Causa T‑286/09
(pubblicazione per estratto)
Intel Corp.
contro
Commissione europea
«Concorrenza — Abuso di posizione dominante — Mercato dei microprocessori — Decisione che constata una violazione dell’articolo 82 CE e dell’articolo 54 dell’accordo SEE — Sconto di fedeltà — Restrizioni “allo scoperto” — Qualificazione come pratica abusiva — Analisi del concorrente altrettanto efficiente — Competenza internazionale della Commissione — Obbligo di istruzione gravante sulla Commissione — Limiti — Diritti della difesa — Principio di buona amministrazione — Strategia complessiva — Ammende — Infrazione unica e continuata — Orientamenti del 2006 per il calcolo dell’importo delle ammende»
Massime – Sentenza del Tribunale (Settima Sezione ampliata) del 12 giugno 2014
Procedimento giurisdizionale – Atto introduttivo del giudizio – Requisiti di forma – Documenti allegati all’atto introduttivo – Mole di un atto o di un documento – Produzione parziale per estratto – Ammissibilità – Obbligo di deposito di un documento completo presso la cancelleria – Portata – Inosservanza – Possibilità di regolarizzazione
(Statuto della Corte di giustizia, art. 21; regolamento di procedura del Tribunale, art. 43, § 5)
Diritti fondamentali – Presunzione d’innocenza – Procedimento in materia di concorrenza – Applicazione
(Art. 6, § 2, UE; art. 82 CE; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 47 e 48, § 1)
Concorrenza – Procedimento amministrativo – Decisione della Commissione che constata un’infrazione – Modalità di prova – Ricorso a un insieme di indizi – Applicabilità alla procedura in materia di abuso di posizione dominante
(Artt. 81 CE e 82 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003)
Concorrenza – Procedimento amministrativo – Decisione della Commissione che constata un’infrazione – Modalità di prova – Ricorso a un insieme di indizi – Grado di efficacia probatoria richiesto nel caso di indizi considerati individualmente – Oneri probatori delle imprese che contestano la sussistenza dell’infrazione
(Artt. 81 CE e 82 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 2)
Posizione dominante – Concessione di sconti da parte di un’impresa in posizione dominante – Tre categorie di sconti – Sconti di quantità – Sconti di esclusiva o di fedeltà – Sconti con effetto potenzialmente fidelizzante – Carattere abusivo – Criteri di valutazione
(Art. 82 CE)
Posizione dominante – Abuso – Sconti di esclusiva o di fedeltà – Carattere abusivo per sua natura di tale sistema di sconti – Attitudine a restringere la concorrenza e effetto preclusivo – Posizione di partner commerciale irrinunciabile – Valutazione – Obbligo di analizzare le circostanze della specie – Insussistenza – Circostanze non pertinenti
(Art. 82 CE)
Posizione dominante – Abuso – Sconti di esclusiva o di fedeltà – Carattere abusivo per la natura di tale sistema di sconti – Attitudine a restringere la concorrenza e effetto preclusivo – Analisi del concorrente altrettanto efficiente
(Art. 82 CE)
Posizione dominante – Abuso – Restrizioni allo scoperto – Concessione di pagamenti come contropartita di restrizioni imposte alla commercializzazione di un prodotto di un concorrente – Carattere abusivo per oggetto – Attitudine a restringere la concorrenza
(Art. 82 CE)
Concorrenza – Regole dell’Unione – Ambito di applicazione territoriale – Competenza della Commissione – Ammissibilità con riguardo al diritto internazionale pubblico – Attuazione o effetti qualificati delle pratiche abusive all’interno del SEE – Approcci alternativi – Criterio dell’effetto immediato, sostanziale e prevedibile – Valutazione – Considerazione della attuazione di tali pratiche da parte del cliente dell’impresa in posizione dominante – Ammissibilità
(Art. 82 CE)
Concorrenza – Procedimento amministrativo – Comunicazione degli addebiti – Termine impartito per il deposito delle osservazioni scritte – Domanda tardiva di audizione – Decadenza – Obbligo di accordare un’audizione – Insussistenza
[Regolamento del Consiglio n. 1/2003, artt. 27, §§ 1 e 2, e 33, § 1, c); regolamento della Commissione n. 773/2004, artt. 10, § 2, e 12]
Concorrenza – Procedimento amministrativo – Rispetto dei diritti della difesa – Accesso al fascicolo – Oggetto – Documenti utili alla difesa – Valutazione da parte della sola Commissione – Inammissibilità – Obbligo di consentire la consultazione integrale del fascicolo – Portata riguardo a documenti interni o riservati
(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 27, § 2; regolamento della Commissione n. 773/2004, art. 15, § 2)
Concorrenza – Procedimento amministrativo – Principio di buona amministrazione – Obbligo di diligenza ed imparzialità – Obbligo della Commissione di procurarsi determinati documenti su richiesta di un’impresa interessata da un’indagine – Presupposti
(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 41, § 1; regolamento del Consiglio n. 1/2003; regolamento della Commissione n. 773/2004)
Posizione dominante – Abuso – Sconti di esclusiva o di fedeltà – Assenza di una condizione formale di esclusiva – Modalità di prova – Proiezioni interne di un cliente – Ammissibilità – Presupposto
(Art. 82 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 2)
Concorrenza – Procedimento amministrativo – Poteri della Commissione – Potere di assumere dichiarazioni – Dichiarazioni relative all’oggetto di un’indagine – Distinzione fra interrogatori formali e colloqui informali – Conseguenze – Obbligo di verbalizzare le dichiarazioni ricevute nel corso di riunioni o di colloqui telefonici – Presupposti
(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 41; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 19, § 1; regolamento della Commissione n. 773/2004, art. 3, §§ 1 e 3)
Concorrenza – Procedimento amministrativo – Decisione della Commissione che constata un’infrazione – Abuso di posizione dominante – Modalità di prova – Dichiarazione di un’impresa terza, cliente di un’impresa in posizione dominante – Valore probatorio
(Art. 81 CE e 82 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 2)
Concorrenza – Ammende – Pluralità di infrazioni – Irrogazione di un’ammenda unica – Ammissibilità – Obbligo della Commissione di tenere conto dei diversi elementi abusivi in modo individuale – Insussistenza
(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, § 2; comunicazione della Commissione 2006/C 210/02)
Concorrenza – Ammende – Importo – Determinazione – Contesto giuridico – Articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1/2003 – Potere discrezionale conferito alla Commissione da detto articolo – Adozione da parte della Commissione di nuovi orientamenti per il calcolo delle ammende – Violazione dei principi di legalità delle pene e di certezza del diritto – Insussistenza
(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 49, § 1; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, §§ 2 e 3; comunicazione della Commissione 2006/C 210/02)
Concorrenza – Regole dell’Unione – Infrazioni – Compimento intenzionale o per negligenza – Nozione – Impresa in posizione dominante che attua pratiche abusive consistenti nella concessione di sconti di esclusiva e in restrizioni allo scoperto – Inclusione
(Art. 82 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, § 2)
Diritto dell’Unione europea – Principi – Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva – Sindacato giurisdizionale delle decisioni adottate dalla Commissione in materia di concorrenza – Sindacato di legittimità ed esteso al merito, sia in diritto che in fatto – Violazione – Insussistenza
(Artt. 261 TFUE e 263 TFUE; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 47 e 52, § 3; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 31)
Concorrenza – Ammende – Importo – Determinazione – Principio della parità di trattamento – Prassi decisionale della Commissione – Carattere indicativo
(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, §§ 2 e 3)
Concorrenza – Ammende – Importo – Determinazione – Criteri – Gravità dell’infrazione – Insussistenza di un elenco vincolante o esaustivo di criteri – Margine di discrezionalità riservato alla Commissione – Considerazione dell’impatto concreto dell’infrazione sul mercato – Portata
(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, §§ 2 e 3; comunicazione della Commissione 2006/C 210/02, punto 22)
Dall’articolo 43, paragrafo 5, del regolamento di procedura del Tribunale risulta che, qualora, a causa della mole di un atto o documento, ne siano allegati all’atto processuale soltanto degli estratti, l’intero documento, o copia completa di esso, dev’essere depositato nella cancelleria.
Per contro, tale articolo non esige che tutti gli altri documenti ai quali fa riferimento un documento allegato ad un atto processuale siano parimenti depositati nella cancelleria.
Inoltre, anche ove la suddetta disposizione si dovesse interpretare nel senso che essa impone alle parti un obbligo di depositare nella cancelleria una versione completa di tutti i documenti dei quali esse producono degli estratti in allegato ad un atto processuale, una violazione di tale obbligo potrebbe in ogni caso essere sanata.
(v. punti 53, 55, 57)
V. il testo della decisione.
(v. punti 62, 63)
Nell’ambito di un procedimento relativo a violazioni delle norme di concorrenza, se è necessario che la Commissione produca elementi probatori precisi e concordanti che corroborino la ferma convinzione che l’infrazione sia stata commessa, non tutte le prove prodotte dalla Commissione devono necessariamente rispondere a tali criteri con riferimento ad ogni elemento dell’infrazione. È sufficiente che il complesso degli indizi invocato dall’istituzione, valutato globalmente, risponda a tale requisito, come ritenuto dalla giurisprudenza elaborata in relazione all’applicazione dell’articolo 81 CE. Tale principio si applica parimenti nelle cause relative all’applicazione dell’articolo 82 CE.
