CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 2 settembre 2010 1(1)

Cause riunite C‑250/09 e C‑268/09

Vasil Ivanov Georgiev

contro

Tehnicheski universitet ? Sofia, filial Plovdiv

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Rajonen sad Plovdiv (Bulgaria)]

«Politica sociale – Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – Contratto di lavoro a tempo determinato per professori universitari che hanno raggiunto l’età di 65 anni – Fissazione dell’età definitiva pensionabile per i professori universitari a 68 anni – Giustificazione delle disparità di trattamento fondate sull’età»





1.        Le problematiche legate al pensionamento obbligatorio, all’autorizzazione a licenziare un lavoratore che ha raggiunto l’età pensionabile nonché all’assunzione di lavoratori per mezzo di contratti a tempo determinato a partire da una determinata età sono già state affrontate dalla Corte in più sentenze o lo saranno in un prossimo futuro (2). Con la presente causa si presenta alla Corte l’opportunità di completare la propria giurisprudenza trattando congiuntamente in questa occasione tali diverse problematiche.

2.        Il Rajonen sad Plovdiv (Bulgaria) interroga, infatti, la Corte sulla compatibilità con la direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (3), di una normativa nazionale che consente a un datore di lavoro di porre fine al contratto di lavoro di un professore universitario che ha raggiunto l’età di 65 anni e che prevede che, oltre tale età, il rapporto di lavoro possa essere prolungato unicamente con contratti a tempo determinato della durata di un anno e per un massimo di tre anni.

3.        Basandomi ampiamente sulla giurisprudenza esistente, nelle presenti conclusioni esporrò le ragioni per cui ritengo che la direttiva non osti a una siffatta normativa.

I –    Quadro giuridico

A –    Il diritto dell’Unione

4.        Ai sensi dell’art. 1 della direttiva, questa «mira a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento».

5.        L’art. 2 della direttiva è formulato come segue:

«1.      Ai fini della presente direttiva, per “principio della parità di trattamento” si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1.

2.      Ai fini del paragrafo 1:

a)      sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga;

(…)».

6.        L’art. 6, n. 1, della direttiva dispone quanto segue:

«Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri possono prevedere che le disparità di trattamento in ragione dell’età non costituiscano discriminazione laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari.

Tali disparità di trattamento possono comprendere in particolare:

a)      la definizione di condizioni speciali di accesso all’occupazione e alla formazione professionale, di occupazione e di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e di retribuzione, per i giovani, i lavoratori anziani con persone a carico, onde favorire l’inserimento professionale o assicurare la protezione degli stessi;

b)      la fissazione di condizioni minime di età, di esperienza professionale o di anzianità di lavoro per l’accesso all’occupazione o a taluni vantaggi connessi all’occupazione;

c)      la fissazione di un’età massima per l’assunzione basata sulle condizioni di formazione richieste per il lavoro in questione o la necessità di un ragionevole periodo di lavoro prima del pensionamento».

B –    La normativa nazionale

7.        L’art. 325, n. 3, del codice del lavoro (4) prevede che il contratto di lavoro termina senza preavviso delle parti alla scadenza del termine contrattuale.

8.        Ai sensi dell’art. 328 del codice del lavoro:

«1)      Il datore di lavoro può porre fine al contratto di lavoro mediante preavviso scritto inviato al lavoratore o all’impiegato entro i termini previsti dall’art. 326, n. 2, nei seguenti casi:

(…)

10.      Nel momento in cui viene acquisito il diritto alla pensione di vecchiaia e, per i professori, i docenti e gli assistenti di livello I e II nonché i dottori di ricerca, al raggiungimento dell’età di 65 anni;

(…)».

9.        L’art. 11 delle disposizioni transitorie e finali della legge sulla formazione universitaria (5) così dispone:

«Su proposta del Consiglio di cattedra e del Consiglio della sede principale e/o della sede distaccata, a seguito di decisione del Consiglio accademico, sono prorogabili per periodi di un anno fino ad un massimo di tre anni, al raggiungimento dell’età prevista dall’art. 328, n. 1, decimo comma, del codice del lavoro, i contratti di lavoro conclusi con soggetti in possesso dell’abilitazione che ricoprono la carica di “professore” nonché per periodi di un anno fino ad un massimo di due anni i contratti conclusi con soggetti in possesso dell’abilitazione che ricoprono la carica di “docente”».

