CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
JULIANE KOKOTT
presentate il 12 gennaio 2012 ( 1 )
Causa C-443/09
CCIAA di Cosenza
contro
Fallimento Grillo Star Srl Fallimento(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal
Tribunale di Cosenza, Sezione fallimentare)
«Direttiva 2008/7/CE — Imposte indirette sulla raccolta di capitali — Diritto annuale dovuto alle camere di commercio locali»
I – Introduzione
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1. |
Il presente procedimento offre alla Corte di giustizia l’opportunità di precisare, in seguito alla sua sentenza nella causa Denkavit ( 2 ), la propria giurisprudenza in materia di imposte indirette sulle società di capitali, vietate dalla direttiva 2008/7/CE ( 3 ). Oggetto della causa principale è un diritto annuale dovuto alle camere di commercio da tutte le imprese iscritte nel registro delle imprese tenuto dalle camere medesime. |
II – Contesto normativo
A – Diritto dell’Unione
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2. |
La direttiva 2008/7 ha riformulato la direttiva 69/335/CEE ( 4 ). Per ragioni di chiarezza, dato che quest’ultima era stata oggetto in passato di ripetute e profonde modifiche, il Consiglio ha optato per una sua riformulazione. Sostanzialmente, però, essa riprende la direttiva precedente. |
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3. |
L’articolo 5 della direttiva 2008/7, intitolato «Operazioni non soggette all’imposta indiretta», stabilisce quanto segue: «1. Gli Stati membri non assoggettano le società di capitali ad alcuna forma di imposta indiretta per le operazioni seguenti: (…)
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4. |
L’articolo 6 della direttiva 2008/7 così dispone: «1. Gli Stati membri possono applicare, in deroga alle disposizioni dell’articolo 5, le imposte e i diritti seguenti: (…)
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B – Diritto nazionale
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5. |
Le disposizioni italiane pertinenti, nella versione applicabile alla controversia in esame, prevedono quanto segue. |
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6. |
L’articolo 2188, primo comma, del codice civile italiano (in prosieguo: il «CC») ha istituito un registro delle imprese nel quale devono iscriversi tutte le imprese del settore industriale, commerciale e finanziario. Sono soggetti all’obbligo di iscrizione sia gli imprenditori individuali, sia in particolare, ai sensi dell’articolo 2200 CC, le società a responsabilità limitata. Tale obbligo vige anche qualora dette società non esercitino alcuna attività commerciale. In conformità dell’articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580 ( 5 ), il registro delle imprese viene tenuto dalle camere di commercio. |
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7. |
L’importo che le imprese iscritte nel registro delle imprese sono tenute a versare annualmente alle camere di commercio è stabilito mediante decreto ministeriale. In base all’articolo 3 del relativo decreto del 2009, le imprese con un fatturato annuo fino a EUR 100000 sono tenute a versare a titolo di diritto annuale un importo forfettario di EUR 200. Per le imprese con un fatturato annuo superiore il diritto annuale è determinato in percentuale sul fatturato. |
III – Fatti, causa principale e procedimento dinanzi alla Corte
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8. |
Nei confronti della società italiana Grillo Star Srl ( 6 ) è stata avviata la procedura di fallimento. |
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9. |
Il giudice del rinvio è chiamato ad accertare lo stato passivo della Grillo Star. La Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Cosenza (CCIAA ( 7 )) si è insinuata al passivo fallimentare per un importo pari a EUR 200 relativo al diritto annuale per l’anno 2009 ( 8 ), che ogni impresa iscritta nel registro delle imprese ai sensi dell’articolo 2188 CC era tenuta a versare alla camera. |
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10. |
Il giudice del rinvio dubita della compatibilità di detto diritto annuale con la direttiva 2008/7 ( 9 ) e, pertanto, ha sospeso il procedimento per sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: Se i criteri di determinazione del diritto annuale di cui all’articolo 18, lettera b), della legge italiana 29 dicembre 1993, n. 580, come determinati dal terzo, quarto, quinto e sesto comma del medesimo articolo, si pongano in contrasto con la direttiva 2008/7/CE del Consiglio dell’Unione europea, del 12 febbraio 2008, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali, in quanto non può farsi rientrare nella deroga di cui all’articolo 6, lettera e), della medesima direttiva. In particolare:
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11. |
Con ordinanza del 13 settembre 2010 il giudice del rinvio ha integrato la sua domanda con altre due questioni pregiudiziali:
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12. |
Nell’ambito del procedimento dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni scritte il Fallimento Grillo Star, la CCIAA di Cosenza, l’Austria, la Germania e l’Italia, nonché la Commissione europea. All’udienza del 20 ottobre 2011 sono comparsi il Fallimento Grillo Star, la CCIAA di Cosenza, la Germania, l’Italia e la Commissione europea. |
IV – Analisi giuridica
A – Ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale
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13. |