(v. punto 64)
V. il testo della decisione.
(v. punti 65‑67, 542, 1525, 1528, 1529, 1547)
In materia di concorrenza, per un’impresa che si trovi in posizione dominante su un mercato, il fatto di vincolare – sia pure a loro richiesta – gli acquirenti con l’obbligo o la promessa di rifornirsi per tutto o gran parte del loro fabbisogno esclusivamente presso l’impresa in questione costituisce sfruttamento abusivo di posizione dominante ai sensi dell’articolo 82 CE, tanto se l’obbligo in questione è imposto sic et simpliciter, quanto se ha come contropartita la concessione di sconti. Lo stesso dicasi se detta impresa, senza vincolare gli acquirenti con un obbligo formale, applica, o in forza di accordi stipulati con tali acquirenti, o unilateralmente, un sistema di sconti di fedeltà, cioè di riduzioni subordinate alla condizione che il cliente - indipendentemente dal volume degli acquisti, rilevante o trascurabile - si rifornisca esclusivamente, per la totalità o per una parte considerevole del suo fabbisogno, presso l’impresa in posizione dominante.
Per quanto riguarda la qualificazione come abusiva della concessione di sconti da parte di un’impresa in posizione dominante, si possono distinguere tre categorie di sconti.
In primo luogo, si ritiene, di regola, che i sistemi di sconti quantitativi (sconti di quantità), connessi esclusivamente al volume degli acquisti effettuati presso un’impresa in posizione dominante, non comportino un effetto di preclusione vietato dall’articolo 82 CE. Se l’aumento della quantità fornita si traduce in un costo inferiore per il fornitore, quest’ultimo ha il diritto, infatti, di far beneficiare il suo cliente di tale riduzione mediante una tariffa più vantaggiosa. Si presume pertanto che gli sconti di quantità riflettano guadagni in termini di efficienza ed economie di scala realizzate dall’impresa in posizione dominante.
In secondo luogo, esistono sconti la cui concessione è subordinata alla condizione che il cliente si rifornisca, per la totalità o per una parte considerevole del suo fabbisogno, presso l’impresa in posizione dominante. Si tratta di «sconti di fedeltà ai sensi della giurisprudenza Hoffmann La Roche», altrimenti detti «sconti di esclusiva». Tale categoria non è limitata agli sconti connessi ad una condizione di approvvigionamento al 100%, bensì include anche quelli legati alla condizione che il cliente si rifornisca per una parte considerevole del suo fabbisogno presso l’impresa in posizione dominante. Tali sconti di esclusiva, applicati da un’impresa in posizione dominante, sono incompatibili con lo scopo che la concorrenza non sia falsata nel mercato comune, in quanto non si fondano – salvo circostanze eccezionali – su una prestazione economica che giustifichi tale vantaggio finanziario, bensì mirano a togliere all’acquirente o a ridurre nei suoi riguardi la possibilità di scelta per quel che concerne le sue fonti di approvvigionamento e a precludere l’accesso al mercato agli altri produttori.
In terzo luogo, esistono altri regimi di sconto nei quali la concessione di un incentivo finanziario non è direttamente connessa alla condizione di un approvvigionamento esclusivo o quasi esclusivo presso l’impresa in posizione dominante, ma nei quali il meccanismo della concessione dello sconto può anche rivestire un effetto fidelizzante. Tale categoria di sconti comprende, segnatamente, sistemi di sconti dipendenti dalla realizzazione di obiettivi di vendita individuali, che non costituiscono sconti di esclusiva, in quanto non comportano alcun impegno di esclusiva o di copertura di una certa quota del loro fabbisogno presso l’impresa in posizione dominante. Per determinare se l’applicazione di un siffatto sconto costituisca un abuso di posizione dominante, occorre valutare tutte le circostanze, in particolare i criteri e le modalità della concessione dello sconto, e accertare se questo sconto miri, mediante un vantaggio non basato su alcuna prestazione economica che lo giustifichi, a sopprimere o limitare la possibilità dell’acquirente di scegliere la fonte di rifornimento, a precludere ai concorrenti l’accesso al mercato, o a rafforzare la posizione dominante mediante una concorrenza falsata.
(v. punti 72‑78)
In materia di concorrenza, la qualificazione come abusivo di uno sconto di esclusiva non dipende da un’analisi delle circostanze della specie volta a dimostrare un potenziale effetto preclusivo.
Infatti, secondo la giurisprudenza, è solo nel caso degli sconti a effetto potenzialmente fidelizzante che occorre valutare l’insieme delle circostanze, e non nel caso degli sconti di esclusiva. Tale approccio è giustificato dal fatto che gli sconti di esclusiva accordati da un’impresa in posizione dominante sono per loro stessa natura atti a restringere la concorrenza.
Infatti, la capacità di vincolare i clienti all’impresa in posizione dominante è inerente agli sconti di esclusiva. Il fatto, per un’impresa in posizione dominante, di concedere uno sconto come contropartita di un approvvigionamento esclusivo o concernente una parte considerevole del fabbisogno del cliente implica che l’impresa in posizione dominante conceda un vantaggio finanziario volto ad impedire ai clienti di rifornirsi presso i produttori concorrenti. Non è dunque necessario esaminare le circostanze del caso di specie al fine di determinare se tale sconto sia inteso ad impedire ai clienti di rifornirsi presso i concorrenti. Un effetto preclusivo non si produce unicamente quando l’accesso al mercato è reso impossibile per i concorrenti, ma anche quando tale accesso è reso più difficile. Un incentivo finanziario accordato da un’impresa in posizione dominante al fine di indurre un cliente a non rifornirsi, per la parte della propria domanda interessata dalla condizione di esclusiva, presso i suoi concorrenti, è per la sua stessa natura capace di rendere più difficile l’accesso al mercato per tali concorrenti. L’esistenza di un siffatto incentivo non dipende dalla circostanza se lo sconto sia effettivamente ridotto o soppresso in caso di violazione della condizione di esclusiva alla quale è assoggettata la sua concessione. Infatti, è sufficiente, al riguardo, che l’impresa dominante dia al cliente l’impressione che ciò si verificherebbe. Ciò che conta sono le circostanze che il cliente doveva aspettarsi nel momento in cui ha effettuato gli ordini, in conformità di quanto gli è stato segnalato dall’impresa in posizione dominante, e non la reazione effettiva di quest’ultima alla decisione del cliente di cambiare la propria fonte di approvvigionamento.
Inoltre, è inerente ad una forte posizione dominante il fatto che, per una buona parte della domanda, non esista un prodotto sostitutivo adeguato a quello fornito dall’impresa che detiene la posizione dominante. Il fornitore in posizione dominante è quindi, in ampia misura, un partner commerciale irrinunciabile. Consegue dalla posizione di partner commerciale irrinunciabile che i clienti si riforniranno in ogni modo per una parte del loro fabbisogno presso l’impresa in posizione dominante (la quota non contendibile). Il concorrente di un’impresa in posizione dominante non è pertanto in grado di entrare in concorrenza per la fornitura globale di un cliente, bensì unicamente per la quota della domanda eccedente la quota non contendibile (la quota contendibile). La quota contendibile è dunque la quantità del fabbisogno di un cliente che può realisticamente essere trasferita ad un concorrente dell’impresa in posizione dominante in un periodo di riferimento. La concessione di sconti di esclusiva da parte di un’impresa in posizione dominante rende più difficile ad un concorrente la fornitura dei propri prodotti ai clienti di tale impresa. Infatti, se un cliente dell’impresa in posizione dominante si rifornisce presso un concorrente, non rispettando la condizione di esclusiva o di quasi esclusiva, esso rischia di perdere non solo gli sconti per le unità trasferite a tale concorrente, bensì la totalità dello sconto di esclusiva.
Al fine di sottoporre un’offerta allettante, non è dunque sufficiente che il concorrente di un’impresa in posizione dominante offra condizioni allettanti per le unità che esso stesso può fornire al cliente, bensì deve parimenti offrire a quest’ultimo una compensazione per la perdita dello sconto di esclusiva. Al fine di sottoporre un’offerta allettante, il concorrente deve pertanto ripartire sulla sola quota contendibile lo sconto accordato dall’impresa in posizione dominante per la totalità o la quasi totalità del fabbisogno del cliente, compresa la quota non contendibile. In tal senso, la concessione di uno sconto di esclusiva da parte di un partner commerciale irrinunciabile rende strutturalmente più difficile la possibilità, per un concorrente, di sottoporre un’offerta ad un prezzo allettante e dunque di accedere al mercato. La concessione di sconti di esclusiva consente all’impresa in posizione dominante di utilizzare il proprio potere economico sulla quota non contendibile della domanda del cliente come una leva, al fine di assicurarsi anche la quota contendibile, rendendo in tal modo più difficile per un concorrente l’accesso al mercato.
Dinanzi a uno strumento commerciale di questo tipo non è necessario procedere ad un’analisi degli effetti concreti degli sconti sulla concorrenza, né dimostrare un nesso di causalità fra le pratiche contestate e taluni effetti concreti sul mercato.
Infine, il carattere eventualmente ridotto delle quote di mercato interessate dagli sconti di esclusiva accordati da un’impresa in posizione dominante non è tale da escludere la loro illegittimità, dato che, ai fini dell’applicazione dell’articolo 82 CE, non viene preso in considerazione un criterio legato a un effetto apprezzabile o a un limite de minimis. Inoltre, i clienti che si trovano nella quota bloccata del mercato dovrebbero avere la possibilità di approfittare di ogni grado di concorrenza che sia possibile sul mercato e i concorrenti dovrebbero poter operare in un regime di concorrenza fondata sul merito su tutto il mercato e non soltanto su una parte di quest’ultimo. Un’impresa in posizione dominante non può dunque giustificare la concessione di sconti di esclusiva a taluni clienti adducendo che i concorrenti restano liberi di rifornire gli altri clienti. Analogamente, un’impresa in posizione dominante non può giustificare la concessione di sconti subordinata alla condizione di un approvvigionamento quasi esclusivo da parte di un cliente su un segmento determinato di un mercato sulla base del rilievo che il cliente resta libero di rifornirsi presso i concorrenti per il suo fabbisogno negli altri segmenti.
