Causa C‑70/09

Alexander Hengartner

e

Rudolf Gasser

contro

Landesregierung Vorarlberg

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal

Verwaltungsgerichtshof (Austria)]

«Accordo tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall’altra, sulla libera circolazione delle persone — Affitto di una zona venatoria — Tassa regionale — Nozione di attività economica — Principio della parità di trattamento»

Massime della sentenza

1.        Libera prestazione dei servizi — Servizi — Nozione

2.        Accordi internazionali — Accordo CE-Svizzera sulla libera circolazione delle persone — Libera prestazione dei servizi

(Accordo CE-Svizzera sulla libera circolazione delle persone, artt. 1, 2 e 15 e allegati I, II e III)

1.        Qualora l’obbligazione contrattuale consista nel mettere a disposizione delle parti, dietro compenso e a talune condizioni, un’area territoriale in uno Stato membro per praticarvi la caccia, il contratto di affitto verte su una prestazione di servizi. Esso presenta inoltre un carattere transfrontaliero qualora gli affittuari siano cittadini svizzeri. Detti affittuari devono essere considerati destinatari di un servizio consistente nella concessione del godimento, dietro pagamento, di un diritto di caccia entro tale spazio territoriale e limitato nel tempo.

(v. punti 31-33)

2.        Le disposizioni dell’Accordo tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall’altra, sulla libera circolazione delle persone, non ostano a che un cittadino di una parte contraente sia assoggettato, sul territorio dell’altra parte contraente, in veste di destinatario di servizi, a un trattamento diverso rispetto a quello riservato alle persone che hanno la loro residenza principale su detto territorio, ai cittadini dell’Unione nonché alle persone ad essi equiparati in forza del diritto dell’Unione, con riferimento alla riscossione di una tassa per una prestazione di servizi quale la messa a disposizione di un diritto di caccia.

Infatti, se è vero che l’art. 2 dell’Accordo riguarda il principio di non discriminazione, esso però vieta in modo generale e assoluto non qualsivoglia discriminazione dei cittadini di una delle parti contraenti che soggiornano sul territorio dell’altra parte, bensì solo le discriminazioni fondate sulla nazionalità e nei limiti in cui la situazione di tali cittadini rientri dell’ambito di applicazione ratione materiae delle disposizioni degli allegati I‑III di tale Accordo. L’Accordo e i suoi allegati non contengono alcuna norma specifica diretta a garantire il godimento, da parte dei destinatari di servizi, del principio di non discriminazione nell’ambito dell’applicazione delle normative fiscali relative alle operazioni commerciali aventi ad oggetto una prestazione di servizi. Peraltro, poiché la Confederazione svizzera non ha aderito al mercato interno della Comunità diretto a rimuovere tutti gli ostacoli al fine di creare uno spazio di libertà di circolazione completa simile a quello che offre un mercato nazionale, il quale comprende, inter alia, la libera prestazione di servizi e la libertà di stabilimento, l’interpretazione data alle disposizioni del diritto dell’Unione relative a tale mercato interno non può essere automaticamente trasposta all’interpretazione dell’Accordo, salvo disposizioni espresse a tal fine previste dall’Accordo stesso.

(v. punti 39-43 e dispositivo)







SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

15 luglio 2010 (*)

«Accordo tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall’altra, sulla libera circolazione delle persone – Affitto di una zona venatoria – Tassa regionale – Nozione di attività economica – Principio della parità di trattamento»

Nel procedimento C‑70/09,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Verwaltungsgerichtshof (Austria), con decisione 21 gennaio 2009, pervenuta in cancelleria il 17 febbraio 2009, nella causa

Alexander Hengartner,

Rudolf Gasser

contro

Landesregierung Vorarlberg,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. G. Arestis, J. Malenovský e T. von Danwitz, giudici,

avvocato generale: sig. N. Jääskinen

cancelliere: sig. K. Malacek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 27 gennaio 2010,

considerate le osservazioni presentate:

