CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
YVES BOT
presentate il 19 marzo 2013 ( 1 )
Cause riunite C-584/10 P, C-593/10 P e C-595/10 P
Commissione europea,
Consiglio dell’Unione europea e
Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord
contro
Yassin Abdullah Kadi
«Impugnazione — Politica estera e di sicurezza comune (PESC) — Misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai Talibani — Regolamento n. 881/2002 — Congelamento dei capitali e delle risorse economiche di una persona inclusa in un elenco stilato da un organo delle Nazioni Unite — Comitato del Consiglio di sicurezza istituito dal paragrafo 6 della risoluzione 1267 (1999) del Consiglio di sicurezza (comitato per le sanzioni) — Inclusione di una persona nell’allegato I del regolamento n. 881/2022 — Ricorso di annullamento — Diritti fondamentali — Diritto al contraddittorio, diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva e diritto al rispetto della proprietà — Portata e intensità del controllo giurisdizionale»
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1. |
Nella sentenza del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione ( 2 ), la Corte ha dichiarato che i giudici dell’Unione europea devono garantire un controllo, in linea di principio completo, della legittimità degli atti con cui le istituzioni dell’Unione europea attuano le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ( 3 ) che prevedono il congelamento dei beni delle persone e delle entità identificate dal comitato per le sanzioni del Consiglio di sicurezza ( 4 ) su un elenco riassuntivo ( 5 ). |
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2. |
Le cause in esame inducono la Corte a precisare l’ambito e la natura di tale controllo. |
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3. |
Le difficoltà che la Corte si trova ad affrontare nel caso di specie riguardano le implicazioni della problematica sollevata, vale a dire la prevenzione del terrorismo coordinata su scala mondiale. |
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4. |
Ho già avuto modo di indicare, nell’ambito di un’altra causa ( 6 ), le particolarità della lotta contro il terrorismo. |
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5. |
Il terrorismo è un’attività criminale d’ispirazione totalitaria che nega il principio di libertà individuale e mira a impadronirsi, all’interno di una data società, del potere politico, economico e giudiziario per radicarvi l’ideologia su cui essa si fonda. L’imprevedibilità e l’effetto devastante delle azioni terroristiche impongono ai poteri pubblici di sviluppare tutti i possibili mezzi di prevenzione. In quest’ottica, la protezione dei mezzi e delle fonti di informazione costituisce una priorità assoluta. Essa deve permettere di valutare il grado di minaccia potenziale cui deve corrispondere una misura di prevenzione adatta al rischio individuato. Questo intervento impone di adottare un approccio oltremodo flessibile in considerazione della varietà di forme della realtà concreta. Infatti, le condizioni della minaccia e della lotta che le viene condotta possono variare a seconda dei luoghi e delle epoche, dato che la natura e l’intensità del rischio possono mutare di pari passo con i cambiamenti delle condizioni geopolitiche mondiali. |
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6. |
Tuttavia, la lotta contro il terrorismo non può indurre le democrazie ad abbandonare o a rinnegare i loro principi fondanti, tra i quali figura lo Stato di diritto. Nondimeno, essa le induce ad apportarvi le modifiche necessarie per la sua conservazione. |
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7. |
Le azioni decise dal Consiglio di sicurezza e le valutazioni effettuate dal comitato per le sanzioni quanto all’esistenza di una minaccia terroristica atta a compromettere la pace e la sicurezza internazionali svolgono un ruolo fondamentale nella lotta contro il terrorismo internazionale. |
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8. |
Pertanto, nella definizione della portata e dell’intensità del controllo esercitato sulla legittimità degli atti dell’Unione che attuano risoluzioni del Consiglio di sicurezza, il giudice dell’Unione deve tenere conto della responsabilità principale di cui è investito tale organo internazionale per mantenere la pace e la sicurezza su scala mondiale. |
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9. |
Nelle presenti conclusioni spiegherò anzitutto perché, a mio parere, non sia pensabile che la Corte ritorni sulla propria decisione di non riconoscere alcuna immunità giurisdizionale ai regolamenti di attuazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza. |
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10. |
Spiegherò poi quali dovrebbero essere, a mio avviso, la portata e l’intensità del controllo esercitato dai giudici dell’Unione su tali regolamenti. Dopo avere indicato i vari elementi che ostano alla tesi accolta dal Tribunale dell’Unione europea nella sentenza del 30 settembre 2010, Kadi/Commissione ( 7 ), mi pronuncerò a favore di un controllo normale della legittimità esterna e di un controllo limitato della legittimità interna di detti regolamenti. |
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11. |
Infine, dal grado di controllo giurisdizionale così definito trarrò le conclusioni sul contenuto protetto dei diritti fondamentali fatti valere dal sig. Kadi. |
I – Le impugnazioni
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12. |
Con le loro impugnazioni, la Commissione europea (causa C-584/10 P), il Consiglio dell’Unione europea (causa C-593/10 P) ed il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (causa C-595/10 P) chiedono l’annullamento della sentenza impugnata, con cui il Tribunale ha annullato il regolamento (CE) n. 1190/2008 della Commissione, del 28 novembre 2008 ( 8 ), nella parte in cui tale atto riguarda il sig. Kadi. La Commissione, il Consiglio ed il Regno Unito chiedono inoltre alla Corte di respingere la domanda del sig. Kadi diretta ad ottenere l’annullamento del regolamento impugnato nella parte in cui lo riguarda. |
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13. |
La Commissione, il Consiglio ed il Regno Unito deducono una serie di motivi a sostegno delle loro rispettive impugnazioni. Tali motivi sono sostanzialmente tre. Il primo motivo verte sull’errore di diritto connesso al mancato riconoscimento, nella sentenza impugnata, di un’immunità giurisdizionale a favore del regolamento impugnato. Il secondo motivo attiene agli errori di diritto relativi al grado di intensità del controllo giurisdizionale definito nella sentenza impugnata. Il terzo motivo attiene agli errori commessi dal Tribunale nell’esame dei motivi del sig. Kadi concernenti la violazione dei suoi diritti della difesa e del suo diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, nonché sulla violazione del principio di proporzionalità. |
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14. |
Prima di iniziare l’esame delle impugnazioni, descriverò brevemente la sentenza Kadi della Corte, le sue conseguenze e la sentenza impugnata. |
II – La sentenza Kadi della Corte e le sue conseguenze
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15. |
Ricordo che, con la sua sentenza Kadi, la Corte ha annullato la sentenza del Tribunale del 21 settembre 2005, Kadi/Consiglio e Commissione ( 9 ), nonché il regolamento (CE) n. 881/2002 del Consiglio, del 27 maggio 2002, che impone specifiche misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai Talibani e abroga il regolamento (CE) n. 467/2001 che vieta l’esportazione di talune merci e servizi in Afghanistan, inasprisce il divieto dei voli e estende il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie nei confronti dei Talibani dell’Afghanistan ( 10 ), nella parte in cui riguardava il sig. Kadi. |
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16. |
In sostanza, la Corte ha dichiarato che gli obblighi derivanti da un accordo internazionale non possono avere l’effetto di compromettere i principi costituzionali del Trattato CE, in particolare il principio del rispetto dei diritti fondamentali da parte di tutti gli atti dell’Unione, atteso che tale rispetto costituisce un presupposto della loro legittimità che spetta alla Corte controllare nell’ambito del sistema completo di mezzi di ricorso istituito dal Trattato stesso. Essa ha affermato che, nonostante il rispetto dovuto, in occasione dell’attuazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza, per gli impegni assunti nell’ambito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), i principi che disciplinano l’ordinamento giuridico internazionale creato dalle Nazioni Unite non implicano tuttavia l’immunità giurisdizionale di un atto dell’Unione quale il regolamento n. 881/2002. La Corte ha aggiunto che una simile immunità non trova alcun fondamento nell’ambito del Trattato CE. |
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17. |
In tale contesto, essa ha dichiarato che i giudici dell’Unione devono garantire un controllo, in linea di principio completo, della legittimità di tutti gli atti dell’Unione con riferimento ai diritti fondamentali, anche quando tali atti mirano ad attuare risoluzioni adottate dal Consiglio di sicurezza, e che, pertanto, la tesi del Tribunale era viziata da un errore di diritto. |
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18. |
Statuendo sul ricorso proposto dal sig. Kadi dinanzi al Tribunale, la Corte ha dichiarato che, non avendo il Consiglio comunicato al sig. Kadi gli elementi assunti a suo carico per fondare le misure restrittive adottate nei suoi confronti, né avendogli concesso il diritto di prenderne conoscenza entro un termine ragionevole dopo l’adozione di tali misure, l’interessato non aveva avuto la possibilità di esprimere utilmente il suo punto di vista in proposito. In tale contesto, la Corte ha rilevato una violazione dei diritti della difesa del sig. Kadi e del suo diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo nonché una restrizione ingiustificata del suo diritto di proprietà. Gli effetti del regolamento annullato nella parte riguardante il sig. Kadi sono stati mantenuti per un periodo massimo di tre mesi, al fine di consentire al Consiglio di porre rimedio alle violazioni accertate. |
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19. |
Le conseguenze di tale sentenza della Corte per quanto riguarda il sig. Kadi possono essere riassunte come segue. |
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20. |
Il 21 ottobre 2008, il presidente del comitato per le sanzioni comunicava la sintesi dei motivi dell’iscrizione del sig. Kadi nell’elenco al rappresentante permanente della Francia presso l’ONU, autorizzandone la comunicazione al sig. Kadi. Il testo di tale sintesi è riprodotto al punto 50 della sentenza impugnata. |
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21. |
Il 22 ottobre 2008, il rappresentante permanente della Francia presso l’Unione trasmetteva questa stessa sintesi alla Commissione, la quale la inviava in pari data al sig. Kadi, informandolo che, per i motivi precisati in detta sintesi, essa intendeva mantenere la sua iscrizione nell’elenco di cui all’allegato I del regolamento n. 881/2002. La Commissione concedeva al sig. Kadi termine fino al 10 novembre 2008 per far valere le sue osservazioni su tali motivi e fornirle ogni informazione che egli ritenesse pertinente, prima dell’adozione della sua decisione definitiva. |
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22. |
Il 10 novembre 2008, il sig. Kadi trasmetteva le proprie osservazioni alla Commissione, sollecitando la produzione delle prove a sostegno delle affermazioni e delle asserzioni contenute nella sintesi dei motivi nonché dei documenti rilevanti del fascicolo della Commissione e chiedendo altresì di disporre di un’altra possibilità di formulare osservazioni in merito a tali prove dopo averle ricevute. Egli tentava inoltre di confutare, sulla base di prove, le allegazioni formulate nella sintesi dei motivi, nei limiti in cui si riteneva in grado di replicare ad accuse generiche. |
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23. |
Il 28 novembre 2008 la Commissione ha adottato il regolamento impugnato. |
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24. |
I considerando da 3 a 6, 8 e 9 del preambolo del regolamento impugnato sono così formulati:
(...)
