da 103 a 118. Nel considerando 107 si perviene alla conclusione che, in termini sia di volume che di prezzo, le importazioni dal Pakistan avevano esercitato una notevole pressione verso il basso dell’industria comunitaria e che esisteva una coincidenza temporale tra dette importazioni e il pregiudizio subito dall’industria comunitaria. Nei considerando da 108 a 115, conformemente all’articolo 3, paragrafo 7, del regolamento di base, sono stati esaminati gli effetti di altri sei fattori: importazioni sovvenzionate provenienti dall’India, importazioni originarie di paesi terzi diversi dall’India e dal Pakistan, contrazione della domanda, importazioni da parte dell’industria comunitaria, andamento delle esportazioni dell’industria comunitaria e produttività di quest’ultima. Nei considerando da 116 a 118 si perviene alla conclusione che nessuno di tali fattori interrompeva il nesso causale tra le importazioni dal Pakistan e il pregiudizio subito dall’industria comunitaria.

11.

L’articolo 1 del regolamento controverso ha istituito un dazio antidumping definitivo del 13,1% sulle importazioni di biancheria da letto di fibra di cotone, pura o mista con fibre sintetiche o artificiali o con lino (non come fibra principale), imbianchita, tinta o stampata originaria del Pakistan, di cui ai codici specifici della nomenclatura combinata ( 12 ).

La sentenza impugnata

12.

Il Tribunale ha esaminato unicamente la terza parte del quinto motivo di ricorso della Gul Ahmed, con cui quest’ultima deduceva che il Consiglio aveva commesso un errore di diritto, in quanto non aveva analizzato se la soppressione del precedente dazio antidumping imposto sui prodotti provenienti dal Pakistan e l’applicazione di preferenze tariffarie generalizzate a favore del Pakistan all’inizio del 2002 avesse interrotto il nesso causale tra le importazioni originarie del Pakistan e il pregiudizio subito dall’industria comunitaria ( 13 ).

13.

Al punto 53 della sentenza impugnata, il Tribunale ha osservato che gli effetti dannosi delle importazioni oggetto di dumping devono essere correttamente separati e distinti dagli effetti dannosi dei «fattori noti diversi dalle importazioni oggetto di dumping che contemporaneamente causano pregiudizio all’industria comunitaria». In assenza di tale separazione e distinzione, la Commissione e il Consiglio non avrebbero una base logica per concludere che le importazioni oggetto di dumping costituivano effettivamente la causa del pregiudizio. Tale separazione richiede un’analisi concreta della natura e del peso dei fattori in questione che non può basarsi sulla mera ipotesi che i fattori diversi dalle importazioni oggetto di dumping non causino danni e non vi contribuiscano.

14.

Ai punti da 55 a 59 il Tribunale ha respinto la distinzione tra gli andamenti o i comportamenti legati al mercato (che, secondo il Consiglio, costituivano altri fattori) e le modifiche del contesto normativo del mercato (che esso non considerava tali). Tale distinzione non si ricavava dall’articolo 3, paragrafo 7, del regolamento di base o dall’articolo 3.5 dell’accordo antidumping dell’OMC, né era deducibile dalle caratteristiche comuni presenti nei fattori noti elencati in dette disposizioni.

15.

In primo luogo, l’elenco di tali fattori era espressamente indicativo e non esaustivo. In secondo luogo, entrambe le disposizioni erano volte a evitare un protezionismo non necessario nei confronti dell’industria interna assicurando che gli effetti negativi degli altri fattori atti a incidere sul pregiudizio non venissero attribuiti alle importazioni in questione. In terzo luogo, se è vero che l’aumento delle importazioni di un prodotto, dopo la scadenza delle restrizioni quantitative, può essere preso in considerazione ai fini dell’accertamento del pregiudizio ( 14 ), lo stesso deve valere per la valutazione del nesso causale in forza dell’articolo 3, paragrafo 7, del regolamento di base. Di conseguenza, la soppressione dei precedenti dazi antidumping e quella dei dazi doganali ordinari costituivano fattori noti di cui le istituzioni dell’Unione dovevano tenere conto nel valutare il nesso di causalità tra le importazioni in questione e il pregiudizio subito dall’industria comunitaria. Una conclusione in senso contrario renderebbe inefficace l’obbligo di cui all’articolo 3, paragrafo 7, ove, come nella fattispecie, la questione degli effetti delle modifiche apportate al quadro normativo era stata chiaramente sollevata durante il procedimento amministrativa.

16.

Al punto 84 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato:

«(…) dall’analisi condotta dalle istituzioni dell’Unione nel presente caso non emerge, neppure sotto forma di una mera stima, quale sarebbe stato il pregiudizio subito dall’industria comunitaria in assenza di dumping, vale a dire quale sarebbe stato il danno derivante unicamente dall’entrata in vigore del regime delle preferenze tariffarie generalizzate e dall’abolizione dei precedenti dazi antidumping in termini di perdita di quote di mercato, di riduzione della redditività o dell’andamento dell’industria summenzionata, di rinuncia a segmenti inferiori di mercato o di qualsiasi altro indicatore economico pertinente. Era a maggior ragione necessario analizzare l’impatto delle misure in questione, dato che in numerosi passaggi del regolamento controverso si afferma che sui prezzi era stata esercitata una “forte pressione”, cosicché una diminuzione dei prezzi delle importazioni originarie del Pakistan in seguito alle menzionate modifiche legislative non poteva, con ogni probabilità, restare senza impatto sullo stato del mercato».

17.

Non potendosi escludere che, senza l’errore di diritto in questione, il Consiglio non avrebbe constatato l’esistenza di un nesso causale tra le importazioni oggetto della procedura antidumping e il pregiudizio subito dall’industria comunitaria, il Tribunale ha annullato il regolamento controverso nella parte in cui riguardava la Gul Ahmed e, di fatto, ha rinviato la questione al Consiglio, poiché non poteva sostituire la valutazione di quest’ultimo con la propria. Il Tribunale non ha ritenuto che fosse necessario esaminare gli altri motivi e argomenti dedotti dalla Gul Ahmed.

Sintesi degli argomenti delle parti

18.

