CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
PEDRO CRUZ VILLALÓN
presentate il 19 luglio 2012 ( 1 )
Causa C-577/10
Commissione europea
contro
Regno del Belgio
«Inadempimento di uno Stato — Articolo 56 TFUE — Libera prestazione dei servizi — Normativa nazionale che prescrive un obbligo di previa dichiarazione ai prestatori di servizi stabiliti in altri Stati membri — Lavoratori autonomi — Discriminazione — Disparità di trattamento giustificata da ragioni obiettive — Ostacolo alla libera prestazione dei servizi — Sanzioni penali — Giustificazioni — Prevenzione delle frodi — Tutela nei confronti della concorrenza sleale — Tutela dei lavoratori — Lavoratori autonomi economicamente dipendenti — “Falsi lavoratori autonomi” — Proporzionalità — Principio di coerenza»
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1. |
Con il presente ricorso per inadempimento la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare incompatibile con la libera prestazione dei servizi ai sensi dell’articolo 56 TFUE il meccanismo previsto dal Regno del Belgio che impone ai prestatori di servizi stabiliti in un altro Stato membro di rendere una previa dichiarazione (sistema denominato «Limosa») ( 2 ). La Commissione ritiene, in via principale, che tale sistema costituisca una discriminazione, non giustificata da alcun motivo di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica ai sensi dell’articolo 52 TFUE. In subordine, l’Istituzione si chiede, tuttavia, se tale meccanismo possa essere giustificato alla luce dell’obiettivo di interesse generale invocato dal Regno del Belgio relativo alla necessità di esercitare i controlli indispensabili per garantire esigenze imperative di interesse generale, arrivando a concludere che, in ogni caso, esso non è necessario per la realizzazione dei suddetti obiettivi ed è sproporzionato. |
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2. |
Dato che il carattere «specificamente applicabile» del sistema Limosa, ai sensi della giurisprudenza della Corte, non può essere facilmente messo in discussione, si tratta di stabilire se il caso de quo possa essere esaminato alla luce della tesi dedotta in via subordinata dalla Commissione, come la Corte ha potuto fare riguardo a misure inerenti alle prestazioni di servizi rese mediante il distacco di lavoratori subordinati. |
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3. |
La particolarità della presente controversia consiste, infatti, nella circostanza che, a differenza delle controversie analoghe o simili di cui la Corte si è occupata sino a oggi, relative a misure che riguardavano prestatori di servizi che agivano mediante il distacco dei loro lavoratori subordinati in uno Stato membro diverso dal loro Stato membro di stabilimento, il sistema Limosa viene messo in discussione dalla Commissione nella parte riguardante i prestatori di servizi stessi quali lavoratori autonomi. |
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4. |
In questa sede propongo alla Corte di affrontare il ricorso per inadempimento relativo ai lavoratori autonomi qui in questione adottando un approccio analogo a quello assunto nell’esame delle controversie relative ai lavoratori subordinati distaccati e, quindi, di superare la tesi secondo cui il sistema Limosa sarebbe discriminatorio e non giustificato da uno dei motivi indicati all’articolo 52 TFUE, inserendola nel quadro dell’analisi delle esigenze imperative di interesse generale invocate dal Regno del Belgio. Si tratterà, più precisamente, di prendere in considerazione il fatto che la situazione reale dei lavoratori autonomi può, in quanto tale e a determinate condizioni, celare situazioni non meno meritevoli di protezione di quelle dei lavoratori subordinati, in particolare nel caso dei «lavoratori autonomi economicamente dipendenti», talvolta qualificati come «lavoratori autonomi subordinati dal punto di vista economico» o «lavoratori parasubordinati» ( 3 ), ma anche di prendere in considerazione fenomeni più irregolari quali, tipicamente, quello dei «falsi lavoratori autonomi». Tuttavia, dal momento che il sistema Limosa prevede un obbligo preventivo generale per l’esercizio di una buona parte delle prestazioni di servizi, esso richiede un esame particolarmente rigoroso quanto alla sua necessità e proporzionalità e, in definitiva, alla sua coerenza. |
I – La normativa nazionale
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5. |
Le norme nazionali contestate dalla Commissione nel quadro del suo ricorso per inadempimento sono costituite dagli articoli 137, punto 8, 138, terzo trattino, 153 e 157, punto 3, della legge programmatica del 27 dicembre 2006 ( 4 ), nella versione in vigore dal 1o aprile 2007, collocati nel capo VIII dedicato alla previa dichiarazione per i lavoratori subordinati e i lavoratori autonomi distaccati. Detta previa dichiarazione s’inserisce in un progetto più ampio, volto a creare in Belgio uno sportello unico per tutte le pratiche in materia di lavoro, vale a dire il sistema Limosa. |
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6. |
L’articolo 137 della legge programmatica controversa prevede quanto segue: «Ai fini dell’applicazione del presente capo e dei relativi decreti attuativi: (…)
(…)» |
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7. |
L’articolo 138 della legge programmatica controversa precisa quanto segue: «Il presente capo si applica: (…) ai lavoratori autonomi distaccati; (…)». |
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8. |
L’articolo 153 della legge programmatica controversa stabilisce quanto segue: «Prima di iniziare a svolgere l’attività professionale, un lavoratore autonomo distaccato sul territorio belga deve, in proprio o per il tramite di un suo rappresentante, rendere presso l’Institut national d’assurances sociales pour travailleurs indépendants una dichiarazione per via elettronica, in conformità dell’articolo 154, secondo le modalità stabilite dal Re. Prima dell’inizio del suo tirocinio sul territorio belga, il tirocinante autonomo distaccato o l’istituzione presso la quale egli compie i suoi studi o la sua formazione professionale devono rendere, presso l’Institut national d’assurances sociales pour travailleurs indépendants, una dichiarazione per via elettronica, in conformità dell’articolo 154, secondo le modalità stabilite dal Re. Qualora il lavoratore autonomo o il suo rappresentante o il tirocinante autonomo distaccato o l’istituzione presso la quale questi compie i suoi studi o la sua formazione professionale siano impossibilitati a rendere detta dichiarazione per via elettronica, essi la possono indirizzare, a mezzo fax o a mezzo posta, all’Institut national d’assurances sociales pour travailleurs indépendants, secondo le modalità stabilite da detta istituzione. Immediatamente dopo il compimento della dichiarazione di cui ai commi che precedono, il dichiarante riceve un avviso di ricevimento a norma dell’articolo 3 della citata legge del 24 febbraio 2003. Quando la dichiarazione viene resa per fax o a mezzo posta, l’Institut national d’assurances sociales pour travailleurs indépendants invia a mezzo fax o a mezzo posta un avviso di ricevimento sulla base di un modello da esso predisposto. Il Re stabilisce il termine entro il quale è possibile annullare una previa dichiarazione. Se il distacco si protrae oltre il termine inizialmente previsto, il dichiarante deve rendere una nuova dichiarazione entro il termine del periodo di distacco inizialmente previsto». |
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9. |