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25. |
Ai sensi dell’articolo 1 e dell’allegato del regolamento impugnato, l’allegato I del regolamento n. 881/2002 è modificato, segnatamente, nel senso che la voce seguente viene aggiunta all’elenco «Persone fisiche»: «Yasin Abdullah Ezzedine Qadi [alias a) Kadi, Shaykh Yassin Abdullah; b) Kahdi, Yasin; c) Yasin Al-Qadi]; nato il 23.2.1955 al Cairo, Egitto; nazionalità saudita; passaporto n.: a) B 751550; b) E 976177 (rilasciato il 6.3.2004, scade l’11.1.2009); altre informazioni: Gedda, Arabia Saudita». |
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26. |
Ai sensi dell’articolo 2, il regolamento impugnato è entrato in vigore il 3 dicembre 2008 e si applica a decorrere dal 30 maggio 2002. |
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27. |
Con lettera dell’8 dicembre 2008, la Commissione replicava alle osservazioni del sig. Kadi del 10 novembre 2008 sostenendo, in sostanza, che:
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28. |
La Commissione concludeva che l’iscrizione del sig. Kadi nell’elenco allegato al regolamento n. 881/2002 risultava giustificata dai suoi rapporti con la rete Al-Qaeda. Essa allegava alla sua lettera l’esposizione dei motivi, identica alla sintesi dei motivi precedentemente inviata al sig. Kadi, nonché il testo del regolamento impugnato, ricordando che egli poteva impugnare tale regolamento dinanzi al Tribunale e presentare in qualsiasi momento una domanda di cancellazione al comitato per le sanzioni. |
III – La sentenza impugnata
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29. |
Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 26 febbraio 2009, il sig. Kadi proponeva un ricorso di annullamento contro il regolamento impugnato nella parte in cui lo riguarda. A sostegno delle sue conclusioni egli deduceva cinque motivi. Il secondo motivo riguardava la violazione dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, e il quinto motivo verteva sulla violazione del principio di proporzionalità. |
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30. |
Nella sentenza impugnata il Tribunale ha affermato in limine, al punto 126, che, tenuto conto dei punti 326 e 327 della sentenza Kadi della Corte, esso è tenuto a garantire nella specie un controllo, «in linea di principio completo», della legittimità del regolamento impugnato alla luce dei diritti fondamentali, senza far beneficiare tale regolamento di una qualsivoglia immunità giurisdizionale per il fatto che esso mira ad attuare risoluzioni adottate dal Consiglio di sicurezza. Ai punti da 127 a 129 della sentenza impugnata esso ha aggiunto che, fin quando le procedure di riesame attuate dal comitato per le sanzioni non offrano manifestamente le garanzie di una tutela giurisdizionale effettiva, come la Corte avrebbe suggerito al punto 322 della sua sentenza Kadi, il controllo esercitato dal giudice dell’Unione sulle misure di congelamento di capitali adottate da detto comitato può essere qualificato come effettivo solo qualora abbia ad oggetto, indirettamente, le valutazioni di merito effettuate dal comitato per le sanzioni stesso, nonché gli elementi a queste soggiacenti. |
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31. |
L’argomento della Commissione e del Consiglio secondo cui la Corte, nella sua sentenza Kadi, non avrebbe preso posizione quanto alla portata e all’intensità di tale controllo giurisdizionale è stato ritenuto, al punto 131 della sentenza impugnata, manifestamente erroneo. Il Tribunale ha sostanzialmente dichiarato, ai punti da 132 a 135 di detta sentenza, che dai punti 326, 327, 336 e da 342 a 344 della sentenza Kadi della Corte emerge con tutta evidenza che quest’ultima ha inteso svolgere il suo controllo giurisdizionale, in linea di principio completo, non solo sulla fondatezza apparente dell’atto impugnato, ma anche sugli elementi probatori e di informazione su cui si basano le valutazioni svolte nell’atto stesso. |
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32. |
Esso ha aggiunto, ai punti da 138 a 146 della sentenza impugnata, che, riprendendo la parte essenziale della motivazione sviluppata dal Tribunale nella sentenza del 12 dicembre 2006, Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio ( 11 ), la Corte ha approvato ed ha inteso far propri il livello e l’intensità del controllo giurisdizionale effettuato dal Tribunale nella causa che ha dato origine a detta sentenza, di modo che occorreva trasporre al presente contesto i principi enucleati dal Tribunale in tale sentenza nonché nella sua successiva giurisprudenza relativa al regime «autonomo» delle sanzioni dell’Unione. |
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33. |
Il Tribunale ha quindi svolto talune considerazioni supplementari, basate sulla natura e sugli effetti, per coloro che vi sono assoggettati, delle misure di congelamento dei capitali, considerate nella loro dimensione temporale. A tale proposito esso si è domandato, al punto 150 della sentenza impugnata, se la valutazione contenuta al punto 248 della sua sentenza Kadi I e ripresa, sostanzialmente, al punto 358 della sentenza Kadi della Corte, «secondo cui il congelamento dei capitali è una misura cautelare che, a differenza di una confisca, non lede la sostanza stessa del diritto di proprietà degli interessati sulle loro disponibilità finanziarie, ma soltanto l’utilizzo di queste ultime, non debba ora essere riconsiderata, essendo trascorsi quasi dieci anni dal congelamento iniziale dei capitali del ricorrente». |
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34. |
Il Tribunale ha concluso, al punto 151 della sentenza impugnata, che «il principio di un controllo giurisdizionale completo e rigoroso delle misure di congelamento dei capitali, quali quelle di cui trattasi nella fattispecie, è a maggior ragione giustificato per il fatto che tali misure incidono in maniera sensibile e duratura sui diritti fondamentali degli interessati, dal momento che si accoglie la premessa, sancita dalla sentenza Kadi della Corte, secondo cui non può riconoscersi alcuna immunità giurisdizionale a simili atti per la ragione che essi mirano ad attuare risoluzioni adottate dal Consiglio di sicurezza in base al capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite». |
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35. |
Esaminando poi, alla luce di tali varie considerazioni preliminari, il secondo e il quinto motivo di annullamento, ai punti da 171 a 175 della sentenza impugnata esso ha rilevato quanto segue con riguardo al primo capo del secondo motivo, concernente una violazione dei diritti della difesa del sig. Kadi:
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36. |
Il Tribunale ha quindi affermato, al punto 177 della sentenza impugnata, richiamandosi alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 19 febbraio 2009, A. e a. c. Regno Unito, che manifestamente non era stata data al sig. Kadi la possibilità di contestare utilmente nessuna delle allegazioni formulate a suo carico, sulla base della sola sintesi dei motivi che gli era stata comunicata. Dopo avere poi rilevato, al punto 178 della sentenza impugnata, che la Commissione non aveva compiuto alcun serio sforzo per confutare gli elementi difensivi fatti valere dal sig. Kadi, esso ha concluso, al punto 179 della medesima sentenza, che il regolamento impugnato era stato adottato in violazione dei diritti della difesa del sig. Kadi. Richiamandosi ai punti da 319 a 325 della sentenza Kadi della Corte, il Tribunale ha aggiunto, al punto 180 della sentenza impugnata, che la possibilità per il sig. Kadi di essere sentito dal comitato per le sanzioni al fine di ottenere la propria cancellazione dall’elenco di detto comitato non era manifestamente idonea a rimediare a tale violazione. |
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37. |
Per quanto riguarda il secondo capo del secondo motivo, concernente la violazione del principio di tutela giurisdizionale effettiva, il Tribunale ha dichiarato, ai punti 181 e 182 della sentenza impugnata, che, non avendo avuto il benché minimo accesso utile alle informazioni e agli elementi probatori assunti a suo carico, il sig. Kadi non ha neppure potuto difendere i propri diritti con riferimento a tali elementi in condizioni soddisfacenti dinanzi al giudice dell’Unione e che non è stato posto rimedio a tale violazione del diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo nell’ambito del procedimento dinanzi al Tribunale, dato che, in effetti, nel corso delle stesso non è stato dedotto alcun elemento dalle istituzioni interessate. Rilevando di non essere in grado di controllare la legittimità del regolamento impugnato, il Tribunale ha concluso, al punto 183 della sentenza impugnata, che il diritto fondamentale del sig. Kadi a tale ricorso non è stato, nella fattispecie, rispettato. Ritenendo che il regolamento impugnato fosse stato adottato in violazione dei diritti della difesa, al punto 184 della sentenza impugnata il Tribunale ha affermato, in conclusione, la violazione del principio di tutela giurisdizionale effettiva. |
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38. |
L’argomento del Consiglio secondo cui le garanzie procedurali supplementari poste in essere nella fattispecie dalla Commissione, a seguito della sentenza Kadi della Corte, corrisponderebbero a quelle attuate dal Consiglio stesso a seguito della sentenza OMPI e approvate dal Tribunale nella sentenza del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio ( 12 ), è stato respinto in quanto tale argomento disconosceva le profonde differenze procedurali esistenti tra i due regimi comunitari di congelamento dei capitali ( 13 ). |
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39. |
Il secondo motivo di annullamento è stato quindi dichiarato fondato con riguardo ad entrambi i suoi capi ( 14 ). |
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40. |
Per quanto riguarda il quinto motivo, il Tribunale ha dichiarato, ai punti da 192 a 194 della sentenza impugnata, che, dal momento che il regolamento impugnato è stato adottato senza consentire al sig. Kadi di esporre le proprie ragioni alle autorità competenti, nonostante la restrizione considerevole del suo diritto di proprietà costituita, data la loro portata generale e la loro persistenza, dalle misure di congelamento dei suoi beni, l’applicazione di simili misure costituisce una restrizione ingiustificata di tale diritto, ragion per cui le censure del sig. Kadi relative ad una violazione del principio di proporzionalità, nel pregiudizio che il regolamento impugnato ha arrecato al suo diritto fondamentale al rispetto della proprietà, sono fondate. |
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41. |
Di conseguenza, il Tribunale ha annullato il regolamento impugnato, nella parte riguardante il sig. Kadi. |
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42. |
Segnalo che, il 5 ottobre 2012, il comitato per le sanzioni ha deciso di cancellare il sig. Kadi dall’elenco, dopo avere esaminato la sua domanda di cancellazione e la relazione redatta dal mediatore. Il nome del sig. Kadi è stato quindi cancellato dall’allegato I del regolamento n. 881/2002 ( 15 ). Tale cancellazione, intervenuta dopo la proposizione delle presenti impugnazioni, non fa venir meno, a mio avviso, né l’interesse ad agire della Commissione, del Consiglio e del Regno Unito, né quello del sig. Kadi nell’ambito della sua domanda di annullamento ( 16 ). |
