CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 27 ottobre 2011 ( 1 )

Cause riunite C-113/10, C-147/10 e C-234/10

Zuckerfabrik Jülich AGcontroHauptzollamt AachenBritish Sugar plccontro

Rural Payments Agency

eTereoscontro

Directeur général des douanes et droits indirects

[Domande di pronuncia pregiudiziale proposte, rispettivamente, dal Finanzgericht Düsseldorf (Germania), dalla High Court of Justice of England and Wales (Regno Unito) e dal Tribunal de grande instance de Nanterre (Francia)]

«Zucchero — Calcolo dei contributi alla produzione — Restituzioni all’esportazione — Calcolo della perdita media per tonnellata — Inclusione dell’importo teorico di restituzioni per quantitativi esportati senza restituzioni — Rimborso di contributi imposti da regolamenti dichiarati invalidi — Tasso di cambio applicabile — Concessione degli interessi»

1. 

Le presenti domande di pronuncia pregiudiziale riguardano le campagne di commercializzazione dello zucchero per il periodo 2001-2006, in cui la produzione di zucchero superava il consumo nell’Unione europea (in prosieguo: l’«Unione») e i prezzi erano notevolmente più elevati rispetto al mercato mondiale. Una delle relative conseguenze è stata l’assegnazione di quote ai produttori. Le quantità prodotte entro determinate quote potevano essere esportate con restituzioni finanziate dai contributi alla produzione. Per calcolare i contributi occorreva moltiplicare l’«eccedenza esportabile» per la «perdita media per tonnellata» per ogni campagna di commercializzazione. Tale perdita media si otteneva dividendo «il totale delle restituzioni» per il quantitativo totale degli «impegni all’esportazione da soddisfare» nella campagna di commercializzazione di riferimento.

2. 

Nei presenti procedimenti la questione principale è quella della definizione del «totale delle restituzioni» in tale ambito. L’incertezza è sorta dal fatto che, per talune quantità contenute in prodotti trasformati esportati, le restituzioni all’esportazione, a cui esse davano diritto, non sono state né richieste né versate.

3. 

Nei regolamenti che fissano i contributi alla produzione per le campagne di commercializzazione 2003-2006, la Commissione ha incluso tali quantitativi nelle «eccedenze esportabili» ma non negli «impegni all’esportazione da soddisfare». Chiamata a pronunciarsi in ordine alla validità di tale calcolo, nel 2008, nella sentenza, Zuckerfabrik Jülich e a. (in prosieguo: la «sentenza Jülich I») ( 2 ), la Corte ha statuito che, in entrambi i casi, si sarebbe dovuto tener conto di tutti i quantitativi esportati, che avessero beneficiato o meno di restituzioni, e che i regolamenti in parola erano invalidi per tale motivo. Tuttavia, essa non si è pronunciata sulla questione se il «totale delle restituzioni» avrebbe dovuto comprendere parimenti tutte le restituzioni disponibili, pagate o meno, oppure soltanto le restituzioni effettivamente versate.

4. 

Nel 2009 la Commissione ha adottato un nuovo regolamento a rettifica di quelli che erano stati dichiarati invalidi. Nei calcoli in esso presenti, nel «totale delle restituzioni» essa ha incluso tutte le restituzioni disponibili, a prescindere dal fatto che fossero state corrisposte o meno. Gli importi dei contributi ricalcolati sono solo leggermente diversi rispetto a quelli fissati in origine, ma sono maggiori di quelli che sarebbero stati ottenuti se soltanto le restituzioni effettivamente versate fossero state incluse nel «totale delle restituzioni».

5. 

Diversi produttori hanno contestato sia il calcolo sia il fondamento normativo per l’adozione del nuovo regolamento e tre giudici nazionali hanno chiesto alla Corte una pronuncia pregiudiziale sulla sua validità. Uno dei suddetti giudici ha altresì domandato, in relazione a rimborsi incontestabilmente dovuti, quale sia la data di cui tenere conto nell’applicazione del tasso di cambio e se possano essere concessi gli interessi.

Contesto normativo e procedimento

Legislazione sulle risorse proprie

6.

All’epoca dei fatti, le risorse proprie delle Comunità europee erano disciplinate dalla decisione del Consiglio 2000/597 ( 3 ) (in prosieguo: «la decisione sulle risorse proprie») e dal regolamento del Consiglio n. 1150/2000 ( 4 ) (in prosieguo: «il regolamento sulle risorse proprie»).

7.

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione sulle risorse proprie, costituiscono risorse proprie iscritte nel bilancio dell’Unione europea le entrate provenienti, tra l’altro, da «contributi ed altri dazi previsti nell’ambito dell’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero».

8.

L’articolo 2, paragrafo 3 così prevedeva: «[g]li Stati membri trattengono, a titolo di spese di riscossione, il 25 % degli importi di cui al paragrafo 1, lettera a) (…)».

9.

L’articolo 6 sanciva: «[l]e entrate di cui all’articolo 2 sono utilizzate indistintamente per finanziare tutte le spese iscritte nel bilancio.(…)».

10.

L’articolo 8, paragrafo 1, della medesima decisione stabiliva che: «[l]e risorse proprie delle Comunità di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a), (…) sono riscosse dagli Stati membri ai sensi delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali (…)».

11.

Secondo l’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento sulle risorse proprie, gli Stati membri erano tenuti ad aprire un conto a nome della Commissione presso il Tesoro o l’organismo da esso designato e ad accreditarvi le risorse proprie.

12.

L’articolo 11, paragrafo 1, del medesimo regolamento così affermava: «[o]gni ritardo nelle iscrizioni sul conto di cui all’articolo 9, paragrafo 1, dà luogo al pagamento, da parte dello Stato membro in questione, di interessi di mora» ( 5 ).

Il regolamento di base

13.

Il regolamento (CE) n. 1260/2001 ( 6 ) del Consiglio (in prosieguo: il «regolamento di base») disciplinava l’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero per le campagne di commercializzazione 2001/2002-2005/2006. Tale regolamento è stato abrogato e sostituito con effetto dal 1o luglio 2006 ( 7 ).

14.

Il relativo preambolo enunciava, tra l’altro, quanto segue:

«9)

I motivi che finora hanno indotto la Comunità ad applicare un regime di quote di produzione (…) rimangono tuttora validi. Tale regime ha tuttavia subito modifiche per (…) dotare la Comunità degli strumenti necessari a garantire in modo giusto, ma efficace, che l’onere connesso allo smaltimento delle eccedenze derivanti dal rapporto tra produzione e consumo all’interno della Comunità sia completamente a carico dei produttori stessi (…).

(…)

11)

L’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero si fonda, da un lato, sul principio della responsabilità finanziaria integrale dei produttori, per ogni campagna di commercializzazione, per le perdite dovute allo smaltimento delle eccedenze di produzione comunitarie nell’ambito delle quote rispetto al consumo interno (...).

12)

(…) È opportuno mantenere il sistema di autofinanziamento del settore attraverso i contributi alla produzione e il regime delle quote di produzione.

13)

In questo modo continuerà ad essere osservato il principio della responsabilità finanziaria attraverso i contributi dei produttori, che consistono nella riscossione di un contributo alla produzione di base che si applica a tutta la produzione di zucchero A e B [ ( 8 )] , ma si limita al 2 % del prezzo d’intervento dello zucchero bianco, e di un contributo B, che riguarda la produzione di zucchero B entro il limite massimo del 37,5 % di quest’ultimo prezzo. (…) I limiti suindicati non consentono, nelle suddette condizioni, di raggiungere l’obiettivo dell’autofinanziamento del settore campagna per campagna. Occorre quindi prevedere la riscossione di un contributo complementare [ ( 9 ) ]

14)

(…) si deve determinare un coefficiente valido per tutta la Comunità, che rappresenti per tale campagna il rapporto tra la perdita globale constatata e il gettito totale dei contributi alla produzione. (…)».

15.

Tale regolamento ha pertanto previsto il finanziamento, da parte dei produttori, degli oneri occasionati all’UE dallo smercio delle eccedenze di produzione mediante contributi alla produzione.

16.

L’articolo 7, paragrafo 3, accordava restituzioni alla produzione per lo zucchero originario degli Stati membri o in libera circolazione nei medesimi, utilizzato nella fabbricazione di taluni prodotti dell’industria chimica. L’importo della restituzione doveva essere fissato tenendo conto dei costi di approvvigionamento sul mercato mondiale.

17.

Gli articoli 27-29 prevedevano, per determinati prodotti saccariferi, restituzioni all’esportazione che riflettevano la differenza fra i prezzi sul mercato mondiale e quelli nell’Unione. L’articolo 33 prevedeva invece l’applicazione di un prelievo all’esportazione qualora il prezzo dello zucchero sul mercato mondiale superasse il prezzo d’intervento. Nella pratica, i prezzi dello zucchero sul mercato mondiale erano sempre più bassi, sicché tutte le esportazioni di zucchero A e B davano diritto a restituzioni e non veniva applicato alcun prelievo all’esportazione.

18.

Riguardo al calcolo dei contributi alla produzione, l’articolo 15 prevedeva, in particolare ( 10 ):

«1.   Prima della fine di ciascuna campagna di commercializzazione si constata quanto segue:

a)

la produzione stimata di zucchero A e B (…) della campagna in corso;

b)

la stima dei quantitativi di zucchero (…) che saranno smerciati per il consumo interno della Comunità [ ( 11 )] durante la campagna in corso;

c)

l’eccedenza esportabile, sottraendo dal quantitativo di cui alla lettera a) il quantitativo di cui alla lettera b);

d)

la perdita media stimata o l’entrata media stimata per tonnellata di zucchero destinata a soddisfare gli impegni all’esportazione a titolo della campagna in corso. [ ( 12 )]

La perdita media o l’entrata media è pari alla differenza tra il totale delle restituzioni e il totale dei prelievi [ ( 13 )] sul quantitativo totale degli impegni all’esportazione suddetti;

e)

la perdita complessiva stimata o l’entrata complessiva stimata, che si ottiene moltiplicando l’eccedenza di cui alla lettera c) per la perdita media o per l’entrata media di cui alla lettera d).

2.   (…) prima della fine della campagna di commercializzazione 2005/2006 si constata, cumulativamente per le campagne di commercializzazione 2001/2002-2005/2006, quanto segue:

a)

l’eccedenza esportabile determinata in funzione della produzione definitiva di zucchero A e B (…) e dei quantitativi definitivi di zucchero (…) smerciati per il consumo interno della Comunità (…);

b)

la perdita media o l’entrata media per tonnellata di zucchero risultante dalla totalità degli impegni all’esportazione di cui trattasi, determinata con il sistema di calcolo di cui al paragrafo 1, lettera d), secondo comma;

c)

la perdita complessiva o l’entrata complessiva, che si ottiene moltiplicando l’eccedenza di cui alla lettera a) per la perdita media o l’entrata media di cui alla lettera b);

d)

la somma dei contributi alla produzione di base e dei contributi B riscossi.

La perdita complessiva stimata o l’entrata complessiva stimata di cui al paragrafo 1, lettera e), viene adeguata in funzione della differenza tra gli importi di cui alle lettere c) e d).

3.   Qualora dagli importi constatati di cui al paragrafo 1, adeguati conformemente al paragrafo 2 (…), risulti una perdita complessiva stimata, quest’ultima viene divisa per la produzione stimata di zucchero A e B (…) della campagna in corso. L’importo che ne risulta è il contributo alla produzione di base che i fabbricanti sono tenuti a versare sulle loro produzioni di zucchero A e B (...).

(…)

4.   Qualora il massimale del contributo alla produzione di base non consenta di coprire integralmente la perdita complessiva di cui al paragrafo 3, primo comma, il saldo restante viene diviso per la produzione stimata di zucchero B (…) della campagna in corso. L’importo che ne risulta deve essere pagato dai fabbricanti come contributo B sulle rispettive produzioni di zucchero B (…).

(…)

5.   Qualora, sulla base delle constatazioni degli importi di cui al paragrafo 1, risulti che, a causa dei massimali del contributo alla produzione di base e del contributo B fissati ai paragrafi 3 e 4, la perdita complessiva stimata della campagna di commercializzazione in corso non può essere coperta dal gettito di tali contributi, la percentuale massima di cui al paragrafo 4, primo trattino, è riveduta nella misura necessaria per coprire detta perdita complessiva, senza comunque superare il 37,5 %.

(…)

6.   Ai fini del calcolo della perdita complessiva di cui al paragrafo 1, lettera e)[,] si tiene conto di tutte le perdite derivanti dalla concessione di restituzioni alla produzione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3.

7.   I contributi di cui al presente articolo sono riscossi dagli Stati membri.

8.   Le modalità di applicazione del presente articolo, in particolare quelle indicate in appresso, sono adottate (…):

importi dei contributi da riscuotere,

(…)».

19.

L’articolo 16 prescriveva la riscossione di un contributo complementare qualora i contributi di cui all’articolo 15, paragrafi 3, 4 e 5, non coprissero completamente la perdita constatata per la campagna in corso. L’articolo 16, paragrafo 5, prevedeva l’adozione di modalità specifiche per l’applicazione di tale contributo complementare.

Il regolamento d’applicazione

20.

