CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 15 dicembre 2011 ( 1 )

Causa C-489/10

Łukasz Marcin Bonda

[domanda di pronuncia pregiudiziale,

proposta dal Sąd Najwyższy (Repubblica di Polonia)]

«Agricoltura — Regolamento (CE) n. 1973/2004 — Esclusione e riduzione degli aiuti nel caso di falsa dichiarazione quanto all’estensione della superficie — Natura penale di una sanzione amministrativa — Divieto di punire due volte il medesimo fatto — Principio del ne bis in idem»

I – Introduzione

1.

A causa di dati erronei contenuti in una domanda di aiuti agricoli previsti dal diritto dell’Unione, l’amministrazione nazionale ha applicato ad un agricoltore le riduzioni degli aiuti richiesti previste in un regolamento dell’Unione. Di seguito, l’agricoltore, a causa dei medesimi dati erronei, è stato accusato di frode in materia di sovvenzioni davanti ad un giudice penale. Fulcro della presente causa è dunque la questione se il procedimento amministrativo abbia natura penale, con la conseguenza che, a causa del divieto di punire due volte il medesimo fatto (principio del ne bis in idem), nei confronti del beneficiario degli aiuti non possa essere avviato anche un procedimento penale.

II – Contesto normativo

2.

L’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ( 2 ) stabilisce quanto segue:

«Nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge».

3.

L’art. 138, n. 1, del regolamento (CE) n. 1973/2004 ( 3 ), nella versione in vigore ( 4 ) al momento della presentazione della domanda di aiuti controversa (16 maggio 2005) e della decisione amministrativa (25 giugno 2006), così recitava:

«1.   Tranne i casi di forza maggiore o le circostanze eccezionali di cui all’articolo 72 del regolamento (CE) n. 796/2004, qualora, a seguito di un controllo amministrativo o sul posto, si constati che la differenza tra la superficie dichiarata e la superficie determinata, ai sensi dell’articolo 2, punto 22, del regolamento (CE) n. 796/2004, è superiore al 3% ma non superiore al 30% della superficie determinata, l’importo da concedere nell’ambito del regime di pagamento unico per superficie è decurtato, per l’anno in causa, del doppio della differenza rilevata.

Se tale differenza è superiore al 30% della superficie determinata, non è concesso alcun aiuto per l’anno in causa.

Se la differenza è superiore al 50%, l’agricoltore è escluso ancora una volta dall’aiuto per un importo corrispondente alla differenza tra la superficie dichiarata e la superficie determinata. Tale importo è dedotto dai pagamenti ai quali l’agricoltore ha diritto nell’ambito delle domande che egli presenterà nei tre anni civili successivi a quello della constatazione».

III – Fatti e causa principale

4.

Stando alla domanda di pronuncia pregiudiziale, il 16 maggio 2005 il sig. Łukasz Marcin Bonda ha presentato presso l’Ufficio circondariale dell’Agenzia per la ristrutturazione e la modernizzazione agricola (in prosieguo: l’«ufficio circondariale») una domanda intesa alla concessione per l’anno 2005 di un aiuto agricolo previsto dal diritto dell’Unione ( 5 ). In tale domanda, il sig. Bonda aveva fornito dati erronei quanto all’estensione della superfice da esso sfruttata a fini agricoli e alle colture esercitate su tale superfice ( 6 ).

5.

A causa di tali dati erronei, l’ufficio circondariale, fondandosi sull’art. 138 del regolamento n. 1973/2004, negava, secondo la domanda di pronuncia pregiudiziale, l’erogazione dell’aiuto per l’anno 2005, e dichiarava inoltre la perdita del diritto ad aiuti agricoli per i tre anni successivi.

6.

Il 14 luglio 2009, al sig. Bonda, a causa dei summenzionati dati erronei contenuti nella sua domanda di aiuti, veniva inflitta dal Sąd Rejonowy w Goleniowie ( 7 ), per aver commesso il delitto di frode in materia di sovvenzioni previsto all’art. 297, n. 1, del codice penale polacco, una pena detentiva della durata di 8 mesi con la sospensione condizionale dell’esecuzione per due anni nonché una pena pecuniaria di importo giornaliero di PLN 20 per 80 giorni.

7.

Il sig. Bonda impugnava tale sentenza dinanzi al Sąd Okręgowy w Szczecinie ( 8 ). Tale giudice accoglieva l’impugnazione e sospendeva il procedimento penale nei confronti del sig. Bonda. Alla luce del fatto che a quest’ultimo era stata già inflitta una sanzione ai sensi dell’art. 138 del regolamento n. 1973/2004, per la stessa condotta, il procedimento penale avviato nei confronti del medesimo sarebbe irricevibile. Su ricorso per cassazione presentato dal Prokurator Generalny ( 9 ), il procedimento è attualmente pendente dinanzi al Sąd Najwyższy ( 10 ), il giudice del rinvio.

IV – Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

8.

Con ordinanza 27 settembre 2010, pervenuta in cancelleria il 12 ottobre 2010, il Sąd Najwyższy ha deciso di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

quale sia la natura giuridica della sanzione prevista all’art. 138 del regolamento (CE) della Commissione 29 ottobre 2004, n. 1973, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio per quanto riguarda i regimi di sostegno di cui ai titoli IV e IV bis di detto regolamento e l’uso di superfici ritirate dalla produzione allo scopo di ottenere materie prime (GU L 345, pag. 1), consistente nell’escludere un agricoltore dai pagamenti diretti negli anni successivi all’anno civile in cui ha presentato una falsa dichiarazione quanto all’estensione della superficie costituente la base per siffatti pagamenti diretti.

9.

Nel procedimento dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni scritte il sig. Bonda, l’Austria, la Polonia, nonché la Commissione europea. All’udienza del 4 ottobre 2011 sono intervenute la Polonia e la Commissione.

V – Valutazione

A – Osservazioni preliminari

10.

Al fine di dare una soluzione utile al giudice del rinvio, la questione preliminare deve essere integrata e precisata ( 11 ).

1. Portata della verifica: il divieto, sancito dal diritto dell’Unione, di punire due volte il medesimo fatto

11.

Il giudice del rinvio solleva la propria questione in relazione all’applicazione del divieto, previsto dal diritto polacco, di punire due volte il medesimo fatto. Anche il governo polacco e la Commissione hanno sostenuto, in udienza, che il parametro di verifica è costituito dal divieto di punire due volte il medesimo fatto quale configurato nel diritto polacco. Nel prosieguo dimostrerò, tuttavia, che nel caso in esame si applica tale divieto quale sancito dal diritto dell’Unione ( 12 ).

12.

Dubito inoltre, qualora sia operante il divieto di punire due volte per lo stesso fatto in base al diritto nazionale, che la Corte sarebbe chiamata a pronunciarsi sulla natura penale delle sanzioni amministrative di cui trattasi, poiché in tal caso anche la questione della loro natura penale dovrebbe essere valutata in base a parametri del diritto nazionale. Sarebbe concepibile in proposito, ciò che tuttavia non avviene nel caso di specie, che il giudice nazionale esponesse le condizioni alle quali, secondo i suoi parametri di verifica, una fattispecie rientrasse nell’ambito di applicazione del divieto di punire due volte il medesimo fatto, e stabilisse se una determinata sanzione amministrativa del diritto dell’Unione soddisferebbe tali condizioni; al riguardo si potrebbe ad esempio trattare della questione se una determinata sanzione del diritto dell’Unione persegua una finalità repressiva, qualora tale finalità in base al diritto nazionale rappresentasse un elemento costitutivo della natura penale di una norma.

a) Applicabilità del divieto, sancito dal diritto dell’Unione, di punire due volte il medesimo fatto

13.

Il divieto di punire due volte ovvero di perseguire due volte lo stesso fatto (principio del ne bis in idem) è riconosciuto, a livello di Unione, quale principio generale di diritto ( 13 ), e ha acquisito, grazie all’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali, il rango di diritto fondamentale dell’Unione.

14.

