Causa C‑161/09

Kakavetsos-Fragkopoulos AE Epexergasias kai Emporias Stafidas, già K. Fragkopoulos kai SIA OE

contro

Nomarchiaki Aftodioikisi Korinthias

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Symvoulio tis Epikrateias)

«Libera circolazione delle merci — Misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative — Uva secca di Corinto — Normativa nazionale diretta alla protezione della qualità del prodotto — Limiti imposti all’immissione in commercio in funzione delle diverse regioni di produzione — Giustificazione — Proporzionalità»

Massime della sentenza

1.        Libera circolazione delle merci — Restrizioni quantitative all’esportazione — Misure di effetto equivalente — Articolo 29 CE — Effetto diretto — Portata

(Art. 29 CE)

2.        Libera circolazione delle merci — Restrizioni quantitative all’esportazione — Misure di effetto equivalente — Nozione

(Art. 29 CE)

3.        Libera circolazione delle merci — Restrizioni quantitative all’esportazione — Misure di effetto equivalente

(Artt. 29 CE e 30 CE)

4.        Libera circolazione delle merci — Restrizioni quantitative all’esportazione — Misure di effetto equivalente

(Art. 29 CE)

1.        Un’impresa che abbia per oggetto la trasformazione ed il confezionamento di uva secca ai fini della sua esportazione verso altri Stati membri e che sia stabilita in una regione determinata di uno Stato membro in cui è vietato, da una normativa nazionale, introdurre qualsiasi varietà di uva secca proveniente da regioni diverse di tale Stato ai fini della sua trasformazione e del suo confezionamento, per cui essa si trova nell’impossibilità di esportare l’uva secca proveniente da dette regioni, può validamente invocare, dinanzi ad un giudice nazionale, l’art. 29 CE.

(v. punto 23)

2.        Una normativa nazionale che vieta ad un operatore economico di rifornirsi di uva secca proveniente da zone geografiche nazionali diverse da quella in cui tale operatore è stabilito ha incontestabilmente un impatto sul volume delle esportazioni del medesimo, dato che l’interessato può trasformare e confezionare solo l’uva secca prodotta nella regione medesima in cui ha la sua sede. Ne consegue che una tale normativa nazionale è idonea ad ostacolare, perlomeno potenzialmente, gli scambi intracomunitari e costituisce, pertanto, una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all’esportazione, vietata, in via di principio, dall’art. 29 CE.

(v. punti 28-29)

3.        L’art. 29 CE deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale che prevede un divieto assoluto di introduzione, immagazzinamento, trasformazione e confezionamento, ai fini dell’esportazione, di uva secca rientrante nella denominazione di origine protetta «Vostizza» tra le due zone della regione A, poiché essa non consente di raggiungere in modo coerente gli obiettivi legittimi perseguiti e va oltre quanto necessario per garantirne la realizzazione.

Infatti, una soluzione che pregiudichi in minor misura la libera circolazione delle merci, come quella consistente nel prevedere linee di produzione separate, o addirittura magazzini distinti nei quali dev’essere immagazzinata, trasformata e confezionata solo l’uva secca avente una stessa origine geografica, può sicuramente essere presa in considerazione. Per di più, dato che la normativa nazionale di cui trattasi introduce regole divergenti per le diverse regioni di produzione di uva secca nel senso che i produttori situati nella regione B, che producono uva secca di qualità notoriamente inferiore a quella prodotta nella regione A, sono autorizzati a trasformare, a immagazzinare, a confezionare e a esportare uva secca proveniente da tutta la regione A, compresa la prima zona della medesima, di cui è originaria la detta varietà «Vostizza», non appare chiaramente perché una misura molto più restrittiva sia imposta ai produttori della seconda zona A, in quanto è loro puramente e semplicemente fatto divieto di trasformare uva secca proveniente dalla prima zona A in cui è prodotta la varietà «Vostizza». Ne consegue che un divieto assoluto di circolazione per l’uva secca tra le due zone della regione A, quale previsto dalla normativa di cui trattasi, non può essere considerato obiettivamente giustificato a titolo della protezione della proprietà industriale e commerciale ai sensi dell’art. 30 CE.

(v. punti 40, 44-46, 49, 62 e dispositivo)

4.        L’art. 29 CE deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale che prevede un divieto assoluto di introduzione, immagazzinamento, trasformazione e confezionamento, ai fini dell’esportazione, di uva secca tra la seconda zona di una regione A e un’altra regione B, poiché essa non consente di raggiungere in modo coerente gli obiettivi legittimi perseguiti e va oltre quanto necessario per garantirne la realizzazione.

Infatti, lo spirito delle disposizioni del Trattato in materia di libera circolazione delle merci osta a che gli Stati membri erigano sul loro territorio frontiere interne invalicabili per preservare l’asserita qualità superiore di taluni prodotti, tanto più che il diritto dell’Unione offre gli strumenti necessari alla preservazione della qualità di prodotti che presentano caratteristiche meritevoli di una protezione particolare.

Pertanto, da una parte, la normativa nazionale di cui trattasi non sembra coerente in quanto consente, nella regione B, la miscela di diverse varietà di uva secca, mentre nella totalità della regione A, inclusa la seconda zona della medesima, che non è protetta da una denominazione di origine protetta, è vietata qualsiasi miscela. Ne consegue che detta normativa non osta in modo assoluto a qualsiasi miscela di diverse varietà di uva secca e che, inoltre, il livello di qualità del prodotto non sembra essere stato il criterio determinante per il legislatore nazionale.

