Causa C‑20/09

Commissione europea

contro

Repubblica portoghese

«Inadempimento di uno Stato — Ricevibilità del ricorso — Libera circolazione dei capitali — Art. 56 CE — Art. 40 dell’accordo SEE — Titoli del debito pubblico — Trattamento fiscale preferenziale — Giustificazione — Lotta contro la frode fiscale — Lotta contro l’evasione fiscale»

Massime della sentenza

1.        Ricorso per inadempimento — Procedimento precontenzioso — Diffida — Delimitazione dell’oggetto della lite — Parere motivato — Esposizione particolareggiata degli addebiti

(Art. 226 CE)

2.        Ricorso per inadempimento — Esame della fondatezza da parte della Corte — Situazione da prendere in considerazione — Situazione alla scadenza del termine fissato dal parere motivato

(Art. 226, secondo comma, CE)

3.        Libera circolazione dei capitali — Restrizioni — Normativa tributaria

(Art. 56 CE; accordo SEE, art. 40)

1.        Se è vero che, nell’ambito di un procedimento precontenzioso per inadempimento, il parere motivato deve contenere un’esposizione coerente e particolareggiata dei motivi che hanno condotto la Commissione alla convinzione che lo Stato membro interessato sia venuto meno a uno degli obblighi che gli incombono ai sensi del Trattato, la lettera di diffida non deve soddisfare requisiti di precisione rigidi come quelli che devono essere soddisfatti dal parere motivato, dato che, necessariamente, può consistere solo in un primo e succinto riassunto degli addebiti. Nulla impedisce dunque alla Commissione di precisare, nel parere motivato, gli addebiti da essa già esposti in maniera più generale nella lettera di diffida.

(v. punti 17, 20)

2.        La sussistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato. Pertanto, un ricorso per inadempimento riguardante un regime provvisorio di regolarizzazione fiscale, non più in vigore alla data di scadenza del termine fissato nel parere motivato ma che continua a produrre effetti a tale data, che è la data rilevante ai fini della valutazione della ricevibilità del ricorso, non è privo di oggetto.

(v. punti 31, 33-34, 42)

3.        Viene meno agli obblighi che gli incombono in forza dell’art. 56 CE e dell’art. 40 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) uno Stato membro che prevede, nell’ambito di un regime straordinario di regolarizzazione fiscale di beni patrimoniali che non si trovano sul territorio nazionale, un trattamento fiscale preferenziale per i titoli del debito pubblico emessi unicamente da tale Stato.

Sebbene gli obiettivi di lotta contro l’evasione e la frode fiscali possano giustificare una restrizione alla libera circolazione dei capitali, occorre inoltre che tale restrizione sia idonea a garantire il loro conseguimento e che non ecceda quanto necessario per raggiungerli.

Un regime che prevede un trattamento differenziato per quanto riguarda i titoli del debito pubblico emessi da detto Stato membro rispetto a quelli emessi da altri Stati membri, non rispetta tali requisiti. Inoltre, una siffatta differenza dei tassi di regolarizzazione non può essere giustificata dal perseguimento di un obiettivo di natura economica, ossia quello della compensazione della perdita di introiti fiscali dello Stato membro interessato. Un obiettivo di natura puramente economica non può giustificare una restrizione ad una libertà fondamentale garantita dal Trattato.

(v. punti 60-62, 64-65, 70 e dispositivo)







SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

7 aprile 2011 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Ricevibilità del ricorso – Libera circolazione dei capitali – Art. 56 CE – Art. 40 dell’accordo SEE – Titoli del debito pubblico – Trattamento fiscale preferenziale – Giustificazione – Lotta contro la frode fiscale – Lotta contro l’evasione fiscale»

Nella causa C‑20/09,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 15 gennaio 2009,

Commissione europea, rappresentata dai sigg. R. Lyal e A. Caeiros, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica portoghese, rappresentata dal sig. L. Inez Fernandes, dalla sig.ra C. Guerra Santos e dal sig. J. Menezes Leitão, in qualità di agenti,

convenuta,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, presidente di sezione, dai sigg. A. Arabadjiev, A. Rosas (relatore), U. Lõhmus e dalla sig.ra P. Lindh, giudici,

avvocato generale: sig. P. Mengozzi

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 maggio 2010,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 17 giugno 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica portoghese, avendo previsto, nell’ambito della regolarizzazione fiscale istituita dalla legge 29 luglio 2005, n. 39-A/2005 (Diàrio da República I, série A, n. 145 del 29 luglio 2005), un trattamento fiscale preferenziale limitato ai titoli del debito pubblico emessi dallo Stato portoghese, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 56 CE e dell’art. 40 dell’accordo 2 maggio 1992 sullo Spazio economico europeo (SEE) (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«accordo SEE»).

 Contesto normativo

 L’accordo SEE

2        L’art. 40 dell’accordo SEE prevede quanto segue:

«Nel quadro delle disposizioni del presente accordo, non sussistono fra le Parti contraenti restrizioni ai movimenti di capitali appartenenti a persone residenti negli Stati membri della [Comunità europea] o negli Stati [dell’Associazione europea di libero scambio (AELS)] né discriminazioni di trattamento fondate sulla nazionalità o sulla residenza delle parti o sul luogo del collocamento dei capitali. L’allegato XII contiene le disposizioni necessarie ai fini dell’applicazione del presente articolo».