L’articolo 157 della legge programmatica controversa così dispone: «Fatti salvi gli articoli 269-274 del codice penale, sono puniti con la reclusione da otto giorni a un anno e con un’ammenda da EUR 500 a EUR 2 500 o soltanto con una di dette pene: (…)
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II – Procedimento precontenzioso
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10. |
Con comunicazione del 22 giugno 2007, la Commissione richiamava l’attenzione del Regno del Belgio sui problemi che, a suo avviso, l’obbligo imposto, nel quadro del sistema Limosa, ai prestatori autonomi di servizi di registrarsi e di rendere una dichiarazione preliminarmente alla loro attività sollevava con riguardo all’articolo 49 CE (divenuto l’articolo 56 TFUE) e lo invitava a trasmettere tutte le informazioni utili al fine di comprendere tale sistema, oltre alle ragioni che giustificavano l’introduzione di un simile obbligo generalizzato di dichiarazione. |
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11. |
Con comunicazione del 12 luglio 2007, il Regno del Belgio illustrava il contesto e la filosofia alla base del sistema Limosa, sottolineando che esso perseguiva numerosi obiettivi legittimi, nella fattispecie la semplificazione amministrativa e la raccolta di informazioni statistiche affidabili, oltre al miglioramento della sorveglianza e del controllo delle attività straniere in Belgio. |
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12. |
Con comunicazione del 2 febbraio 2009, la Commissione ribadiva, tuttavia, le proprie riserve sul sistema Limosa, intimando al Regno del Belgio di presentare le proprie osservazioni in merito e di rispondere ad una serie di quesiti. La Commissione affermava che le disposizioni della legge programmatica controversa costituivano certamente un ostacolo alla libera prestazione dei servizi, se non addirittura una discriminazione indiretta sulla base della nazionalità. A suo parere, le giustificazioni addotte dal Regno del Belgio non corrispondevano peraltro a nessuna delle tre esigenze menzionate all’articolo 46 CE, non integravano motivi imperativi di interesse generale e non superavano, in ogni caso, il test di proporzionalità. |
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13. |
Con comunicazione del 31 marzo 2009, il Regno del Belgio rispondeva alle osservazioni formulate dalla Commissione nella sua lettera di diffida, prendendo atto, innanzitutto, della circostanza che essa si riferiva soltanto ai prestatori autonomi di servizi e non a quelli rientranti nel campo di applicazione della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi ( 5 ). Lo Stato membro osservava che l’obiettivo generale dell’obbligo di dichiarazione Limosa era la sorveglianza e il controllo delle attività straniere in Belgio al fine di garantire la protezione sociale degli interessi legittimi di tutte le parti interessate, di mantenere l’equilibrio finanziario del sistema di previdenza sociale, di contrastare le frodi a danno dei sistemi sociali, le frodi fiscali e la concorrenza sleale, oltre alla raccolta di informazioni statistiche affidabili e alla semplificazione amministrativa. Il sistema Limosa permetterebbe, in particolare, di contrastare il fenomeno dei falsi lavoratori autonomi e, più precisamente, le condotte fraudolente volte ad aggirare le norme minime della direttiva 96/71 in materia di protezione sociale mediante l’inquadramento dei lavoratori distaccati come autonomi. |
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14. |
Con parere motivato dell’8 ottobre 2009, inviato alle autorità belghe con lettera del 9 ottobre 2009, la Commissione reiterava le proprie censure nei confronti della dichiarazione Limosa, precisando che riteneva le disposizioni degli articoli 137, punto 8, 138, terzo trattino, 153 e 157, punto 3, della legge programmatica controversa incompatibili con l’articolo 56 TFUE, nella parte in cui si riferivano ai prestatori autonomi di servizi, riservandosi il diritto di esaminare ulteriormente, se del caso, la situazione dei lavoratori distaccati ai sensi della direttiva 96/71. |
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15. |
Con comunicazione dell’11 dicembre 2009, in replica al parere motivato, il Regno del Belgio ribadiva integralmente la propria posizione. Continuando a negare che il sistema Limosa potesse essere considerato quale ostacolo alla libera prestazione di servizi da parte dei lavoratori autonomi, il Regno del Belgio sottolineava nuovamente che tale ostacolo era in ogni caso giustificato, in particolare, dagli obiettivi perseguiti, vale a dire la protezione sociale dei lavoratori, il mantenimento dell’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale e la prevenzione efficace delle frodi, e che il sistema de quo rappresentava il mezzo meno restrittivo per realizzare detti obiettivi. |
III – Il procedimento dinanzi alla Corte
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16. |
Ciò premesso, con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 10 dicembre 2010, la Commissione ha proposto il presente ricorso. |
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17. |
Con ordinanza del presidente della Corte dell’11 aprile 2011 è stato ammesso l’intervento del Regno di Danimarca a sostegno delle conclusioni del Regno del Belgio. |
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18. |
Il Regno del Belgio, il Regno di Danimarca e la Commissione sono stati sentiti all’udienza del 29 marzo 2012. |
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19. |
La Commissione chiede che la Corte voglia:
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20. |
Il Regno del Belgio chiede che la Corte voglia:
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IV – Analisi
A – Sintesi degli argomenti delle parti
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21. |
La Commissione afferma, in via principale, che il sistema Limosa costituisce una restrizione discriminatoria alla libera prestazione di servizi dei lavoratori autonomi, che non può, eventualmente, essere giustificata per i motivi indicati all’articolo 52 TFUE, relativi all’ordine pubblico, alla pubblica sicurezza e alla sanità pubblica. Dal momento che il Regno del Belgio non ha invocato nessuna delle suddette giustificazioni, la Commissione invita, di conseguenza, la Corte ad accertare il suo inadempimento agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 56 TFUE. All’udienza, la Commissione ha confermato che chiedeva, in via principale, l’accertamento dell’inadempimento del Regno del Belgio solo su tale base. |
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22. |
La Commissione ribadisce, tuttavia, che il suo ricorso si riferisce unicamente ai lavoratori autonomi distaccati e non ai lavoratori subordinati distaccati che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 96/71, con la conseguenza che la giurisprudenza in materia, in particolare la sentenza del 19 gennaio 2006, Commissione/Germania ( 6 ), pur potendo costituire un termine di paragone e un elemento di riflessione, non è però pertinente, dal momento che le specificità delle rispettive fattispecie dei prestatori di servizi (lavoratori autonomi) e dei lavoratori subordinati distaccati impediscono di stabilire paralleli in modo sistematico. |
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23. |
In via subordinata, la Commissione ha tuttavia esaminato diffusamente nel suo atto introduttivo del ricorso i diversi obiettivi di interesse generale invocati dal Regno del Belgio per giustificare il sistema Limosa, oltre alla necessità e alla proporzionalità di quest’ultimo, giungendo alla conclusione che detto sistema costituisce, in ogni caso, una restrizione ingiustificata alla libera prestazione di servizi da parte dei lavoratori autonomi. |