–        per i sigg. Hengartner e Gasser, dall’avv. A. Wittwer, Rechtsanwalt;

–        per la Vorarlberger Landesregierung, dal sig. J. Müller, in qualità di agente;

–        per il governo austriaco, dai sigg. E. Riedl, E. Pürgy e W. Hämmerle, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, dai sigg. W. Mölls e T. Scharf, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 20 maggio 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione di disposizioni dell’allegato I dell’Accordo tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall’altra, sulla libera circolazione delle persone, firmato a Lussemburgo il 21 giugno 1999 (GU 2002, L 114, pag. 6).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia pendente tra i sigg. Hengartner e Gasser, cittadini svizzeri, e la Landesregierung Vorarlberg (governo del Land Vorarlberg), in merito alla riscossione di una tassa venatoria, allorché a questi ultimi è stata applicata un’aliquota d’imposta superiore rispetto a quella cui sono assoggettati, in particolare, i cittadini dell’Unione europea.

 Contesto normativo

 L’Accordo sulla libera circolazione delle persone

3        La Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall’altra, hanno firmato in data 21 giugno 1999 sette accordi, tra cui l’Accordo sulla libera circolazione delle persone (in prosieguo: l’«Accordo»). Tali sette accordi sono stati approvati a nome della Comunità, con decisione del Consiglio e della Commissione 4 aprile 2002, 2002/309/CE, Euratom (GU L 114, pag. 1), e sono entrati in vigore il 1° giugno 2002.

4        L’Accordo è diretto, tra l’altro, conformemente al suo art. 1, lett. a) e b), a concedere, a favore dei cittadini degli Stati membri della Comunità europea e della Confederazione svizzera, un diritto di ingresso, di soggiorno, di accesso a un’attività economica dipendente, di stabilimento quale lavoratore autonomo e il diritto di rimanere sul territorio delle parti contraenti nonché ad agevolare la prestazione di servizi sul territorio delle parti contraenti, in particolare quella di breve durata.

5        L’art. 2 di detto Accordo, intitolato «Non discriminazione», prevede quanto segue:

«In conformità delle disposizioni degli allegati I, II e III del presente Accordo, i cittadini di una parte contraente che soggiornano legalmente sul territorio di un’altra parte contraente non sono oggetto, nell’applicazione di dette disposizioni, di alcuna discriminazione fondata sulla nazionalità».

6        L’art. 4 dell’Accordo, intitolato «Diritto di soggiorno e di accesso a un’attività economica», così recita:

«Il diritto di soggiorno e di accesso a un’attività economica è garantito fatte salve le disposizioni dell’articolo 10 e conformemente alle disposizioni dell’allegato I».

7        L’art. 5 dell’Accordo contiene alcune disposizioni relative alla prestazione di servizi. Ai sensi del suo n. 3, le «persone fisiche di uno Stato membro della Comunità europea o della Svizzera che si recano nel territorio di una parte contraente unicamente in veste di destinatari di servizi godono del diritto di ingresso e di soggiorno». Il n. 4 del suddetto articolo precisa che i diritti di cui al detto art. 5 sono garantiti conformemente alle disposizioni degli allegati I‑III dell’Accordo.

8        Ai sensi dell’art. 15 dell’Accordo, gli allegati e i protocolli del presente Accordo ne costituiscono parte integrante.

9        L’art. 16 dell’Accordo, intitolato «Riferimento al diritto comunitario», è formulato come segue:

«1.      Per conseguire gli obiettivi definiti dal presente Accordo, le parti contraenti prendono tutte le misure necessarie affinché nelle loro relazioni siano applicati diritti e obblighi equivalenti a quelli contenuti negli atti giuridici della Comunità europea ai quali viene fatto riferimento.