La Carta dei diritti fondamentali si applica, ai sensi dell’art. 51, n. 1, della medesima, «agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione» ( 14 ). L’interpretazione di tale disposizione non è pacifica. Così, si pone la questione se l’ambito di applicazione della Carta dei diritti fondamentali debba essere definito in maniera diversa da quello dei principi generali del diritto, quale delimitato nella giurisprudenza ( 15 ). Ai sensi di tale giurisprudenza, essi si applicano quando un provvedimento nazionale rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. I sostenitori di un’interpretazione restrittiva dell’art. 51, n. 1, della Carta vedono problematica soprattutto l’applicazione dei diritti fondamentali dell’Unione a provvedimenti degli Stati membri che limitano le libertà fondamentali, e a provvedimenti non intesi direttamente ad attuare una disposizione di una direttiva, bensì soltanto rientranti nel settore disciplinato nella direttiva.

15.

La Corte di giustizia non ha finora preso posizione in maniera decisa sull’applicazione ratione materiae della Carta ( 16 ). In due ordinanze, essa ha interpretato l’art. 51, n. 1, nel senso che la Carta si applica se una fattispecie presenta un elemento di collegamento con il diritto dell’Unione ( 17 ). Nella sua sentenza emessa nella causa Dereci, la Corte ha oramai accertato che la Carta si applica qualora una fattispecie rientri nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, riproducendo pertanto la sua formula sull’applicazione dei principi generali del diritto ( 18 ).

16.

Anche così, certamente non tutte le questioni vengono risolte. Il caso di specie, tuttavia, pur interpretando in maniera restrittiva l’art. 51, n. 1, della Carta, rientra, a mio avviso, nell’ambito di applicazione della Carta.

17.

Quanto alla sanzione amministrativa nei confronti del sig. Bonda, essa è stata inflitta in attuazione diretta dell’art. 138, n. 1, del regolamento n. 1973/2004. La seconda sanzione, applicata dal giudice nazionale per il reato di frode in materia di sovvenzioni, pur fondata su una disposizione penale nazionale, trova anch’essa la sua origine nel diritto dell’Unione. La norma penale polacca mira, infatti, nel caso concreto, a sanzionare una violazione di disposizioni del diritto agrario dell’Unione. Essa è pertanto intesa ad eseguire l’obbligo di diritto primario degli Stati membri, consistente nel sanzionare in maniera efficace ed adeguata le violazioni degli interessi finanziari dell’Unione.

18.

L’art. 325, n. 1, TFUE obbliga gli Stati membri a combattere le attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione mediante misure che siano dissuasive ed efficaci. Tra queste ultime rientrano anche le sanzioni penali, qualora necessarie ad attuare il diritto dell’Unione ( 19 ). L’art. 325, n. 2, TFUE prescrive che gli Stati membri adottino, per combattere contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione, le stesse misure che adottano per combattere contro la frode che lede i loro interessi finanziari. Nell’adottare le misure per sanzionare le irregolarità, in adempimento di tale obbligo derivante dal diritto dell’Unione, essi, ai sensi della giurisprudenza della Corte, devono rispettare il diritto comunitario e i suoi principi generali, cui appartengono i diritti fondamentali dell’Unione e il principio di proporzionalità ( 20 ).

19.

Pertanto, qualora dal diritto dell’Unione possa risultare, in capo agli Stati membri, l’obbligo di prevedere sanzioni penali per la messa in pericolo degli interessi finanziari dell’Unione in relazione ad aiuti agricoli, anche i possibili limiti a tale obbligo devono, a loro volta, risultare dal diritto dell’Unione, e in particolare, dai diritti fondamentali dell’Unione. L’obbligo, previsto dal diritto dell’Unione, di sanzionare penalmente le violazioni del diritto dell’Unione può sussistere solo a condizione che restino intatti i diritti fondamentali degli interessati, garantiti a livello dell’Unione. Solo così si assicura, del resto, che gli obblighi risultanti dal diritto dell’Unione a tutela degli interessi finanziari dell’Unione siano soggetti a limiti uniformi nell’intero territorio dell’Unione.

20.

Riguardo all’obbligo di rispettare i diritti fondamentali dell’Unione nel sanzionare le violazioni del diritto dell’Unione non si può differenziare, a mio avviso, il caso in cui la misura sanzionatoria dello Stato membro sia adottata espressamente al fine di recepire il diritto dell’Unione da quello in cui tale misura già esista. Essa infatti, in entrambi i casi, attua il diritto dell’Unione. L’applicazione dei diritti fondamentali dell’Unione non può infatti dipendere dalla casualità, vale a dire dalla circostanza che una disposizione sanzionatoria già esista o che venga adottata soltanto allorché si dà attuazione all’obbligo derivante dal diritto dell’Unione.

b) Il protocollo n. 30 allegato al Trattato di Lisbona

21.

L’applicabilità della Carta dei diritti fondamentali nel caso di specie non viene messa in discussione neanche dal protocollo sull’applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea alla Polonia e al Regno Unito ( 21 ). Tale protocollo è stato allegato ai Trattati con il Trattato di Lisbona. Ai sensi dell’art. 51 TUE, esso costituisce parte integrante dei Trattati ed esplica gli stessi effetti giuridici.

22.

L’art. 1, n. 1, di tale protocollo stabilisce che la Carta non estende la competenza della Corte di giustizia o di qualunque altro organo giurisdizionale della Polonia o del Regno Unito a ritenere che le leggi, i regolamenti o le disposizioni, le pratiche o l’azione amministrativa della Polonia o del Regno Unito non siano conformi ai diritti, alle libertà e ai principi fondamentali che essa riafferma.

23.

Tale disposizione non si contraddistingue per la sua particolare chiarezza. In ogni caso, il protocollo n. 30 non esprime un’esenzione del Regno Unito e della Repubblica di Polonia dalla Carta dei diritti fondamentali ( 22 ). L’ottavo e il nono ‘considerando’ del preambolo del protocollo depongono piuttosto nel senso che il protocollo non contiene, per i due paesi menzionati, alcuna deroga alla Carta, ma ha unicamente un fine chiarificatore e deve servire da ausilio interpretativo ( 23 ). Lo stesso art. 51, n. 2, della Carta stabilisce che essa non estende l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione al di là delle competenze dell’Unione, né introduce competenze nuove o compiti nuovi per l’Unione, né modifica le competenze e i compiti definiti nei Trattati. Poiché, tuttavia, il divieto di una doppia sanzione per il medesimo fatto, disciplinato dall’art. 50 della Carta, era riconosciuto già in precedenza quale principio generale di diritto nell’ambito del diritto dell’Unione, e sarebbe stato applicabile al caso di specie secondo la giurisprudenza finora elaborata, ed esso risulterebbe applicabile anche interpretando restrittivamente l’art. 51 della Carta, come esposto in precedenza, un’estensione del potere della Corte di giustizia ai sensi del protocollo è esclusa.

c) Conclusione parziale

24.

La questione se le sanzioni di cui all’art. 138 del regolamento n. 1973/2004 ostino ad una conseguente azione penale per frode in materia di sovvenzioni dev’essere pertanto decisa sulla scorta del principio del ne bis in idem sancito dal diritto dell’Unione. La questione pregiudiziale deve essere riformulata di conseguenza.

2. Precisazione della questione pregiudiziale – oggetto della verifica

25.

Il Sąd Najwyższy, nella sua questione, non ha fatto riferimento ad un paragrafo concreto dell’art. 138 del regolamento n. 1973/2004. Contrariamente al primo paragrafo, il secondo paragrafo disciplina il caso particolare delle irregolarità commesse intenzionalmente. La Repubblica di Polonia, nelle sue osservazioni scritte, ha tuttavia precisato, senza essere contraddetta, che il direttore dell’ufficio circondariale ha fondato la propria decisione sul n. 1 dell’art. 138 del regolamento n. 1973/2004. Oggetto dell’interpretazione è dunque l’art. 138, n. 1, del regolamento.

26.

Inoltre, il giudice del rinvio non menziona, nella sua questione, il fatto che il sig. Bonda, a prescindere dalle riduzioni ai sensi dell’art. 138, n. 1, terzo comma, per il periodo 2006-2008, ha perso, ai sensi dell’art. 138, n. 1, secondo comma, anche il diritto agli aiuti per il 2005, anno nel quale egli aveva presentato la domanda irregolare. Al fine di fornire al giudice del rinvio una soluzione utile, la valutazione della natura della sanzione prevista dall’art. 138, n. 1, dovrebbe contemplare il complesso delle misure che possono essere applicate ai sensi di tale disposizione. È pertanto necessario includere nella valutazione non solo la riduzione degli aiuti avvenuta nel periodo 2006-2008, bensì anche l’esclusione nell’anno della domanda.