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24. |
Il Regno del Belgio, sostenuto sostanzialmente dal Regno di Danimarca, ritiene per contro che il suddetto sistema non possa essere qualificato come discriminatorio, dal momento che esso si applica anche ai cittadini belgi stabiliti negli altri Stati membri e che, d’altra parte, la situazione dei prestatori di servizi stabiliti in Belgio non è, in ogni caso, equiparabile a quella dei prestatori di servizi stabiliti negli altri Stati membri. A suo parere, inoltre, il sistema Limosa non comporta altro che una minima restrizione alla libera prestazione dei servizi, i suoi effetti su tale libertà sono troppo indiretti e aleatori per giustificare un suo divieto sulla base dell’articolo 56 TFUE e, comunque, esso è giustificato da motivi imperativi di interesse generale ed è perfettamente in linea con il principio di proporzionalità. |
B – Osservazioni preliminari
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25. |
In via preliminare occorre osservare che la Corte ha avuto più volte modo di conoscere di ricorsi per inadempimento o di rispondere a questioni pregiudiziali inerenti ai diversi aspetti dell’applicazione ai lavoratori subordinati distaccati sia della direttiva 96/71 ( 7 ), sia dell’articolo 56 TFUE ( 8 ) e, talvolta, di entrambi contemporaneamente ( 9 ). È invece la prima volta che essa è chiamata a dirimere una controversia della stessa natura, ma riguardante, in questo caso, specificatamente i prestatori di servizi quali lavoratori autonomi ( 10 ). |
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26. |
Se è evidente, come osservato dalla Commissione, che la giurisprudenza della Corte relativa, nello specifico, alla direttiva 96/71 non risulta direttamente pertinente, nel senso che non può essere trasposta puramente e semplicemente nel quadro della presente controversia, ciò non toglie che l’insieme di tali decisioni forma un quadro giurisprudenziale di riferimento che può e deve ispirare, almeno in parte, la risposta da dare alla questione sollevata nella presente controversia. |
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27. |
L’idea principale che emerge dalla menzionata giurisprudenza è che la Corte ha seguito un approccio prudente e articolato quando si è trovata ad affrontare misure nazionali che implichino una restrizione alla libera prestazione di servizi e che potrebbero essere giustificate dalla necessità di garantire esigenze imperative di interesse generale. Anche laddove misure di tal genere siano, per loro natura, applicabili a casi specifici e possano, pertanto, essere subito condannate come discriminatorie, la Corte si è tuttavia astenuta dal qualificarle sistematicamente come tali, sforzandosi, invece, di esaminare, in modo rigoroso, la fondatezza delle relative giustificazioni, laddove siano state invocate, nonché la loro necessità e la loro proporzionalità ( 11 ). |
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28. |
Questo approccio continua tuttavia a risultare in contrasto con quello, in definitiva più ortodosso, che considera discriminatorie le misure che non siano indistintamente applicabili. La sentenza resa dalla Corte il 18 luglio 2007, nella causa Commissione/Germania ( 12 ), illustra in modo particolarmente chiaro questo dualismo e la spiccata attenzione prestata dalla Corte alle giustificazioni dedotte dagli Stati membri allorquando sono in causa ragioni imperative di controllo ( 13 ). |
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29. |
Se è pur vero che l’approccio generale seguito dalla Corte nelle varie cause menzionate supra, che presentano analogie con la fattispecie in esame, non appare sempre del tutto coerente con il resto della giurisprudenza in materia di libera prestazione di servizi, né con il resto della giurisprudenza relativa ad altre libertà, si rinvengono comunque considerazioni fondamentali che spiegano e giustificano tale approccio. |
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30. |
Occorre, a tal proposito, soffermarsi sul fatto che la Corte ha sottolineato, in più occasioni, di aver riconosciuto agli Stati membri la facoltà di verificare l’osservanza delle disposizioni nazionali e dell’Unione in materia di prestazione di servizi ( 14 ) o, ancora, di aver ammesso la fondatezza di misure di controllo necessarie ai fini della verifica del rispetto di esigenze esse stesse giustificate da motivi di interesse pubblico ( 15 ), non senza precisare che detti controlli dovevano rispettare i limiti posti dal diritto dell’Unione ( 16 ) e non potevano, in ogni caso, vanificare la libera prestazione dei servizi ( 17 ). |
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31. |
Nella sua sentenza dos Santos Palhota e a. ( 18 ), in particolare, la Corte ha precisato che gli Stati membri restano, segnatamente, liberi di definire, nel rispetto del TFUE e dei principi generali del diritto, le disposizioni amministrative accessorie destinate a consentire la verifica dell’osservanza delle discipline nazionali sostanziali relative alle condizioni di lavoro e di impiego dei lavoratori distaccati coordinate dalla direttiva 96/71 ( 19 ). |
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32. |
In un contesto leggermente diverso, la Corte ha altresì ammesso che lo Stato membro destinatario può, entro certi limiti e nel rigoroso rispetto del diritto dell’Unione, adottare le disposizioni necessarie a impedire che la libertà garantita dall’articolo 56 TFUE non sia sviata dalla sua finalità o impiegata dal prestatore di servizi per fini fraudolenti ( 20 ). |
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33. |
Il Regno del Belgio e il Regno di Danimarca affermano essenzialmente che la disparità di trattamento creata dalla legge programmatica controversa tra le due categorie di prestatori di servizi è obiettivamente giustificata dalla diversa situazione in cui detti soggetti si trovano con riguardo ai controlli che tali paesi ritengono di dover continuare a compiere, in mancanza di un’armonizzazione delle normative nazionali, in particolare, nel settore dell’impiego e del lavoro ( 21 ), controlli essi stessi indispensabili per tutelare le esigenze imperative d’interesse generale peraltro invocate dal Regno del Belgio e relative alla lotta contro le frodi in generale e contro i «falsi lavoratori autonomi» in particolare, alla prevenzione della concorrenza sleale e del dumping sociale oltre che alla protezione dei lavoratori. |
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34. |
Di conseguenza, in linea con l’orientamento generale che emerge dalla giurisprudenza, esaminerò nel prosieguo se il sistema Limosa costituisca un ostacolo alla libera prestazione di servizi (parte 1), se possa eventualmente essere giustificato da motivi imperativi d’interesse generale (parte 2) e, in caso affermativo, se sia perfettamente conforme alle prescrizioni che derivano dal principio di proporzionalità (parte 3). |
C – L’esame del sistema Limosa alla luce della libera prestazione dei servizi
1. Un sistema deterrente che costituisce un ostacolo alla libera prestazione dei servizi
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35. |
Non vi è dubbio che il sistema Limosa costituisce un ostacolo alla libera prestazione dei servizi, dal punto di vista tanto dei prestatori di servizi interessati, quanto dei destinatari di tali servizi stabiliti in Belgio. |
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36. |
