Causa T‑504/09
Völkl GmbH & Co. KG
contro
Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI)
«Marchio comunitario — Opposizione — Domanda di marchio comunitario denominativo VÖLKL — Marchio internazionale denominativo anteriore VÖLKL — Impedimento relativo alla registrazione — Rischio di confusione — Diniego parziale di registrazione — Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 207/2009 — Uso effettivo del marchio anteriore — Art. 42, nn. 2 e 3, del regolamento n. 207/2009 e regola 22, n. 3, del regolamento (CE) n. 2868/95 — Competenza della commissione di ricorso in caso di ricorso limitato a una parte dei prodotti o dei servizi di cui alla domanda di registrazione — Art. 64, n. 1, del regolamento n. 207/2009 — Domanda di riforma della decisione della commissione di ricorso — Art. 65, n. 3, del regolamento n. 207/2009»
Massime della sentenza
1. Marchio comunitario — Procedimento di ricorso — Persone legittimate a proporre ricorso e a essere parti del procedimento — Persone le cui richieste non sono accolte da una decisione — Decisione che rinvia la causa dinanzi all’organo inferiore per riesame
(Regolamento del Consiglio n. 207/2009, art. 65, n. 4)
2. Marchio comunitario — Procedimento di ricorso — Ricorso dinanzi alle commissioni di ricorso — Competenza delle commissioni di ricorso
(Regolamento del Consiglio n. 207/2009, art. 64, n. 1)
3. Marchio comunitario — Osservazioni dei terzi e opposizione — Esame dell’opposizione — Prova dell’uso del marchio anteriore — Uso effettivo — Nozione — Criteri di valutazione
(Regolamento del Consiglio n. 207/2009, art. 42, nn. 2 e 3)
4. Marchio comunitario — Osservazioni dei terzi e opposizione — Esame dell’opposizione — Prova dell’uso del marchio anteriore — Uso effettivo — Nozione — Determinazione di una soglia quantitativa di uso minimo — Esclusione
(Regolamento del Consiglio n. 207/2009, art. 42, nn. 2 e 3)
1. Si deve considerare che una decisione di una commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) abbia accolto le pretese di una delle parti dinanzi a essa se accoglie la richiesta di tale parte sulla base di uno degli impedimenti alla registrazione o della nullità di un marchio o, più in generale, sulla base di una sola parte dell’argomento presentato da detta parte, anche se ha omesso di esaminare o ha respinto gli altri impedimenti o motivi invocati dalla stessa.
Per contro, una decisione di una commissione di ricorso dell’Ufficio non accoglie, ai sensi dell’art. 65, n. 4, del regolamento n. 207/2009 sul marchio comunitario, le pretese di una parte, quando essa si pronuncia su una richiesta presentata da tale parte dinanzi all’Ufficio in un senso ad essa sfavorevole.
Quest’ultima ipotesi deve essere intesa nel senso che comprende anche il caso in cui la commissione di ricorso, dopo aver respinto una richiesta il cui accoglimento avrebbe concluso il procedimento dinanzi all’Ufficio in senso favorevole alla parte che l’ha introdotto, rimetta gli atti della causa all’organo inferiore per il riesame, e ciò nonostante l’eventualità che tale riesame possa sfociare in una decisione favorevole a tale parte.
(v. punti 26-28)
2. Se il ricorso dinanzi alla commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) riguarda soltanto una parte dei prodotti o dei servizi oggetto della domanda di registrazione o dell’opposizione, esso autorizza la commissione di ricorso a procedere ad un nuovo esame del merito dell’opposizione, ma solo con riferimento a detti prodotti o servizi, giacché la domanda di registrazione e l’opposizione di cui è stata investita non si riferiscono al resto dei prodotti e servizi interessati.
È quanto avviene quando la ricorrente ha presentato un ricorso dinanzi alla commissione di ricorso avverso la decisione della divisione di opposizione, solo in ragione del fatto che questa aveva accolto l’opposizione e respinto la domanda di registrazione per una parte dei prodotti richiesti.
Di conseguenza, allorché essa annulla il punto del dispositivo della decisione della divisione di opposizione che conclude per la registrazione del marchio richiesto per gli altri prodotti, la commissione di ricorso ha oltrepassato i limiti della propria competenza, come definita all’art. 64, n. 1, del regolamento n. 207/2009 sul marchio comunitario.
(v. punti 54-56)
3. Un marchio è oggetto di un uso effettivo allorché assolve alla sua funzione essenziale, che è di garantire l’identità di origine dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, al fine di trovare o di mantenere per essi uno sbocco, ad esclusione degli usi simbolici che sono tesi soltanto a conservare i diritti conferiti dal marchio. Inoltre, la condizione relativa all’uso effettivo del marchio esige che questo, come tutelato nel territorio pertinente, venga utilizzato pubblicamente e verso l’esterno.
Nel verificare l’uso effettivo del marchio, occorre prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze che possano provare l’effettività del suo sfruttamento commerciale, segnatamente gli usi considerati giustificati, nel settore economico interessato, per mantenere o trovare quote di mercato per i prodotti o per i servizi tutelati dal marchio, la natura di tali prodotti o servizi, le caratteristiche del mercato, nonché l’ampiezza e la frequenza dell’uso del marchio.
Per quanto riguarda la rilevanza dell’uso del marchio anteriore, occorre tener conto, in particolare, del volume commerciale di tutti gli atti d’uso, da un lato, e della durata del periodo durante il quale sono stati compiuti atti d’uso nonché della frequenza di tali atti, dall’altro.
(v. punti 78-80)
4. Per esaminare l’effettività dell’uso del marchio anteriore, occorre procedere ad una valutazione complessiva tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie. Tale valutazione implica una certa interdipendenza dei fattori considerati. Infatti, uno scarso volume di prodotti commercializzati con il detto marchio può essere compensato da una notevole intensità o da una grande costanza nel tempo dell’uso di tale marchio e viceversa.
Il fatturato realizzato nonché il numero di vendite di prodotti con il marchio anteriore non possono essere giudicati in assoluto, ma devono essere valutati rispetto ad altri fattori pertinenti, quali il volume dell’attività commerciale, le capacità di produzione o di commercializzazione o il grado di diversificazione dell’impresa che sfrutta il marchio nonché le caratteristiche dei prodotti o dei servizi nel mercato interessato. Non occorre perciò che l’uso del marchio anteriore sia sempre quantitativamente rilevante per poter essere qualificato come effettivo. Un uso anche minimo può quindi essere sufficiente per essere ritenuto effettivo, purché sia considerato giustificato, nel settore economico interessato, al fine di conservare o creare quote di mercato a favore dei prodotti o dei servizi protetti dal marchio. Pertanto, non è possibile stabilire a priori, astrattamente, una soglia quantitativa in base alla quale stabilire se l’uso sia stato effettivo oppure no, sicché non può essere fissata una regola de minimis, che non consenta all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli), o su ricorso, al Tribunale di valutare tutte le circostanze della controversia di cui devono conoscere.
(v. punti 81-82)
SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)
14 dicembre 2011 (*)
«Marchio comunitario – Opposizione – Domanda di marchio comunitario denominativo VÖLKL – Marchio internazionale denominativo anteriore VÖLKL – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Diniego parziale di registrazione – Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 207/2009 – Uso effettivo del marchio anteriore – Art. 42, nn. 2 e 3, del regolamento n. 207/2009 e regola 22, n. 3, del regolamento (CE) n. 2868/95 – Competenza della commissione di ricorso in caso di ricorso limitato a una parte dei prodotti o dei servizi di cui alla domanda di registrazione – Art. 64, n. 1, del regolamento n. 207/2009 – Domanda di riforma della decisione della commissione di ricorso – Art. 65, n. 3, del regolamento n. 207/2009»
Nella causa T‑504/09,
Völkl GmbH & Co. KG, con sede in Erding (Germania), rappresentata dall’avvocato C. Raßmann,
ricorrente,
contro
Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dal sig. S. Hanne, in qualità di agente,
convenuto,
controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:
Marker Völkl International GmbH, con sede in Baar (Svizzera), rappresentata dall’avvocato J. Bauer,
avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’UAMI 30 settembre 2009 (procedimento R 1387/2008‑1), relativa a un procedimento di opposizione tra la Marker Völkl International GmbH e la Völkl GmbH & Co. KG,
IL TRIBUNALE (Terza Sezione),
composto dal sig. O. Czúcz, presidente, dalla sig.ra I. Labucka e dal sig. D. Gratsias (relatore), giudici,
cancelliere: sig.ra T. Weiler, amministratore
visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 16 dicembre 2009,
visto il controricorso dell’UAMI depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 marzo 2010,
visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 marzo 2010,
vista la decisione 19 aprile 2010, recante diniego di autorizzazione al deposito di una replica,
in seguito all’udienza del 14 luglio 2011,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Fatti
1 Il 25 aprile 2005, la ricorrente, la Völkl GmbH & Co. KG, presentava una domanda di registrazione di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94 sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) del Consiglio 26 febbraio 2009, n. 207/2009 sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1)].
2 Il marchio di cui era chiesta la registrazione è il marchio denominativo VÖLKL.
3 I prodotti per cui era chiesta la registrazione rientrano nelle classi 3, 9, 18 e 25 di cui all’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:
– classe 3: «Prodotti per la pulizia delle scarpe»;
– classe 9: «Calzature speciali (scarpe da pompiere)»;
– classe 18: «Cuoio e articoli in cuoio, escluso borse per lo sport e borse da viaggio»;
– classe 25: «Scarpe, in particolare scarponi da sci, doposci, stivali da montagna, stivali in pelliccia, scarpe da alpinismo, scarponi da trekking, calzature per lo sport e per il tempo libero».
4 La domanda di marchio comunitario veniva pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 5/2006 del 30 gennaio 2006.
5 Il 27 aprile 2006, l’interveniente, Marker Völkl International GmbH, presentava opposizione ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 41 del regolamento n. 207/2009), alla registrazione del marchio richiesto.