Dall’altra, dato che esistono altre misure che pregiudicano in minor misura la libera circolazione dell’uva secca prodotta nel territorio dello Stato membro interessato, quali la possibilità di imporre agli operatori interessati l’obbligo di disporre di linee di produzione e/o di magazzini separati nonché quella di applicare un’etichettatura adeguata in funzione della provenienza geografica dell’uva secca trasformata, come anche la possibilità di garantire il rispetto di tali obblighi mediante controlli a sorpresa e sanzioni appropriate, un divieto assoluto di circolazione di uva secca tra la seconda zona della regione A e la regione B, come previsto dalla normativa di cui trattasi, non può essere considerato giustificato a titolo della protezione dei consumatori e della prevenzione delle frodi, in quanto non persegue tale obiettivo in modo coerente e non è conforme ai requisiti del principio di proporzionalità.

(v. punti 55, 57-58, 60-62 e dispositivo)







SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

3 marzo 2011 (*)

«Libera circolazione delle merci – Misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative – Uva secca di Corinto – Normativa nazionale diretta alla protezione della qualità del prodotto – Limiti imposti all’immissione in commercio in funzione delle diverse regioni di produzione – Giustificazione – Proporzionalità»

Nel procedimento C‑161/09,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Symvoulio tis Epikrateias (Grecia) con decisione 29 maggio 2008, pervenuta in cancelleria l’8 maggio 2009, nella causa

Kakavetsos-Fragkopoulos AE Epexergasias kai Emporias Stafidas, già K. Fragkopoulos kai SIA OE,

contro

Nomarchiaki Aftodioikisi Korinthias,

con l’intervento di:

Ypourgos Georgias,

Enosis Agrotikon Synaiterismon Aigialeias tou Nomou Achaïas,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. J.‑J. Kasel (relatore), A. Borg Barthet, M. Ilešič e dalla sig.ra M. Berger, giudici,

avvocato generale: sig. P. Mengozzi

cancelliere: sig.ra R. Şereş, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8 luglio 2010,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Kakavetsos-Fragkopoulos AE Epexergasias kai Emporias Stafidas, già K. Fragkopoulos kai SIA OE, dall’avv. I. Ktenidis, dikigoros;

–        per il governo ellenico, dalle sig.re E. Leftheriotou e A. Vasilopoulou nonché dal sig. V. Kontilaimos, in qualità di agenti;

–        per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra C. Wissels e dal sig. J. Langer, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, dalla sig.ra M. Patakia, in qualità di agente,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 settembre 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 29 CE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone la K. Fragkopoulos kai SIA OE, impresa greca cui è succeduta la Kakavetsos-Fragkopoulos AE Epexergasias kai Emporias Stafidas (in prosieguo: la «Fragkopoulos»), alla Nomarchiaki Aftodioikisi Korinthias (Amministrazione provinciale di Corinto), per quanto riguarda il rifiuto opposto da quest’ultima di autorizzare la Fragkopoulos a trasportare, immagazzinare, trasformare e confezionare – ai fini della sua successiva esportazione – uva secca di Corinto sfusa proveniente da una zona geografica diversa da quella in cui tale impresa è stabilita.

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione

3        Il regolamento (CE) del Consiglio 28 ottobre 1996, n. 2201, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti trasformati a base di ortofrutticoli (GU L 297, pag. 29), prevede, al suo art. 1, che l’organizzazione comune dei mercati da esso istituita riguarda, tra l’altro, l’uva secca (codice NC 0806 20).

4        Il regolamento (CE) della Commissione 17 luglio 1998, n. 1549, che completa l’allegato del regolamento (CE) n. 1107/96 della Commissione relativo alla registrazione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine nel quadro della procedura di cui all’articolo 17 del regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio (GU L 202, pag. 25), reca, segnatamente, la registrazione della denominazione di origine protetta (in prosieguo: la «DOP») «Κορινθιακή σταφίδα Βοστίτσα (Korinthiaki Stafida Vostitsa)» nella rubrica «Prodotti elencati nell’allegato II del Trattato destinati all’alimentazione umana».

 La normativa nazionale

5        Ai termini dell’art. 1, della legge 553/1977, relativa alle misure di protezione e di aiuto all’esportazione di uva secca di Corinto ed ad altre questioni connesse (FEK A’ 73):

«1.      Le superfici sulle quali è coltivata l’uva secca di Corinto si dividono come segue:

a)      la regione Α, che comprende la sottoprefettura di Aigialea (eparchia), gli ex comuni di Erineo, Kratida e Felloi nella prefettura (nomos) di Achaia, e l’intera prefettura di Corinto;

b)      la regione B, che comprende le prefetture di Zante e Cefalonia, l’isola di Lefkada, la prefettura di Ilea, la prefettura di Achaia (tranne la sottoprefettura di Aigialea, gli ex comuni di Erineo, Kratida e Felloi) e la prefettura di Messenia.

2.      Nella regione A sono vietati l’importazione, l’immagazzinamento e il confezionamento dell’uva secca di Corinto proveniente dalla regione B, nonché la sua successiva esportazione all’estero.

3.      L’importazione nella regione B dell’uva secca di Corinto proveniente dalla regione A è invece autorizzata, nonché la successiva esportazione di quest’uva mescolata ad uva secca proveniente da questa regione, alle condizioni previste ai nn. 3 e 4 dell’art. 2 della presente legge.

4.      Sono altresì vietati il trasporto e il confezionamento dell’uva secca di Corinto della sottoprefettura di Aigialea e degli ex comuni di Erineo, Krathida e Felloi dalla prefettura di Achaia nella prefettura di Corinto e viceversa».

6        L’art. 2 della detta legge prevede quanto segue:

«1. Tutti i tipi di confezioni che contengono uva secca di Corinto prodotta nella regione A, confezionati in questa regione e destinati all’esportazione, devono in ogni caso recare la lettera “A” e l’indicazione:

a)      “ΒΟΣΤΙΤΣΑ” [“VOSTIZZA”] se si tratta di uva secca di Corinto prodotta nella sottoprefettura di Aigialea e negli ex comuni di Erineo, Krathida e Felloi della prefettura di Achaia, confezionata in questa regione ed esportata dal porto di Aigio;

b)      “ΚΟΡΦΟΣ” [“KORFOS”] (“GULF”) se si tratta di uva secca di Corinto prodotta nella prefettura di Corinto, confezionata nella medesima ed esportata dai porti di Kiato e di Corinto.