A sostegno dell’unico motivo d’impugnazione, basato sulla violazione, da parte del Tribunale, dell’articolo 3, paragrafo 7, del regolamento di base, il Consiglio deduce anzitutto che i «fattori diversi dalle importazioni oggetto di dumping» sono, per definizione, slegati da dette importazioni – per esempio le importazioni originarie di altri paesi terzi, la cattiva gestione dei costi, la contrazione della domanda e la concorrenza tra i produttori dell’Unione. Nella fattispecie, la soppressione del precedente dazio antidumping e l’attuazione del regime delle preferenze per le importazioni del prodotto in questione erano strettamente legate alle importazioni oggetto di dumping originarie del Pakistan. Tale fattore può aver favorito un aumento di dette importazioni, ma il pregiudizio derivante da un aumento delle importazioni oggetto di dumping è causato dalle importazioni stesse e non dai fattori che favoriscono l’aumento di queste ultime ( 15 ).

19.

In secondo luogo, la motivazione del Tribunale non regge ad un esame approfondito.

20.

Aver affermato che l’elenco di cui all’articolo 3, paragrafo 7, del regolamento di base non è esaustivo non è pertinente. Il Consiglio aveva semplicemente sostenuto che i due fattori controversi non costituivano «altri fattori» ai sensi di detta disposizione.

21.

Il punto 57 della sentenza impugnata trascurerebbe l’argomento del Consiglio secondo cui le modifiche del quadro normativo rilevano solo nei limiti in cui producono un effetto sul mercato; e che i due fattori in questione potevano avere un impatto sulle importazioni oggetto di dumping ma non sull’andamento dell’industria dell’UE.

22.

È vero che tutti gli altri fattori noti devono essere presi in considerazione, e che l’articolo 3, paragrafo 7, del regolamento di base mira ad escludere che il pregiudizio causato da altri fattori sia attribuito alle importazioni oggetto di dumping. Tuttavia, l’affermazione del Tribunale secondo cui detto articolo 3, paragrafo 7, non opera distinzioni tra gli andamenti o i comportamenti relativi al mercato e le modifiche del quadro normativo, non sa riconoscere che tali modifiche possono produrre effetti dannosi solo nei limiti in cui hanno un impatto sul mercato. L’unico effetto indicato prodotto dai due fattori in questione era che essi potevano avere favorito le importazioni oggetto di dumping, che qualsiasi pregiudizio causato dalle importazioni oggetto di dumping era imputabile a queste ultime e non ai fattori che potevano averle favorite e che, quindi, i due fattori controversi non erano «[fattori diversi dalle] importazioni oggetto di dumping» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 7.

23.

La sentenza Foshan Golden Step, di fatto, supporta l’interpretazione del Consiglio. In tale causa, il Tribunale ha respinto l’argomento secondo cui la soppressione del contingente quantitativo aveva falsato i dati relativi al pregiudizio e ha ritenuto che il Consiglio avesse correttamente preso in considerazione, nel valutare quest’ultimo, l’aumento delle importazioni conseguente alla soppressione di detto contingente. In altri termini, nei limiti in cui il pregiudizio consiste in un aumento delle importazioni oggetto di dumping, le istituzioni possono imputare il pregiudizio, nella sua totalità, alle importazioni oggetto di dumping, senza dover separare e distinguere gli effetti derivanti dalla soppressione del contingente.

24.

In terzo luogo, il Tribunale avrebbe fondamentalmente frainteso il significato dell’articolo 3, paragrafi 6 e 7, del regolamento di base. Al punto 84 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che, al fine di imporre misure, le istituzioni devono stabilire un nesso causale tra il dumping e il pregiudizio subito. Tuttavia, risulta in maniera evidente dalla formulazione dell’articolo 3, paragrafi 6 e 7, nonché da una giurisprudenza costante ( 16 ), che detto nesso causale deve essere accertato tra le importazioni oggetto di dumping e il pregiudizio subito, e non tra il dumping e il pregiudizio subito.

25.

Infine, la decisione del Tribunale produrrebbe risultati assurdi e inaccettabili. Se i dazi antidumping scadono perché l’industria dell’Unione non richiede un riesame in previsione della scadenza oppure se le istituzioni concludono nel senso che non sussistono i presupposti per un rinnovo, e se le importazioni oggetto di dumping originarie del paese interessato aumentano poi massicciamente e sottraggono all’industria dell’Unione un’importante quota di mercato, secondo il Tribunale le istituzioni sono tenute a esaminare quale porzione dell’aumento delle importazioni oggetto di dumping derivi dalla scadenza dei dazi precedenti, e devono «separare e distinguere» il pregiudizio causato da tale aumento da quello causato dalle importazioni oggetto di dumping. Ciò significherebbe accettare che la scadenza dei dazi antidumping giustifichi un dumping futuro e limiti la capacità delle istituzioni di proteggere l’industria dell’Unione dagli effetti pregiudizievoli di quest’ultimo. Se, dopo la soppressione dei dazi antidumping, il dumping riprende o continua, e se l’industria dell’Unione subisce un pregiudizio a causa del volume e dei prezzi delle importazioni oggetto di dumping, allora tale pregiudizio è causato da queste ultime e non dall’assenza di misure protettive. Lo stesso vale rispetto all’applicazione delle preferenze tariffarie. Tali misure favoriscono le importazioni ma il loro scopo è quello di favorire le importazioni leali e non le importazioni pregiudizievoli oggetto di dumping.

26.

La Gul Ahmed sostiene che i motivi d’impugnazione sono inesatti, irrilevanti ed errati dal punto di vista giuridico.

27.

Anzitutto, l’articolo 3, paragrafo 7, del regolamento di base non circoscrive i fattori i cui effetti pregiudizievoli devono essere presi in considerazione. Ma, anche se lo facesse, non si potrebbe affermare che la soppressione dei dazi precedenti, avvenuta nel 2002, era strettamente legata alle importazioni oggetto di dumping. Tale misura era piuttosto il risultato di azioni sovrane delle istituzioni dell’Unione. Inoltre, le preferenze tariffarie generalizzate non riguardavano affatto, nello specifico, la biancheria da letto.

28.