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43. |
Occorre ora valutare il ragionamento svolto dal Tribunale esaminando in ordine successivo tre problematiche, ossia quella relativa all’assenza di immunità giurisdizionale del regolamento impugnato, quella relativa alla portata e all’intensità del controllo giurisdizionale nel contesto delle presenti cause e, infine, quella del contenuto protetto dei diritti fondamentali fatti valere nella fattispecie dal sig. Kadi. |
IV – Sull’assenza di immunità giurisdizionale del regolamento impugnato
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44. |
Tale primo motivo è stato sviluppato, in via principale, dal Consiglio. Quest’ultimo, sostenuto dal Regno di Spagna, dall’Irlanda e dalla Repubblica italiana, contesta al Tribunale di essere incorso in un errore di diritto negando, in particolare al punto 126 della sentenza impugnata, l’immunità giurisdizionale al regolamento impugnato. |
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45. |
Il Consiglio e l’Irlanda invitano formalmente la Corte a rivedere i principi enunciati a tale riguardo nella sua sentenza Kadi. L’Irlanda sostiene che la questione dell’assenza di immunità giurisdizionale del regolamento impugnato non è coperta dal giudicato, dato che né detto regolamento, né la procedura seguita ai fini della sua adozione dall’organo che lo ha emanato coincidono con quelli in discussione nella causa che ha dato luogo alla sentenza Kadi della Corte. Il Consiglio e l’Irlanda aggiungono che talora la Corte si è già discostata da principi enunciati nella sua giurisprudenza anteriore ( 17 ). |
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46. |
A mio parere, non è pensabile che la Corte ritorni sul proprio diniego, espresso nella sentenza Kadi, di riconoscere ad un atto dell’Unione, quale il regolamento impugnato, l’immunità giurisdizionale. |
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47. |
Rilevo, infatti, che la soluzione consistente nel diniego di riconoscere immunità giurisdizionale agli atti dell’Unione che attuino misure restrittive decise a livello internazionale non è un caso isolato nella giurisprudenza della Corte, dato che quest’ultima ha confermato tale orientamento nelle sentenze del 3 dicembre 2009, Hassan e Ayadi/Consiglio e Commissione ( 18 ), e del 16 novembre 2011, Bank Melli Iran/Consiglio ( 19 ). |
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48. |
La Corte ha, infatti, ricordato al punto 105 di quest’ultima sentenza, richiamando la propria sentenza Kadi, che, «senza con questo rimettere in discussione il primato di una risoluzione del Consiglio di sicurezza sul piano del diritto internazionale, il rispetto che si impone alle istituzioni comunitarie nei confronti delle istituzioni delle Nazioni Unite non poteva comportare l’assenza di controllo della legittimità dell’atto comunitario con riferimento ai diritti fondamentali che costituiscono parte integrante dei principi generali del diritto comunitario». |
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49. |
Quanto alla fondatezza di tale soluzione, non vedo motivi per ritenere che il giudice dell’Unione debba sospendere le proprie funzioni quando venga invitato a pronunciarsi sulla legittimità di un regolamento come quello in discussione nelle cause in esame. Condivido, quindi, i vari argomenti svolti dalla Corte nella propria sentenza Kadi per giustificare il diniego di riconoscere immunità giurisdizionale ai regolamenti che attuino nell’ambito dell’Unione le misure restrittive adottate a livello delle Nazioni Unite, quale il congelamento dei capitali in discussione nel caso di specie. Tali argomenti attengono sostanzialmente alla garanzia «costituzionale» rappresentata, in un’Unione di diritto, dal controllo giurisdizionale della conformità di tutti gli atti dell’Unione, compresi quelli che diano attuazione ad un atto di diritto internazionale, ai diritti fondamentali sanciti dal diritto dell’Unione, in mancanza di incompatibilità di tale controllo con i principi che reggono l’articolazione dei rapporti tra l’ordinamento giuridico internazionale creato dalle Nazioni Unite e l’ordinamento giuridico dell’Unione, e in mancanza, nei Trattati sui quali è fondata l’Unione, di elementi a sostegno dell’immunità giurisdizionale di atti quali il regolamento impugnato. |
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50. |
In sintesi, la Corte ha considerato che, anche in presenza di un debole margine di manovra delle istituzioni dell’Unione nell’attuazione del diritto internazionale, le medesime sono tenute a rispettare i diritti fondamentali. Essa non poteva che affermare la propria competenza a controllare il rispetto dei diritti fondamentali delle persone iscritte nell’elenco del comitato per le sanzioni, salvo ammettere che, in taluni casi, l’attuazione del diritto internazionale da parte delle istituzioni dell’Unione possa violare i diritti fondamentali. Una diversa soluzione avrebbe costituito un chiaro arretramento rispetto alla costante giurisprudenza della Corte volta a garantire la tutela generalizzata dei diritti fondamentali allorché un atto dell’Unione venga sottoposto alla sua valutazione. |
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51. |
Come emerge dagli altri motivi dedotti nell’ambito delle presenti impugnazioni, la discussione non deve più avere per oggetto la possibilità o meno di un controllo giurisdizionale, bensì le modalità di tale controllo. Tenere conto del contesto in cui è intervenuto il congelamento dei beni del sig. Kadi al fine di modulare il controllo del giudice dell’Unione consente, in ampia misura, di confutare le critiche mosse talora alla posizione di principio adottata dalla Corte nella sua sentenza Kadi. |
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52. |
Il rispetto dovuto dall’Unione alle norme vincolanti del diritto internazionale deve, dunque, tradursi non in un’immunità giurisdizionale dell’atto impugnato, bensì in un adeguamento del controllo giurisdizionale effettuato. Pertanto, ritengo che l’affermazione da parte della Corte del suo ruolo in materia di tutela dei diritti fondamentali delle persone iscritte nell’elenco del comitato per le sanzioni debba essere accompagnata dalle necessarie precisazioni in ordine alla portata e all’intensità del controllo che i giudici dell’Unione sono tenuti ad effettuare sugli atti dell’Unione che attuano tali iscrizioni. |
V – Sulla portata e l’intensità del controllo giurisdizionale
A – Gli errori di diritto commessi dal Tribunale nella definizione del metro di controllo applicabile
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53. |
Al pari della Commissione, del Consiglio e del Regno Unito, nonché di tutti i governi intervenienti, ritengo che il Tribunale sia incorso in vari errori di diritto nel definire le caratteristiche ed il livello del controllo che il giudice dell’Unione deve esercitare nel contesto di misure restrittive quale il congelamento dei beni del sig. Kadi. |
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54. |
Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto la tesi sostenuta dalla Commissione, dal Consiglio e dai governi intervenienti a favore di una limitazione del controllo giurisdizionale degli atti dell’Unione che traspongono in seno alla stessa l’elenco delle persone e delle entità identificate dal comitato per le sanzioni e i cui beni devono essere congelati. In sostanza, dette parti invitavano il Tribunale a non sostituire la propria valutazione a quella del comitato per le sanzioni. Più precisamente, la Commissione ha ritenuto che il Tribunale dovesse limitarsi ad esaminare, da un lato, se il ricorrente si sia effettivamente visto riconoscere il diritto al contraddittorio e, dall’altro, se la valutazione operata dalla Commissione in merito alle osservazioni del ricorrente risulti irragionevole o viziata da un errore manifesto. |
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55. |
Il Tribunale ha ritenuto che una simile limitazione del suo controllo «equivarrebbe ad attuare non un controllo giurisdizionale effettivo del tipo di quello richiesto dalla Corte nella sua sentenza Kadi, bensì una parvenza di un controllo siffatto», aggiungendo che «[c]iò equivarrebbe, di fatto, ad accogliere l’orientamento seguito dal Tribunale nella sua sentenza Kadi» ( 20 ). |
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56. |
Già questa prima valutazione del Tribunale, dalla quale discende il seguito del suo ragionamento, mi sembra fondamentalmente erronea. Essa si basa, infatti, sull’assunto secondo cui la Corte avrebbe chiaramente preso posizione nella sua sentenza Kadi a favore di un controllo giurisdizionale approfondito della fondatezza dell’iscrizione del sig. Kadi nell’elenco. La tesi sostenuta dal Tribunale è parimenti erronea nella parte in cui equipara il controllo giurisdizionale limitato ad un’assenza di controllo. |
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57. |
Più avanti nella sentenza impugnata, il Tribunale ha precisato il proprio pensiero, dichiarando che «il controllo esercitato dal giudice comunitario sulle misure comunitarie di congelamento di capitali potrà essere qualificato come effettivo solo qualora abbia ad oggetto, indirettamente, le valutazioni di merito effettuate dal comitato per le sanzioni stesso, nonché gli elementi a queste soggiacenti» ( 21 ). Il Tribunale ha inoltre ritenuto che «la Corte ha inteso svolgere il suo controllo giurisdizionale, “in linea di principio completo”, non solo sulla fondatezza apparente dell’atto impugnato, ma anche sugli elementi probatori e di informazione su cui si basano le valutazioni svolte nell’atto stesso» ( 22 ). Ritengo che il Tribunale, così facendo, attribuisca alla sentenza Kadi della Corte un significato che non ha. |
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58. |
Infatti, per comprendere esattamente la portata del riferimento operato dalla Corte ad un controllo «in linea di principio completo» ( 23 ) degli atti dell’Unione volte ad attuare risoluzioni adottate dal Consiglio di sicurezza ai sensi del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, occorre tenere a mente che, utilizzando tale formula, la Corte ha inteso reagire alla tesi sostenuta dal Tribunale nella sua sentenza Kadi I, consistente, lo ricordo, nell’escludere qualsiasi controllo di tali atti dell’Unione con riguardo ai diritti fondamentali tutelati del diritto dell’Unione. |
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59. |
Siffatto riferimento della Corte ad un controllo «in linea di principio completo» è dunque inteso a sottolineare il fatto che il controllo giurisdizionale si estende a tutti gli atti dell’Unione, a prescindere dalla circostanza che essi vengano adottati o meno in applicazione di una norma di diritto internazionale, e che tale controllo verte sia sulla legittimità esterna di tali atti sia sulla loro legittimità interna con riferimento ai diritti fondamentali tutelati dal diritto dell’Unione. In base a tale posizione di principio, la Corte ha respinto la tesi del Tribunale secondo cui il regolamento controverso avrebbe dovuto «beneficiare di un’immunità giurisdizionale quanto alla sua legittimità interna, salvo per quanto concerne la sua compatibilità con le norme riconducibili allo ius cogens» ( 24 ). |
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60. |