6 L’opposizione era fondata sul marchio denominativo internazionale VÖLKL (in prosieguo: il «marchio anteriore»), registrato il 31 luglio 1991 con il numero 571440. La registrazione si estende, inter alia, alla Spagna e all’Italia e designa in particolare i prodotti delle classi 18, 25 e 28 corrispondenti per ciascuna classe alla descrizione che segue:
– classe 18: «Sacchi da sport»;
– classe 25: «Indumenti»;
– classe 28: «Attrezzature ginniche e sportive».
7 Il motivo su cui si basava l’opposizione era quello di cui all’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 [divenuto art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 207/2009].
8 Nelle osservazioni presentate all’UAMI in data 20 dicembre 2006, la ricorrente chiedeva in particolare la prova dell’uso effettivo del marchio anteriore per i prodotti su cui si fonda l’opposizione, in conformità dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 42, nn. 2 e 3, del regolamento n. 207/2009).
9 In seguito a tale richiesta l’interveniente, in allegato alle sue osservazioni, presentate all’UAMI in data 1° marzo 2007, forniva fra l’altro i seguenti elementi di prova:
– statistiche relative al fatturato che avrebbe realizzato, segnatamente, grazie alla vendita di sci e snow‑board, di abbigliamento da sci e da snow‑board e di accessori sportivi, come sacchi da sport, nel periodo compreso tra il 2002 e il 2006;
– due cataloghi relativi ai prodotti commercializzati dall’interveniente nella stagione 2006/2007, di cui uno riguardante gli sci, gli snow‑board e i sacchi da sci, e l’altro l’abbigliamento da sci e da snow‑board;
– due serie di fatture relative alle vendite di prodotti dell’interveniente, rispettivamente al proprio distributore spagnolo e italiano.
10 Inoltre, in data 2 marzo 2007, l’interveniente trasmetteva all’UAMI una dichiarazione giurata del sig. G., collaboratore di una società affiliata all’interveniente. Quest’ultimo confermava sotto giuramento il fatturato realizzato dall’interveniente nel periodo compreso fra il 2002 e il 2006, in particolare dalla vendita dei prodotti di cui al punto 9 supra, e dichiarava che detti prodotti recavano tutti il marchio anteriore.
11 Il 31 luglio 2008, la divisione di opposizione accoglieva l’opposizione per la parte riferita a tali prodotti (punto 1 del dispositivo della decisione della divisione di opposizione), assumendo che riguardasse solo la registrazione del marchio richiesto per i prodotti «scarpe da sci, scarpe da snow‑board, scarpe sportive» di cui alla classe 25 (in prosieguo: i «tre prodotti»).
12 Secondo la divisione di opposizione l’interveniente aveva dimostrato l’uso effettivo del marchio anteriore per i prodotti di cui al punto 6 supra. A tal proposito, nella sua decisione la divisione di opposizione, facendo riferimento alle fatture, alle statistiche del fatturato e alla dichiarazione giurata del sig. G. prodotte dall’interveniente, considerava che tali dati riguardassero sia il periodo sia gli Stati membri interessati, vale a dire la Spagna e l’Italia, e che fossero idonei a dimostrare un volume di vendite impressionante rispetto ai prodotti di cui trattasi. La divisione di opposizione constatava che le fatture comportavano un segno figurativo (in prosieguo: il «primo marchio figurativo»), riprodotto qui di seguito:
13 Nondimeno, la divisione di opposizione riteneva che l’uso di tale segno costituisse un uso del marchio anteriore in una forma che non ne alterava il carattere distintivo, ai sensi dell’art. 15, n. 2, lett. a), del regolamento n. 40/94 [divenuto art. 15, n. 1, secondo comma, lett. a), del regolamento n. 207/2009], applicabile per analogia. La divisione di opposizione inoltre respingeva l’argomento della ricorrente, secondo cui l’uso del marchio anteriore era stato effettuato da un’altra impresa e non dall’interveniente. Stando alla divisione di opposizione, allorché l’interveniente aveva fatto valere atti di uso del suo marchio da parte di un terzo, aveva di fatto implicitamente sostenuto che detto uso era stato effettuato con il suo consenso, ai sensi dell’art. 15, n. 3, del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 15, n. 2, del regolamento n. 207/2009).
14 Per quanto attiene ai tre prodotti, la divisione di opposizione riteneva che vi fosse un rischio di confusione, ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, tra il marchio richiesto e quello anteriore, tenuto conto dell’identità fra i marchi suddetti e della somiglianza fra i prodotti oggetto dei medesimi. La divisione di opposizione inoltre rilevava, al punto 2 del dispositivo della propria decisione, che la registrazione del marchio richiesto poteva avere luogo per i prodotti delle classi 3, 9 e 18 di cui al punto 3 supra e per le «scarpe, ad eccezione delle scarpe da sci, scarpe da snow‑board e calzature per lo sport» della classe 25 (in prosieguo, considerati congiuntamente: gli «altri prodotti»).
15 Avverso la decisione della divisione di opposizione, il 25 settembre 2008 la ricorrente proponeva ricorso dinanzi all’UAMI, a norma degli artt. 57‑62 del regolamento n. 40/94 (divenuti artt. 58-64 del regolamento n. 207/2009).
16 Con decisione 30 settembre 2009 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), notificata alla ricorrente in data 16 ottobre 2009, la prima commissione di ricorso dell’UAMI annullava la decisione della divisione di opposizione «in relazione all’accertamento del rischio di confusione tra i segni in conflitto e [rinviava] la decisione dinanzi alla divisione di opposizione per la prosecuzione del procedimento» (punto 1 del dispositivo della decisione impugnata). Per contro, essa «[respingeva] il ricorso rispetto alla decisione sulla prova dell’uso» effettivo del marchio anteriore (punto 2 del dispositivo della decisione impugnata).
17 In primo luogo, la commissione di ricorso rilevava che la divisione di opposizione non aveva identificato correttamente i prodotti oggetto dell’opposizione. Stando alla commissione di ricorso, l’atto di opposizione presentato dall’interveniente non conteneva alcuna indicazione relativamente ai prodotti cui intendeva riferirsi. Di conseguenza, conformemente alla regola 15, n. 3, lett. a), del regolamento (CE) della Commissione 13 dicembre 1995, n. 2868, recante modalità di esecuzione del regolamento n. 40/94 (GU L 303, pag. 1), come modificato, l’opposizione sarebbe stata presentata avverso tutti i prodotti oggetto del marchio richiesto. La commissione di ricorso, inoltre, rilevava che, se le «calzature per lo sport» e le «scarpe da sci» rientravano nella nozione di «scarponi da sci», utilizzata nella domanda di registrazione della ricorrente, le «scarpe da snow‑board» non costituivano oggetto di tale domanda. Pertanto la commissione di ricorso concludeva che la divisione di opposizione aveva tenuto conto di prodotti che non erano compresi nell’elenco di prodotti cui si riferiva il marchio richiesto. Sebbene le parti non avessero sollevato tale questione, limitandosi a quella relativa all’uso effettivo del marchio anteriore, la commissione di ricorso riteneva che la decisione della divisione di opposizione dovesse essere annullata, nel punto in cui riguardava il rischio di confusione fra i marchi in conflitto (punti 15‑18 della decisione impugnata).
18 In secondo luogo, la commissione di ricorso riteneva, al pari della divisione di opposizione, che l’interveniente avesse dimostrato l’uso effettivo, in Italia e in Spagna, del marchio anteriore per i prodotti per i quali esso era tutelato (punto 22 della decisione impugnata).
19 La commissione di ricorso motivava la propria conclusione ai punti 24 e 25 della decisione impugnata, con gli argomenti che seguono:
«24. Le fatture prodotte dall’[interveniente] relative agli anni dal 2002 al 2006 dimostrano i volumi di vendite realizzati in quegli anni in Spagna e in Italia, ovvero il luogo, il periodo e la rilevanza dell’uso. Se è vero che tali fatture recano unicamente il [primo marchio figurativo dell’interveniente], occorre ammettere che non si può esigere dall’opponente che, nel caso delle singole fatture, essa presenti separatamente i volumi di vendite dei prodotti contraddistinti dal marchio [anteriore]. In generale, una siffatta differenziazione tra i prodotti è praticamente impossibile, tanto più se non tutti i prodotti sono contraddistinti allo stesso modo dallo stesso segno. In tal caso, una differenziazione implica un impegno amministrativo che, di norma, non è ragionevole pretendere dall’impresa interessata, salvo metterla nella quasi impossibilità di dimostrare l’uso.
25. Per quanto riguarda la natura dell’uso del marchio opposto, dagli estratti dei cataloghi dell’[interveniente] risulta che quest’ultima non usa solo il [primo marchio figurativo] per designare i propri prodotti, i quali sono contraddistinti anche da [un altro marchio figurativo] e dal marchio [anteriore]. Il marchio [anteriore] compare isolato, come puro e semplice elemento denominativo, su sci, bastoncini da sci e un gran numero di articoli d’abbigliamento sportivo illustrati nei detti cataloghi. I prodotti illustrati nei cataloghi presentati dall’opponente sono anche menzionati nelle fatture acquisite agli atti. La fattura del 12 gennaio 2006 emessa a nome di un cliente spagnolo, cita, per esempio, gli articoli n. 106001 (Racetiger OS Racing Titanium), n. 106021 (Racetiger RC Titanium) e n. 106051 (Supersport Allstar Titanium), e la fattura del 21 dicembre 2005 riguarda in particolare i prodotti n. 106031 (Racetiger SC Titanium) e n. 106240 (Attiva Star). Tali articoli recano il marchio [anteriore] come mero marchio denominativo e, altrove, [un altro marchio figurativo dell’interveniente]. Tenuto conto della lingua utilizzata, si deve ritenere che il catalogo di sci in spagnolo riguardi unicamente il mercato spagnolo di riferimento. Tuttavia, da un confronto con le fatture emesse a nome di clienti italiani, versate agli atti dall’opponente, emerge che tali prodotti sono commercializzati anche in Italia. La fattura del 18 novembre 2005, per esempio, riguarda gli articoli che portano il n. 106021 (Racetiger RC Titanium) e il marchio [anteriore] compare su tali prodotti come puro marchio denominativo. Su alcuni di essi vi è anche, apposto altrove, l’altro marchio figurativo dell’interveniente».