In secondo luogo, sarebbe un ragionamento circolare quello secondo cui qualsiasi pregiudizio derivante da un aumento delle importazioni oggetto di dumping non è causato dai fattori che favoriscono l’aumento di tali importazioni. La relazione EU – Footwear (China), citata dal Consiglio, non fornisce una motivazione adeguata, ma afferma in maniera contraddittoria che un «evento esogeno» – in tale caso, la soppressione di un contingente quantitativo – può essere «strettamente connesso» alle importazioni oggetto di dumping. I fattori in discussione nella presente causa avrebbero direttamente ridotto gli l’onere in termini di dazi dell’Unione su tutte le importazioni di biancheria da letto originarie del Pakistan, incidendo così direttamente sul livello dei prezzi di tali importazioni nel mercato dell’Unione, e non avrebbero semplicemente favorito l’aumento del volume delle importazioni oggetto di dumping.

29.

In terzo luogo, i fattori in questione avrebbero inciso direttamente sul mercato dell’Unione. Si trattava di atti deliberati dei governi, per effetto dei quali, senza nessuna alterazione dei prezzi FOB dei produttori pakistani, i produttori dell’Unione hanno subito le conseguenze delle importazioni che entravano nel mercato dell’Unione a prezzi sostanzialmente inferiori. In altri termini, i fattori in questione avrebbero inciso in maniera diretta e indipendente sui livelli dei prezzi comunitari, e in misura considerevole.

30.

In quarto luogo, il Consiglio non spiegherebbe perché il nesso causale debba esistere tra le importazioni oggetto di dumping ed il pregiudizio subito, e non tra il dumping e quest’ultimo. A prescindere dalla questione se i due fattori in discussione e i loro effetti siano considerati rispetto al dumping o rispetto alle importazioni oggetto di dumping, resta il fatto che si tratta pur sempre di atti sovrani delle istituzioni dell’Unione che, di per sé, hanno prodotto effetti diretti sugli indicatori economici che sono stati presi in considerazione nella valutazione del pregiudizio e del nesso causale.

31.

Da ultimo, il ricorso di impugnazione contiene un’interpretazione erronea delle implicazioni della sentenza del Tribunale in quanto qualifica erroneamente le modifiche del quadro normativo. La soppressione del precedente dazio antidumping non era dovuta alla sua scadenza, ma alla decisione di correggere un’imposizione illegittima dopo aver verificato, di fatto, l’assenza di dumping. Inoltre, la concessione di preferenze tariffarie speciali non avrebbe avuto semplicemente l’effetto di favorire le importazioni, ma avrebbe direttamente abbassato i livelli dei prezzi delle importazioni nel mercato dell’Unione, indipendentemente da qualsiasi azione dei produttori esportatori pakistani.

32.

La sentenza del Tribunale non implica in alcun modo che la scadenza dei dazi antidumping giustifichi un dumping futuro pregiudizievole e limiti la capacità delle istituzioni di proteggere l’industria dell’Unione dagli effetti di tale dumping. Tale decisione richiede semplicemente che gli effetti delle modifiche sovrane deliberatamente apportate al contesto normativo dell’Unione vengano considerate come un altro fattore separato al momento di valutare gli indicatori economici del pregiudizio subito dall’industria dell’Unione. Ciò non pregiudica in alcun modo l’esito della valutazione.

33.

La Commissione, intervenuta a sostegno dei motivi dedotti dal Consiglio, esamina la struttura e la logica dell’articolo 3, con particolare riguardo ai paragrafi 6 e 7, del regolamento di base.

34.

La questione fondamentale relativamente all’articolo 3, paragrafo 6, consiste nello stabilire se le «importazioni oggetto di dumping» – espressione usata in tutte le parti dell’articolo 3 – causino un pregiudizio e, specificamente, se il volume e/o il prezzo di tali importazioni provochino un impatto sull’industria comunitaria. L’articolo 3, paragrafi 2 e 3, conferma l’esigenza di effettuare un’analisi obiettiva. Per quanto riguarda i prezzi, sono rilevanti i livelli dei prezzi in sé e per sé e non le considerazioni che hanno portato alla loro fissazione. Nella fattispecie, il livello dei dazi doganali e quello degli altri dazi all’importazione dell’Unione erano fattori che influenzavano la scelta del livello dei prezzi (dato che, apparentemente, gli esportatori avevano deciso di non aumentare i loro prezzi di fabbrica per trarre vantaggio dai dazi ridotti). Se il prezzo e le considerazioni che lo hanno influenzato fossero entrambi considerati fattori causali, si opererebbe una sorta di doppio conteggio.

35.

Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 7, i fattori diversi dalle «importazioni oggetto di dumping» devono quindi essere fattori diversi dal volume e/o dal livello del prezzo di tali importazioni o dai fattori e dalle considerazioni che le hanno influenzate. Ciò sarebbe confermato dagli esempi di fattori elencati, che non comprendono né le importazioni oggetto di dumping né il prezzo o il volume di tali importazioni. Anche se detti esempi sono indicativi e non esaustivi, la loro formulazione rivela la precisa volontà di evitare gli aspetti relativi alle importazioni oggetto di dumping.

Valutazione

36.

La procedura decisionale finalizzata all’imposizione di un dazio antidumping in conformità al regolamento di base e all’accordo antidumping dell’OMC segue un approccio graduale, con un’evidente logica interna. In primo luogo, deve essere accertata l’esistenza del dumping. A tal fine, vengono completati varie fasi, una per una. Si deve determinare il valore normale del prodotto in questione, poi il prezzo all’esportazione, e i due valori così ottenuti devono essere messi a confronto per verificare se esista dumping e, in caso affermativo, quale sia il suo margine. Tale procedura è descritta dettagliatamente all’articolo 2 del regolamento di base. Una volta accertata l’esistenza di dumping, l’articolo 3 indica la procedura per determinare il pregiudizio. Devono essere presi in esame vari fattori al fine di stabilire se il volume e/o i livelli dei prezzi delle importazioni oggetto di dumping provochino un impatto significativo sull’industria comunitaria. In caso di risposta affermativa, è necessario considerare se anche i fattori noti diversi dalle importazioni oggetto di dumping stiano causando un pregiudizio all’industria comunitaria; le conclusioni di tale analisi devono essere prese in considerazione al momento di fissare il livello di un eventuale dazio antidumping. Perciò, soltanto dopo aver accertato l’esistenza di dumping e stabilito che il volume e/o i livelli dei prezzi delle importazioni oggetto di dumping provocano un impatto significativo sull’industria comunitaria devono essere esaminati altri fattori.