La CCIAA di Cosenza ha eccepito per la prima volta nella sua risposta scritta ai quesiti sottoposti dalla Corte alle parti del procedimento l’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, non essendo il giudice del rinvio legittimato al rinvio. Il fatto che tale eccezione sia stata sollevata in una fase così avanzata del procedimento è irrilevante, dato che la legittimazione a proporre il rinvio deve essere verificata d’ufficio. |
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14. |
La causa principale ha per oggetto l’accertamento dello stato passivo della società Grillo Star. La CCIAA di Cosenza ritiene che il giudice del rinvio eserciti nell’ambito della procedura fallimentare unicamente funzioni di vigilanza e controllo. Non penderebbe alcuna controversia, dato che non vengono assunte decisioni nell’ambito di un procedimento in contraddittorio. |
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15. |
Ai sensi dell’articolo 267 TFUE, tutti gli organi giurisdizionali degli Stati membri sono legittimati al rinvio. La definizione della nozione di organo giurisdizionale deve essere operata unicamente con riferimento al diritto dell’Unione. La Corte ha elaborato una serie di criteri cui ricorrere per valutare la caratteristica di giurisdizione tenendo conto di un insieme di elementi. In base a tali criteri deve trattarsi di un ente indipendente, che sia stato istituito con un fondamento legale e che abbia carattere permanente e giurisdizione obbligatoria ed emani, nell’ambito di un procedimento in contraddittorio, una pronuncia di carattere giurisdizionale ( 10 ). |
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16. |
Sulla base di detti criteri, la Corte ha dichiarato irricevibili le domande di pronuncia pregiudiziale formulate da organi giurisdizionali che svolgevano funzioni di autorità amministrativa nell’ambito di procedimenti di giurisdizione volontaria. Oggetto di tali procedimenti erano, ad esempio, la decisione in merito alla domanda di omologazione dell’atto costitutivo di una società ai fini della sua iscrizione nel registro delle imprese ( 11 ) o la nomina giudiziale di un «altro» liquidatore per il patrimonio esistente di una società radiata dal registro ( 12 ). Legittimato al rinvio sarebbe solo l’organo giurisdizionale chiamato, nell’ambito di una simile vertenza, a decidere su un ricorso ( 13 ). |
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17. |
Nel presente contesto non vi è dubbio che il giudice del rinvio risponda ai requisiti formali di un organo giurisdizionale ai sensi dell’articolo 267 TFUE. Resta tuttavia da chiarire se la causa principale sia un procedimento in contraddittorio e, in ogni caso, se si tratti di un procedimento destinato a risolversi in una pronuncia di carattere giurisdizionale. |
1. Procedimento in contraddittorio
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18. |
La Corte ha accertato che il requisito del procedimento in contraddittorio non è un criterio assoluto ( 14 ). Nell’ambito di un ricorso sull’aggiudicazione di appalti pubblici essa ha ritenuto sufficiente che dovessero essere sentite le parti nel procedimento dinanzi all’organo di controllo degli appalti. A favore di un’interpretazione non eccessivamente formalistica del criterio del procedimento in contraddittorio depongono la varietà di procedimenti e l’autonomia processuale all’interno degli Stati membri. Diversamente, a seconda della struttura del procedimento nazionale e pur in presenza di tipologie di controversie identiche in concreto, si correrebbe il rischio di giungere a risultati del tutto arbitrari circa la legittimazione al rinvio. |
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19. |
Anche se nella specie, come si potrebbe dedurre dalla parte introduttiva dell’ordinanza di rinvio, non si contrappongono, nella causa principale, due parti che assumono formalmente il ruolo di ricorrente e resistente, le parti, vale a dire il curatore fallimentare e il creditore, hanno evidentemente modo di prendere posizione per iscritto e in udienza di fronte al giudice del rinvio. In quanto parti nella causa principale, sia la CCIAA di Cosenza sia il Fallimento Grillo Star hanno presentato osservazioni anche nell’ambito della domanda di pronuncia pregiudiziale. Il criterio del procedimento in contraddittorio deve, pertanto, ritenersi soddisfatto. |
2. Pronuncia di carattere giurisdizionale
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20. |
È più difficile, invece, rispondere alla questione se il giudice del rinvio agisca soltanto in veste di autorità amministrativa o se, piuttosto, emetta una pronuncia di carattere giurisdizionale nell’ambito di una controversia. |
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21. |
Dalla giurisprudenza della Corte non è dato evincere una definizione esplicita del criterio della «pronuncia di carattere giurisdizionale». Essa ha tuttavia considerato rilevante, inter alia, il fatto che la decisione possa acquisire efficacia di giudicato ( 15 ). |
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22. |
All’udienza, la CCIAA di Cosenza e il Fallimento Grillo Star hanno formulato tesi contrastanti quanto all’efficacia di giudicato della decisione che il giudice del rinvio è chiamato ad assumere. La CCIAA di Cosenza nega, contrariamente a quanto affermato dalla Grillo Star, che la decisione del giudice del rinvio acquisisca efficacia di giudicato, ma definisce in ogni caso detta decisione come «esecutiva». |