Sebbene dal riferimento della Corte ad un controllo «in linea di principio completo» si possa quindi trarre un’indicazione circa la portata del controllo giurisdizionale che essa intende operare sul regolamento impugnato, a mio parere è eccessivo ritenere che la Corte, utilizzando tale formula, si sia chiaramente pronunciata sul grado di intensità di detto controllo. La Corte, nella sua sentenza Kadi, non ha affatto preso espressamente posizione a favore di un controllo approfondito della fondatezza dell’iscrizione del sig. Kadi nell’elenco, che richiederebbe un esame rigoroso degli elementi probatori e di informazione sui quali si basa la valutazione del comitato per le sanzioni. |
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61. |
Mi sembra che dall’espressione «in linea di principio completo» e, più precisamente, dall’impiego delle parole «in linea di principio» nella posizione in cui la Corte le ha collocate, discenda un’interpretazione esattamente contraria a quella adottata dal Tribunale. Se la Corte avesse voluto esprimere l’idea che, sotto il profilo dell’intensità, il suo controllo doveva essere completo, senza alcuna eccezione, l’impiego delle parole «in linea di principio» sarebbe stato inutile. Se essa avesse voluto sottolineare che intendeva farne un principio assoluto, avrebbe dovuto utilizzare l’espressione «di regola completo». In realtà, la Corte esprime in modo chiaro e conciso, in quattro parole, l’idea secondo cui il controllo da essa affermato, per quanto ampio, è completo solo in linea di principio e, pertanto, comporta possibili eccezioni. Orbene, per le ragione precedentemente esposte, un settore in cui trova posto l’eccezione è proprio quello della lotta contro il terrorismo, di cui la prevenzione è parte, considerata, in particolare, in un’ottica di coordinamento a livello mondiale. |
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62. |
Sebbene la Corte abbia effettivamente riconosciuto il principio di un controllo della legittimità interna degli atti dell’Unione che mirano ad attuare risoluzioni adottate dal Consiglio di sicurezza ai sensi del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, essa non ha precisato le modalità di tale controllo. A tal riguardo, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale al punto 133 della sentenza impugnata, l’affermazione della Corte, contenuta al punto 336 della sua sentenza Kadi, secondo cui il controllo giurisdizionale deve avere ad oggetto, segnatamente, la legittimità dei motivi sui quali si basa l’atto dell’Unione impugnato, non implica che esso controlli in modo approfondito la fondatezza di tale atto alla luce delle prove a sostegno dei motivi in fatto e in diritto accolti. |
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63. |
Inoltre, a mio parere è errato ritenere, come fa il Tribunale ai punti da 138 a 147 della sentenza impugnata, che la Corte, nella sua sentenza Kadi, abbia «approvato ed abbia inteso far propri il livello e l’intensità del controllo giurisdizionale effettuato dal Tribunale nella causa che ha dato origine alla sentenza OMPI». A tale proposito si deve rilevare che la sentenza Kadi della Corte non contiene alcun riferimento a detta sentenza. Per di più, l’analisi del Tribunale a favore di un’armonizzazione dei criteri di controllo giurisdizionale nei due ambiti del contenzioso relativo alle misure di congelamento dei beni sembra in contrasto con la constatazione effettuata dal medesimo Tribunale di «profonde differenze procedurali esistenti tra i due regimi comunitari indicati di congelamento dei capitali» ( 25 ). |
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64. |
Peraltro, nel merito, non foss’altro che in ragione della diversa natura dei due regimi di congelamento dei beni, ritengo che non sia opportuno trasporre nell’ambito del regime delle iscrizioni decise dal comitato per le sanzioni il metro di controllo stabilito dal Tribunale nella giurisprudenza accolta nella sentenza OMPI. Ricordo che da tale giurisprudenza ( 26 ) discende che, se è vero che il Tribunale riconosce all’istituzione dell’Unione competente un margine discrezionale, «ciò non implica che esso debba astenersi dal controllare l’interpretazione dei dati rilevanti fornita da tale istituzione». Secondo il Tribunale, il giudice dell’Unione «è tenuto in particolare a verificare non solo l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se essi siano di natura tale da corroborare le conclusioni che se ne traggono». Il Tribunale precisa, tuttavia, che «nell’ambito di tale controllo, egli non è tenuto a sostituire la propria valutazione d’opportunità a quella dell’istituzione comunitaria competente». |
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65. |
Il metro di controllo così elaborato dal Tribunale è caratterizzato dal fatto che «il controllo giurisdizionale di legittimità di una decisione comunitaria di congelamento dei capitali si estende alla valutazione dei fatti e delle circostanze addotti per giustificarla, nonché alla verifica degli elementi di prova e di informazione su cui è fondata tale valutazione» ( 27 ). |
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66. |
Anche se non esaminerò in questa sede la pertinenza di tale metro di controllo nell’ambito del regime degli elenchi autonomi di congelamento dei beni, devo rilevare che la trasposizione in materia di lotta contro il terrorismo della giurisprudenza secondo cui le valutazioni economiche complesse possono dare luogo ad un controllo relativamente approfondito da parte del giudice dell’Unione ( 28 ) è, a mio avviso, tutt’altro che evidente. Ci si chiede se le considerazioni e le fonti dei servizi di informazione debbano essere sottoposte ai giudici dell’Unione. Peraltro, mi sembra che adottare un simile metro di controllo significhi dimenticare che l’iscrizione in un elenco autonomo si basa, in larga misura, sulle valutazioni operate dalle autorità nazionali competenti quanto all’esistenza, all’attendibilità e alla sufficienza delle prove o degli indizi seri e credibili del coinvolgimento della persona interessata in attività terroristiche ( 29 ). Occorrerebbe quindi chiedersi se, in un sistema ampiamente basato sulla fiducia riposta dalle istituzioni dell’Unione nella valutazione effettuata dalle autorità nazionali competenti quanto alla serietà delle prove o degli indizi a sostegno di una misura di congelamento dei beni, un controllo approfondito di tali prove da parte del giudice dell’Unione sia effettivamente appropriato. |
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67. |
In ogni caso, per quel che riguarda l’attuazione delle misure restrittive decise dal comitato per le sanzioni, vari motivi ostano ad un controllo giurisdizionale tanto approfondito quanto quello effettuato dal Tribunale nella sentenza impugnata, con riferimento alla sua sentenza OMPI. Tali motivi attengono alla natura preventiva delle misure in questione, al contesto internazionale in cui si colloca l’atto impugnato, alla necessità di conciliare le esigenze della lotta contro il terrorismo con quelle della tutela dei diritti fondamentali, alla natura politica delle valutazioni operate dal comitato per le sanzioni per decidere se iscrivere una persona o un’entità nell’elenco, nonché ai miglioramenti apportati alla procedura dinanzi a tale organismo negli ultimi anni e, in particolare, successivamente alla sentenza Kadi della Corte. Procederò al loro esame in ordine successivo. |
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68. |
In primo luogo, occorre rammentare che la Corte ha costantemente ritenuto, anche recentemente, che le misure di congelamento dei capitali costituiscano misure cautelari che non hanno l’effetto di privare le persone interessate della loro proprietà ( 30 ). I capitali vengono, quindi, congelati in via cautelare ma non confiscati. Tali misure non costituiscono sanzioni penali e peraltro non implicano alcuna accusa di tale natura ( 31 ). Esse mirano a prevenire nuovi atti terroristici e le gravi conseguenze che possono avere sulle persone e sulle entità designate sono intrinseche a tale funzione di prevenzione. Il finanziamento del terrorismo ricorre a circuiti talmente estesi, complessi e dissimulati che la sua prevenzione presuppone un’azione condotta molto a monte e ai margini della concreta attività criminale. La prevenzione deve, infatti, mirare alla paralisi di tutto un insieme di reti, con tutto ciò che tale termine può significare. L’esistenza di tali misure restrittive presenta, quindi, un effetto dissuasivo nei confronti degli eventuali finanziatori, i quali sanno di esporsi a conseguenze molto gravi qualora sostengano organizzazioni terroristiche. Anche se la loro durata può essere lunga (d’altra parte, perché la prevenzione dovrebbe essere più breve della minaccia?), ciò che rileva è che la misura e la sua durata possano essere sottoposte ad un controllo giurisdizionale. Inoltre, va rilevato che questo tipo di misure può essere limitato nel tempo, come dimostra peraltro il caso del sig. Kadi. Ne consegue che il Tribunale è incorso in un errore di diritto laddove si è fondato, ai punti da 148 a 151 della sentenza impugnata, su una possibile messa in discussione della natura preventiva delle misure di congelamento dei capitali per giustificare un controllo giurisdizionale approfondito di tali misure. |
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69. |
In secondo luogo, la Corte ha ricordato nella sua sentenza Kadi che «le competenze dell[‘Unione] devono essere esercitate nel rispetto del diritto internazionale» ( 32 ). Essa ha precisato che «[i]l rispetto degli impegni assunti nell’ambito delle Nazioni Unite si impone (…) nel settore del mantenimento della pace e della sicurezza internazionali, in sede di attuazione ad opera dell[‘Unione] (…) di risoluzioni adottate dal Consiglio di sicurezza in base al capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite» ( 33 ). Essa ha inoltre sottolineato che, «[n]ell’esercizio di quest’ultima competenza, [l’Unione] è (…) tenuta ad attribuire particolare importanza al fatto che, a norma dell’art. 24 della Carta delle Nazioni Unite, l’adozione da parte del Consiglio di sicurezza di risoluzioni in base al capitolo VII di detta carta costituisce l’esercizio della responsabilità principale di cui è investito tale organo internazionale per mantenere, su scala mondiale, la pace e la sicurezza, responsabilità che, nell’ambito del citato capitolo VII, include il potere di determinare ciò che costituisce una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionali, nonché di assumere le misure necessarie per il mantenimento o il ristabilimento di queste ultime» ( 34 ). Infine, la Corte ha dichiarato che, in occasione dell’elaborazione delle misure di attuazione di una risoluzione del Consiglio di sicurezza adottata in base al capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, l’Unione deve tenere «in debita considerazione i termini e gli obiettivi della risoluzione di cui trattasi nonché gli obblighi pertinenti che derivano dalla Carta delle Nazioni Unite relativamente ad una siffatta attuazione» ( 35 ). |
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70. |
Tali considerazioni, pur non essendo sufficienti ad escludere che il giudice dell’Unione possa sindacare la legittimità di un atto dell’Unione che attua una risoluzione del Consiglio di sicurezza, come la Corte ha dichiarato al punto 299 della propria sentenza Kadi, contribuiscono tuttavia a giustificare, a mio parere, l’adeguamento del controllo giurisdizionale in funzione del contesto internazionale in cui si colloca l’azione dell’Unione. |