3        Detto allegato XII, rubricato «Libera circolazione dei capitali», fa riferimento alla direttiva del Consiglio 24 giugno 1988, 88/361/CEE, per l’attuazione dell’articolo 67 del Trattato [articolo abrogato dal Trattato di Amsterdam] (GU L 178, pag. 5).

 Il diritto nazionale

4        Il «regime excepcional de regularização tributária de elementos patrimoniais que não se encontrem no território português em 31 de Dezembro de 2004» (regime straordinario di regolarizzazione fiscale dei beni patrimoniali che non si trovano nel territorio portoghese al 31 dicembre 2004; in prosieguo: il «RERF») è stato adottato con la legge n. 39‑A/2005.

5        L’art. 1 del RERF così recita:

«Il [RERF] si applica ai beni patrimoniali consistenti in depositi, certificati di deposito, valori mobiliari ed altri strumenti finanziari che non si trovano nel territorio portoghese al 31 dicembre 2004, ivi comprese le polizze di assicurazione del ramo “vita” legate a fondi di investimento e le operazioni di capitalizzazione del ramo “vita”».

6        A termini dell’art. 2, n. 1, del RERF, ne possono beneficiare le persone fisiche che siano in possesso dei beni patrimoniali di cui all’art. 1.

7        L’art. 2, n. 2, del RERF prevede quanto segue:

«Ai fini del presente regime, i soggetti passivi devono:

a)      presentare la dichiarazione di regolarizzazione fiscale prevista dall’art. 5;

b)      procedere al versamento dell’importo corrispondente all’applicazione di un’aliquota del 5% sul valore dei beni patrimoniali di cui alla dichiarazione prevista dal n. 1».

8        L’art. 5 del RERF prevede quanto segue:

«1.      La dichiarazione di regolarizzazione fiscale cui si riferisce l’art. 2, n. 2, lett. a), segue il modello approvato con decreto del Ministro delle Finanze e deve essere accompagnata dai titoli di proprietà e di deposito o di registrazione dei beni patrimoniali ivi indicati.

2.      La dichiarazione di regolarizzazione fiscale deve essere depositata entro il 16 dicembre 2005 presso il Banco de Portugal o un’altra banca stabilita in Portogallo.

3.      Il versamento previsto dall’art. 2, n. 2, lett. b), è effettuato presso gli organismi menzionati al n. 2 [del presente articolo], unitamente al deposito della dichiarazione di cui al n. 2, lett. a), [di detto articolo 2] o entro i successivi 10 giorni feriali, calcolati a far data dalla ricezione della dichiarazione stessa.

4.      L’ente bancario che interviene rimette al dichiarante, all’atto del versamento, un documento nominativo che prova il deposito della dichiarazione e il relativo versamento.

5.      Nei limiti della presente legge, la dichiarazione di regolarizzazione fiscale non può in alcun modo essere utilizzata come indice o elemento preso in considerazione in qualsivoglia procedimento fiscale, penale o contravvenzionale, ove le banche intervenienti devono garantire il segreto sulle informazioni fornite.

6.      Nell’ipotesi in cui il deposito della dichiarazione e il versamento non siano effettuati direttamente presso il Banco de Portugal, la banca interveniente dovrà rimettere al Banco de Portugal detta dichiarazione nonché una copia del documento di prova entro i 10 giorni feriali successivi alla data di deposito della dichiarazione.

7.      Nelle ipotesi previste al n. 6, la banca interveniente dovrà trasferire gli importi ricevuti al Banco de Portugal entro i 10 giorni feriali successivi al pagamento di cui è causa».

9        L’art. 6 del RERF così recita:

«1.      Se tutti i beni patrimoniali oggetto della dichiarazione di regolarizzazione fiscale o parte di essi sono titoli dello Stato portoghese, l’aliquota prevista dall’art. 2, n. 2, lett. b), è ridotta della metà per la parte corrispondente a tali titoli.

2.      La riduzione dell’aliquota prevista dal numero precedente si applica anche ad altri beni patrimoniali se il loro valore è reinvestito in titoli dello Stato portoghese sino alla data di presentazione della dichiarazione di regolarizzazione fiscale.

3.      Nell’ipotesi di reinvestimento parziale, la riduzione dell’aliquota riguarda unicamente la parte del valore reinvestito.

4.      I titoli dello Stato portoghese che beneficiano del regime previsto dal presente articolo devono restare di proprietà del dichiarante per almeno tre anni dalla data di presentazione della dichiarazione di regolarizzazione fiscale ed indipendentemente dalla data della loro acquisizione.

5.      Il mancato rispetto del periodo minimo di detenzione di cui al numero precedente comporta il pagamento della differenza rispetto all’importo che risulterebbe dall’applicazione dell’aliquota prevista dall’art. 2, n. 2, lett. b), oltre i corrispondenti interessi compensativi maggiorati di 5 punti percentuali».