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23. |
Indipendentemente dalla questione tecnica dell’efficacia di giudicato, a mio parere si tratta comunque di una pronuncia di carattere giurisdizionale. Secondo le affermazioni della CCIAA, che non sono state oggetto di contestazione, compito del giudice del rinvio nella causa principale è, infatti, quello di dichiarare con decisione motivata, dopo aver sentito le parti in udienza, quali crediti vengono ammessi al passivo fallimentare. La decisione produce effetti per tutti i creditori, incidendo sulla percentuale dei crediti ammessi che viene soddisfatta. Avendo pertanto la decisione del giudice del rinvio effetti giuridici obbligatori che vanno oltre l’ammissione allo stato passivo del supposto credito materialmente oggetto di contesa tra le parti, essa riveste carattere giurisdizionale. |
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24. |
La Commissione ha del resto evidenziato come la questione del carattere giurisdizionale dell’accertamento dello stato passivo rappresenti un tema oltremodo controverso nella dottrina italiana. Alcuni autori sostengono che si tratta di un’attività di natura prevalentemente amministrativa, mentre altri importanti esponenti ritengono che l’accertamento delle obbligazioni costituisca una vera e propria attività di carattere giurisdizionale. Anche in considerazione di una così incerta qualificazione del procedimento in base al diritto nazionale, la Corte dovrebbe, nel dubbio, riconoscere la legittimazione al rinvio del giudice. |
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25. |
In conclusione, vorrei aggiungere ancora un argomento di carattere pratico in relazione ad un atto giuridico sulla cui interpretazione andrebbe ad incidere la negazione della legittimazione al rinvio nel caso in esame. Il regolamento sulle procedure di insolvenza ( 16 ) contiene, infatti, disposizioni in materia di insinuazione dei crediti nella procedura di insolvenza. Al fine di permettere che le disposizioni del regolamento possano essere oggetto di interpretazione da parte della Corte anche nell’ambito del primo grado di giudizio, non si devono prevedere requisiti eccessivi quanto alla legittimazione al rinvio in sede di accertamento giudiziale dello stato passivo. In definitiva, anche ragioni di economia processuale rendono, infatti, preferibile ammettere tali domande al primo stadio possibile, in modo che non siano necessarie ulteriori impugnazioni per poter procedere ad un rinvio pregiudiziale ( 17 ). |
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26. |
La Corte è pertanto competente a risolvere le questioni sollevate. |
B – Risoluzione delle questioni pregiudiziali
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27. |
Le questioni sollevate in un primo momento dal giudice del rinvio ineriscono al fatto se il diritto annuale dovuto alla camera di commercio costituisca un «diritto di carattere remunerativo» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2008/7. |
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28. |
Occorre però anzitutto chiarire se si tratti effettivamente di un’imposta indiretta vietata ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 2008/7. Soltanto se il diritto previsto dalla normativa italiana integra una simile imposta indiretta si porrà la domanda successiva, ovvero se esso possa considerarsi in via eccezionale ammissibile in quanto diritto di carattere remunerativo. L’articolo 6 rappresenta, infatti, una disposizione derogatoria che trova applicazione soltanto qualora il diritto controverso ricada, in quanto imposta indiretta, nel divieto di cui all’articolo 5 ( 18 ). Anche le due questioni integrative sollevate dal giudice del rinvio mirano ad una qualificazione come imposta indiretta ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 2008/7. |
1. Imposte indirette ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2008/7
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29. |
Nella fattispecie in esame si discute del divieto di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), della direttiva. In base a tale disposizione, gli Stati membri non possono assoggettare ad imposte indirette la registrazione o qualsiasi altra formalità preliminare all’esercizio di un’attività alla quale una società di capitali sia soggetta a causa della sua forma giuridica. Occorre, pertanto, esaminare in prosieguo i due criteri stabiliti dall’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), vale a dire se il diritto annuale costituisca un’imposta indiretta sulla registrazione o su qualsiasi altra formalità [sub a)] e se esso si ricolleghi alla forma giuridica della società [sub b)]. |
a) Imposta sulla registrazione o su qualsiasi altra formalità
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30. |
L’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), vieta le imposte indirette sulla registrazione o su qualsiasi altra formalità che precede l’inizio di un’attività da parte della società. Si deve trattare quindi, da un lato, di una registrazione o di una qualsiasi altra formalità ed essa deve, dall’altro lato, essere preliminare all’esercizio di un’attività. La seconda condizione non deve essere interpretata in senso meramente temporale, cosicché non rileva il fatto che la registrazione avvenga prima dell’esercizio di un’attività da parte della società. Questa condizione deve invece essere intesa nel senso che la registrazione, o qualsiasi altra formalità, costituisce il presupposto per lo svolgimento dell’attività o per il riconoscimento della capacità di agire di una società. |
