6.11.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 301/18


Impugnazione proposta il 16 settembre 2010 da AstraZeneca AB, AstraZeneca plc avverso la sentenza del Tribunale (Sesta Sezione ampliata) 1o luglio 2010, causa T-321/05, AstraZeneca AB, AstraZeneca plc/Commissione europea

(Causa C-457/10 P)

()

2010/C 301/27

Lingua processuale: l’inglese

Parti

Ricorrenti: AstraZeneca AB, AstraZeneca plc (rappresentanti: M. Brealey, QC, M. Hoskins, QC, e D. Jowell, barristers, nonché F. Murphy, solicitor)

Altre parti nel procedimento: European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations (EFPIA), Commissione europea

Conclusioni delle ricorrenti

annullare la sentenza del Tribunale 1o luglio 2010, causa T-321/05;

annullare la decisione della Commissione 15 giugno 2005, C(2005) 1757 def. (procedimento COMP/A.37.507/F3 — AstraZeneca);

in subordine, ridurre, nella misura che la Corte riterrà opportuna, l’ammenda inflitta alle ricorrenti all’art. 2 della decisione della Commissione impugnata;

condannare la Commissione europea alle spese.

Motivi e principali argomenti

Le ricorrenti fanno valere numerosi errori di diritto nella sentenza, quali descritti sommariamente nelle rubriche seguenti.

 

Definizione del mercato pertinente — Il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto nell’accogliere le conclusioni della Commissione esposte nella decisione impugnata circa il mercato pertinente, a termini delle quali gli inibitori della pompa protonica (in prosieguo: gli «IPP») avrebbero avuto un proprio mercato nel periodo compreso tra il 1993 e il 2000. Due i motivi di ricorso.

Il primo motivo consta di due capi. In primo luogo, il Tribunale avrebbe commesso un errore a non condurre un’analisi temporale delle prove e ad argomentare, così, quanto al mercato pertinente nel 1993, sulla base dello stato della concorrenza tra gli IPP e gli anti-H2 nel 2000. In secondo luogo, il Tribunale avrebbe sbagliato a non considerare che il ricorso agli IPP fosse aumentato gradualmente, partendo dall’assunto che l’«inerzia» dei medici in fatto di prescrizione non avesse alcuna importanza per la definizione del mercato.

Il secondo motivo di ricorso è la rilevanza della questione dei costi complessivi di un trattamento a base di anti-H2 rispetto ad uno mediante IPP allorché si pretende di determinare il mercato pertinente facendo riferimento alla differenza di prezzi. Il Tribunale avrebbe commesso un errore nel non tener conto dei costi complessivi di trattamento.

 

Il primo abuso di posizione dominante, relativo ai certificati di protezione complementari — I motivi di ricorso concernenti il primo abuso si articolano in due capi. In primo luogo, il Tribunale avrebbe commesso un errore di definizione della nozione di concorrenza fondata sui meriti. Nel verificare se le dichiarazioni delle ricorrenti dinanzi all’ufficio brevetti fossero davvero mendaci, a torto esso avrebbe negato la loro plausibilità e correttezza ai fini dell’ottenimento di un certificato di protezione complementare. Perché si possa parlare di un abuso di diritto non basta un difetto di trasparenza, ma deve sussistere una frode o un inganno. In secondo luogo, il Tribunale avrebbe commesso un errore di definizione della nozione di comportamento anticoncorrenziale. A torto esso avrebbe dichiarato che costituisce un comportamento anticoncorrenziale la mera domanda di riconoscimento di un diritto di proprietà intellettuale che diventerà effettivo solo 5 o 6 anni più tardi, senza considerare se tale diritto venga poi riconosciuto e/o riceva esecuzione. Il fatto è che il comportamento di cui trattasi non è in alcuna relazione e anzi è avulso dal mercato ritenuto pertinente.

 

Il secondo abuso di posizione dominante: la revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio — I motivi di ricorso concernenti il secondo abuso si articolano in due capi. In primo luogo, il Tribunale sarebbe incorso in errore nella definizione della concorrenza fondata sui meriti. A torto esso avrebbe deciso che l’esercizio di un diritto illimitato conferito dall’ordinamento comunitario è contrario ad una concorrenza fondata sui meriti.

In secondo luogo, il Tribunale sarebbe incorso in errore nella definizione di comportamento anticoncorrenziale. A torto esso avrebbe dichiarato che il mero esercizio di un diritto legittimamente tratto dall’ordinamento comunitario tendenzialmente restringe la concorrenza. In ogni caso, qualora la Corte di giustizia dovesse considerare che l’esercizio di un diritto sancito dall’ordinamento comunitario può in linea di principio condurre ad un abuso, dovrebbe esserci qualcosa di più di un mero comportamento tendenzialmente anticoncorrenziale perché effettivamente sussista un abuso. Le ricorrenti sono dell’avviso che occorra invitare la Commissione a dimostrare che l’esercizio del loro legittimo diritto fosse inteso ad escludere una concorrenza effettiva. La fattispecie sarebbe simile a quella delle licenze obbligatorie, cui si riferisce il secondo abuso.

 

Ammende — Il Tribunale avrebbe erroneamente applicato l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 (1), in quanto non avrebbe contestato il calcolo dell’ammenda operato dalla Commissione e non avrebbe tenuto debito conto della novità degli asseriti abusi, dell’assenza di qualsivoglia effetto materiale sul mercato e di altre circostanze attenuanti.


(1)  Regolamento (CEE) del Consiglio: Primo regolamento d’applicazione degli articoli 85 e 86 del Trattato (GU P 13 del 21.2.1962, pag. 204).