20 L’altro marchio figurativo dell’interveniente, di cui al punto 25 della decisione impugnata (in prosieguo: il «secondo marchio figurativo»), è riprodotto qui di seguito:
21 La commissione di ricorso, in linea con la giurisprudenza del Tribunale, stabiliva inoltre che l’interveniente non fosse tenuto a dimostrare un uso isolato del marchio anteriore, ma che fosse sufficiente dimostrarne l’uso, sui prodotti pertinenti, associato ad altri marchi (punti 26 e 27 della decisione impugnata). In conclusione, muovendo da questa premessa, la commissione di ricorso considerava che non era necessario esaminare la questione contemplata dalla giurisprudenza dell’estensione della tutela di cui beneficiava un marchio registrato a un altro marchio, quando quest’ultimo costituisce una lieve variante del primo (punto 28 della decisione impugnata).
Conclusioni delle parti
22 La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
– annullare la decisione impugnata;
– annullare la decisione della divisione di opposizione, nella parte in cui accoglie l’opposizione;
– respingere l’opposizione;
– condannare l’UAMI alle spese.
23 L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:
– respingere il ricorso, nella parte riguardante il punto 2 del dispositivo della decisione impugnata, relativo alla prova dell’uso effettivo del marchio anteriore;
– annullare la decisione impugnata per il resto;
– condannare ciascuna delle parti a sopportare le proprie spese.
24 L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:
– respingere il ricorso;
– condannare la ricorrente alle spese.
In diritto
Sulla ricevibilità
25 In primo luogo, appare necessario esaminare la ricevibilità del ricorso alla luce dell’art. 65, n. 4, del regolamento n. 207/2009. Secondo tale disposizione, il ricorso dinanzi al Tribunale avverso una decisione di una commissione di ricorso dell’UAMI «può essere proposto da una qualsiasi delle parti nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, se nella propria decisione questa non ne ha accolto le richieste».
26 Occorre ritenere che una decisione di una commissione di ricorso abbia accolto le pretese di una delle parti dinanzi a essa se accoglie la richiesta di tale parte sulla base di uno degli impedimenti alla registrazione o della nullità di un marchio o, più in generale, sulla base di una sola parte dell’argomento presentato dalla detta parte, anche se ha omesso di esaminare o ha respinto gli altri impedimenti o motivi invocati dalla stessa [v., in tal senso, ordinanza del Tribunale 14 luglio 2009, causa T‑300/08, Hoo Hing/UAMI – Tresplain Investments (Golden Elephant Brand), non pubblicata nella Raccolta, punti 29‑37].
27 Per contro, occorre ritenere che una decisione di una commissione di ricorso dell’UAMI non abbia accolto, ai sensi dell’art. 65, n. 4, del regolamento n. 207/2009, le pretese di una parte, quando essa si pronuncia su una richiesta presentata da tale parte dinanzi all’UAMI in un senso ad essa sfavorevole [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 17 marzo 2009, causa T‑171/06, Laytoncrest/UAMI – Erico (TRENTON), Racc. pag. II‑539, punti 20 e 21].
28 Occorre ritenere che quest’ultima ipotesi comprenda anche il caso in cui la commissione di ricorso, dopo aver respinto una richiesta il cui accoglimento avrebbe concluso il procedimento dinanzi all’UAMI in senso favorevole alla parte che l’ha introdotto, rimetta gli atti della causa all’organo inferiore per il riesame, e ciò nonostante l’eventualità che tale riesame possa sfociare in una decisione favorevole a tale parte. Una siffatta eventualità non è sufficiente per assimilare tale ipotesi a quella di cui al punto 26 supra, in cui la commissione di ricorso accoglie una domanda sulla base di taluni motivi o argomenti dedotti a sostegno e respinge, o omette di esaminare, i rimanenti motivi o argomenti contenuti nella domanda.
29 Nella fattispecie è evidente che, per quanto riguarda gli altri prodotti, la decisione impugnata non ha accolto le pretese della ricorrente. Infatti, al punto 1 del dispositivo tale decisione ha annullato in toto la decisione della divisione di opposizione per quanto riguarda l’accertamento del rischio di confusione tra i segni in conflitto. Orbene, al punto 2 del dispositivo la decisione della divisione di opposizione aveva espressamente rilevato che la registrazione del marchio richiesto poteva avvenire per gli altri prodotti e, pertanto, aveva accolto la richiesta di registrazione della ricorrente per tali prodotti.
30 Ne consegue che il ricorso è ricevibile nella parte in cui è diretto all’annullamento della decisione impugnata, in quanto annulla il punto 2 del dispositivo della decisione della divisione di opposizione, relativo agli altri prodotti.
31 Riguardo ai tre prodotti, occorre rilevare che né la ricorrente né l’interveniente hanno considerato nelle rispettive memorie la questione della ricevibilità del ricorso, nella parte che le riguarda. Dal canto suo, l’UAMI ha osservato nel controricorso che la prova dell’uso effettivo del marchio anteriore sollevava una questione preliminare rispetto all’esame del rischio di confusione che poteva essere esaminata dal Tribunale a prescindere dagli altri motivi di ricorso. L’UAMI ha ritenuto che un siffatto esame fosse inerente alla fattispecie, tenuto conto che l’esame del rischio di confusione fra i marchi in conflitto, non ancora svolto dalla commissione di ricorso, deve prendere in considerazione solo i prodotti per i quali l’uso effettivo del marchio anteriore è stato dimostrato.
32 Il Tribunale è dell’avviso che il ricorso sia ricevibile anche nella parte attinente ai tre prodotti.
33 Certo, rispetto a questi ultimi, il punto 1 del dispositivo della decisione impugnata si limita ad annullare la decisione dell’organo inferiore che era sfavorevole alla ricorrente e rimette a tale organo gli atti della causa per una nuova decisione.
34 Nondimeno, al punto 2 del dispositivo della decisione contestata si legge, con riferimento alla richiesta da parte della ricorrente dinanzi alla divisione di opposizione della prova dell’uso effettivo del marchio anteriore, che detta prova è stata fornita, benché con siffatta richiesta la ricorrente mirasse ad ottenere il rilievo contrario che avrebbe implicato il rigetto dell’opposizione.
35 Al riguardo occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, la richiesta della prova dell’uso effettivo del marchio anteriore aggiunge al procedimento d’opposizione la questione specifica e preliminare di siffatto uso, la quale una volta sollevata dal richiedente del marchio deve essere risolta prima di decidere sull’opposizione vera e propria [sentenze del Tribunale 16 marzo 2005, causa T‑112/03, L’Oréal/UAMI – Revlon (FLEXI AIR), Racc. pag. II‑949, punto 26; 22 marzo 2007, causa T‑364/05, Saint-Gobain Pam/UAMI – Propamsa (PAM PLUVIAL), Racc. pag. II‑757, punto 37, nonché 18 ottobre 2007, causa T‑425/03, AMS/UAMI – American Medical Systems (AMS Advanced Medical Services), Racc. pag. II‑4265, punto 106].
36 Tenuto conto del suo carattere previo e specifico, tale questione non rientra nell’ambito dell’esame dell’opposizione vera e propria, che si fonda sull’esistenza di un rischio di confusione con il marchio anteriore. Pertanto, allorché, come nel caso di specie, la divisione di opposizione conclude che la prova dell’uso effettivo è stata fornita e, di conseguenza, accoglie l’opposizione, la commissione di ricorso può esaminare la questione relativa a tale prova solo se specificamente sollevata dal richiedente del marchio nel proprio ricorso dinanzi alla detta commissione [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 13 settembre 2010, causa T‑292/08, Inditex/UAMI – Marín Díaz de Cerio (OFTEN), Racc. pag. II‑5119, punti 33, 39 e 40].
37 Tenuto conto che, con il punto 2 del dispositivo della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha respinto la richiesta della prova dell’uso effettivo del marchio anteriore, richiesta di cui è stata specificamente investita dalla ricorrente e che del resto non ha respinto l’opposizione per un’altra ragione, il che distingue il presente caso da quello di cui al punto 26 supra, dalle considerazioni che precedono, risulta che la detta decisione rientra, per quanto riguarda i tre prodotti, nella fattispecie di cui al punto 28 supra. Si deve conseguentemente ritenere che essa non ha accolto le pretese della ricorrente e che quest’ultima è pertanto legittimata a impugnare la decisione dinanzi al Tribunale.
38 Infatti, se è vero che, in virtù del punto 1 del dispositivo della decisione impugnata, la divisione di opposizione è chiamata a procedere ad un nuovo esame del rischio di confusione tra il marchio richiesto e il marchio anteriore per quanto riguarda i tre prodotti, nondimeno con riferimento al punto 2 del dispositivo di tale decisione tale nuovo esame non dovrebbe includere la questione specifica e preliminare dell’uso effettivo del marchio anteriore, sulla quale la commissione di ricorso ha già statuito in via definitiva.
39 Inoltre occorre esaminare la ricevibilità, contestata dall’UAMI, del secondo e del terzo capo delle conclusioni della ricorrente diretti, da un lato, all’annullamento della decisione della divisione di opposizione, nella parte in cui ha accolto l’opposizione, e, dall’altro, al rigetto dell’opposizione. L’UAMI fa valere l’irricevibilità di detti capi in quanto diretti a far sì che il Tribunale le rivolga un’ingiunzione, il che non rientra nella sua competenza.
40 Tale argomento non può essere ammesso. Contrariamente a quanto dedotto dall’UAMI, tali capi sono tesi, in realtà, a indurre il Tribunale ad adottare la decisione che secondo la ricorrente avrebbe dovuto adottare la commissione di ricorso allorché è stata investita del ricorso. Infatti, risulta dall’art. 64, n. 1, seconda frase, del regolamento n. 207/2009, che la commissione di ricorso può annullare la decisione dell’organo dell’UAMI che ha adottato la decisione impugnata ed esercitare le competenze di tale organo, nella fattispecie pronunciarsi sull’opposizione e respingerla. Di conseguenza, tali provvedimenti rientrano fra quelli che il Tribunale può ordinare in base al suo potere di riforma, sancito dall’art. 65, n. 3, del regolamento n. 207/2009 [sentenze del Tribunale 8 luglio 2004, causa T‑334/01, MFE Marienfelde/UAMI − Vétoquinol (HIPOVITON), Racc. pag. II‑2787, punto 19; 12 settembre 2007, causa T‑363/04, Koipe/UAMI – Aceites del Sur (La Española), Racc. pag. II‑3355, punti 29 e 30, nonché 11 febbraio 2009, causa T‑413/07, Bayern Innovativ/UAMI – Life Sciences Partners Perstock (LifeScience), non pubblicata nella Raccolta, punti 15 e 16].