(v. punti 80, 84‑86, 88, 91‑93, 103, 104, 116, 117, 132, 527)
L’analisi economica avente ad oggetto la capacità degli sconti di precludere il mercato ad un concorrente efficiente al pari dell’impresa in posizione dominante («as efficient competitor test» o «test AEC»), compiuta nella decisione impugnata, prende le mosse dalla circostanza secondo la quale un concorrente altrettanto efficiente, il quale tenta di conquistare la quota contendibile degli ordini evasi fino a quel momento da un’impresa dominante che è un partner commerciale irrinunciabile, deve offrire una compensazione al cliente per lo sconto di esclusiva che questi perderebbe qualora acquistasse una quota inferiore a quella definita dalla condizione di esclusiva o di quasi esclusiva. Il test AEC è inteso a determinare se il concorrente efficiente al pari dell’impresa in posizione dominante, il quale subisca gli stessi costi di tale impresa, possa sempre coprire i propri costi in tale caso.
Anche ammesso che una valutazione delle circostanze del caso di specie sia necessaria al fine di dimostrare gli effetti anticoncorrenziali potenziali degli sconti di esclusiva, non sarebbe comunque necessario dimostrarli mediante un test AEC. Detto test consente unicamente di verificare l’ipotesi di un accesso al mercato reso impossibile, e non di scartare l’eventualità di un accesso reso più difficile al suddetto mercato. È vero che un risultato negativo implica che per un concorrente altrettanto efficiente sia economicamente impossibile assicurarsi la quota contendibile della domanda di un cliente. Infatti, per offrire al cliente una compensazione per la perdita dello sconto di esclusiva, il suddetto concorrente sarebbe costretto a vendere i suoi prodotti ad un prezzo che non gli consentirebbe neanche di coprire i propri costi. Tuttavia, un risultato positivo significa unicamente che un concorrente altrettanto efficiente è in grado di coprire i propri costi. Tale circostanza non significa, tuttavia, che non esista un effetto preclusivo. Infatti, il meccanismo degli sconti di esclusiva resta tale da rendere più difficile l’accesso al mercato per i concorrenti dell’impresa in posizione dominante, anche se tale accesso non è economicamente impossibile.
(v. punti 141, 146, 150)
In materia di concorrenza, le pratiche denominate «restrizioni allo scoperto», consistenti nella concessione condizionata di pagamenti ai clienti dell’impresa in posizione dominante affinché essi ritardino, annullino o limitino, in un modo o in un altro, la commercializzazione di un prodotto di un concorrente, sono idonee a rendere più difficile l’accesso al mercato per tale concorrente e arrecano pregiudizio alla struttura della concorrenza. L’attuazione di ciascuna di tali pratiche costituisce un abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 82 CE.
Innanzitutto, un effetto preclusivo non si produce unicamente quando l’accesso dei concorrenti al mercato è reso impossibile per i concorrenti, ma anche quando tale accesso è reso più difficile. Inoltre, ai fini dell’applicazione dell’articolo 82 CE, la prova in merito all’oggetto e quella relativa all’effetto anticoncorrenziale possono, eventualmente, confondersi. Se si dimostra che il comportamento di un’impresa in posizione dominante ha come oggetto quello di restringere la concorrenza, detto comportamento sarà anche idoneo a produrre un effetto di tal genere. Un’impresa in posizione dominante persegue un oggetto anticoncorrenziale quando impedisce in maniera mirata la commercializzazione di prodotti muniti di un prodotto di un determinato concorrente, poiché il solo interesse che essa può avere nel farlo è quello di nuocere a quest’ultimo.
Infine, incombe ad un’impresa in posizione dominante una responsabilità particolare di non compromettere, con un comportamento estraneo alla concorrenza basata sui meriti, lo svolgimento di una concorrenza effettiva e non falsata nel mercato comune. Orbene, il fatto di concedere pagamenti a taluni clienti come contropartita di restrizioni imposte alla commercializzazione di prodotti muniti di un prodotto di un determinato concorrente manifestamente non rientra in una concorrenza basata sui meriti.
La qualificazione come abusiva di una restrizione allo scoperto dipende unicamente dalla capacità di restringere la concorrenza, cosicché essa non esige la dimostrazione né di un effetto concreto sul mercato né di un nesso di causalità.
(v. punti 198, 201‑207, 212)
In materia di concorrenza, al fine di giustificare la competenza della Commissione sotto il profilo del diritto internazionale pubblico, è sufficiente dimostrare o gli effetti qualificati delle pratiche abusive (in particolare, quelli immediati, sostanziali e prevedibili) oppure la attuazione di tali pratiche nello Spazio economico europeo (SEE). Si tratta dunque di approcci alternativi e non cumulativi.
La Commissione non è obbligata a dimostrare l’esistenza di effetti concreti al fine di giustificare la propria competenza sotto il profilo del diritto internazionale pubblico. La Commissione non può essere condannata ad una posizione passiva nel caso in cui esista una minaccia gravante sulla struttura della concorrenza effettiva nel mercato interno, e può dunque intervenire parimenti in casi in cui la minaccia non si è realizzata o non lo si è ancora.
Al fine di verificare se gli effetti delle pratiche abusive all’interno dell’Unione siano sostanziali, non si devono prendere in considerazione in maniera isolata i diversi comportamenti facenti parte di un’infrazione unica e continuata. Al contrario, è sufficiente che l’infrazione unica, considerata nel suo insieme, possa esplicare effetti sostanziali. Infatti, non si può consentire alle imprese di sottrarsi all’applicazione delle regole di concorrenza combinando più comportamenti che perseguono un obiettivo identico, ciascuno dei quali, considerato isolatamente, non è idoneo a produrre un effetto sostanziale nell’Unione, ma i quali, considerati nel loro insieme, sono idonei a produrre un siffatto effetto.
Inoltre, modifiche della struttura del mercato devono parimenti essere prese in considerazione allorché si tratta di determinare l’esistenza di effetti sostanziali all’interno del SEE. In tale contesto, non solo l’eliminazione di un concorrente può ripercuotersi sulla struttura della concorrenza nel mercato interno, ma anche un comportamento idoneo ad indebolire l’unico concorrente importante dell’impresa in posizione dominante a livello mondiale è tale da produrre effetti di questo tipo. Pertanto, gli effetti potenziali del comportamento dell’impresa in posizione dominante, consistente nel bloccare a livello mondiale l’accesso dei suoi concorrenti ai canali di vendita più importanti, devono essere considerati sostanziali a motivo degli effetti potenziali sulla struttura della concorrenza effettiva nel mercato interno.
Inoltre, la messa in atto delle pratiche di cui trattasi nell’Unione è sufficiente a giustificare la competenza della Commissione sotto il profilo del diritto internazionale pubblico. In una fattispecie in cui l’abuso di posizione dominante consistite nella concessione di un incentivo finanziario al fine di indurre un cliente dell’impresa in posizione dominante a ritardare il lancio di un prodotto munito di un prodotto di un determinato concorrente in tutto il mondo e in cui tale condizione, alla quale erano assoggettati i pagamenti accordati dalla suddetta impresa, era pertanto destinata ad essere attuata dal suo cliente in tutto il mondo, compreso il SEE, sarebbe artificioso limitarsi a prendere in considerazione l’attuazione delle pratiche di cui trattasi da parte della stessa impresa in posizione dominante. Al contrario, occorre prendere parimenti in considerazione la loro attuazione da parte del cliente di quest’ultima. In tale contesto, l’astensione dalla vendita di un certo prodotto nel SEE per un certo periodo di tempo da parte del cliente dell’impresa dominante deve essere considerata un’attuazione della restrizione allo scoperto.
(v. punti 236, 243, 244, 251, 252, 268, 270, 273‑275, 301, 305‑307)
Nell’ambito di un procedimento amministrativo in materia di concorrenza ai sensi dell’articolo 12 regolamento n. 773/2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli 81 e 82 del Trattato CE, un’impresa cui la Commissione abbia trasmesso una comunicazione degli addebiti vede precluso il suo diritto ad un’audizione qualora non ne abbia fatto domanda entro il termine impartito per il deposito delle sue osservazioni scritte.
(v. punti 323‑326)
V. il testo della decisione.
(v. punti 350‑357, 623)
In materia di concorrenza, spetta alla Commissione decidere come desidera condurre l’istruttoria e i documenti che la stessa deve raccogliere al fine di avere una visione sufficientemente completa del caso. Di conseguenza, non si deve imporre ad essa un obbligo di procurarsi un numero il più elevato possibile di documenti al fine di assicurarsi il possesso di ogni elemento potenziale a favore.
In presenza di una richiesta di procurarsi taluni documenti, la Commissione dispone di un potere discrezionale per risolvere la questione se occorra procurarsi i documenti di cui trattasi. Le parti in un procedimento non sono titolari di un diritto incondizionato a che la Commissione si procuri determinati documenti, in quanto spetta a quest’ultima e non alle imprese interessate decidere in ordine alle modalità di conduzione dell’istruttoria di un caso.
In determinate circostanze, può esistere un obbligo in capo alla Commissione di procurarsi determinati documenti su richiesta di un’impresa interessata da un’indagine. Un siffatto obbligo della Commissione deve tuttavia essere limitato a circostanze eccezionali.