37.

Nel ricorso di primo grado, la Gul Ahmed ha messo in discussione alcuni aspetti del processo anteriore alla fase in cui dovevano essere esaminati i fattori diversi dalle importazioni oggetto di dumping. Il Tribunale non ha esaminato tali aspetti in quanto ha ritenuto che l’omessa analisi della questione se la soppressione dei precedenti dazi costituisse un fattore noto diverso dalle importazioni oggetto di dumping che contribuiva a causare un pregiudizio all’industria comunitaria, fosse sufficiente per giustificare l’annullamento ( 17 ). Perciò, anche supponendo che l’inchiesta fosse stata avviata correttamente, che il valore normale fosse stato correttamente determinato ed equamente confrontato con i prezzi all’esportazione per produrre un margine di dumping attendibile, e che il pregiudizio notevole causato dalle importazioni oggetto di dumping fosse stato correttamente accertato, il fatto di non aver considerato la soppressione dei dazi precedenti come un altro fattore noto responsabile del pregiudizio e di non averla esaminata come tale, inficiava irrimediabilmente, secondo il giudizio del Tribunale, la validità del regolamento controverso.

38.

Tale limite della portata della sentenza impugnata circoscrive l’ambito dell’impugnazione stessa. Anche questa Corte deve partire dalla premessa che l’esistenza di dumping (da parte di tutti i produttori esportatori pakistani) sia stata correttamente accertata in conformità all’articolo 2 del regolamento di base, e che sia stato debitamente provato che le importazioni oggetto di dumping causavano un pregiudizio grave all’industria comunitaria, ai sensi di tutte le disposizioni dell’articolo 3, paragrafi 2, 3, 5 e 6, del regolamento medesimo.

39.

Vorrei tuttavia sottolineare che tali ipotesi devono essere formulate solo ai fini della presente impugnazione. Se – come propongo di seguito – questa Corte decidesse di accogliere l’impugnazione del Consiglio e di rinviare la causa al Tribunale, tali questioni dovranno essere esaminate e può accadere che il regolamento controverso debba essere annullato sulla base di uno o di alcuni degli altri motivi dedotti dalla Gul Ahmed.

40.

Inoltre, si deve supporre, ai fini della presente impugnazione – a fortiori, trattandosi di aspetti che non sono stati messi in discussione dalla Gul Ahmed in primo grado – che il Consiglio abbia correttamente esaminato i fattori diversi dalle importazioni oggetto di dumping, presi da esso in considerazione conformemente all’articolo 3, paragrafo 7, del regolamento di base, e che sia correttamente giunto alla conclusione che nessuno di essi poteva interrompere il nesso causale tra le importazioni originarie del Pakistan e il pregiudizio grave subito dall’industria comunitaria a causa di tali importazioni. I fattori esaminati comprendevano gli effetti delle importazioni sovvenzionate originarie dell’India, le importazioni provenienti da pesi terzi diversi dall’India e dal Paksitan, e le importazioni da parte dell’industria comunitaria. (Poiché il regolamento controverso aveva già concluso nel senso che era stato praticato un dumping da parte di tutti i produttori esportatori pakistani ( 18 ), in base a tale premessa non vi erano da esaminare anche importazioni non oggetto di dumping originarie del Pakistan). Tali effetti sono stati anche influenzati, in diversa misura, dalla soppressione dei dazi precedenti.

41.

Pertanto, sotto tale profilo, l’affermazione del Tribunale al punto 84 della sua sentenza, secondo cui l’analisi effettuata dalle istituzioni dell’Unione non indicava quale sarebbe stato il pregiudizio subito dall’industria comunitaria in assenza di dumping, in conseguenza della mera soppressione dei dazi precedenti, non appare pienamente giustificata.

42.

Da un canto, il pregiudizio (o l’assenza di pregiudizio) derivante in altre circostanze del pari influenzate dalla soppressione è stato oggetto di esame, in esito al quale si è concluso che tale pregiudizio non aveva interrotto il nesso di causalità in questione.

43.

D’altro canto, l’esame dei fattori diversi dalle importazioni oggetto di dumping avviene soltanto dopo che sia stato già accertato che esiste un dumping e che le importazioni oggetto di dumping arrecano un pregiudizio all’industria comunitaria. L’esistenza di dumping e di un pregiudizio causato dalle importazioni oggetto di dumping costituisce un presupposto per tale esame, che riguarda i fattori che causano un pregiudizio contemporaneamente alle importazioni oggetto di dumping, al fine di separare e distinguerne gli effetti. A nulla servirebbe, in tale contesto, esaminare i fattori che potrebbero avere causato un pregiudizio in assenza di dumping e di importazioni oggetto di dumping.

44.

Tuttavia, il Consiglio ammette che, anche se la soppressione dei dazi precedenti era stata presa in considerazione indirettamente nell’ambito dell’esame dei fattori diversi dalle importazioni oggetto di dumping, essa non è stata esaminata direttamente come un fattore separato. È l’esigenza di svolgere detto esame diretto e separato che il Consiglio contesta.

45.

Inoltre, è pacifico che gli effetti pregiudizievoli delle importazioni oggetto di dumping devono venire correttamente separati e distinti da quelli degli altri fattori noti che, contemporaneamente, causano un pregiudizio all’industria comunitaria e che, in assenza di tale separazione e distinzione, non esisterebbe una base oggettiva per concludere che il pregiudizio è stato di fatto (interamente) causato dalle importazioni oggetto di dumping ( 19 ).

46.

La questione è se sia corretto separare e distinguere gli effetti della soppressione dei dazi precedenti dagli effetti dei prodotti oggetto di dumping o se, invece, le due serie di effetti siano da considerare così strettamente connesse che sarebbe inopportuno separarle e distinguerle.

47.

Il Consiglio e la Commissione hanno evidenziato la differenza tra «dumping» e «importazioni oggetto di dumping» nel contesto del regolamento di base. Concordo nel considerare importante tale distinzione.

48.