La Commissione ha adottato il regolamento n. 314/2002 ( 14 ) (in prosieguo: «il regolamento d’applicazione») ai sensi, tra l’altro, dell’articolo 15, paragrafo 8, e dell’articolo 16, paragrafo 5, del regolamento di base. Il regolamento n. 314/2002 prevedeva, inter alia, la fissazione dei quantitativi di zucchero smerciati per il consumo all’interno della Comunità ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, lettera a), del regolamento di base e la definizione degli impegni all’esportazione da soddisfare ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di base.

21.

In forza dell’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento d’applicazione, quale modificato, il quantitativo smerciato per il consumo all’interno della Comunità doveva essere calcolato come (i) il quantitativo totale in giacenza all’inizio della campagna, quello prodotto nell’ambito delle quote A e B, quello importato come tale e quello contenuto in prodotti trasformati importati, meno (ii) il quantitativo totale esportato come tale, quello contenuto in prodotti trasformati esportati, nonché il quantitativo in giacenza a fine campagna e quello oggetto di titolo di restituzioni alla produzione di cui all’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento di base – ove quest’ultimo quantitativo corrisponde, in effetti, a quello impiegato nell’industria chimica.

22.

L’articolo 6, paragrafo 5, del regolamento d’applicazione definiva «gli impegni all’esportazione per la campagna di commercializzazione in corso» come, essenzialmente, tutti i quantitativi di zucchero da esportare come tale, con restituzioni o prelievi all’esportazione fissati a) mediante gare aperte per detta campagna o b) fissati sulla base di titoli d’esportazione rilasciati durante detta campagna e c) tutte le esportazioni prevedibili di zucchero sotto forma di prodotti trasformati, con restituzioni o prelievi all’esportazione fissati a tale scopo durante detta campagna, d) i quantitativi per i quali sono stati rilasciati titoli di restituzioni alla produzione a norma dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento di base nonché, infine, e) l’aiuto alimentare.

23.

Gli articoli 6 e 7 del regolamento d’applicazione prevedevano altresì il pagamento di acconti sui contributi alla produzione, calcolati in base a previsioni, anteriormente alla fine della campagna di commercializzazione. Ciò veniva chiarito al settimo considerando, a tenore del quale: «[i] contributi alla produzione previsti dall’articolo 15 del regolamento [di base] possono essere calcolati soltanto dopo la fine della campagna di commercializzazione, tenendo conto del fatto che gli impegni per lo zucchero da esportare vengono assunti in gran parte nel secondo trimestre di detta campagna e che, pertanto, solo a quel momento sono disponibili i dati che devono servire per fissare detti contributi. Di conseguenza, al fine di rendere operativa il più presto possibile la responsabilità finanziaria dei produttori, occorre prevedere, anteriormente alla fine della campagna di commercializzazione, il pagamento di acconti sui contributi calcolati in base a previsioni. (…) La fissazione degli importi dei contributi, e dunque la loro riscossione, devono poter avvenire soltanto dopo l’acquisizione di dati i più esatti possibili, segnatamente di quelli relativi al consumo».

Riepilogo della formula di calcolo

24.

Le presenti domande di pronuncia pregiudiziale riguardano il punto di partenza del calcolo dei contributi alla produzione, segnatamente la «perdita complessiva» per ogni campagna di commercializzazione.

25.

Secondo le disposizioni summenzionate, la «perdita complessiva» per ogni campagna in corso corrispondeva all’«eccedenza esportabile» moltiplicata per la «perdita media per tonnellata».

26.

L’«eccedenza esportabile» era essenzialmente costituita dalla produzione A e B meno il consumo nell’UE. Pertanto, essa rappresentava soltanto l’eccedenza di produzione A e B durante la campagna. Inoltre, non soltanto lo zucchero C (produzione dell’Unione fuori dalle quote A e B) doveva essere esportato senza restituzioni, ma potevano essere esportate con restituzione giacenze di zucchero A e B, insieme a determinate categorie di zucchero importato.

27.

Il consumo all’interno dell’UE veniva calcolato sottraendo il quantitativo totale che risultava non consumato (essenzialmente esportazioni, quantitativi impiegati nell’industria chimica e giacenze di zucchero A e B alla fine della campagna di commercializzazione) dal quantitativo totale che risultava disponibile per il consumo (in sostanza, giacenze di zucchero A e B all’inizio della campagna di commercializzazione, produzione di zucchero A e B durante la campagna medesima e importazioni).

28.

La «perdita media per tonnellata» veniva ricavata dividendo il «totale delle restituzioni» per il «quantitativo totale degli impegni all’esportazione». Pertanto, si trattava di una frazione il cui numeratore era rappresentato dal «totale delle restituzioni» e il denominatore era il «quantitativo totale degli impegni all’esportazione».

29.

La questione principale nelle presenti cause è se il numeratore («totale delle restituzioni») di tale frazione debba includere le restituzioni di cui avrebbero potuto beneficiare le esportazioni, ma che non erano state richieste; è pacifico che il denominatore («quantitativo totale degli impegni all’esportazione») include tutti i quantitativi che giustificano la restituzione, a prescindere dal fatto che ne sia stata fatta domanda o meno.

I contributi inizialmente fissati e la loro contestazione

30.

A partire dal 2003, nel fissare i contributi per ogni campagna, la Commissione ha inteso la locuzione «impegni all’esportazione» nel senso di comprendere soltanto i quantitativi per cui le restituzioni erano state di fatto versate (e non quelli per cui le restituzioni avrebbero potuto essere richieste, ma che non sono state pagate). Ciò ha diminuito il denominatore della frazione di cui al paragrafo 28 supra, incrementando, pertanto, la «perdita media per tonnellata». Nel contempo, tuttavia, la Commissione ha detratto tutti i quantitativi contenuti nei prodotti trasformati esportati (a prescindere dal fatto che restituzioni fossero state di fatto versate o meno) dal quantitativo disponibile per il consumo nell’UE. Conseguentemente, i calcoli descritti ai paragrafi 26 e 27 supra hanno prodotto un minore «quantitativo prevedibile smerciato per il consumo all’interno della Comunità» e una maggiore «eccedenza esportabile» rispetto a quanto avrebbero altrimenti prodotto. Quando «l’eccedenza esportabile» veniva quindi moltiplicata per la «perdita media per tonnellata», la «perdita complessiva» risultava dunque maggiore, il che, a sua volta, si traduceva in un aumento dei contributi alla produzione. L’effetto prodotto sembra essere stato significativo, giacché in molti casi i produttori di zucchero non richiedevano restituzioni all’esportazione con riferimento allo zucchero contenuto in prodotti trasformati esportati.

31.

I contributi alla produzione per le campagne di commercializzazione 2001/2002, 2002/2003, 2003/2004 e 2004/2005 sono stati fissati rispettivamente dai regolamenti nn. 1837/2002, 1762/2003, 1775/2004 e 1686/2005 ( 15 ). Le contestazioni del calcolo di detti contributi hanno condotto a una serie di rinvii pregiudiziali dinanzi alla Corte di giustizia.

32.

Il 5 maggio 2008, la Corte ha pronunciato la sua sentenza nella citata causa Jülich I. Essa ha statuito che, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, lettere c) e d), del regolamento di base, tutti i quantitativi di prodotti esportati considerati dal medesimo articolo dovevano essere presi in considerazione per calcolare sia «l’eccedenza esportabile» (ove dovevano essere detratti dal consumo) sia «la perdita media per tonnellata», che fossero state o meno effettivamente versate restituzioni.

33.

La Corte ha osservato che l’«eccedenza esportabile» era costituita dalla differenza fra la produzione, nell’Unione, di zucchero A e di zucchero B e il consumo di zucchero interno. Quest’ultimo non era pertanto tale da includere i prodotti esportati, che avessero beneficiato o meno di restituzioni all’esportazione. Se i quantitativi esportati senza restituzioni fossero conteggiati nel consumo interno, quest’ultimo sarebbe sovrastimato e l’eccedenza esportabile sarebbe sottostimata, comportando il rischio di non conseguire lo scopo di garantire il finanziamento da parte dei produttori stessi degli oneri di smaltimento delle eccedenze ( 16 ).

34.

Riguardo alla «perdita media per tonnellata», la Corte ha ritenuto che la nozione di «impegni all’esportazione da soddisfare» [il denominatore della frazione di cui al paragrafo 28 supra, definito all’articolo 15, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di base] non potesse essere interpretato in modo coerente con l’articolo 22, paragrafo 1, del medesimo regolamento (secondo cui le esportazioni erano subordinate alla presentazione di un titolo di esportazione, quest’ultimo a sua volta subordinato alla costituzione di una cauzione che garantisse l’esportazione durante il periodo di validità del titolo ( 17 )) nel senso di essere limitato agli impegni per i quali restituzioni all’esportazione erano state effettivamente versate. La Corte ha respinto l’argomento della Commissione secondo cui tale limitazione, incrementando l’importo dei contributi alla produzione, potrebbe scoraggiare la creazione di eccedenze ribadendo che il calcolo non doveva andare oltre l’obiettivo di un giusto autofinanziamento ad opera dei produttori ( 18 ).

35.

La Corte ha pertanto statuito che i regolamenti nn. 1762/2003 e 1775/2004 erano invalidi nella misura in cui, per calcolare la «perdita media per tonnellata», essi prendevano in considerazione solamente le esportazioni cui si accompagnavano restituzioni. Per contro, l’esame del regolamento n. 1837/2002 non aveva rivelato l’esistenza di elementi tali da inficiarne la validità, in quanto esso prendeva in considerazione tutti i quantitativi esportati sotto forma di prodotti lavorati, a prescindere dalla circostanza che tali esportazioni avessero o meno beneficiato di restituzioni.

36.

La Corte non si è pronunciata né è stata chiamata a pronunciarsi sulla questione se il «totale delle restituzioni» avrebbe dovuto essere altresì calcolato tenendo conto dei quantitativi totali esportati sotto forma di prodotti lavorati, indipendentemente dal fatto che fossero state effettivamente versate o meno restituzioni.

37.

In seguito, nella causa SAFBA e a. (in prosieguo: l’«ordinanza SAFBA») ( 19 ), la Corte ha affermato, da un lato, che l’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento d’applicazione non era invalido in quanto, per il calcolo dei contributi alla produzione, esso non prevedeva di escludere dall’«eccedenza esportabile» i quantitativi contenuti nei prodotti lavorati esportati per i quali non era stata concessa alcuna restituzione all’esportazione e, dall’altro, che il regolamento n. 686/2005 era invalido in quanto non rispettava il metodo di calcolo approvato nella citata sentenza Jülich I.

Il regolamento controverso

38.

La Commissione non ha adottato immediatamente nuove misure per conformarsi alle pronunce della Corte. Dinanzi a vari giudici nazionali sono stati avviati procedimenti per recuperare i contributi versati a norma dei regolamenti dichiarati invalidi. In svariati casi è stato disposto il rimborso di quella parte dei contributi che si riteneva essere stata pagata in eccesso. La Commissione, al corrente di tali decisioni, ha ritenuto che i giudici e le autorità nazionali stessero traendo conclusioni errate dalla citata sentenza Jülich I. Nel gennaio 2009, essa ha comunicato agli Stati membri che stava elaborando un nuovo regolamento, che avrebbe indicato gli importi esatti dei contributi per le campagne di commercializzazione interessate e che gli Stati membri sarebbero stati informati tempestivamente in merito alle misure da adottare. Tale progetto è stato discusso nell’ambito dell’apposito comitato di gestione nei mesi di settembre e ottobre 2009. Tuttavia, il comitato era riluttante ad accettare i calcoli sui quali si basava la Commissione e molti Stati membri auspicavano di impiegare altre cifre, proposte dalla Presidenza.

39.

In sostanza, la Commissione ha calcolato le «restituzioni totali» moltiplicando la somma di tutte le esportazioni pertinenti – che fosse o meno stata pagata una restituzione – per l’importo medio della restituzione dovuta per tali esportazioni; il numeratore e il denominatore della frazione di cui al paragrafo 28 supra rispecchiavano quindi entrambi gli importi totali delle esportazioni cui corrisponde un diritto alla restituzione. Il calcolo della Presidenza, invece, inseriva nel numeratore soltanto l’importo delle restituzioni effettivamente pagate, mantenendo invariato il denominatore. In base a tale calcolo, la «perdita totale» e, pertanto, l’importo dei contributi alla produzione risultavano entrambi inferiori ( 20 ).

40.

Il Consiglio non è stato tuttavia in grado di adottare un regolamento diverso nel termine previsto ( 21 ). Conseguentemente, la Commissione ha adottato il progetto, nella forma proposta, come regolamento n. 1193/2009 ( 22 ) (in prosieguo: «il regolamento controverso»), che fissa nuovi contributi alla produzione sia per le campagne di commercializzazione interessate dai regolamenti dichiarati invalidi, sia per la campagna di commercializzazione 2005/2006, per la quale era stato usato lo stesso metodo di calcolo ( 23 ).

41.

I fondamenti normativi citati per il regolamento controverso nel suo preambolo sono il Trattato CE e il regolamento di base, in particolare, i suoi articoli 15, paragrafo 8, primo trattino, e 16, paragrafo 5.

42.