In tale contesto, è necessario ponderare l’obbligo della Commissione di istruire un caso con diligenza e imparzialità, da un lato, e la prerogativa della Commissione di decidere il modo in cui essa desidera condurre le sue indagini e dispiegare le proprie risorse al fine di assicurare in maniera efficace il rispetto del diritto della concorrenza, dall’altro.
Un obbligo della Commissione di procurarsi determinati documenti su richiesta di un’impresa deve pertanto essere assoggettato, oltre alla condizione di una richiesta in tal senso nel procedimento amministrativo, almeno alle seguenti quattro condizioni cumulative.
Primo, un obbligo del genere è subordinato alla condizione che sia effettivamente impossibile, per l’impresa di cui trattasi, procurarsi essa stessa i documenti in questione o comunicarli alla Commissione. Spetta dunque all’impresa interessata dimostrare di aver intrapreso tutti i passi necessari per procurarsi i documenti in questione e/o ottenere il permesso di utilizzarli nell’indagine della Commissione.
Secondo, spetta all’impresa di cui trattasi individuare in maniera il più possibile precisa i documenti che essa chiede alla Commissione di ottenere, il che presuppone una cooperazione da parte di tale impresa.
Terzo, un obbligo della Commissione di procurarsi determinati documenti su richiesta di un’impresa interessata da un’indagine è assoggettato alla condizione che i documenti in questione rivestano probabilmente un’importanza considerevole per la difesa dell’impresa di cui trattasi. La Commissione dispone di un potere discrezionale al fine di decidere se l’importanza degli asseriti elementi a discarico giustifichi il fatto di procurarseli ed essa può, ad esempio, respingere una richiesta adducendo che gli elementi potenzialmente a discarico riguardano questioni che non si trovano al centro degli accertamenti necessari alla dimostrazione di un’infrazione.
Quarto, la Commissione può segnatamente respingere una richiesta se il volume dei documenti in questione è sproporzionato rispetto all’importanza che essi possono rivestire nell’ambito dell’indagine. In tale contesto, la Commissione è legittimata a prendere in considerazione, se del caso, l’eventualità che l’ottenimento e l’analisi dei documenti di cui trattasi ritardino in maniera sostanziale l’istruzione del caso. La Commissione ha il diritto di ponderare il volume dei documenti richiesti e il ritardo che l’ottenimento e lo studio dei medesimi potrebbero comportare per l’istruzione del caso, da un lato, e il grado di potenziale rilevanza per la difesa dell’impresa, dall’altro.
(v. punti 360‑362, 371, 373‑378, 380, 382)
In materia di concorrenza, in un sistema di sconti di esclusiva ed in assenza di una condizione formale di esclusiva, la Commissione non viola il principio di certezza del diritto quando tiene contro delle proiezioni di un cliente dell’impresa in posizione dominante al fine di accertare una condotta di tale impresa, se ed in quanto siffatte proiezioni non siano irragionevoli.
(v. punti 521‑523, 525)
Nell’ambito di un procedimento amministrativo in materia di concorrenza, l’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 prevede che la Commissione possa sentire ogni persona fisica o giuridica che vi acconsenta ai fini della raccolta di informazioni relative all’oggetto di un’indagine. L’articolo 3 del regolamento n. 773/2004, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato CE, assoggetta tali interrogatori al rispetto di talune formalità.
Tuttavia, l’ambito di applicazione delle suddette disposizioni non si estende a tutti i colloqui relativi all’oggetto di un’indagine effettuata dalla Commissione. Infatti, occorre distinguere gli interrogatori formali effettuati dalla Commissione in forza delle suddette disposizioni dai colloqui informali.
La Commissione gode di un potere discrezionale per decidere se assoggettare un colloquio ai requisiti formali previsti dall’articolo 3 del regolamento n. 773/2004. In tal senso, dette disposizioni non si applicano a tutti i colloqui relativi all’oggetto di un’indagine, bensì unicamente ai casi in relazione ai quali la Commissione persegue l’obiettivo di raccogliere informazioni, sia a carico che a favore, sulle quali essa potrà basarsi quali elementi di prova nella sua decisione che chiude una determinata indagine.
Se la Commissione intende utilizzare nella sua decisione un elemento a carico comunicatole in un colloquio informale, essa deve renderlo accessibile alle imprese destinatarie della comunicazione degli addebiti, redigendo eventualmente a questo scopo un documento scritto destinato a comparire nel fascicolo.
Tuttavia, la Commissione può servirsi di informazioni ottenute nel corso di un colloquio informale, segnatamente per ottenere elementi di prova più solidi, non rendendo al contempo accessibili all’impresa di cui trattasi le informazioni ottenute nel corso di un colloquio informale.
Il principio di buona amministrazione può, in funzione delle particolari circostanze del caso di specie, imporre alla Commissione un obbligo di verbalizzare le dichiarazioni da essa ricevute nel corso riunioni o di colloqui telefonici. A tal riguardo, l’esistenza di un obbligo della Commissione di verbalizzare le informazioni ricevute nel corso di riunioni o di colloqui telefonici nonché la natura e la portata di un siffatto obbligo dipendono dal contenuto di tali informazioni. La Commissione è tenuta a redigere una documentazione adeguata, nel fascicolo al quale hanno accesso le imprese interessate, sugli aspetti essenziali relativi all’oggetto di un’indagine. Tale conclusione vale per tutti gli elementi che rivestono una certa importanza e presentano un collegamento oggettivo con l’oggetto di un’indagine, a prescindere dal loro carattere incriminatorio o a discarico.
(v. punti 613‑617, 619, 620)
In materia di concorrenza, non occorre stabilire una regola generale secondo la quale la dichiarazione di un’impresa terza che indichi che un’impresa in posizione dominante ha adottato un certo comportamento non può mai bastare, da sola, a dimostrare i fatti che integrano un’infrazione all’articolo 82 CE. Il fatto di sancire una regola generale costituisce un’eccezione al principio della libera produzione delle prove. Nel caso di un’impresa che dichiara di avere partecipato ad un’intesa contraria all’articolo 81 CE, una regola del genere è giustificata, in quanto un’impresa oggetto di un’indagine, o che compare dinanzi alla Commissione al fine di beneficiare di un’immunità o di una riduzione dell’ammenda, può avere la tendenza ad attenuare la propria responsabilità in un’infrazione e a mettere in risalto la responsabilità di altre imprese.
La situazione è diversa per quanto concerne le dichiarazioni di un’impresa terza la quale sia, in sostanza, una testimone. Nel caso in cui non risulti che l’impresa terza abbia un qualsivoglia interesse ad incriminare a torto l’impresa in posizione dominante, la dichiarazione dell’impresa terza può bastare da sola, in linea di principio, a dimostrare l’esistenza di un’infrazione.
(v. punti 722‑725)
V. il testo della decisione.
(v. punti 1564‑1591)
V. il testo della decisione.
(v. punto 1598)
Per quanto riguarda la questione se le infrazioni alle norme di concorrenza siano state commesse intenzionalmente o per negligenza e siano, per tale ragione, atte ad essere sanzionate mediante un’ammenda ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, tale condizione è soddisfatta allorché l’impresa interessata non può ignorare la natura anticoncorrenziale della propria condotta, indipendentemente dal fatto che essa avesse o meno consapevolezza di trasgredire le norme di concorrenza del Trattato. Un’impresa è consapevole della natura anticoncorrenziale del proprio comportamento quando conosceva gli elementi di fatto sostanziali che giustificano sia la constatazione di una posizione dominante sul mercato interessato, sia la qualificazione da parte della Commissione come sfruttamento abusivo di tale posizione.
Considerato che gli organi giurisdizionali dell’Unione hanno condannato più volte l’attuazione, da parte di un’impresa in posizione dominante, di pratiche consistenti nel concedere incentivi finanziari che dipendono da condizioni di esclusiva, e che la qualificazione come abusive delle pratiche dette «restrizioni allo scoperto» non può essere considerata nuova, un’impresa in posizione dominante che ha attuato siffatte pratiche non può ignorare il carattere anticoncorrenziale del suo comportamento.
Qualora sia accertato che un’impresa in posizione dominante ha messo in atto una strategia complessiva anticoncorrenziale e si è adoperata per dissimulare il carattere anticoncorrenziale del suo comportamento per quanto riguarda i suoi rapporti con determinate imprese, è consentito concludere nel senso che l’infrazione è stata commessa perlomeno per negligenza.
(v. punti 1601‑1603)
V. il testo della decisione.
(v. punti 1609‑1612, 1643)
V. il testo della decisione.
(v. punti 1614, 1615, 1619)
Ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, per determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata. In tale contesto, l’impatto concreto dell’infrazione sul mercato non costituisce, in linea di principio, un fattore indispensabile, ma solo uno fra più fattori pertinenti per valutare la gravità dell’infrazione e fissare l’importo dell’ammenda. Inoltre, elementi relativi all’oggetto di un comportamento possono avere un effetto più rilevante, ai fini della fissazione dell’importo delle ammende, di quelli relativi ai suoi effetti.
Allorché fissa la proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione in funzione della gravità, conformemente al punto 22 degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003, la Commissione non è obbligata a tenere conto dell’assenza di un impatto concreto quale fattore attenuante, laddove la suddetta proporzione sia giustificata da altri elementi idonei ad incidere sulla determinazione della gravità.
Di contro, la Commissione, qualora ritenga opportuno tenere conto dell’impatto concreto dell’infrazione sul mercato al fine di aumentare tale proporzione, deve apportare indizi concreti, credibili e sufficienti che consentano di valutare l’effettiva influenza che l’infrazione ha potuto avere sulla concorrenza nel detto mercato.