41 Il secondo e il terzo capo delle conclusioni sono quindi ricevibili.
42 Tuttavia, il terzo capo delle conclusioni, diretto a far sì che il Tribunale respinga l’opposizione, deve essere letto alla luce dell’argomento avanzato dalla ricorrente nell’ambito del primo motivo, secondo cui l’interveniente, nel proprio atto di opposizione, aveva chiaramente limitato la portata di questa ai soli tre prodotti, il che non è stato rilevato dalla commissione di ricorso.
43 Occorre pertanto concludere che il terzo capo delle conclusioni riguarda solo i tre prodotti. Con riferimento agli altri prodotti, l’annullamento della decisione impugnata, come richiesto dalla ricorrente nel primo capo delle conclusioni, permetterebbe alla decisione della divisione di opposizione, la quale ha dichiarato che il marchio richiesto poteva essere registrato per tali altri prodotti, di produrre nuovamente tutti i suoi effetti e, di conseguenza, nella misura in cui si tratti di tali prodotti, sarebbe di per sé sufficiente a soddisfare pienamente le richieste della ricorrente.
44 Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che il ricorso è ricevibile, sia nella parte in cui è diretto, con il primo capo delle conclusioni, all’annullamento integrale della decisione impugnata, sia nella parte in cui è diretto, in sostanza, con il secondo e il terzo capo delle conclusioni, al rigetto dell’opposizione per quanto riguarda i tre prodotti.
Nel merito
45 A sostegno del proprio ricorso, la ricorrente invoca quattro motivi, relativi, in primo luogo, a una violazione del principio dispositivo di cui all’art. 76, n. 1, del regolamento n. 207/2009; in secondo luogo, a una violazione del divieto di reformatio in peius, da parte della commissione di ricorso, della decisione dell’organo inferiore dell’UAMI impugnata dinanzi a essa; in terzo luogo, a una violazione del diritto ad essere ascoltati di cui agli artt. 37, n. 3, e 75, seconda frase, del regolamento n. 207/2009 e, in quarto luogo, a una violazione degli artt. 15, n. 1, secondo comma, lett. a), e 42, nn. 2 e 3, del regolamento n. 207/2009, nonché della regola 22, n. 2, del regolamento n. 2868/95.
Sul primo e sul secondo motivo, relativi, rispettivamente, alla violazione del principio dispositivo di cui all’art. 76, n. 1, del regolamento n. 207/2009, e alla violazione del divieto di reformatio in peius, da parte della commissione di ricorso, della decisione dell’organo inferiore dell’UAMI impugnata dinanzi ad essa
46 Appare opportuno esaminare congiuntamente il primo e il secondo motivo.
47 Con il primo motivo, la ricorrente assume che la commissione di ricorso abbia erroneamente ritenuto che l’opposizione riguardasse tutti i prodotti contraddistinti dal marchio richiesto. L’interveniente, nel proprio atto di opposizione, avrebbe chiaramente limitato la portata di questo ai soli tre prodotti. Il fatto che detti prodotti, per cui era stata richiesta la registrazione del marchio, non comprendessero le «scarpe da snow‑board» sarebbe al riguardo irrilevante. Rispetto a tali prodotti la divisione di opposizione avrebbe dovuto respingere l’opposizione in quanto irricevibile. Per contro, questo non giustificherebbe l’estensione dell’opposizione alla totalità dei prodotti designati dal marchio richiesto, come avrebbe fatto la commissione di ricorso.
48 Circa il fondamento del secondo motivo, la ricorrente rammenta che la divisione di opposizione si è limitata ad esaminare il rischio di confusione tra i marchi in conflitto rispetto ai tre prodotti. Avendo rimesso gli atti della causa dinanzi alla divisione di opposizione per l’esame del rischio di confusione per tutti i prodotti designati dalla richiesta di registrazione della ricorrente, la commissione di ricorso avrebbe posto quest’ultima in una situazione meno favorevole di quella in cui si trovava prima della presentazione del ricorso. La commissione di ricorso avrebbe dunque effettuato una reformatio in peius della decisione dell’organo inferiore, vietata in forza dell’art. 59 del regolamento n. 207/2009.
49 In risposta sia al primo sia al secondo motivo, l’UAMI ritiene che si debba accogliere il ricorso, nella parte relativa al punto 1 del dispositivo della decisione impugnata. La divisione di opposizione avrebbe correttamente stabilito che l’opposizione si limitava ai soli tre prodotti. Tuttavia, per ragioni inspiegabili, la commissione di ricorso non avrebbe rilevato tale limitazione.
50 Sotto questo profilo, l’interveniente conferma che l’opposizione riguardava solo i tre prodotti. Essa aggiunge che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, a ragione la divisione di opposizione non ha giudicato irricevibile l’opposizione per le «scarpe da snow‑board», in quanto la richiesta di registrazione della ricorrente riguardava qualsiasi tipo di scarpa, comprese quelle da snow‑board. I diversi tipi di scarpa indicati nell’elenco di prodotti della classe 25, designati dalla richiesta di registrazione (v. punto 3 supra), sarebbero preceduti dall’espressione «in particolare», il che dimostrerebbe che essi erano citati a mero titolo esemplificativo. Le direttive relative al procedimento di opposizione dinanzi all’UAMI consentirebbero di designare, con un’opposizione, prodotti specifici compresi in una denominazione più ampia oggetto della domanda di registrazione.
51 Il Tribunale osserva, in via preliminare, che anche se l’UAMI non dispone della legittimazione attiva richiesta per proporre un ricorso avverso la decisione di una commissione di ricorso, non può per contro essere tenuto a difendere sistematicamente ogni decisione impugnata di una commissione di ricorso o a concludere obbligatoriamente per il rigetto di qualsiasi ricorso rivolto avverso una siffatta decisione. Nulla osta pertanto a che l’UAMI faccia propria una conclusione della ricorrente, come nel caso di specie, per quanto riguarda il primo capo delle conclusioni della ricorrente [v. sentenza del Tribunale 14 dicembre 2006, cause riunite T‑81/03, T‑82/03 e T‑103/03, Mast-Jägermeister/UAMI – Licorera Zacapaneca (VENADO con riquadro e a.), Racc. pag. II‑5409, punti 26 e 27, e giurisprudenza ivi citata].
52 Occorre inoltre considerare che, nonostante la sua intitolazione, il secondo motivo solleva la questione più specifica della competenza di una commissione di ricorso dell’UAMI ad esaminare un’opposizione a una domanda di registrazione di marchio comunitario per taluni prodotti o servizi, allorché tale commissione è investita solo di un ricorso del richiedente il marchio, il quale contesta la decisione della divisione di opposizione che ha accolto l’opposizione per altri prodotti o servizi oggetto della stessa domanda. L’esame di una simile questione deve logicamente precedere quello della contestazione, avanzata con il primo motivo, della decisione impugnata nel punto in cui sostiene che l’interveniente non aveva limitato l’elenco dei prodotti oggetto dell’opposizione.
53 Ai sensi dell’art. 64, n. 1, del regolamento n. 207/2009, in seguito all’esame sul merito del ricorso, la commissione di ricorso delibera sul ricorso stesso e può, in tal modo, «esercitare le competenze dell’organo che ha emesso la decisione impugnata» vale a dire, nella fattispecie, pronunciarsi essa stessa sull’opposizione respingendola o dichiarandola fondata, confermando o annullando in ciò la decisione impugnata. Come statuito dalla Corte nella sentenza 13 marzo 2007 causa C‑29/05 P, UAMI/Kaul (Racc. pag. I‑2213, punto 57), da tale disposizione risulta che, per effetto del ricorso con cui è adita, la commissione di ricorso è chiamata a procedere ad un nuovo esame completo del merito dell’opposizione, tanto in diritto quanto in fatto.
54 Orbene, se il ricorso dinanzi alla commissione di ricorso riguarda soltanto una parte dei prodotti o dei servizi oggetto della domanda di registrazione o dell’opposizione, esso autorizza la commissione di ricorso a procedere ad un nuovo esame del merito dell’opposizione, ma solo con riferimento a detti prodotti o servizi, giacché la domanda di registrazione e l’opposizione di cui è stata investita non si riferivano al resto dei prodotti e servizi.
55 È quanto avviene nel caso di specie. La ricorrente ha presentato un ricorso dinanzi alla commissione di ricorso avverso la decisione della divisione di opposizione, solo in ragione del fatto che questa aveva accolto l’opposizione e respinto la domanda di registrazione dei tre prodotti. Essa non poteva, peraltro, presentare un ricorso avverso la stessa decisione avendo quest’ultima ammesso che la registrazione del marchio richiesto poteva avere luogo per il resto dei prodotti da essa designati. Risulta infatti dall’art. 59, prima frase, del regolamento n. 207/2009, ai sensi del quale «[o]gnuna delle parti di una procedura conclusasi con una decisione può ricorrere contro la decisione stessa ove quest’ultima non abbia accolto le sue richieste», che, qualora la decisione dell’organo inferiore dell’UAMI abbia accolto le richieste di una parte, questa non è legittimata a proporre un ricorso dinanzi alla commissione di ricorso [ordinanza del Tribunale 11 maggio 2006, causa T‑194/05, TeleTech Holdings/UAMI – Teletech International (TELETECH INTERNATIONAL), Racc. pag. II‑1367, punto 22].
56 Di conseguenza, e come fatto valere in sostanza con il secondo motivo della ricorrente, annullando il punto 2 del dispositivo della decisione della divisione di opposizione, relativo agli altri prodotti, la commissione di ricorso ha oltrepassato i limiti della propria competenza, come definita all’art. 64, n. 1, del regolamento n. 207/2009. Il secondo motivo è pertanto fondato.