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31. |
La questione sollevata dal giudice del rinvio riguarda un diritto annuale che ogni impresa iscritta nel registro delle imprese è tenuta a versare alle camere di commercio. |
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32. |
Il governo tedesco ha correttamente osservato che, quanto meno dalla prima ordinanza di rinvio, non si comprende se il diritto controverso venga richiesto alla società per effetto dell’iscrizione. Nell’ordinanza viene espressamente specificato soltanto che il diritto deve essere versato dalle imprese iscritte nel registro delle imprese. Da questa formulazione non si evince con chiarezza se l’iscrizione nel registro delle imprese rappresenti una procedura indipendente dal diritto e se il riferimento alle imprese iscritte nel registro delle imprese sia volto unicamente ad individuare i soggetti passivi del diritto. Il registro delle imprese potrebbe, però, svolgere contemporaneamente anche le funzioni di registro del commercio nel quale le società di capitali sono tenute ad iscriversi, con l’effetto che il diritto integrerebbe un presupposto per l’iscrizione della società all’interno di tale registro. |
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33. |
Dall’ordinanza di rinvio integrativa sembra peraltro potersi evincere che il primo versamento dei diritti alle camere di commercio sia connesso, in ogni caso, all’iscrizione nel registro delle imprese e che detta iscrizione costituisca una condizione per l’acquisizione della personalità giuridica da parte di una società. |
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34. |
Il diritto previsto dall’ordinamento italiano è simile pertanto alle disposizioni olandesi analizzate nella causa Denkavit Internationaal ( 19 ). Oggetto di tale causa era un’imposta che doveva essere versata annualmente in forza dell’iscrizione dell’impresa presso una camera di commercio e d’industria, ove tale iscrizione valeva anche come registrazione della società di capitali titolare dell’impresa stessa. In quel caso, quindi, il registro delle imprese era anche il registro di commercio, come sembrano analogamente prevedere le disposizioni italiane. |
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35. |
Nella sentenza citata la Corte, senza ulteriori precisazioni, è partita dal presupposto che l’imposta annuale olandese fosse un’imposta sull’iscrizione preliminare all’esercizio di un’attività. Essa non ha esaminato in modo esplicito se l’imposta fosse collegata al mantenimento di un’iscrizione della società nel registro e, quindi, se costituisse una condizione per riconoscerne la capacità di agire ( 20 ) . In particolare, la Corte non ha neppure differenziato tra l’imposta dovuta per la prima iscrizione e le imposte dovute per gli anni successivi. Ciò premesso, anche nel caso in esame andrebbe affermato il criterio di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), senza necessità di ulteriori verifiche. |
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36. |
Occorre tuttavia distinguere tra il diritto versato in occasione dell’iscrizione iniziale e i diritti che devono essere versati annualmente in seguito. Nel caso in esame si discute, infatti, soltanto del diritto annuale. Per poter considerare il diritto annuale un’imposta sull’iscrizione collegata all’esercizio di un’attività, sarebbe necessario pertanto provare che detta iscrizione è collegata al mantenimento dell’iscrizione della società e costituisce una condizione per la conservazione della capacità di agire in capo alla società. Nel caso di specie, tale aspetto non è chiaro. |
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37. |
La Commissione e il governo italiano, nelle loro osservazioni sulla prima domanda di pronuncia pregiudiziale, hanno sottolineato che il diritto annuale dovuto alle camere di commercio non costituisce una condizione per il mantenimento dell’iscrizione della società nel registro delle imprese. Il mancato pagamento del diritto non comporterebbe né la cancellazione della società dal registro, né la perdita da parte sua della personalità giuridica. Il diritto non costituirebbe, dunque, una condizione per la continuazione dell’attività della società. |
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38. |
L’integrazione della domanda di pronuncia pregiudiziale potrebbe, però, essere letta nel senso che il pagamento del diritto annuale costituisce condizione affinché la società di capitali continui giuridicamente ad esistere. Se così fosse, il diritto annuale sarebbe una condizione per il riconoscimento della capacità di agire in capo alla società e ricadrebbe nell’ambito di applicazione dell’articolo 5 della direttiva, sempreché abbia luogo per effetto della forma della società. All’udienza la Grillo Star ha osservato al riguardo che, in caso di mancato pagamento del diritto annuale, le camere di commercio competenti non rilascerebbero determinate certificazioni di cui l’impresa necessita per poter prendere parte agli scambi economici. Anche tali certificazioni potrebbero essere una formalità che costituisce una condizione per l’esercizio dell’attività. |
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39. |
In mancanza di informazioni concrete al riguardo, non è peraltro possibile effettuare in questa sede una valutazione definitiva di tale aspetto. Spetterebbe pertanto al giudice del rinvio chiarire la contraddizione rilevata. |