(v. punti 1622, 1624, 1625)
Causa T‑286/09
(pubblicazione per estratto)
Intel Corp.
contro
Commissione europea
«Concorrenza — Abuso di posizione dominante — Mercato dei microprocessori — Decisione che constata una violazione dell’articolo 82 CE e dell’articolo 54 dell’accordo SEE — Sconto di fedeltà — Restrizioni “allo scoperto” — Qualificazione come pratica abusiva — Analisi del concorrente altrettanto efficiente — Competenza internazionale della Commissione — Obbligo di istruzione gravante sulla Commissione — Limiti — Diritti della difesa — Principio di buona amministrazione — Strategia complessiva — Ammende — Infrazione unica e continuata — Orientamenti del 2006 per il calcolo dell’importo delle ammende»
Massime – Sentenza del Tribunale (Settima Sezione ampliata) del 12 giugno 2014
Procedimento giurisdizionale – Atto introduttivo del giudizio – Requisiti di forma – Documenti allegati all’atto introduttivo – Mole di un atto o di un documento – Produzione parziale per estratto – Ammissibilità – Obbligo di deposito di un documento completo presso la cancelleria – Portata – Inosservanza – Possibilità di regolarizzazione
(Statuto della Corte di giustizia, art. 21; regolamento di procedura del Tribunale, art. 43, § 5)
Diritti fondamentali – Presunzione d’innocenza – Procedimento in materia di concorrenza – Applicazione
(Art. 6, § 2, UE; art. 82 CE; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 47 e 48, § 1)
Concorrenza – Procedimento amministrativo – Decisione della Commissione che constata un’infrazione – Modalità di prova – Ricorso a un insieme di indizi – Applicabilità alla procedura in materia di abuso di posizione dominante
(Artt. 81 CE e 82 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003)
Concorrenza – Procedimento amministrativo – Decisione della Commissione che constata un’infrazione – Modalità di prova – Ricorso a un insieme di indizi – Grado di efficacia probatoria richiesto nel caso di indizi considerati individualmente – Oneri probatori delle imprese che contestano la sussistenza dell’infrazione
(Artt. 81 CE e 82 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 2)
Posizione dominante – Concessione di sconti da parte di un’impresa in posizione dominante – Tre categorie di sconti – Sconti di quantità – Sconti di esclusiva o di fedeltà – Sconti con effetto potenzialmente fidelizzante – Carattere abusivo – Criteri di valutazione
(Art. 82 CE)
Posizione dominante – Abuso – Sconti di esclusiva o di fedeltà – Carattere abusivo per sua natura di tale sistema di sconti – Attitudine a restringere la concorrenza e effetto preclusivo – Posizione di partner commerciale irrinunciabile – Valutazione – Obbligo di analizzare le circostanze della specie – Insussistenza – Circostanze non pertinenti
(Art. 82 CE)
Posizione dominante – Abuso – Sconti di esclusiva o di fedeltà – Carattere abusivo per la natura di tale sistema di sconti – Attitudine a restringere la concorrenza e effetto preclusivo – Analisi del concorrente altrettanto efficiente
(Art. 82 CE)
Posizione dominante – Abuso – Restrizioni allo scoperto – Concessione di pagamenti come contropartita di restrizioni imposte alla commercializzazione di un prodotto di un concorrente – Carattere abusivo per oggetto – Attitudine a restringere la concorrenza
(Art. 82 CE)
Concorrenza – Regole dell’Unione – Ambito di applicazione territoriale – Competenza della Commissione – Ammissibilità con riguardo al diritto internazionale pubblico – Attuazione o effetti qualificati delle pratiche abusive all’interno del SEE – Approcci alternativi – Criterio dell’effetto immediato, sostanziale e prevedibile – Valutazione – Considerazione della attuazione di tali pratiche da parte del cliente dell’impresa in posizione dominante – Ammissibilità
(Art. 82 CE)
Concorrenza – Procedimento amministrativo – Comunicazione degli addebiti – Termine impartito per il deposito delle osservazioni scritte – Domanda tardiva di audizione – Decadenza – Obbligo di accordare un’audizione – Insussistenza
[Regolamento del Consiglio n. 1/2003, artt. 27, §§ 1 e 2, e 33, § 1, c); regolamento della Commissione n. 773/2004, artt. 10, § 2, e 12]
Concorrenza – Procedimento amministrativo – Rispetto dei diritti della difesa – Accesso al fascicolo – Oggetto – Documenti utili alla difesa – Valutazione da parte della sola Commissione – Inammissibilità – Obbligo di consentire la consultazione integrale del fascicolo – Portata riguardo a documenti interni o riservati
(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 27, § 2; regolamento della Commissione n. 773/2004, art. 15, § 2)
Concorrenza – Procedimento amministrativo – Principio di buona amministrazione – Obbligo di diligenza ed imparzialità – Obbligo della Commissione di procurarsi determinati documenti su richiesta di un’impresa interessata da un’indagine – Presupposti
(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 41, § 1; regolamento del Consiglio n. 1/2003; regolamento della Commissione n. 773/2004)
Posizione dominante – Abuso – Sconti di esclusiva o di fedeltà – Assenza di una condizione formale di esclusiva – Modalità di prova – Proiezioni interne di un cliente – Ammissibilità – Presupposto
(Art. 82 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 2)
Concorrenza – Procedimento amministrativo – Poteri della Commissione – Potere di assumere dichiarazioni – Dichiarazioni relative all’oggetto di un’indagine – Distinzione fra interrogatori formali e colloqui informali – Conseguenze – Obbligo di verbalizzare le dichiarazioni ricevute nel corso di riunioni o di colloqui telefonici – Presupposti
(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 41; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 19, § 1; regolamento della Commissione n. 773/2004, art. 3, §§ 1 e 3)
Concorrenza – Procedimento amministrativo – Decisione della Commissione che constata un’infrazione – Abuso di posizione dominante – Modalità di prova – Dichiarazione di un’impresa terza, cliente di un’impresa in posizione dominante – Valore probatorio
(Art. 81 CE e 82 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 2)
Concorrenza – Ammende – Pluralità di infrazioni – Irrogazione di un’ammenda unica – Ammissibilità – Obbligo della Commissione di tenere conto dei diversi elementi abusivi in modo individuale – Insussistenza
(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, § 2; comunicazione della Commissione 2006/C 210/02)
Concorrenza – Ammende – Importo – Determinazione – Contesto giuridico – Articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1/2003 – Potere discrezionale conferito alla Commissione da detto articolo – Adozione da parte della Commissione di nuovi orientamenti per il calcolo delle ammende – Violazione dei principi di legalità delle pene e di certezza del diritto – Insussistenza
(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 49, § 1; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, §§ 2 e 3; comunicazione della Commissione 2006/C 210/02)
Concorrenza – Regole dell’Unione – Infrazioni – Compimento intenzionale o per negligenza – Nozione – Impresa in posizione dominante che attua pratiche abusive consistenti nella concessione di sconti di esclusiva e in restrizioni allo scoperto – Inclusione
(Art. 82 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, § 2)
Diritto dell’Unione europea – Principi – Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva – Sindacato giurisdizionale delle decisioni adottate dalla Commissione in materia di concorrenza – Sindacato di legittimità ed esteso al merito, sia in diritto che in fatto – Violazione – Insussistenza
(Artt. 261 TFUE e 263 TFUE; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 47 e 52, § 3; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 31)
Concorrenza – Ammende – Importo – Determinazione – Principio della parità di trattamento – Prassi decisionale della Commissione – Carattere indicativo
(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, §§ 2 e 3)
Concorrenza – Ammende – Importo – Determinazione – Criteri – Gravità dell’infrazione – Insussistenza di un elenco vincolante o esaustivo di criteri – Margine di discrezionalità riservato alla Commissione – Considerazione dell’impatto concreto dell’infrazione sul mercato – Portata
(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, §§ 2 e 3; comunicazione della Commissione 2006/C 210/02, punto 22)
Dall’articolo 43, paragrafo 5, del regolamento di procedura del Tribunale risulta che, qualora, a causa della mole di un atto o documento, ne siano allegati all’atto processuale soltanto degli estratti, l’intero documento, o copia completa di esso, dev’essere depositato nella cancelleria.
Per contro, tale articolo non esige che tutti gli altri documenti ai quali fa riferimento un documento allegato ad un atto processuale siano parimenti depositati nella cancelleria.
Inoltre, anche ove la suddetta disposizione si dovesse interpretare nel senso che essa impone alle parti un obbligo di depositare nella cancelleria una versione completa di tutti i documenti dei quali esse producono degli estratti in allegato ad un atto processuale, una violazione di tale obbligo potrebbe in ogni caso essere sanata.
(v. punti 53, 55, 57)
V. il testo della decisione.
(v. punti 62, 63)
Nell’ambito di un procedimento relativo a violazioni delle norme di concorrenza, se è necessario che la Commissione produca elementi probatori precisi e concordanti che corroborino la ferma convinzione che l’infrazione sia stata commessa, non tutte le prove prodotte dalla Commissione devono necessariamente rispondere a tali criteri con riferimento ad ogni elemento dell’infrazione. È sufficiente che il complesso degli indizi invocato dall’istituzione, valutato globalmente, risponda a tale requisito, come ritenuto dalla giurisprudenza elaborata in relazione all’applicazione dell’articolo 81 CE. Tale principio si applica parimenti nelle cause relative all’applicazione dell’articolo 82 CE.