È innanzitutto il nucleo stesso del sistema Limosa, la sua ispirazione per così dire, a scoraggiare innanzitutto i prestatori di servizi che intendano esercitare le proprie attività in Belgio, per il fatto stesso di imporre loro, da un lato, di registrarsi, mediante creazione di un conto, e, dall’altro, di fornire, di norma preliminarmente ad ogni prestazione e utilizzando i dati di detto conto, talune informazioni dettagliate, tra cui in particolare la data e la durata, la natura e il luogo di esecuzione della prestazione oltre ai dati identificativi del cliente stabilito in Belgio. Queste pratiche comportano di certo un onere amministrativo non trascurabile, in particolare per gli artigiani e le piccole imprese che non dispongono di personale adatto a svolgerle e specialmente riguardo alle prestazioni di servizi di brevissima durata che richiedono un intervento molto rapido. |
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37. |
Il sistema Limosa scoraggia altresì i destinatari dei servizi, imponendo loro, a pena di sanzioni penali, di segnalare i prestatori di servizi che non mostrino loro l’avviso di ricevimento attestante il compimento della dichiarazione Limosa. |
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38. |
A tal proposito, il Regno del Belgio sostiene, tuttavia, che il sistema Limosa ha un effetto troppo trascurabile o troppo indiretto e aleatorio sulla libera prestazione dei servizi per essere qualificato come un ostacolo. |
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39. |
Questi due argomenti vanno disattesi. Anche a prescindere dal fatto che la Corte, nel quadro della libera prestazione dei servizi, non ha mai accolto argomenti di tale natura, sarà sufficiente osservare, come affermato dalla Commissione, che se l’importanza o l’intensità dell’effetto restrittivo di una misura sulla libera prestazione dei servizi può eventualmente essere presa in considerazione in sede di esame della sua proporzionalità, essa non costituisce peraltro un ostacolo alla qualificazione di detta misura come restrittiva ( 22 ). |
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40. |
Il sistema Limosa può pertanto essere ritenuto ammissibile soltanto laddove possa essere giustificato da esigenze imperative di interesse generale, purché l’interesse protetto non sia salvaguardato dalla legge dello Stato membro di stabilimento, soddisfi integralmente i requisiti di chiarezza, certezza del diritto ( 23 ) e coerenza, sia assolutamente proporzionato, nel senso che non superi quanto obiettivamente necessario a tal fine, e il risultato non possa essere ottenuto mediante provvedimenti meno incisivi ( 24 ). |
2. Giustificazioni plausibili
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41. |
Dalle principali argomentazioni dedotte dal Regno del Belgio, così come dalle risposte della Commissione, emerge che l’ostacolo alla libera prestazione dei servizi costituito dal sistema Limosa potrebbe essere giustificato da obiettivi di interesse generale volti, innanzitutto, alla protezione dei lavoratori autonomi, ma anche, più in generale, alla protezione dei lavoratori autonomi economicamente indipendenti e alla protezione dei lavoratori subordinati attraverso la lotta ai «falsi lavoratori autonomi», che esaminerò in seguito. |
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42. |
Il Regno del Belgio ha, infatti, dedotto tre ordini di giustificazioni, il primo attinente alla prevenzione della concorrenza sleale, vista nella sua dimensione sociale, che comprenderebbe la lotta al dumping sociale ( 25 ), il secondo relativo al mantenimento dell’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale e alla necessità di prevenire le frodi, di combattere gli abusi e, segnatamente, di contrastare i falsi lavoratori autonomi, e il terzo relativo alla necessità di garantire la protezione dei lavoratori autonomi stessi, le loro condizioni di impiego e di lavoro e, in particolare, la loro salute e la loro sicurezza, in linea con quanto prescritto dall’Unione europea ( 26 ), come ha affermato il Regno di Danimarca. |
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43. |
A questo proposito, la Commissione ha affermato che il Regno del Belgio si è limitato a invocare gli obiettivi della lotta contro le frodi e il rischio di elusione delle regole che disciplinano la libera circolazione dei lavoratori attraverso i «falsi lavoratori autonomi», senza indicare il benché minimo elemento preciso che permetta di valutare la necessità e la proporzionalità delle misure adottate. Così facendo, come ha sottolineato il Regno del Belgio, la Commissione riconosce, in linea di principio, la fondatezza delle misure di controllo necessarie per la lotta contro le frodi e gli abusi, contestando tuttavia che il sistema Limosa, tenuto conto della filosofia che ne è alla base e delle concrete modalità di applicazione, possa soddisfare i criteri di necessità e proporzionalità. |
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44. |
Occorre sottolineare, in limine, che non vi è dubbio che la necessità di garantire la protezione della salute, della sicurezza e dell’igiene dei lavoratori autonomi o, più in generale, delle loro condizioni d’impiego e di lavoro ( 27 ), costituisce un obiettivo degno di protezione, che si distingue dalle eccezioni alla libera prestazione di servizi relative alla sanità pubblica o alla pubblica sicurezza oggetto dell’articolo 46 CE e che, in mancanza di un’armonizzazione delle legislazioni in materia ( 28 ), essa costituisce un’esigenza imperativa d’interesse generale idonea a giustificare una restrizione alla libera prestazione dei servizi. |
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45. |
È sufficiente, a tal proposito, ricordare che il diritto primario, in particolare, le disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 3, TUE, dell’articolo 9 TFUE e dell’articolo 31 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, garantisce ormai un elevato grado di protezione sociale ai lavoratori, senza distinguere sempre i lavoratori subordinati dagli altri e che, come ho già avuto modo di illustrare nelle mie conclusioni nella causa dos Santos Palhota e a. ( 29 ), si deve ormai tener conto di dette disposizioni nell’interpretare le norme di diritto primario che definiscono le libertà. |
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46. |
Occorre precisare, in questo contesto, che tutti i lavoratori devono beneficiare dell’elevato grado di protezione perseguito dall’Unione, sia i lavoratori subordinati sia i lavoratori autonomi, ma anche tutti i lavoratori che si trovino in una situazione intermedia, risultando necessario un controllo particolare per quanto attiene ai lavoratori autonomi in posizione di dipendenza economica o i lavoratori a loro assimilabili ( 30 ). |
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47. |
La Corte ha peraltro avuto modo di riconoscere, quale esigenza imperativa di interesse generale idonea a giustificare una restrizione alla libera prestazione dei servizi, la lotta contro le frodi in generale, in particolare nel settore del gioco d’azzardo ( 31 ), o più specificatamente contro le frodi fiscali ( 32 ), ma non ha ancora avuto occasione di esaminare detta giustificazione nel quadro di un contesto come quello della presente controversia. |
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48. |