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40. |
Nel caso in cui il diritto annuale non fosse una condizione imposta alla società per poter esercitare l’attività, già solo per tale motivo esso non costituirebbe un’imposta indiretta ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), della direttiva. Se invece si trattasse di una condizione per l’esercizio dell’attività da parte della società, esso sarebbe vietato unicamente se riscosso anche a motivo della forma giuridica di società di capitali. Questo aspetto sarà oggetto di esame nel prosieguo. |
b) Società soggetta al diritto a causa della sua forma giuridica
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41. |
Per comprendere questo criterio è opportuno innanzitutto esaminare la ratio della direttiva. Essa mira ad incentivare la libera circolazione dei capitali ( 21 ). La Corte ha pertanto motivato il divieto contenuto nell’articolo 5 della direttiva sulla base del rilievo che, anche se i tributi di cui trattasi non colpiscono i conferimenti di capitali in quanto tali, essi sono tuttavia riscossi per effetto delle formalità connesse alla forma giuridica della società, vale a dire a motivo dello strumento usato per raccogliere capitali, per cui il loro mantenimento rischierebbe di mettere in discussione anche gli scopi perseguiti dalla direttiva ( 22 ). |
i) La sentenza Denkavit Internationaal
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42. |
Alla luce di tale finalità, nella causa Denkavit ( 23 ) la Corte ha esaminato il contributo al registro di commercio olandese dovuto annualmente per la registrazione di un’impresa presso una camera di commercio e d’industria che valeva, altresì, come registrazione della società di capitali titolare dell’impresa stessa. La contestuale registrazione della società non comportava un aumento del diritto dovuto alla camera di commercio. |
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43. |
La Corte ha dichiarato che l’imposta olandese non costituiva un’imposta vietata ai sensi della direttiva. Dirimente era piuttosto la circostanza che il fatto generatore dell’imposta controversa non era, secondo la legge olandese, la registrazione della società o della persona giuridica titolare di un’impresa, bensì la registrazione dell’impresa stessa ( 24 ). Per tale motivo il tributo non verrebbe riscosso in virtù del fatto che la società ha la forma giuridica di una società di capitali. Si tratterebbe piuttosto di un onere che colpisce, in base ai loro patrimoni, tutti gli enti che prendono parte agli scambi economici e perseguono un fine di lucro. |
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44. |
La Corte ha motivato il rilievo che l’imposta olandese prescindeva dalla forma giuridica della società osservando, inoltre, che ai fini della sua riscossione non rilevava che si trattasse di una persona fisica o giuridica, di una società di persone o di una società di capitali. L’obbligo di versare l’imposta previsto a carico delle società di persone e delle persone fisiche comprovava che la tassazione non era, appunto, legata alla forma giuridica delle società di capitali. |
ii) Applicazione di detti criteri al caso di specie
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45. |
Alla luce di tali criteri, nel caso di specie si deve ritenere che il diritto controverso non venga riscosso a causa della forma giuridica della società di capitali. |
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46. |
Nei limiti in cui le indicazioni — peraltro un po’ carenti — contenute nell’ordinanza di rinvio consentono di assumere una posizione definitiva, il diritto italiano presenta sostanzialmente le stesse caratteristiche dell’imposta olandese. Soggetto passivo sono le imprese e non le società. Qualora con l’iscrizione o con il mantenimento dell’iscrizione nel registro delle imprese venga adempiuta, con riguardo alle società, anche la funzione di registro del commercio, senza che ciò comporti un aumento del diritto, il meccanismo corrisponde a quello previsto dalla disciplina olandese. |
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47. |
Tutte le parti del procedimento, tranne la Grillo Star, osservano che anche in base alla legge italiana il diritto camerale è dovuto non soltanto dalle società di capitali, ma anche dalle società di persone. Ne consegue che il presupposto del diritto non è la forma giuridica della società, bensì l’impresa. |
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48. |
Contrariamente alla causa Denkavit, nella quale la Corte ha potuto escludere che le società di capitali fossero gravate dall’imposta a causa della loro forma giuridica in base al rilievo che anche le società di persone vi erano assoggettate in forza del diritto olandese, una simile tesi non potrebbe trovare accoglimento alla luce della nuova formulazione della direttiva. |
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49. |
L’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2008/7 equipara, infatti, ai fini della direttiva stessa, alle società di capitali ogni altra società, associazione o persona giuridica che persegua scopi di lucro. L’articolo 3, paragrafo 2, della precedente direttiva 69/335 ( 25 ) conteneva una regola identica, prevedendo tuttavia che gli Stati membri potessero non tener conto di detta equiparazione delle altre società alle società di capitali. Le società di persone non possono pertanto più essere assunte come termine di paragone. |