(v. punto 64)
V. il testo della decisione.
(v. punti 65‑67, 542, 1525, 1528, 1529, 1547)
In materia di concorrenza, per un’impresa che si trovi in posizione dominante su un mercato, il fatto di vincolare – sia pure a loro richiesta – gli acquirenti con l’obbligo o la promessa di rifornirsi per tutto o gran parte del loro fabbisogno esclusivamente presso l’impresa in questione costituisce sfruttamento abusivo di posizione dominante ai sensi dell’articolo 82 CE, tanto se l’obbligo in questione è imposto sic et simpliciter, quanto se ha come contropartita la concessione di sconti. Lo stesso dicasi se detta impresa, senza vincolare gli acquirenti con un obbligo formale, applica, o in forza di accordi stipulati con tali acquirenti, o unilateralmente, un sistema di sconti di fedeltà, cioè di riduzioni subordinate alla condizione che il cliente - indipendentemente dal volume degli acquisti, rilevante o trascurabile - si rifornisca esclusivamente, per la totalità o per una parte considerevole del suo fabbisogno, presso l’impresa in posizione dominante.
Per quanto riguarda la qualificazione come abusiva della concessione di sconti da parte di un’impresa in posizione dominante, si possono distinguere tre categorie di sconti.
In primo luogo, si ritiene, di regola, che i sistemi di sconti quantitativi (sconti di quantità), connessi esclusivamente al volume degli acquisti effettuati presso un’impresa in posizione dominante, non comportino un effetto di preclusione vietato dall’articolo 82 CE. Se l’aumento della quantità fornita si traduce in un costo inferiore per il fornitore, quest’ultimo ha il diritto, infatti, di far beneficiare il suo cliente di tale riduzione mediante una tariffa più vantaggiosa. Si presume pertanto che gli sconti di quantità riflettano guadagni in termini di efficienza ed economie di scala realizzate dall’impresa in posizione dominante.
In secondo luogo, esistono sconti la cui concessione è subordinata alla condizione che il cliente si rifornisca, per la totalità o per una parte considerevole del suo fabbisogno, presso l’impresa in posizione dominante. Si tratta di «sconti di fedeltà ai sensi della giurisprudenza Hoffmann La Roche», altrimenti detti «sconti di esclusiva». Tale categoria non è limitata agli sconti connessi ad una condizione di approvvigionamento al 100%, bensì include anche quelli legati alla condizione che il cliente si rifornisca per una parte considerevole del suo fabbisogno presso l’impresa in posizione dominante. Tali sconti di esclusiva, applicati da un’impresa in posizione dominante, sono incompatibili con lo scopo che la concorrenza non sia falsata nel mercato comune, in quanto non si fondano – salvo circostanze eccezionali – su una prestazione economica che giustifichi tale vantaggio finanziario, bensì mirano a togliere all’acquirente o a ridurre nei suoi riguardi la possibilità di scelta per quel che concerne le sue fonti di approvvigionamento e a precludere l’accesso al mercato agli altri produttori.
In terzo luogo, esistono altri regimi di sconto nei quali la concessione di un incentivo finanziario non è direttamente connessa alla condizione di un approvvigionamento esclusivo o quasi esclusivo presso l’impresa in posizione dominante, ma nei quali il meccanismo della concessione dello sconto può anche rivestire un effetto fidelizzante. Tale categoria di sconti comprende, segnatamente, sistemi di sconti dipendenti dalla realizzazione di obiettivi di vendita individuali, che non costituiscono sconti di esclusiva, in quanto non comportano alcun impegno di esclusiva o di copertura di una certa quota del loro fabbisogno presso l’impresa in posizione dominante. Per determinare se l’applicazione di un siffatto sconto costituisca un abuso di posizione dominante, occorre valutare tutte le circostanze, in particolare i criteri e le modalità della concessione dello sconto, e accertare se questo sconto miri, mediante un vantaggio non basato su alcuna prestazione economica che lo giustifichi, a sopprimere o limitare la possibilità dell’acquirente di scegliere la fonte di rifornimento, a precludere ai concorrenti l’accesso al mercato, o a rafforzare la posizione dominante mediante una concorrenza falsata.
(v. punti 72‑78)
In materia di concorrenza, la qualificazione come abusivo di uno sconto di esclusiva non dipende da un’analisi delle circostanze della specie volta a dimostrare un potenziale effetto preclusivo.
Infatti, secondo la giurisprudenza, è solo nel caso degli sconti a effetto potenzialmente fidelizzante che occorre valutare l’insieme delle circostanze, e non nel caso degli sconti di esclusiva. Tale approccio è giustificato dal fatto che gli sconti di esclusiva accordati da un’impresa in posizione dominante sono per loro stessa natura atti a restringere la concorrenza.
Infatti, la capacità di vincolare i clienti all’impresa in posizione dominante è inerente agli sconti di esclusiva. Il fatto, per un’impresa in posizione dominante, di concedere uno sconto come contropartita di un approvvigionamento esclusivo o concernente una parte considerevole del fabbisogno del cliente implica che l’impresa in posizione dominante conceda un vantaggio finanziario volto ad impedire ai clienti di rifornirsi presso i produttori concorrenti. Non è dunque necessario esaminare le circostanze del caso di specie al fine di determinare se tale sconto sia inteso ad impedire ai clienti di rifornirsi presso i concorrenti. Un effetto preclusivo non si produce unicamente quando l’accesso al mercato è reso impossibile per i concorrenti, ma anche quando tale accesso è reso più difficile. Un incentivo finanziario accordato da un’impresa in posizione dominante al fine di indurre un cliente a non rifornirsi, per la parte della propria domanda interessata dalla condizione di esclusiva, presso i suoi concorrenti, è per la sua stessa natura capace di rendere più difficile l’accesso al mercato per tali concorrenti. L’esistenza di un siffatto incentivo non dipende dalla circostanza se lo sconto sia effettivamente ridotto o soppresso in caso di violazione della condizione di esclusiva alla quale è assoggettata la sua concessione. Infatti, è sufficiente, al riguardo, che l’impresa dominante dia al cliente l’impressione che ciò si verificherebbe. Ciò che conta sono le circostanze che il cliente doveva aspettarsi nel momento in cui ha effettuato gli ordini, in conformità di quanto gli è stato segnalato dall’impresa in posizione dominante, e non la reazione effettiva di quest’ultima alla decisione del cliente di cambiare la propria fonte di approvvigionamento.
Inoltre, è inerente ad una forte posizione dominante il fatto che, per una buona parte della domanda, non esista un prodotto sostitutivo adeguato a quello fornito dall’impresa che detiene la posizione dominante. Il fornitore in posizione dominante è quindi, in ampia misura, un partner commerciale irrinunciabile. Consegue dalla posizione di partner commerciale irrinunciabile che i clienti si riforniranno in ogni modo per una parte del loro fabbisogno presso l’impresa in posizione dominante (la quota non contendibile). Il concorrente di un’impresa in posizione dominante non è pertanto in grado di entrare in concorrenza per la fornitura globale di un cliente, bensì unicamente per la quota della domanda eccedente la quota non contendibile (la quota contendibile). La quota contendibile è dunque la quantità del fabbisogno di un cliente che può realisticamente essere trasferita ad un concorrente dell’impresa in posizione dominante in un periodo di riferimento. La concessione di sconti di esclusiva da parte di un’impresa in posizione dominante rende più difficile ad un concorrente la fornitura dei propri prodotti ai clienti di tale impresa. Infatti, se un cliente dell’impresa in posizione dominante si rifornisce presso un concorrente, non rispettando la condizione di esclusiva o di quasi esclusiva, esso rischia di perdere non solo gli sconti per le unità trasferite a tale concorrente, bensì la totalità dello sconto di esclusiva.
Al fine di sottoporre un’offerta allettante, non è dunque sufficiente che il concorrente di un’impresa in posizione dominante offra condizioni allettanti per le unità che esso stesso può fornire al cliente, bensì deve parimenti offrire a quest’ultimo una compensazione per la perdita dello sconto di esclusiva. Al fine di sottoporre un’offerta allettante, il concorrente deve pertanto ripartire sulla sola quota contendibile lo sconto accordato dall’impresa in posizione dominante per la totalità o la quasi totalità del fabbisogno del cliente, compresa la quota non contendibile. In tal senso, la concessione di uno sconto di esclusiva da parte di un partner commerciale irrinunciabile rende strutturalmente più difficile la possibilità, per un concorrente, di sottoporre un’offerta ad un prezzo allettante e dunque di accedere al mercato. La concessione di sconti di esclusiva consente all’impresa in posizione dominante di utilizzare il proprio potere economico sulla quota non contendibile della domanda del cliente come una leva, al fine di assicurarsi anche la quota contendibile, rendendo in tal modo più difficile per un concorrente l’accesso al mercato.
Dinanzi a uno strumento commerciale di questo tipo non è necessario procedere ad un’analisi degli effetti concreti degli sconti sulla concorrenza, né dimostrare un nesso di causalità fra le pratiche contestate e taluni effetti concreti sul mercato.
Infine, il carattere eventualmente ridotto delle quote di mercato interessate dagli sconti di esclusiva accordati da un’impresa in posizione dominante non è tale da escludere la loro illegittimità, dato che, ai fini dell’applicazione dell’articolo 82 CE, non viene preso in considerazione un criterio legato a un effetto apprezzabile o a un limite de minimis. Inoltre, i clienti che si trovano nella quota bloccata del mercato dovrebbero avere la possibilità di approfittare di ogni grado di concorrenza che sia possibile sul mercato e i concorrenti dovrebbero poter operare in un regime di concorrenza fondata sul merito su tutto il mercato e non soltanto su una parte di quest’ultimo. Un’impresa in posizione dominante non può dunque giustificare la concessione di sconti di esclusiva a taluni clienti adducendo che i concorrenti restano liberi di rifornire gli altri clienti. Analogamente, un’impresa in posizione dominante non può giustificare la concessione di sconti subordinata alla condizione di un approvvigionamento quasi esclusivo da parte di un cliente su un segmento determinato di un mercato sulla base del rilievo che il cliente resta libero di rifornirsi presso i concorrenti per il suo fabbisogno negli altri segmenti.