2.      Nella misura in cui l’applicazione del presente Accordo implica nozioni di diritto comunitario, si terrà conto della giurisprudenza pertinente della Corte di giustizia delle Comunità europee precedente alla data della sua firma. La giurisprudenza della Corte successiva alla firma del presente Accordo verrà comunicata alla Svizzera. Per garantire il corretto funzionamento dell’Accordo, il Comitato misto determina, su richiesta di una delle parti contraenti, le implicazioni di tale giurisprudenza».

10      L’art. 17 dell’allegato I dell’Accordo vieta, nei casi di cui all’art. 5 dell’Accordo, qualsiasi limitazione a una prestazione di servizi transfrontaliera sul territorio di un’altra parte contraente che non superi 90 giorni di lavoro effettivo per anno civile, nonché, in presenza di determinate condizioni, qualsiasi limitazione relativa all’ingresso e al soggiorno.

11      L’art. 23 dell’allegato I dell’Accordo è formulato come segue:

«1.      Al destinatario di servizi di cui all’articolo 5, paragrafo 3, del presente Accordo non occorre una carta di soggiorno qualora la durata del soggiorno sia inferiore o uguale a tre mesi. Per soggiorni di durata superiore a tre mesi, il destinatario di servizi riceve una carta di soggiorno della stessa durata della prestazione. Egli può essere escluso dall’assistenza sociale durante il soggiorno.

2.      La carta di soggiorno è valida in tutto il territorio dello Stato che l’ha rilasciata».

 La normativa nazionale

12      L’art. 2 della legge del Land Vorarlberg sulla caccia (Vorarlberger Gesetz über das Jagdwesen; LGBl. 32/1988), nella sua versione applicabile ai fatti della causa principale (LGBl. 54/2008), prevede quanto segue:

«Contenuto ed esercizio del diritto di caccia

1.      Il diritto di caccia costituisce il fondamento di qualsiasi esercizio venatorio. Esso è legato alla proprietà fondiaria e include il diritto di gestire, cacciare ed appropriarsi della selvaggina.

2.      Il proprietario fondiario può disporre del suo diritto di caccia soltanto qualora le sue terre costituiscano un territorio di caccia privato (titolare di un diritto di caccia privata). La facoltà di godere del diritto di caccia su tutti gli altri terreni spetta alle società venatorie.

3.      I titolari del diritto di caccia (n. 2) possono sia utilizzare essi stessi i loro terreni di caccia a scopo venatorio, sia trasferirne il godimento ad affittuari (titolari del diritto di usufruire della caccia)».

13      L’art. 20 della suddetta legge è formulato come segue:

«Affitto di una zona venatoria

1.      L’affitto di una zona venatoria può avvenire mediante trattativa privata, gara o asta pubblica. Nell’ambito dell’affitto della zona venatoria, i titolari del diritto di caccia sono tenuti ad assicurare che l’esercizio dell’attività venatoria sia conforme ai principi dell’art. 3.

2.      La durata dell’affitto della zona venatoria deve essere di sei anni per la zona venatoria di una società di caccia e di sei o dodici anni per le zone di caccia private. In presenza di cessazione anticipata dell’affitto della zona venatoria, quest’ultima può essere riaffittata soltanto per la restante durata dell’affitto.

3.      Il contratto di affitto di una zona venatoria deve essere concluso per iscritto. Esso deve contenere tutte le pattuizioni relative all’esercizio del diritto di caccia, ivi comprese le eventuali disposizioni accessorie quali quelle relative alla costituzione di una cauzione, a importi minimi per il risarcimento dei danni causati dalla selvaggina, o alla costruzione, l’utilizzo o la riparazione di impianti di caccia. Le pattuizioni non contenute nel contratto di affitto di una zona venatoria sono considerate come non concluse. Il contratto di affitto di una zona venatoria deve in ogni caso indicare i nomi del titolare del diritto di caccia e dell’affittuario, la descrizione, l’ubicazione e la superficie della zona, la data di inizio e di fine del contratto nonché l’importo del canone di affitto.