 Fase precontenziosa del procedimento

10      A seguito di una denuncia, la Commissione inviava, il 19 dicembre 2005, una lettera di diffida alla Repubblica portoghese, ritenendo che detto Stato membro fosse venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’art. 56 CE e dell’art. 40 dell’accordo SEE, nella misura in cui applicava, nel contesto del RERF, un’aliquota più favorevole alla regolarizzazione dei beni patrimoniali costituiti da titoli dello Stato portoghese, o al valore dei beni patrimoniali reinvestiti in titoli dello Stato portoghese, fino alla data della dichiarazione di regolarizzazione fiscale (in prosieguo: il «regime controverso»).

11      Con lettera del 27 febbraio 2006, la Repubblica portoghese sollevava una questione preliminare relativa alla scadenza del RERF. Secondo tale Stato membro, in considerazione della scadenza e del mancato rinnovo del RERF, e dunque del regime controverso, si doveva ritenere la diffida priva di oggetto, dato che la normativa su cui si fondava l’inadempimento dedotto non esisteva più. Quanto al merito, detto Stato membro riteneva che non potesse essere acclarata alcuna incompatibilità con il diritto dell’Unione e che, in ogni caso, il regime controverso fosse giustificato da motivi di interesse generale riconosciuti dal diritto dell’Unione, segnatamente dall’obiettivo della lotta all’evasione e alla frode fiscali.

12      Insoddisfatta di questa risposta, la Commissione, l’11 maggio 2007, inviava alla Repubblica portoghese un parere motivato in cui contestava la rilevanza della questione preliminare relativa alla scadenza del RERF e contestava a tale Stato membro di aver concesso un trattamento fiscale preferenziale unicamente ai titoli del debito pubblico emessi dal medesimo. La Commissione invitava la Repubblica portoghese a adottare i provvedimenti necessari per conformarsi a detto parere in un termine di due mesi a decorrere dalla sua ricezione.

13      Atteso che, nella risposta a detto parere motivato, la Repubblica portoghese insisteva sulla propria precedente posizione, la Commissione decideva di introdurre il presente ricorso.

 Sul ricorso

 Sulla ricevibilità

14      Secondo la Repubblica portoghese, il ricorso introdotto dalla Commissione è inammissibile per due motivi. Da una parte, sussisterebbe una discordanza tra la lettera di diffida e il parere motivato menzionati, rispettivamente, ai precedenti punti 10 e 12. D’altra parte, essendo scaduto il RERF, e pertanto il regime controverso, detto ricorso sarebbe privo di oggetto.

 Sull’irricevibilità derivante dalla mancata concordanza tra la lettera di diffida e il parere motivato

–       Argomenti delle parti

15      Secondo la Repubblica portoghese, solo nel parere motivato inviato l’11 marzo 2007, vale a dire successivamente alla scadenza del regime controverso, nel 2005, la Commissione avrebbe chiarito che l’inadempimento dedotto consisteva nel trattamento preferenziale dei titoli dello Stato portoghese non rispetto agli altri beni patrimoniali, come sarebbe stato indicato nella lettera di diffida inviata il 19 dicembre 2005, ma solo rispetto ai titoli del debito pubblico di altri Stati membri e di altri Stati aderenti all’accordo SEE. Pertanto, l’oggetto dell’inadempimento, come circoscritto in tale parere motivato, non coinciderebbe con quello descritto in detta lettera di diffida.

16      La Commissione ritiene, da parte sua, che non sussista discordanza alcuna tra la lettera di diffida e il parere motivato sopra menzionati quanto all’oggetto dell’inadempimento dedotto. Sarebbe in esito agli argomenti dedotti dalla Repubblica portoghese nella sua risposta a tale lettera di diffida che la Commissione avrebbe precisato la propria censura in detto parere motivato, senza che ciò modifichi in alcun modo le censure formulate nella lettera di diffida medesima. Il contenuto della censura oggetto del presente ricorso sarebbe stato necessariamente già incluso in quest’ultima.

–       Giudizio della Corte

17      Secondo giurisprudenza costante, il procedimento precontenzioso ha lo scopo di offrire allo Stato membro interessato l’opportunità, da un lato, di conformarsi agli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto dell’Unione e, dall’altro, di sviluppare un’utile difesa contro gli addebiti formulati dalla Commissione (v., in particolare, sentenze 10 maggio 2001, causa C‑152/98, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I‑3463, punto 23; 5 novembre 2002, causa C‑476/98, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑9855, punto 46, e 8 aprile 2008, causa C‑337/05, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑2173, punto 19).

18      La regolarità di tale procedimento costituisce una garanzia essenziale prevista dal Trattato FUE non soltanto per tutelare i diritti dello Stato membro di cui trattasi, ma anche per garantire che l’eventuale procedimento contenzioso verta su una controversia chiaramente definita (v., in particolare, sentenze Commissione/Germania, cit., punto 46, e 10 aprile 2008, causa C‑442/06, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑2413, punto 22).

19      Da tale finalità risulta che la lettera di diffida ha lo scopo, da un lato, di circoscrivere l’oggetto del contendere e di fornire allo Stato membro, invitato a presentare le sue osservazioni, i dati che gli occorrono per predisporre la propria difesa e, dall’altro, di permettere a detto Stato di mettersi in regola prima che venga adita la Corte (v., in particolare, citate sentenze Commissione/Germania, punto 47, e 10 aprile 2008, Commissione/Italia, punto 22).