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50. |
Tale aspetto non è però rilevante nel caso in esame perché, ai sensi dell’articolo 2195 CC, sono soggetti all’obbligo dell’iscrizione nel registro delle imprese italiane e, di conseguenza, sono tenuti al pagamento del diritto annuale alle camere di commercio non soltanto le società con fine di lucro, ma anche le persone fisiche e le imprese individuali. L’assoggettamento delle persone fisiche al pagamento del diritto annuale quali imprese individuali può quindi essere addotto quale prova del fatto che il diritto annuale dovuto alle camere di commercio non è collegato alla forma giuridica della società, bensì all’impresa, di cui è titolare la società. |
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51. |
Il diritto controverso non costituisce pertanto, in linea di principio, un’imposta indiretta vietata ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), della direttiva. |
iii) Questione pregiudiziale integrativa — Obbligo di versamento del diritto a carico delle società inattive
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52. |
Con l’ordinanza di rinvio integrativa il giudice del rinvio ha posto l’attenzione su un altro aspetto della disciplina italiana. Esso chiede se l’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), della direttiva osti alla riscossione del diritto annuale a carico di una società che non abbia mai esercitato alcuna attività economica, sostenendo così che la Grillo Star non era mai stata attiva. |
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53. |
Alla base di tale questione vi è la convinzione del giudice del rinvio secondo cui se una società inattiva fosse sottoposta a tassazione, non si potrebbe ritenere, ai sensi della sentenza Denkavit, che il presupposto del diritto controverso sia l’iscrizione dell’impresa e non l’iscrizione della società. Nel caso di società inattive, in mancanza quindi di un’impresa, il presupposto del diritto non potrebbe che essere la società stessa e non l’impresa. Ciò non sarebbe però compatibile con la direttiva. Con la questione integrativa si chiede pertanto, in sostanza, se la direttiva 2008/7 imponga di esonerare le società inattive dal diritto annuale. |
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54. |
Il giudice del rinvio sembra fondare la propria tesi su un’affermazione della Corte nella sentenza Denkavit. Nell’esaminare la normativa olandese la Corte aveva osservato che l’obbligo di imposta in base al diritto olandese non si estende «alle società cosiddette “vuote”, vale a dire prive di attivi e che quindi non svolgono più alcuna attività» ( 26 ). Occorre osservare, in limine, che tale affermazione della Corte non costituisce un argomento essenziale della sentenza. Una non meditata trasposizione di tale affermazione in altre fattispecie non risulta, pertanto, opportuna. |
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55. |
La questione integrativa formulata dal giudice del rinvio in merito all’obbligo di assolvimento del diritto a carico delle società inattive potrebbe essere letta nel senso che si riferisce al trattamento delle società prestanome (o «shell companies»), vale a dire società che, diversamente dalle società cosiddette «vuote», cui si fa riferimento nella causa Denkavit, dispongono di un attivo. Tali società vengono costituite con l’intenzione non di svolgere immediatamente una qualche attività, ma di diventare operative soltanto in un secondo momento, ad esempio dopo una loro cessione. Se le società prestanome possano essere soggette all’obbligo di versamento del diritto costituisce certamente una questione interessante. Si tratterebbe di chiarire, in particolare, quale significato vada riconosciuto alla succitata affermazione della Corte e se, eventualmente, da quanto altresì affermato dalla Corte nella sentenza Denkavit, ovvero che «qualsiasi costituzione di società miri in via di principio alla gestione di un’impresa» ( 27 ), si possa dedurre che è sufficiente che la società intenda divenire prima o poi attiva, ad esempio a seguito di cessione. |
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56. |
Non condivido, è vero, l’argomentazione addotta dalla Commissione, la quale nel presente procedimento ha sostenuto che le società inattive spesso sono utilizzate per finalità di elusione fiscale e riciclaggio e che pertanto non dovrebbero godere di alcun trattamento di favore. Le società prestanome possono esistere in realtà per finalità del tutto legittime e possono persino agevolare l’esercizio delle libertà fondamentali. Per un investitore straniero può, ad esempio, essere più agevole costituire un’impresa in un altro Stato membro acquistando una shell company costituita a tal fine ed evitando in tal modo il dispendio di tempo e le difficoltà che potrebbero presentarsi in sede di costituzione e di registrazione della società. |
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57. |
Tuttavia, la questione del trattamento delle società inattive, nel caso di specie, è meramente ipotetica, come avrò cura di illustrare nel prosieguo, dato che la Grillo Star non è una società inattiva in tal senso. |
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58. |