27.

Inoltre, la soluzione della questione pregiudiziale dovrebbe aderire in maniera più stretta alla denominazione delle misure applicate ai sensi dell’art. 138, n. 1. Ciò è opportuno anche per il motivo illustrato di seguito.

28.

L’attuale formulazione della questione pregiudiziale solleva infatti essa stessa un’ulteriore questione. È vero che al sig. Bonda, stando alla questione pregiudiziale e ai fatti esposti nell’ordinanza di rinvio, sono stati negati interamente gli aiuti nei tre anni successivi a quello della falsa dichiarazione. Tuttavia, ai sensi dell’art. 138, n. 1, terzo comma, del regolamento, il destinatario dell’aiuto, successivamente all’esclusione nell’anno della domanda, è escluso «ancora una volta» dall’aiuto per un importo corrispondente alla differenza tra la superficie dichiarata e la superficie determinata, e tale importo è dedotto dai pagamenti relativi agli aiuti dei tre anni successivi.

29.

Dalla formulazione della norma non si evince in maniera univoca se detto importo venga dedotto solo una volta da detti pagamenti negli anni successivi, o in ciascuno dei tre anni successivi (in tal senso l’ordinanza di rinvio). A mio avviso, in particolare la versione inglese e quella francese della disposizione depongono a favore dell’interpretazione ( 24 ) secondo la quale tale l’importo corrispondente alla differenza summenzionata viene dedotto in un’unica operazione, non in tre volte, ma che tale unico importo può essere compensato con i diritti agli aiuti relativi a tre anni ( 25 ). Domande rivolte in udienza alle parti del procedimento hanno dato luogo ad affermazioni discordanti. Poiché il giudice del rinvio non ha assunto ad oggetto della propria domanda di pronuncia pregiudiziale tale questione attinente l’interpretazione dell’art. 138 del regolamento, e neanche le parti del procedimento hanno preso posizione al riguardo nelle loro memorie, il presente procedimento non è idoneo a chiarire definitivamente la questione dell’interpretazione di tale norma. Ai fini del prosieguo della presente analisi, la concreta configurazione delle riduzioni non è rilevante ( 26 ).

30.

La Commissione e la Polonia hanno, infine, sollecitato un’inclusione dell’interpretazione dell’art. 51, n. 2, del regolamento (CE) n. 796/2004 ( 27 ) nella soluzione della questione pregiudiziale, in quanto l’ufficio circondariale avrebbe applicato anche una sanzione amministrativa sulla base di tale disposizione. Poiché, tuttavia, l’ordinanza di rinvio verte unicamente sull’art. 138 del regolamento n. 1973/2004, mi limiterò ad esaminare tale disposizione.

3. Riformulazione della questione pregiudiziale

31.

La questione pregiudiziale deve pertanto essere riformulata nel modo seguente:

Se l’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 138, n. 1, del regolamento n. 1973/2004, consistenti nell’escludere un agricoltore dal pagamento dell’aiuto nell’anno civile in cui egli ha presentato una falsa dichiarazione quanto all’estensione della superficie costituente la base per la sua domanda di aiuti, e nel dedurre la somma corrispondente alla differenza tra la superficie dichiarata e la superficie determinata dalla somma dei pagamenti relativi agli aiuti ai quali l’agricoltore ha diritto nei tre anni civili successivi, costituisca un procedimento penale ai sensi del principio di diritto dell’Unione del ne bis in idem, come sancito dall’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione.

B – Il divieto, previsto dal diritto dell’Unione, di punire due volte il medesimo fatto: quando sussiste un procedimento penale o di natura quasi penale?

32.

Il principio del ne bis in idem, nella sua versione codificata dall’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali, prevede che nessuno possa essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge.

33.

Finora, il principio del ne bis in idem è stato trattato, quale principio generale del diritto dell’Unione, soprattutto nel diritto in materia di intese ( 28 ). La Corte di giustizia è stata inoltre ripetutamente investita dell’interpretazione di tale principio in relazione alla convenzione di Schengen ( 29 ). Tuttavia, tutti questi procedimenti vertevano, sostanzialmente, sull’aspetto dell’«idem», ossia sulla questione, se fosse stato sanzionato più volte il medesimo fatto  ( 30 ). Per contro, la questione centrale nella presente fattispecie è se la falsa dichiarazione del sig. Bonda venga perseguita due volte mediante un procedimento penale, in violazione del principio del ne bis in idem. Si tratta cioè di stabilire a cosa si riferisca il «bis». La Corte non si è ancora pronunciata in maniera approfondita sulle condizioni alle quali si può affermare la sussistenza di un procedimento di natura penale o quasi penale che comporta l’applicazione del principio del ne bis in idem ( 31 ).

34.

Anche se la Corte non si è ancora pronunciata sulla qualificazione come penali o quasi penali, ai sensi del principio del ne bis in idem, di procedimenti come quello di cui all’art. 138, n. 1, del regolamento n. 1973/2004, essa ha tuttavia preso posizione sull’applicabilità di altri principi di diritto penale a procedimenti analoghi.

1. Giurisprudenza della Corte di giustizia sulla natura penale delle sanzioni nel settore agrario

35.

Già nella sua sentenza nella causa Germania/Commissione, che prendeva le mosse da un ricorso inteso all’annullamento di una disposizione di diritto agrario, la quale prevedeva, nel caso di irregolarità commesse dal richiedente, una completa esclusione dalle prestazioni per un anno, la Corte di giustizia ha deciso che l’esclusione temporanea di un operatore economico da un regime di aiuti non costituisce una sanzione penale ( 32 ).

36.

Nella causa Käserei Champignon Hofmeister ( 33 ) la Corte veniva nuovamente investita della questione se una sanzione prevista dal diritto agrario abbia natura penale. Tale caso verteva su una disposizione che sanzionava la comunicazione di dati erronei in una domanda di restituzione all’esportazione, con il pagamento di una penalità. Si poneva la questione se tale sanzione dovesse essere valutata alla luce del principio nulla poena sine culpa. La Corte ha risolto negativamente tale questione, argomentando che la sanzione controversa era parte integrante del regime delle restituzioni all’esportazione e non aveva natura penale ( 34 ).

37.

La Corte ha verificato la natura penale delle sanzioni sulla scorta di due criteri.

38.

Da un lato, essa ha fatto riferimento alla natura delle infrazioni contestate. Essa ha rilevato che le norme violate erano rivolte unicamente agli operatori economici che avevano scelto, in piena libertà, di usufruire di un regime di aiuti in materia agricola. In quel caso, un procedimento non avrebbe natura penale ( 35 ).

39.

Dall’altro, essa ha analizzato l’obiettivo della sanzione inflitta. Nel procedere a tale analisi, essa ha sottolineato che l’esclusione temporanea dal godimento di un regime di aiuti è destinata a combattere le numerose irregolarità che vengono commesse nell’ambito degli aiuti all’agricoltura e che, gravando pesantemente sul bilancio dell’Unione, sono tali da compromettere le azioni intraprese dalle istituzioni dell’Unione nel settore agrario per stabilizzare i mercati, sostenere il livello di vita degli agricoltori ed assicurare prezzi ragionevoli nelle forniture ai consumatori ( 36 ). Nell’ambito di un regime di aiuti previsto dal diritto dell’Unione, nel quale la concessione dell’aiuto dev’essere subordinata alla condizione che il suo beneficiario presenti tutte le garanzie di rettitudine e di affidabilità, la sanzione irrogata per l’ipotesi di inosservanza di tali requisiti costituisce uno strumento amministrativo specifico che è parte integrante del regime di aiuti ed è destinato ad assicurare la buona gestione dei fondi pubblici dell’Unione.

40.