20      Occorre parimenti ricordare che, mentre il parere motivato deve contenere un’esposizione coerente e particolareggiata dei motivi che hanno condotto la Commissione alla convinzione che lo Stato membro interessato è venuto meno a uno degli obblighi che gli incombono ai sensi del Trattato, la lettera di diffida non deve soddisfare requisiti di precisione rigidi come quelli che devono essere soddisfatti dal parere motivato, dato che, necessariamente, può consistere solo in un primo e succinto riassunto degli addebiti. Nulla impedisce dunque alla Commissione di precisare, nel parere motivato, gli addebiti da essa già esposti in maniera più generale nella lettera di diffida (v., segnatamente, sentenze 31 gennaio 1984, causa 74/82, Commissione/Irlanda, Racc. pag. 317, punto 20; 28 marzo 1985, causa 274/83, Commissione/Italia, Racc. pag. 1077, punto 21, e 6 novembre 2003, causa C‑358/01, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑13145, punto 29).

21      Nel caso di specie, la lettera di diffida ha consentito di informare la Repubblica portoghese in ordine alla natura delle censure che le erano rivolte, dandole la possibilità di presentare la propria difesa. È pur vero che nella lettera di diffida la Commissione comparava il trattamento preferenziale relativo ai titoli del debito pubblico dello Stato portoghese rispetto a tutti gli altri beni patrimoniali previsti dal RERF, mentre, nel parere motivato, comparava unicamente detti titoli con titoli del debito pubblico emessi da altri Stati membri e da altri Stati aderenti all’accordo SEE Tuttavia, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 21 delle sue conclusioni, resta il fatto che detti beni patrimoniali costituiscono una nozione più generale di quella dei titoli del debito pubblico emessi dallo Stato, che ingloba necessariamente la seconda.

22      La Commissione, pertanto, si è limitata a precisare, nel parere motivato, le censure esposte nella lettera di diffida. Così procedendo, essa ha circoscritto l’oggetto della controversia al trattamento differente dei titoli del debito pubblico dello Stato portoghese rispetto ai titoli del debito pubblico emessi da altri Stati membri e da altri Stati aderenti all’accordo SEE, senza che tale oggetto ne risultasse ampliato (v., in tal senso, sentenza 9 novembre 1999, causa C‑365/97, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑7773, punto 25, e, per analogia, sentenza 18 maggio 2006, causa C‑221/04, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑4515, punto 33).

23      Conseguentemente, l’irricevibilità derivante dalla discordanza tra la lettera di diffida e il parere motivato, sollevata dalla Repubblica portoghese, deve essere respinta.

 Sull’irricevibilità derivante dalla mancanza di oggetto del ricorso

–       Argomenti delle parti

24      La Repubblica portoghese deduce l’irricevibilità del ricorso per mancanza di oggetto. Il RERF sarebbe stato applicato in modo estremamente limitato nel tempo, ove tale limitazione risulta essenziale in considerazione del suo obiettivo, che consiste nello spingere i contribuenti a regolarizzare spontaneamente la loro situazione fiscale.

25      Orbene, un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE sarebbe irricevibile quando la violazione degli obblighi che discendono dal diritto dell’Unione non sussiste più alla scadenza del termine fissato dal parere motivato. Ciò si verificherebbe, appunto, nel caso di specie, dato che la possibilità di applicare il regime controverso era venuta meno alla fine del 2005. Il beneficio di detto regime, infatti, era subordinato alla condizione del versamento dell’importo dovuto per la regolarizzazione fiscale, il che, ai sensi dell’art. 5, nn. 2 e 3, del RERF, doveva essere effettuato entro i dieci giorni feriali successivi al deposito della dichiarazione di regolarizzazione fiscale che doveva aver luogo entro il 16 dicembre 2005.

26      Nel caso di specie, non sussisterebbe alcuna situazione durevole. Il versamento integrale di una somma più o meno elevata, infatti, sarebbe un fatto istantaneo. Lo svantaggio finanziario subito da coloro che non abbiano potuto conseguire il beneficio di un trattamento fiscale più favorevole sarebbe venuto meno al momento dell’esecuzione del versamento dell’importo risultante dall’applicazione dell’aliquota fissata dal RERF. Sarebbe questo il momento giuridicamente rilevante ai fini della verifica se l’inadempimento dedotto avesse già esaurito tutti i suoi effetti precedentemente alla scadenza del termine impartito nel parere motivato.

27      A sostegno della sua tesi, la Repubblica portoghese richiama, in particolare, il punto 73 della sentenza 4 maggio 2006, causa C‑508/03, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. I‑3969), secondo cui un ricorso per un inadempimento che alla data di scadenza del termine concesso nel parere motivato non esisteva più sarebbe irricevibile per mancanza di oggetto.