Benché sembri che il legislatore dell’Unione non abbia considerato, sino ad oggi, i «falsi lavoratori autonomi» come un problema specifico ( 33 ), né che abbia mai cercato di definire cosa potesse nascondere detta realtà ( 34 ), ciò non toglie che esso si riferisce a tale fenomeno in numerosi documenti ( 35 ) e che si possono rinvenire dati che ne attestano l’importanza ( 36 ), il che è sufficiente a permettere di dare il corretto valore alla giustificazione invocata dal Regno del Belgio. |
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49. |
Nel caso di specie, si deve riconoscere che la necessità di contrastare il fenomeno dei falsi lavoratori autonomi e di esercitare i controlli a tal fine necessari costituisce un’esigenza imperativa di interesse generale idonea a giustificare una restrizione alla libera prestazione dei servizi. Tale esigenza, che consente, in particolare, di garantire il rispetto delle norme minime della direttiva 96/71, si ricollega alla protezione dei lavoratori, che la Corte, da molto tempo, riconosce come esigenza imperativa di interesse generale ( 37 ). |
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50. |
L’obiettivo di contrastare i falsi lavoratori autonomi potrebbe anche ricollegarsi all’obiettivo della prevenzione della concorrenza sleale, riconosciuto dalla Corte come esigenza imperativa d’interesse generale ( 38 ), e, più in generale, all’obiettivo della prevenzione del dumping sociale invocata dal Regno del Belgio ( 39 ), nella misura in cui, come ha sottolineato la Commissione nei suoi atti, esso concorre a realizzare l’obiettivo della protezione sociale dei lavoratori subordinati, quali sono in realtà i falsi lavoratori autonomi. |
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51. |
Se si può ammettere che il sistema Limosa risponde a motivi imperativi di interesse generale, quali la protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori autonomi e la lotta contro i falsi lavoratori autonomi, le restrizioni alla libera prestazione di servizi che esso comporta possono tuttavia essere tollerate soltanto nella misura in cui risultino perfettamente proporzionate, vale a dire siano idonee a garantire la realizzazione degli obiettivi perseguiti e non eccedano quanto necessario per raggiungerli. |
3. Eccessività dei requisiti rispetto agli obiettivi perseguiti
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52. |
La Commissione afferma che, in ogni caso e al di là del suo carattere discriminatorio, il sistema Limosa, per la sua filosofia, il suo ambito e le sue modalità di applicazione, eccede ampiamente i limiti di tollerabilità del diritto dell’Unione. |
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53. |
L’Istituzione sottolinea, innanzitutto, che il sistema Limosa implica un’inversione del principio, vale a dire della libera prestazione dei servizi, e della sua eccezione, e che esso, tenuto conto della sua portata estremamente vasta e trasversale e del suo carattere preventivo, introduce una presunzione generale di frode non fondata su alcun elemento statistico. Essa dubita poi della coerenza del sistema Limosa e del fatto che esso sia adatto a conseguire gli obiettivi indicati dal Regno del Belgio, essendo esclusa ogni possibilità di controlli a sorpresa in loco nei casi in cui i prestatori di servizi sono esentati dall’obbligo di dichiarazione o sono soggetti soltanto a una dichiarazione semplificata. Per quanto attiene agli obblighi di cooperazione amministrativa gravanti sugli Stati membri e, in particolare, a quelli attuati con la direttiva 2006/123, essa ritiene infine che il sistema Limosa non sia necessario per conseguire l’obiettivo della lotta contro le frodi, in generale, e contro i falsi lavoratori autonomi, in particolare. |
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54. |
Si deve innanzitutto osservare che, da un lato, il termine per il recepimento della direttiva 2006/123 scadeva il 28 dicembre 2009, vale a dire in un momento successivo alla data del parere motivato, e, dall’altro, come ha sottolineato il Regno del Belgio, il meccanismo che essa istituisce opera verosimilmente solo dopo l’entrata in vigore delle misure pratiche di attuazione ( 40 ). Detta direttiva non può pertanto essere presa in considerazione nel conoscere del presente ricorso per inadempimento. È quindi principalmente alla luce degli insegnamenti della giurisprudenza della Corte che verrà esaminata la proporzionalità del sistema Limosa, con la precisazione che, se il meccanismo di cooperazione istituito dalla direttiva 2006/123 può eventualmente costituire un punto di riferimento ( 41 ), esso attesta, anzitutto, la necessità di prevedere strumenti che consentano agli Stati membri di esercitare i propri poteri di controllo nel rigoroso rispetto, in particolare, dei principi della libera prestazione dei servizi e della proporzionalità. |
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55. |
Occorre peraltro sottolineare che la Commissione sostiene che è il sistema Limosa in sé, vale a dire la filosofia che ne è alla base e il suo funzionamento, a dover essere qualificato come non necessario e/o sproporzionato, e non soltanto alcuni dei suoi aspetti, quali le sanzioni di cui è corredato o l’obbligo per il prestatore dei servizi di produrre l’avviso di ricevimento comprovante l’adempimento delle formalità di previa dichiarazione. |
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56. |
A tal proposito, si deve ricordare che la Corte ha riconosciuto in più occasioni con riferimento ai lavoratori subordinati, che l’esigenza di una semplice previa dichiarazione può rappresentare un mezzo necessario e appropriato per permettere allo Stato membro, sul cui territorio venga eseguita la prestazione, di controllare che la libertà di prestazione dei servizi non venga utilizzata per un fine diverso dall’esecuzione della prestazione in parola o che i lavoratori interessati si trovino in una situazione regolare, in particolare in termini di residenza, di autorizzazione al lavoro e di copertura assicurativa, nello Stato di stabilimento del prestatore ( 42 ). |
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57. |
Nel caso di specie, si può ammettere, in linea di principio, che l’obbligo di rendere una previa dichiarazione circa la data, il luogo di compimento di una prestazione di servizi e il nome del destinatario di detta prestazione, imposto dal sistema Limosa ai prestatori di servizi stabiliti in uno Stato membro diverso dal Regno del Belgio, sia necessario per compiere i controlli indispensabili per garantire sia il rispetto delle norme minime della direttiva 96/71 in materia di protezione sociale (lotta contro i falsi lavoratori autonomi) sia la protezione delle condizioni di impiego e di lavoro dei lavoratori autonomi (protezione dei veri lavoratori autonomi). Si deve riconoscere che, in mancanza di tali informazioni, è praticamente impossibile per lo Stato membro di destinazione effettuare controlli a sorpresa in loco. In mancanza di meccanismi di cooperazione amministrativa tra gli Stati membri e a differenza di quanto previsto per i lavoratori autonomi stabiliti sul suo territorio, è inoltre praticamente impossibile per lo Stato membro di destinazione ricercare e raccogliere rapidamente le informazioni indispensabili per compiere tali controlli. |
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58. |