Il quinto e sesto considerando del regolamento controverso precisano che:

«5)

Nella sentenza dell’8 maggio 2008 relativa alle cause riunite C-5/06 e da C-23/06 a C-36/06, la Corte è giunta alla conclusione che l’esame del regolamento (CE) n. 1837/2002, del 15 ottobre 2002, che fissa, per la campagna di commercializzazione 2001-2002, gli importi dei contributi alla produzione nonché il coefficiente del contributo complementare nel settore dello zucchero, non ha rivelato l’esistenza di elementi tali da inficiarne la validità. Per stabilire gli importi dei contributi alla produzione in tale campagna di commercializzazione, (…) la Commissione [ha calcolato] la perdita media in base ai quantitativi complessivi di zucchero esportato sotto forma di prodotti trasformati, indipendentemente dall’ammissibilità o meno alle restituzioni.

6)

Occorre pertanto che la Commissione stabilisca gli importi dei contributi alla produzione, incluso eventualmente un coefficiente per il contributo complementare, facendo uso dello stesso metodo di calcolo utilizzato per la campagna di commercializzazione 2001-2002».

43.

Gli articoli 1-4 del regolamento controverso fissano nuovi contributi in sostituzione di quelli precedentemente stabiliti nei regolamenti pertinenti. Dei 21 contributi in parola, 12 rimangono immutati, 6 sono leggermente inferiori e 3 leggermente superiori agli importi precedentemente calcolati.

44.

Ai sensi dell’articolo 6 del regolamento controverso, gli articoli 1-4 si applicano a partire dalle rispettive date di entrata in vigore dei regolamenti di cui sostituiscono le disposizioni.

Impugnazioni del regolamento controverso e questioni pregiudiziali

Causa C-113/10, Zuckerfabrik Jülich

45.

La Zuckerfabrik Jülich AG (in prosieguo: la «Jülich») è un produttore di zucchero tedesco. La sua contestazione dei contributi fissati per le campagne di commercializzazione 2002/2003, 2004/2005 e 2005/2006, secondo i regolamenti nn. 1762/2003, 1686/2005 e 164/2007, ha portato alla sentenza Jülich I. In seguito all’adozione del regolamento controverso, l’autorità nazionale ha fissato nuovi contributi alla produzione per le campagne di commercializzazione in parola. La Jülich ha quindi impugnato dinanzi al Finanzgericht Düsseldorf (Sezione tributaria del Tribunale di Düsseldorf) le decisioni che stabilivano gli importi di tali contributi, sostenendo l’invalidità del regolamento controverso.

46.

Tale giudice nazionale osserva che la Commissione ha ricalcolato il totale delle restituzioni per le campagne di commercializzazione in parola includendovi restituzioni fittizie per esportazioni rispetto alle quali non era stata versata alcuna restituzione. Esso nutre dubbi sulla compatibilità di tale modifica con il principio di non retroattività dell’Unione, in quanto essa supera le condizioni dettate dalla citata sentenza Jülich I ed è applicabile a campagne di commercializzazione già terminate.

47.

Il Finanzgericht Düsseldorf ha pertanto chiesto alla Corte una pronuncia pregiudiziale sulla questione «se sia valido [il regolamento controverso]».

Causa C-147/10, British Sugar

48.

La British Sugar plc (in prosieguo: «la British Sugar»), un produttore di prodotti saccariferi, mira ad ottenere il rimborso dell’importo, maggiorato degli interessi, dei contributi alla produzione, che afferma esserle stato addebitato in eccesso dall’autorità nazionale competente durante le campagne di commercializzazione 2002/2003-2005/2006. Fondandosi sulla sentenza Jülich I, essa ha calcolato che tale importo ammontava all’incirca a EUR 12 531 000, al netto degli interessi. Essa sostiene, in primo luogo, che il regolamento controverso presenta lo stesso vizio sostanziale dei regolamenti nn. 1762/2003, 1775/2004 e 1686/2005. Il metodo di calcolo, in particolare per quanto riguarda la «perdita media per tonnellata», si basa su perdite ipotetiche che riflettono le restituzioni all’esportazione in teoria disponibili ma mai effettivamente corrisposte. La «perdita complessiva» risulta pertanto gonfiata. In secondo luogo, il regolamento controverso sarebbe anche invalido in quanto prescrive che i rimborsi in valute diverse dall’euro vengano effettuati al tasso di cambio applicabile al momento del calcolo iniziale del contributo anziché al momento del rimborso. Infine, la British Sugar chiede il versamento degli intersessi sugli importi da rimborsare. Essa ha pertanto adito la High Court of Justice of England and Wales.

49.

L’autorità nazionale sostiene che il regolamento controverso fissa ormai la formula giuridica per il calcolo del rimborso dovuto alla British Sugar e che esso è giuridicamente vincolante. In base a tale calcolo, l’importo dovuto è di GBP 366 590,79. L’autorità ritiene che la Corte abbia avallato il metodo del regolamento n. 1837/2002, non avendone riscontrato l’invalidità. Il regolamento controverso segue il medesimo schema e, pertanto, è anch’esso valido. Il tasso di cambio corretto è quello applicato al momento del calcolo dei contributi alla produzione iniziali. Infine, alla British Sugar non devono essere concessi gli interessi. Ad ogni rimborso corrisponderà un pagamento effettuato dalla Commissione all’autorità in base al sistema delle risorse proprie dell’Unione. Nella normativa sulle risorse proprie non esiste alcuna base giuridica che consenta agli Stati membri di recuperare gli interessi presso la Commissione e lo stesso principio dev’essere applicato a tutti i rimborsi in favore della British Sugar.

50.

La High Court chiede quindi una pronuncia pregiudiziale sulle seguenti questioni:

«1)

Se [il regolamento controverso] sia invalido, alla luce dell[a sentenza nella causa Jülich I e dell’ordinanza nella causa SAFBA].

2)

Se [il regolamento controverso] sia comunque invalido in ragione del fondamento normativo sul quale è stato adottato, vale a dire il [regolamento di base].

3)

Se, ai fini del calcolo della compensazione dovuta per versamenti in eccesso di contributi alla produzione di zucchero effettuati nelle campagne di commercializzazione 2002/2003, 2003/2004, 2004/2005 e 2005/2006, il tasso di cambio applicabile e la data della conversione debbano essere determinati conformemente al diritto [dell’Unione europea]. In caso di risposta affermativa, se l’articolo 6 del regolamento [controverso] debba essere interpretato nel senso che la compensazione deve essere calcolata in base ai tassi di cambio applicabili alla data in cui è stato inizialmente calcolato il contributo pagato in eccesso. In caso di risposta affermativa, se l’articolo 6 del [regolamento controverso] sia valido

4)

Riguardo agli interessi:

i)

se il diritto [dell’UE] osti a che un soggetto nella situazione della ricorrente percepisca dall’autorità nazionale competente alla riscossione dei contributi alla produzione gli interessi su somme pagate in eccesso a causa di un regolamento invalido della Commissione, nel caso in cui detta autorità non possa percepire gli interessi sulle somme corrispondenti ad essa dovute dalla Commissione;

ii)

in caso di risposta affermativa alla questione sub i), se la normativa [dell’UE] in materia di risorse proprie [decisione 2009/597/CE, Euratom, e regolamento d’applicazione (CE) n. 1150/2000] osti a che l’autorità nazionale competente alla riscossione dei contributi alla produzione percepisca gli interessi sulle somme ad essa dovute dalla Commissione nelle circostanze del caso di specie;

iii)

in caso di risposta negativa alla questione sub i), se il diritto [dell’UE] osti in tali circostanze a che un giudice o un’autorità nazionale esercitino il proprio eventuale potere discrezionale di non concedere interessi in tali circostanze quando riconoscono un rimborso ad un soggetto nella situazione della ricorrente».

Causa C-234/10, Tereos

51.

In data 2 maggio 2007, il produttore francese di zucchero Tereos, ritenendo di aver pagato un importo eccessivo per i contributi ai sensi del regolamento n. 1686/2005, ne ha chiesto parzialmente il rimborso all’autorità nazionale competente. Non avendo ricevuto risposta, la Tereos ha adito il Tribunal de grande instance di Nanterre, sostenendo l’invalidità del suddetto regolamento e chiedendo il rimborso di un importo pari ad EUR 11 600 782. In seguito all’adozione del regolamento controverso, la Tereos ha chiesto al giudice nazionale di sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale sulla validità di detto regolamento alla luce dell’articolo 15 del regolamento di base e di disporre in suo favore il rimborso dell’importo richiesto, unitamente agli interessi.

52.

Il giudice nazionale osserva che, nel regolamento controverso, la Commissione non ha ricalcolato il contributo applicando in maniera rigorosa il metodo di calcolo derivato dall’articolo 15 del regolamento di base, quale interpretato dalla Corte nella citata sentenza Jülich I, bensì ha impiegato il metodo già applicato per la campagna di commercializzazione 2001/2002, avendo la Corte dichiarato che l’esame del regolamento n. 1837/2002 non aveva rivelato l’esistenza di elementi tali da inficiarne la validità.

53.

Essa ha pertanto sottoposto le seguenti questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia:

«1)

Se l’articolo 15, paragrafo 1, lettera d), del regolamento [di base] vada interpretato nel senso che, ai fini del calcolo della perdita media, occorre, per tutte le categorie di zucchero esportate, dividere la somma delle spese reali per la somma dei quantitativi esportati, a prescindere dalla circostanza che per tali quantitativi siano state effettivamente versate o meno restituzioni.

2)

Se, rispetto all’articolo 15 del regolamento [di base], il regolamento [controverso] sia invalido, nella parte in cui fissa un contributo alla produzione per lo zucchero calcolato sulla base di una perdita media, nel calcolo della quale interviene, per quanto riguarda lo zucchero esportato nei prodotti trasformati, una moltiplicazione tra l’importo unitario della restituzione all’esportazione relativa a tali prodotti e i quantitativi totali esportati, compresi quelli esportati senza ricevere alcuna restituzione, invece che una divisione delle spese realmente effettuate per la somma dei quantitativi esportati, con o senza restituzione».

Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

54.

Le tre domande di pronuncia pregiudiziale sono state riunite dalla Corte ai fini della trattazione orale e della sentenza.

55.

Osservazioni scritte sono state presentate dalle ricorrenti nelle tre cause principali, dai governi tedesco, spagnolo, francese, lituano, austriaco e del Regno Unito, nonché dalla Commissione. All’udienza del 30 giugno 2011, osservazioni orali sono state formulate dalle tre ricorrenti nelle cause principali, dai governi tedesco e francese e dalla Commissione. Tutte le parti che hanno formulato osservazioni, ad eccezione della Commissione e – in una certa misura – del Regno Unito, ritengono che il regolamento controverso sia invalido.

Ricorsi di annullamento paralleli dinanzi al Tribunale

56.

Inoltre, la Jülich, la British Sugar e taluni altri produttori di zucchero hanno adito il Tribunale per ottenere l’annullamento del regolamento controverso e la Repubblica di Polonia ha proposto un ricorso diretto all’annullamento dell’articolo 3 di tale regolamento ( 24 ). Tutti i procedimenti anzidetti sono stati sospesi in pendenza dell’esito del presente procedimento.

Analisi

57.

La questione centrale in tutte le tre cause anzidette è se il calcolo effettuato dalla Commissione nel regolamento controverso sia valido, posto che esso include, nel «totale delle restituzioni», restituzioni a cui gli esportatori avevano diritto ma che, di fatto, non erano state richieste.

58.

Tuttavia, il regolamento controverso è altresì impugnato, in particolare per quanto riguarda la sua validità formale, a motivo del fatto che il regolamento di base, citato quale fondamento normativo, era stato abrogato anteriormente all’adozione del regolamento controverso medesimo. Ritengo che tale questione vada logicamente esaminata per prima. Mi occuperò in seguito della validità del calcolo, cui seguirà una serie di altri punti relativi alla sua compatibilità con la sentenza Jülich I.

59.

Inoltre, nell’ordinanza di rinvio pregiudiziale della British Sugar sono state sollevate altre due questioni: l’esatta data di riferimento per determinare i tassi di cambio per gli importi rimborsabili in valute diverse dall’euro e la produzione di interessi su tali importi. Affronterò queste questioni in ultimo, iniziando con quella della produzione di interessi, una questione che riguarda tutti gli Stati membri e che sembra precedere quella derivante dalla fluttuazione dei tassi di cambio.

Validità formale – fondamento normativo

60.

Gli articoli 15, paragrafo 8, e 16, paragrafo 5, del regolamento di base prevedevano l’adozione di precise modalità di applicazione di detti articoli, secondo la procedura di cui all’articolo 42, paragrafo 2, dello stesso regolamento, che a sua volta richiamava la decisione sulla comitatologia ( 25 ). In breve, i suddetti articoli fornivano alla Commissione il fondamento normativo per adottare regolamenti che fissassero gli importi dei contributi alla produzione per ogni campagna di commercializzazione conformemente alla procedura del comitato di gestione.

61.

Tuttavia, il regolamento n. 318/2006 ( 26 ) ha abrogato il regolamento di base con efficacia dal 1oluglio 2006.

62.