10.      L’art. 7, n. 1, sesto comma, della legge sulla tutela contro la discriminazione (6) prevede che non costituisce una discriminazione «la fissazione di un’età massima per l’assunzione, laddove sia legata alla necessità di una formazione per il lavoro in questione o alla necessità di un ragionevole periodo di lavoro prima del pensionamento qualora essa sia obiettivamente giustificata per il conseguimento di una finalità legittima e i mezzi impiegati non eccedano quanto a ciò necessario».

II – La controversia principale e le questioni pregiudiziali

11.      Le presenti domande di pronuncia pregiudiziale riguardano la stessa persona, il sig. Georgiev, e vertono sugli stessi fatti. La differenza fra le due domande consiste nel fatto che la seconda (causa C‑268/09) contiene una questione supplementare rispetto alla prima (causa C‑250/09).

12.      Il sig. Georgiev iniziava a lavorare presso la Tehnicheski universitet – Sofia, filial Plovdiv (Università tecnica di Sofia – sezione distaccata di Plovdiv; in prosieguo: l’«Università») nel 1985, in qualità di docente.

13.      Nel 2006, al compimento dell’età di 65 anni, veniva posta fine al suo contratto di lavoro per raggiungimento dell’età pensionabile.

14.      Tuttavia, in virtù dell’art. 11 delle disposizioni transitorie e finali della legge sulla formazione universitaria, il Consiglio accademico dell’Università autorizzava il sig. Georgiev a continuare a lavorare. Veniva sottoscritto un nuovo contratto di lavoro della durata di un anno in forza del quale il sig. Georgiev avrebbe lavorato come docente presso la facoltà di ingegneria.

15.      Mediante un accordo supplementare sottoscritto nel 2006, il contratto veniva prolungato di un anno.

16.      Nel 2007 il ricorrente otteneva un posto di professore.

17.      Mediante un nuovo accordo supplementare sottoscritto nel 2008, il contratto veniva prolungato di un ulteriore anno.

18.      Nel 2009, con provvedimento del direttore dell’Università, ai sensi dell’art. 325, n. 3, del codice del lavoro, veniva posta fine al rapporto di lavoro fra l’Università e il sig. Georgiev.

19.      Il sig. Georgiev ha presentato due ricorsi dinanzi al Tribunale di Plovdiv. Uno di questi mira a far dichiarare l’invalidità della clausola del suo primo contratto a tempo determinato che ne limita la durata a un anno e a convertire il detto contratto in contratto a tempo indeterminato (ricorso alla base della causa C‑268/09). L’altro verte sul provvedimento del direttore dell’Università che poneva fine al suo rapporto di lavoro con l’Università al momento del compimento dell’età di 68 anni (ricorso alla base della causa C‑250/09). Il Rajonen sad Plovdiv ha ritenuto necessario sospendere il procedimento e sottoporre alla Corte le tre seguenti questioni pregiudiziali. Le prime due sono comuni a entrambe le cause, la terza si pone solo nella causa C‑268/09:

«1)      Se le disposizioni della [direttiva] ostino all’applicazione di una legge nazionale che non consente la conclusione di contratti di lavoro a tempo indeterminato con professori che hanno compiuto i 65 anni di età. Se, in tale contesto e più concretamente tenendo conto dell’art. 6, n. 1, della direttiva, le misure menzionate all’art. 7, n. 1, sesto comma, della legge sulla tutela contro le discriminazioni, le quali introducono limiti di età per l’occupazione di un concreto posto di lavoro, siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate da una finalità legittima nonché proporzionate, tenuto presente che la direttiva è stata pienamente trasposta nel diritto bulgaro.

2)      Se le disposizioni della [direttiva] ostino all’applicazione di una legge nazionale in forza della quale i professori che hanno compiuto i 68 anni di età vengono pensionati obbligatoriamente. Se, sulla scorta dei fatti e delle circostanze che caratterizzano la presente causa e nel caso dell’accertamento di un conflitto fra le disposizioni della direttiva e il diritto nazionale pertinente che ha recepito la direttiva, sia possibile che l’interpretazione delle disposizioni del diritto comunitario comporti la disapplicazione del diritto nazionale.