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71. |
Tale contesto è caratterizzato nella specie dalla responsabilità principale del Consiglio di sicurezza di mantenere la pace e la sicurezza internazionali, ove tale responsabilità osta, in linea di principio, a che le istituzioni e il giudice dell’Unione impongano la loro valutazione in ordine alla fondatezza delle misure restrittive decise in seno a tale organismo. Un controllo giurisdizionale approfondito, come quello effettuato dal Tribunale nella sentenza impugnata, non può essere esercitato senza usurpare la competenza del Consiglio di sicurezza a definire ciò che costituisce una minaccia per la pace e la sicurezza internazionali e le misure necessarie per eliminare tale minaccia. Considerato che la decisione di iscrivere una persona o un ente nell’elenco spetta al comitato per le sanzioni, il controllo giurisdizionale esercitato nell’ambito dell’Unione dev’essere proporzionato al limitato margine di discrezionalità delle istituzioni dell’Unione. Occorre, in definitiva, evitare di svuotare di contenuto la responsabilità primaria del Consiglio di sicurezza nel settore considerato e di fare dell’Unione un organo di appello o di riesame delle decisioni adottate dal comitato per le sanzioni. |
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72. |
Anche varie disposizioni del TUE e del TFUE depongono a favore di una limitazione del controllo giurisdizionale in tale contesto. |
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73. |
Così, secondo l’articolo 3, paragrafo 5, TUE, «l’Unione (…) [c]ontribuisce alla pace, alla sicurezza, (…) alla tutela dei diritti umani (…) e alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite». Peraltro, in virtù dell’articolo 21, paragrafo 1, TUE, l’azione dell’Unione sulla scena internazionale si fonda, in particolare, sul «rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale». Tale disposizione prevede, inoltre, che l’Unione «promuove soluzioni multilaterali ai problemi comuni, in particolare nell’ambito delle Nazioni Unite». Occorre inoltre citare l’articolo 21, paragrafo 2, lettera c), TUE, secondo cui l’Unione opera per assicurare un elevato livello di cooperazione in tutti i settori delle relazioni internazionali al fine di «preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale, conformemente agli obiettivi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite». Infine, la dichiarazione n. 13 aggiunge che «[la Conferenza] sottolinea che l’Unione europea e i suoi Stati membri resteranno vincolati dalle disposizioni della Carta delle Nazioni Unite e, in particolare, dalla responsabilità primaria del Consiglio di sicurezza e dei suoi membri per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali» ( 36 ). |
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74. |
Tali disposizioni pongono le basi per un’azione dell’Unione in materia di politica estera e di sicurezza comune rispettosa dell’azione condotta dalle Nazioni Unite. |
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75. |
Nella definizione della portata e dell’intensità del suo controllo, la Corte deve tenere conto dell’origine e del contesto dell’atto dell’Unione considerato. Nella specie, la Corte non può prescindere dal fatto che l’iscrizione nell’elenco viene decisa secondo una procedura centralizzata ed universale a livello delle Nazioni Unite, e che tale decisione si basa su una sintesi dei motivi redatta dal comitato per le sanzioni in base ad elementi di informazione o di prova trasmessigli dallo Stato o dagli Stati che hanno chiesto l’iscrizione nell’elenco, nella maggior parte dei casi in forma riservata, e di cui si presume che le istituzioni dell’Unione non dispongano. |
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76. |
Alla luce di tali elementi, il modo più efficace, a mio parere, di conciliare l’obiettivo della lotta contro il terrorismo con una tutela ottimale dei diritti fondamentali delle persone iscritte nell’elenco consiste, in linea con le citate disposizioni dei Trattati, nello sviluppare la cooperazione tra l’Unione e le Nazioni Unite nel settore considerato. A tale proposito rilevo che l’articolo 220, paragrafo 1, del TFUE prevede che «[l]’Unione attua ogni utile forma di cooperazione con gli organi delle Nazioni Unite e degli istituti specializzati delle Nazioni Unite». Ne deriva che l’affermazione dell’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione, che nella sentenza Kadi della Corte ha giustificato il diniego da parte della stessa di un’immunità giurisdizionale agli atti dell’Unione che attuano decisioni del comitato per le sanzioni, non è, a mio avviso, in antitesi con lo sviluppo di una più stretta cooperazione con detto organismo. Rilevo, peraltro, che nella sentenza del 19 luglio 2012, Parlamento/Consiglio ( 37 ), la Corte ha dichiarato che la posizione comune 2002/402, il regolamento n. 881/2002 ed il regolamento (UE) n. 1286/2009 ( 38 ) hanno istituito un «sistema di interazione tra il comitato per le sanzioni e l’Unione» ( 39 ). |
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77. |
In terzo luogo, la Corte, nella sua sentenza Kadi, dopo avere sottolineato che «considerazioni imperative riguardanti la sicurezza o la conduzione delle relazioni internazionali dell[‘Unione] e dei suoi Stati membri possono ostare alla comunicazione agli interessati di taluni elementi» ( 40 ), ha affermato che il giudice dell’Unione deve contribuire al necessario contemperamento tra la lotta contro il terrorismo e la tutela dei diritti fondamentali. A detto giudice spetta infatti «attuare, nell’ambito del controllo giurisdizionale da esso esercitato, tecniche che consentano di conciliare, per un verso, le legittime preoccupazioni di sicurezza quanto alla natura e alle fonti di informazioni prese in considerazione nell’adottare l’atto di cui trattasi e, per altro verso, la necessità di concedere in maniera adeguata al singolo di beneficiare delle regole procedurali» ( 41 ). Ritengo che una di tali tecniche consista per il giudice dell’Unione nel modulare l’intensità del suo controllo in funzione delle circostanze nelle quali interviene l’atto dell’Unione contestato. |
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78. |
In quarto luogo, come hanno sottolineato nel procedimento di primo grado la Commissione e i governi intervenienti, il potere di stabilire se una persona sia associata ad Al-Qaeda e se occorra, pertanto, congelarne i beni per impedirle di finanziare o di preparare atti terroristici è stato attribuito al Consiglio di sicurezza ed è difficile immaginare un settore politico più importante e più complesso, che implica valutazioni relative alla tutela della sicurezza internazionale. |
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79. |
Gli elenchi relativi al congelamento dei beni sono parte di una politica volta a prevenire la minaccia terroristica internazionale. L’obiettivo delle misure di congelamento delle disponibilità delle persone designate «è quello di impedire che tali persone abbiano accesso a risorse economiche o finanziarie, di qualsiasi natura, che esse potrebbero utilizzare per sostenere attività terroristiche» ( 42 ). |
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80. |
Per quanto concerne l’elenco stilato dal comitato per le sanzioni, se è vero che l’iscrizione nel medesimo si fonda su indizi che indicano come il comportamento di una persona o di un ente testimoni un legame con un’organizzazione terroristica e quindi una minaccia alla pace ed alla sicurezza internazionali, tuttavia detta iscrizione presenta anche e più in generale implicazioni strategiche e geopolitiche. A tal riguardo, la scelta delle persone iscritte deve essere adeguata all’evoluzione della minaccia e traduce la volontà di contrastare una determinata organizzazione terroristica, in una determinata regione del globo ( 43 ). Pertanto, le iscrizioni nell’elenco rientrano in un processo politico che travalica il caso individuale. Nonostante il suo carattere mirato, che gli conferisce una dimensione personale, tale regime di congelamento dei beni è anzitutto un mezzo di contrasto alle organizzazioni terroristiche, volto ad indebolirle o a smantellarle. La dimensione politica di tale processo, al quale l’Unione ha deciso di partecipare, implica, a mio avviso, una certa misura nell’esercizio del controllo giurisdizionale da parte del giudice dell’Unione, ossia che esso non sostituisca, in linea di principio, le proprie valutazioni a quelle delle autorità politiche competenti. |
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81. |
In quinto luogo, anche i miglioramenti apportati al procedimento dinanzi al comitato per le sanzioni a partire dal 2008 depongono a favore di un controllo limitato della legittimità interna del regolamento impugnato da parte del giudice dell’Unione. Sia che ci si limiti a tenere conto, nell’ambito delle presenti impugnazioni, delle evoluzioni intervenute prima del regolamento impugnato, sia che si esaminino anche quelle intervenute in seguito, è pacifico che le Nazioni Unite, con l’adozione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza 1822 (2008) del 30 giugno 2008, 1904 (2009) del 17 dicembre 2009 e 1989 (2011) del 17 giugno 2011, hanno avviato un processo di miglioramento delle procedure di iscrizione e di cancellazione in termini di equità e di rispetto dei diritti della difesa. |
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82. |
Tale processo testimonia la presa di coscienza nell’ambito delle Nazioni Unite del fatto che, nonostante le esigenze di riservatezza, le procedure di iscrizione e di cancellazione devono ormai essere basate su un livello sufficiente di informazione, che occorre incoraggiare la comunicazione di tali informazioni alla persona interessata e che l’esposizione della motivazione deve essere sufficientemente suffragata da prove. Il mediatore, che esercita le sue funzioni in modo indipendente e imparziale, svolge a tale proposito un ruolo rilevante. Esso raccoglie le informazioni necessarie alle proprie valutazioni presso gli Stati interessati, avvia su tale base un dialogo con il ricorrente e successivamente presenta le proprie proposte al comitato per le sanzioni quanto alla necessità o meno di mantenere una persona o un’entità nell’elenco. Nell’ambito della procedura di cancellazione, detto comitato adotta quindi le sue decisioni sulla base di una valutazione indipendente ed imparziale della necessità o meno di mantenere le persone interessate nell’elenco. L’esame rigoroso svolto dal mediatore implica che il mantenimento di un nominativo nell’elenco sia solidamente giustificato, vale a dire che esistano informazioni sufficienti per fornire un motivo «ragionevole e credibile» di iscrizione nell’elenco ( 44 ). Tenuto conto del ruolo rilevante svolto dal mediatore nelle decisioni adottate dal comitato per le sanzioni, la procedura dinanzi a quest’ultimo, a mio parere, non può più essere considerata puramente diplomatica ed interstatale. Va peraltro rilevato che il riesame periodico dell’elenco consente, in particolare, di garantire l’aggiornamento costante dei dati nonché di integrare, ove necessario, l’esposizione della motivazione. I miglioramenti della procedura dinanzi al comitato per le sanzioni contribuiscono, quindi, ad assicurare che le iscrizioni nell’elenco siano basate su elementi sufficientemente seri e siano sottoposte ad una valutazione continua. |