57 Ad ogni modo, è pacifico fra le parti ed è altresì confermato dalla lettura dell’atto di opposizione presente agli atti del procedimento dinanzi all’UAMI, trasmesso al Tribunale a norma dell’art. 133, n. 3, del regolamento di procedura del Tribunale, che, contrariamente a quanto sostenuto nella decisione impugnata, l’opposizione era indubbiamente limitata ai soli tre prodotti. Ne consegue che anche il primo motivo è fondato.
58 Non serve dunque esaminare il terzo motivo. Poiché la commissione di ricorso non era, in ogni caso, legittimata ad esaminare la domanda di registrazione relativamente agli altri prodotti è superfluo pronunciarsi sulla questione se essa avrebbe dovuto informare la ricorrente dell’intenzione di effettuare un siffatto esame e darle quindi la possibilità di presentare osservazioni. Di contro, andrà esaminato il quarto motivo in quanto riguarda i tre prodotti, vale a dire un aspetto della decisione impugnata estraneo ai primi tre motivi.
Sul quarto motivo, relativo a una violazione degli artt. 15, n. 1, secondo comma, lett. a), e 42, nn. 2 e 3, del regolamento n. 207/2009, nonché della regola 22, n. 2, del regolamento n. 2868/95
59 Con il quarto motivo, la ricorrente sostiene che l’interveniente non ha dimostrato l’uso effettivo del marchio anteriore. Addivenendo a una conclusione contraria, la commissione di ricorso avrebbe dunque violato gli artt. 15, n. 1, secondo comma, lett. a), e 42, nn. 2 e 3, del regolamento n. 207/2009, nonché la regola 22, n. 2, del regolamento n. 2868/95.
60 L’argomentazione sollevata dalla ricorrente si articola in due capi. Con il primo, la ricorrente contesta la valutazione operata dalla commissione di ricorso degli elementi di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore prodotti dall’interveniente.
61 Con il secondo capo, la ricorrente sostiene che, considerata l’inadeguatezza degli elementi di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore, la commissione di ricorso avrebbe dovuto valutare se ai fini di tale prova fosse possibile tenere conto dell’uso del primo marchio figurativo dell’interveniente. Secondo la ricorrente, prendere in considerazione l’uso di tale ultimo marchio è contrario alla giurisprudenza e alla prassi decisionale dell’UAMI.
62 Si deve anzitutto respingere il secondo capo in quanto inconferente. Infatti, come risulta dal punto 28 della decisione impugnata (v. anche il punto 20 supra), la commissione di ricorso, considerando che dagli elementi di prova dedotti dall’interveniente era possibile desumere che l’uso effettivo del marchio anteriore, nella forma in cui era stato registrato, era stato dimostrato, ha deciso di non tenere conto, ai fini della valutazione di tale questione, dell’uso del primo marchio figurativo dell’interveniente.
63 Se, come sostenuto dalla ricorrente con il primo capo del presente motivo, la commissione di ricorso ha erroneamente ritenuto sufficienti gli elementi di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore, ne consegue che occorre annullare la decisione impugnata, senza tenere conto dell’eventuale uso del primo marchio figurativo dell’interveniente. Poiché la commissione di ricorso non ha esaminato nel merito quest’ultima questione, non spetta al Tribunale svolgere tale esame per la prima volta, nell’ambito del suo controllo di legittimità della decisione impugnata [v., in tal senso, sentenza della Corte 5 luglio 2011, causa C‑263/09 P, Edwin/UAMI, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 72 e 73, e sentenza del Tribunale 12 maggio 2010, causa T‑148/08, Beifa Group/UAMI − Schwan-Stabilo Schwanhäußer (Strumenti per scrivere), Racc. pag. II‑1681, punto 124, e giurisprudenza ivi citata].
64 Con il primo capo del quarto motivo, la ricorrente avanza una serie di argomenti volti a dimostrare l’erroneità della conclusione della commissione di ricorso, secondo cui l’uso effettivo del marchio anteriore sarebbe stato dimostrato.
65 In primo luogo, la ricorrente rileva come sulle fatture prodotte dall’interveniente non compaia il marchio anteriore, bensì il primo marchio figurativo. Nutre dubbi come rilevato, in sostanza, dalla commissione di ricorso al punto 24 della decisione impugnata circa l’impossibilità di differenziare, secondo il marchio che li contraddistingue, i prodotti riportati su una fattura. E, in ogni caso, sostiene che per provare l’uso effettivo del marchio anteriore sia necessario produrre fatture recanti tale marchio.
66 In secondo luogo, dagli altri elementi di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore prodotti dall’interveniente non sarebbe dato desumere se essi riguardino prodotti contraddistinti da tale marchio. Il richiamo al catalogo dei prodotti, di cui al punto 25 della decisione impugnata, non sarebbe sufficiente sotto tale profilo, tenuto conto che, da una parte, conterrebbe diversi prodotti che recano solo il primo o il secondo marchio figurativo dell’interveniente e, dall’altra, riguarderebbe unicamente la stagione 2006/2007 e si riferirebbe soltanto al mercato spagnolo.
67 In terzo luogo, le vendite di articoli contraddistinti dal marchio anteriore, richiamate al punto 25 della decisione impugnata, riguarderebbero quantità minime che, secondo la giurisprudenza e la prassi decisionale dell’UAMI, non sarebbero sufficienti a dimostrare l’uso effettivo di un marchio registrato per prodotti di largo consumo, come il marchio anteriore.
68 L’UAMI e l’interveniente ritengono che la commissione di ricorso abbia correttamente concluso che l’uso effettivo del marchio anteriore fosse stato dimostrato.
69 Secondo l’UAMI, la commissione di ricorso si è correttamente basata sulle fatture prodotte dall’interveniente, in ordine alla prova del luogo, della durata e della rilevanza dell’uso del marchio anteriore. Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, non sarebbe necessario che tale marchio compaia sulle fatture stesse, in quanto l’elemento determinante sarebbe l’apposizione del marchio sui prodotti.
70 Con riferimento all’esame della natura dell’uso di detto marchio, la commissione di ricorso si sarebbe correttamente basata sui cataloghi prodotti dall’interveniente, i quali permetterebbero di stabilire, tramite i numeri di codice degli articoli in oggetto, una connessione fra i prodotti e le fatture dell’interveniente. Non può pertanto ritenersi che i prodotti contraddistinti dal solo marchio anteriore siano stati ripresi nei detti cataloghi al solo fine di un uso simbolico di tale marchio.
71 Con riferimento all’argomento della ricorrente relativo alla quantità asseritamente minima delle vendite di cui al punto 25 della decisione impugnata, l’UAMI sostiene che la commissione di ricorso non abbia calcolato il fatturato realizzato per ogni articolo designato dal marchio anteriore, ma abbia solamente rilevato, a titolo esemplificativo, alcune posizioni delle fatture prodotte dall’interveniente. Esisterebbero altri esempi di vendite di prodotti recanti tale marchio, ma in ogni caso un riepilogo meramente quantitativo del fatturato realizzato da tali prodotti non sarebbe necessario, poiché, secondo la giurisprudenza, non sarebbe possibile definire un grado minimo di utilizzo.
72 L’interveniente rileva che l’affermazione della ricorrente, secondo cui le fatture considerate dalla commissione di ricorso proverebbero solo la vendita di 21 articoli, è inesatta, come dimostrano diversi altri esempi di vendite di prodotti designati dal marchio anteriore elencate nelle dette fatture. Peraltro, la commissione di ricorso avrebbe correttamente rilevato che sarebbe irragionevole esigere dall’interveniente l’identificazione di ogni prodotto menzionato nelle fatture medesime.
73 Le fatture in questione sarebbero state prodotte a titolo illustrativo e non riguarderebbero l’integralità delle vendite realizzate dall’interveniente in Spagna e in Italia nel periodo pertinente. I volumi impressionanti di tali vendite risulterebbero dalla dichiarazione giurata del sig. G., di cui al punto 10 supra.
74 Peraltro l’argomento della ricorrente, relativo al volume asseritamente esiguo delle vendite di prodotti contraddistinti dal marchio anteriore, trascurerebbe il fatto che l’UAMI deve effettuare una valutazione complessiva dell’insieme delle prove dell’uso effettivo. Nella fattispecie, una siffatta valutazione non lascerebbe alcun dubbio riguardo all’uso effettivo del marchio anteriore. In ogni caso, con riferimento ai criteri sanciti dalla giurisprudenza, il volume di vendite cui fa riferimento la ricorrente non apparirebbe insufficiente.
75 Il Tribunale ricorda che, in virtù dell’art. 42, nn. 2 e 3, del regolamento n. 207/2009, l’autore di una domanda di registrazione di un marchio comunitario oggetto di un’opposizione può richiedere la prova che, nei cinque anni che precedono la pubblicazione della domanda, il marchio anteriore, invocato a sostegno di tale opposizione e che sia stato oggetto di una registrazione internazionale valida in uno o più Stati membri, sia stato effettivamente utilizzato nei detti Stati membri.
76 Inoltre, ai sensi della regola 22, n. 3, del regolamento n. 2868/95, come modificato, la prova dell’utilizzazione deve riguardare il luogo, la durata, la rilevanza e la natura dell’utilizzazione del marchio anteriore.
77 Secondo una costante giurisprudenza, dalle succitate disposizioni e dal decimo ‘considerando’ del regolamento n. 207/2009, risulta che la ratio legis del requisito secondo cui il marchio anteriore deve essere stato seriamente utilizzato per essere opponibile a una domanda di marchio comunitario consiste nel limitare conflitti fra due marchi, purché non vi sia un legittimo motivo economico derivante da una funzione effettiva del marchio sul mercato. Per contro, le dette disposizioni non sono dirette a valutare il successo commerciale, né a controllare la strategia economica di un’impresa, né a riservare la tutela dei marchi solamente ai loro sfruttamenti commerciali rilevanti sotto il profilo quantitativo [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 8 luglio 2004, causa T‑203/02, Sunrider/UAMI – Espadafor Caba (VITAFRUIT), Racc. pag. II‑2811, punti 36‑38, e giurisprudenza ivi citata].