Conseguentemente, il regolamento di base non era più in vigore il 3 novembre 2009, ossia alla data di adozione del regolamento controverso. Nonostante ciò il fondamento normativo citato è sempre costituito, in primo luogo, dal trattato CE e, in secondo luogo, dal regolamento di base, «in particolare l’articolo 15, paragrafo 8, primo trattino, e l’articolo 16, paragrafo 5».

63.

La Commissione riconosce che il 3 novembre 2009 il regolamento di base era stato abrogato e sostituito da un nuovo strumento che definiva un regime diverso per il settore dello zucchero e pertanto non rappresentava un fondamento normativo per un atto che fissava i contributi secondo il regime precedente. Tuttavia, essa sostiene che proprio l’articolo 233 CE (divenuto articolo 266 TFUE) le imponeva l’adozione delle misure necessarie per conformarsi alle pronunce di cui alle citate sentenze Jülich I e SAFBA. La Commissione deduce che tali pronunce avevano pertanto l’effetto di «risolvere l’apparente assenza di base giuridica» e che «avevano ridato vita, quindi, all’articolo 15, paragrafo 8, e l’articolo 16, paragrafo 5, del regolamento di base, nella misura necessaria a consentire all’istituzione di porre rimedio alle illegittimità riscontrate dalla Corte».

64.

Non condivido tale opinione. Qualsiasi atto che miri a produrre effetti giuridici deve trarre la propria forza vincolante da una disposizione del diritto dell’Unione che dev’essere espressamente indicata come base giuridica e che prescrive la forma giuridica di cui il provvedimento dev’essere rivestito ( 27 ). La disposizione che costituisce la base giuridica di un atto e legittima l’istituzione dell’Unione ad adottare l’atto medesimo dev’essere in vigore al momento di tale adozione ( 28 ). Una disposizione abrogata non soddisfa tali criteri, né una sentenza della Corte può resuscitare una misura abrogata se non dichiarando invalida la misura abrogativa.

65.

Tuttavia, ciò non significa che la Commissione non disponesse dei mezzi per adottare – come imposto dall’articolo 233 CE – le misure necessarie per conformarsi alle pronunce delle citate sentenze Jülich I e SAFBA. Essa aveva a disposizione almeno due opzioni.

66.

In primo luogo, essa avrebbe potuto chiedere al Consiglio di attribuirle la competenza ad adottare un regolamento che fissava i nuovi contributi per le campagne di commercializzazione in parola. Non mi persuade l’argomento della Commissione secondo cui tale richiesta sarebbe stata inutile poiché le due istituzioni non concordavano sul calcolo esatto. La misura necessaria avrebbe riguardato soltanto la competenza formale della Commissione a fissare nuovi contributi e non la relativa modalità di calcolo.

67.

In secondo luogo, come evidenziato dalle ricorrenti, l’adozione di un regolamento era soltanto un modo per conformarsi ( 29 ). Le restituzioni sono innanzitutto una questione tra produttori di zucchero e autorità nazionali (con l’intervento, ove opportuno, dei giudici nazionali) ( 30 ). Secondo la citata sentenza Jülich I, è ovviamente preferibile che i contributi siano costantemente adeguati in tutta l’Unione. A tal fine, la Commissione avrebbe potuto fornire appositi orientamenti sul metodo di calcolo corretto. Qualsiasi questione pregiudiziale su tali orientamenti avrebbe potuto essere sottoposta alla Corte, come è accaduto nelle presenti cause principali (anche se non sarebbe stato possibile domandare l’annullamento dinanzi al Tribunale).

68.

Tuttavia, posto che il regolamento controverso ha citato anche il trattato CE quale propria base giuridica, è sorto il dubbio se gli articoli 37 o 233 CE (divenuti, rispettivamente, articolo 43 e articolo 266 TFUE) non avrebbero potuto attribuire competenza alla Commissione. Ritengo di no.

69.

In primo luogo, la Guida pratica comune per la redazione dei testi legislativi comunitari ( 31 ) indica che: «(s)e la base giuridica diretta dell’atto è costituita da una disposizione del trattato, l’indicazione generale deve essere corredata della locuzione “in particolare” seguita dall’articolo pertinente. (…) Se la base giuridica diretta è invece contenuta in un atto di diritto derivato, questo deve essere citato nel secondo “visto” con l’indicazione dell’articolo pertinente, preceduta (…) dalla locuzione “in particolare”». Pertanto, presumendo che la Commissione si sia attenuta alla propria guida pratica, il regolamento controverso non conteneva alcun richiamo a precise disposizioni del trattato quale base giuridica del regolamento medesimo, ma faceva affidamento soltanto sull’articolo 15, paragrafo 8, e sull’articolo 16, paragrafo 5, del regolamento di base.

70.

In secondo luogo, l’articolo 37 CE non attribuiva alcuna competenza legislativa alla Commissione nel settore dell’agricoltura diversa dalla presentazione di proposte al Consiglio. Ogni misura così approvata avrebbe dovuto essere adottata dal Consiglio.

71.

In terzo luogo, se è vero che l’articolo 233 CE impone la conformità alla citata sentenza Jülich I, di per sé esso non fornisce alla Commissione la base giuridica per adottare un regolamento sprovvisto di ogni altra base giuridica nel trattato o nel diritto derivato – almeno quando, come nel caso di specie, erano disponibili altre modalità di ottemperanza.

72.

Sono pertanto dell’avviso che il regolamento controverso sia formalmente invalido, difettando di base giuridica applicabile alla data della sua adozione.

73.

Tuttavia, ciò non significa che la Corte debba astenersi dall’esaminare la conformità con il regolamento di base del calcolo su cui si basava il regolamento controverso. Sebbene quest’ultimo sia formalmente invalido, i contributi alla produzione devono comunque essere rettificati affinché, con o senza l’ulteriore orientamento della Commissione, le autorità nazionali cui sono state rivolte le richieste e i giudici nazionali aditi delle controversie possano tenere conto della citata sentenza Jülich I. Siffatta rettifica deve uniformarsi ai requisiti del regolamento di base, secondo l’interpretazione fornita dalla Corte, e sarebbe inutile ritardare tale interpretazione fino al punto di doversi occupare di una futura causa Jülich III.

Validità del calcolo

74.

Il nucleo centrale della questione è semplice: se, nell’effettuare il calcolo richiesto dall’articolo 15, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di base, nel «totale delle restituzioni» la Commissione avrebbe dovuto includere restituzioni che avrebbero potuto essere richieste con riferimento agli impegni all’esportazione ma di cui non è mai stata effettivamente formulata richiesta o che non sono mai state versate.

75.

Purtroppo, come ha dimostrato il caso di specie, l’espressione usata («totale delle restituzioni») potrebbe avere un duplice significato, ossia: «totale delle restituzioni esigibili» oppure «totale delle restituzioni versate».

76.

La deduzione più ovvia che si può trarre da tale mancanza di precisione è che, al momento della prima stesura della disposizione, il legislatore non si è accorto della potenziale ambiguità. Mi è difficile immaginare che, in sede di elaborazione e di discussione del metodo di calcolo dei contributi alla produzione, il legislatore possa essere stato consapevole della possibilità di altre interpretazioni dell’espressione «totale delle restituzioni», che avrebbero condotto a due risultati diversi all’effettuazione del calcolo, senza specificare quale usare o almeno prevederne la scelta nella normativa di recepimento.

77.

Una spiegazione plausibile è che il legislatore presumesse che tutte le restituzioni esigibili sarebbero state di fatto richieste e versate. Quando un termine come «restituzioni» è impiegato senza ulteriore specificazione e salvo che il contesto preveda altrimenti, l’unica interpretazione logica è che si riferisce a restituzioni effettivamente pagate.

78.

A mio parere, pertanto, il punto di partenza dev’essere la ferma presunzione, sebbene non necessariamente assoluta, che il «totale delle restituzioni» significhi unicamente restituzioni effettivamente versate, escludendo le restituzioni soltanto potenziali mai richieste o versate.

79.

Tuttavia, la Commissione ha dedotto una serie di motivi per interpretare la suddetta espressione in maniera da includervi tutte le restituzioni potenziali e tali argomenti vanno esaminati. In breve: (i) era l’interpretazione su cui si era basato il regolamento n. 1837/2002, che la Corte non ha ritenuto invalido nella citata sentenza Jülich I; (ii) l’espressione è coerente con l’inserimento di impegni all’esportazione per i quali non sono state chieste restituzioni nel denominatore della frazione; (iii) essa è coerente con i riferimenti ai quantitativi prevedibili e agli importi di cui all’articolo 15 del regolamento di base; e (iv) garantisce che i produttori coprano i costi delle restituzioni all’esportazione. Esaminerò tali argomenti in successione.

Coerenza con un’interpretazione non ritenuta invalida

80.

La Commissione sostiene di avere impiegato per il regolamento controverso semplicemente la stessa base di calcolo del regolamento n. 1837/2002, esaminato dalla Corte nella citata sentenza Jülich I e non dichiarato invalido dalla medesima. Per garantire la coerenza tra le cinque campagne di commercializzazione interessate dal regolamento di base, essa aveva dovuto ricorrere a tale metodo nel regolamento controverso. Inoltre, senza la minima contestazione da parte dei produttori di zucchero, essa aveva impiegato per le precedenti campagne di commercializzazione la stessa base di calcolo prevista da diversi regolamenti, contenenti disposizioni redatte in termini sostanzialmente identici a quelli del regolamento di base di cui al caso di specie.

81.

Non posso accettare questa giustificazione, anche se i calcoli effettuati nelle campagne precedenti consideravano effettivamente il «totale delle restituzioni» e il «quantitativo totale degli impegni all’esportazione» come comprensivi, rispettivamente, delle restituzioni che non erano state richieste, pur essendovi la possibilità di farlo, e impegni all’esportazione per i quali restituzioni avrebbero potuto essere richieste ma non lo sono state ( 32 ).

82.

Nella sentenza Jülich I, la Corte è stata chiamata ad interpretare il regolamento di base in merito a due elementi del calcolo globale: l’«eccedenza esportabile» e il «quantitativo totale degli impegni all’esportazione» impiegati nell’ulteriore calcolo della «perdita media per tonnellata». Non è stato chiesto alla Corte di pronunciarsi, né essa si è pronunciata, sull’esatta interpretazione dell’altro elemento in quest’ultimo calcolo, segnatamente, il «totale delle restituzioni». Conseguentemente, il suo rilievo secondo cui «[q]uanto al regolamento n. 1837/2002 (…) il suo esame non ha rivelato l’esistenza di elementi tali da inficiarne la validità» non può influire sul modo in cui la Commissione ha interpretato il «totale delle restituzioni» in tale regolamento. Quand’anche, come afferma la Commissione, tutti gli elementi usati nel calcolo fossero sottoposti alla Corte, le questioni pregiudiziali e, pertanto, la relativa analisi della Corte sarebbe ristretta ad alcuni di tali elementi. Essi non includevano l’elemento di cui al caso di specie.

83.

Parimenti, non può essere di alcun rilievo la questione se, ai sensi dei regolamenti precedentemente applicabili in materia e contenenti norme sostanzialmente simili, la Commissione abbia costantemente impiegato la stessa interpretazione dell’espressione «totale delle restituzioni» nel calcolo della «perdita media per tonnellata». Anche se tale base è stata di fatto impiegata e non contestata, la sua legittimità deve dipendere non dall’uso ripetuto e dalla acquiescenza ma dall’interpretazione corretta della norma di autorizzazione pertinente.

84.

Concordo sul fatto che, nella rettifica dei calcoli di cui la Corte ha rilevato l’inesattezza, la Commissione abbia potuto ritenere ragionevole riprendere un metodo consolidato dall’uso che non era stato dichiarato scorretto. Tuttavia, la circostanza che la sua interpretazione del «totale delle restituzioni» nel regolamento n. 1837/2002 non fosse stata previamente contestata né, di conseguenza, censurata dalla Corte non significa che l’interpretazione alternativa impiegata nei regolamenti dichiarati invalidi fosse scorretta. Nemmeno questa è stata, infatti, contestata o censurata dalla Corte.

85.

Condivido altresì l’argomento secondo cui, a parità di tutte le altre circostanze, disposizioni sostanzialmente identiche dovrebbero essere interpretate in maniera uniforme. Tuttavia, il regolamento di base ha stabilito un regime per il settore dello zucchero che differiva in maniera significativa, sia rispetto al regolamento anteriore sia rispetto a quello posteriore. In difetto di continuità del contesto, non era necessaria alcuna continuità di interpretazione sotto ogni profilo. Inoltre, riguardo alle cinque campagne di commercializzazione di cui al regolamento di base, la Commissione – supponendo che esistesse un adeguato fondamento normativo – avrebbe potuto rettificare in maniera coerente tutti i cinque regolamenti che fissavano i contributi alla produzione, se ciò fosse stato imposto dalla citata sentenza Jülich I. Tuttavia, non risulta che essa abbia considerato tale possibilità.

86.

A mio avviso, il fatto che l’espressione «totale delle restituzioni» sia stata anteriormente (e perfino sistematicamente) interpretata dalla Commissione nel senso di comprendere le restituzioni che avrebbero potuto, ma che non sono state richieste, non influisce sul modo in cui tale espressione avrebbe dovuto essere interpretata nell’ambito dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di base.

Coerenza tra numeratore e denominatore

87.