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83. |
Come riconosce il mediatore stesso ( 45 ), è la sentenza Kadi che ha comportato la creazione dell’ufficio del mediatore, che ha consentito di aumentare sensibilmente la qualità dell’elenco. Sarebbe paradossale che la Corte non tenesse conto dei miglioramenti che ha direttamente contribuito ad introdurre, ancorché l’ufficio del mediatore non costituisca un organo giurisdizionale. |
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84. |
Il mediatore ha contribuito a sviluppare la trasmissione delle informazioni dagli Stati al comitato per le sanzioni, il che garantisce l’adozione di decisioni fondate su basi più solide. Solo grazie a tale dialogo l’elenco può essere tenuto aggiornato e continuare a beneficiare del sostegno internazionale. Tale dinamica potrebbe essere ostacolata qualora il comitato per le sanzioni fosse di fatto obbligato, come implica la soluzione elaborata dal Tribunale nella sentenza impugnata, a comunicare alle istituzioni dell’Unione le prove o le informazioni che gli Stati abbiano acconsentito, non senza difficoltà, a trasmettergli. Detti Stati potrebbero essere in futuro meno inclini a trasmettere informazioni riservate al comitato per le sanzioni, il che avrebbe un effetto negativo sulla qualità e sull’equità delle procedure di iscrizione e di cancellazione. Invero, criteri regionali o nazionali troppo severi potrebbero rivelarsi controproducenti in termini di contemperamento tra la lotta contro il terrorismo e la tutela dei diritti fondamentali delle persone iscritte nell’elenco. |
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85. |
Ritengo che una lotta efficace contro il terrorismo a livello mondiale implichi la fiducia e la collaborazione, e non la diffidenza, tra le istituzioni internazionali, regionali e nazionali che vi partecipano. La fiducia reciproca che deve sussistere tra l’Unione e le Nazioni Unite è giustificata dal fatto che i valori relativi al rispetto dei diritti fondamentali sono comuni ad entrambe le organizzazioni. |
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86. |
Ciò non significa che si debba riconoscere una giustificazione generalizzata alle decisioni del comitato per le sanzioni ed applicarle automaticamente senza alcuno spirito critico anche quando venga evidenziato un errore manifesto nella procedura di attuazione. Tuttavia, se le procedure di iscrizione e di cancellazione presso il comitato per le sanzioni consentono un esame rigoroso della fondatezza delle iscrizioni e della necessità o meno del loro mantenimento, a mio parere non occorre che i giudici dell’Unione adottino un livello di controllo tale da imporre alle istituzioni dell’Unione di esaminare sistematicamente e in modo approfondito la fondatezza delle decisioni adottate dal comitato per le sanzioni, sulla base delle prove o delle informazioni di cui dispone tale organismo, prima di attuarle. I miglioramenti della procedura di iscrizione e di cancellazione sono, infatti, idonei a rafforzare la fiducia delle istituzioni e del giudice dell’Unione nelle decisioni adottate dal comitato per le sanzioni. |
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87. |
Alla luce di tali elementi, ritengo che le procedure di iscrizione e di cancellazione presso il comitato per le sanzioni presentino garanzie sufficienti affinché le istituzioni dell’Unione possano presumere fondate le decisioni assunte da tale organismo. I miglioramenti della procedura in seno alle Nazioni Unite consentono, in particolare, di presumere che i motivi addotti a sostegno di un’iscrizione siano sufficientemente suffragati da elementi probatori e di informazione. Pertanto, il giudice dell’Unione non deve effettuare un controllo approfondito della fondatezza dell’iscrizione alla luce degli elementi probatori e di informazione su quali si basano le valutazioni operate dal comitato per le sanzioni. |
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88. |
Tale presunzione di fondatezza potrà, tuttavia, essere messa in discussione in occasione della procedura di attuazione in seno all’Unione, durante la quale la persona iscritta potrà invocare nuovi elementi di prova o di informazione. A tal riguardo è evidente che tanto più la procedura in seno all’Unione sarà trasparente e fondata su informazioni sufficientemente numerose e serie, tanto meno le istituzioni regionali e nazionali responsabili dell’attuazione saranno tentate di rimettere in discussione le valutazioni effettuate dal comitato per le sanzioni. |
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89. |
Lo svolgimento da parte delle istituzioni dell’Unione di una procedura pienamente rispettosa dei diritti della difesa consente loro, appunto, di assicurare che, nonostante la presunzione di fondatezza della valutazione operata dal comitato per le sanzioni, un’iscrizione nell’ambito dell’Unione non possa basarsi su una motivazione manifestamente insufficiente o erronea. Pertanto, la procedura di attuazione deve consentire alle persone ed agli enti iscritti di contestare l’esposizione della motivazione fornendo, se del caso, nuove prove o informazioni. |
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90. |
È quindi fondamentale che il giudice dell’Unione svolga un controllo rigoroso sul modo in cui la procedura di attuazione è stata condotta dalla Commissione. Il controllo relativo alla legittimità interna dell’atto dell’Unione impugnato deve limitarsi alla verifica di eventuali errori manifesti di valutazione. Vediamo ora più nel dettaglio quali dovrebbero essere, a mio parere, la portata e l’intensità del controllo del giudice dell’Unione sugli atti dell’Unione che attuano decisioni del comitato per le sanzioni. |
B – La mia proposta relativa al metro di controllo applicabile
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91. |
Definire la portata e l’intensità di tale controllo equivale a porsi tre questioni relative, rispettivamente, all’individuazione delle norme di riferimento sulla cui base viene effettuato il controllo, all’oggetto del controllo giurisdizionale e alle modalità del controllo medesimo. |
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92. |
La risposta alle prime due questioni emerge dalla sentenza Kadi della Corte. Il giudice dell’Unione può essere indotto a controllare la legittimità degli atti dell’Unione che attuano decisioni del comitato per le sanzioni alla luce dell’ordinamento dell’Unione e, in particolare, con riferimento ai diritti fondamentali tutelati nell’ordinamento giuridico dell’Unione. Inoltre, il controllo giurisdizionale può vertere non solo sulla legittimità esterna dell’atto impugnato, ma anche sulla sua legittimità interna. La portata del controllo giurisdizionale è quindi particolarmente ampia, di modo che esso può essere definito «completo». |
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93. |
La risposta alla terza questione conduce ad interrogarsi sull’intensità del controllo giurisdizionale. |
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94. |
Come risulta dalle precedenti considerazioni, non condivido la tesi sostenuta dal Tribunale secondo cui, sostanzialmente, un controllo giurisdizionale di intensità ridotta dovrebbe essere equiparato ad una mancanza di controllo. Il giudice dell’Unione ha sempre modulato il suo controllo in funzione del tipo di controversia di cui è investito, del contesto in cui si colloca l’atto impugnato e della natura delle valutazioni ad esso sottese, a prescindere, ad esempio, dalla circostanza che esse siano complesse o di natura politica ( 46 ). |
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95. |
Il contesto specifico, precedentemente descritto, in cui è intervenuto il regolamento impugnato giustifica, a mio parere, il fatto che gli aspetti relativi alla legittimità esterna del medesimo siano oggetto di un controllo normale, mentre quelli relativi alla legittimità interna di detto regolamento debbano essere oggetto di un controllo limitato. |
1. Un controllo normale della legittimità esterna del regolamento impugnato
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96. |
A proposito della sentenza Kadi della Corte, un autore ha potuto osservare che il ricorso ai diritti procedurali consente spesso di assicurare una tutela indiretta dei diritti sostanziali ( 47 ). Altri hanno rilevato che, in assenza della comunicazione della motivazione, come nella causa Kadi I, sussiste una presunzione di inadeguatezza o di sproporzione atta a giustificare l’annullamento dell’atto ( 48 ). Queste due osservazioni pongono giustamente l’accento sull’importanza del controllo giurisdizionale relativo agli aspetti formali e procedurali dell’atto impugnato. |
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97. |
Il fatto di garantire un controllo rigoroso del rispetto delle formalità sostanziali e dell’esistenza di una procedura rispettosa dei diritti della difesa consente al giudice dell’Unione di adottare una posizione più attenuata allorché controlla la legittimità interna dell’atto impugnato. Si tratta, in questo contesto, del rapporto dialettico classico tra il controllo della legittimità esterna e quello della legittimità interna. In cambio del riconoscimento di una libertà di valutazione alle autorità politiche competenti e della conseguente limitazione del controllo di legittimità sostanziale, il giudice dell’Unione rafforza i vincoli formali e procedurali ai quali esso subordina l’adozione dell’atto ( 49 ). Le regole di procedura e di forma sono intese a garantire la legittimità sostanziale dell’atto, a consentirne la verifica e, al di là di questo, ad agevolare la valutazione dell’opportunità dell’atto da parte dell’autore. Aumentando i vincoli procedurali e formali, il giudice cerca quindi di rafforzare la presunzione di legittimità interna e di opportunità del provvedimento contestato ( 50 ). In tal modo, quand’anche il giudice adotti una posizione di «self-restraint» quanto alla fondatezza dell’iscrizione, l’elevato livello di requisiti da esso stabilito in materia procedurale garantisce un adeguato contemperamento tra la tutela dei diritti fondamentali e la lotta contro il terrorismo. |
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98. |
Per quanto riguarda l’atto impugnato, il giudice dell’Unione deve controllare in modo rigoroso se esso sia stato adottato nell’ambito di una procedura rispettosa dei diritti della difesa. Esso deve, in particolare, verificare se all’interessato sia stata comunicata la motivazione alla base dell’iscrizione, se tale motivazione sia sufficiente per consentirgli di difendersi utilmente, se egli abbia potuto presentare le sue osservazioni alla Commissione e se le medesime siano state sufficientemente prese in considerazione. |
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99. |
Quanto alla verifica della sufficienza o meno della motivazione comunicata alla persona iscritta, occorre richiamare la costante giurisprudenza della Corte relativa all’obbligo di motivazione degli atti dell’Unione ( 51 ). Sostanzialmente, l’esposizione della motivazione deve consentire all’interessato di conoscere le ragioni dei provvedimenti adottati e al giudice competente di esercitare il proprio controllo. L’esposizione della motivazione deve indicare le ragioni specifiche e concrete per le quali l’autorità competente ha ritenuto che l’interessato dovesse essere oggetto di una misura restrittiva, di modo che detta esposizione consenta a quest’ultimo di comprendere ciò che gli viene contestato ed egli possa effettivamente difendersi contestando la motivazione addotta. |