3)      Se la normativa nazionale ponga il raggiungimento di una determinata età come unica condizione perché sia posto termine a un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e perché tale rapporto possa continuare quale rapporto di lavoro a tempo determinato tra lo stesso lavoratore e lo stesso datore di lavoro, per lo stesso posto. Quale sia il limite oltre il quale non è più possibile la continuazione del rapporto di lavoro tra le parti, nel caso in cui, dopo che il contratto di lavoro a tempo indeterminato sia stato trasformato in un contratto a tempo determinato, la normativa nazionale pone un limite massimo alla continuazione del rapporto e un numero massimo di proroghe del rapporto di lavoro a tempo determinato con il medesimo datore di lavoro».

20.      Hanno depositato osservazioni scritte il sig. Georgiev, l’Università, i governi bulgaro, tedesco e slovacco nonché la Commissione delle Comunità europee.

III – Analisi

21.      Esaminerò le tre questioni pregiudiziali congiuntamente. Esse mirano, in sostanza, a stabilire se la direttiva debba essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale la quale consente a un datore di lavoro di porre fine al contratto di lavoro di un professore universitario che ha raggiunto l’età di 65 anni e la quale prevede che, oltre tale età, il rapporto di lavoro possa essere prolungato unicamente con contratti a tempo determinato della durata di un anno fino ad un massimo di tre anni.

22.      Al fine di rispondere a tali questioni, occorre stabilire se la normativa in esame nella causa principale rientri nell’ambito di applicazione della direttiva, se contenga una disparità di trattamento fondata sull’età e, in caso di risposta affermativa, se la direttiva osti a tale disparità di trattamento.

23.      Con riferimento, in primo luogo, all’ambito di applicazione della direttiva, si deve constatare che dall’art. 3, n. 1, lett. c), della stessa risulta che essa si applica, nel contesto delle competenze devolute all’Unione, a tutte le persone per quanto attiene all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione. Orbene, la normativa in esame nella causa principale incide direttamente sulla durata e sulle modalità del rapporto di lavoro che vincola le parti, nonché, in maniera più generale, sull’esercizio da parte dei professori universitari della propria attività professionale, limitandone, a partire dai 65 anni, la partecipazione futura alla vita attiva e impedendola dopo il raggiungimento dei 68 anni. Ritengo pertanto che sia pacifico che tale normativa rientri nell’ambito di applicazione della direttiva (7).

24.      Con riferimento, in secondo luogo, alla questione se la normativa in esame nella causa principale contenga una disparità di trattamento fondata sull’età per quanto attiene all’occupazione e alle condizioni di lavoro, occorre constatare che, ai sensi dell’art. 2, n. 1, della direttiva, ai fini di quest’ultima, per «principio della parità di trattamento» si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’art. 1 della direttiva. L’art. 2, n. 2, lett. a), di quest’ultima precisa che, ai fini del n. 1, sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’art. 1 della direttiva, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto lo sia un’altra in una situazione analoga.

25.      Nell’autorizzare un datore di lavoro a porre fine al contratto di lavoro di un professore universitario che ha raggiunto l’età di 65 anni e nel prevedere che, oltre tale età, il rapporto di lavoro possa essere prolungato unicamente con contratti a tempo determinato della durata di un anno fino a un massimo di tre anni, la normativa in esame nella causa principale riserva ai professori universitari che hanno raggiunto l’età di 65 anni, nonché a quelli che hanno raggiunto l’età di 68 anni, un trattamento meno favorevole rispetto agli altri professori universitari in attività. Infatti, a differenza degli altri professori universitari in attività che beneficiano, in linea di principio, di un contratto a tempo indeterminato, i professori di 65 anni sono costretti, se desiderano continuare la loro attività, ad accettare un contratto a tempo determinato. Inoltre, i professori che raggiungono l’età di 68 anni sono costretti a interrompere la loro attività in seno all’università. Una siffatta normativa introduce, pertanto, una disparità di trattamento direttamente fondata sull’età, come prevista all’art. 2, nn. 1 e 2, lett. a), della direttiva (8).