2.      È consentito porre nelle diverse confezioni di uva secca di Corinto delle regioni sopra citate opuscoli o stampati pubblicitari che descrivono la qualità e in generale il significato dei termini ‘‘Vostizza’’ o “Gulf”.

3.      Tutti i tipi di confezione contenenti l’uva secca di Corinto derivanti da una miscela dell’uva secca delle regioni A e B, confezionata nella regione B, devono in ogni caso recare l’indicazione “PROVINCIAL” e, facoltativamente, la denominazione del luogo di confezionamento.

4.      Tutti i tipi di confezioni contenenti uva secca di Corinto prodotta nella regione B, confezionata in questa regione e destinata all’esportazione, devono in ogni caso recare l’indicazione “PROVINCIAL” e, facoltativamente, le indicazioni esclusive che seguono:

a)      “ZANTE” per l’uva secca di Corinto prodotta e confezionata a Zante, e per l’uva secca di Corinto confezionata nella regione B in generale, proveniente dall’isola di Zante come attestato dalle autorizzazioni di trasporto rilasciate dall’ASO (Organismo autonomo dell’uva secca), ed esportata all’estero da un porto, qualunque esso sia, della zona B;

b)      “CEPHALLONIA” per l’uva secca di Corinto prodotta e confezionata a Cefalonia o Lefkada e per l’uva secca di Corinto prodotta e confezionata nella regione B in generale, proveniente dalla prefettura di Cefalonia e dall’isola di Lefkada, come attestato dalle autorizzazioni di trasporto rilasciate dall’ASO ed esportata all’estero da un porto, qualunque esso sia, della regione B;

c)      “AMALIAS” per l’uva secca di Corinto confezionata nella regione di Amaliada nonché per l’uva secca di Corinto confezionata nella regione B in generale e proveniente dalla regione di Amaliada, ovvero degli ex comuni di Elisi, Ilida, Pinion e Myrtoundion, dalla prefettura di Ileia, come attestato dalle autorizzazioni di trasporto rilasciate dall’ASO ed esportata all’estero da un porto, qualunque esso sia, della regione B;

(…)».

7        L’art. 3 della stessa legge così dispone:

«L’esportazione all’estero dell’uva secca di Corinto è effettuata come segue:

a)      quella recante il termine “Vostizza”, dal porto di Aigio;

b)      quella recante il termine “Gulf”, dai porti di Corinto e di Kiato;

c)      quella recante i termini “Zante”, “Cefalonia” e “Amalias”, da tutti i porti esportatori della regione B;

(…)»

8        Secondo il giudice del rinvio, dalla relazione introduttiva della legge 553/1977 emerge che la ragione della separazione delle regioni di produzione dell’uva secca in regione A e regione B risiede nel fatto che l’uva secca prodotta nella regione A è considerata di qualità superiore rispetto a quella proveniente dalla regione B. La regione A è a sua volta divisa in due zone nella prima delle quali viene prodotta l’uva secca di qualità più elevata. Quanto alle condizioni di trasporto dell’uva secca tra le regioni A e B, emerge parimenti dalla relazione introduttiva di tale legge che, per migliorare la qualità dell’uva secca proveniente dalla regione B, si può introdurre nella medesima uva secca della regione A e mescolarla con l’uva della regione B. Inoltre, i diversi contrassegni enunciati all’art. 2 di detta legge sono stati considerati indispensabili per garantire la protezione della qualità superiore dell’uva secca proveniente dalla regione A, informare i consumatori dell’origine dei prodotti, mettere in risalto le zone di produzione o quelle di confezionamento dell’uva secca e, infine, indirettamente, valorizzare il lavoro dei produttori di uva secca.

9        Con decreto 22 novembre 1993, l’Ypourgos Georgias (Ministero dell’Agricoltura) ha riconosciuto la denominazione «Vostizza» come DOP dell’uva secca di Corinto prodotta a partire dall’uva della varietà «uva nera di Corinto» proveniente dall’area della sottoprefettura di Aigialeia e dagli ex comuni di Erineo, di Krathida e di Felloï della prefettura di Achaia (prima zona della regione A). Peraltro, dal 2008 l’uva secca proveniente dall’isola di Zante, che è una delle regioni facenti parte della regione B, beneficia della DOP Σταφίδα Ζακύνθου (Stafida Zakynthou).

 Causa principale e questioni pregiudiziali

10      Dalla decisione di rinvio emerge che la Fragkopoulos, la cui attività consiste nella trasformazione e nell’immissione in commercio di uva secca di Corinto, possiede un laboratorio di trasformazione e di confezionamento di uva secca nella regione di Kiato (Corinzia). Tale regione è situata nella seconda zona della regione A dove è prodotta l’uva secca della varietà «Korfos», non coperta dalla DOP, tanto nazionale quanto comunitaria, di cui beneficiava, alla data dei fatti della causa principale, la sola varietà «Vostizza».

11      Per poter trasportare, immagazzinare, trasformare e confezionare nella prefettura di Corinto, ai fini della sua immissione in commercio – anche in altri Stati membri – uva secca proveniente da altre parti della regione A nonché dalla regione B, la Fragkopoulos ha chiesto un’autorizzazione a tale effetto presso la Nomarchiaki Aftodioikisi Korinthias.