78 Un marchio è oggetto di un uso effettivo allorché assolve alla sua funzione essenziale, che è di garantire l’identità di origine dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, al fine di trovare o di mantenere per essi uno sbocco, ad esclusione degli usi simbolici che sono tesi soltanto a conservare i diritti conferiti dal marchio (v. anche, per analogia, sentenza della Corte 11 marzo 2003, causa C‑40/01, Ansul, Racc. pag. I‑2439, punto 43). Inoltre, la condizione relativa all’uso effettivo del marchio esige che questo, come tutelato nel territorio pertinente, venga utilizzato pubblicamente e verso l’esterno (sentenza VITAFRUIT, punto 77 supra, punto 39; v. altresì, in tal senso e per analogia, sentenza Ansul, cit., punto 37).
79 Nel verificare l’uso effettivo del marchio, occorre prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze che possano provare l’effettività del suo sfruttamento commerciale, segnatamente gli usi considerati giustificati, nel settore economico interessato, per mantenere o trovare quote di mercato per i prodotti o per i servizi tutelati dal marchio, la natura di tali prodotti o servizi, le caratteristiche del mercato, nonché l’ampiezza e la frequenza dell’uso del marchio (sentenza VITAFRUIT, punto 77 supra, punto 40; v. altresì, per analogia, sentenza Ansul, punto 78 supra, punto 43).
80 Per quanto riguarda la rilevanza dell’uso del marchio anteriore, occorre tener conto, in particolare del volume commerciale di tutti gli atti d’uso, da un lato, e della durata del periodo durante il quale sono stati compiuti atti d’uso nonché della frequenza di tali atti dall’altro (sentenze VITAFRUIT, punto 77 supra, punto 41, e HIPOVITON, punto 40 supra, punto 35).
81 Per esaminare l’effettività dell’uso del marchio anteriore, occorre procedere ad una valutazione complessiva tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie. Tale valutazione implica una certa interdipendenza dei fattori considerati. Infatti, uno scarso volume di prodotti commercializzati con il detto marchio può essere compensato da una notevole intensità o da una grande costanza nel tempo dell’uso di tale marchio e viceversa (sentenze VITAFRUIT, punto 77, supra, punto 42, e HIPOVITON, punto 40 supra, punto 36).
82 Il fatturato realizzato nonché il numero di vendite di prodotti con il marchio anteriore non possono essere giudicati in assoluto, ma devono essere valutati rispetto ad altri fattori pertinenti, quali il volume dell’attività commerciale, le capacità di produzione o di commercializzazione o il grado di diversificazione dell’impresa che sfrutta il marchio nonché le caratteristiche dei prodotti o dei servizi nel mercato interessato. Non occorre perciò che l’uso del marchio anteriore sia sempre quantitativamente rilevante per poter essere qualificato come effettivo (sentenze VITAFRUIT, punto 77 supra, punto 42, e HIPOVITON, punto 40 supra, punto 36). Un uso anche minimo può quindi essere sufficiente per essere ritenuto effettivo, purché sia considerato giustificato, nel settore economico interessato, al fine di conservare o creare quote di mercato a favore dei prodotti o dei servizi protetti dal marchio. Pertanto, non è possibile stabilire a priori, astrattamente, una soglia quantitativa in base alla quale stabilire se l’uso sia stato effettivo oppure no, sicché non può essere fissata una regola de minimis, che non consenta all’UAMI o, su ricorso, al Tribunale di valutare tutte le circostanze della controversia di cui devono conoscere (sentenza della Corte 11 maggio 2006, causa C‑416/04 P, Sunrider/UAMI, Racc. pag. I‑4237, punto 72).
83 Come si evince dall’art. 15, n. 1, primo comma, del regolamento n. 207/2009, sono sottoposti alle sanzioni previste solo i marchi il cui uso effettivo è stato sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni. Pertanto, è sufficiente che un marchio sia stato seriamente usato in una parte del periodo pertinente per evitare le dette sanzioni (sentenze VITAFRUIT, punto 77 supra, punto 45, e HIPOVITON, punto 40 supra, punto 40).
84 Infine, l’uso effettivo di un marchio non potrà essere dimostrato da probabilità o da presunzioni, ma dovrà basarsi su elementi concreti e oggettivi che provino un uso effettivo e sufficiente del marchio sul mercato di riferimento [sentenze del Tribunale 12 dicembre 2002, causa T‑39/01, Kabushiki Kaisha Fernandes/UAMI – Harrison (HIWATT), Racc. pag. II‑5233, punto 47, e 6 ottobre 2004, causa T‑356/02, Vitakraft-Werke Wührmann/UAMI‑Krafft (VITAKRAFT), Racc. pag. II‑3445, punto 28].
85 È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare, nella fattispecie, se la commissione di ricorso abbia giustamente ritenuto che gli elementi di prova presentati dall’interveniente dimostrassero un uso effettivo del marchio anteriore.
86 Al riguardo, occorre innanzi tutto constatare che, poiché la domanda di marchio comunitario presentata dalla ricorrente è stata pubblicata in data 30 gennaio 2006 (v. punto 4 supra), il periodo rilevante di cinque anni di cui all’art. 42, n. 2, del regolamento n. 207/2009 è quello compreso fra il 30 gennaio 2001 e il 20 gennaio 2006, come correttamente rilevato dalla commissione di ricorso al punto 22 della decisione impugnata.
87 Occorre inoltre rilevare che, anche se ha ritenuto al pari della divisione di opposizione che l’uso effettivo del marchio anteriore nel periodo di cui sopra fosse stato dimostrato, la commissione di ricorso ha fondato tale conclusione su motivi sostanzialmente diversi rispetto a quelli esposti nella decisione della divisione di opposizione.
88 Infatti, come emerge da tale decisione, sintetizzata ai punti 12 e 13 supra, la divisione di opposizione, da una parte, si è fondata non solamente sulle fatture dell’interveniente ma anche sulle statistiche da questa prodotte e sulla dichiarazione giurata del sig. G. Dall’altra, per quanto riguarda le fatture di cui trattasi, la decisione si basa unicamente sulla presenza, nella loro intestazione, del primo marchio figurativo, considerato come prova sufficiente e adeguata dell’uso del marchio anteriore, identico all’elemento denominativo di tale marchio figurativo. La decisione della divisione di opposizione lascia tuttavia supporre di aver ignorato che il primo marchio figurativo non era una semplice giustapposizione del marchio anteriore e di un elemento figurativo, ma costituiva un distinto marchio registrato. La divisione di opposizione non ha pertanto preso posizione circa la questione se l’uso effettivo di un marchio figurativo comprendente un elemento denominativo possa dimostrare anche l’uso effettivo di un marchio denominativo distinto, composto unicamente dal detto elemento denominativo.
89 La commissione di ricorso, da parte sua, ha fatto unicamente riferimento a due gruppi di elementi di prova prodotti dall’interveniente, ovvero le fatture e i cataloghi (v. punti 24 e 25 della decisione impugnata). Essa ha inoltre ritenuto che l’uso effettivo del marchio anteriore, come registrato, fosse stato dimostrato e che pertanto non fosse necessario prendere in considerazione, al riguardo, l’eventuale uso effettivo del primo marchio figurativo, come risulta dal punto 28 della decisione impugnata.
90 In particolare, al punto 24 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che le fatture prodotte dall’interveniente per gli anni dal 2002 al 2006 proverebbero «i volumi di vendita realizzati in tali anni in Spagna e in Italia, ovvero il luogo, il periodo e la rilevanza dell’uso». Al punto 25 della stessa decisione, essa ha richiamato i cataloghi dell’interveniente, che ha considerato come elementi di prova della natura dell’uso del marchio anteriore, in quanto questo «compare isolato, come puro e semplice elemento denominativo, su sci, bastoncini da sci e un gran numero di articoli d’abbigliamento sportivo illustrati nei detti cataloghi».
91 La commissione di ricorso ha inoltre considerato che i prodotti illustrati nei cataloghi erano «anche menzionati nelle fatture acquisite agli atti» e ha fatto riferimento, a titolo di «esempio», a due fatture riguardanti la vendita a un cliente in Spagna di cinque prodotti differenti. Pur ammettendo che il catalogo di sci redatto in spagnolo riguardava solo il mercato spagnolo, essa ha aggiunto che il fatto che i prodotti elencati in tale catalogo fossero commercializzati anche in Italia risultava da un confronto con le fatture inviate al distributore italiano dell’interveniente. Al riguardo, ha citato a titolo di «esempio», una fattura del 18 novembre 2005, relativa alla vendita di un prodotto contraddistinto dal marchio anteriore.
92 Come già rilevato al precedente punto 53, per effetto del ricorso con cui è adita, la commissione di ricorso è chiamata a procedere a un nuovo esame completo del merito dell’opposizione tanto in diritto quanto in fatto. A seguito di tale esame essa può, segnatamente, confermare la decisione della divisione di opposizione, sulla base di motivi diversi rispetto a quelli su cui si è fondata quest’ultima. In tale ipotesi, in caso di ricorso dinanzi al Tribunale avverso la decisione della commissione di ricorso, ciò che deve essere verificato è la legittimità dei motivi da essa accolti e non di quelli di cui alla decisione della divisione di opposizione.
93 Certo, come già affermato in più occasioni dalla giurisprudenza, quando la commissione di ricorso conferma la decisione dell’organo inferiore dell’UAMI, tale decisione, al pari della sua motivazione, fa parte del contesto in cui è stata adottata la decisione della commissione di ricorso, contesto noto alle parti e che consente al giudice di esercitare pienamente il suo controllo di legittimità in merito alla fondatezza della valutazione della commissione di ricorso [sentenza del Tribunale 9 luglio 2008, causa T‑304/06, Reber/UAMI – Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (Mozart), Racc. pag. II‑1927, punto 47, e 24 settembre 2008, causa T‑248/05, HUP Uslugi Polska/UAMI – Manpower (I.T.@MANPOWER), non pubblicata nella raccolta, punto 48]. Tuttavia, tale considerazione non consente di tener conto dei motivi della decisione dell’organo inferiore quando la commissione di ricorso, pur giungendo alla medesima conclusione, non ha fatto propria la motivazione della decisione di tale organo e non ha neppure fatto ad essa riferimento nella propria decisione [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 30 giugno 2010, causa T‑351/08, Matratzen Concord/UAMI – Barranco Schnitzler (MATRATZEN CONCORD), non pubblicata nella Raccolta, punto 26].