28      La Commissione ritiene, al contrario, che il presente ricorso sia ricevibile.

29      A suo avviso, la Repubblica portoghese non ha volontariamente posto termine all’inadempimento dedotto per ristabilire la legalità. Il RERF non sarebbe più in vigore perché, ab inizio e in ragione della sua stessa natura, tale regime era temporaneo. Il procedimento di inadempimento potrebbe essere proseguito per determinare se uno Stato membro sia venuto meno agli obblighi ad esso incombenti anche quando la situazione in oggetto non esiste più, se continua a sussistere un interesse a proseguire tale procedimento. Secondo la Commissione, tale interesse può continuare a sussistere, in particolare, quando gli effetti di una misura temporanea siano di carattere duraturo. Orbene, le persone che non hanno potuto ottenere il beneficio di un trattamento fiscale più favorevole resterebbero finanziariamente svantaggiate rispetto a quelle che hanno avuto questa possibilità. Un effetto sarebbe durevole per il fatto che persista, pur non ripetendosi.

30      All’udienza, la Commissione ha aggiunto che il carattere durevole degli effetti del regime controverso sarebbe dimostrato da un elemento supplementare, vale a dire l’obbligo, imposto ai possessori di titoli del debito pubblico emessi dallo Stato portoghese che volessero beneficiare dell’aliquota di regolarizzazione più favorevole loro concessa dal RERF, di conservare detti titoli per un periodo di almeno tre anni a far data dalla presentazione della loro dichiarazione fiscale di regolarizzazione, ai sensi dell’art. 6, n. 4, del RERF.

–        Giudizio della Corte

31      In via preliminare, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, la sussistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato (v., in particolare, sentenze 27 ottobre 2005, causa C‑525/03, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑9405, punto 14, e 6 dicembre 2007, causa C‑456/05, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑10517, punto 15).

32      Nel caso di specie, il termine fissato nel parere motivato alla Repubblica portoghese per conformarvisi è scaduto nel corso del mese di luglio 2007.

33      Occorre pertanto verificare se, in tale data, il regime controverso continuasse a produrre i suoi effetti (v., in tal senso, sentenze 27 ottobre 2005, Commissione/Italia, cit., punto 16; 18 maggio 2006, Commissione/Spagna, cit., punto 25, e 6 dicembre 2007, Commissione/Germania, cit., punto 16).

34      A tal riguardo, dal RERF risulta che il beneficio di tale regime era subordinato alla condizione del versamento dell’importo dovuto per la regolarizzazione fiscale, il che doveva essere effettuato entro i dieci giorni feriali successivi al deposito della dichiarazione di regolarizzazione fiscale. Tale deposito doveva aver luogo, ai sensi dell’art. 5, n. 2, del RERF, entro il 16 dicembre 2005.

35      Inoltre, occorre rilevare che i titoli del debito pubblico emessi dallo Stato portoghese, detenuti da soggetti passivi che intendessero beneficiare del trattamento fiscale preferenziale, conformemente all’art. 6, nn. 4 e 5, del RERF, dovevano restare di proprietà di tali soggetti passivi per un periodo di almeno tre anni dalla data di presentazione della dichiarazione di regolarizzazione fiscale, a prescindere dalla data della loro acquisizione, altrimenti i soggetti passivi stessi dovevano versare la differenza tra l’importo corrispondente all’applicazione dell’aliquota generale di regolarizzazione e quello che avevano versato in base all’aliquota preferenziale, oltre i corrispondenti interessi compensativi maggiorati di 5 punti percentuali.

36      Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 49 delle sue conclusioni, il beneficio del trattamento preferenziale era completamente realizzato solo alla scadenza del termine di tre anni dopo la presentazione della dichiarazione di regolarizzazione fiscale, ossia tra la fine del mese di luglio 2008, al più presto, e il 16 dicembre 2008, al più tardi.

37      Occorre aggiungere che l’art. 6, n. 5, del RERF concedeva a tale Stato membro la possibilità di applicare, al di là del periodo di applicazione del RERF, l’aliquota generale del 5%, oltre interessi compensativi, ai soggetti passivi che avessero ceduto i titoli del debito pubblico emessi dallo Stato portoghese, la cui detenzione aveva giustificato l’applicazione dell’aliquota speciale del 2,5%, durante il periodo di tre anni di cui all’art. 6, n. 4, del RERF. Pertanto, la Repubblica portoghese disponeva, sino al 16 dicembre 2008, della facoltà di applicare un trattamento differenziato ai soggetti passivi che avevano ceduto i titoli del debito pubblico emessi dallo Stato portoghese rispetto a quelli che conservavano tali titoli. Occorre pertanto rilevare che tale facoltà era sempre applicabile al momento della scadenza del termine impartito per conformarsi al parere motivato.

38      Ne consegue che il regime controverso continuava a produrre effetti oltre il termine fissato nel parere motivato.

39      All’udienza, la Repubblica portoghese ha sostenuto, in sostanza, che la Commissione non le contesti di aver imposto un obbligo di conservazione per tre anni dei titoli del debito pubblico emessi dallo Stato portoghese che hanno dato luogo all’applicazione dell’aliquota di regolarizzazione preferenziale, ma si limiti a chiederle di estendere il trattamento preferenziale ai detentori di titoli emessi da altri Stati membri o da altri Stati aderenti all’accordo SEE. Orbene, secondo lo Stato membro convenuto, l’obbligo in oggetto non costituirebbe un vantaggio, bensì un onere per i soggetti passivi interessati.