12      Quest’ultima, il 27 giugno 2001, ha respinto detta domanda in base alle disposizioni della legge 553/1977.

13      Considerando che la normativa nazionale applicabile fosse contraria al diritto dell’Unione, la Fragkopoulos ha quindi proposto, in data 17 settembre 2001, un ricorso di annullamento di tale decisione presso il giudice del rinvio. Dinanzi a tale giudice, l’Ypourgos Georgias e l’Enosis Agrotikon Synaiterismon Aigialeias tou Nomou Achaïas (Unione delle cooperative agricole della prefettura di Achaia) sono intervenuti a favore del mantenimento della validità della decisione impugnata.

14      A sostegno del suo ricorso, la Fragkopoulos fa valere che l’obbligo, previsto all’art. 1 della legge 553/1977, per le imprese di trasformazione stabilite nella regione A di produzione dell’uva di Corinto di usare esclusivamente come materia prima uva secca proveniente dalla circoscrizione della regione A in cui esse sono stabilite – e il cui corollario consiste nel divieto di introduzione da parte di tali imprese di uva secca proveniente sia da altre circoscrizioni della regione A sia dalla totalità della regione B – oltrepassa i limiti di quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo relativo alla protezione della qualità nonché della notorietà dell’uva secca della varietà «Vostizza». Pertanto, detto obbligo sarebbe contrario ai requisiti del diritto dell’Unione e, più in particolare, alla libera circolazione delle merci nonché al principio di non discriminazione.

15      La Fragkopoulos sostiene, in particolare, a tal riguardo che la sua libertà economica e di concorrenza è pregiudicata dalla normativa ellenica in questione, la quale avrebbe per effetto che le imprese di trasformazione stabilite nella regione A, come la sua, non disponendo di materie prime sufficienti, sarebbero, pertanto, sottoutilizzate, mentre le imprese stabilite nella regione B possono acquistare uva secca proveniente dalle due regioni A e B, disponendo così di una materia prima abbondante e sono così in grado di produrre di più e ad un prezzo migliore.

16      Essa aggiunge che la produzione complessiva di uva secca nell’area della prefettura di Corinto ammonta a 9 000 tonnellate, quantità che sarebbe trasformata da cinque imprese le quali sono stabilite e sono operanti in tale prefettura, mentre nella regione B, che produce una quantità di 20 000 tonnellate di uva secca, le unità in attività sarebbero quattro, sicché la Fragkopoulos sarebbe in situazione di declino economico.

17      La Fragkopoulos precisa ancora che, con la sua domanda, essa non chiede l’autorizzazione a mescolare nella sua fabbrica diverse varietà di uva secca, così come essa non ha intenzione di alterarne la qualità o di abusare della DOP «Vostizza», ma essa mira solo ad ottenere il diritto di introdurre uva secca proveniente da aree diverse dalla Corinzia, di trasformarla e poi di esportarla, apponendo sulle confezioni interessate le menzioni previste dall’art. 2 della legge 553/1977, in funzione di ciascuna varietà concretamente in questione.

18      Il giudice del rinvio si interroga, in primo luogo, sulla possibilità per la Fragkopoulos di invocare, dinanzi ad un giudice nazionale, una disposizione come l’art. 29 CE nel caso in cui le restrizioni di cui trattasi riguardino il territorio appartenente ad un medesimo Stato membro e sono formalmente neutrali rispetto agli scambi intracomunitari. Essa rileva tuttavia, a tal riguardo, che le disposizioni della legge 553/1977 hanno l’effetto di impedire alla Fragkopoulos di introdurre, nella regione in cui essa è stabilita, uva secca proveniente da altre regioni della Repubblica ellenica non solo per trasformarla e confezionarla, ma anche per esportarla verso altri Stati membri.

19      In secondo luogo, nel caso in cui la Corte dovesse fornire una risposta affermativa a detto interrogativo, il giudice del rinvio rileva che, anche se, formalmente, le disposizioni nazionali di cui trattasi non operano una distinzione tra il commercio interno ed il commercio di esportazione, esse hanno tuttavia l’effetto di restringere, anche solo potenzialmente, il flusso delle esportazioni in direzione di altri Stati membri. Esso si pone quindi la questione se le disposizioni della legge 553/1977 siano in linea di principio contrarie all’art. 29 CE e, eventualmente, se esse possano essere giustificate a titolo dell’art. 30 CE e se sia rispettato il principio di proporzionalità.

20      In tale contesto, il Symvoulio tis Epikrateias ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se un’impresa come la ricorrente, ovvero un’impresa di trasformazione e di confezionamento di uva secca, stabilita in una determinata regione del paese, in cui la legge vieta l’introduzione ai fini della trasformazione e del confezionamento di diverse varietà di frutto dell’uva secca provenienti da altre regioni del paese, e che si trova quindi nell’impossibilità di esportare l’uva secca che sarebbe stata ottenuta dalla trasformazione delle varietà sopra menzionate, possa far valere dinanzi al giudice che le relative misure legislative sono in contrasto con l’art. 29 del Trattato CE.

2)      In caso di soluzione affermativa della prima questione (...), se disposizioni come quelle del diritto nazionale ellenico, che disciplinano la presente controversia e che, da un lato, vietano l’introduzione, l’immagazzinamento e la trasformazione dell’uva allo scopo della sua successiva esportazione, da varie regioni del paese, in una determinata regione in cui è consentita solo la trasformazione dell’uva prodotta localmente, e, dall’altro, riservano la possibilità di riconoscimento della DOP solo all’uva che sia stata sottoposta a trasformazione e confezionata nella regione determinata in cui è stata ottenuta, contrastino o meno con l’art. 29 CE, che vieta l’imposizione di restrizioni quantitative all’esportazione e qualsiasi misura di effetto equivalente.