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100. |
Il requisito della motivazione varia in base alla natura dell’atto di cui trattasi e del contesto in cui esso è stato adottato. Tale requisito dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi addotti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo riguardate direttamente e individualmente possano avere a ricevere spiegazioni. Non è necessario che la motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, considerato che la sufficienza della motivazione dev’essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto nonché del complesso di norme giuridiche che disciplinano la materia interessata ( 52 ). |
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101. |
In sintesi, l’interessato deve essere posto in grado, sulla base dell’esposizione della motivazione, di contestare la fondatezza dell’atto controverso. Egli deve, in particolare, poter contestare l’esistenza dei fatti menzionati, la loro qualificazione giuridica e, più in generale, il contenuto di tale atto, in particolare sotto il profilo del principio di proporzionalità. |
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102. |
Oltre alla comunicazione di una sufficiente esposizione della motivazione, il giudice dell’Unione deve anche verificare se la persona interessata abbia potuto presentare le proprie osservazioni alla Commissione e se quest’ultima le abbia sufficientemente prese in considerazione. A tale riguardo, occorre che la Commissione esamini scrupolosamente le osservazioni e i nuovi elementi eventualmente prodotti dall’interessato. |
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103. |
Per contro, nel contesto in cui è intervenuto il regolamento impugnato, il requisito di una procedura rispettosa dei diritti della difesa non si estende fino ad imporre alle istituzioni dell’Unione di raccogliere presso il comitato per le sanzioni tutti gli elementi di informazione o di prova di cui esso disponga e di trasmetterli successivamente alla persona iscritta affinché presenti le sue osservazioni sulla pertinenza di tali elementi. |
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104. |
Una comunicazione delle prove di tal genere appare ancor meno giustificata in quanto il giudice dell’Unione, a mio avviso, deve limitare l’intensità del suo controllo di legittimità sostanziale del regolamento impugnato. |
2. Un controllo limitato della legittimità interna del regolamento impugnato
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105. |
Se, come si è visto, il giudice dell’Unione deve effettuare un controllo rigoroso della sufficienza o meno dell’esposizione della motivazione, esso deve invece effettuare un controllo limitato della fondatezza della motivazione. In particolare, tenuto conto del fatto che la valutazione dell’opportunità di un’iscrizione compete al comitato per le sanzioni, non spetta a detto giudice esaminare le prove della condotta asserita. |
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106. |
Pertanto, a mio parere, le diverse componenti della legittimità sostanziale di un atto dell’Unione che attua le decisioni del comitato per le sanzioni devono limitarsi alla verifica dell’esistenza di un errore manifesto. |
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107. |
Ciò può dirsi, in primo luogo, per il controllo dell’esattezza materiale dei fatti. Invero, nell’ambito del sistema di interazione istituito tra l’Unione ed il comitato per le sanzioni, spetta a quest’ultimo ( 53 ) raccogliere presso gli Stati interessati le informazioni o le prove che consentano di dimostrare l’esistenza di fatti tali da giustificare l’iscrizione nell’elenco. Si presume che le istituzioni dell’Unione non dispongano di tali informazioni o prove. Poiché si deve ritenere che i fatti materiali siano stati appurati dal comitato per le sanzioni, solo un errore manifesto nel loro accertamento può comportare l’annullamento del provvedimento di attuazione. |
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108. |
Lo stesso vale, in secondo luogo, per il controllo della qualificazione giuridica dei fatti. Il giudice dell’Unione deve limitarsi, a mio avviso, a verificare che la Commissione non sia incorsa in un errore manifesto ritenendo, in base all’esposizione della motivazione, che sussistessero le condizioni giuridiche per l’adozione di una misura di congelamento dei capitali. |
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109. |
Per quanto riguarda, in ultimo luogo, il controllo del contenuto dell’atto controverso, considerato l’ampio potere discrezionale di cui dispone il comitato per le sanzioni quanto all’opportunità di un’iscrizione nell’elenco, il giudice dell’Unione deve limitarsi a verificare che la medesima non sia manifestamente inadeguata o sproporzionata rispetto all’importanza dell’obiettivo perseguito, vale a dire la lotta contro il terrorismo internazionale. |
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110. |
Riassumendo, il controllo esercitato dal giudice dell’Unione sulla legittimità interna degli atti dell’Unione che attuano decisioni adottate dal comitato per le sanzioni non deve, in linea di principio, condurlo a rimettere in discussione la fondatezza dell’iscrizione nell’elenco, a meno che la procedura relativa a tale iscrizione nell’ambito dell’Unione abbia permesso di evidenziare un errore manifesto nell’accertamento dei fatti, nella loro qualificazione giuridica o nella valutazione della proporzionalità del provvedimento. |
VI – Sul contenuto protetto dei diritti fondamentali invocati
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111. |
Risponderò ora al terzo motivo, sviluppato dalla Commissione, dal Consiglio in via subordinata e dal Regno Unito, secondo cui il Tribunale sarebbe incorso in errori di diritto nell’esame dei motivi del sig. Kadi concernenti la violazione dei suoi diritti della difesa e del suo diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, nonché la violazione del principio di proporzionalità. |
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112. |
In primo grado, il Tribunale ha accolto l’argomento del sig. Kadi inteso ad attribuire ai diritti della difesa e al diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva un contenuto tale che la Commissione sarebbe obbligata, prima di procedere ad un’iscrizione decisa dal comitato per le sanzioni, a raccogliere e ad esaminare le prove all’origine della stessa. La Commissione diveniva, in tal modo, un organo di riesame delle decisioni adottate dal comitato per le sanzioni ed il giudice dell’Unione un organo di appello contro tali decisioni. |
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113. |
Ho già spiegato i motivi per cui il rapporto tra il comitato per le sanzioni e l’Unione dovrebbe essere considerato non in questi termini, ma sulla base di una reciproca fiducia e di una collaborazione effettiva. |
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114. |
In quest’ottica, ritengo che i richiami operati dalla Corte nella sua sentenza Kadi alla necessità che siano comunicati alle persone iscritte gli «elementi assunti a loro carico» o «ritenuti a loro carico» riguardino solo la comunicazione dell’esposizione della motivazione sufficientemente dettagliata, e non quella delle prove o delle informazioni di cui dispone il comitato per le sanzioni a sostegno delle iscrizioni da esso decise. A tal riguardo ricordo che la Corte si è preoccupata di precisare, al punto 342 della sua sentenza Kadi, che «talune considerazioni imperative riguardanti la sicurezza o la conduzione delle relazioni internazionali dell[‘Unione] e dei suoi Stati membri possono ostare alla comunicazione agli interessati di taluni elementi». |
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115. |
Nell’ambito del sistema di interazione istituito tra il comitato per le sanzioni e l’Unione, il contenuto protetto dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva risiede dunque principalmente nella comunicazione all’interessato di un’esposizione della motivazione che indichi le ragioni specifiche e concrete per le quali l’autorità politica competente ha ritenuto che dovesse essere adottata una misura di congelamento dei capitali, nonché in una considerazione rigorosa delle osservazioni formulate dalla persona iscritta per contestare la pertinenza di tali motivi. L’esame da parte della Commissione e del giudice dell’Unione delle prove e delle informazioni di cui dispone il comitato per le sanzioni e sulle quali esso si è basato per redigere l’esposizione dei motivi non può essere imposto, a mio avviso, in nome della protezione dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva. |
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116. |
Nella fattispecie è giocoforza constatare, in base alla lettura dell’esposizione della motivazione riprodotta al punto 50 della sentenza impugnata, che il sig. Kadi ha preso conoscenza delle ragioni specifiche e concrete che hanno giustificato, secondo il comitato per le sanzioni, l’iscrizione dell’interessato nell’elenco. Gli elementi assunti a carico del sig. Kadi non costituiscono, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale al punto 174 della sentenza impugnata, «vaghe allegazioni», bensì risultano sufficientemente precise da consentire all’interessato di contestare i rapporti personali e professionali, riferibili ad Al-Qaeda e al suo finanziamento, che gli vengono addebitati. Ciò può dirsi, in particolare, per l’affermazione secondo cui la Fondazione Muwafaq, di cui il sig. Kadi è stato membro fondatore e dirigente, si è allineata ad Al-Qaeda, per il ruolo che tale Fondazione ha avuto nel finanziamento di attività terroristiche, per i rapporti tra il sig. Kadi e il sig. Al-Ayadi, al quale viene addebitato di avere collaborato con Osama bin Laden, o per l’affermazione secondo cui società appartenenti al sig. Kadi in Albania hanno ricevuto capitali circolanti versati da Osama bin Laden. |
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117. |
Peraltro, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale al punto 171 della sentenza impugnata, nulla indica che i diritti della difesa del ricorrente siano stati rispettati «solo in maniera puramente formale e apparente». A tal riguardo il sig. Kadi non ha spiegato perché la Commissione non avrebbe effettuato un esame sufficientemente rigoroso e attento delle osservazioni da lui formulate in seguito alla comunicazione dell’esposizione della motivazione ( 54 ). |
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118. |
Ne consegue che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel considerare che il regolamento impugnato è stato adottato in violazione dei diritti della difesa del ricorrente. |
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119. |
Inoltre, la comunicazione al sig. Kadi dell’esposizione della motivazione era sufficiente per consentire al medesimo di difendersi dinanzi al giudice dell’Unione e a quest’ultimo di effettuare il controllo di legittimità del regolamento impugnato, secondo le modalità descritte supra. |
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120. |
Il Tribunale è quindi incorso in un errore di diritto considerando, ai punti 182 e 183 della sentenza impugnata, che, non potendo esaminare gli elementi di prova addotti contro il ricorrente, esso non era in grado di procedere al controllo di legittimità del regolamento impugnato, il che l’ha indotto a constatare una violazione del diritto del ricorrente ad un ricorso giurisdizionale effettivo. |