40      Occorre tuttavia rilevare che tale argomentazione della Repubblica portoghese non appare rilevante per determinare se il regime controverso avesse o meno esaurito i propri effetti alla scadenza del termine fissato nel parere motivato.

41      Occorre peraltro ricordare che la Commissione ha il compito di vigilare d’ufficio e nell’interesse generale sull’applicazione, da parte degli Stati membri, del diritto dell’Unione e di far dichiarare l’esistenza di eventuali inadempimenti degli obblighi che ne derivano, allo scopo di farli cessare (v. sentenze 1° febbraio 2001, causa C‑333/99, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑1025, punto 23, e 2 giugno 2005, causa C‑394/02, Commissione/Grecia, Racc. pag. I‑4713, punto 15). Orbene, nel caso di specie, la Commissione correttamente si limita a chiedere alla Corte di accertare la sussistenza dell’inadempimento dedotto e a invitare la Repubblica portoghese a porre fine a tale inadempimento, senza ingiungerle, contrariamente a quanto sostiene detto Stato membro, di adottare un comportamento particolare ai fini di ristabilire la parità di trattamento asseritamente violata.

42      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, e senza che occorra che la Corte statuisca sull’argomento della Commissione secondo il quale lo svantaggio finanziario che avrebbero subito coloro che non abbiano potuto beneficiare del trattamento fiscale preferenziale rispetto a chi ha avuto tale possibilità costituirebbe, in quanto tale, un effetto duraturo del regime controverso, occorre dichiarare che tale regime continuava a produrre effetti alla data rilevante ai fini della valutazione della ricevibilità del ricorso, sicché l’irricevibilità derivante dalla mancanza di oggetto del ricorso stesso deve essere respinta.

 Nel merito

 Argomenti delle parti

43      La Commissione censura alla Repubblica portoghese di aver violato l’art. 56 CE e l’art. 40 dell’accordo SEE avendo concesso, nel contesto del RERF, un trattamento fiscale preferenziale riguardo ai titoli del debito pubblico emessi dallo Stato portoghese.

44      La Commissione rileva che, ai sensi degli artt. 2 e 6 del RERF, l’aliquota del 5% applicabile al valore dei beni patrimoniali che figurano nella dichiarazione di regolarizzazione fiscale era ridotto al 2,5% riguardo sia ai beni patrimoniali consistenti in titoli del debito pubblico dello Stato portoghese, sia ad altri beni patrimoniali se il loro valore era stato reinvestito in tali titoli precedentemente alla data di presentazione della detta dichiarazione.

45      Pur non mettendo in questione il fatto che i titoli del debito pubblico emessi dagli Stati possano beneficiare di un trattamento fiscale preferenziale, la Commissione sostiene che l’applicazione di un’aliquota d’imposta inferiore ai soli elementi patrimoniali regolarizzati consistenti in titoli dello Stato portoghese costituisca una restrizione alla libera circolazione dei capitali vietata dall’art. 56 CE, in quanto i soggetti passivi che potevano beneficiare del RERF sono stati dissuasi dal conservare i loro beni patrimoniali regolarizzati in una forma diversa da quella dei titoli dello Stato portoghese. Orbene, alla luce della sentenza 21 novembre 2002, causa C‑436/00, X e Y (Racc. pag. I‑10829, punto 70), una disposizione fiscale nazionale idonea a dissuadere i soggetti passivi dal fare investimenti in altri Stati membri costituirebbe una restrizione alla libera circolazione dei capitali, ai sensi dell’art. 56 CE. Secondo la Commissione, una siffatta restrizione non può giustificarsi sulla base dell’art. 58, n. 1, CE.

46      A sostegno della sua tesi, la Commissione richiama la sentenza 6 giugno 2000, causa C‑35/98, Verkooijen (Racc. pag. I‑4071, punti 43 e 44). Non sussisterebbe alcuna giustificazione oggettiva all’applicazione di due aliquote di regolarizzazione differenti, in quanto tutti i soggetti passivi interessati si troverebbero in una situazione identica, caratterizzata dalla volontà di regolarizzare la loro situazione fiscale.

47      Nella replica, la Commissione aggiunge che la direttiva del Consiglio 3 giugno 2003, 2003/48/CE, in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi (GU L 157, pag. 38) non consente di giustificare il trattamento preferenziale concesso riguardo ai titoli emessi dallo Stato portoghese.

48      La Repubblica portoghese ritiene che il regime controverso sia giustificato in considerazione dell’obiettivo di interesse generale perseguito, che consiste nella lotta contro la frode e l’evasione fiscali. In tale contesto, essa richiama l’art. 58, n. 1, lett. b), CE, precisando che il regime controverso soddisfa parimenti le esigenze di cui al n. 3 di tale articolo, e si riferisce anche alla nozione di ragioni imperative di interesse generale, richiamando al riguardo la sentenza 15 luglio 2004, causa C‑315/02, Lenz (Racc. pag. I‑7063, punto 27).