Tuttavia, il fatto che un meccanismo di previa dichiarazione, come il sistema Limosa, sia necessario per effettuare i controlli indispensabili a garantire la tutela delle esigenze imperative di interesse generale non è sufficiente per affermare la sua perfetta compatibilità con il principio della libera prestazione dei servizi. Un simile sistema deve, anzitutto, risultare idoneo a garantire il pieno raggiungimento degli obiettivi perseguiti e gli obblighi che esso impone non devono rappresentare un onere eccessivo per gli operatori economici interessati, tenuto conto degli obiettivi contemplati, restando inteso che gli obiettivi in questione non devono poter essere conseguiti mediante norme meno restrittive. Esso deve altresì soddisfare i requisiti di chiarezza e certezza del diritto ( 43 ) e deve essere conforme al principio di coerenza ( 44 ), aspetto questo che è opportuno esaminare in primis. |
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59. |
Ora, l’obbligo di previa dichiarazione del sistema Limosa è accompagnato, in primis, da un numero considerevole di eccezioni, senza che emergano chiaramente i motivi che le giustificano o i criteri sulla base dei quali sono state individuate e senza che il Regno del Belgio abbia fornito, alla luce degli obiettivi perseguiti, la benché minima spiegazione della loro ragion d’essere. |
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60. |
Tuttavia, se la necessità di garantire le condizioni per compiere controlli a sorpresa in loco è imposta dall’interesse della protezione dei lavoratori, detta esigenza deve, in linea di principio, valere per la totalità dei prestatori di servizi, salvo stabilire chiaramente un diverso trattamento sulla base di una differenza oggettiva relativa, ad esempio, alla natura delle prestazioni. |
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61. |
In mancanza di spiegazioni a tal proposito da parte del Regno del Belgio, non si può che constatare che le scelte così compiute non sono coerenti con gli obiettivi indicati, che il sistema Limosa non consente di conseguire pienamente gli obiettivi de quibus e che le restrizioni alla libera prestazione dei servizi che esso comporta non sono, di conseguenza, conformi ai principi della necessità e della proporzionalità. |
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62. |
In secondo luogo, gli adempimenti imposti dal sistema Limosa risultano peraltro, in determinati casi, notevolmente più contenuti, considerato che i prestatori autonomi di servizi che svolgono una parte essenziale della loro attività in Belgio, in base alle spiegazioni fornite dal Regno del Belgio, sono tenuti soltanto a effettuare una dichiarazione semplificata, che ha una validità di dodici mesi e che non richiede una previa dichiarazione per ciascuna delle prestazioni, possibilità questa esclusa per il settore dell’edilizia. |
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63. |
Se il sistema Limosa risulta, anche da questo punto di vista, non essere del tutto coerente con gli obiettivi perseguiti, si deve, inoltre, necessariamente rilevare che la previsione di una dichiarazione semplificata solleva dubbi quanto alla stretta proporzionalità, se non addirittura alla necessità della dichiarazione «normale». |
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64. |
Tanto premesso, ritengo che il sistema Limosa, come previsto dalla legge programmatica controversa, non sia, nella parte riguardante i lavoratori autonomi, compatibile con l’articolo 56 TFUE e che il ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione debba essere, pertanto, accolto. |
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65. |
Il Regno del Belgio deve essere, di conseguenza, parimenti condannato alle spese, in conformità dell’articolo 69, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte. |
V – Conclusione
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66. |
In conclusione, suggerisco alla Corte di statuire che:
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( 1 ) Lingua originale: il francese.
( 2 ) Acronimo dell’olandese «Landenoverschrijdend Informatiesysteem ten behoeve van Migratieonderzoek bij de Sociale Administratie» (sistema di informazione transfrontaliero relativo all’inchiesta sull’emigrazione presso l’amministrazione sociale).
( 3 ) In merito ai suddetti lavoratori, v. in particolare il Libro verde della Commissione dal titolo «Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo» [COM(2006) 708 def.]; Antonmattei, P.-H., e Sciberras, J.-C., Le travail économiquement dépendant: quelle protection, relazione al Ministre du Travail, des Relations sociales, de la Famille et de la Solidarité (Ministro del lavoro, delle relazioni sociali, della famiglia e della solidarietà), novembre 2008.
( 4 ) Moniteur belge del 28 dicembre 2006, pag. 75178; in prosieguo: la «legge programmatica controversa».
( 5 ) GU L 18, pag. 1.
( 6 ) C-244/04, Racc. pag. I-885.
( 7 ) Sentenze del 14 aprile 2005, Commissione/Germania (C-341/02, Racc. pag. I-2733); del 12 ottobre 2004, Wolff & Müller (C-60/03, Racc. pag. I-9553); del 3 aprile 2008, Rüffert (C-346/06, Racc. pag. I-1989), e del 10 febbraio 2011, Vicoplus e a. (da C-307/09 a C-309/09, Racc. pag. I-453). Quanto agli aspetti del distacco dei lavoratori inerenti alla sicurezza sociale, v. sentenza del 26 gennaio 2006, Herbosch Kiere (C-2/05, Racc. pag. I-1079).
( 8 ) Sentenze del 23 novembre 1999, Arblade e a. (C-369/96 e C-376/96, Racc. pag. I-8453); del 25 ottobre 2001, Finalarte e a. (C-49/98, C-50/98, da C-52/98 a C-54/98 e da C-68/98 a C-71/98, Racc. pag. I-7831); del 15 marzo 2001, Mazzoleni e ISA (C-165/98, Racc. pag. I-2189); del 24 gennaio 2002, Portugaia Construções (C-164/99, Racc. pag. I-787); del 18 luglio 2007, Commissione/Germania (C-490/04, Racc. pag. I-6095), e del 7 ottobre 2010, dos Santos Palhota e a. (C-515/08, Racc. pag. I-9133). Per quanto attiene al caso particolare del distacco in uno Stato membro, da parte di una società di un altro Stato membro, di lavoratori subordinati cittadini di uno Stato terzo, v. sentenze del 19 gennaio 2006, Commissione/Germania, cit.; del 21 settembre 2006, Commissione/Austria (C-168/04, Racc. pag. I-9041), e del 1o ottobre 2009, Commissione/Belgio (C-219/08, Racc. pag. I-9213).
( 9 ) Sentenze del 18 dicembre 2007, Laval un Partneri (C-341/05, Racc. pag. I-11767), e del 19 giugno 2008, Commissione/Lussemburgo (C-319/06, Racc. pag. I-4323), nonché ordinanza del 16 giugno 2010, RANI Slovakia (C-298/09).
( 10 ) La Corte ha già avuto occasione di occuparsi di cause relative a lavoratori autonomi; v. in particolare, per le guide turistiche, sentenza del 5 giugno 1997, SETTG (C-398/95, Racc. pag. I-3091); per gli avvocati, sentenza del 19 febbraio 2002, Wouters e a. (C-309/99, Racc. pag. I-1577), e per le scuole guida, ordinanza del 19 giugno 2008, Kurt (C-104/08).
( 11 ) V., a tal proposito, in particolare, la giurisprudenza relativa al distacco dei lavoratori citata al paragrafo 25 delle presenti conclusioni.
( 12 ) Cit., punti 83-88.
( 13 ) Nel quadro della suddetta controversia, infatti, la Corte era stata chiamata a esaminare due aspetti della disciplina tedesca in materia di distacco dei lavoratori. Da un lato, essa ha ritenuto che la misura che imponeva al lavoratore di conservare determinati documenti in tedesco, imponendo così al lavoratore non stabilito in uno Stato membro germanofono di provvedere alla traduzione, fosse giustificata alla luce della necessità di permettere un controllo efficace del rispetto degli obblighi di legge derivanti da detta disciplina. Dall’altro, essa ha ritenuto che la misura che imponeva alle imprese di lavoro temporaneo stabilite in un altro Stato membro di comunicare per iscritto diverse informazioni sulla cessione del lavoratore a favore di un’impresa utilizzatrice in Germania fosse specificatamente applicabile e non giustificata dai motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica previsti all’articolo 52 TFUE e, quindi, contraria all’articolo 56 TFUE.