Il dumping, ai sensi dell’articolo 2 sia dell’accordo antidumping dell’OMC sia del regolamento di base, implica una scelta strategica da parte dell’esportatore. In sostanza, questi decide di vendere i prodotti destinati a uno o più mercati d’esportazione a un prezzo considerevolmente inferiore rispetto a quello che applicherebbe normalmente sul mercato nazionale, con la speranza di ottenere un vantaggio commerciale. Ovviamente, il prezzo fissato dall’esportatore verrà calcolato – almeno inizialmente – in modo tale da assicurare che il prezzo sul mercato del paese d’importazione sarà vantaggioso. Pertanto, egli terrà conto di tutti i dazi all’importazione applicabili. Se tali dazi vengono soppressi, l’esportatore potrà adattare la sua strategia al fine di ottenere un vantaggio ottimale da questo nuovo margine di manovra. Ciò non incide tuttavia sulla questione se esista o meno un dumping.

49.

I prodotti venduti in tal modo diventano importazioni oggetto di dumping nel territorio del paese d’importazione. Se il prezzo al quale tali prodotti possono essere acquistati in tale paese è considerevolmente inferiore al prezzo al quale l’industria nazionale può vendere prodotti simili, e se il volume delle importazioni è significativo, è verosimile che l’industria nazionale subisca un pregiudizio grave ai sensi dell’articolo 3 sia dell’accordo antidumping dell’OMC sia del regolamento di base.

50.

È pertanto possibile che esista un dumping senza pregiudizio o un pregiudizio senza dumping. Il dumping può provocare una flessione considerevole dei prezzi applicati sul mercato nazionale del paese d’importazione, ma può accadere che il volume delle importazioni sia troppo esiguo per causare un pregiudizio grave; oppure può accadere che un esportatore venda i suoi prodotti ad un costo di produzione straordinariamente basso per inserirsi in un particolare mercato d’esportazione ma che i costi di spedizione siano talmente alti che il suo vantaggio concorrenziale su tale mercato non risulti sufficiente per avere un impatto significativo sull’industria nazionale. Per contro, i costi di produzione nel paese d’esportazione (e i costi per la spedizione verso il paese d’importazione) possono essere talmente bassi che un prodotto può essere venduto per l’esportazione ad un «valore normale» causando comunque un pregiudizio grave all’industria nazionale nel paese d’importazione.

51.

Tuttavia, un dazio antidumping può essere imposto solamente se viene dimostrata l’esistenza del dumping e del pregiudizio. Questi due elementi devono essere accertati separatamente, con procedure distinte, e non possono essere fusi.

52.

Come hanno rilevato il Consiglio e la Commissione, la causa diretta di qualsiasi pregiudizio subito dall’industria interna è costituita dalla combinazione del prezzo (nel territorio di importazione) e del volume delle importazioni oggetto di dumping. Dall’insieme dell’articolo 3 sia dell’accordo anti-dumping dell’OMC sia del regolamento di base emerge chiaramente che deve essere dimostrato un nesso di causalità tra le importazioni oggetto di dumping e il pregiudizio. Il dumping in sé (vendita per l’esportazione a un prezzo considerevolmente inferiore al prezzo normale praticato nel paese d’esportazione) è uno dei fattori (ma forse il più importante) che determinano il prezzo delle importazioni oggetto di dumping nel territorio d’importazione. Un altro fattore evidente è il costo relativo alla spedizione della merce, e un terzo fattore è costituito dalla presenza o dall’assenza (e, in caso di presenza, dal livello) di dazi gravanti sui beni nel territorio d’importazione. Tutti questi fattori (e possono essercene altri) hanno un impatto diretto sul prezzo di vendita delle importazioni oggetto di dumping nel territorio d’importazione, che costituisce di per sé una causa diretta del pregiudizio in questione. Di conseguenza, detti fattori costituiscono solo cause indirette di tale pregiudizio, che operano in secondo piano.

53.

Sarebbe assurdo se, dopo aver dimostrato, in conformità all’articolo 3, paragrafo 6, del regolamento di base, che il volume e/o il livello dei prezzi delle importazioni oggetto di dumping hanno un impatto sull’industria comunitaria, l’esame ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 7, dei fattori noti «diversi dalle importazioni oggetto di dumping» dovesse includere il dumping stesso tra tali fattori. Analogamente, sembrerebbe illogico considerare i bassi costi di spedizione o la mera assenza di dazi all’importazione come altri fattori.

54.

Non vedo come tale analisi potrebbe cambiare qualora i costi di spedizione venissero ridotti improvvisamente o se venisse soppresso un dazio precedentemente applicato. Tali eventi restano distinti dalla causa diretta, pur facendo intrinsecamente parte della sua genesi. Se la decisione di un produttore di tagliare (si supponga) del 10% i costi di produzione per le vendite all’esportazione – e quindi di vendere con un margine di profitto minimo o addirittura sotto costo –, non può essere considerata come un fattore diverso dalle «importazioni oggetto di dumping», i cui effetti pregiudizievoli possano essere «separati e distinti» da quelli di queste ultime, lo stesso deve valere per una decisione dell’autorità competente del paese d’importazione di sopprimere un dazio doganale del 12%, precedentemente applicato.

55.

Più semplicemente, l’importo maggiore o minore di un dazio può non avere alcun effetto negativo sull’industria nazionale interessata se i beni non sono effettivamente importati. Lo stesso vale rispetto a una soppressione o a una riduzione del dazio. Possono non esserci situazioni in cui la soppressione di un dazio all’importazione possa causare un pregiudizio grave all’industria nazionale in assenza di importazioni. Qualsiasi effetto essa comporti dipenderà strettamente dall’effetto delle importazioni di cui essa influenza il prezzo, a prescindere dal fatto che si tratti di importazioni oggetto di dumping oppure no. Quando vengono esaminati gli effetti di tutte le importazioni che siano o meno oggetto di dumping, viene esaminato anche l’effetto di una qualsiasi applicazione o soppressione di un dazio che incide sul prezzo di dette importazioni.

56.