3)      In caso di soluzione affermativa della seconda questione (...), se la tutela della qualità di un prodotto, che venga determinato geograficamente dalla legge nazionale di uno Stato membro e a cui non sia stata riconosciuta la possibilità di recare un particolare titolo distintivo che indichi la sua qualità superiore e unicità, generalmente riconosciute, connesse alla sua provenienza da una determinata regione geografica, costituisca o meno, ai sensi dell’art. 30 CE che istituisce la Comunità europea, un legittimo obiettivo di interesse generale che consente una deroga all’art. 29 CE, il quale vieta l’imposizione di restrizioni quantitative all’esportazione del prodotto di cui trattasi e qualsiasi misura di effetto equivalente».

 Sulle questioni pregiudiziali

21      Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se e, eventualmente, in che misura l’art. 29 CE osti ad una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale la quale, da una parte, vieta l’introduzione, l’immagazzinamento, la trasformazione e il confezionamento, ai fini della sua esportazione, di uva secca, proveniente da diverse regioni dello Stato membro interessato, in una regione precisa di detto Stato in cui è permesso immagazzinare, trasformare e confezionare solo uva prodotta localmente, e, dall’altra, riserva la DOP «Vostizza» alla sola uva secca che è stata trasformata e confezionata nella regione stessa in cui è stata prodotta.

22      In via preliminare, occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 29 CE, sono vietate tra gli Stati membri le restrizioni quantitative all’importazione, nonché ogni misura di effetto equivalente. Secondo una costante giurisprudenza, a detto articolo è riconosciuto un effetto diretto ed esso conferisce quindi ai singoli diritti che i giudici degli Stati membri sono tenuti a tutelare (v. in tal senso, in particolare, sentenze 29 novembre 1978, causa 83/78, Redmond, Racc. pag. 2347, punti 66 e 67, nonché 9 giugno 1992, causa C‑47/90, Delhaize e Le Lion, Racc. pag. I‑3669, punto 28).

23      Di conseguenza, un’impresa che si trovi nella situazione della Fragkopoulos, che abbia per oggetto la trasformazione ed il confezionamento di uva secca ai fini della sua esportazione verso altri Stati membri e che sia stabilita in una regione determinata di uno Stato membro in cui è vietato, da una normativa nazionale, introdurre qualsiasi varietà di uva secca proveniente da regioni diverse di tale Stato ai fini della sua trasformazione e del suo confezionamento, per cui essa si trova nell’impossibilità di esportare l’uva secca proveniente da dette regioni, può validamente invocare, dinanzi ad un giudice nazionale, l’art. 29 CE.

24      Per quanto riguarda la portata di detto articolo, occorre valutare successivamente se una normativa come quella di cui trattasi nella causa principale costituisca una restrizione al principio fondamentale della libera circolazione delle merci e, eventualmente, se essa possa essere obiettivamente giustificata.

 Sull’esistenza di una restrizione ai sensi dell’art. 29 CE

25      A tal riguardo occorre, in primo luogo, determinare se una normativa nazionale del tipo di quella di cui trattasi nella causa principale costituisca una restrizione quantitativa all’esportazione o una misura il cui effetto sia equivalente ad una tale restrizione ai sensi dell’art. 29 CE.

26      Poiché la normativa di cui trattasi nella causa principale non introduce direttamente restrizioni quantitative all’esportazione, non si può ritenere che la medesima costituisca, in quanto tale, una restrizione quantitativa all’esportazione ai sensi di detto articolo del Trattato CE.

27      Quanto alla questione se detta normativa presenti le caratteristiche di una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all’esportazione ai sensi del medesimo articolo, occorre precisare che, come risulta dall’art. 1 del regolamento n. 2201/96, l’uva secca è oggetto di un’organizzazione comune dei mercati come quella di cui all’art. 34 CE. Occorre aggiungere che, come emerge dalla giurisprudenza della Corte, in un’ipotesi di tal genere costituisce una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all’esportazione qualsiasi misura che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari (v., in particolare, sentenze 26 febbraio 1980, causa 94/79, Vriend, Racc. pag. 327, punto 8, e 15 aprile 1997, causa C‑272/95, Deutsches Milch-Kontor, Racc. pag. I‑1905, punto 24).

28      Orbene, è giocoforza constatare che una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale, in quanto vieta ad un operatore economico quale la Fragkopoulos di rifornirsi di uva secca proveniente da zone geografiche nazionali diverse da quella in cui tale operatore è stabilito – nella fattispecie la prima zona della regione A nonché la totalità della regione B –, ha incontestabilmente un impatto sul volume delle esportazioni del medesimo, dato che l’interessato può trasformare e confezionare solo l’uva secca prodotta nella regione medesima in cui ha la sua sede - ovvero la seconda zona della regione A (v. in tal senso, parimenti, sentenza 8 novembre 2005, causa C‑293/02, Jersey Produce Marketing Organisation, Racc. pag. I‑9543, punto 80).

29      Ne consegue che una tale normativa nazionale è idonea ad ostacolare, perlomeno potenzialmente, gli scambi intracomunitari e costituisce, pertanto, una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all’esportazione, vietata, in via di principio, dall’art. 29 CE. Nella fattispecie ciò vale a maggior ragione in quanto l’art. 1 della legge 553/1977 vieta esplicitamente, ai suoi nn. 2 e 4, l’esportazione di uva secca di Corinto qualora essa non soddisfi le condizioni imposte da tale legge per la sua trasformazione, il suo immagazzinamento e il suo confezionamento nello stesso luogo di produzione della medesima.

30      Inoltre, quanto alla circostanza che la DOP «Vostizza» è riservata alla sola uva secca trasformata e confezionata nella regione stessa in cui tale uva è stata prodotta, basta ricordare che, conformemente ad una giurisprudenza costante, il fatto di subordinare l’uso di una DOP registrata a livello dell’Unione europea a condizioni legate alla regione di produzione costituisce parimenti una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all’esportazione ai sensi dell’art. 29 CE (v. in tal senso, in particolare, sentenze 20 maggio 2003, causa C‑469/00, Ravil, Racc. pag. I‑5053, punto 88 nonché causa C‑108/01, Consorzio del Prosciutto di Parma e Salumificio S. Rita, Racc. pag. I‑5121, punto 59).