4.      Prima dell’affitto di una zona venatoria privata comprensiva dei terreni di un altro proprietario avente una superficie superiore a 10 ha, il titolare del diritto di caccia privata deve sentire il proprietario di tali terreni.

5.      Il titolare del diritto di caccia, non prima di un anno e non oltre un mese dall’inizio dell’affitto, deve sottoporre all’esame dell’autorità competente il contratto di affitto della zona venatoria. Il contratto di affitto della zona venatoria produce i suoi effetti a partire dalla data convenuta se, entro un mese, l’autorità competente non ha mosso alcun rilievo nei confronti del contratto o qualora si sia rimediato entro un termine ragionevole da fissare ai problemi posti a fondamento dei suoi rilievi. Tali disposizioni si applicano altresì alle modifiche dei contratti di affitto di zone venatorie vigenti.

6.      Il governo del Land adotterà con decreto disposizioni dettagliate in merito alla procedura di affitto di una zona venatoria».

14      Conformemente all’art. 1 della legge del Land Vorarlberg relativa alla riscossione di una tassa sulla caccia (Vorarlberger Gesetz über die Erhebung einer Jagdabgabe, LGBl. 28/2003; in prosieguo: il «Vlbg. JagdAbgG»), per esercitare il diritto di caccia è obbligatorio il pagamento di una tassa. Ai sensi dell’art. 2 di detta legge, sono soggetti passivi di tale tassa la persona titolare del diritto di caccia e gli affittuari, in caso di cessione del diritto di caccia a questi ultimi.

15      Ai sensi dell’art. 3 del Vlbg. JagdAbgG la base imponibile della tassa è così determinata:

«1.      Nel caso di affitto delle zone di caccia, la tassa è fissata in funzione del canone di affitto annuale, oltre, se del caso, il valore di prestazioni accessorie pattuite nel contratto. Le spese per la vigilanza venatoria nonché per i danni arrecati dalla caccia o dalla fauna selvatica non sono considerate prestazioni accessorie.

2.      Per le zone di caccia non in affitto, la tassa è fissata in funzione dell’importo che, in caso di affitto, potrebbe essere ottenuto come canone annuale.

3.      Ove nel caso di affitto di una zona di caccia, il canone annuale, eventualmente maggiorato del valore delle prestazioni accessorie pattuite nel contratto, sia nettamente inferiore all’importo che potrebbe essere ottenuto nel caso di affitto, la tassa è fissata allo stesso modo delle zone di caccia non in affitto.

(…)».

16      Secondo l’art. 4, n. 1, del Vlbg. JagdAbgG, per le persone aventi la loro residenza principale in Austria, per i cittadini dell’Unione, nonché per le persone fisiche o giuridiche ad essi equiparati in forza del diritto dell’Unione, la tassa ammonta al 15% della base imponibile di quest’ultima. A norma dell’art. 4, n. 2, della medesima legge, per tutte le altre persone la tassa è pari al 35% della base imponibile della stessa.

 Causa principale e questione pregiudiziale

17      L’8 gennaio 2002 i sigg. Hengartner e Gasser, cittadini svizzeri, hanno stipulato con una società venatoria un contratto di affitto di una zona venatoria situata in Austria della durata di sei anni, per il periodo compreso tra il 1° aprile 2002 e il 31 marzo 2008. Il canone annuale di affitto è stato concordato in EUR 10 900; la zona venatoria ceduta in affitto ha una superficie di 1 598 ha.

18      Dagli atti presentati alla Corte risulta che i ricorrenti nella causa principale si ritrovano regolarmente sul territorio del Land Vorarlberg per cacciare.

19      Con decisione 16 aprile 2002 l’amministrazione competente di detto Land ha approvato la nomina di due persone aventi la funzione di autorità di tutela venatoria per la durata del contratto di affitto di detti ricorrenti.