( 14 ) Sentenze cit. Commissione/Austria (punto 43), e del 19 gennaio 2006, Commissione/Germania (punto 36).
( 15 ) Sentenze Arblade e a., cit. (punto 39); del 25 ottobre 2001, Commissione/Germania (C-493/99, Racc. pag. I-8163, punto 20), e dos Santos Palhota e a., cit. (punto 48). V., in particolare, Gardenés Santiago, M., «Le détachement transnational de travailleurs dans le cadre des prestations de services: un sujet spécialement difficile pour le marché intérieur», Mélanges en l’honneur du Professeur Joël Molinier, LGDJ, Lextenso éditions, 2012, pag. 255, in particolare pag. 259.
( 16 ) Sentenza del 27 marzo 1990, Rush Portuguesa (C-113/89, Racc. pag. I-1417).
( 17 ) In merito a questo «criterio», oltre alla sentenza del 19 gennaio 2006, Commissione/Germania, cit. (punto 36), v. anche paragrafo 71 delle conclusioni dell’avvocato generale Léger nella causa che ha dato origine alla sentenza Commissione/Austria, cit., e il paragrafo 63 delle conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nella causa che è sfociata nella sentenza dell’8 settembre 2010, Carmen Media Group (C-46/08, Racc. pag. I-8149).
( 18 ) Cit. (punti 26 e 27).
( 19 ) V. altresì sentenze cit. del 18 luglio 2007, Commissione/Germania (punto 19), e Laval un Partneri (punto 60).
( 20 ) Riguardo a tale concetto, v. sentenze del 3 dicembre 1974, van Binsbergen (33/74, Racc. pag. 1299, punto 13); del 26 novembre 1975, Coenen e a. (39/75, Racc. pag. 1547, punto 9); del 4 dicembre 1986, Commissione/Germania (205/84, Racc. pag. 3755, punto 22); del 27 settembre 1989, van de Bijl (130/88, Racc. pag. 3039, punto 26), e del 16 dicembre 1992, Commissione/Belgio (C-211/91, Racc. pag. I-6757, punto 12).
( 21 ) Sentenza Finalarte e a., cit. (punto 73).
( 22 ) V., in questo senso, sentenza del 19 gennaio 2006, Commissione/Germania, cit. (punto 33).
( 23 ) Sentenza Commissione/Lussemburgo, cit. (punti 77-82).
( 24 ) Sentenze del 4 dicembre 1986, Commissione/Germania, cit. (punti 27 e 29); del 26 febbraio 1991, Commissione/Italia (C-180/89, Racc. pag. I-709, punti 17 e 18); del 20 maggio 1992, Ramrath (C-106/91, Racc. pag. I-3351, punti 30 e 31), e del 27 ottobre 2011, Commissione/Portogallo (C-255/09, Racc. pag. I-10547, punto 72).
( 25 ) Il Regno del Belgio si richiama, a questo proposito, alle sentenze cit. Wolff & Müller e Laval un Partneri.
( 26 ) V. in particolare la raccomandazione del Consiglio del 18 febbraio 2003, 2003/134/CE, relativa al miglioramento della protezione della salute e della sicurezza sul lavoro dei lavoratori autonomi (GU L 53, pag. 45); v. altresì la direttiva 92/57/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1992, riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili (ottava direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) (GU L 245, pag. 6, e rettifica in GU 1993, L 33, pag. 18).
( 27 ) In termini generali, e senza entrare nei dettagli, si discute qui del controllo del rispetto delle norme fondamentali nazionali, europee e internazionali in materia di lavoro. Ci si limiterà, a tal proposito, a menzionare la direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU L 299, pag. 9), che rientra nell’ambito della politica sociale dell’Unione e il cui campo di applicazione ratione personae non è definito in funzione del vincolo di subordinazione che lega un lavoratore al suo datore di lavoro.
( 28 ) Sulla ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e l’Unione in questo settore, v. il parere 2/91 del 19 marzo 1993 (Racc. pag. I-1061, punti 13-21), relativo alla convenzione n. 170 dell’Organizzazione internazionale del lavoro, in materia di sicurezza durante l’impiego delle sostanze chimiche sul lavoro. Si osservi che nel suo libro verde dal titolo «Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo», cit., la Commissione ha sottolineato che «il problema delle persone che si fanno passare per lavoratori autonomi al fine di aggirare la legislazione nazionale deve essere affrontato principalmente dagli Stati membri».
( 29 ) Punti 51-53.
( 30 ) Si deve sottolineare, a tal proposito, che la qualificazione come lavoratore autonomo rientra nella competenza degli Stati membri, anche se la Corte ha avuto occasione di precisare che la qualificazione formale di lavoratore autonomo ai sensi del diritto nazionale non esclude che una persona debba essere qualificata come lavoratore ai sensi dell’articolo 141, paragrafo 1, CE se la sua indipendenza è solamente fittizia e nasconde in tal modo un rapporto di lavoro ai sensi del citato articolo; v. sentenza del 13 gennaio 2004, Allonby (C-256/01, Racc. pag. I-873, punto 71).
( 31 ) V. in particolare sentenze dell’11 settembre 2003, Anomar e a. (C-6/01, Racc. pag. I-8621, punto 75); del 6 marzo 2007, Placanica e a. (C-338/04, C-359/04 e C-360/04, Racc. pag. I-1891, punto 46); dell’8 settembre 2009, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International (C-42/07, Racc. pag. I-7633, punto 56), e del 3 giugno 2010, Sporting Exchange (C-203/08, Racc. pag. I-4695, punto 26).
( 32 ) Sentenze dell’11 ottobre 2007, ELISA (C-451/05, Racc. pag. I-8251, punto 81); dell’11 giugno 2009, X e Passenheim-van Schoot (C-155/08 e C-157/08, Racc. pag. I-5093, punto 45), e del 6 ottobre 2009, Commissione/Spagna (C-153/08, Racc. pag. I-9735, punto 36).
( 33 ) V., tuttavia, la risoluzione del Parlamento europeo sull’applicazione della direttiva 96/71/CE (GU 2006, C 313E, pag. 452), la quale «chiede che siano favoriti gli scambi tra i servizi dell’ispezione del lavoro degli Stati membri per poter attuare un’azione congiunta di contrasto al finto lavoro autonomo, in particolare attraverso lo scambio di informazioni», e la risoluzione del Parlamento europeo del 6 maggio 2009 sull’agenda sociale rinnovata (GU 2010, C 212E, pag. 11), la quale «invita la Commissione ad adottare iniziative che portino a operare una chiara distinzione fra datori di lavoro, lavoratori autonomi e piccoli imprenditori, da un lato, e lavoratori dipendenti, dall’altro» (punto 33). V., soprattutto, la risposta della Commissione all’interrogazione scritta n. E-5333/2009 dell’on. De Rossa, relativa a un’iniziativa dell’UE tesa a operare una chiara distinzione tra veri e falsi lavoratori autonomi (GU 2011, C 10E), di cui si è parlato negli studi in corso sull’insieme di dette questioni e che rimanda alla comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni del 24 ottobre 2007, dal titolo «Risultati della consultazione pubblica sul Libro verde della Commissione “Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo”» [COM(2007) 627 def., pagg. 7 e 8].