94 Giacché ciò si verifica nella fattispecie, occorre procedere al controllo della motivazione adottata dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata per giustificare la conclusione secondo cui l’uso effettivo del marchio anteriore è stato dimostrato senza tenere conto della motivazione di cui alla decisione della divisione di opposizione.
95 Al riguardo, occorre rilevare che il fascicolo dell’UAMI contiene effettivamente un gran numero di fatture comprovanti la vendita, da parte dell’interveniente, di taluni prodotti a una società in Italia e ad un’altra in Spagna; queste ultime, secondo quanto spiegato dall’interveniente dinanzi all’UAMI, sono i distributori dei suoi prodotti nei due paesi. Nell’intestazione delle fatture in questione compare il primo marchio figurativo dell’interveniente. Su alcune di esse, il marchio si presenta accanto a un altro segno figurativo, contenente l’elemento denominativo «marker». Su ogni fattura, i prodotti venduti sono identificati da un codice e da un nome di modello, e non viene riportata la natura del prodotto di cui si tratta, né il marchio anteriore. Le quantità e il valore totale dei prodotti oggetto di ogni fattura sembrano essere significativi, in quanto diverse fatture si riferiscono a vendite per un importo che arriva a centinaia di migliaia di euro. Il periodo cui si riferiscono tali vendite va dal 19 febbraio 2002 al 14 dicembre 2006 per le vendite in Italia e dall’11 dicembre 2002 al 18 agosto 2006 per le vendite in Spagna e comprende quindi, in entrambi i casi, gran parte del periodo rilevante, come precisato al punto 86 supra.
96 Il fatto che il marchio anteriore non sia menzionato nelle dette fatture non può, di per sé, dimostrare la mancanza di pertinenza di queste ultime ai fini della prova dell’uso effettivo del detto marchio [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 27 settembre 2007, causa T‑418/03, La Mer Technology/UAMI – Laboratoires Goëmar (LA MER), non pubblicata nella Raccolta, punto 65]. Ciò è tanto più vero nella fattispecie, in quanto tali fatture non erano destinate ai consumatori finali dei prodotti designati dal marchio anteriore, ovvero al grande pubblico, ma ai distributori dell’interveniente.
97 Nondimeno, affinché tali fatture potessero costituire elementi di prova pertinenti dell’uso del marchio anteriore con riferimento ai prodotti di cui al punto 6 supra, era necessario verificare se esse riguardassero effettivamente tali prodotti e, in tal caso, se i detti prodotti recassero il marchio anteriore o perlomeno se quest’ultimo fosse utilizzato, in conformità della sua funzione essenziale, pubblicamente e verso l’esterno, in relazione alla vendita dei detti prodotti ai consumatori.
98 La presentazione da parte dell’interveniente, ai fini di tale verifica, di volumi di vendita separati, relativi ai soli prodotti recanti il marchio anteriore, ritenuta dalla commissione di ricorso molto laboriosa e in definitiva impossibile, non era indispensabile. Sarebbe stato sufficiente identificare sulle fatture, se necessario attraverso altri elementi di prova, prodotti appartenenti alle categorie di cui al punto 6 supra e designati dal marchio anteriore, e ciò in una quantità che consentisse di escludere ogni possibilità di uso puramente simbolico del detto marchio e che fosse, di conseguenza, sufficiente a provarne l’uso effettivo.
99 I due cataloghi prodotti dall’interveniente costituivano elementi di prova utili a tale scopo, come rilevato dalla commissione di ricorso al punto 25 della decisione impugnata. Il primo di tali cataloghi è redatto in spagnolo e mostra diversi modelli di sci commercializzati dall’interveniente. Esso comprende per ogni modello una fotografia del prodotto, il suo nome e diverse altre informazioni pertinenti fra cui, in particolare, il codice utilizzato dall’interveniente per l’identificazione. Il secondo catalogo è redatto in italiano e in inglese e comprende indicazioni analoghe per l’abbigliamento sportivo commercializzato dall’interveniente.
100 Come rilevato dalla commissione di ricorso al punto 25 della decisione impugnata, un gran numero dei prodotti illustrati nei due cataloghi era contraddistinto dal marchio anteriore. In diversi casi, esso compare unitamente al primo o al secondo marchio figurativo dell’interveniente. Tuttavia, come rilevato, in sostanza, dalla commissione di ricorso al punto 26 della decisione impugnata, tale fatto era irrilevante rispetto alla questione di sapere se l’interveniente avesse provato l’uso effettivo del marchio anteriore. Non esiste infatti alcuna regola in materia di marchio comunitario che obblighi la parte che ha presentato opposizione a provare l’utilizzazione del marchio anteriore in maniera isolata, indipendentemente da ogni altro marchio [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 8 dicembre 2005, causa T‑29/04, Castellblanch/UAMI − Champagne Roederer (CRISTAL CASTELLBLANCH), Racc. pag. II‑5309, punti 33 e 34].
101 I cataloghi in questione non costituiscono pertanto solo elementi di prova della natura dell’uso del marchio anteriore da parte dell’interveniente. Tenuto conto che contenevano anche, in particolare, i numeri di codice dei prodotti in essi presentati, essi permettevano di verificare se tali prodotti erano anche menzionati nelle fatture prodotte dall’interveniente.
102 Ai fini di tale verifica, la commissione di ricorso, utilizzando l’espressione «per esempio», ha fatto riferimento, a titolo indicativo, al punto 25 della decisione impugnata, a sei prodotti diversi, menzionati in tre «fatture», datate 18 novembre e 21 dicembre 2005 e 12 gennaio 2006. Dalla lettura dei cataloghi dell’interveniente risulta che questi sei prodotti sono tutti sci (ovvero «Attrezzature ginniche e sportive» della classe 28) e portano, effettivamente, il marchio anteriore.
103 Più in generale, dalla lettura combinata dei tre documenti richiamati al punto 25 della decisione impugnata e del catalogo di sci dell’interveniente, si può constatare che la fattura del 18 novembre 2005 menziona, complessivamente, sei paia di sci, di diverso tipo, contraddistinti dal marchio anteriore. La fattura del 21 dicembre 2005 riguarda, complessivamente, dieci paia di sci di diverso tipo che, come conferma la lettura del catalogo, erano tutti contraddistinti dal marchio anteriore. La «fattura del 12 gennaio 2006 emessa a nome di un cliente spagnolo» si riferisce a 43 paia di sci di diverso tipo che recavano anch’essi il marchio anteriore. Tuttavia, secondo la sua stessa intestazione, quest’ultimo documento non è una fattura, bensì un buono di consegna che non riporta il prezzo degli articoli a cui si riferisce. All’udienza, il rappresentante della parte interveniente ha precisato, in risposta ad un quesito del Tribunale, che non si trattava di un documento contabile.
104 Inoltre, fra le numerose fatture prodotte dall’interveniente, ve ne è una datata 20 dicembre 2005 emessa a nome del suo distributore italiano. Essa consta di 27 pagine, riguarda prodotti per un valore complessivo di EUR 54 938,98 e cita sulle prime due pagine varie paia di sci di tipo diverso che, come può essere confermato dal catalogo di sci, erano contraddistinte dal marchio anteriore. Tuttavia, ad eccezione di un paio di sci venduto al prezzo di EUR 88, per tutte le altre paia il prezzo di vendita riportato è di 0 euro. In risposta a un altro quesito posto dal Tribunale nel corso dell’udienza, il rappresentante dell’interveniente ha dichiarato di non conoscere i dettagli della fattura in questione, ma ha aggiunto che, quando nuovi modelli di sci venivano messi a disposizione di un distributore a titolo di prova, era consuetudine indicare sulla relativa fattura un prezzo pari a zero. Si è preso atto di tali dichiarazioni nel verbale d’udienza.
105 Un’altra fattura, emessa a nome del distributore italiano dell’interveniente e datata 12 gennaio 2006, riguarda la vendita di prodotti per un valore complessivo di EUR 408 625,40. Un gran numero dei prodotti cui si riferisce sono sci contraddistinti dal marchio anteriore. In particolare, la fattura riporta la vendita di 600 unità di sci modello «Racetiger GS Racing Tit Moti 06/07», recanti il numero di codice 106001, per un valore complessivo di EUR 124 200, e di 350 unità di sci modello «Racetiger SL Racing Motion 06/07», recanti il numero di codice 106011, per un valore complessivo di EUR 72 450. I due modelli figurano sul catalogo di sci dell’interveniente e può pertanto essere confermato che essi sono contraddistinti dal marchio anteriore.
106 Una terza fattura, datata 27 gennaio 2006 e inviata al distributore spagnolo dell’interveniente, per un valore complessivo di EUR 13 631,90, riguarda vendite di sci di diversi modelli menzionati nel catalogo di sci dell’interveniente e contraddistinti dal marchio anteriore, in quantità variabili da uno a quattro paia per modello.
107 Nondimeno, ad eccezione dei tre documenti richiamati al punto 25 della decisione impugnata, delle tre fatture di cui ai punti 104‑106 supra e di talune fatture successive al periodo rilevante, come definito al punto 86 supra, le restanti fatture prodotte dall’interveniente, ovvero la grande maggioranza, riguardano prodotti che non possono essere identificati nei cataloghi versati agli atti dall’interveniente, in quanto comportano numeri di codice non presenti in tali cataloghi.
108 Invitato a presentare le proprie osservazioni sull’identificazione dei prodotti cui si riferivano i numeri di codice menzionati nella maggior parte delle fatture prodotte dall’interveniente, il rappresentante di quest’ultimo ha rilevato all’udienza che, in sostanza, per ragioni logistiche i numeri di codice utilizzati dall’interveniente cambiavano da una stagione all’altra. Orbene, tale spiegazione, per quanto plausibile, non risolve il problema dell’identificazione dei prodotti designati sulle fatture da numeri di codice non presenti nei cataloghi dell’interveniente.