Tali criteri fissati dalla Corte devono valere parimenti per la valutazione della natura penale di un procedimento con riguardo al principio di diritto penale del ne bis in idem. In forza di tali criteri, nella specie non avrebbero natura penale né l’esclusione per l’anno corrente ai sensi dell’art. 138, n. 1, secondo comma, del regolamento, né la riduzione nei tre anni successivi ai sensi dell’art. 138, n. 1, terzo comma, del regolamento. Il principio del ne bis in idem non verrebbe pertanto applicato. Infatti, come la sanzione alla base della causa Käserei Champignon Hofmeister, le disposizioni in materia di aiuti che sono state violate nel caso in questione sono rivolte unicamente agli operatori economici che scelgono, in piena libertà, di usufruire di un regime di aiuti. Inoltre, anche le presenti sanzioni ai sensi dell’art. 138, n. 1, del regolamento costituiscono uno strumento amministrativo specifico che è parte integrante di un sistema chiuso del regime di aiuti e sono destinate ad assicurare la buona gestione finanziaria dei fondi pubblici dell’Unione.

41.

Come conclusione parziale, occorre quindi rilevare che la giurisprudenza elaborata finora dalla Corte di giustizia in merito alla natura penale di sanzioni amministrative analoghe nel settore del diritto agrario depone contro la natura penale delle sanzioni previste all’art. 138, n. 1, del regolamento n. 1973/2004.

2. Considerazione della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) in sede di determinazione della natura penale

42.

Nel prosieguo esaminerò se dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte eur. D.U.»), emessa in relazione alla disposizione parallela del ne bis in idem contenuta nella CEDU ( 37 ), si evincano altri criteri che devono essere presi in considerazione nel valutare la natura penale, e se essi comportino una qualificazione di sanzioni come quella di cui trattasi, la quale diverga da quella effettuata finora dalla giurisprudenza.

43.

Nell’interpretare il principio, sancito dal diritto dell’Unione, del ne bis in idem, occorre prendere in considerazione la giurisprudenza della Corte eur. D.U. ( 38 ). Ciò risulta dal principio di omogeneità ( 39 ), ai sensi del quale ai diritti della Carta devono essere conferiti lo stesso significato e la stessa portata delle corrispondenti disposizioni contenute nella CEDU, come interpretate dalla giurisprudenza della Corte eur. D.U. ( 40 ).

44.

Il divieto, sancito dal diritto dell’Unione, di punire due volte il medesimo fatto è modellato sull’art. 4, n. 1, del protocollo n. 7 alla CEDU, per quanto tale protocollo non sia stato finora ratificato da tutti gli Stati membri dell’Unione ( 41 ). Questa stretta vicinanza alla CEDU è rimarcata non solo dalle spiegazioni relative all’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali, ma anche dalla giurisprudenza elaborata finora dalla Corte di giustizia in relazione al principio generale del diritto dell’Unione del ne bis in idem ( 42 ).

a) Giurisprudenza della Corte eur. D.U.

45.

La Corte eur. D.U. interpreta la nozione di «procedura penale» contenuta all’art. 4, n. 1, del protocollo n. 7 alla luce dei principi generali da essa elaborati in relazione alle corrispondenti nozioni di «accusa penale» e di «pena» di cui agli artt. 6 e 7 ( 43 ).

46.

Nell’ambito dell’art. 6, la Corte eur. D.U. ricorre ai tre «criteri Engel», così denominati con riferimento alla sentenza in cui sono stati formulati per la prima volta ( 44 ).

47.

Il primo criterio Engel riguarda la qualificazione della disposizione come disposizione di diritto penale ai sensi della normativa nazionale. Tale qualificazione non viene tuttavia considerata determinante dalla Corte eur. D.U., bensì unicamente come punto di partenza della valutazione ( 45 ).

48.

Nell’ambito del secondo criterio Engel, la Corte eur. D.U. esamina anzitutto la cerchia dei destinatari di una disposizione che sanziona un determinato illecito. Il fatto che una disposizione sia rivolta alla collettività e non – come ad esempio nella normativa sui procedimenti disciplinari – ad un gruppo che riveste un determinato status depone a favore della natura penale della sanzione ( 46 ). La Corte eur. D.U. fa inoltre riferimento all’obiettivo perseguito dalla sanzione minacciata nella norma. La natura penale viene negata qualora la sanzione miri unicamente a risarcire danni patrimoniali ( 47 ). Laddove essa assolva invece ad una funzione repressiva e preventiva, siamo in presenza di una sanzione penale ( 48 ). Inoltre, nella sua giurisprudenza più recente, la Corte eur. D.U. verifica se il sanzionamento dell’illecito sia inteso a tutelare beni giuridici la cui salvaguardia è solitamente assicurata da norme penali ( 49 ). Siffatti elementi devono essere valutati nell’ambito di una visione di insieme ( 50 ).

49.

Il terzo criterio Engel riguarda la natura e la severità della sanzione minacciata ( 51 ). Nel caso delle pene detentive, vale in generale la presunzione della natura penale della sanzione, presunzione che può essere confutata solo in casi eccezionali ( 52 ). Anche le pene pecuniarie per le quali è prevista, in caso di mancato pagamento, una pena detentiva sostitutiva ( 53 ) o l’iscrizione nel casellario giudiziale depongono, di regola, a favore della sussistenza di un procedimento penale ( 54 ).

50.

Il secondo e il terzo criterio sono ritenuti alternativi dalla Corte eur. D.U. Qualora, tuttavia, una loro considerazione separata non dia luogo ad un risultato chiaro, essa ne tiene conto anche cumulativamente ( 55 ).

b) Applicazione dei criteri Engel al caso presente: esiste un contrasto con la giurisprudenza elaborata finora dalla Corte di giustizia nel settore del diritto agrario?

i) Sull’applicazione del primo criterio Engel

51.

Il primo criterio Engel riguarderebbe, nel caso in oggetto, la qualificazione autonoma di diritto dell’Unione del procedimento di cui all’art. 138, n. 1, del regolamento n. 1973/2004, quale effettuata dalla Corte di giustizia nella sentenza Käserei Champignon Hofmeister senza verificare in maniera esplicita i criteri Engel.

ii) Sull’applicazione del secondo criterio Engel

52.

Nell’ambito del secondo criterio Engel, la Corte eur. D.U. verifica, sostanzialmente, gli stessi elementi presi in considerazione anche dalla Corte di giustizia nella sentenza Käserei Champignon Hofmeister.

– Cerchia dei destinatari

53.

Le sanzioni previste nell’art. 138, n. 1, del regolamento non sono rivolte alla collettività, ma sono piuttosto intese a garantire che i soggetti appartenenti ad un gruppo specifico, e segnatamente i destinatari delle sovvenzioni agricole di cui trattasi, osservino le regole ad essi indirizzate ( 56 ). In tal senso, anche la Corte di giustizia, nella sua sentenza nella causa Käserei Champignon Hofmeister, ha sottolineato che le norme violate sono rivolte unicamente agli operatori economici che hanno scelto, in piena libertà, di usufruire di un regime di aiuti in materia agricola ( 57 ).

54.

Una diversa conclusione non risulta neanche dalla sentenza pronunciata dalla Corte eur. D.U. nella causa Jussila ( 58 ). Tale causa verteva su maggiorazioni applicate per mancato versamento dell’IVA. La Corte eur. D.U. ha considerato irrilevante la circostanza che il soggetto interessato avesse optato per la registrazione in relazione all’IVA, e ha negato l’esistenza di una cerchia limitata di destinatari. A mio parere, questo ragionamento non è trasponibile alla presente fattispecie. Infatti, diversamente che nel caso dell’IVA, alla quale ciascuno è potenzialmente soggetto, il sistema degli aiuti agricoli, come già rilevato dalla Corte di giustizia, costituisce un sistema chiuso, la partecipazione al quale è subordinata al soddisfacimento di una serie di requisiti da parte del destinatario.

55.

La particolare configurazione della cerchia dei destinatari depone dunque contro la natura penale della violazione sanzionata dall’art. 138, n. 1, del regolamento n. 1973/2004.

– Bene giuridico tipicamente tutelato da sanzioni penali

56.

Il bene giuridico tutelato nella specie, ossia gli interessi finanziari dell’Unione, può essere tutelato sia dal diritto penale sia dal diritto amministrativo, cosicché tale elemento del secondo criterio Engel non aiuta ulteriormente a caratterizzare la sanzione.