( 34 ) V. tuttavia, a questo proposito, la direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU L 376, pag. 36), la quale, nel suo ottantasettesimo considerando, riconosce agli Stati membri il diritto di distinguere tra lavoratori autonomi e lavoratori subordinati, compresi i «falsi lavoratori autonomi», precisando che deve essere qualificata come attività svolta a titolo autonomo ai sensi degli articoli 43 CE (divenuto l’articolo 49 TFUE) e 49 CE «qualsiasi attività che una persona svolge al di fuori di un rapporto subordinato». Se ne può desumere che costituisce un falso lavoratore autonomo la persona che si dedica ad un’attività nel quadro di un rapporto subordinato, presentandosi o venendo presentata come autonoma con l’obiettivo di eludere le norme minime previste all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 96/71/CE. Tanto premesso, è pacifico che lo status del lavoratore autonomo presenta, rispetto allo status del lavoratore subordinato, numerose differenze dal punto di vista sociale, fiscale ed economico.
( 35 ) V., oltre al libro verde dal titolo «Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo» e alla successiva comunicazione della Commissione (citati), sentenze del 22 dicembre 2008, Commissione/Austria (C-161/07, Racc. pag. I-10671); comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni del 18 aprile 2012, dal titolo «Verso una ripresa fonte di occupazione» [COM(2012) 173 def., punto 2.1.1]; libro bianco della Commissione del 1o luglio 2011, dal titolo «Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti – Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile» [COM(2011) 144 def., punto 8]; parere d’iniziativa del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Nuove tendenze del lavoro autonomo: il caso specifico del lavoro autonomo economicamente dipendente» (GU 2011, C 18, pag. 44), che esclude i falsi lavoratori autonomi dal suo ambito di analisi. V., allo stesso modo, sulla salute e la sicurezza sul lavoro dei falsi lavoratori autonomi, il parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — «Migliorare la qualità e la produttività sul luogo di lavoro: strategia comunitaria 2007-2012 per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro», COM(2007) 62 def. (GU 2008, C 224, pag. 88).
( 36 ) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Lavoro e povertà: verso un approccio globale indispensabile» (parere d’iniziativa) (GU 2009, C 318, pag. 52), che cita, tra i fattori della povertà attiva, la precarietà dello status lavorativo, di cui il fenomeno dei falsi autonomi sarebbe una manifestazione importante, con quasi 29 milioni di persone interessate, in particolare nel settore dell’edilizia e dei lavori pubblici. La Commissione sottolinea tuttavia, nei suoi atti, che i dati sul punto sono rari, come mostrerebbe una relazione affidata al professor Jorens, Y., Travail indépendant et faux travail indépendant dans le secteur de la construction, Federazione europea dei lavoratori delle costruzioni e del legno (www.efbww.org). V. anche Grignon, F., Le BTP français face à l’élargissement de l’Europe, rapporto informativo n. 28 (2006-2007), Sénat, 18 ottobre 2006 (www.senat.fr).
( 37 ) V. in particolare le sentenze cit. Mazzoleni e ISA (punto 27); Portugaia Construções (punto 20), e Wolff & Müller (punto 35).
( 38 ) V. sentenza Wolff & Müller, cit. (punto 41); la Corte ha affermato che la prevenzione della concorrenza sleale da parte delle imprese che retribuiscono i loro dipendenti a un livello inferiore rispetto a quello corrispondente al salario minimo può costituire un’esigenza imperativa di interesse generale.
( 39 ) V. parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni dal titolo «Verso un migliore funzionamento del mercato unico dei servizi – basarsi sui risultati del processo di valutazione reciproca previsto dalla direttiva servizi», COM(2011) 20 def. (GU 2011, C 318, pag. 109, punti 4.4 e 4.11). Nel settore dei trasporti, v. parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Trasporti su strada – orario di lavoro degli autotrasportatori autonomi (GU 2009, C 27, pag. 49, punti 1.4, 3.3, 4.8 e 4.14); parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2002/15/CE concernente l’organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto (GU 2009, C 228, pag. 78).
( 40 ) Decisione della Commissione del 2 ottobre 2009, 2009/739/CE, che stabilisce le modalità pratiche per lo scambio di informazioni per via elettronica tra gli Stati membri ai sensi del capo VI della direttiva 2006/123/CE (GU L 263, pag. 32).
( 41 ) Così come, d’altronde, i lavori compiuti in sede di revisione del quadro normativo in materia di distacco dei lavoratori; v. proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 marzo 2012, concernente l’applicazione della direttiva 96/71/CE [COM(2012) 131 def.], e il Commission staff working document Impact assessment – Revision of the legislative framework on the posting of workers in the context of provision of services [SWD(2012) 63 def.].
( 42 ) V. sentenze del 21 ottobre 2004, Commissione/Lussemburgo (C-445/03, Racc. pag. I-10191, punto 46); del 19 gennaio 2006, Commissione/Germania, cit. (punto 41), e del 1o ottobre 2009, Commissione/Belgio, cit. (punto 16).
( 43 ) Sentenza del 19 giugno 2008, Commissione/Lussemburgo, cit. (punti 77-82).
( 44 ) Come affermato dalla Corte in più occasioni, una normativa nazionale è idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo addotto solo se risponde realmente all’intento di raggiungerlo in modo coerente e sistematico; v. sentenze del 10 marzo 2009, Hartlauer (C-169/07, Racc. pag. I-1721, punto 55); del 12 gennaio 2010, Petersen (C-341/08, Racc. pag. I-47, punto 53), e del 21 luglio 2011, Fuchs e Köhler (C-159/10 e C-160/10, Racc. pag. I-6919, punto 85). V., per quanto attiene alla giurisprudenza sul gioco, paragrafo 38 delle conclusioni dell’avvocato generale La Pergola nella causa che è sfociata nella sentenza del 21 settembre 1999, Läärä e a. (C-124/97, Racc. pag. I-6067), e in particolare sentenze del 21 ottobre 1999, Zenatti (C-67/98, Racc. pag. I-7289, punti 35 e 36); del 6 novembre 2003, Gambelli e a. (C-243/01, Racc. pag. I-13031, punti 62 e 67), e Placanica e a., cit. (punto 53). In contesti differenti, v. sentenze del 17 luglio 2008, Corporación Dermoestética (C-500/06, Racc. pag. I-5785, punti 39 e 40); del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a. (C-171/07 e C-172/07, Racc. pag. I-4171, punto 42); del 21 dicembre 2011, Commissione/Austria (C-28/09, Racc. pag. I-13525, punto 126), e del 10 maggio 2012, Duomo Gpa e a. (da C-357/10 a C-359/10, punto 47). Su questo aspetto, v. Mathisen, G., Consistency and coherence as conditions for justification of Member States measures restricting free movement, CMLR, 2010, pag. 1021.