26.      Occorre ora stabilire se le disparità di trattamento che derivano dalla normativa nazionale in esame nella causa principale siano o meno conformi alla direttiva. Al riguardo, dall’art. 6, n. 1, primo comma, della direttiva risulta che le disparità di trattamento in ragione dell’età non costituiscono discriminazione vietata in virtù dell’art. 2 della stessa direttiva «laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari».

27.      Dal tenore letterale della normativa in esame nella causa principale non emerge espressamente l’obiettivo da essa perseguito. Come la Corte ha già dichiarato, in difetto di una precisazione della normativa nazionale controversa circa l’obiettivo perseguito, occorre che altri elementi, attinenti al contesto generale della misura interessata, consentano l’identificazione dell’obiettivo sotteso a quest’ultima al fine di esercitare un sindacato giurisdizionale quanto alla sua legittimità e al carattere appropriato e necessario dei mezzi adottati per realizzare detto obiettivo (9).

28.      Nell’ambito della controversia principale, spetta in ultima istanza al giudice nazionale, il solo competente a valutare i fatti della controversia di cui è investito e ad interpretare la normativa nazionale applicabile, identificare l’obiettivo da questa perseguito e verificare se si tratti di una finalità legittima ai sensi dell’art. 6, n. 1, primo comma, della direttiva (10).

29.      Pertanto, al fine di dare al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di risolvere la controversia di cui alla causa principale, occorre accertare se la direttiva osti alle disparità di trattamento fondate sull’età, come quelle di cui alla causa principale, tenuto conto degli obiettivi fatti valere come potenziali giustificazioni nelle osservazioni scritte presentate alla Corte.

30.      Il principale obiettivo avanzato è quello inteso a ripartire le possibilità di impiego tra le generazioni nell’ambito della professione in oggetto. Secondo gli argomenti sviluppati da diverse parti intervenienti al presente procedimento, essenzialmente i governi bulgaro, tedesco e slovacco nonché la Commissione, nel perseguire una siffatta finalità, la normativa in esame nella causa principale consentirebbe alle giovani generazioni di accedere a posti di professori e assicurerebbe la qualità dell’insegnamento e della ricerca.

31.      Ai sensi dell’art. 6, n. 1, della direttiva, fra gli obiettivi che possono essere considerati «legittimi» in virtù di tale disposizione sono compresi, in particolare, giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale. Al riguardo, la Corte ha già dichiarato che la promozione delle assunzioni costituisce incontestabilmente un obiettivo legittimo di politica sociale o dell’occupazione degli Stati membri e che tale valutazione deve evidentemente applicarsi a taluni strumenti della politica del mercato del lavoro nazionale diretti a migliorare le opportunità di inserimento nella vita attiva di talune categorie di lavoratori. Parimenti, una misura adottata per favorire l’accesso dei giovani all’esercizio della professione di professore universitario può essere considerata come misura rientrante nella politica dell’occupazione (11).

32.      Occorre ora verificare se, ai sensi dell’art. 6, n. 1, della direttiva, i mezzi utilizzati per il conseguimento di tale finalità siano «appropriati e necessari». Si deve, in proposito, ricordare che gli Stati membri dispongono di un ampio margine di valutazione discrezionale nella scelta delle misure atte a realizzare i loro obiettivi in materia di politica sociale e dell’occupazione (12).

33.      Nella citata sentenza Petersen la Corte ha dichiarato che, in base all’evoluzione della situazione dell’occupazione nel settore interessato, non sembrava irragionevole che le autorità dello Stato membro considerassero che l’applicazione di un limite d’età, la quale comporta l’esclusione dal mercato del lavoro dei lavoratori più anziani, potesse consentire di favorire l’occupazione dei professionisti più giovani. Quanto alla fissazione di tale limite di età a 68 anni, la Corte ha ritenuto che questa età appare sufficientemente avanzata per fungere da limite temporale all’esercizio di una professione (13). Dalla citata sentenza Palacios de la Villa emerge che la medesima valutazione può essere fatta riguardo a un limite di età di 65 anni (14), a fortiori quando, come nell’ipotesi di cui alla presente causa, tale età non comporta obbligatoriamente il pensionamento dei lavoratori che l’hanno raggiunta.