– Finalità perseguita dalla sanzione

57.

La questione dell’individuazione degli obiettivi tipicamente perseguiti da una sanzione penale è oggetto di una discussione risalente nel tempo. Tale discussione non deve essere affrontata in questa sede. Mi limiterò a rilevare quanto segue: la moderna teoria della funzione della pena sottolinea in genere il perseguimento di una duplice finalità, quella della repressione e quella della prevenzione ( 59 ); in alcune di tali teorie miste o «teorie dell’unificazione», la repressione non ha peraltro rilevanza autonoma ( 60 ).

58.

Dalla giurisprudenza della Corte eur. D.U. desumo, tuttavia, che essa considera la finalità repressiva un elemento costitutivo di una sanzione penale. È vero che anche in questo caso resta dubbio cosa debba intendersi per repressione. Con ciò si intende comunemente – a differenza della restituzione, che mira a ripristinare lo status antecedente la lesione – l’inflizione di una punizione finalizzata a compensare il torto colpevolmente commesso ( 61 ). Anche l’avvocato generale Jacobs, nelle conclusioni presentate nella causa Germania/Commissione, aveva sottolineato che una sanzione penale non ha per solo fine quello di prevenire o di scoraggiare la commissione di reati, bensì rappresenta anche l’espressione di una condanna morale ( 62 ).

59.

Le sanzioni in questione non sono unicamente intese alla compensazione di un danno verificatosi. In prosieguo, occorre pertanto esaminare il loro carattere preventivo e repressivo.

60.

È evidente che una norma che si limita a non concedere al richiedente la somma indebitamente richiesta, accordandogli tuttavia l’aiuto suffragato da informazioni corrette, non ha perseguito un fine penale.

61.

Più difficile risulta stabilire se la sanzione rivesta carattere repressivo con riguardo alle riduzioni previste dall’art. 138, n. 1, del regolamento nell’anno della domanda (nella specie, ai sensi del secondo comma: l’esclusione nell’anno della domanda) e negli anni successivi.

62.

Nell’analizzare l’obiettivo perseguito da una sanzione amministrativa nel settore agrario, la Corte di giustizia, nella sentenza resa nella causa Käserei Champignon Hofmeister, ha già rilevato che una sanzione analoga è destinata a combattere le numerose irregolarità commesse nell’ambito di tale sistema e i conseguenti aggravi sul bilancio dell’Unione ( 63 ). La Corte si è fondata, al riguardo, anche sul nono ‘considerando’ del regolamento relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità ( 64 ), ai sensi del quale le misure e sanzioni comunitarie adottate nel quadro della realizzazione degli obiettivi della politica agricola comune costituiscono parte integrante dei regimi di aiuto ed hanno una finalità propria. Ciò depone – come affermato anche dalla Commissione – a favore del carattere meramente preventivo della disposizione.

63.

A causa delle capacità dell’amministrazione, i controlli intesi a prevenire irregolarità sono necessariamente limitati. Un beneficiario degli aiuti che una volta ha fornito dati erronei nella sua domanda, offre minori garanzie quanto ad affidabilità, rettitudine e diligenza. La miglior tutela possibile per il bilancio consisterebbe pertanto nell’esclusione completa di un siffatto beneficiario dal regime di aiuti. Un tale provvedimento non viene visto come una punizione, ma sarebbe inteso a tutelare il bilancio a fronte di possibili ulteriori domande irregolari. Si può sostenere che la presentazione di una domanda corretta (prescindendo da irregolarità marginali nella domanda) costituisce parimenti una condizione per il versamento degli aiuti, come ad esempio il deposito tempestivo della domanda o qualsivoglia altro requisito collegato al pagamento degli aiuti.

64.

Tuttavia, allorché il legislatore, a causa delle conseguenze per il singolo richiedente, decide di procedere, nel rispetto del principio di proporzionalità, invece che ad un’esclusione completa, solo ad un’esclusione parziale dagli aiuti sotto forma di riduzioni non va ad incidere sulla natura della sanzione. Tale sanzione non costituisce infatti l’espressione a posteriori di una disapprovazione della condotta del richiedente. Anche mediante la riduzione viene minimizzato il rischio per il bilancio proveniente da un beneficiario inaffidabile, con la conseguenza che le disposizioni di cui trattasi rivestono carattere preventivo.

65.

Contro il carattere repressivo della riduzione depone inoltre il fatto che essa acquista rilievo solo se il beneficiario degli aiuti presenta una domanda nei tre anni successivi. Qualora il beneficiario non presenti una domanda negli anni successivi – in quanto chiude la propria azienda, la cede o non soddisfa gli altri requisiti previsti per l’aiuto –, la sanzione è inoperante. Qualora al beneficiario spettino, negli anni successivi, diritti agli aiuti per importi inferiori, ed essi non siano sufficienti per dedurre la riduzione, la sanzione è parimenti inoperante. Se si fosse in presenza di una repressione, ossia dell’applicazione di un giudizio di valore negativo, e della compensazione di una condotta colposa, la sanzione verrebbe inflitta a prescindere da un facere del beneficiario degli aiuti, consistente, nella specie, nella presentazione di una nuova domanda, e il relativo importo non potrebbe venir meno.

66.

In tal modo, la sanzione in questione si distingue anche dalle sovrattasse oggetto della giurisprudenza della Corte eur. D.U., alle quali questa aveva attribuito natura penale, in quanto esse non miravano ad un risarcimento finanziario, bensì erano concepite come pena intesa a prevenire una reiterazione ( 65 ).

– Conclusione parziale

67.

L’applicazione del secondo criterio Engel alle sanzioni in questione mostra che il risultato interpretativo corrisponde sostanzialmente al risultato al quale è pervenuta la Corte di giustizia nella giurisprudenza elaborata finora in relazione alla natura penale delle sanzioni nel settore agrario. Il secondo criterio Engel non conduce pertanto ad affermare la natura penale del procedimento ai sensi dell’art. 138, n. 1, del regolamento.

iii) Sull’applicazione del terzo criterio Engel

68.

Per contro, la Corte di giustizia, nel valutare sanzioni analoghe nel settore agrario, non aveva finora esaminato esplicitamente la severità della sanzione ( 66 ). Avuto riguardo al principio di omogeneità con la CEDU ( 67 ), la causa a qua offre dunque l’occasione per includere anche tale elemento nella verifica.

69.

Se si considera la natura e la severità delle sanzioni inflitte nella specie, appare anzitutto evidente che esse non sono connesse ad una pena detentiva sostitutiva. La Corte eur. D.U., riguardo al criterio della severità della sanzione, tiene conto dell’entità della sanzione prevista in astratto, non della sanzione concretamente comminata. Trasponendo tale premessa al caso di specie si incontrano anzitutto difficoltà di ordine pratico, in quanto la Corte eur. D.U. si riferisce a norme che prevedono l’applicazione della sanzione nell’ambito di una forcella e che prevedono quindi una sanzione massima. Poiché la sanzione di cui trattasi è basata su criteri variabili, in particolare sulla differenza tra la superficie dichiarata e quella accertata, non è possibile individuare astrattamente una soglia massima. Pertanto, nel caso di specie ci si può riferire tutt’al più all’importo della sanzione che venga concretamente calcolato.

70.

Qualora si considerino unicamente le conseguenze economiche dell’esclusione dell’aiuto o delle riduzioni, e qualora si prenda come punto di partenza il fatto che la Corte eur. D.U. considera alternativi il secondo e il terzo criterio Engel, si potrebbe pervenire ad affermare la natura penale della riduzione degli aiuti ai sensi dell’art. 138, n. 1, del regolamento. Infatti, in caso di concessione dell’aiuto l’agricoltore si trova in una condizione economicamente migliore di quella conseguente al suo rifiuto, e gli importi di cui nel caso di specie sono ridotti gli aiuti richiesti non sono trascurabili.

71.