20      Con decisione dell’Ufficio tributi del Land Vorarlberg 1° aprile 2007 ai ricorrenti nella causa principale è stata applicata una tassa per l’esercizio venatorio pari al 35% della base imponibile di quest’ultima, vale a dire EUR 4 359, per l’annata venatoria dal 1° aprile 2007 al 31 marzo 2008. I ricorrenti hanno quindi presentato un reclamo nei confronti di tale decisione.

21      Con decisione 17 ottobre 2007 il suddetto Ufficio tributi ha respinto tale reclamo adducendo che l’applicazione della maggiore aliquota d’imposta era conforme alla normativa nazionale. In tale decisione, si sottolineava che le disposizioni dell’Accordo non erano applicabili all’esercizio venatorio e alle tasse ad esso connesse.

22      I ricorrenti nella causa principale hanno quindi adito il Verwaltungsgerichtshof facendo valere, in sostanza, una violazione dei diritti alla libertà di stabilimento e alla parità di trattamento con i cittadini dell’Unione. Essi hanno affermato che la caccia, così come la pesca o l’agricoltura, costituisce un’attività economica, soprattutto nelle circostanze che caratterizzano la causa principale in cui la selvaggina abbattuta è venduta in Austria. Di conseguenza, l’Ufficio tributi del Land Vorarlberg avrebbe dovuto applicare un’aliquota d’imposta del 15% al fine di evitare una discriminazione fondata sulla cittadinanza.

23      Il suddetto Ufficio tributi ha affermato che la caccia doveva essere considerata come uno sport non finalizzato al conseguimento duraturo di entrate.

24      Il Verwaltungsgerichtshof ha quindi deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se, quando il titolare di un diritto di caccia venda sul territorio nazionale la selvaggina abbattuta, l’esercizio venatorio costituisca un’attività autonoma nell’accezione dell’art. 43 CE anche qualora, in complesso, tale attività non sia diretta a produrre un profitto».

 Sulla questione pregiudiziale

 Sull’applicabilità dell’art. 43 CE

25      Si deve preliminarmente precisare che sebbene, con la sua questione, il giudice del rinvio richiami esplicitamente l’art. 43 CE (divenuto art. 49 TFUE), le norme del Trattato CE in materia di libertà di stabilimento possono essere invocate soltanto da un cittadino di uno Stato membro dell’Unione che intenda stabilirsi nel territorio di un altro Stato membro, oppure da un cittadino di tale medesimo Stato che si trovi in una situazione che presenta aspetti che si ricollegano ad una qualunque delle situazioni contemplate dal diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza 25 giugno 1992, causa C‑147/91, Ferrer Laderer, Racc. pag. I‑4097, punto 7).

26      Ne consegue che le norme del Trattato in materia di libertà di stabilimento non possono trovare applicazione nei confronti di un cittadino di uno Stato terzo, come la Confederazione svizzera.

27      Tuttavia, al fine di fornire al giudice del rinvio elementi di interpretazione che possano essergli utili, la Corte può prendere in considerazione norme dell’ordinamento giuridico dell’Unione alle quali l’organo giurisdizionale di cui trattasi non ha fatto riferimento nel formulare la propria questione pregiudiziale (v. sentenze 12 dicembre 1990, causa C‑241/89, SARPP, Racc. pag. I‑4695, punto 8, e 26 febbraio 2008, causa C‑506/06, Mayr, Racc. pag. I‑1017, punto 43).

28      Pertanto, tenuto conto del contesto fattuale e normativo della causa principale, si deve esaminare la questione sottoposta alla luce delle disposizioni dell’Accordo.

 Sull’interpretazione dell’Accordo

29      Con la sua questione il giudice del rinvio intende sapere, in sostanza, se le disposizioni dell’Accordo ostino alla riscossione, da parte di uno Stato membro, nei confronti di cittadini svizzeri, di una tassa regionale qualora a questi ultimi venga applicata un’aliquota d’imposta maggiore rispetto a quella a cui sono assoggettati, in particolare, i cittadini degli Stati membri dell’Unione.