Nella sua ordinanza integrativa, il giudice del rinvio ha fatto genericamente riferimento al fatto che la Grillo Star non è mai stata economicamente attiva. La Commissione ha correttamente manifestato dei dubbi circa il fatto che sia anche solo teoricamente possibile che la Grillo Star non sia mai stata attiva. Presumendo che la società fosse dotata all’inizio del capitale sociale obbligatorio, risulta difficile immaginare come una società possa, senza essere mai stata attiva, essere dichiarata fallita. Condivido tali dubbi. |
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59. |
A seguito del quesito rivoltole in udienza, la Grillo Star ha riconosciuto di essere stata in un certo qual modo attiva, ma che si sarebbe trattato soltanto di attività preparatorie in vista dell’avvio dell’attività programmata. Il governo italiano ha aggiunto al riguardo che la Grillo Star aveva già acquistato immobili e merci in previsione dell’apertura di un’attività alberghiera. |
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60. |
Ne consegue che, nel caso in esame, la questione da risolvere non è se la direttiva imponga di esonerare le società inattive dal diritto annuale, ma piuttosto se la direttiva imponga di esonerare da tale diritto quelle imprese che svolgano soltanto attività preparatorie, senza aver invece avviato l’attività vera e propria da loro pianificata. Si tratta di chiarire, quindi, se anche nel caso di società che svolgano unicamente una siffatta attività preparatoria si possa sostenere che il presupposto del diritto annuale sia l’impresa e non la società. |
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61. |
Nella causa Denkavit, esaminando la normativa olandese, la Corte aveva sottolineato, da un lato, come già ricordato, che «qualsiasi costituzione di società mir[a] in via di principio alla gestione di un’impresa». Pertanto, secondo la Corte, non è decisivo se il presupposto dell’imposta sia l’effettivo esercizio dell’attività commerciale da parte di una società. La Corte ha piuttosto ritenuto che il presupposto dell’imposta sia l’impresa e non la società anche nel caso in cui una società, all’atto della sua costituzione, miri alla gestione di un’impresa. |
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62. |
La Commissione ha osservato che, anche in base alla definizione italiana della nozione di impresa, non rileva lo svolgimento effettivo di un’attività economica, bensì la possibilità che essa divenga economicamente attiva. Si deve pertanto ritenere sufficiente che una società ponga in essere atti preparatori finalizzati allo svolgimento della sua attività sociale e abbia iniziato in tal modo a realizzare l’attività di impresa prevista. |
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63. |
La Corte ha sottolineato, dall’altro lato, che la nozione di impresa alla luce dell’articolo 5 della direttiva 2008/7 va definita in base al diritto nazionale ( 28 ). Essa non ha pertanto neppure accolto l’eccezione per cui l’attività di una holding, che si limiti alla gestione della sua controllata, non costituirebbe attività di impresa in senso proprio. |
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64. |
Anche in base a tali osservazioni, il legislatore italiano è pertanto libero di considerare le attività preparatorie come attività d’impresa ai fini dell’individuazione del presupposto del diritto. A tale riguardo, anche ragioni di natura pratica possono indurre il legislatore a considerare una società di tal genere quale impresa, dato che potrebbe risultare difficile distinguere tra attività preparatorie e attività ricomprese nell’oggetto sociale e un simile accertamento potrebbe comportare notevoli oneri amministrativi. |
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65. |
Per tali motivi a diversa conclusione non si giunge neppure alla luce della tesi svolta dalla Grillo Star all’udienza, secondo cui, con il fallimento e la conseguente cessazione dell’attività, la società non potrebbe più in ogni caso essere considerata come un’impresa. Gli Stati membri possono legittimamente ritenere che sussista attività di impresa anche con riguardo a quelle società i cui affari vadano male e che pertanto decidano di ridurre o di cessare l’attività. |
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66. |
Anche nel caso in cui una società svolga unicamente attività preparatorie in vista dell’inizio della vera e propria attività d’impresa, è plausibile che il presupposto del diritto sia l’iscrizione dell’impresa e non della società. |
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67. |
Poiché non si tratta, pertanto, di un’imposta indiretta vietata ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), della direttiva, non è più rilevante verificarne il carattere remunerativo ai sensi del successivo articolo 6. |
V – Conclusione
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68. |
Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali proposte dal Tribunale di Cosenza nei termini seguenti: L’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2008/7/CE non osta ad un diritto annuale dovuto alla camera di commercio da ogni impresa iscritta nel registro delle imprese e che sia collegato ad un’iscrizione della società di capitali necessaria ai fini della continuazione dell’esercizio dell’attività, nel caso in cui il presupposto del diritto sia l’iscrizione dell’impresa e non l’iscrizione della società di capitali, titolare dell’impresa. Gli Stati membri sono pertanto liberi di considerare come imprese, a tal fine, anche le società che compiano unicamente atti preparatori in vista dell’esercizio dell’effettiva attività sociale. |
( 1 ) Lingua originale: il tedesco.