49      La Repubblica portoghese ricorda che il RERF mirava alla regolarizzazione fiscale di beni patrimoniali che erano stati sottratti alle imposte in Portogallo. In tale contesto, il versamento dell’importo corrispondente all’applicazione di un’aliquota del 2,5% o del 5% avrebbe effettivamente costituito il «costo della regolarizzazione» della situazione fiscale dei soggetti interessati. Tale versamento avrebbe rivestito la forma di un’indennità compensatoria per consentire l’estinzione di obblighi fiscali dovuti allo Stato portoghese per i beni patrimoniali che erano stati oggetto di una dichiarazione.

50      Questa funzione di indennizzo giustificherebbe che un costo più ridotto per la regolarizzazione sia previsto unicamente nel caso dei titoli dello Stato portoghese, posto che, nell’ambito del RERF, era il gettito fiscale di questo Stato membro ad essere preso in considerazione, mediante l’estinzione degli obblighi tributari relativi ai beni patrimoniali interessati. Lo Stato portoghese avrebbe in tal modo disposto, indirettamente, di un gettito fiscale legittimamente spettantegli.

51      Inoltre, la prospettiva di una riduzione dell’aliquota sarebbe stata tale da provocare un’adesione più diffusa al RERF, il che avrebbe contribuito a lottare con maggiore efficacia contro l’evasione e la frode fiscali.

52      Pertanto, il regime controverso sarebbe compatibile con il diritto dell’Unione e proporzionato rispetto all’obiettivo perseguito in quanto era limitato ad una categoria ben delimitata di titoli e non avrebbe provocato in alcun modo una segmentazione dei mercati.

53      La Repubblica portoghese si fonda parimenti sulla direttiva 2003/48. Posto che tale direttiva ha ammesso questo tipo di differenziazione per i titoli di credito negoziabili emessi da un’amministrazione pubblica, sarebbe del resto stato giudicato legittimo, nell’ambito dell’adozione del RERF, accordare un trattamento preferenziale ai titoli di debito pubblico emessi dallo Stato portoghese.

 Giudizio della Corte

–       Sull’esistenza di una restrizione alla libera circolazione dei capitali

54      Occorre ricordare che le misure imposte da uno Stato membro atte a dissuadere i suoi residenti dal contrarre prestiti o compiere investimenti in altri Stati membri costituiscono restrizioni alla libera circolazione dei capitali, ai sensi dell’art. 56 CE (v., in tal senso, sentenze 14 novembre 1995, causa C‑484/93, Svensson e Gustavsson, Racc. pag. I‑3955, punto 10; 16 marzo 1999, causa C‑222/97, Trummer e Mayer, Racc. pag. I‑1661, punto 26, nonché 14 ottobre 1999, causa C‑439/97, Sandoz, Racc. pag. I‑7041, punto 19).

55      Orbene, nel caso di specie è pacifico che i soggetti passivi che possedevano titoli di debito pubblico emessi dallo Stato portoghese potevano beneficiare di un trattamento fiscale preferenziale, previsto all’art. 6, n. 1, del RERF, rispetto ai soggetti passivi che possedevano titoli di debito pubblico emessi da altri Stati membri. Infatti, mentre questi ultimi dovevano versare un importo corrispondente all’applicazione di un’aliquota di base del 5% del valore dei beni patrimoniali figuranti nella loro dichiarazione di regolarizzazione fiscale, i soggetti passivi che avevano investito nei titoli di debito pubblico emessi dallo Stato portoghese erano assoggettati solo all’aliquota ridotta del 2,5% per la parte ad essi relativa. Inoltre, conformemente all’art. 6, n. 2, del RERF, tale aliquota ridotta era applicabile anche a qualsiasi altro elemento patrimoniale dichiarato se il suo valore era stato reinvestito in titoli dello Stato portoghese al momento della presentazione della dichiarazione di regolarizzazione fiscale.

56      In tal modo, il regime controverso prevedeva un trattamento differenziato a seconda che i soggetti passivi possedessero titoli del debito pubblico emessi dallo Stato portoghese o titoli del debito pubblico emessi da altri Stati membri, sfavorevole alla seconda categoria di soggetti passivi. Pertanto, una siffatta differenza di trattamento è tale da dissuadere i soggetti passivi dall’investire in titoli del debito pubblico emessi da altri Stati membri o dal conservare tali titoli.

57      Ne consegue che il regime controverso costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali vietata, in linea di principio, dall’art. 56, n. 1, CE.

–       Sulla giustificazione della restrizione alla libera circolazione dei capitali

58      Occorre esaminare se la restrizione alla libera circolazione dei capitali così accertata possa essere obiettivamente giustificata da legittimi interessi riconosciuti dal diritto dell’Unione.

59      Come ripetutamente affermato dalla Corte, la libera circolazione dei capitali può essere limitata da una normativa nazionale solo se quest’ultima sia giustificata da uno dei motivi previsti all’art. 58 CE o da ragioni imperative di interesse generale ai sensi della giurisprudenza della Corte (v., in tal senso, sentenze 4 giugno 2002, causa C‑367/98, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I‑4731, punto 49, e 14 febbraio 2008, causa C‑274/06, Commissione/Spagna, punto 35).

60      È pacifico che gli obiettivi di lotta contro l’evasione e la frode fiscali, invocati dalla Repubblica portoghese, possono giustificare una restrizione alla libera circolazione dei capitali (v. in tal senso, quanto alla lotta contro l’evasione fiscale, sentenza 26 settembre 2000, causa C‑478/98, Commissione/Belgio, Racc. pag. I‑7587, punto 39 e, quanto alla lotta contro la frode fiscale, sentenza 19 novembre 2009, causa C‑540/07, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑10983, punto 55).