La Commissione sostiene che, in sede di determinazione della «perdita media per tonnellata» (ossia il «totale delle restituzioni» diviso per il «quantitativo totale degli impegni all’esportazione»), è logicamente coerente prendere sia il numeratore della frazione («totale delle restituzioni»), sia il denominatore («quantitativo totale degli impegni all’esportazione»), che comprendono entrambi o tutti i casi in cui le restituzioni avrebbero potuto essere accordate, a prescindere dal fatto che siano state o meno versate, o soltanto i casi in cui le restituzioni sono state di fatto versate. Secondo la Commissione sarebbe incoerente se il numeratore comprendesse soltanto i casi in cui le restituzioni sono state effettivamente versate e il denominatore includesse invece tutti i casi in cui le restituzioni avrebbero potuto essere accordate, a prescindere dal fatto che esse siano state versate o meno. Poiché, in forza della sentenza Jülich I, il denominatore deve comprendere tutti i casi in cui le restituzioni avrebbero potuto essere accordate, lo stesso deve valere per il numeratore.

88.

Tale argomento, apparentemente interessante, in definitiva non è convincente.

89.

Nel caso in cui la «perdita media per tonnellata» dovesse essere determinata unicamente in relazione al quantitativo degli impegni all’esportazione rispetto a cui le restituzioni sono state effettivamente versate, sia il numeratore che il denominatore avrebbero dovuto essere circoscritti alle ipotesi di restituzioni versate. Questo era l’approccio seguito nei regolamenti dichiarati invalidi, ma la Corte ha deciso che il denominatore doveva comprendere tutti i quantitativi di prodotti esportati, a prescindere dal fatto che le restituzioni siano state o meno versate.

90.

Pertanto, e salvo che all’espressione «perdita media per tonnellata» si debba attribuire un significato diverso dall’uso ordinario ( 33 ), il totale delle perdite effettive (ossia le effettive restituzioni) dev’essere diviso per il quantitativo totale effettivamente esportato. In forma più laboriosa, l’importo relativo alla restituzione versata per ogni tonnellata esportata potrebbe essere calcolato (essendo talvolta pari a zero) così come la media potrebbe essere determinata sommando tutti questi importi e dividendo la somma ottenuta per il numero di tonnellate (comprese quelle per cui non è stato restituito alcunché). Sostituire importi pari a zero con importi teorici è praticamente contrario ad ogni coerenza logica.

91.

Come affermato dal legale della Tereos in udienza, se un commerciante offre quattro chilogrammi di zucchero al prezzo di tre, il prezzo medio per chilogrammo pagato dal cliente corrisponde al totale diviso per quattro, non diviso per tre. Se il totale fosse diviso per tre, ciò equivarrebbe ad escludere il quarto chilogrammo «gratuito» dal denominatore della frazione. Applicare tale analisi al calcolo di cui all’articolo 15, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di base, equivarrebbe ad escludere i quantitativi esportati per i quali non sono state versate restituzioni, il che sarebbe in contrasto con la citata sentenza Jülich I.

92.

La Commissione non ha adottato tale approccio nel regolamento controverso pur ottenendo quasi lo stesso risultato aumentando il numeratore. Se (nell’esempio del «4 al prezzo di 3») il prezzo normale di un chilogrammo viene aggiunto al numeratore, il risultato che si ottiene è lo stesso che si otterrebbe se il quarto chilogrammo non facesse parte del denominatore. L’approccio della Commissione ha in larga misura neutralizzato le modifiche del denominatore imposte dalla citata sentenza Jülich I – il che spiega in ampia misura perché i nuovi contributi fissati in tale regolamento differiscono di così poco rispetto a quelli dei regolamenti anteriori dichiarati invalidi dalla Corte.

93.

Mi sfugge in che modo tale modifica del numeratore abbia potuto essere imposta da considerazioni di coerenza interna della definizione degli elementi rientranti nella divisione da attuare.

Coerenza con la perdita complessiva «prevedibile»

94.

La Commissione ha attirato l’attenzione sul fatto che l’articolo 15 del regolamento di base si riferiva ripetutamente alla previsione ( 34 ) di quantitativi e di totali, nonché agli impegni «da soddisfare». In particolare, il calcolo descritto all’articolo 15, paragrafo 3, che impiega dati dapprima stimati per ogni campagna di commercializzazione e in seguito rettificati alla luce dei totali cumulativi per le cinque campagne interessate, si riferisce a una «perdita complessiva stimata» anche dopo tale rettifica. Inoltre, nella citata sentenza Jülich I, la Corte ha affermato che «il metodo di calcolo della perdita complessiva stimata tende, in ogni caso, a stabilire convenzionalmente e in prospettiva le perdite dovute allo smaltimento delle eccedenze di produzione comunitaria» ( 35 ). La Commissione ne deduce che, nelle intenzioni del legislatore, gli importi e i quantitativi di cui tenere conto nel calcolo non dovevano essere valori effettivi stabiliti in modo definitivo, una volta ottenuti tutti i dati, ma piuttosto rispecchiare la necessità di prevedere uscite ed entrate nel bilancio pertinente. Conseguentemente, ad avviso della Commissione, i calcoli mirano a tenere conto di tutte le restituzioni potenzialmente dovute e non di quelle effettivamente versate, a prescindere dal fatto che i dati definitivi siano stati poi fissati o meno.

95.

È vero che la terminologia impiegata dal regolamento di base ha carattere prospettico. Ciò risulta inevitabile se – come prescrive il regolamento – alcuni dati vanno constatati (ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1) singolarmente prima del termine di ciascuna campagna di commercializzazione o (ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2) cumulativamente prima del termine del quinquennio. Tuttavia, ciò non significa che dati definitivi non debbano essere usati una volta divenuti disponibili; infatti, l’articolo 15, paragrafo 2, lettera a) – che riguarda tutti i calcoli di cui al paragrafo 2 del predetto articolo, anche se essi devono essere eseguiti entro il termine del quinquennio – si riferisce al dato «definitivo» e il quattordicesimo considerando parla di «perdita totale constatata».

96.

Desidero altresì osservare che il regolamento controverso è stato adottato nel novembre 2009, più di tre anni dopo la fine dell’ultima campagna di commercializzazione interessata, e non è stato sostenuto che dati definitivi relativi alle restituzioni all’esportazione effettivamente versate non sarebbero stati disponibili per quella data. (Invero, i regolamenti emendati dal regolamento controverso sono stati tutti adottati oltre tre mesi dopo la chiusura della relativa campagna di commercializzazione). Inoltre, il settimo considerando del regolamento d’applicazione, adottato dalla Commissione stessa, indica che l’approccio desiderato era quello di ottenere il pagamento di acconti dei contributi alla produzione in base a previsioni, prima di fissare in maniera definitiva i medesimi contributi, una volta ottenute le informazioni precise.

97.

Se il legislatore avesse inteso restringere il calcolo alle restituzioni all’esportazione prevedibili, a prescindere dal fatto che fossero state o meno versate, e anche una volta ottenuti i dati definitivi, mi sarei aspettata una dichiarazione esplicita in tal senso nell’atto normativo. L’espressione così com’è, letta nel suo contesto, non è indicativa di tale proposito.

98.

A mio parere, dunque, l’argomento della Commissione non confuta la presunzione secondo cui per «totale delle restituzioni» si intendono soltanto le restituzioni effettivamente versate, ad eccezione delle restituzioni meramente possibili mai richieste né versate.

Risultato più preciso

99.

Nelle sue osservazioni alla Corte, la Commissione ha prodotto una tabella indicante, per ciascuna delle cinque campagne di commercializzazione disciplinate dal regolamento di base, (i) il totale delle restituzioni accordate ai produttori di zucchero ( 36 ), (ii) i contributi calcolati nel regolamento controverso e (iii) i contributi ricalcolati secondo il metodo proposto dalle ricorrenti nelle cause principali. Tali dati sembrano indicare che, nel quinquennio, i contributi imposti dal regolamento controverso sarebbero inferiori di circa EUR 60 milioni rispetto alle restituzioni accordate, mentre i contributi determinati secondo il metodo delle ricorrenti sarebbero inferiori di EUR 346 milioni. Pertanto, la Commissione deduce che i contributi fissati dal regolamento controverso non sono neppure sufficienti a coprire il costo delle restituzioni e che il metodo delle ricorrenti avvantaggerebbe ancora di più i produttori.

100.

I dati della Commissione relativi agli importi delle restituzioni accordate sono stati vivacemente contestati. In particolare, si sostiene che essi comprendono restituzioni all’esportazione non effettivamente versate ( 37 ) e/o restituzioni alla produzione. In udienza le ricorrenti hanno prodotto altri dati che sembrano indicare che, nel quinquennio in esame, i contributi imposti dal regolamento controverso superavano le restituzioni accordate per un importo compreso fra i 325 e i 338 milioni di euro, mentre i contributi determinati in base al metodo delle ricorrenti supererebbero le restituzioni soltanto di un importo compreso fra i 39 e i 53 milioni di euro. (Inoltre, desidero rilevare che nessuno dei totali delle restituzioni accordate è facilmente rapportabile ai dati forniti nella documentazione presentata al comitato di gestione dalla Commissione e dalla Presidenza – e che tali ultimi documenti risultano diversi tra loro in merito agli importi in parola).

101.

«Judex non calculat», secondo la formulazione usata dal rappresentante del governo tedesco in udienza. Davanti a siffatta varietà di dati, la Corte farebbe meglio a resistere alla tentazione di cercare una soluzione aritmetica.

102.

Tuttavia, un punto emerge con chiarezza da entrambe le serie di dati presentati alla Corte. Nessuno dei metodi di calcolo proposti produce una corrispondenza tra restituzioni all’esportazione e contributi alla produzione. Ciascuno dei due importi può essere superiore all’altro e, qualunque sia il metodo usato, la differenza muta da un anno all’altro (per esempio, in base a entrambi i metodi, i contributi alla produzione sono inferiori rispetto alle restituzioni all’esportazione per la campagna di commercializzazione 2002/2003 e superiori per la campagna 2003/2004).

103.

Sarebbe ovviamente auspicabile poter interpretare il regolamento di base in maniera da contenere al massimo la differenza. Tuttavia, il grado di variabilità nei dati presentati indica decisamente l’impossibilità di garantire tale risultato, sia che il «totale delle restituzioni» includa sia che escluda le restituzioni all’esportazione potenziali non effettivamente versate. Ciò può essere riconducibile al fatto che il risultato globale è influenzato da altri fattori non collegati al calcolo di cui all’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento di base. Qualunque sia la spiegazione, tuttavia, questa non giustifica l’alterazione dei parametri del calcolo al fine di ottenere un risultato specifico.

104.

Agli articoli 2, paragrafo 3, e 6 della decisione sulle risorse proprie ( 38 ), rilevo altresì che soltanto il 75% del totale dei contributi alla produzione riscossi confluisce nel bilancio dell’Unione e che il totale versato non è destinato ad alcun uso specifico. Pertanto, la giustificazione addotta per fare coincidere con precisione i contributi e le restituzioni risulta considerevolmente sminuita.

105.

Suggerisco pertanto alla Corte di considerare il modo in cui il regolamento di base è stato concepito per garantire che i contributi alla produzione coprano il costo delle restituzioni all’esportazione e non il modo in cui metodi di calcolo specifici possono discostarsi da quello che potrebbe essere considerato un risultato ideale.

106.

Scopo del regolamento di base è la «responsabilità finanziaria integrale dei produttori, per ogni campagna di commercializzazione, per le perdite dovute allo smaltimento delle eccedenze di produzione comunitarie nell’ambito delle quote rispetto al consumo interno» ( 39 ). Tuttavia, tale risultato dev’essere ottenuto «in modo giusto ma efficace» ( 40 ) e non con il rigore aritmetico di una mera divisione di perdite per eccedenze ( 41 ).

107.

Potrebbe essere utile analizzare le fasi del calcolo in un ordine diverso da quello di cui all’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento di base.

108.

La «perdita globale» che i contributi alla produzione devono coprire non costituisce la perdita totale sostenuta dall’Unione rispetto a tutte le restituzioni versate in relazione alle esportazioni durante la campagna di commercializzazione. Si tratta della parte di tale perdita imputabile all’«eccedenza esportabile». Quest’ultima è la parte di produzione dell’Unione realizzata nei limiti delle quote A e B che supera il consumo interno. A prescindere dai quantitativi specifici di zucchero effettivamente esportati, l’esistenza di tale eccedenza crea la necessità di esportare e, pertanto, origina il pagamento di restituzioni all’esportazione. Tuttavia, anche se la produzione non supera i consumi, alcune esportazioni darebbero ancora diritto a restituzioni. È pertanto logico, nonché del tutto in linea con il principio dell’autofinanziamento sotteso al regolamento di base, imputare all’eccedenza esportabile soltanto la parte del costo delle restituzioni all’esportazione che non sarebbe stata sostenuta senza tale eccedenza e circoscrivere i contributi alla produzione a livelli che coprono solo tale parte del costo totale.

109.