109 Pertanto, in mancanza di ulteriori precisazioni, nessuna fattura permetteva di concludere che l’interveniente avesse venduto nel periodo rilevante «Sacchi da sport» della classe 18 e «Indumenti» della classe 25, contraddistinti dal marchio anteriore. È certamente vero che, dei due cataloghi prodotti dall’interveniente, quello relativo agli sci presenta diversi tipi di sacchi contraddistinti dal marchio anteriore e l’altro comprende taluni articoli di abbigliamento sportivo contraddistinti da tale marchio. Tuttavia, nessuno di questi articoli compare sulle fatture prodotte dall’interveniente le cui date rientrano nel periodo pertinente. Nella sua comparsa di risposta, l’UAMI cita un unico caso di una tale menzione che peraltro riguarda una fattura datata 18 agosto 2006, successiva dunque al periodo in questione. Occorre inoltre rilevare che i cataloghi dell’interveniente non possono, di per sé, essere considerati come elementi di prova sufficienti dell’uso del marchio anteriore, poiché dal fascicolo non risulta in alcun modo quale fosse la loro diffusione.
110 Con riferimento alle «Attrezzature ginniche e sportive» della classe 28, come rilevato ai punti 102‑105 supra, vi sono indubbiamente talune fatture che testimoniano vendite di sci, i quali costituiscono prodotti rientranti in tale categoria, ma ciò su cui le parti dissentono è se le quantità relative a tali vendite fossero o meno sufficienti a giustificare un uso effettivo del marchio anteriore.
111 Orbene, detta questione non può essere risolta dal Tribunale. Si deve necessariamente concludere che la commissione di ricorso non ha ritenuto che le vendite di cui al punto 25 della decisione impugnata dimostrassero, di per sé, l’uso effettivo del marchio anteriore. Dai termini utilizzati in questo punto risulta anzi che tali vendite sono state richiamate meramente a titolo di esempio. Vale a dire che la commissione di ricorso ha considerato implicitamente, ma senza sollevare dubbi, che le altre fatture prodotte dall’interveniente riguardassero anche, almeno in parte, vendite di prodotti contraddistinti e designati dal marchio anteriore. Su tale base la commissione di ricorso ha concluso che l’uso effettivo del marchio suddetto era stato dimostrato. Spetta pertanto al Tribunale, nell’ambito del suo controllo di legittimità della decisione della commissione di ricorso, esaminare se il fascicolo presentato alla commissione di ricorso permetteva di giungere a siffatta conclusione.
112 Tale ipotesi non ricorre. Infatti, come già menzionato al punto 107 supra, i prodotti interessati dalla grande maggioranza delle fatture prodotte dall’interveniente non potevano essere identificati in modo chiaro. Contrariamente a quanto lascia intendere la commissione di ricorso al punto 25 della decisione impugnata, i tre documenti che vi sono menzionati non erano esempi tipici scelti a caso, ma facevano parte di un gruppo alquanto ristretto di documenti, risalenti ad un periodo di poco superiore a due mesi, ossia dal 18 novembre 2005 al 27 gennaio 2006, e che erano gli unici per cui si potesse confermare che riguardavano prodotti designati e contraddistinti dal marchio anteriore.
113 Ne consegue che gli elementi di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore presi in considerazione dalla commissione di ricorso, ossia le fatture e i cataloghi depositati agli atti dall’interveniente, non erano sufficienti a suffragare la conclusione della decisione impugnata, secondo la quale il marchio anteriore era stato oggetto di un uso effettivo per i prodotti delle classi 18, 25 e 28 cui esso si riferisce per tutto il periodo di cui alle dette fatture. Tutt’al più tali elementi costituivano indizi che potevano far ritenere probabile l’ipotesi di tale uso. Orbene, secondo la giurisprudenza citata al punto 84 supra, una mera ipotesi, per quanto verosimile, non è sufficiente ai fini dell’applicazione dell’art. 42, nn. 2 e 3, del regolamento n. 207/2009, che esige la prova di un siffatto uso.
114 La commissione di ricorso doveva pertanto approfondire la propria analisi del fascicolo e prendere in considerazione anche gli altri elementi di prova prodotti dall’interveniente, in particolare la dichiarazione sotto giuramento del sig. G., di cui sarebbe stato opportuno determinare il valore probatorio. Essa avrebbe potuto, eventualmente, in applicazione dell’art. 42, n. 1, del regolamento n. 207/2009, invitare le parti a presentare osservazioni supplementari, se non addirittura adottare, in virtù dell’art. 78 dello stesso regolamento, misure istruttorie (v., in tal senso, sentenza HIPOVITON, punto 40 supra, punti 57 e 58).
115 Sulla base delle considerazioni che precedono, occorre pertanto concludere che anche il quarto motivo è fondato e merita di essere accolto.
Sulla domanda di riforma
116 Come rilevato al punto 40 supra, con il secondo e il terzo capo delle conclusioni, la ricorrente chiede la riforma della decisione impugnata. Occorre pertanto esaminare se il primo, il secondo e il quarto motivo, per i quali si è già dichiarato che debbano essere accolti a titolo della domanda di annullamento della decisione impugnata, giustifichino una siffatta riforma.
117 In primo luogo, serve ricordare che, nell’ambito del primo motivo (v. punto 47 supra), la ricorrente sostiene che la constatazione alla quale era pervenuta nella decisione impugnata, secondo cui le «scarpe da snow‑board» non erano comprese nella domanda di registrazione, era esatta, ma che la conseguenza che occorreva trarne doveva essere il rigetto dell’opposizione nella parte in cui riguardava tali scarpe.
118 Questa parte dell’argomento della ricorrente tende essenzialmente alla riforma della decisione impugnata, nel senso che il punto 1 del dispositivo della decisione della divisione di opposizione dovrebbe essere pertanto annullato e l’opposizione respinta, nella parte in cui riguarda le «scarpe da snow‑board».
119 Tale domanda non è fondata e deve essere respinta. Come sostiene a giusto titolo l’interveniente, tutti i prodotti oggetto dell’opposizione erano compresi nella domanda di registrazione della ricorrente. Con riferimento ai prodotti della classe 25, il testo della domanda (v. punto 4 supra) menziona anzitutto le «scarpe» e poi diversi tipi di scarpe preceduti dall’espressione «in particolare». Orbene secondo la giurisprudenza tale espressione, utilizzata in una descrizione di prodotti, ha un mero valore esemplificativo [sentenza del Tribunale 12 novembre 2008, causa T‑87/07, Scil proteins/UAMI – Indena (affilene), non pubblicata nella Raccolta, punto 38; v., in tal senso, sentenza del Tribunale 9 aprile 2003, causa T‑224/01, Durferrit/UAMI – Kolene (NU-TRIDE), Racc. pag II‑1589, punto 41]. Utilizzata in un elenco di prodotti, essa serve a distinguere prodotti che hanno un interesse specifico per il titolare di un marchio, senza tuttavia escludere alcun altro prodotto dell’elenco (v., in tal senso, sentenza affilene, citata, punto 39). Ne deriva che la ricorrente ha richiesto la registrazione del marchio per le «scarpe» in generale e quindi anche per le «scarpe da sci, scarpe da snow‑board e scarpe sportive», oggetto dell’opposizione.
120 Del resto, occorre ricordare che il testo della domanda di registrazione, relativamente ai prodotti della classe 25, comprende anche le «calzature per lo sport»; queste ultime costituiscono una categoria più generale che include le «scarpe da snow‑board».
121 In secondo luogo, laddove la domanda di riforma è diretta ad ottenere la constatazione da parte del Tribunale stesso che l’uso effettivo del marchio anteriore non è stato dimostrato e pertanto il rigetto dell’opposizione, occorre rilevare che la questione dell’uso effettivo del marchio anteriore è stata indubbiamente esaminata nel merito dall’UAMI ma in maniera incompleta, come rilevato ai punti 113 e 114 supra. L’esame di tale questione da parte del Tribunale comporterebbe, di fatto, l’esercizio di funzioni amministrative e inquisitorie spettanti all’UAMI e, per tale ragione, sarebbe incompatibile con l’equilibrio istituzionale da cui deriva il principio di ripartizione delle competenze tra l’UAMI e il Tribunale. In tali circostanze, il Tribunale considera che non può essere accolta la sopra citata domanda della ricorrente [sentenza del Tribunale 14 maggio 2009, causa T‑165/06, Fiorucci/UAMI – Edwin (ELIO FIORUCCI), Racc. pag. II‑1375, punto 67; v., anche, in tal senso, sentenza del Tribunale 4 ottobre 2006, causa T‑188/04, Freixenet/UAMI (Forma di una bottiglia nera opaca in vetro smerigliato), non pubblicata nella Raccolta, punto 47].
122 Occorre dunque annullare la decisione impugnata e respingere il ricorso per il resto.
Sulle spese
123 Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, ai sensi dell’art. 87, n. 3, primo comma, del regolamento di procedura, il Tribunale può ripartire le spese per motivi eccezionali.
124 Nella fattispecie, l’UAMI ha concluso che ciascuna parte sopporti le spese sostenute e inoltre ha accolto la domanda di annullamento della decisione impugnata, fatta eccezione per le disposizioni relative alla prova dell’uso effettivo del marchio anteriore (v. punto 49 supra). Tuttavia tale circostanza non configura un motivo eccezionale, ai sensi dell’art. 87, n. 3, primo comma, del regolamento di procedura, idoneo a giustificare la ripartizione delle spese, né osta alla condanna dell’UAMI alle spese della ricorrente, conformemente alle conclusioni di quest’ultima, se la decisione impugnata proviene da una commissione di ricorso dell’UAMI (v., in tal senso, sentenza VENADO con riquadro e a., punto 51 supra, punto 115, e giurisprudenza ivi citata). Occorre pertanto condannare l’UAMI a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla ricorrente.
125 Poiché l’interveniente è rimasta soccombente nelle sue conclusioni, essa sopporterà le proprie spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Terza Sezione)
dichiara e statuisce:
1) La decisione della prima commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) del 30 settembre 2009 (procedimento R 1387/2008‑1) è annullata.
2) Il ricorso è respinto quanto al resto.
3) L’UAMI sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Völkl GmbH & Co. KG.
4) La Marker Völkl International GmbH sopporterà le proprie spese.
Czúcz |
Labucka |
Gratsias |
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 dicembre 2011.
Firme
* Lingua processuale: il tedesco.