A mio avviso, tuttavia, nel valutare la severità della sanzione minacciata, non ci si può limitare a considerare se ad una misura conseguano effetti economici svantaggiosi. Al contrario occorre procedere ad un giudizio di valore nel quale si consideri altresì se la sanzione vada ad incidere su interessi meritevoli di tutela del destinatario. Qualora la risposta a tale questione sia negativa, non sussiste una sanziona grave nel senso del terzo criterio Engel. Da tale esame risulta nel presente contesto che la sanzione non va ad intaccare l’attuale patrimonio dell’interessato, come avverrebbe nel caso di un’ammenda, né si verifica una lesione di legittime aspettative. La riduzione significa, per l’interessato, solo perdere una prospettiva di ricevere un aiuto. In relazione a siffatta prospettiva, il beneficiario degli aiuti che ha fornito consapevolmente dati erronei non ha però un’aspettativa legittima all’aiuto. Infatti, egli era consapevole fin dall’inizio di non poter ricevere, fornendo dati erronei, aiuti non ridotti ( 68 ).

3. Conseguenze nel caso di una diversa soluzione

72.

Concludendo, è opportuno gettare ancora uno sguardo alle conseguenze pratiche che si verificherebbero se, in una fattispecie come quella in oggetto, si applicasse il principio del ne bis in idem. Premesso che gli effetti concreti non possono naturalmente determinare l’interpretazione del principio del ne bis in idem, la loro considerazione non è tuttavia priva di interesse, e sottolinea il modo in cui dev’essere inteso l’intero sistema degli aiuti agrari. Essi mostrano che il legislatore non è partito dal presupposto che sanzioni amministrative equiparabili nel settore agrario siano un bis nel senso del principio del ne bis in idem.

73.

Al riguardo è anzitutto interessante che esistono regolamenti i quali esplicitamente dispongono che le sanzioni amministrative previste dal diritto dell’Unione si applicano fatte salve le ulteriori sanzioni previste dal diritto nazionale ( 69 ).

74.

Neanche l’art. 6 del regolamento n. 2988/95, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità ( 70 ), sembra indicare che il legislatore sia partito dal presupposto che il cumulo di sanzioni amministrative e di sanzioni penali nazionali debba essere valutato alla luce del principio del ne bis in idem. Il suo n. 1, infatti, stabilisce che il procedimento d’imposizione delle sanzioni amministrative può unicamente essere sospeso qualora sia stato avviato un procedimento penale contro la stessa persona negli Stati membri, e può, in linea di principio, riprendere corso in un momento successivo ( 71 ). È vero che, ai sensi del n. 3, la riapertura del procedimento non deve essere contraria ai principi generali del diritto; se, tuttavia, si applicasse il principio del ne bis in idem, il procedimento amministrativo non potrebbe mai riprendere corso.

75.

Secondo il decimo ‘considerando’ del regolamento n. 2988/95, si deve effettivamente evitare il cumulo di sanzioni non accompagnato da una deduzione, ma non l’esecuzione di un secondo procedimento. Infatti, nonostante venga menzionata in tale sede anche la nozione di ne bis in idem, il nono ‘considerando’ stabilisce al contempo che le sanzioni previste dal diritto dell’Unione hanno una finalità propria, la quale lascia impregiudicata, sul piano del diritto penale, la valutazione da parte degli Stati membri della condotta degli operatori economici interessati.

76.

Infine, si deve tornare all’obbligo degli Stati membri, sopra indicato, di punire condotte fraudolente lesive degli interessi finanziari dell’Unione mediante sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive che devono comprendere, almeno, nei casi di frode grave, pene privative della libertà ( 72 ).

77.

Qualora, nel caso presente, si applicasse il principio del ne bis in idem, l’applicazione di una pena detentiva sarebbe in generale esclusa persino nei casi di frode particolarmente grave e reiterata, in quanto il regolamento impone l’applicazione della sanzione amministrativa e ciò impedirebbe l’azione penale.

4. Imputazione della sanzione

78.

La non applicazione del principio del ne bis in idem non può tuttavia comportare che l’interessato venga gravato in maniera sproporzionata quanto all’ammontare della sanzione penale nazionale ( 73 ). Dal principio di proporzionalità consegue che, in sede di valutazione dell’ammontare della sanzione penale da infliggere, occorre prendere in considerazione la sanzione amministrativa ( 74 ). In tal senso si esprime anche il summenzionato decimo ‘considerando’ del regolamento n. 2988/95 ( 75 ), ai sensi del quale occorre evitare un cumulo delle sanzioni pecuniarie previste dal diritto dell’Unione e delle sanzioni penali nazionali.

5. Verifica dei restanti criteri del principio del ne bis in idem

79.

Per concludere, vorrei dedicarmi alle considerazioni svolte dalla Repubblica di Polonia e dalla Commissione in ordine ai restanti criteri di verifica del principio del ne bis in idem richiamati dalle stesse in subordine. Entrambe hanno sottolineato che l’applicazione di tale principio nel caso in esame viene meno anche in quanto non è soddisfatto il requisito dell’idem, dal momento che la sanzione amministrativa, di cui all’art. 138, n. 1, del regolamento n. 1973/2004, e la sanzione penale nazionale non tutelano il medesimo bene giuridico.

80.

La Corte eur. D.U., tuttavia, nella giurisprudenza elaborata in relazione al divieto di punire due volte il medesimo fatto, di cui al protocollo n. 7 alla CEDU, fa ormai unicamente riferimento all’identità dei fatti e non anche all’identità del bene giuridico tutelato ( 76 ). Come ho illustrato nelle mie conclusioni nella causa Toshiba e a., la nozione dell’idem nell’ambito del divieto, posto dal diritto dell’Unione, di punire due volte il medesimo fatto dovrebbe orientarsi alla giurisprudenza della Corte eur. D.U., secondo la quale l’identità dei fatti è decisiva ( 77 ). In tal senso, il bene giuridico tutelato dall’art. 138, n. 1, del regolamento n. 1973/2004 sarebbe irrilevante per la verifica dell’idem.

VI – Conclusione

81.

Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di risolvere come segue la questione pregiudiziale:

Il procedimento ai sensi dell’art. 138, n. 1, del regolamento (CE) n. 1973/2004, che conduce all’applicazione di una sanzione consistente nell’escludere l’agricoltore dal pagamento dell’aiuto nell’anno civile in cui egli ha presentato una falsa dichiarazione quanto all’estensione della superficie costituente la base per la sua domanda di aiuti, e nell’escluderlo ancora una volta dalla concessione dell’aiuto fino ad un ammontare pari alla differenza tra la superficie dichiarata e la superficie determinata, deducendo tale somma dai pagamenti ai quali egli ha diritto nell’ambito delle domande che egli presenterà nei tre anni civili successivi, non è un procedimento penale ai sensi del principio di diritto dell’Unione del ne bis in idem.


( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

( 2 ) La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea è stata solennemente proclamata prima il 7 dicembre 2000 a Nizza (GU 2000, C 364, pag. 1), e successivamente il 12 dicembre 2007 a Strasburgo (GU 2007, C 303, pag. 1, e GU 2010, C 83, pag. 389).

( 3 ) Regolamento della Commissione 29 ottobre 2004, n. 1973, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio per quanto riguarda i regimi di sostegno di cui ai titoli IV e IV bis di detto regolamento e l’uso di superfici ritirate dalla produzione allo scopo di ottenere materie prime (GU L 345, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 1973/2004» oppure il «regolamento»).

( 4 ) Successive modifiche minori di tale articolo non sono del resto rilevanti per il caso in questione. La cancellazione dell’art. 138 da parte del regolamento (CE) n. 316/2009 (GU L 100, pag. 3) vale solo per le domande di aiuto presentate a partire dal 2009. Nel frattempo, l’intero regolamento n. 1973/2004 è stato abrogato dal regolamento (CE) n. 1121/2009 (GU L 316, pag. 27). Ai sensi del suo art. 96, n. 1, il regolamento n. 1973/2004 continua tuttavia ad applicarsi alle domande di aiuto relative al 2009 e agli anni precedenti. Una disposizione analoga all’art. 138, n. 1, è adesso ravvisabile nell’art. 58 del regolamento (CE) n. 1122/2009 (GU L 316, pag. 65).

( 5 ) La domanda di pronuncia pregiudiziale parla di una domanda di «pagamento diretto»; poiché, tuttavia, viene chiesta l’interpretazione dell’art. 138 del regolamento n. 1973/2004, dovrebbe essersi trattato piuttosto di domanda di «pagamento unico per superficie».