La parte del costo totale imputabile all’eccedenza esportabile è calcolata pro rata. Al quantitativo totale degli impegni all’esportazione in una data campagna di commercializzazione corrisponde un importo totale delle restituzioni. Siffatto importo totale (il numeratore), diviso per tale quantitativo totale (il denominatore), produce una restituzione media per ogni tonnellata, che è quindi moltiplicata per il quantitativo dell’eccedenza esportabile per ottenere il totale imputabile a tale eccedenza – la «perdita totale», che determinerà gli importi dei contributi alla produzione.

110.

Ai paragrafi 89 e segg., supra, ho chiarito il motivo per cui, qualora tutti i quantitativi esportati debbano essere inseriti nel denominatore della frazione, ritengo intrinsecamente logico inserire nel numeratore soltanto le restituzioni effettivamente versate per determinare la «perdita media per tonnellata». Mi chiedo, però, se tale opinione sia coerente con la natura e il concetto del calcolo della «perdita complessiva», in base alla quale vengono determinati i contributi alla produzione. Ritengo che sia così.

111.

L’«eccedenza esportabile» non rappresenta tutti i quantitativi esportati che danno diritto a restituzioni (se ho ben capito quanto affermato dalla Commissione in udienza, essa equivale a circa la metà di tali quantitativi). Il consumo interno è in parte coperto dalle importazioni o dalle scorte riportate dalla precedente campagna di commercializzazione. Pertanto, della produzione realizzata, nei limiti delle quote A e B, in una data campagna di commercializzazione, alcuni quantitativi saranno consumati nell’Unione, alcuni saranno esportati e altri ancora saranno immagazzinati per essere riportati alla campagna di commercializzazione successiva. Tuttavia, le proporzioni non corrisponderanno alla linea di demarcazione tra consumo interno ed eccedenza esportabile tracciata dall’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento di base.

112.

L’obiettivo di identificare l’«eccedenza esportabile» come una fase della determinazione della «perdita complessiva» non è dunque quello di permettere la stima del totale delle restituzioni effettivamente versate per ogni tonnellata. Si tratta, piuttosto, di stabilire l’entità dell’aumento del totale delle restituzioni dovuto all’esistenza di un’eccedenza esportabile. I quantitativi effettivamente esportati sono quelli esportati come tali nonché quelli esportati come prodotti trasformati, e questi ultimi comprendono quantitativi per i quali vengono pagate restituzioni e quantitativi per i quali non viene corrisposta alcuna restituzione. Sembra legittimo ritenere che le relative proporzioni si applichino a tutti gli impegni all’esportazione soddisfatti, che siano imputabili all’eccedenza esportabile o meno. Tali proporzioni dovrebbero pertanto rispecchiarsi nella «perdita media per ogni tonnellata» imputata all’eccedenza. Tale risultato si ottiene escludendo le restituzioni non effettivamente versate dal «totale delle restituzioni», di cui all’articolo 15, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di base e non includendole nel suddetto totale.

113.

Pertanto, continuo a non ravvisare alcun motivo per escludere la presunzione che ho ricavato dal tenore della disposizione, ai paragrafi 74 e segg., supra. Ritengo dunque che l’espressione «totale delle restituzioni», contenuta nell’articolo 15, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di base, riguardi unicamente le restituzioni effettivamente versate e che il regolamento controverso sia invalido in quanto il metodo di calcolo dei contributi fissati per le campagne di commercializzazione interessate include, nel «totale delle restituzioni» ai sensi di tale disposizione, restituzioni che avrebbero potuto essere chieste a titolo di impegni all’esportazione ma che, di fatto, non sono mai state richieste o versate.

Altri motivi d’invalidità dedotti

114.

Le suesposte considerazioni sembrano sufficienti per risolvere le questioni pregiudiziali sollevate dinanzi alla Corte in merito alla validità formale e sostanziale del regolamento controverso, nonché la corretta interpretazione dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di base. Tuttavia, nel corso del procedimento sono state avanzate varie altre censure in merito alla validità del regolamento controverso. Le affronterò più brevemente.

115.

Tutte le censure anzidette derivano essenzialmente dal fatto che nel regolamento controverso la Commissione non si è limitata ad un’applicazione rigorosa dell’interpretazione del regolamento di base fornita nella citata sentenza Jülich I. Ho dimostrato in modo chiaro di appoggiare gli argomenti delle ricorrenti nella causa principale (e di tutti i governi che hanno presentato osservazioni tranne uno), secondo cui la modifica del metodo di calcolo del «totale delle restituzioni» nel regolamento controverso, non soltanto non era imposta da tale sentenza, ma era perfino con essa incompatibile, in quanto neutralizzava l’efficacia della regola ivi enunciata secondo cui «gli impegni all’esportazione da soddisfare» includevano tutti i quantitativi esportati, indipendentemente dal fatto che fossero state o meno versate restituzioni. Sulla base di tale incompatibilità, è stato sostenuto che il regolamento controverso aveva violato i principi di certezza del diritto, di irretroattività e di tutela del legittimo affidamento; che esso non era sufficientemente motivato e che la Commissione aveva commesso uno sviamento di potere.

116.

Per quanto riguarda i primi tre principi di cui viene asserita la violazione, secondo una giurisprudenza consolidata, benché in linea di massima il principio della certezza delle situazioni giuridiche osti a che l’efficacia nel tempo di un atto dell’Unione decorra da una data anteriore alla sua pubblicazione, una deroga è possibile, in via eccezionale, qualora lo esiga lo scopo da raggiungere e purché il legittimo affidamento degli interessati sia debitamente rispettato ( 42 ). Pertanto, in presenza di queste condizioni, si deve ammettere che, quando un regolamento della Commissione è stato dichiarato invalido dalla Corte a causa di vizi specifici, la Commissione può emanare un nuovo atto normativo con efficacia retroattiva per porre rimedio a suddetti vizi, qualora la situazione derivante dall’invalidità sia altresì incompatibile con il diritto dell’Unione e siffatta incompatibilità non possa essere sanata senza tale nuovo atto normativo.

117.

Nel caso di specie, come ho già osservato ( 43 ), il nuovo regolamento era soltanto una delle possibilità per rimediare alla situazione. Non è pertanto certo che l’obiettivo concreto da raggiungere richiedesse l’adozione di un nuovo regolamento. In ogni caso, tuttavia, la sentenza Jülich I non imponeva di modificare il metodo di calcolo del «totale delle restituzioni», né espressamente né implicitamente. Nella misura in cui tale aspetto del calcolo non era stato oggetto di alcuna valutazione della Corte, tutti i soggetti interessati potevano legittimamente aspettarsi che esso non sarebbe stato modificato retroattivamente. Concordo pertanto sul fatto che il regolamento controverso abbia violato i principi della certezza del diritto, della irretroattività e della tutela del legittimo affidamento.

118.

Per quanto riguarda l’obbligo della Commissione di motivare la modifica del metodo di calcolo del «totale delle restituzioni», va riconosciuto che i considerando del regolamento controverso contengono una motivazione – benché non valida, a mio avviso – che giustifica il ritorno al metodo del calcolo usato nel regolamento n. 1837/2002. Risulta altresì evidente che i dettagli del calcolo della Commissione e i dati su cui essi si basano erano stati resi disponibili agli Stati membri in sede di comitato di gestione. Inoltre, non risulta che i produttori di zucchero abbiano avuto difficoltà nell’ottenere tali dati in tempo utile per proporre ricorsi di annullamento dinanzi al Tribunale e la documentazione pertinente è stata prodotta dinanzi alla Corte in forma di allegati a una serie di osservazioni. Ciò premesso, esiterei a considerare invalido il regolamento controverso soltanto perché difetta di un’indicazione completa dei motivi su cui è basato.

119.

Infine, la censura relativa allo sviamento di potere è stata dedotta dinanzi alla Corte sotto un duplice aspetto. Sotto un profilo più generale, si è dedotto che il potere della Commissione di adottare un nuovo regolamento non si estendeva alla modifica del metodo di calcolo del «totale delle restituzioni». Sebbene concordi con tale affermazione, non ritengo necessario esaminarla come motivo distinto di invalidità. Più specificatamente, si è affermato che l’approccio della Commissione era motivato non dalla preoccupazione di garantire la conformità con l’articolo 15 del regolamento di base, bensì dalla consapevolezza che non vi fossero fondi sufficienti nel bilancio delle risorse proprie per effettuare tutti i rimborsi che sarebbero stati necessari se non fossero state apportate modifiche al «totale delle restituzioni», richiedendo dunque ulteriori contributi da parte degli Stati membri. Quanto detto, se dimostrato, a mio avviso, integrerebbe chiaramente uno sviamento di potere. Tuttavia, nell’ambito delle presenti questioni pregiudiziali, la Corte non dispone di elementi tali da giungere alla conclusione che così fosse o non fosse.

120.

Mi occuperò adesso delle due questioni sollevate soltanto nella causa British Sugar, di cui una è tuttavia rilevante in tutti i procedimenti analoghi e l’altra può esserlo in alcuni altri Stati membri.

Interessi sui rimborsi

121.

Appare evidente che alcuni importi di contributi alla produzione sono stati versati in eccesso sulla base di un atto normativo invalido dell’Unione. Detti importi, se debitamente richiesti, devono essere rimborsati ai produttori, alcuni anni dopo la riscossione, da parte delle autorità nazionali, che a loro volta devono essere rimborsate dall’Unione. In qualsiasi procedimento volto ad ottenere siffatti rimborsi è importante sapere se tali somme producano interessi.

122.

Nella causa principale della British Sugar, una richiesta di interessi è, in linea di principio, ammissibile ai sensi del diritto inglese, ma l’autorità nazionale sostiene di essere impossibilitata a provvedervi, posto che essa non può a sua volta chiedere gli interessi all’Unione. Detta autorità si basa sul punto 4 degli orientamenti della Commissione agli Stati membri per l’applicazione del regolamento controverso ( 44 ), che afferma, sostanzialmente, che gli interessi sugli importi rimborsati dagli Stati membri ai produttori non possono essere prelevati dalle risorse proprie dell’UE in quanto la relativa legislazione non fornisce alcun fondamento per tale prelievo.

123.

Il giudice del rinvio chiede, pertanto, se il diritto dell’Unione osti alla concessione degli interessi ai produttori qualora l’autorità nazionale non possa richiedere i relativi interessi sulle risorse proprie dell’Unione, se sia vero che non può essere richiesto alcun interesse a tale titolo e se il diritto dell’Unione osti a che un giudice o un’autorità nazionale, ai sensi del diritto nazionale, esercitino la discrezionalità di non concedere interessi.

124.

Secondo una giurisprudenza consolidata, in assenza di disposizioni del diritto dell’Unione in materia di restituzione di imposte indebitamente riscosse sulla base di regolamenti dell’Unione dichiarati invalidi, tutte le questioni accessorie, come il versamento d’interessi, ivi compresa la data a partire dalla quale essi devono essere calcolati e il relativo tasso, devono essere risolte secondo il diritto nazionale ( 45 ). Tuttavia, il giudice del rinvio nutre dubbi sulla misura in cui le norme dell’Unione, in particolare quelle connesse alla possibilità o all’impossibilità per uno Stato membro di ottenere gli interessi da fondi dell’Unione, possano limitare l’applicazione di tale diritto nazionale.

125.

A mio parere, il punto di partenza dev’essere il motivo sotteso alla concessione di interessi e tale motivo va ravvisato nel divieto di arricchimento che, nel linguaggio del «common law», è reso con l’espressione «ingiusto» («injust») oppure, in diversi ordinamenti giuridici di «civil law», con le espressioni «senza causa» o «indebito» ( 46 ).

126.

Nella sentenza Masdar ( 47 ), la Grande Sezione ha affermato quanto segue: «[s]econdo i principi comuni agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, un soggetto che ha subito una perdita la quale incrementi il patrimonio di un altro soggetto, senza che vi sia alcun fondamento giuridico per tale arricchimento, ha generalmente diritto ad una restituzione, fino a concorrenza di tale perdita, da parte del soggetto che si è arricchito. (…) [L]’azione basata sull’arricchimento senza causa, come prevista nella maggior parte dei sistemi giuridici nazionali, non contiene una condizione relativa all’illegittimità o alla colpa nel comportamento del convenuto. (…) Per contro (…) è essenziale che l’arricchimento sia privo di qualsiasi valido fondamento giuridico. (…) Posto che l’arricchimento senza causa, come sopra definito, rappresenta una fonte di obbligazione extracontrattuale comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, la Comunità non può sottrarsi all’applicazione, nei propri confronti, degli stessi principi, qualora una persona fisica o giuridica l’accusi di essersi indebitamente arricchita a suo discapito». Tali osservazioni risultano essere applicabili, in particolar modo, alla presente fattispecie.

127.

Qualora il bilancio dell’Unione abbia ricevuto da un operatore economico, sia direttamente, sia indirettamente, un importo che non gli sarebbe spettato per legge, esso si è indebitamente arricchito. Tale situazione viene risolta in larga misura con il rimborso dell’importo principale di cui trattasi. Tuttavia, nel periodo che intercorre tra la riscossione e il rimborso, l’importo è stato a disposizione dell’Unione e non dell’operatore economico e il denaro a disposizione di una parte invece che dell’altra può fruttare interessi alla prima e non alla seconda.

128.