31      Ciò premesso, occorre, in secondo luogo, determinare se tali restrizioni alla libera circolazione delle merci possano essere oggettivamente giustificate.

 Sulle eventuali giustificazioni delle restrizioni in questione

32      Dato che solo l’uva secca prodotta nella prima zona della regione A, vale a dire quella della varietà «Vostizza», è coperta da una DOP, occorre effettuare una distinzione, per quanto riguarda un’eventuale giustificazione della normativa nazionale in questione, tra, da una parte, il divieto di circolazione di uva secca tra le due zone della regione A e, dall’altra, il divieto di introdurre uva secca proveniente dalla regione B nella seconda zona della regione A, zona in cui si trova la sede della Fragkopoulos e alla quale non è stata riconosciuta una DOP.

 Sul divieto di circolazione tra le due zone della regione A

33      Per quanto riguarda il primo aspetto enunciato al punto precedente, emerge dagli elementi del fascicolo sottoposto alla Corte che l’obbligo di trasformare e confezionare l’uva secca della varietà «Vostizza» unicamente nella prima zona della regione A nonché, in correlazione, il divieto, previsto all’art. 1, n. 4, della legge 553/1977, di qualsiasi circolazione di uva secca tra le due zone della regione A, con la conseguenza che un produttore stabilito nella seconda zona di detta regione si trova nell’impossibilità assoluta di trasformare e confezionare uva secca della varietà «Vostizza», mira a tutelare la DOP di cui tale varietà beneficia a titolo del diritto dell’Unione.

34      A tal riguardo occorre rilevare che la normativa dell’Unione manifesta una tendenza generale alla valorizzazione della qualità dei prodotti nell’ambito della politica agricola comune, al fine di promuoverne la reputazione grazie, in particolare, all’uso di denominazioni di origine oggetto di una tutela particolare (v. sentenza 16 maggio 2000, causa C‑388/95, Belgio/Spagna, Racc. pag. I‑3123, punto 53). Tale tendenza si è manifestata mediante l’adozione del regolamento (CEE) del Consiglio 14 luglio 1992, n. 2081, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli ed alimentari (GU L 208, pag. 1), il quale, alla luce dei suoi ‘considerando’, mira in particolare a soddisfare l’attesa dei consumatori in materia di prodotti di qualità e di un’origine geografica certa nonché a facilitare il conseguimento da parte dei produttori, in condizioni di concorrenza uguali, di migliori redditi in contropartita di uno sforzo qualitativo reale (v. citate sentenze Ravil, punto 48, nonché Consorzio del Prosciutto di Parma e Salumificio S. Rita, punto 63).

35      La normativa pertinente tutela i beneficiari contro l’uso illegittimo delle denominazioni di origine da parte di terzi che intendano profittare della reputazione da essi acquisita. Tali denominazioni sono dirette a garantire che il prodotto cui sono attribuite provenga da una zona geografica determinata e possieda talune caratteristiche particolari. Esse possono godere di una grande reputazione presso i consumatori e costituire per i produttori che soddisfano le condizioni per usarle un mezzo essenziale per costituirsi una clientela. La reputazione delle denominazioni di origine dipende dall’immagine di cui queste godono presso i consumatori. A sua volta, tale immagine dipende, essenzialmente, dalle caratteristiche particolari e, in generale, dalla qualità del prodotto (v. sentenza Belgio/Spagna, cit., punti 54-56). Nella percezione del consumatore, il nesso tra la reputazione dei produttori e la qualità dei prodotti dipende, inoltre, dalla sua convinzione che i prodotti venduti con la denominazione di origine sono autentici (v. citate sentenze Ravil, punto 49, e Consorzio del Prosciutto di Parma e Salumificio S. Rita, punto 64).

36      Conformemente all’art. 30 CE, l’art. 29 CE non osta a divieti o restrizioni all’esportazione giustificati da motivi, segnatamente, di protezione della proprietà industriale e commerciale.

37      Poiché è indubbio che le denominazioni di origine rientrino nei diritti di proprietà industriale e commerciale ai sensi dell’art. 30 CE, una condizione quale quella di cui trattasi nella causa principale, che vieta qualsiasi trasporto di uva secca tra le due zone della regione A, malgrado i suoi effetti restrittivi sugli scambi deve essere considerata conforme al diritto dell’Unione se è dimostrato che costituisce un mezzo necessario e proporzionato idoneo a preservare la reputazione della DOP «Κορινθιακή Σταφίδα Βοστίτσα (Korinthiaki Stafida Vostitsa)» (v., in tal senso, citate sentenze Belgio/Spagna, punti 58 e 59, nonché Consorzio del Prosciutto di Parma e Salumificio S. Rita, punto 66).

38      Orbene, se una misura di tale tipo è certamente idonea a proteggere la DOP di cui beneficia l’uva secca della varietà «Vostizza», per concludere che essa è giustificata non basta, tuttavia, contrariamente a quanto afferma il giudice del rinvio, constatare che nessun’altra misura può presentare lo stesso grado di efficacia quanto un divieto assoluto di circolazione di uva secca tra le due zone della regione A.

39      Al contrario, ai fini dell’esame della proporzionalità della restrizione di cui trattasi, occorre ancora verificare se i mezzi adoperati in tale contesto non vadano oltre quanto necessario per raggiungere l’obiettivo legittimo perseguito. In altri termini, occorrerà valutare se non vi siano misure alternative idonee a realizzare in pari modo tale obiettivo, ma con un effetto meno restrittivo sugli scambi intracomunitari.