30      La Corte, pertanto, è chiamata ad esaminare se le disposizioni dell’Accordo possano applicarsi a un contenzioso tributario come quello di cui trattasi nella causa principale e, in caso di risposta affermativa, a determinare la portata di tali disposizioni. Dal momento che l’Accordo contiene varie disposizioni relative alla prestazione di servizi e al diritto di stabilimento, occorre definire la natura dell’attività svolta dai ricorrenti nella causa principale sul territorio austriaco con riferimento al regime fiscale in questione.

 Sulla qualificazione dell’attività in questione

31      Occorre constatare che il Vlbg. JagdAbgG subordina l’esercizio del diritto di caccia sul territorio del Land Voralberg al pagamento di una tassa annuale. Tuttavia, dal momento che, da un lato, in caso di affitto di un diritto di caccia, l’affittuario è soggetto a tassazione e che, dall’altro, la tassa è indipendente dall’intensità dell’attività venatoria esercitata da quest’ultimo, si deve ritenere che, in un caso come quello di cui trattasi nella causa principale, il fatto generatore della tassa sia costituito dall’affitto di un diritto di caccia sul territorio del Land Vorarlberg.

32      Infatti, l’obbligazione contrattuale per cui è causa dinanzi al giudice del rinvio consiste nel mettere a disposizione delle parti della causa principale, dietro compenso e a talune condizioni, un’area territoriale per praticarvi la caccia. Il contratto di affitto verte di conseguenza su una prestazione di servizi che, nella causa principale, presenta un carattere transfrontaliero, dal momento che i ricorrenti nella causa principale, affittuari del diritto di caccia su detto ambito territoriale, devono recarsi sul territorio del Land Vorarlberg per esercitarvi il loro diritto.

33      Detti ricorrenti devono quindi essere considerati destinatari di un servizio consistente nella concessione del godimento, dietro pagamento, di un diritto di caccia in uno spazio territoriale e limitato nel tempo (v., in tal senso, sentenza 21 ottobre 1999, causa C‑97/98, Jägerskiöld, Racc. pag. I‑7319, punto 36).

34      Atteso che il fatto generatore della tassa è costituito dall’affitto del diritto di caccia, ai fini della valutazione della legittimità della tassa in questione risultano rilevanti soltanto le norme dell’Accordo relative alle prestazioni di servizi.

 Sulla rilevanza delle disposizioni dell’Accordo in merito all’imposizione di cui trattasi nella causa principale

35      Per quanto riguarda il trattamento fiscale dell’operazione commerciale di cui trattasi nella causa principale, si deve valutare se le disposizioni dell’Accordo relative alle prestazioni di servizi debbano essere interpretate nel senso che esse ostano a una tassa quale quella di cui trattasi nella causa principale, che, in funzione della cittadinanza dell’affittuario del diritto di caccia, impone un’aliquota del 15% o del 35% della base imponibile della tassa in questione.

36      Occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, un trattato internazionale deve essere interpretato non soltanto alla stregua dei termini in cui è redatto, ma anche alla luce dei suoi obiettivi. L’art. 31 della convenzione di Vienna 23 maggio 1969 sul diritto dei trattati precisa, a questo proposito, che un trattato dev’essere interpretato in buona fede seguendo il senso ordinario da attribuire ai suoi termini nel loro contesto ed alla luce del suo oggetto e del suo scopo (v., in tal senso, in particolare, parere 14 dicembre 1991, 1/91, Racc. pag. I‑6079, punto 14; sentenze 2 marzo 1999, causa C‑416/96, El-Yassini, Racc. pag. I‑1209, punto 47; 20 novembre 2001, causa C‑268/99, Jany e a., Racc. pag. I‑8615, punto 35, e 25 febbraio 2010, causa C‑386/08, Brita, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 42 e 43, nonché giurisprudenza citata).