Pertanto, ciò che rileva non è tanto il potenziale arricchimento indebito della parte in possesso dell’importo, quanto l’impossibilità del normale arricchimento per la parte privata di tale possesso. Tale era la logica sottesa ai punti 82-89 della citata sentenza Metallgesellschaft ( 48 ), secondo cui la scadenza anticipata di un’imposta, contraria al diritto dell’Unione, legittimerebbe il contribuente a chiedere «[l]’importo degli interessi che la somma divenuta indisponibile a causa della scadenza anticipata dell’imposta avrebbe fruttato». Secondo la sentenza Masdar, tale principio deve applicarsi anche qualora sia la stessa Unione, e non lo Stato membro, il soggetto responsabile dell’errore nella riscossione dell’imposta.

129.

Conseguentemente, ritengo che il principio generale che osta all’arricchimento indebito imponga che un produttore di zucchero – legittimato a chiedere il rimborso di un’imposta riscossa dall’autorità nazionale competente e confluita nel bilancio dell’Unione – possa chiedere gli interessi sull’importo di cui trattasi per il periodo in cui non ne ha disposto.

130.

Inoltre, poiché l’importo di cui trattasi era a disposizione del bilancio dell’Unione anziché dello Stato membro, l’autorità nazionale tenuta a versare gli interessi deve poter recuperare questi ultimi, al pari dell’importo principale, dal bilancio dell’Unione.

131.

In ordine a quest’ultimo aspetto, gli argomenti secondo cui la legislazione sulle risorse proprie non contemplerebbe alcunché in merito agli interessi non mi convincono. Non è necessaria alcuna disposizione esplicita per consentire l’applicazione di un principio generale come quello in parola, né è stata menzionata alcuna disposizione che potrebbe ostare al versamento degli interessi. Al contrario, la normativa di cui trattasi ( 49 ) dispone espressamente il versamento di interessi ad opera degli Stati membri in caso di ritardo nell’accredito di importi dovuti. Sarebbe ingiusto se non fosse possibile ottenere gli interessi nella situazione opposta, cioè nel caso di importi indebitamente accreditati.

132.

Tuttavia, la Commissione sostiene che il 25 % dell’importo dei contributi alla produzione trattenuto dagli Stati membri «a titolo di spese di riscossione» dovrebbe servire a coprire gli eventuali interessi che l’autorità nazionale è tenuta a versare in base al diritto nazionale. Essa muove dal presupposto che, laddove contributi vengano riscossi da Stati membri e confluiscano nelle risorse proprie dell’Unione, i rapporti tra contribuente e Stato membro non possono essere messi sullo stesso piano dei rapporti tra Stato membro e UE. La mancata riscossione di un’imposta dovuta da parte di un’autorità nazionale non esenta lo Stato membro dall’obbligo di versare l’importo di cui trattasi nel bilancio dell’UE, unitamente agli interessi accessori ( 50 ). Allo stesso modo, il fatto che uno Stato membro possa essere tenuto a versare gli interessi, in occasione di rimborsi di importi indebitamente riscossi, rientranti nelle risorse proprie, non conferisce a detto Stato un corrispondente diritto di chiedere all’Unione il pagamento degli interessi nell’ambito della rettifica di conti. Il 25 % trattenuto dallo Stato membro serve a coprire tutti i costi connessi alla riscossione, compresi quelli derivanti dal contenzioso nazionale riguardante le conseguenze dei pagamenti in eccesso. Poiché i versamenti degli interessi sono disposti in base al diritto nazionale nell’ambito del contenzioso nazionale, essi vanno considerati alla stregua di costi connessi alla riscossione.

133.

Non ne sono convinta. Se la mancata riscossione di un’imposta da parte di un’autorità nazionale non esenta lo Stato membro dall’obbligo di versarne l’importo nel bilancio dell’Unione, unitamente agli interessi accessori, la conclusione che ne deriva logicamente è che, qualora il legislatore dell’Unione imponga illegittimamente un’imposta che viene riscossa e versata nel bilancio dell’Unione dagli Stati membri – che sono quindi tenuti a restituire ai contribuenti gli importi con gli interessi –, l’Unione non è esonerata dall’obbligo di restituire tali importi agli Stati membri, unitamente agli interessi corrispondenti.

134.

Riguardo al 25 % trattenuto dagli Stati membri, è vero che una siffatta percentuale deve contemplare un livello di inefficienza sorprendente se serve a coprire unicamente gli effettivi costi connessi alla riscossione. È auspicabile che soltanto una parte servirà, di fatto, a tal fine. Tuttavia, non esiste alcuna indicazione nella legislazione sulle risorse proprie secondo cui la rimanenza è destinata a coprire gli interessi sugli importi da rimborsare, indebitamente riscossi in base a regolamenti dell’Unione che sono stati dichiarati invalidi – il che non rientra nella normale accezione del termine «riscossione».

135.

Al riguardo, ritengo che l’approccio più ovvio sia quello adottato dal governo francese nelle sue osservazioni, che considera l’importo complessivo dell’imposta semplicemente ripartito tra l’Unione e lo Stato membro. Il 75 % dell’imposta confluisce nel bilancio dell’Unione e il 25 % viene trattenuto dallo Stato membro. Conseguentemente, il 75 % della somma da restituire, unitamente ai relativi interessi, è a carico del bilancio dell’Unione e il resto a carico dello Stato membro.

136.

Le prime due parti della quarta questione della High Court devono pertanto essere risolte nel senso che il diritto dell’Unione non osta a che gli operatori economici percepiscano dall’autorità nazionale competente gli interessi sugli importi pagati in eccesso in forza di un regolamento invalido ovvero a che tale autorità recuperi gli interessi equivalenti dal bilancio dell’Unione.

137.

Resta la terza parte della suddetta quarta questione: se il diritto dell’Unione osti a che un giudice nazionale eserciti il suo eventuale potere discrezionale, ai sensi del diritto nazionale, di non concedere affatto gli interessi.

138.

Per quanto riguarda il giudice del rinvio, tale potere discrezionale deriva dall’articolo 35A, paragrafo 1, del Senior Courts Act 1981: «(…) in procedimenti (…) per il recupero di un credito (…) possono essere inclusi in qualsiasi somma determinata nella sentenza interessi semplici, al tasso che la Corte ritenga congruo, su tutta o parte del credito (…) per tutto o parte del periodo tra la data in cui hanno avuto luogo i fatti e [il pagamento o la sentenza]».

139.

Secondo la giurisprudenza, tali norme nazionali sono applicabili al fine di decidere della concessione degli interessi in casi come quello di cui alla fattispecie.

140.

Tuttavia, ciò è vero «in mancanza di disposizioni [del diritto dell’Unione] in materia di restituzione di canoni indebitamente riscossi in base a regolamenti [dell’Unione] dichiarati illegittimi» ( 51 ).

141.

Nel caso di specie, potrebbero non esservi tali «disposizioni» del diritto dell’Unione, ma ritengo che la supremazia di singole norme nazionali debba cedere il passo dinanzi ad un principio generale comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri e riconosciuto nell’applicazione del diritto dell’Unione. In base a tale principio, gli interessi possono essere recuperati per compensare il privato godimento dell’uso di importi ingiustamente riscossi. In presenza di un valido motivo per ridurre l’importo degli interessi riconosciuti (a seguito, per esempio, della condotta del richiedente), il giudice nazionale può esercitare, al riguardo, la discrezionalità che gli è attribuita dal diritto nazionale. Tuttavia, il semplice fatto che il bilancio dell’Unione potrebbe subire una perdita, non può essere considerato come costituente, in forza del diritto dell’Unione, una giusta causa in tal senso.

Tasso di cambio corretto

142.

L’ultima questione da affrontare rileva unicamente allorché i rimborsi devono essere effettuati in una valuta diversa dall’euro. Delle tre cause principali, dunque, questa riguarda soltanto la causa British Sugar, anche se potrebbe avere rilevanza in altri Stati membri. Il giudice a quo vuol sapere di quale data o di quali date si debba tener conto nel calcolo di eventuali necessarie conversioni in sterline, posto che (i) gli importi pagati in eccesso erano in origine espressi in euro e quindi più volte convertiti in sterline ai fini della riscossione, (ii) ogni rimborso all’autorità nazionale, prelevato dal bilancio dell’Unione dovra essere convertito in sterline in un secondo momento e (iii) vi sono state fluttuazioni del tasso di cambio nel periodo interessato.

143.

Ai sensi dell’articolo 6 del regolamento controverso, gli articoli 1-4 si applicano a partire dalle date di entrata in vigore dei rispettivi regolamenti di cui sostituiscono le disposizioni. Inoltre, il paragrafo 5 degli orientamenti della Commissione agli Stati membri per l’applicazione del regolamento controverso ( 52 ) così afferma: «[i]n caso di contributi sullo zucchero riscossi, gli Stati membri che non hanno adottato l’euro hanno convertito gli importi fissati in euro nei regolamenti sullo zucchero pertinenti allo scopo di registrare gli importi sul conto risorse proprie. Per ragioni di coerenza e poiché il regolamento di rettifica ha efficacia retroattiva, il tasso di cambio usato dagli Stati membri alla data in cui sono stati calcolati i primi contributi sarà altresì usato per convertire i contributi rettificati. Sebbene la restituzione dei contributi indebitamente versati sia disciplinata dalla legge nazionale, l’impiego del tasso di cambio storico risulta coerente con la natura intrinseca e con gli obiettivi della restituzione, nonché con il fine di evitare distorsioni nell’attuazione delle restituzioni nei diversi Stati membri». Gli orientamenti ricordano poi agli Stati membri i vari regolamenti annuali che fissavano per ciascuna campagna di commercializzazione lo specifico tasso di cambio applicabile, in particolare, ai contributi alla produzione per le valute degli Stati membri che non hanno adottato la moneta unica.

144.

In Inghilterra e nel Galles, il richiedente può, mediante richiesta motivata, domandare un importo espresso in una valuta straniera. Qualora la sua richiesta venga accolta, l’importo gli verrà corrisposto in quella determinata valuta «oppure nell’equivalente in sterline alla data del pagamento» ( 53 ). Ciò posto, la British Sugar chiede al giudice nazionale il rimborso dell’importo eccedente il dovuto, fissato in euro e convertito in sterline, al tasso applicabile alla data del pagamento.

145.

Il giudice del rinvio chiede se il tasso applicabile sia fissato dal diritto dell’Unione e, in caso di risposta affermativa, se l’articolo 6 del regolamento controverso imponga l’applicazione del tasso applicato al calcolo del contributo iniziale e, in caso affermativo, se l’articolo 6 sia valido.

146.

Ho già concluso che il regolamento controverso è formalmente invalido nel complesso e che è sostanzialmente invalido in quanto fondato su un metodo di calcolo specifico. Alla luce di ciò, appare irrilevante esaminare ulteriormente il significato e la validità dell’articolo 6, che riguarda soltanto le date di efficacia e di applicazione di disposizioni che ritengo invalide.

147.

Poiché, tuttavia, la medesima questione si ripresenterà in occasione di un successivo regolamento adottato in sostituzione di quello controverso, rileva domandarsi se la data per determinare il tasso di cambio applicabile rientri in qualche misura nell’ambito del diritto dell’Unione.

148.

Il tasso di cambio applicabile è, in linea di principio, una «questione accessoria rispetto alla restituzione» secondo la giurisprudenza ( 54 ) e, in quanto tale, dev’essere determinato secondo le norme nazionali.

149.

Tuttavia, come evidenziato dalla Commissione, tali norme non operano al di fuori di ogni contesto e il giudice nazionale non può ignorare aspetti disciplinati dal diritto dell’Unione, in particolare il fatto che specifici tassi di cambio, fissati per ciascuna campagna di commercializzazione, sono stati applicati al momento della riscossione iniziale dei contributi alla produzione. Concordo con la Commissione sul punto che sarebbe logico tenere conto di tali tassi di cambio, nel caso in cui la richiesta di un produttore debba essere determinata secondo la restitutio in integrum. Tuttavia, qualora occorresse applicare un tasso di cambio più recente ai sensi di norme nazionali, sarebbe inoltre opportuno che, nel riconoscere il diritto agli interessi, il giudice nazionale tenesse conto di guadagni (o perdite) accidentali.

Conclusione

150.

Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che la Corte debba statuire come segue in risposta alle questioni sollevate dal Finanzgericht Düsseldorf, dalla High Court of Justice of England and Wales, nonché dal Tribunal de grande instance de Nanterre:

Il regolamento (CE) della Commissione del 3 novembre 2009, n. 1193, che rettifica i regolamenti (CE) n. 1762/2003, (CE) n. 1775/2004, (CE) n. 1686/2005 e (CE) n. 164/2007 e fissa gli importi dei contributi alla produzione nel settore dello zucchero per le campagne di commercializzazione 2002-2003, 2003-2004, 2004-2005 e 2005-2006 è invalido sul piano formale, in quanto indica come proprio fondamento normativo il regolamento (CE) del Consiglio del 19 giugno 2001, n. 1260, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero, in particolare l’articolo 15, paragrafo 8, primo trattino, e l’articolo 16, paragrafo 5.

Il regolamento n. 1193/2009 è invalido sul piano sostanziale, in quanto il metodo di calcolo dei contributi fissati per le campagne di commercializzazione interessate include nel «totale delle restituzioni», di cui all’articolo 15, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1260/2001, le restituzioni che avrebbero potuto essere richieste per impegni all’esportazione ma che, di fatto, non sono state richieste o versate.

