Parole chiave
Massima

Parole chiave

1. Politica sociale — Ravvicinamento delle legislazioni — Trasferimenti d’imprese — Mantenimento dei diritti dei lavoratori — Direttiva 77/187 — Ambito di applicazione — Riassunzione, da parte di una pubblica autorità di uno Stato membro, del personale dipendente di un’altra pubblica autorità addetto alla fornitura di servizi ausiliari presso le scuole

(Direttiva del Consiglio 77/187)

2. Politica sociale — Ravvicinamento delle legislazioni — Trasferimenti d’imprese — Mantenimento dei diritti dei lavoratori — Direttiva 77/187 — Applicazione immediata ai lavoratori trasferiti del contratto collettivo vigente presso il cessionario — Divieto di peggioramento retributivo — Portata

(Direttiva del Consiglio 77/184, art. 3)

Massima

1. La riassunzione, da parte di una pubblica autorità di uno Stato membro, del personale dipendente di un’altra pubblica autorità, addetto alla fornitura, presso le scuole, di servizi ausiliari comprendenti, in particolare, compiti di custodia e assistenza amministrativa, costituisce un trasferimento di impresa ai sensi della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti, quando detto personale è costituito da un complesso strutturato di dipendenti tutelati in qualità di lavoratori in forza dell’ordinamento giuridico nazionale di detto Stato membro.

Infatti, benché sia vero che la riorganizzazione amministrativa di enti pubblici e il trasferimento di funzioni amministrative tra pubbliche amministrazioni sono esclusi, ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva 77/187, nella versione modificata con la direttiva 98/50, nonché dell’art. 1, n. 1, della direttiva 2001/23, dall’ambito di applicazione della direttiva 77/187, ciò nonostante la portata di queste espressioni resta limitata alle ipotesi in cui il trasferimento riguarda attività rientranti nell’esercizio di pubblici poteri. Se fosse accolta una diversa interpretazione, qualunque trasferimento imposto a tali categorie di lavoratori potrebbe essere sottratto, dall’autorità pubblica interessata, alla sfera d’applicazione della direttiva 77/187 invocando la mera circostanza che il trasferimento rientra in una ristrutturazione del personale.

L’applicazione delle norme enunciate dalla direttiva 77/187 in tali situazioni non lede il potere degli Stati membri di razionalizzare le rispettive pubbliche amministrazioni. L’applicabilità di questa direttiva ha come unico effetto quello di impedire che determinati lavoratori trasferiti siano collocati, in conseguenza del mero fatto del trasferimento, in una posizione meno favorevole di quella che essi occupavano prima del trasferimento. Come si ricava dall’art. 4 della direttiva 77/187, quest’ultima non priva gli Stati membri della facoltà di consentire ai datori di lavoro di modificare taluni rapporti di lavoro in senso sfavorevole, segnatamente per quanto concerne la tutela contro il licenziamento e le condizioni retributive. Essa vieta soltanto che siffatte modificazioni avvengano in occasione e a causa del trasferimento.

(v. punti 54, 58-59, 66, dispositivo 1)

2. Quando un trasferimento ai sensi della direttiva 77/187, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti, porta all’applicazione immediata, ai lavoratori trasferiti, del contratto collettivo vigente presso il cessionario e inoltre le condizioni retributive previste da questo contratto sono collegate segnatamente all’anzianità lavorativa, l’art. 3 di detta direttiva osta a che i lavoratori trasferiti subiscano, rispetto alla loro posizione immediatamente precedente al trasferimento, un peggioramento retributivo sostanziale per il mancato riconoscimento dell’anzianità da loro maturata presso il cedente, equivalente a quella maturata da altri lavoratori alle dipendenze del cessionario, all’atto della determinazione della loro posizione retributiva di partenza presso quest’ultimo. È compito del giudice del rinvio esaminare se, all’atto del trasferimento, si sia verificato un siffatto peggioramento retributivo.

Anche se la norma prevista dall’art. 3, n. 2, primo comma, dev’essere interpretata nel senso che il cessionario ha il diritto di applicare, sin dalla data del trasferimento, le condizioni di lavoro previste dal contratto collettivo per lui vigente, ivi comprese quelle concernenti la retribuzione, e che essa gli lascia quindi un margine di manovra, che consente al medesimo e alle altre parti contraenti di stabilire l’integrazione retributiva dei lavoratori trasferiti in modo tale che questa risulti debitamente adattata alle circostanze del trasferimento in questione, ciò nondimeno le modalità scelte devono essere conformi allo scopo di detta direttiva di impedire che i lavoratori coinvolti in un trasferimento siano collocati in una posizione meno favorevole per il solo fatto di tale trasferimento. Il ricorso a tale facoltà da parte del cessionario non può pertanto avere lo scopo, o l’effetto, di imporre a detti lavoratori condizioni globalmente meno favorevoli di quelle applicabili prima del trasferimento. Se così non fosse, la realizzazione dello scopo perseguito dalla direttiva 77/187 potrebbe essere agevolmente rimessa in discussione in qualsiasi settore disciplinato in forza di contratti collettivi, il che pregiudicherebbe la sua efficacia pratica.

Viceversa, la suddetta direttiva non può essere validamente invocata per ottenere un miglioramento delle condizioni retributive o di altre condizioni lavorative in occasione di un trasferimento d’impresa. Peraltro, questa direttiva non osta a che sussistano talune disparità di trattamento retributivo tra i lavoratori trasferiti e quelli che, all’atto del trasferimento, erano già al servizio del cessionario. Benché altri strumenti e principi giuridici possano risultare rilevanti al fine di valutare la legalità di siffatte disparità, detta direttiva, per quanto la concerne, ha il solo scopo di evitare che determinati lavoratori siano collocati, per il solo fatto del trasferimento verso un altro datore di lavoro, in una posizione sfavorevole rispetto a quella di cui essi godevano precedentemente.

(v. punti 74-77, 83, dispositivo 2)