(v. punti 80, 84‑86, 88, 91‑93, 103, 104, 116, 117, 132, 527)
L’analisi economica avente ad oggetto la capacità degli sconti di precludere il mercato ad un concorrente efficiente al pari dell’impresa in posizione dominante («as efficient competitor test» o «test AEC»), compiuta nella decisione impugnata, prende le mosse dalla circostanza secondo la quale un concorrente altrettanto efficiente, il quale tenta di conquistare la quota contendibile degli ordini evasi fino a quel momento da un’impresa dominante che è un partner commerciale irrinunciabile, deve offrire una compensazione al cliente per lo sconto di esclusiva che questi perderebbe qualora acquistasse una quota inferiore a quella definita dalla condizione di esclusiva o di quasi esclusiva. Il test AEC è inteso a determinare se il concorrente efficiente al pari dell’impresa in posizione dominante, il quale subisca gli stessi costi di tale impresa, possa sempre coprire i propri costi in tale caso.
Anche ammesso che una valutazione delle circostanze del caso di specie sia necessaria al fine di dimostrare gli effetti anticoncorrenziali potenziali degli sconti di esclusiva, non sarebbe comunque necessario dimostrarli mediante un test AEC. Detto test consente unicamente di verificare l’ipotesi di un accesso al mercato reso impossibile, e non di scartare l’eventualità di un accesso reso più difficile al suddetto mercato. È vero che un risultato negativo implica che per un concorrente altrettanto efficiente sia economicamente impossibile assicurarsi la quota contendibile della domanda di un cliente. Infatti, per offrire al cliente una compensazione per la perdita dello sconto di esclusiva, il suddetto concorrente sarebbe costretto a vendere i suoi prodotti ad un prezzo che non gli consentirebbe neanche di coprire i propri costi. Tuttavia, un risultato positivo significa unicamente che un concorrente altrettanto efficiente è in grado di coprire i propri costi. Tale circostanza non significa, tuttavia, che non esista un effetto preclusivo. Infatti, il meccanismo degli sconti di esclusiva resta tale da rendere più difficile l’accesso al mercato per i concorrenti dell’impresa in posizione dominante, anche se tale accesso non è economicamente impossibile.
(v. punti 141, 146, 150)
In materia di concorrenza, le pratiche denominate «restrizioni allo scoperto», consistenti nella concessione condizionata di pagamenti ai clienti dell’impresa in posizione dominante affinché essi ritardino, annullino o limitino, in un modo o in un altro, la commercializzazione di un prodotto di un concorrente, sono idonee a rendere più difficile l’accesso al mercato per tale concorrente e arrecano pregiudizio alla struttura della concorrenza. L’attuazione di ciascuna di tali pratiche costituisce un abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 82 CE.
Innanzitutto, un effetto preclusivo non si produce unicamente quando l’accesso dei concorrenti al mercato è reso impossibile per i concorrenti, ma anche quando tale accesso è reso più difficile. Inoltre, ai fini dell’applicazione dell’articolo 82 CE, la prova in merito all’oggetto e quella relativa all’effetto anticoncorrenziale possono, eventualmente, confondersi. Se si dimostra che il comportamento di un’impresa in posizione dominante ha come oggetto quello di restringere la concorrenza, detto comportamento sarà anche idoneo a produrre un effetto di tal genere. Un’impresa in posizione dominante persegue un oggetto anticoncorrenziale quando impedisce in maniera mirata la commercializzazione di prodotti muniti di un prodotto di un determinato concorrente, poiché il solo interesse che essa può avere nel farlo è quello di nuocere a quest’ultimo.
Infine, incombe ad un’impresa in posizione dominante una responsabilità particolare di non compromettere, con un comportamento estraneo alla concorrenza basata sui meriti, lo svolgimento di una concorrenza effettiva e non falsata nel mercato comune. Orbene, il fatto di concedere pagamenti a taluni clienti come contropartita di restrizioni imposte alla commercializzazione di prodotti muniti di un prodotto di un determinato concorrente manifestamente non rientra in una concorrenza basata sui meriti.
La qualificazione come abusiva di una restrizione allo scoperto dipende unicamente dalla capacità di restringere la concorrenza, cosicché essa non esige la dimostrazione né di un effetto concreto sul mercato né di un nesso di causalità.
(v. punti 198, 201‑207, 212)
In materia di concorrenza, al fine di giustificare la competenza della Commissione sotto il profilo del diritto internazionale pubblico, è sufficiente dimostrare o gli effetti qualificati delle pratiche abusive (in particolare, quelli immediati, sostanziali e prevedibili) oppure la attuazione di tali pratiche nello Spazio economico europeo (SEE). Si tratta dunque di approcci alternativi e non cumulativi.
La Commissione non è obbligata a dimostrare l’esistenza di effetti concreti al fine di giustificare la propria competenza sotto il profilo del diritto internazionale pubblico. La Commissione non può essere condannata ad una posizione passiva nel caso in cui esista una minaccia gravante sulla struttura della concorrenza effettiva nel mercato interno, e può dunque intervenire parimenti in casi in cui la minaccia non si è realizzata o non lo si è ancora.
Al fine di verificare se gli effetti delle pratiche abusive all’interno dell’Unione siano sostanziali, non si devono prendere in considerazione in maniera isolata i diversi comportamenti facenti parte di un’infrazione unica e continuata. Al contrario, è sufficiente che l’infrazione unica, considerata nel suo insieme, possa esplicare effetti sostanziali. Infatti, non si può consentire alle imprese di sottrarsi all’applicazione delle regole di concorrenza combinando più comportamenti che perseguono un obiettivo identico, ciascuno dei quali, considerato isolatamente, non è idoneo a produrre un effetto sostanziale nell’Unione, ma i quali, considerati nel loro insieme, sono idonei a produrre un siffatto effetto.
Inoltre, modifiche della struttura del mercato devono parimenti essere prese in considerazione allorché si tratta di determinare l’esistenza di effetti sostanziali all’interno del SEE. In tale contesto, non solo l’eliminazione di un concorrente può ripercuotersi sulla struttura della concorrenza nel mercato interno, ma anche un comportamento idoneo ad indebolire l’unico concorrente importante dell’impresa in posizione dominante a livello mondiale è tale da produrre effetti di questo tipo. Pertanto, gli effetti potenziali del comportamento dell’impresa in posizione dominante, consistente nel bloccare a livello mondiale l’accesso dei suoi concorrenti ai canali di vendita più importanti, devono essere considerati sostanziali a motivo degli effetti potenziali sulla struttura della concorrenza effettiva nel mercato interno.
Inoltre, la messa in atto delle pratiche di cui trattasi nell’Unione è sufficiente a giustificare la competenza della Commissione sotto il profilo del diritto internazionale pubblico. In una fattispecie in cui l’abuso di posizione dominante consistite nella concessione di un incentivo finanziario al fine di indurre un cliente dell’impresa in posizione dominante a ritardare il lancio di un prodotto munito di un prodotto di un determinato concorrente in tutto il mondo e in cui tale condizione, alla quale erano assoggettati i pagamenti accordati dalla suddetta impresa, era pertanto destinata ad essere attuata dal suo cliente in tutto il mondo, compreso il SEE, sarebbe artificioso limitarsi a prendere in considerazione l’attuazione delle pratiche di cui trattasi da parte della stessa impresa in posizione dominante. Al contrario, occorre prendere parimenti in considerazione la loro attuazione da parte del cliente di quest’ultima. In tale contesto, l’astensione dalla vendita di un certo prodotto nel SEE per un certo periodo di tempo da parte del cliente dell’impresa dominante deve essere considerata un’attuazione della restrizione allo scoperto.
(v. punti 236, 243, 244, 251, 252, 268, 270, 273‑275, 301, 305‑307)
Nell’ambito di un procedimento amministrativo in materia di concorrenza ai sensi dell’articolo 12 regolamento n. 773/2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli 81 e 82 del Trattato CE, un’impresa cui la Commissione abbia trasmesso una comunicazione degli addebiti vede precluso il suo diritto ad un’audizione qualora non ne abbia fatto domanda entro il termine impartito per il deposito delle sue osservazioni scritte.
(v. punti 323‑326)
V. il testo della decisione.
(v. punti 350‑357, 623)
In materia di concorrenza, spetta alla Commissione decidere come desidera condurre l’istruttoria e i documenti che la stessa deve raccogliere al fine di avere una visione sufficientemente completa del caso. Di conseguenza, non si deve imporre ad essa un obbligo di procurarsi un numero il più elevato possibile di documenti al fine di assicurarsi il possesso di ogni elemento potenziale a favore.
In presenza di una richiesta di procurarsi taluni documenti, la Commissione dispone di un potere discrezionale per risolvere la questione se occorra procurarsi i documenti di cui trattasi. Le parti in un procedimento non sono titolari di un diritto incondizionato a che la Commissione si procuri determinati documenti, in quanto spetta a quest’ultima e non alle imprese interessate decidere in ordine alle modalità di conduzione dell’istruttoria di un caso.
In determinate circostanze, può esistere un obbligo in capo alla Commissione di procurarsi determinati documenti su richiesta di un’impresa interessata da un’indagine. Un siffatto obbligo della Commissione deve tuttavia essere limitato a circostanze eccezionali.