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121. |
Infine, il Tribunale è incorso in un ultimo errore di diritto ritenendo fondate, sulla base della propria constatazione di una violazione dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, le censure del ricorrente concernenti la violazione del principio di proporzionalità nel pregiudizio arrecato dal regolamento impugnato al suo diritto fondamentale al rispetto della proprietà. |
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122. |
Per tutti questi motivi, propongo alla Corte di annullare la sentenza impugnata. |
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123. |
Poiché, a mio parere, le impugnazioni sono fondate, mi sembra non solo giustificato alla luce dell’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, ma anche opportuno al fine di concludere la saga delle cause Kadi, che la stessa Corte statuisca sul ricorso di annullamento del sig. Kadi. Come vedremo nel prosieguo, la maggior parte delle risposte ai vari motivi sollevati dal sig. Kadi discende dalle mie precedenti considerazioni. |
VII – Sul ricorso dinanzi al Tribunale
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124. |
Il ricorrente deduce cinque motivi a sostegno della sua domanda di annullamento del regolamento impugnato. Il primo attiene alla carenza di sufficiente fondamento normativo. Il secondo attiene alla violazione dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva. Il terzo attiene alla violazione dell’obbligo di motivazione previsto dall’articolo 296 TFUE. Il quarto attiene a un errore manifesto nella valutazione dei fatti, mentre il quinto, infine, attiene alla sproporzionata lesione del suo diritto di proprietà. |
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125. |
Per quanto riguarda il motivo concernente la carenza di sufficiente fondamento normativo, il ricorrente sostiene che il regolamento impugnato non è stato adottato conformemente a quanto prevedeva l’articolo 7, paragrafo 1, primo trattino, del regolamento n. 881/2002, nella versione vigente all’epoca. Secondo tale disposizione, «[l]a Commissione è autorizzata (…) a emendare o integrare l’allegato I sulla base delle conclusioni del Consiglio di sicurezza (…) o del comitato per le sanzioni». Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, detta disposizione non ha avuto l’effetto di subordinare l’adozione del regolamento impugnato ad un nuovo «censimento» che conduca ad una nuova iscrizione del sig. Kadi nell’elenco del comitato per le sanzioni. La Commissione si è conformata alla sentenza Kadi della Corte e ha agito in conformità con l’articolo 7, paragrafo 1, primo trattino, del regolamento n. 881/2002 aggiungendo il nome del sig. Kadi all’allegato I di quest’ultimo regolamento al termine di una seconda procedura, questa volta rispettosa dei diritti della difesa del sig. Kadi. Pertanto, il primo motivo dev’essere respinto in quanto infondato. |
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126. |
Per quanto attiene al secondo motivo, concernente la violazione dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, ed al terzo motivo, concernente la violazione dell’obbligo di motivazione previsto dall’articolo 296 TFUE, rinvio alle mie precedenti considerazioni, dalle quali discende che tali motivi devono essere respinti in quanto infondati. |
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127. |
Quanto al quarto motivo, concernente un errore manifesto di valutazione dei fatti, rilevo, in primo luogo, che le discussioni svoltesi sia dinanzi al Tribunale che dinanzi alla Corte non hanno consentito, a mio avviso, di evidenziare un errore manifesto quanto all’esattezza materiale dei fatti, quali riportati nell’esposizione della motivazione. In secondo luogo, ritengo che la Commissione non sia incorsa in un errore manifesto di valutazione considerando, al pari del comitato per le sanzioni, sulla base dell’esposizione della motivazione elaborata da quest’ultimo e al termine degli scambi intercorsi con il ricorrente, che dai fatti accertati dal comitato per le sanzioni emergeva una minaccia per la pace e la sicurezza internazionali di cui il ricorrente non è stato in grado di dimostrare la cessazione dopo la sua prima iscrizione nell’elenco. |
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128. |
Infine, quanto al quinto motivo, concernente un pregiudizio sproporzionato al diritto di proprietà del sig. Kadi, ho già rilevato che, contrariamente alla situazione di cui alla sentenza Kadi della Corte, nella fattispecie tale pregiudizio non può derivare dalla violazione dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, che a mio parere non sussiste. Peraltro, al di là dell’aspetto procedurale della tutela del diritto di proprietà, la violazione di tale diritto non sussiste nel merito. A tale proposito rinvio al ragionamento svolto dalla Corte ai punti da 354 a 366 della sua sentenza Kadi, nonché, per analogia con quanto dichiarato dalla Corte nell’ambito del regime autonomo di congelamento dei capitali, ai punti da 120 a 130 della sua menzionata sentenza Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa. |
VIII – Conclusione
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129. |
Alla luce del complesso delle considerazioni che precedono, suggerisco che la Corte voglia:
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( 1 ) Lingua originale: il francese.
( 2 ) C-402/05 P e C-415/05 P, Racc. pag. I-6351, in prosieguo: la «sentenza Kadi della Corte».
( 3 ) In prosieguo: il «Consiglio di sicurezza».
( 4 ) In prosieguo: il «comitato per le sanzioni».
( 5 ) In prosieguo: l’«elenco».
( 6 ) V. paragrafi da 35 a 46 delle mie conclusioni nella causa ZZ (C-300/11), pendente dinanzi alla Corte.
( 7 ) T-85/09, Racc. pag. II-5177; in prosieguo: la «sentenza impugnata».
( 8 ) GU L 322, pag. 25, in prosieguo: il «regolamento impugnato».
( 9 ) T-315/01, Racc. pag. II-649, in prosieguo: la «sentenza Kadi I del Tribunale».
( 10 ) GU L 139, pag. 9.
( 11 ) T-228/02, Racc. pag. II-4665 (in prosieguo: la «sentenza OMPI»).
( 12 ) T-256/07, Racc. pag. II-3019.
( 13 ) V. punti da 185 a 187 della sentenza impugnata.
( 14 ) V. punto 188 della sentenza impugnata.
( 15 ) V. regolamento di esecuzione (UE) n. 933/2012 della Commissione, dell’11 ottobre 2012, recante centottantesima modifica del regolamento (CE) n. 881/2002 del Consiglio che impone specifiche misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate alla rete Al-Qaeda (GU L 278, pag. 11).
( 16 ) Sulla questione della persistenza dell’interesse ad agire dopo la cancellazione dall’elenco, v. le mie conclusioni nella causa Abdulrahim/Consiglio e Commissione (C-239/12 P, pendente dinanzi alla Corte).
( 17 ) V., ad esempio, sentenza del 24 novembre 1993, Keck e Mithouard (C-267/91 e C-268/91, Racc. pag. I-6097, punto 16).
( 18 ) C-399/06 P e C-403/06 P, Racc. pag. I-11393, punti da 69 a 75.
( 19 ) C-548/09 P, Racc. pag. I-11381, punti da 100 a 103 e 105.
( 20 ) Punto 123 della sentenza impugnata.
( 21 ) Punto 129 della sentenza impugnata.
( 22 ) Punto 135 della sentenza impugnata.
( 23 ) Sentenza Kadi della Corte (punto 326). La Corte menziona l’esigenza di un «esame» in linea di principio completo anche al punto 330 della sua sentenza.
( 24 ) Ibidem (punto 327).
( 25 ) V. punto 185 della sentenza impugnata.
( 26 ) V. punto 142 della sentenza impugnata.
( 27 ) V. punto 143 della sentenza impugnata.
( 28 ) V., a tale proposito, il richiamo operato dal Tribunale, al punto 142 della sentenza impugnata, alla sentenza della Corte del 22 novembre 2007, Spagna/Lenzing (C-525/04 P, Racc. pag. I-9947, punto 57 e giurisprudenza ivi citata). Secondo tale giurisprudenza, l’esistenza di un potere discrezionale in materia economica non esclude «un controllo approfondito tanto in fatto quanto in diritto». V. sentenza dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione (C-386/10 P, Racc. pag. I-13085, punti 54 e 62). V. anche sentenza del 24 gennaio 2013, Frucona Košice/Commissione (C-73/11 P, punti 75 e 76).
( 29 ) V. sentenza del 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa (C-539/10 P e C-550/10 P, punto 69).
( 30 ) Sentenza Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al Aqsa, cit. (punto 120).
( 31 ) V., in tal senso, sentenza del Tribunale del 2 settembre 2009, El Morabit/Consiglio (T-37/07 e T-323/07, punto 43).
( 32 ) Punto 291 e giurisprudenza ivi citata.
( 33 ) Punto 293.
( 34 ) Punto 294.
( 35 ) Punto 296.
( 36 ) Dichiarazione allegata all’atto finale della Conferenza intergovernativa che ha adottato il Trattato di Lisbona.
( 37 ) C-130/10.
( 38 ) Regolamento del Consiglio, del 22 dicembre 2009, recante modifica del regolamento (CE) n. 881/2002 che impone specifiche misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai Talibani (GU L 346, pag. 42).
( 39 ) Punto 71 della sentenza Parlamento/Consiglio, cit.
( 40 ) Punto 342.
( 41 ) Punto 344.
( 42 ) Sentenza del 29 aprile 2010, M e a. (C-340/08, Racc. pag. I-3913, punto 54). V. anche, nel medesimo senso, sentenza Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa, cit. (punto 67).
( 43 ) La revisione integrale dell’elenco prevista dalla risoluzione 1822(2008) del 30 giugno 2008 testimonia che il Consiglio di sicurezza si assicura che la sua azione di contrasto al terrorismo sia adeguata all’evoluzione della minaccia.
( 44 ) V. dodicesima relazione del Gruppo di sostegno analitico e di vigilanza sulle sanzioni, presentata in applicazione della risoluzione 1989 (2011) concernente Al-Qaeda e le persone ed entità ad essa associate (punto 31).
( 45 ) Conferenza di Città del Messico del 24 giugno 2011, allegato I della controreplica della Repubblica francese.
( 46 ) Per un’analisi approfondita delle circostanze che hanno indotto il giudice dell’Unione a modulare il suo controllo giurisdizionale, v. Bouveresse, A., «Le pouvoir discrétionnaire dans l’ordre juridique communautaire», Bruylant, 2010, pagg. 309 e segg.
( 47 ) Jacqué, J.-P., Conclusioni, «Le droit à un procès équitable au sens du droit de l’Union européenne», Anthemis, 2012, pag. 325.
( 48 ) Labayle, H. e Mehdi, R., «Le contrôle juridictionnel de la lutte contre le terrorisme: Les black lists de l’Union dans le prétoire de la Cour de justice», Revue trimestrielle de droit européen, 2009, pag. 259.
( 49 ) Ritleng, D., «Le juge communautaire de la légalité et le pouvoir discrétionnaire des institutions communautaires», AJDA, 1999, pag. 645. Tale rapporto dialettico è stato espresso dalla Corte nella sua sentenza del 21 novembre 1991, Technische Universität München (C-269/90, Racc. pag. I-5469, punto 14).
( 50 ) V. Ritleng D., in «Contentieux de l’Union européenne», 1, Annulation, Exception d’illégalité, Lamy, 2011, pag. 218.
( 51 ) V., in particolare, sentenze Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa, cit. (punti 138 e segg.), e del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba (C-417/11 P, punti 49 e segg.).
( 52 ) V., in particolare, sentenze cit. Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa (punti 139 e 140), e Consiglio/Bamba (punto 53).
( 53 ) Con l’ausilio del mediatore e del gruppo di sorveglianza dopo la risoluzione 1904 (2009).
( 54 ) Per una sintesi della lettera inviata dalla Commissione l’8 dicembre 2008 al sig. Kadi in risposta alle sue osservazioni, rinvio al paragrafo 27 delle presenti conclusioni.