Nella fattispecie, le istituzioni hanno esaminato le importazioni originarie del Pakistan e hanno concluso che erano tutte oggetto di dumping ( 20 ). Si deve presumere che tale conclusione sia corretta, ai fini della presente impugnazione. Le istituzioni competenti hanno altresì esaminato gli effetti delle importazioni sovvenzionate originarie dell’India, le importazioni provenienti da paesi terzi diversi dall’India e dal Pakistan e le importazioni da parte dell’industria comunitaria. La Gul Ahmed non ha sostenuto che si dovevano esaminare gli effetti di altre importazioni. Mi sembra quindi che le istituzioni non disponessero di un possibile margine per esaminare la soppressione dei dazi precedenti in maniera indipendente, come fattore separato che causava contemporaneamente un pregiudizio all’industria comunitaria.

57.

Il punto fondamentale è che l’effetto della soppressione di un dazio viene misurato attraverso le variazioni dei prezzi e del volume delle importazioni, che possono essere oggetto di dumping oppure no. Tale effetto non può essere valutato in maniera indipendente ( 21 ).

58.

Sono consapevole del potere di attrazione della tesi opposta. È chiaro che la decisione del legislatore dell’Unione di sopprimere, quasi contemporaneamente, un dazio doganale e un dazio antidumping che, in precedenza, gravavano entrambi su una determinate categoria di prodotti, è assolutamente indipendente da qualsiasi fattore sul quale i fabbricanti di tali prodotti abbiano una qualche forma di controllo. Tale decisione deve pertanto essere considerata un fattore «diverso» da un eventuale dumping in cui siano coinvolti.

59.

Tuttavia, siffatta decisione è un fattore diverso dal dumping che, contemporaneamente a quest’ultimo, influenza il prezzo – e quindi eventualmente il volume – delle importazioni oggetto di dumping. Non è un fattore diverso dalle importazioni oggetto di dumping che, contemporaneamente, causa un pregiudizio all’industria comunitaria.

60.

È utile a questo punto ricordare che un dazio antidumping non è una sanzione diretta a punire un esportatore che pratica il dumping per il suo comportamento. Si tratta piuttosto di un meccanismo (per quanto impreciso) finalizzato a correggere, nei limiti del possibile, uno squilibrio considerato ingiusto dall’industria interna. Visto in tale ottica, il fatto che la soppressione dei dazi precedenti non abbia alcun legame con il comportamento di un esportatore che pratica il dumping può essere considerato irrilevante al momento di decidere se i suoi effetti debbano essere separati e distinti da quelli delle importazioni oggetto di dumping.

61.

Infine, vorrei ricordare che, nella fattispecie, la soppressione dei dazi precedenti ha influito non solo sul prezzo delle importazioni oggetto di dumping ma anche su quello di altre importazioni che non erano oggetto di dumping. Si è concluso che le importazioni oggetto di dumping avevano causato un danno, le altre no.

62.

Ritengo pertanto di poter concludere, in base ad un’analisi dei principi e della procedura che regolano i dazi antidumping, che il Tribunale ha commesso un errore ritenendo che la soppressione dei dazi precedenti dovesse essere esaminata come fattore separato, diverso dalle importazioni oggetto di dumping, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 7, del regolamento di base.

63.

Tale opinione dovrebbe comunque essere messa a confronto con altre considerazioni specifiche riportate dal Tribunale nella sua sentenza o sollevate dalle parti nel procedimento d’impugnazione.

64.

In primo luogo, si pone la domanda se si possano trarre conclusioni dall’elenco indicativo dei «fattori diversi dalle importazioni oggetto di dumping» di cui all’articolo 3, paragrafo 7, del regolamento di base.

65.

Tali fattori comprendono: il volume e i prezzi delle importazioni non vendute a prezzo di dumping, la contrazione della domanda o le modifiche nella struttura dei consumi, le restrizioni commerciali attuate da produttori di paesi terzi e comunitari e la concorrenza tra gli stessi, nonché gli sviluppi tecnologici e le prestazioni dell’industria comunitaria in materia di esportazioni e di produttività.

66.

Con la discutibile eccezione degli «sviluppi tecnologici», nessuno di tali fattori sembra atto a causare gli effetti delle importazioni oggetto di dumping. In particolare, essi non incidono sul prezzo al quale tali importazioni sono disponibili nell’Unione, che è il fattore che causa il pregiudizio all’industria comunitaria.

67.

È vero che gli sviluppi tecnologici che rendono l’industria dell’esportazione più produttiva possono influire sul prezzo. Tuttavia, poiché la produttività dell’industria comunitaria (comparata, necessariamente, a quella dell’industria esportatrice) è menzionata subito dopo all’interno dell’elenco indicativo, l’aspetto dell’evoluzione tecnologica non può essere quello cui ci si riferisce in questo caso. Concordo pertanto con la Commissione nel sostenere che i termini «sviluppi tecnologici» non devono essere riferiti agli sviluppi che incidono sui livelli dei prezzi mediante un aumento della produttività, ma piuttosto agli sviluppi che, indipendentemente da tali livelli, rendono più interessante – aumentandone quindi le vendite – la versione più avanzata di un prodotto rispetto alla precedente. Un esempio evidente è dato dalle nuove «generazioni» di telefoni cellulari.

68.

La natura dei fattori elencati all’articolo 3, paragrafo 7, del regolamento di base supporta quindi la mia opinione secondo cui il tipo di fattore previsto è quel tipo di fattore che causa un pregiudizio all’industria comunitaria in modo indipendente dalle importazioni oggetto di dumping e che, soprattutto, non incide sul livello dei prezzi di queste ultime.

69.

La seconda questione che si pone è se la sentenza Foshan Golden Step ( 22 ) corrobori la tesi opposta.

70.

Ritengo di no. Al contrario, concordo con il Consiglio nel sostenere che, nella sentenza impugnata, sembra che il Tribunale abbia travisato la propria giurisprudenza precedente. Nella sentenza Foshan Golden Step, il pregiudizio per l’industria comunitaria accertato riguardava un periodo in cui era stata abolita una restrizione quantitativa alle importazioni applicata in precedenza. La ricorrente sosteneva che l’aumento del volume delle importazioni, che derivava inevitabilmente da tale abolizione, non doveva essere preso in considerazione al momento di determinare il pregiudizio causato dalle importazioni oggetto di dumping per il periodo considerato. Il Tribunale ha statuito che «qualora le istituzioni constatino che le importazioni di un prodotto soggetto fino ad allora a restrizioni quantitative aumentano dopo la scadenza di dette restrizioni, esse possono tener conto di tale aumento ai fini della loro valutazione del pregiudizio subito dall’industria comunitaria». Se, come sembra logico, si applica tale ragionamento all’effetto della soppressione dei dazi precedenti sui livelli dei prezzi, ne discende che qualsiasi diminuzione dei prezzi derivante da tale soppressione può essere presa in considerazione nella valutazione del pregiudizio – e non che essa deve essere considerata come un fattore separato che ha anch’esso causato un pregiudizio. Lo stesso ragionamento e la stessa conclusione si riscontrano nella sentenza China footwear ( 23 )

71.