61      Tuttavia, occorre inoltre che la restrizione alla libera circolazione dei capitali sia idonea a garantire il conseguimento di tali obiettivi e che non ecceda quanto necessario per raggiungerli (v. in tal senso, in particolare, sentenza 19 novembre 2009, Commissione/Italia, cit., punto 57).

62      Al riguardo, occorre rilevare che, anche a voler ritenere che la regolarizzazione fiscale attuata con il RERF abbia potuto contribuire, in linea generale, al conseguimento degli obiettivi di lotta contro l’evasione e la frode fiscali, risulta che il regime controverso, nel prevedere un trattamento differenziato per quanto riguarda i titoli del debito pubblico emessi dallo Stato portoghese rispetto a quelli emessi da altri Stati membri, non rispetti tali requisiti.

63      Occorre ricordare, infatti, che tale regime prevedeva, nel contesto di detta regolarizzazione fiscale, l’applicazione di aliquote di regolarizzazione differenti a seconda che i beni patrimoniali dichiarati fossero titoli del debito pubblico emessi dallo Stato portoghese o titoli del debito pubblico emessi da altri Stati membri, mentre le altre disposizioni del RERF applicabili ai soggetti passivi che intendevano regolarizzare la loro situazione fiscale si applicavano, dal canto loro, indipendentemente dallo Stato di origine dei beni patrimoniali.

64      Quanto all’argomento della Repubblica portoghese secondo il quale tale differenza di aliquota di regolarizzazione sarebbe giustificata dal fatto che il versamento dell’importo corrispondente all’applicazione di detta aliquota costituirebbe un’indennità compensatoria che può, in sostanza, essere più rilevante per gli investimenti regolarizzati riguardanti i titoli di debito pubblico emessi da altri Stati membri, tale affermazione si riduce in realtà, come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 89 delle sue conclusioni, nel tentativo di giustificare una misura restrittiva della libera circolazione dei capitali per realizzare un obiettivo di natura economica, ossia quello della compensazione della perdita di introiti fiscali dello Stato membro interessato.

65      Al riguardo, è sufficiente ricordare che, secondo costante giurisprudenza, un obiettivo di natura puramente economica non può giustificare una restrizione ad una libertà fondamentale garantita dal Trattato (v., in tal senso, sentenze 28 aprile 1998, causa C‑120/95, Decker, Racc. pag. I‑1831, punto 39; Verkooijen, cit., punto 48, e 8 luglio 2010, causa C‑171/08, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I‑6817, punto 71).

66      Quanto all’argomento della Repubblica portoghese secondo il quale la direttiva 2003/48 potrebbe giustificare una differenza di trattamento tra i titoli di credito negoziabili emessi da un’amministrazione pubblica e i medesimi titoli emessi da privati, occorre rilevare che, anche ammesso che detta direttiva sancisca l’istituzione di una siffatta disparità di trattamento, ciò non potrebbe giustificare una disparità di trattamento tra titoli della stessa natura, ossia, nella fattispecie, i titoli del debito pubblico emessi dallo Stato portoghese e quelli emessi dagli altri Stati membri.

67      Ne consegue che la restrizione alla libera circolazione dei capitali risultante dal regime controverso non può essere giustificata dai motivi dedotti dalla Repubblica portoghese.

68      Poiché quanto stipulato all’art. 40 dell’accordo SEE ha stessa portata giuridica delle disposizioni, sostanzialmente identiche, dell’art. 56 CE (v. sentenze 11 giugno 2009, causa C‑521/07, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I‑4873, punto 33, e 6 ottobre 2009, causa C‑562/07, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑9553, punto 67), tutte le considerazioni che precedono, in circostanze come quelle di cui al presente ricorso, si possono trasporre mutatis mutandis a detto art. 40.

69      Pertanto, il ricorso proposto dalla Commissione deve essere ritenuto fondato.

70      Conseguentemente, si deve dichiarare che la Repubblica portoghese, avendo previsto, nell’ambito del RERF, istituito dalla legge n. 39‑A/2005, un trattamento fiscale preferenziale limitato ai titoli del debito pubblico emessi dallo Stato portoghese, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 56 CE e dell’art. 40 dell’accordo SEE.

 Sulle spese

71      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica portoghese, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La Repubblica portoghese, avendo previsto, nell’ambito del «regime excepcional de regularização tributária de elementos patrimoniais que não se encontrem no território português em 31 de Dezembro de 2004» (regime straordinario di regolarizzazione fiscale dei beni patrimoniali che non si trovano nel territorio portoghese al 31 dicembre 2004), istituito dalla legge 29 luglio 2005, n. 39‑A/2005, un trattamento fiscale preferenziale limitato ai titoli del debito pubblico emessi dallo Stato portoghese, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 56 CE e dell’art. 40 dell’accordo 2 maggio 1992 sullo Spazio economico europeo.

2)      La Repubblica portoghese è condannata alle spese.

Firme


* Lingua processuale: il portoghese.