( 6 ) In un controllo successivo alla domanda veniva accertato che la superficie effettivamente sfruttata a fini agricoli era pari, invece che a 212,78 ettari indicati, solo a 113,49 ettari.

( 7 ) Rayongericht Goleniów.

( 8 ) Tribunale distrettuale di Szczecin.

( 9 ) Procuratore generale.

( 10 ) Corte suprema polacca.

( 11 ) Secondo giurisprudenza costante, spetta alla Corte, di fronte a questioni formulate in modo impreciso, trarre i punti di diritto dell’Unione che vanno interpretati, tenuto conto dell’oggetto della lite, v. sentenza 13 dicembre 1984, causa 251/83, Haug-Adrion (Racc. pag. 4277, punto 9), nonché dare tutte le indicazioni che possano facilitare al giudice nazionale la soluzione della controversia, v. ex plurimis sentenza 22 dicembre 2010, causa C-12/10, Lecson Elektromobile (Racc. pag. I-14173, punto 15).

( 12 ) V. al riguardo anche il procedimento pendente relativo alla causa C-617/10, Åkerberg Fransson (GU C 72, pag. 14).

( 13 ) V. sentenze 15 ottobre 2002, cause riunite C-238/99 P, C-244/99 P, C-245/99 P, C-247/99 P, da C-250/99 P a C-252/99 P e C-254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione («LVM»; Racc. pag. I-8375, punto 59), nonché 29 giugno 2006, causa C-289/04 P, Showa Denko/Commissione («Showa Denko»; Racc. pag. I-5859, punto 50).

( 14 ) V. con riferimento alle altre versioni linguistiche di tale disposizione, J. Kokott/Ch. Sobotta, «Die Charta der Grundrechte der Europäischen Union nach dem Inkrafttreten des Vertrags von Lissabon, in: Europäische Grundrechte Zeitschrift (2010), pagg. 265-271.

( 15 ) V. al riguardo anche le conclusioni dell’avvocato generale Bot presentate il 5 aprile 2011 nella causa Scattolon (sentenza 6 settembre 2011, causa C-108/10, Racc. pag. I-7491, paragrafi 116-119), nonché dell’avvocato generale Trstenjak presentate il 22 settembre 2011 nella causa M.E. e a. (sentenza 21 dicembre 2011, cause riunite C-411/10 e C-493/10, paragrafi 71-81).

( 16 ) V., per le prime indicazioni, sentenze 5 ottobre 2010, causa C-400/10 PPU, McB. (Racc. pag. I-8965, punto 52), e 15 settembre 2011, cause riunite C-483/09 e C-1/10, Gueye (Racc. pag. I-8263, punto 55).

( 17 ) V. al riguardo ordinanze 12 novembre 2010, causa C-339/10, Asparuhov Estov e a. (Racc. pag. I-11465, punto 14), e 1o marzo 2011, causa C-457/09, Chartry (Racc. pag. I-819, punto 25).

( 18 ) Sentenza 15 novembre 2011, causa C-256/11, Dereci e a. (Racc. pag. I-11315, punto 72), nella quale la Corte opta per le formule «soggette al diritto dell’Unione» e «nella sfera di applicazione del diritto dell’Unione». Essa ha tuttavia sorprendentemente lasciato al giudice del rinvio la decisione della questione se la fattispecie controversa rientri nell’ambito di applicazione dell’Unione.

( 19 ) V. sentenza 21 settembre 1989, causa 68/88, Commissione/Grecia (Racc. pag. 2965, punti 23 e segg.).

( 20 ) V., con riferimento alla giurisprudenza riguardante l’obbligo generale degli Stati membri di sanzionare le violazioni del diritto dell’Unione, che discende dall’art. 4, n. 2, TUE, sentenze 12 luglio 2001, causa C-262/99, Louloudakis (Racc. pag. I-5547, punto 67), e 5 luglio 2007, causa C-430/05, Ntionik e Pikoulas (Racc. pag. I-5835, punto 53).

( 21 ) Protocollo 17 dicembre 2007 (GU C 306, pag. 157).

( 22 ) In tal senso anche le conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak nella causa M.E. e a., cit. alla nota 13 (paragrafo 167).

( 23 ) Anche il governo britannico ha sottolineato che il protocollo costituisce unicamente un ausilio interpretativo chiarificatore. V. al riguardo House of Lords, Tenth Report of the European Union Select Committee del 26 febbraio 2008, punto 5.86 alla pagina http://www.publications.parliament.uk/pa/ld200708/ldselect/ldeucom/62/6209.htm.

( 24 ) «(…) est exclu une nouvelle fois du bénéfice d’une aide à hauteur d’un montant correspondant à la différence entre la superficie déclarée et la superficie déterminée. Le montant correspondant est prélevé sur les paiements d’aides (…)» e «(…) shall be excluded once again from receiving aid up to an amount which corresponds to the difference between the area declared and the area determined. That amount shall be off-set against aid payments to which the farmer is entitled in the context of applications (…)».

( 25 ) Se si accoglie tale interpretazione, si può pervenire ad una completa esclusione degli aiuti per tre anni solo nei casi in cui la differenza è talmente elevata da consumare gli aiuti di tre anni. Avuto riguardo alle superfici e alle somme interessate dal presente procedimento, non è pertanto comprensibile, se si condivide la mia interpretazione della norma, che nei confronti del sig. Bonda sia stata comminata la sanzione di un’esclusione completa per tre anni.

( 26 ) Essa sarebbe tuttavia rilevante per la questione della proporzionalità della sanzione.

( 27 ) Regolamento (CE) della Commissione 21 aprile 2004, n. 796, recante modalità di applicazione della condizionalità, della modulazione e del sistema integrato di gestione e di controllo di cui al regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell’ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori (GU L 141, pag. 18). Esso contiene una disposizione analoga all’art. 138 del regolamento.

( 28 ) V. sentenze LVM, cit. alla nota 13 (punto 59), e 7 gennaio 2004, cause riunite C-204/00 P, C-205/00 P, C-211/00 P, C-213/00 P, C-217/00 P e C-219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione (Racc. pag. I-123, punti 338-340).

( 29 ) Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, firmata a Schengen il 19 giugno 1990 (GU 2000, L 239, pag. 19).

( 30 ) V. al riguardo, da ultimo, le mie conclusioni presentate l’8 settembre 2011 nella causa Toshiba e a. (causa C-17/10).

( 31 ) V., tuttavia, le conclusioni dell’avvocato generale Sharpston presentate il 10 febbraio 2011 nella causa KME (sentenza 8 dicembre 2011, causa C-272/09 P, Racc. pag. I-12789, paragrafi 4 e segg.), nonché le conclusioni dell’avvocato generale Bot presentate il 26 ottobre 2010 nella causa ThyssenKrupp Nirosta (ex ThyssenKrupp Stainless)/Commissione (sentenza 29 marzo 2011, causa C-352/09 P, Racc. pag. I-2359, paragrafi 48 e segg.), e il 26 ottobre 2010 nella causa ArcelorMittal Lussemburgo/Commissione (sentenza 29 marzo 2011, cause riunite C-201/09 P e C-216/09 P, Racc. pag. I-2239, paragrafi 40 e segg.), nelle quali gli avvocati generali ricorrono ai criteri della Corte eur. D.U. per accertare la natura quasi penale del procedimento in materia di intese previsto dal diritto dell’Unione. V. sulla natura penale dei procedimenti in materia di intese, anche Corte eur. D.U., sentenza Menarini c. Italia del 27 settembre 2011 (ricorso n. 43509/08, non ancora pubblicata nel Recueil des arrêts et décisions).

( 32 ) Sentenza 27 ottobre 1992, causa C-240/90, Germania/Commissione (Racc. pag. I-5383, punto 25).

( 33 ) Sentenza 11 luglio 2002, causa C-210/00, Käserei Champignon Hofmeister (Racc. pag. I-6453).

( 34 ) Sentenza Käserei Champignon Hofmeister, cit. alla nota 33 (punto 44).

( 35 ) Sentenza Käserei Champignon Hofmeister, cit. alla nota 33 (punto 41), che fa riferimento alle sentenze 18 novembre 1987, causa 137/85, Maizena e a. (Racc. pag. 4587, punto 13), e Germania/Commissione, cit. alla nota 32 (punto 26).