34.      A mio avviso, occorre riconoscere che uno Stato membro può legittimamente tendere a garantire l’esistenza di una piramide di età equilibrata in seno al corpo dei professori universitari instaurando un limite di età. La convivenza di diverse generazioni di docenti e di ricercatori favorisce, a mio avviso, lo scambio di esperienze nonché l’innovazione e, dunque, il miglioramento della qualità dell’insegnamento e della ricerca nelle università. Pertanto, tenuto conto del fatto che in tale settore il numero di posti vacanti è limitato e che le carriere possono risultare relativamente lunghe, è ragionevole pensare che un limite di età possa agevolare l’accesso alla professione da parte dei più giovani.

35.      In tale prospettiva, non mi sembra che una normativa come quella di cui al procedimento principale ecceda quanto necessario per garantire l’obiettivo volto a ripartire le possibilità di impiego tra le generazioni nell’ambito della professione interessata.

36.      La proporzionalità di tale normativa risiede anzitutto nel fatto che, sia all’età di 65 che all’età di 68 anni, un professore universitario che si trovi costretto a terminare la propria attività beneficia di un diritto ad una pensione di vecchiaia. La detta normativa non può dunque essere ritenuta oltremodo pregiudizievole delle legittime pretese dei lavoratori che dovrebbero terminare la loro attività a causa del raggiungimento di un’età compresa fra i 65 e i 68 anni, in quanto una siffatta normativa non si basa unicamente su un’età determinata, ma prende altresì in considerazione la circostanza che gli interessati beneficino al termine della loro carriera professionale di una compensazione economica mediante la concessione di una pensione di vecchiaia (15) il cui importo, del resto, non viene contestato dal sig. Georgiev.

37.      Di conseguenza, occorre rilevare che la possibilità per i professori di esercitare la loro professione oltre i 65 anni con contratti a tempo determinato ha l’effetto di rendere meno rigida la regola del pensionamento a partire da tale età, dando la possibilità a tali professori di proseguire la loro attività per tre anni. Tale possibilità contribuisce dunque ad attenuare la disparità di trattamento di cui sono oggetto i professori che hanno raggiunto l’età di 65 anni.

38.      Su tale aspetto della normativa in esame nel procedimento principale, occorre tenere la presente causa nettamente distinta da quella all’origine della citata sentenza Mangold. Rammento che con tale sentenza la Corte ha dichiarato che una misura nazionale che, senza ragioni obiettive, autorizza la stipula di un contratto a tempo determinato con i lavoratori che hanno raggiunto l’età di 52 anni è contraria alla direttiva. A differenza della presente causa, la normativa nazionale in esame nella detta sentenza riguardava lavoratori che non avevano maturato il diritto ad una pensione di vecchiaia e contratti rinnovabili per un numero indefinito di volte. Inoltre, la normativa di cui al procedimento principale riguarda solamente una categoria specifica di lavoratori, mentre la normativa in esame nella citata sentenza Mangold trovava applicazione generale.

39.      Infine, osservo che, se la Corte ha avuto più volte l’occasione di indicare che il beneficio della stabilità dell’impiego è inteso come un elemento portante della tutela dei lavoratori, essa ha parimenti ammesso che in alcune circostanze i contratti di lavoro a tempo determinato sono atti a rispondere alle esigenze sia dei datori di lavoro sia dei lavoratori (16).

40.      Mi pare che ciò si verifichi nella presente causa. Infatti, il ricorso a contratti a tempo determinato può conciliare il desiderio che taluni professori potrebbero avere di proseguire la propria attività oltre i 65 anni con la necessità delle università di poter rivalutare ogni anno, in funzione delle loro esigenze e delle caratteristiche proprie della disciplina in esame, se tale proroga non pregiudichi la giusta ripartizione delle possibilità di impiego fra le generazioni in seno a tale professione.

41.      Dall’insieme di tali elementi deduco che gli artt. 2, n. 2, lett. a), e 6, n. 1, della direttiva devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella in esame nella presente causa, la quale consente a un datore di lavoro di porre fine al contratto di lavoro di un professore universitario che ha raggiunto l’età di 65 anni e prevede che, oltre tale età, il rapporto di lavoro può essere prolungato unicamente con contratti a tempo determinato della durata di un anno fino ad un massimo di tre anni, a condizione che tale normativa sia volta a ripartire le possibilità di impiego tra le generazioni in seno a tale professione, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare.