40      A tal riguardo occorre rilevare che, come ha fatto valere il governo dei Paesi Bassi nelle sue osservazioni scritte e come ha ricordato l’avvocato generale al paragrafo 77 delle sue conclusioni, una soluzione che pregiudichi in minor misura la libera circolazione delle merci, come quella consistente nel prevedere linee di produzione separate, o addirittura magazzini distinti nei quali dev’essere immagazzinata, trasformata e confezionata solo l’uva secca avente una stessa origine geografica, può sicuramente essere presa in considerazione.

41      La Fragkopoulos ha peraltro sottolineato che la sua domanda, all’origine del procedimento principale, non è affatto diretta ad ottenere l’autorizzazione a mescolare le diverse varietà di uva secca. Per di più, la Fragkopoulos ha precisato in udienza che il numero di produttori di uva secca stabiliti nelle due zone della regione A è inferiore a 10, per cui, come ha esposto l’avvocato generale al paragrafo 78 delle sue conclusioni, controlli a sorpresa effettuati sui rispettivi siti di produzione potrebbero facilmente essere realizzati. Del resto, poiché la miscela di diverse varietà di uva secca è autorizzata nella regione B, controlli di tale tipo avrebbero una ragion d’essere solo nell’ambito della regione A.

42      Inoltre, occorre ricordare in tale contesto che una misura restrittiva può essere considerata conforme ai requisiti del diritto dell’Unione solo ove risponda davvero all’esigenza di conseguire la realizzazione dell’obiettivo perseguito in modo coerente e sistematico.

43      Orbene, sembra che non sia stato previsto nella legge 553/1977, per quanto riguarda l’uva secca della varietà «Vostizza» che beneficia di una DOP, un disciplinare del tipo di quello previsto dalle normative nazionali in questione nelle cause che hanno dato luogo alle sentenze citate Ravil nonché Consorzio del Prosciutto di Parma e Salumificio S. Rita. In assenza di criteri obiettivi definiti in anticipo, quali la descrizione dettagliata del prodotto protetto nonché le sue principali caratteristiche, gli elementi atti a provare che il prodotto interessato è originario di un’area geografica determinata, la descrizione del metodo, eventualmente locale, di ottenimento di tale prodotto, come le condizioni da rispettare ai fini dell’uso della DOP, sembra tuttavia difficile garantire l’asserita elevata qualità del prodotto che la DOP è intesa a tutelare.

44      Per di più, occorre osservare che la normativa nazionale in questione nella causa principale introduce regole divergenti per le diverse regioni di produzione di uva secca.

45      Così, è pacifico che i produttori situati nella regione B sono autorizzati a trasformare, immagazzinare, confezionare e esportare uva secca proveniente da tutta la regione A, compresa la prima zona della medesima, di cui è originaria la varietà «Vostizza». A tal riguardo, la normativa ellenica prevede solo un obbligo di contrassegnare in modo adeguato la miscela di uva secca di tali differenti provenienze, eventualmente mediante un’etichettatura da cui emerga tale miscela di uva secca proveniente dalle regioni A e B. Il legislatore ellenico sembra dunque aver considerato che operatori stabiliti in un’area da cui proviene uva secca di qualità notoriamente inferiore possano validamente trasformare uva secca di qualità superiore prodotta in un’altra regione geografica, compresa quella che beneficia di una DOP, purché sia rispettato un semplice obbligo di etichettatura in modo da impedire imbrogli.

46      Orbene, come ha sottolineato l’avvocato generale al paragrafo 75 delle sue conclusioni, non emerge in modo evidente il motivo per cui una prassi del genere non possa essere adottata nelle due zone della regione A. In altri termini, non appare chiaramente perché una misura molto più restrittiva sia imposta ai produttori della seconda zona A, in quanto è loro puramente e semplicemente fatto divieto di trasformare uva secca proveniente dalla prima zona A in cui è prodotta la varietà «Vostizza».

47      La Fragkopoulos ha peraltro sottolineato, senza essere contraddetta su tale punto, che la sua domanda non era affatto diretta ad avvantaggiarsi indebitamente della DOP riservata all’uva secca proveniente dalla prima zona della regione A e che essa era disposta ad utilizzare un’etichettatura dei prodotti da cui emergesse chiaramente la provenienza geografica rispettiva dell’uva secca interessata.

48      Del resto, il sistema quale attualmente in vigore in Grecia sembra ancor più problematico per quanto riguarda la sua coerenza da quando, nel 2008, l’uva secca proveniente dall’isola di Zante, ovvero un’area rientrante nella regione B, in cui l’uva secca è incontestabilmente di qualità minore, ottiene il beneficio di una DOP, mentre l’uva secca proveniente dalla seconda zona della regione A, che è comparativamente di miglior qualità, non è sinora protetta.

49      Ciò premesso, occorre constatare che un divieto assoluto di circolazione di uva secca tra le due zone della regione A, quale quello previsto dalla normativa di cui trattasi della causa principale, non può essere considerato obiettivamente giustificato a titolo della protezione della proprietà industriale e commerciale ai sensi dell’art. 30 CE in quanto esso non persegue tale obiettivo in modo coerente e non è conforme ai requisiti del principio di proporzionalità.

 Sul divieto di circolazione nella seconda zona della regione A di prodotti provenienti dalla regione B

50      Per quanto riguarda il secondo aspetto enunciato al punto 32 della presente sentenza, ovvero il divieto di introdurre uva secca proveniente dalla regione B nella seconda zona della regione A, nel modo in cui tale divieto è previsto all’art. 1, n. 2, della legge 553/1977, occorre ricordare che l’uva secca della varietà «Korfos», prodotta in detta seconda zona in cui è stabilita la Fragkopoulos, non è coperta dalla DOP di cui beneficia l’uva secca della varietà «Vostizza» proveniente dalla prima zona della regione A. Ne consegue che il divieto di introdurre nella seconda zona della regione A uva secca proveniente dalla regione B non può essere giustificato dalla necessità di proteggere tale DOP.