In terzo luogo, occorre chiedersi se il fatto che, come sottolinea la Gul Ahmed, la soppressione dei dazi precedenti fosse «un atto sovrano» delle istituzioni dell’Unione possa portare ad una diversa conclusione.

72.

Di nuovo, ritengo di no, e ho esposto le mie ragioni in particolare ai paragrafi 59 e 60 supra. L’atto sovrano delle istituzioni dell’Unione ha costituito sicuramente un fattore diverso dal dumping che ha influenzato il prezzo delle importazioni oggetto di dumping. Non è stato però un fattore diverso dalle importazioni oggetto di dumping che ha causato un pregiudizio all’industria comunitaria in maniera indipendente.

73.

Da ultimo, sorge la questione se la sentenza impugnata, qualora venisse confermata, possa portare a risultati assurdi e inaccettabili, come sostiene il Consiglio.

74.

Il Consiglio sostiene fondamentalmente che, se la soppressione di un dazio precedente dovesse essere considerate un fattore diverso dalle importazioni oggetto di dumping che ha pregiudicato l’industria comunitaria contemporaneamente a tali importazioni, la facoltà dell’Unione europea di imporre ulteriori dazi antidumping sui prodotti colpiti dai dazi antidumping scaduti sarebbe limitata, poiché si dovrebbe ritenere che la scadenza del dazio precedente abbia inciso sul nesso causale tra le importazioni oggetto di dumping e il pregiudizio.

75.

Tale argomento non mi convince interamente. Il risultato, dal punto di vista giuridico, non sarebbe necessariamente così drastico come quello dipinto dal Consiglio. Se la scadenza di un precedente dazio antidumping dovesse essere presa in considerazione al momento di valutare il nesso causale tra le importazioni oggetto di dumping e il pregiudizio arrecato all’industria comunitaria, ciò non significherebbe che il nesso causale venga sempre interrotto in virtù di tale scadenza. Tutto dipenderebbe da una corretta valutazione dei fatti e da una corretta imputazione del nesso di causalità che conduca – in tale ipotesi ‑ a un’eventuale riduzione di un nuovo dazio.

76.

Tuttavia, il fatto che io non consideri decisivo tale argomento del Consiglio non inficia in alcun modo la tesi a cui sono pervenuta sulla base di altri elementi. Inoltre, credo che sarebbe saggio da parte della Corte tenere presente tale argomento qualora fosse incline ad accogliere la tesi opposta. Se la Commissione ed il Consiglio dubitassero della loro capacità di imporre un nuovo dazio antidumping nel caso in cui si verificasse una nuova pratica di dumping dopo la scadenza del dazio precedente, sarebbero in principio più restii a lasciare scadere tali dazi, a meno che non siano inevitabilmente obbligati a farlo.

77.

Rimango pertanto dell’opinione che, nella sentenza impugnata, il Tribunale ha commesso un errore nel considerare che la soppressione dei dazi precedenti avrebbe dovuto essere esaminata come un fattore separato, diverso dalle importazioni oggetto di dumping nel contesto dell’articolo 3, paragrafo 7, del regolamento di base.

78.

Di conseguenza, ritengo che la sentenza impugnata debba essere annullata. In questo caso, lo stato degli atti consente alla Corte di statuire definitivamente sul terzo capo del quinto motivo dedotto dalla Gul Ahmed in primo grado, che dovrebbe di conseguenza essere respinto. Tuttavia, la Corte non può statuire su nessuno degli altri motivi o argomenti che non sono stati esaminati in primo grado. La causa dovrebbe pertanto essere rinviata al Tribunale affinché si pronunci su tali motivi e argomenti.

Sulle spese

79.

Qualora la Corte condividesse il mio giudizio sull’impugnazione, conformemente al combinato disposto degli articoli 137, 138, 140 e 184 del regolamento di procedura, la Gul Ahmed, rimasta soccombente, dovrebbe essere condannata alle spese sostenute dal Consiglio, mentre la Commissione, in qualità di interveniente, dovrebbe sopportare le proprie spese. Tuttavia, la giusta ripartizione delle spese di primo grado deve essere nuovamente determinata dal Tribunale alla luce della sua decisione sulle questioni che gli saranno rinviate.

Conclusione

80.

Ritengo pertanto che la Corte debba:

annullare la sentenza del Tribunale nella causa T‑199/04;

respingere il terzo capo del quinto motivo dedotto dalla Gul Ahmed in tale causa;

rinviare la causa al Tribunale affinché si pronunci sui restanti motivi dedotti dalla Gul Ahmed;

condannare la Gul Ahmed alle spese sostenute dal Consiglio, e la Commissione a sostenere le proprie spese, relativamente alla presente impugnazione;

per il resto, riservare le spese.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) V. regolamento (CE) n. 2398/97 del Consiglio, del 28 novembre 1997, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di biancheria da letto di cotone originaria dell’Egitto, dell’India e del Pakistan (GU L 332, pag. 1?, come modificato.

( 3 ) V. Regolamento (CE) n. 2501/2001 del Consiglio, del 10 dicembre 2001, relativo all’applicazione di uno schema di preferenze tariffarie generalizzate per il periodo 1o gennaio 2002 - 31 dicembre 2004 (GU L 346, pag. 1) e regolamento (CE) n. 160/2002 del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che modifica il regolamento (CE) n. 2398/97 (GU L 26, pag. 1). Riguardo a quest’ultimo, un nuovo calcolo aveva dimostrato l’assenza di dumping da parte delle società pakistane inserite nel campione durante il periodo dell’inchiesta (v. considerando 13); i dazi antidumping sono stati di fatto sospesi anche in relazione alle importazioni originarie dell’Egitto (v. articolo 1, paragrafo 2).