37      A tal riguardo va sottolineato che, conformemente all’art. 1, lett. b), dell’Accordo, l’obiettivo di quest’ultimo è quello di agevolare la prestazione di servizi sul territorio delle parti contraenti a favore dei cittadini degli Stati membri della Comunità e della Svizzera nonché di liberalizzare la prestazione di servizi di breve durata.

38      Occorre altresì precisare che l’art. 5, n. 3, dell’Accordo riconosce alle persone che devono essere considerate destinatari di servizi, ai sensi dell’Accordo, un diritto di ingresso e di soggiorno sul territorio delle parti contraenti. L’art. 23 dell’allegato I dell’Accordo contiene disposizioni particolari relative alla carta di soggiorno a favore di tali persone.

39      In merito alla questione se, al di là del regime relativo al diritto di ingresso e di soggiorno dei destinatari di servizi, l’Accordo intenda fissare un principio generale di parità di trattamento per quanto riguarda lo status giuridico di questi ultimi sul territorio di una delle parti contraenti, va osservato che, se è vero che l’art. 2 dell’Accordo riguarda il principio di non discriminazione, esso però vieta in modo generale e assoluto non qualsivoglia discriminazione dei cittadini di una delle parti contraenti che soggiornano sul territorio dell’altra parte, bensì solo le discriminazioni fondate sulla nazionalità e nei limiti in cui la situazione di tali cittadini rientri dell’ambito di applicazione ratione materiae delle disposizioni degli allegati I‑III di tale Accordo.

40      L’Accordo e i suoi allegati non contengono alcuna norma specifica diretta a garantire il godimento, da parte dei destinatari di servizi, del principio di non discriminazione nell’ambito dell’applicazione delle normative fiscali relative alle operazioni commerciali aventi ad oggetto una prestazione di servizi.

41      Per di più, la Corte ha osservato che la Confederazione svizzera non ha aderito al mercato interno della Comunità diretto a rimuovere tutti gli ostacoli al fine di creare uno spazio di libertà di circolazione completa simile a quello che offre un mercato nazionale, il quale comprende, inter alia, la libera prestazione di servizi e la libertà di stabilimento (v. sentenza 12 novembre 2009, causa C‑351/08, Grimme, Racc. pag. I‑10777, punto 27).

42      La Corte ha altresì precisato che, di conseguenza, l’interpretazione data alle disposizioni del diritto dell’Unione relative a tale mercato interno non può essere automaticamente trasposta all’interpretazione dell’Accordo, salvo disposizioni espresse a tal fine previste dall’Accordo stesso (v. sentenza 11 febbraio 2010, causa C‑541/08, Fokus Invest, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 28).

43      Tenuto conto delle considerazioni che precedono, la questione sollevata va risolta dichiarando che, con riferimento alla riscossione di una tassa per una prestazione di servizi, quale la messa a disposizione di un diritto di caccia, le disposizioni dell’Accordo non ostano a che un cittadino di una parte contraente sia assoggettato, sul territorio dell’altra parte contraente, in veste di destinatario di servizi, a un trattamento diverso rispetto a quello riservato alle persone che hanno la loro residenza principale su detto territorio, ai cittadini dell’Unione nonché alle persone ad essi equiparati in forza del diritto dell’Unione.

 Sulle spese

44      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

Con riferimento alla riscossione di una tassa per una prestazione di servizi, quale la messa a disposizione di un diritto di caccia, le disposizioni dell’Accordo tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall’altra, sulla libera circolazione delle persone, firmato a Lussemburgo il 21 giugno 1999, non ostano a che un cittadino di una parte contraente sia assoggettato, sul territorio dell’altra parte contraente, in veste di destinatario di servizi, a un trattamento diverso rispetto a quello riservato alle persone che hanno la loro residenza principale su detto territorio, ai cittadini dell’Unione nonché alle persone ad essi equiparati in forza del diritto dell’Unione.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.