In tale contesto, è necessario ponderare l’obbligo della Commissione di istruire un caso con diligenza e imparzialità, da un lato, e la prerogativa della Commissione di decidere il modo in cui essa desidera condurre le sue indagini e dispiegare le proprie risorse al fine di assicurare in maniera efficace il rispetto del diritto della concorrenza, dall’altro.
Un obbligo della Commissione di procurarsi determinati documenti su richiesta di un’impresa deve pertanto essere assoggettato, oltre alla condizione di una richiesta in tal senso nel procedimento amministrativo, almeno alle seguenti quattro condizioni cumulative.
Primo, un obbligo del genere è subordinato alla condizione che sia effettivamente impossibile, per l’impresa di cui trattasi, procurarsi essa stessa i documenti in questione o comunicarli alla Commissione. Spetta dunque all’impresa interessata dimostrare di aver intrapreso tutti i passi necessari per procurarsi i documenti in questione e/o ottenere il permesso di utilizzarli nell’indagine della Commissione.
Secondo, spetta all’impresa di cui trattasi individuare in maniera il più possibile precisa i documenti che essa chiede alla Commissione di ottenere, il che presuppone una cooperazione da parte di tale impresa.
Terzo, un obbligo della Commissione di procurarsi determinati documenti su richiesta di un’impresa interessata da un’indagine è assoggettato alla condizione che i documenti in questione rivestano probabilmente un’importanza considerevole per la difesa dell’impresa di cui trattasi. La Commissione dispone di un potere discrezionale al fine di decidere se l’importanza degli asseriti elementi a discarico giustifichi il fatto di procurarseli ed essa può, ad esempio, respingere una richiesta adducendo che gli elementi potenzialmente a discarico riguardano questioni che non si trovano al centro degli accertamenti necessari alla dimostrazione di un’infrazione.
Quarto, la Commissione può segnatamente respingere una richiesta se il volume dei documenti in questione è sproporzionato rispetto all’importanza che essi possono rivestire nell’ambito dell’indagine. In tale contesto, la Commissione è legittimata a prendere in considerazione, se del caso, l’eventualità che l’ottenimento e l’analisi dei documenti di cui trattasi ritardino in maniera sostanziale l’istruzione del caso. La Commissione ha il diritto di ponderare il volume dei documenti richiesti e il ritardo che l’ottenimento e lo studio dei medesimi potrebbero comportare per l’istruzione del caso, da un lato, e il grado di potenziale rilevanza per la difesa dell’impresa, dall’altro.
(v. punti 360‑362, 371, 373‑378, 380, 382)
In materia di concorrenza, in un sistema di sconti di esclusiva ed in assenza di una condizione formale di esclusiva, la Commissione non viola il principio di certezza del diritto quando tiene contro delle proiezioni di un cliente dell’impresa in posizione dominante al fine di accertare una condotta di tale impresa, se ed in quanto siffatte proiezioni non siano irragionevoli.
(v. punti 521‑523, 525)
Nell’ambito di un procedimento amministrativo in materia di concorrenza, l’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 prevede che la Commissione possa sentire ogni persona fisica o giuridica che vi acconsenta ai fini della raccolta di informazioni relative all’oggetto di un’indagine. L’articolo 3 del regolamento n. 773/2004, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato CE, assoggetta tali interrogatori al rispetto di talune formalità.
Tuttavia, l’ambito di applicazione delle suddette disposizioni non si estende a tutti i colloqui relativi all’oggetto di un’indagine effettuata dalla Commissione. Infatti, occorre distinguere gli interrogatori formali effettuati dalla Commissione in forza delle suddette disposizioni dai colloqui informali.
La Commissione gode di un potere discrezionale per decidere se assoggettare un colloquio ai requisiti formali previsti dall’articolo 3 del regolamento n. 773/2004. In tal senso, dette disposizioni non si applicano a tutti i colloqui relativi all’oggetto di un’indagine, bensì unicamente ai casi in relazione ai quali la Commissione persegue l’obiettivo di raccogliere informazioni, sia a carico che a favore, sulle quali essa potrà basarsi quali elementi di prova nella sua decisione che chiude una determinata indagine.
Se la Commissione intende utilizzare nella sua decisione un elemento a carico comunicatole in un colloquio informale, essa deve renderlo accessibile alle imprese destinatarie della comunicazione degli addebiti, redigendo eventualmente a questo scopo un documento scritto destinato a comparire nel fascicolo.
Tuttavia, la Commissione può servirsi di informazioni ottenute nel corso di un colloquio informale, segnatamente per ottenere elementi di prova più solidi, non rendendo al contempo accessibili all’impresa di cui trattasi le informazioni ottenute nel corso di un colloquio informale.
Il principio di buona amministrazione può, in funzione delle particolari circostanze del caso di specie, imporre alla Commissione un obbligo di verbalizzare le dichiarazioni da essa ricevute nel corso riunioni o di colloqui telefonici. A tal riguardo, l’esistenza di un obbligo della Commissione di verbalizzare le informazioni ricevute nel corso di riunioni o di colloqui telefonici nonché la natura e la portata di un siffatto obbligo dipendono dal contenuto di tali informazioni. La Commissione è tenuta a redigere una documentazione adeguata, nel fascicolo al quale hanno accesso le imprese interessate, sugli aspetti essenziali relativi all’oggetto di un’indagine. Tale conclusione vale per tutti gli elementi che rivestono una certa importanza e presentano un collegamento oggettivo con l’oggetto di un’indagine, a prescindere dal loro carattere incriminatorio o a discarico.
(v. punti 613‑617, 619, 620)
In materia di concorrenza, non occorre stabilire una regola generale secondo la quale la dichiarazione di un’impresa terza che indichi che un’impresa in posizione dominante ha adottato un certo comportamento non può mai bastare, da sola, a dimostrare i fatti che integrano un’infrazione all’articolo 82 CE. Il fatto di sancire una regola generale costituisce un’eccezione al principio della libera produzione delle prove. Nel caso di un’impresa che dichiara di avere partecipato ad un’intesa contraria all’articolo 81 CE, una regola del genere è giustificata, in quanto un’impresa oggetto di un’indagine, o che compare dinanzi alla Commissione al fine di beneficiare di un’immunità o di una riduzione dell’ammenda, può avere la tendenza ad attenuare la propria responsabilità in un’infrazione e a mettere in risalto la responsabilità di altre imprese.
La situazione è diversa per quanto concerne le dichiarazioni di un’impresa terza la quale sia, in sostanza, una testimone. Nel caso in cui non risulti che l’impresa terza abbia un qualsivoglia interesse ad incriminare a torto l’impresa in posizione dominante, la dichiarazione dell’impresa terza può bastare da sola, in linea di principio, a dimostrare l’esistenza di un’infrazione.
(v. punti 722‑725)
V. il testo della decisione.
(v. punti 1564‑1591)
V. il testo della decisione.
(v. punto 1598)
Per quanto riguarda la questione se le infrazioni alle norme di concorrenza siano state commesse intenzionalmente o per negligenza e siano, per tale ragione, atte ad essere sanzionate mediante un’ammenda ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, tale condizione è soddisfatta allorché l’impresa interessata non può ignorare la natura anticoncorrenziale della propria condotta, indipendentemente dal fatto che essa avesse o meno consapevolezza di trasgredire le norme di concorrenza del Trattato. Un’impresa è consapevole della natura anticoncorrenziale del proprio comportamento quando conosceva gli elementi di fatto sostanziali che giustificano sia la constatazione di una posizione dominante sul mercato interessato, sia la qualificazione da parte della Commissione come sfruttamento abusivo di tale posizione.
Considerato che gli organi giurisdizionali dell’Unione hanno condannato più volte l’attuazione, da parte di un’impresa in posizione dominante, di pratiche consistenti nel concedere incentivi finanziari che dipendono da condizioni di esclusiva, e che la qualificazione come abusive delle pratiche dette «restrizioni allo scoperto» non può essere considerata nuova, un’impresa in posizione dominante che ha attuato siffatte pratiche non può ignorare il carattere anticoncorrenziale del suo comportamento.
Qualora sia accertato che un’impresa in posizione dominante ha messo in atto una strategia complessiva anticoncorrenziale e si è adoperata per dissimulare il carattere anticoncorrenziale del suo comportamento per quanto riguarda i suoi rapporti con determinate imprese, è consentito concludere nel senso che l’infrazione è stata commessa perlomeno per negligenza.
(v. punti 1601‑1603)
V. il testo della decisione.
(v. punti 1609‑1612, 1643)
V. il testo della decisione.
(v. punti 1614, 1615, 1619)
Ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, per determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata. In tale contesto, l’impatto concreto dell’infrazione sul mercato non costituisce, in linea di principio, un fattore indispensabile, ma solo uno fra più fattori pertinenti per valutare la gravità dell’infrazione e fissare l’importo dell’ammenda. Inoltre, elementi relativi all’oggetto di un comportamento possono avere un effetto più rilevante, ai fini della fissazione dell’importo delle ammende, di quelli relativi ai suoi effetti.
Allorché fissa la proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione in funzione della gravità, conformemente al punto 22 degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003, la Commissione non è obbligata a tenere conto dell’assenza di un impatto concreto quale fattore attenuante, laddove la suddetta proporzione sia giustificata da altri elementi idonei ad incidere sulla determinazione della gravità.
Di contro, la Commissione, qualora ritenga opportuno tenere conto dell’impatto concreto dell’infrazione sul mercato al fine di aumentare tale proporzione, deve apportare indizi concreti, credibili e sufficienti che consentano di valutare l’effettiva influenza che l’infrazione ha potuto avere sulla concorrenza nel detto mercato.
(v. punti 1622, 1624, 1625)