51      Tuttavia, emerge da una giurisprudenza costante che una misura nazionale avente effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all’esportazione, in linea di principio contraria all’art. 29 CE, può essere giustificata non solo da uno dei motivi enunciati all’art. 30 CE, ma anche da una ragione imperativa di interesse generale, sempre che sia proporzionata al legittimo scopo perseguito (v., in particolare, sentenza 16 dicembre 2008, causa C‑205/07, Gysbrechts e Santurel Inter, Racc. pag. I‑9947, punto 45).

52      Occorre dunque determinare nella fattispecie se, in una situazione in cui non è stata registrata alcuna DOP a livello dell’Unione per l’uva secca prodotta nella seconda zona della regione A, cioè l’uva della varietà «Korfos», sia possibile invocare validamente uno dei motivi di giustificazione di cui all’art. 30 CE, oppure una ragione imperativa di interesse generale.

53      In primo luogo, il governo ellenico fa valere che lo scopo perseguito dalla normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale è quello di evitare le miscele tra diverse varietà di uva secca per preservare la qualità dell’uva secca prodotta nella regione A, la quale è considerata di qualità superiore rispetto a quella prodotta nella regione B.

54      Tuttavia, si deve rilevare che un provvedimento nazionale che ostacola la libera circolazione delle merci non può essere giustificato soltanto perché è finalizzato a promuovere, nello Stato membro, l’asserita qualità di un prodotto senza che il medesimo sia provvisto di una DOP (v., in tal senso, sentenza 14 settembre 2006, cause riunite C‑158/04 e C‑159/04, Alfa Vita Vassilopoulos e Carrefour-Marinopoulos, Racc. pag. I‑8135, punto 23).

55      Infatti, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 66 delle sue conclusioni, lo spirito delle disposizioni del Trattato in materia di libera circolazione delle merci osta a che gli Stati membri erigano sul loro territorio frontiere interne invalicabili per preservare l’asserita qualità superiore di taluni prodotti, tanto più che il diritto dell’Unione offre gli strumenti necessari alla preservazione della qualità di prodotti che presentano caratteristiche meritevoli di una protezione particolare (v., in tal senso, anche punti 34 e segg. della presente sentenza).

56      In secondo luogo, il giudice del rinvio espone nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale che l’uva secca proveniente dalla regione A gode di una reputazione e di un apprezzamento particolare presso i consumatori in Grecia. Sulla base di tale valutazione, esso sembra ammettere che la normativa nazionale in questione trovi la sua ragion d’essere nella tutela dei consumatori, mirando ad impedire qualsiasi possibilità di frode risultante da una miscela di diverse varietà di uva secca.

57      A tal riguardo occorre ricordare, come risulta già dai punti 43 e segg. della presente sentenza, che la normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale non sembra coerente in quanto essa consente, nella regione B, la miscela di diverse varietà di uva secca – incluse quelle provenienti dalla regione A nel suo complesso, la quale comprende un’area che beneficia di una DOP –, mentre nella totalità della regione A, inclusa la seconda zona della medesima, che non è protetta da una DOP, è vietata qualsiasi miscela.

58      Ne consegue che detta normativa non osta in modo assoluto a qualsiasi miscela di diverse varietà di uva secca e che, inoltre, il livello di qualità del prodotto non sembra essere stato il criterio determinante per il legislatore.

59      Ad ogni modo, pur supponendo che l’obiettivo legittimo di interesse generale relativo alla protezione dei consumatori e alla prevenzione di qualsiasi frode possa essere utilmente invocato nel procedimento principale, occorrerebbe ancora accertarsi che la restrizione in questione sia conforme al principio di proporzionalità.

60      Orbene, per i medesimi motivi descritti ai punti 40 e 41 della presente sentenza, e che si applicano mutatis mutandis anche all’esame della proporzionalità delle misure che vietano l’introduzione di uva secca proveniente dalla regione B nella seconda zona della regione A, occorre concludere che esistono altre misure che pregiudicano in minor misura la libera circolazione dell’uva secca prodotta sul territorio ellenico, quali la possibilità di imporre agli operatori interessati l’obbligo di disporre di linee di produzione e/o di magazzini separati nonché quella di applicare un’etichettatura adeguata in funzione della provenienza geografica dell’uva secca trasformata, come anche la possibilità di garantire il rispetto di tali obblighi mediante controlli a sorpresa e sanzioni appropriate.

61      Ciò premesso, un divieto assoluto di circolazione di uva secca tra la seconda zona della regione A e la regione B, come previsto dalla normativa di cui trattasi nella causa principale, non può essere considerato giustificato a titolo della protezione dei consumatori e della prevenzione delle frodi, in quanto non persegue tale obiettivo in modo coerente e non è conforme ai requisiti del principio di proporzionalità.

62      Con riferimento a tutte le considerazioni che precedono, occorre risolvere le questioni proposte dichiarando che l’art. 29 CE deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nella causa principale, che prevede un divieto assoluto di introduzione, immagazzinamento, trasformazione e confezionamento, ai fini dell’esportazione, di uva secca tanto tra le due zone della regione A quanto tra la seconda zona della regione A e la regione B, poiché essa non consente di raggiungere in modo coerente gli obiettivi legittimi perseguiti e va oltre quanto necessario per garantirne la realizzazione.

 Sulle spese

63      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

L’art. 29 CE deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nella causa principale, che prevede un divieto assoluto di introduzione, immagazzinamento, trasformazione e confezionamento, ai fini dell’esportazione, di uva secca tanto tra le due zone della regione A quanto tra la seconda zona della regione A e la regione B, poiché essa non consente di raggiungere in modo coerente gli obiettivi legittimi perseguiti e va oltre quanto necessario per garantirne la realizzazione.

Firme


* Lingua processuale: il greco.