( 36 ) Sentenze Germania/Commissione, cit. alla nota 32 (punto 19), e Käserei Champignon Hofmeister, cit. alla nota 33 (punto 38).

( 37 ) Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («CEDU», firmata a Roma il 4 novembre 1950).

( 38 ) V. al riguardo anche le mie conclusioni nella causa Toshiba e a., cit. alla nota 30 (paragrafo 120).

( 39 ) Art. 6, n. 1, terzo comma, TUE e art. 52, n. 3, prima frase, della Carta dei diritti fondamentali.

( 40 ) V. sentenze McB., cit. alla nota 16 (punto 53); Dereci, cit. alla nota 18 (punto 70), nonché le mie conclusioni nella causa Toshiba e a., cit. alla nota 30 (paragrafo 120). Si osservi che l’art. 52, n. 3, seconda frase, della Carta dei diritti fondamentali consente di eccedere lo standard della CEDU.

( 41 ) Quattro Stati membri dell’Unione europea (Belgio, Germania, Paesi Bassi e Regno Unito) non hanno finora ratificato il protocollo n. 7 alla CEDU.

( 42 ) Sentenze LVM, cit. alla nota 13 (punto 59), e Showa Denko, cit. alla nota 13 (punto 50).

( 43 ) Corte eur. D.U., sentenza Maresti c. Croazia del 25 giugno 2009 (ricorso n. 55759/07, non ancora pubblicata nel Recueil des arrêts et décisions, § 56 e la giurisprudenza citata).

( 44 ) Corte eur. D.U., sentenza Engel e a. c. Paesi Bassi (Grande Camera) dell’8 giugno 1976 (ricorsi n. 5100/71; 5101/71; 5102/71; 5354/72; 5370/72, Serie A n. 22, § 82).

( 45 ) Corte eur. D.U., sentenza Engel e a. c. Paesi Bassi, cit. alla nota 44 (§ 82).

( 46 ) Corte eur. D.U., sentenza Öztürk c. Germania del 21 febbraio 1984 (ricorso n. 8544/79, Serie A n. 73, § 53), nonché sentenza Lauko c. Slovacchia del 2 settembre 1998 (ricorso n. 26138/95, Recueil des arrêts et décisions 1998-VI, § 58).

( 47 ) Corte eur. D.U., sentenza Jussila c. Finlandia del 23 novembre 2006 (ricorso n. 73053/01, Recueil des arrêts et décisions 2006-XIII, § 38).

( 48 ) V. ex plurimis, Corte eur. D.U., sentenza Zolotukhin c. Russia (Grande Camera) del 10 febbraio 2009 (ricorso n. 14939, non ancora pubblicata nel Recueil des arrêts et décisions, § 55), che fa riferimento alle sentenze Ezeh e Connors c. Regno Unito del 9 ottobre 2003 (ricorsi nn. 39665/98 e 40086/98, Recueil des arrêts et décisions 2003-X, §§ 102 e 105), e Maresti c. Croazia, cit. alla nota 43 (§ 59).

( 49 ) Corte eur. D.U., sentenze Zolotukhin c. Russia, cit. alla nota 48 (§ 55), e Maresti, cit. alla nota 43 (§ 59).

( 50 ) Corte eur. D.U., sentenze Ezeh e Connors c. Regno Unito, cit. alla nota 48 (§ 103), nonché Bendenoun c. Francia del 24 febbraio 1994 (ricorso n. 12547/86, Serie A n. 284, § 47).

( 51 ) Corte eur. D.U., sentenza Zolotukhin c. Russia, cit. alla nota 48 (§ 56).

( 52 ) Corte eur. D.U., sentenze Engel e a. c. Paesi Bassi, cit. alla nota 44 (§ 82), nonché Ezeh e Connors c. Regno Unito, cit. alla nota 48 (§ 126).

( 53 ) Corte eur. D.U., sentenza Žugić c. Croazia del 31 maggio 2011 (ricorso n. 3699/08, non ancora pubblicata nel Recueil des arrêts et décisions, § 68).

( 54 ) Corte eur. D.U., sentenza Žugić c. Croazia, cit. alla nota 53 (§ 68).

( 55 ) Corte eur. D.U., sentenza Zolothukin c. Russia, cit. alla nota 48 (§ 53).

( 56 ) V. in tal senso Corte eur. D.U., sentenza Weber c. Svizzera del 22 maggio 1990 (ricorso n. 11034/84, Serie A n. 177, § 33).

( 57 ) Sentenza Käserei Champignon Hofmeister, cit. alla nota 33 (punto 41).

( 58 ) Corte eur. D.U., sentenza Jussila c. Finlandia, cit. alla nota 47 (§ 38).

( 59 ) V. ad esempio Bouloc, B., Droit pénal général, 19a ed. (2005), pagg. 22-23, e Ashworth, A., Principles of Criminal Law, 6a ed. (2009), pagg. 16-18.

( 60 ) V. la teoria dell’unificazione preventiva, sostenuta da Claus Roxin, la quale si basa sul principio secondo il quale «l’obiettivo della pena può avere unicamente carattere preventivo»; Roxin, C., Strafrecht Allgemeiner Teil, vol. I, 4a ed. (2006), pagg. 85-96.

( 61 ) In tal senso Corte eur. D.U., sentenza Jussila c. Finlandia, cit. alla nota 47 (§ 38), la quale distingue a seconda che un onere finanziario costituisca il risarcimento per i danni arrecati o una punizione intesa a prevenire una reiterazione.

( 62 ) Conclusioni presentate il 3 giugno 1992, nella causa Germania/Commissione, cit. alla nota 32 (paragrafo 11).

( 63 ) Sentenza Käserei Champignon Hofmeister, cit. alla nota 33 (punto 38).

( 64 ) Regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 18 dicembre 1995, n. 2988 (GU L 312, pag. 1).

( 65 ) Corte eur. D.U., sentenza Jussila c. Finlandia, cit. alla nota 47 (§ 38), nella quale essa affronta le divergenze nella sua giurisprudenza concernente la caratterizzazione delle maggiorazioni nel settore fiscale. V. anche Corte eur. D.U., sentenza Ruotsalainen c. Finlandia del 16 giugno 2009 (ricorso n. 13079/03, non ancora pubblicata nel Recueil des arrêts et décisions, § 46), concernente un’imposta per impiego del carburante sbagliato.

( 66 ) V. tuttavia nell’ambito del diritto della concorrenza, con riferimento all’applicazione del principio della presunzione d’innocenza, la sentenza 8 luglio 1999, causa C-199/92 P, Hüls/Commissione (Racc. pag. I-4287, punto 150).

( 67 ) V. paragrafo 43 delle presenti conclusioni.

( 68 ) Proprio su tale concetto si è basata la Corte nella citata sentenza Käserei Champignon Hofmeister, nella quale ha considerato decisivo il criterio della volontarietà della partecipazione al sistema di aiuti.

( 69 ) Art. 48, n. 9, del regolamento (CE) della Commissione 7 luglio 2009, n. 612, recante modalità comuni di applicazione del regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli (rifusione) (GU L 186, pag. 1), e il novantottesimo ‘considerando’ del regolamento n. 1122/2009, cit. alla nota 4.

( 70 ) Cit. alla nota 64.

( 71 ) V. al riguardo anche il nono ‘considerando’ del regolamento.

( 72 ) Paragrafi 18 e segg. delle presenti conclusioni. Si confronti al riguardo anche l’art. 2, n. 1, della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (GU C 316, pag. 49).

( 73 ) V. in tal senso sentenza Käserei Champignon Hofmeister, cit. alla nota 33 (punto 52), nella quale la Corte ha sottolineato che la circostanza che il principio nulla poena sine culpa sia inapplicabile non lascia l’interessato senza tutela giuridica.

( 74 ) V., sull’applicabilità del principio di proporzionalità alla sanzione penale nazionale, il paragrafo 18 delle presenti conclusioni.

( 75 ) Cit. alla nota 64.

( 76 ) Corte eur. D.U., sentenza Zolothukin c. Russia, cit. alla nota 48 (§ 82).

( 77 ) Cit. alla nota 30 (paragrafi 111-124).