L’espressione «totale delle restituzioni», di cui all’articolo 15, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1260/2001 copre soltanto le restituzioni effettivamente versate.

Il diritto dell’Unione non osta a che gli operatori economici recuperino dall’autorità nazionale pertinente gli interessi sugli importi pagati in eccesso ai sensi di un regolamento invalido, né che tale autorità recuperi gli interessi equivalenti sul bilancio dell’Unione; nell’esercizio della discrezionalità eventualmente riconosciuta al giudice nazionale ai sensi del diritto nazionale, di non riconoscere alcun interesse in tali circostanze, il giudice anzidetto deve tener conto del fatto che l’illegittimità del contributo iniziale è imputabile all’Unione e che il diritto dell’Unione vieta l’«impoverimento indebito» di una parte che sia privata del godimento di una somma di denaro come conseguenza di una misura che viola tale diritto.

Allorché il giudice nazionale dispone il rimborso, ad opera di un’autorità nazionale competente, di somme corrisposte in eccesso, in forza di un regolamento invalido, a tale autorità, in una valuta diversa dall’euro e successivamente convertite in euro al momento di confluire nel bilancio dell’Unione, questioni accessorie, quali la valuta in cui viene disposto il rimborso e la relativa data per stabilire il tasso di cambio applicabile, devono essere decise in base al diritto nazionale, tenendo conto delle norme del diritto dell’Unione applicabili a questioni connesse, quali la concessione degli interessi.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Sentenza dell’8 maggio 2008 (C-5/06 e da C-23/06 a C-36/06, Racc. pag. I-3231).

( 3 ) Decisione del Consiglio del 29 settembre 2000, 2000/597/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee (GU L 253, pag. 42), sostituita dalla decisione del Consiglio del 7 giugno 2007, 2007/436/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee (GU L 163, pag. 17).

( 4 ) Regolamento (CE, Euratom) n. 1150 del Consiglio, del 22 maggio 2000, ,recante applicazione della [decisione del 7 giugno 2007, 2007/436/CE, Euratom] relativa al sistema delle risorse proprie della Comunità (GU L 130, pag. 1).

( 5 ) Come modificato dal regolamento (CE, Euratom) n. 2028 del Consiglio, del 16 novembre 2004, che modifica il regolamento (CE, Euratom) n. 1150/2000 recante applicazione della decisione 94/728/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità (GU L 352, pag. 1). La versione originale dell’articolo 11 non era suddivisa in paragrafi numerati, ma conteneva la medesima disposizione, seguita da informazioni sui tassi di interesse da applicare.

( 6 ) Del 19 giugno 2001, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero (GU L 178, pag. 1). La produzione nel settore dello zucchero comprende: zucchero, isoglucosio e sciroppo di inulina. Posto che, ai fini della presente causa, non rileva alcuna distinzione fra i diversi prodotti, ometterò ogni altro riferimento a prodotti diversi dallo zucchero.

( 7 ) Dal regolamento (CE) n. 318 del Consiglio, del 20 febbraio 2006, ,relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero (GU L 58, pag. 1), a sua volta abrogato e sostituito dal regolamento (CE) n. 1234 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) (GU L 299, pag. 1).

( 8 ) Nel periodo di cui trattasi, la produzione nel settore dello zucchero era suddivisa in tre classi. La produzione A e B rientrava nelle quote corrispondenti, in linea di principio, rispettivamente, alla domanda nel mercato interno e alle esportazioni di eccedenze di zucchero con restituzioni all’esportazione. Lo zucchero C veniva prodotto fuori da tali quote e non poteva essere liberamente commercializzato nell’Unione, dovendo essere esportato, senza restituzioni, a spese dell’industria dello zucchero.

( 9 ) Mi riferirò in prosieguo al contributo base alla produzione, al contributo B e a quello complementare, indicandoli congiuntamente come «i contributi alla produzione».

( 10 ) Tuttavia, il testo è rimasto sostanzialmente invariato a partire dall’articolo 28 del regolamento (CEE) del Consiglio n. 1785, del 30 giugno 1981, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero (GU L 177, pag. 4).

( 11 ) Per la definizione di tali quantitativi, v. i paragrafi 21 e 32 infra.

( 12 ) Per la definizione di tali impegni, v. paragrafi 22 e 32 infra. L’uso del termine «impegni» riflette il fatto che, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, il rilascio dei titoli di esportazione era subordinato alla costituzione di una cauzione che garantisse l’esportazione entro un determinato periodo.

( 13 ) Posto che non sono mai stati riscossi contributi all’esportazione, la «differenza tra il totale delle restituzioni e il totale dei prelievi sul quantitativo totale degli impegni» equivaleva semplicemente all’importo totale delle restituzioni.

( 14 ) Regolamento (CE) n. 314 della Commissione, del 20 febbraio 2002, che stabilisce modalità d’applicazione del regime delle quote nel settore dello zucchero (GU L 50, pag. 40), come modificato in particolare dal regolamento (CE) n. 1140 della Commissione, del 27 giugno 2003, (GU L 160, pag. 33). Tale regolamento è stato abrogato e sostituito, con efficacia dal 1o luglio 2006, dal regolamento (CE) n. 952 della Commissione, del 29 giugno 2006, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 318/2006 del Consiglio per quanto riguarda la gestione del mercato interno dello zucchero e il regime delle quote (GU L 178, pag. 39).

( 15 ) Regolamento (CE) n. 1837 della Commissione, del 15 ottobre 2002, che fissa, per la campagna di commercializzazione 2001/2002, gli importi dei contributi alla produzione nonché il coefficiente del contributo complementare nel settore dello zucchero (GU L 278, pag. 13); regolamento (CE) n. 1762 della Commissione, del 7 ottobre 2003, che fissa, per la campagna di commercializzazione 2002/2003, gli importi dei contributi alla produzione nel settore dello zucchero (GU L 254, pag. 4); regolamento (CE) n. 1775 della Commissione, del 14 ottobre 2004, che fissa, per la campagna di commercializzazione 2003/2004, gli importi dei contributi alla produzione nel settore dello zucchero (GU L 316, pag. 64) nonché regolamento (CE) n. 1686 della Commissione, del 14 ottobre 2005, che fissa, per la campagna di commercializzazione 2004/2005, gli importi dei contributi alla produzione e il coefficiente del contributo complementare nel settore dello zucchero (GU L 271, pag. 12).

( 16 ) V., in particolare, punti 37 e 44 della sentenza.

( 17 ) V. nota 12 supra.

( 18 ) V., in particolare, punti 48-60.

( 19 ) Ordinanza del 6 ottobre 2008 (da C-175/07 a C-184/07).

( 20 ) Il voto in seno al comitato di gestione si è concluso con 37 voti a favore della proposta della Commissione (sei Stati membri) e 281 voti contrari (17 Stati membri), con 27 astensioni (quattro Stati membri). Risulta che voti negativi di questa portata siano rari.

( 21 ) Ai sensi della procedura di gestione applicabile – v. articolo 42 del regolamento di base e articolo 4 della decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, , recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 184, pag. 23, in prosieguo: «la decisione sulla comitatologia») – per adottare una misura diversa dal progetto sottoposto dalla Commissione, il Consiglio avrebbe dovuto concordare una misura con una maggioranza qualificata, come stabilito all’articolo 205, paragrafo 2, CE (maggioranza dei voti e maggioranza degli Stati membri) entro il termine di un mese. Ciò si è rivelato impossibile, anche se siffatta maggioranza si era opposta al progetto della Commissione.

( 22 ) Regolamento (CE) n. 1193 della Commissione, del 3 novembre 2009, che rettifica i regolamenti (CE) n. 1762/2003, (CE) n. 1775/2004, (CE) n. 1686/2005 e (CE) n. 164/2007 e fissa gli importi dei contributi alla produzione nel settore dello zucchero per le campagne di commercializzazione 2002-2003, 2003-2004, 2004-2005 e 2005-2006 (GU L 321, pag. 1).

( 23 ) Regolamento (CE) n. 164 della Commissione, del 19 febbraio 2007, recante fissazione, per la campagna di commercializzazione 2005/2006, degli importi dei contributi alla produzione nel settore dello zucchero (GU L 51, pag. 17).

( 24 ) Cause T-66/10, Zuckerfabrik Jülich/Commissione; T-86/10, British Sugar/Commissione; T-100/10, Nordzucker/Commissione; T-101/10, Polonia/Commissione nonché T-102/10, Südzucker e a./Commissione.

( 25 ) Cit. alla nota 21 supra.

( 26 ) Cit. alla nota 7 supra.

( 27 ) V., per esempio, sentenza del 1oottobre 2009, Commissione/Consiglio (C-370/07, Racc. pag. I-8917, punto 39).

( 28 ) Sentenza del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a. (C-201/09 P e C-216/09 P, Racc. pag. I-2239, punto 75). Sebbene la Corte abbia ritenuto formalmente valida la decisione della Commissione, le circostanze specifiche differivano rispetto a quelle delle presenti cause in quanto nel suddetto procedimento esisteva una nuova norma procedurale che autorizzava la Commissione ad adottare decisioni del tipo di quelle in parola.

( 29 ) V., per analogia, sentenza del 5 marzo 1980, Könecke/Commissione (76/79, Racc. pag. 665, punti 14 e 15).

( 30 ) V., per esempio, sentenza del 27 settembre 2007, Ikea Wholesale (C-351/04, Racc. pag. I-7723, punti 67 e 68). V. anche articolo 8, paragrafo 1, della decisione sulle risorse proprie, cit. al paragrafo 10 supra.

( 31 ) Guida pratica comune del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione destinata a coloro che partecipano alla redazione di testi legislativi delle istituzioni comunitarie, 2003, ed. aggiornata 2009, punti 9.4 e 9.5.

( 32 ) La supposizione non è formalmente contestata, ma in udienza è stato dichiarato che né i produttori di zucchero né gli Stati membri erano in grado di verificarla.

( 33 ) Non è stato proposto che il termine «media» abbia in questa sede un significato diverso da «media aritmetica».

( 34 ) Sebbene le versioni in lingua inglese e in alcune altre lingue usino una varietà di termini (in inglese: «forecast», «estimate» e «foreseeable»), altre impiegano sempre lo stesso termine (per esempio, «prévisible» in francese, e «voraussichtlich» in tedesco) e non sembra che il legislatore abbia inteso operare una distinzione.

( 35 ) Punto 43 della sentenza.

( 36 ) Il titolo preciso di questa colonna varia a seconda delle versioni prodotte nei diversi procedimenti. In una di esse è specificato che le restituzioni sono restituzioni all’esportazione, mentre in un’altra si afferma che si tratta di restituzioni «versate» ai produttori. I dati, tuttavia, sono tutti identici.

( 37 ) Rilevo che, se (e soltanto se) tali restituzioni fossero comprese nel «totale delle restituzioni», ne deriverebbe che sarebbero necessari maggiori contributi alla produzione per poterle coprire; un modo per ottenere maggiori contributi alla produzione sarebbe quello di inserire le stesse restituzioni non effettivamente versate nel numeratore della frazione di cui al caso di specie.

( 38 ) V. paragrafi 7 e 8 supra.

( 39 ) Undicesimo considerando del regolamento di base.

( 40 ) Nono considerando del regolamento di base.

( 41 ) V. anche sentenza Jülich I, cit., punti 42 e 43.

( 42 ) V., più di recente, sentenza del 19 marzo 2009, Mitsui & Co. Deutschland (C-256/07, Racc. pag.I-1951, punto 32).

( 43 ) Paragrafo 66 supra.

( 44 ) Un documento «ufficioso» prodotto dinanzi alla Corte.

( 45 ) V. sentenza del 15 settembre 1998, Ansaldo Energia e a (da C-279/96 a C-281/96, Racc. pag. I-5025, punto 28 e giurisprudenza ivi citata); v. anche sentenza dell’8 marzo 2001, cause riunite C-397/98 e C-410/98, Metallgesellschaft e a. (Racc. pag. I-1727, punto 86) e sentenza del 7 settembre 2006, causa C-470/04, N (Racc. pag. I-7409, punto 60).

( 46 ) Per un recente riepilogo comparativo, v. Rebecca Williams, Unjust enrichment and public law, a comparative study of England, France and the EU, Hart, 2010.

( 47 ) Sentenza del 16 dicembre 2008, Masdar (UK)/Commissione (C-47/07 P, Racc. Pag. I-9761, punti 44-47).

( 48 ) Cit. alla nota 45 supra.

( 49 ) Articolo 11, paragrafo 1, del regolamento sulle risorse proprie (v. punto 12 supra).

( 50 ) V. sentenza del 15 novembre 2005, ,Commissione/Danimarca (C-392/02, Racc. pag. I-9811, punto 63).

( 51 ) Sentenza Ansaldo Energia e a., cit. alla nota 45 supra, punto 28.

( 52 ) V. nota 44 supra.

( 53 ) Al riguardo la British Sugar cita le Practice Directions (Istruzioni pratiche) 16, n. 9.1, e 40B, n. 10, delle Civil Procedure Rules (norme di procedura civile).

( 54 ) V. paragrafo 124 supra.