IV – Conclusioni

42.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali sottoposte dal Rajonen sad Plovdiv dichiarando che:

«Gli artt. 2, n. 2, lett. a), e 6, n. 1, della direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella in esame nella presente causa, la quale consente a un datore di lavoro di porre fine al contratto di lavoro di un professore universitario che ha raggiunto l’età di 65 anni e prevede che, oltre tale età, il rapporto di lavoro può essere prolungato unicamente con contratti a tempo determinato della durata di un anno fino ad un massimo di tre anni, a condizione che tale normativa sia volta a ripartire le possibilità di impiego tra le generazioni in seno a tale professione, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare».


1 – Lingua originale: il francese.


2 – Per quanto riguarda il pensionamento obbligatorio, v. sentenza 16 ottobre 2007, causa C‑411/05, Palacios de la Villa (Racc. pag. I‑8531), e cause pendenti dinanzi alla Corte C‑45/09, Rosenbladt, nonché C‑159/10 e C‑160/10, Fuchs e Köhler; riguardo all’autorizzazione a licenziare un lavoratore che ha raggiunto l’età pensionabile, v. sentenza 5 marzo 2009, causa C‑388/07, Age Concern England (Racc. pag. I‑1569); per l’assunzione di lavoratori con contratti a tempo determinato a partire da una determinata età, v. sentenza 22 novembre 2005, causa C‑144/04, Mangold (Racc. pag. I‑9981), nonché la causa pendente dinanzi alla Corte C‑109/09, Deutsche Lufthansa. V., inoltre, sentenza 12 gennaio 2010, causa C‑341/08, Petersen (Racc. pag. I‑47), relativa a una disposizione nazionale che fissa a 68 anni l’età massima per l’esercizio della professione di dentista convenzionato.


3 – GU L 303, pag. 16, in prosieguo: la «direttiva».


4 – DV [Gazzetta ufficiale bulgara] n. 26 del 1° aprile 1986, successivamente modificata e pubblicata sulla DV n. 41 del 2 giugno 2009, entrata in vigore il 1° luglio 2009.


5 – DV n. 112 del 27 dicembre 1995, modificata da ultimo e pubblicata sulla DV n. 74 del 15 settembre 2009.


6 – DV n. 86 del 30 settembre 2003, entrata in vigore il 1° gennaio 2004, modificata e pubblicata sulla DV n. 74 del 15 settembre 2009, entrata in vigore il 15 settembre 2009.


7 – V., per analogia, le citate sentenze Palacios de la Villa (punti 45 e 46) e Age Concern England (punti 27 e 28).


8 – Dagli atti di causa risulta che, conformemente al diritto bulgaro, è ammessa, in linea di principio, la risoluzione del contratto di lavoro dei lavoratori di sesso maschile che hanno raggiunto l’età di 63 anni. Sebbene, sotto questo profilo, i professori universitari risultino essere in una situazione vantaggiosa rispetto agli altri lavoratori, ciò non esclude tuttavia che essi possano essere vittime di una disparità di trattamento in base all’età potenzialmente contraria alla direttiva, tenuto conto che il termine di confronto è dato dalla situazione nella quale si trovano i professori che non hanno raggiunto l’età di 65 o di 68 anni.


9 – V., in particolare, sentenza Petersen, cit. (punto 40 e giurisprudenza ivi citata).


10 – V., in particolare, le citate sentenze Age Concern England (punto 47) e Petersen (punto 42).


11 – V., per analogia, sentenza Petersen, cit. (punto 68 e giurisprudenza ivi citata).


12 – V., in particolare, sentenza 19 gennaio 2010, causa C‑555/07, Kücükdeveci, (Racc. pag. I‑365, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).


13 – Sentenza Petersen, cit. (punto 70).


14 – Sentenza Palacios de la Villa, cit. (punto 72).


15 – V., a tal riguardo, sentenza Palacios de la Villa, cit. (punto 73), nella quale la Corte fa riferimento a una pensione di vecchiaia «il cui livello non può essere ritenuto irragionevole». Ciò che si vuole intendere con tale formulazione costituisce uno dei problemi principali della citata causa Rosenbladt.


16 – V., in particolare, sentenza 15 aprile 2008, causa C‑268/06, Impact (Racc. pag. I‑2483, punto 87 e giurisprudenza ivi citata).