( 4 ) Comitato delle industrie del cotone e delle fibre connesse della Comunità europea.

( 5 ) Con regolamento (CE) n. 397/2004 del Consiglio, del 2 marzo 2004, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di biancheria da letto di cotone originarie del Pakistan (GU L 66, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento controverso»).

( 6 ) V. articolo 1, paragrafo 4, del regolamento n. 2398/97, e il considerando 29. Più esattamente, tali prodotti erano soggetti a un dazio dello 0,0%.

( 7 ) Regolamento n. 384/96 del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 1996, L 56, pag. 1), ora abrogato e sostituito dal regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (versione codificata) (GU L 343, pag. 51).

( 8 ) Sentenza del 27 settembre 2011, Gul Ahmed Textile Mills/Consiglio (T‑199/04) (in prosieguo: la «sentenza impugnata»).

( 9 ) Accordo relativo all’applicazione dell’articolo VI dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio 1994 (GATT) (GU L 336, pag. 103), nell’allegato IA dell’Accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) (GU L 336, pag. 1).

( 10 ) L’articolo 3, paragrafi 2, 3 e 5, del regolamento di base corrispondono agli articoli 3.1, 3.2 e 3.4 dell’accordo antidumping dell’OMC; l’articolo 3, paragrafi 6 e 7, corrispondono all’articolo 3.5.

( 11 ) L’inchiesta relativa al precedente dazio antidumping ha riguardato il periodo compreso tra il 1oluglio 1995 e il 30 giugno 1996 [v. considerando 10 del regolamento (CE) n. 1069/97 della Commissione, del 12 giugno 1997, che impone un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di biancheria da letto di cotone originaria dell’Egitto, dell’India e del Pakistan (GU L 156, pag. 11)].

( 12 ) Contrariamente a quanto era accaduto con il precedente dazio antidumping, è stata fissata la stessa aliquota per tutti i produttori esportatori. In un secondo momento, in seguito ad un riesame intermedio parziale, il regolamento (CE) n. 695/2006 del Consiglio, del 5 maggio 2006, che modifica il regolamento (CE) n. 397/2004 (GU L 121, pag. 23), ha diversificato le aliquote applicabili ai vari produttori in funzione dei loro diversi margini di dumping. Tale regolamento, tuttavia, non ha riesaminato il pregiudizio o il nesso causale.

( 13 ) La Gul Ahmed ha altresì contestato la regolarità dell’avvio dell’inchiesta, il calcolo del valore normale, il confronto tra il valore normale e il prezzo all’esportazione nonché la determinazione del pregiudizio materiale. Tali aspetti non sono stati esaminati dal Tribunale e non sono in discussione nella presente impugnazione.

( 14 ) In merito a tale aspetto, il Tribunale ha citato, al punto 58 della sua sentenza, la causa T-410/06, Foshan City Nanhai Golden Step Industrial/Consiglio (Racc. pag. II-879; punti 130‑135) (in prosieguo: «Foshan Golden Step»).

( 15 ) Il Consiglio cita la relazione del gruppo speciale dell’OMC European Union – Anti-dumping duties on certain footwear from China [(WT/DS405/R, adottato il 22 febbraio 2012; in prosieguo: la relazione «EU – Footwear (China)»], in cui la Cina ha sostenuto che l’UE aveva omesso di considerare la soppressione del precedente contingente di importazioni originarie della Cina come causa del pregiudizio. Al punto 7.527, il gruppo ha affermato che «un evento esogeno, come la soppressione di un contingente di importazione, che favorisce un aumento del volume delle importazioni oggetto di dumping, non è di per sé la causa di un pregiudizio».

( 16 ) Il Consiglio cita: sentenza del 14 marzo 2007, Aluminium Silicon Mill Products/Consiglio (T-107/04, Racc. pag. II-669, punti 41‑46); relazione del Gruppo speciale dell’OMC Imposition of Anti-Dumping Duties on Imports of Fresh and Chilled Atlantic Salmon from Norway, ADP/87, adottata il 27 aprile1994, punti da 562 a 572; sentenza del 25 ottobre 2011, CHEMK e KF/Consiglio (T-190/08, Racc. pag. II-7359, punti da 134 a 152), e relazione dell’organo d’appello dell’OMC United States – Anti-dumping measures on certain hot-rolled steel products from Japan (WT/DS184/R), adottata il 23 agosto 2001 e modificata con relazione dell’organo di appello dell’OMC WT/DS184/AB/R; in prosieguo: «US – Hot-rolled steel», punti da 216 a 236).

( 17 ) Punti 84 e 85 della sentenza impugnata.

( 18 ) V. considerando 70.

( 19 ) Punto 53 della sentenza impugnata; v., inoltre US – Hot-rolled steel, cit. alla nota 16, punto 223.

( 20 ) Aggiungo che se ci fossero state importazioni dal Pakistan non oggetto di dumping, la soppressione dei dazi precedenti avrebbe effettivamente potuto provocare un ribasso (ulteriore) del prezzo di vendita dei prodotti importati, che avrebbe potuto causare un pregiudizio all’industria comunitaria. Tuttavia, detta soppressione dei dazi non avrebbe trasformato tali importazioni in importazioni oggetto di dumping, e, pertanto, non avrebbe potuto fornire una base per imporre un dazio antidumping.

( 21 ) V., inoltre, la relazione dell’organo di appello dell’OMC nel caso Japan – Countervailing Duties on Dynamic Random Access Memories from Korea (WT/DS336/AB/R, adottata il 17 dicembre 2007, punti 261 e segg.), relativamente all’articolo 15.5 dell’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative (GU 1994 L 336, pag. 156), i cui termini riflettono il testo dell’articolo 3, paragrafi 6 e 7 del regolamento di base. Nella relazione viene respinta la tesi secondo cui gli effetti delle sovvenzioni devono essere distinti da quelli delle importazioni sovvenzionate, sottolineando che gli effetti da non imputare a queste ultime erano quelli dei «fattori noti diversi dalle importazioni sovvenzionate» (punto 267, il corsivo è presente nel testo originale).

( 22 ) Cit. alla nota 14, in particolare punto 134.

( 23 ) Cit. alla nota 15.