( 2 ) Sentenza dell’11 giugno 1996, Denkavit Internationaal e a. (C-2/94, Racc. pag. I-2827).
( 3 ) Direttiva 2008/7/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali (GU L 46, pag. 11; in prosieguo: la «direttiva 2008/7» o la «direttiva sull’imposta sui conferimenti»).
( 4 ) Direttiva 69/335/CEE del Consiglio, del 17 luglio 1969, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali (GU L 249, pag. 25).
( 5 ) Legge sul riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (GURI dell’11 gennaio 1994, n. 6).
( 6 ) In prosieguo: la «Grillo Star» o il «Fallimento Grillo Star».
( 7 ) In prosieguo: la «CCIAA di Cosenza».
( 8 ) Oltre ad interessi per EUR 113,39.
( 9 ) L’applicabilità della direttiva a questa società a responsabilità limitata deriva direttamente dall’indicazione della società a responsabilità limitata al n. 12 dell’Allegato I della direttiva 2008/7.
( 10 ) V. le recenti sentenze del 22 dicembre 2010, Koller (C-118/09, Racc. pag. I-13627, punto 22), e del 14 giugno 2011, Miles e a. (C-196/09, Racc. pag. I-5105, punto 37). Nel frattempo la Corte aveva esplicitamente abbandonato il requisito del contenzioso o del procedimento in contraddittorio: v. sentenze del 17 maggio 1994, Corsica Ferries (C-18/93, Racc. pag. I-1783, punto 12); del 19 ottobre 1995, Job Centre (C-111/94, Racc. pag. I-3361, punto 9), e del 15 gennaio 2002, Lutz e a. (C-182/00, Racc. pag. I-547, punto 13).
( 11 ) Sentenza Job Center, cit. alla nota 10 (punto 9).
( 12 ) Ordinanza del 12 gennaio 2010, Amiraike Berlin (C-497/08, Racc. pag. I-101, punto 19).
( 13 ) Ordinanza Amiraike Berlin, cit. alla nota 12 (punto 20).
( 14 ) Sentenza del 17 settembre 1997, Dorsch Consult (C-54/96, Racc. pag. I-4961, punto 31).
( 15 ) V. sentenze del 30 giugno 2005, Längst C-165/03, Racc. pag. I-5637, punto 26), e Dorsch Consult, cit. alla nota 14 (punto 37).
( 16 ) Regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza (GU L 160, pag. 1).
( 17 ) V. le conclusioni dell’avvocato generale Jacobs del 28 ottobre 2004 nella causa Syfait e a. (C-53/03, Racc. 2005, pag. I-4609, paragrafo 45); v. anche, in un altro contesto, le mie conclusioni del 18 luglio 2007 nella causa Tedesco, (C-175/06, Racc. pag. I-7929, paragrafo 22), e del 2 settembre 2010 nella causa Weryński (C-283/09, Racc. pag. I-601, paragrafo 16).
( 18 ) V. al riguardo sentenza del 2 dicembre 1997, Fantask e a. (C-188/95, Racc. pag. I-6783, punto 20), relativa alla disposizione della precedente direttiva 69/335/CEE, che presentava un identico contenuto, cit. alla nota 4.
( 19 ) Sentenza Denkavit Internationaal, cit. alla nota 2.
( 20 ) V. sentenza del 20 aprile 1993, Ponente Carni e Cispadana Costruzioni (C-71/91 e C-178/91, Racc. pag. I-1915, punto 31). Ritengo che tale sentenza muova, però, dal presupposto che il diritto è volto al mantenimento dell’iscrizione.
( 21 ) V. soltanto il secondo considerando della direttiva 2008/7.
( 22 ) Sentenza Denkavit Internationaal, cit. alla nota 2 (punto 23).
( 23 ) Cit. alla nota 2.
( 24 ) Sentenza Denkavit Internationaal, cit. alla nota 2 (punto 24).
( 25 ) Cit. alla nota 4.
( 26 ) Sentenza Denkavit Internationaal, cit. alla nota 2 (punto 29).
( 27 ) Sentenza Denkavit Internationaal, cit. alla nota 2 (punto 29).
( 28 ) Sentenza Denkavit Internationaal, cit. alla nota 2 (punto 32), sulla versione precedente della disposizione contenuta nella direttiva 69/335, cit. alla nota 4.