PRESA DI POSIZIONE DELL’AVVOCATO GENERALE
ELEANOR SHARPSTON
presentata il 1° luglio 2008 1(1)
Causa C-195/08 PPU
Rinau
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Lietuvos Aukščiausiasis teismas (Lituania)]
«Procedimento pregiudiziale d’urgenza – Regolamento “Bruxelles II bis” – Istanza di non riconoscimento di un provvedimento di rientro di un minore – Condizioni di esame dell’istanza»
1. Una minore nata in Germania nel 2005, di padre tedesco e madre lituana, all’epoca sposati ma attualmente divorziati, si trova al momento in Lituania con la madre, contro la volontà del padre. Nell’ambito della procedura di divorzio i giudici tedeschi hanno affidato la minore al padre e ne hanno ordinato il ritorno presso quest’ultimo. Il Lietuvos Aukščiausiasis teismas (Corte suprema lituana) sottopone alla Corte sei questioni concernenti le condizioni di esame di una domanda della madre diretta a ottenere una decisione di non riconoscimento di tali aspetti della sentenza di divorzio.
2. La situazione in esame è disciplinata, a livello comunitario, dal regolamento «Bruxelles II bis» (2), in combinato disposto con la Convenzione dell’Aia del 1980 (3). Non citerò per esteso le disposizioni pertinenti, ma le richiamerò nel corso dell’analisi.
3. I principali elementi del contesto di fatto e processuale della controversia possono essere riassunti sotto forma di tabella sinottica. Nella tabella seguente:
– le indicazioni in grassetto riguardano, da un lato, la procedura di divorzio in Germania, conclusasi con una sentenza di divorzio che ha affidato in via definitiva la custodia della minore al padre e ne ha disposto il ritorno presso quest’ultimo, e, dall’altro, il procedimento avviato dalla madre in Lituania, diretto a ottenere il non riconoscimento dei due ultimi aspetti di tale sentenza, che ha quindi determinato il presente rinvio pregiudiziale;
– le indicazioni in corsivo riguardano un procedimento distinto, avviato dal padre in Lituania e diretto a ottenere dai giudici di detto Stato una decisione che disponga il ritorno del minore in Germania; a seguito di varie contestazioni e sospensioni del provvedimento pronunciato, detto procedimento prosegue in Lituania parallelamente a quello da cui è scaturito il rinvio pregiudiziale.
Data |
Germania |
Lituania |
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11/1/2005 |
Nascita della minore |
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3/2005 |
I genitori si separano; la potestà genitoriale rimane congiunta; la minore risiede presso la madre, ma mantiene contatti frequenti con il padre. Viene avviata la procedura di divorzio. |
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21/7/2006 |
Con il consenso del padre, la madre si reca in vacanza per due settimane in Lituania con la minore. |
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6/8/2006 |
La madre rimane in Lituania con la minore. |
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14/8/2006 |
L’Amtsgericht Oranienburg (Tribunale di Oranienburg) (Germania) annulla l’affidamento congiunto e affida provvisoriamente la custodia della minore al padre. |
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?/2006 |
La madre impugna il provvedimento dell’Amtsgericht Oranienburg. |
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11/10/2006 |
Il Branderburgisches Oberlandesgericht (Corte d’appello regionale del Brandeburgo) (Germania) respinge l’impugnazione della madre e conferma l’affidamento provvisorio al padre. |
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30/10/2006 |
Il padre chiede al Klaipėdos apygardos teismas (Tribunale regionale di Klaipėda) (Lituania) (4) di ordinare il ritorno della minore in Germania. |
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22/12/2006 |
Il Klaipėdos apygardos teismas respinge la domanda del padre. |
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15/3/2007 |
Il Lietuvos apeliacinis teismas (Corte d’appello della Lituania) annulla l’ordinanza del Klaipėdos apygardos teismas e ordina il ritorno della minore presso il padre entro il 15/4/2007. |
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4/6/2007 |
La madre chiede la riapertura del procedimento sfociato nell’ordinanza del 15/3/2007, facendo valere circostanze nuove e l’interesse della minore, sul fondamento dell’art. 13 della Convenzione. |
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13/6/2007 |
Il procuratore generale della Repubblica di Lituania chiede la riapertura del medesimo procedimento, rilevando un’errata applicazione della Convenzione da parte del Lietuvos apeliacinis teismas. |
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19/6/2007 |
Il Klaipėdos apygardos teismas respinge le due domande di riapertura e constata la competenza dell’Amtsgericht Orianenburg. |
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20/6/2007 |
L’Amtsgericht Oranienburg pronuncia il divorzio, affida la custodia della minore al padre, ordina il ritorno della stessa e rilascia un certificato a titolo dell’art. 42 del regolamento. |
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6/8/2007 |
La madre impugna la decisione relativa all’affidamento e il provvedimento di ritorno della minore. |
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27/8/2007 |
Su ricorso della madre e del procuratore generale, il Lietuvos apeliacinis teismas conferma il rigetto delle domande di riapertura. |
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?/2007 |
La madre chiede una decisione di non riconoscimento della decisione dell’Amtsgericht Oranienburg del 20/6/2007, nella parte in cui affida la custodia della minore al padre e ne prescrive il ritorno. |
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14/9/2007 |
Il Lietuvos apeliacinis teismas respinge l’istanza di non riconoscimento. |
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11/10/2007 |
La madre propone ricorso in cassazione contro la decisione del Lietuvos apeliacinis teismas del 14/9/2007. |
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7/1/2008 |
Su ricorso della madre e del procuratore generale, il Lietuvos Aukščiausiasis teismas annulla le decisioni del 19/6/2007 e 27/8/2007 per violazione del codice di procedura civile e rinvia le domande di riapertura dinanzi al Klaipėdos apygardos teismas. |
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20/2/2008 |
Il Branderburgisches Oberlandesgericht rigetta il ricorso in appello della madre contro la decisione del 20/6/2007. |
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15/3/2008 |
Il Lietuvos Aukščiausiasis teismas sospende l’esecuzione dell’ordinanza del Lietuvos apeliacinis teismas del 15/3/2007. |
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21/3/2008 |
Il Klaipėdos apygardos teismas respinge nuovamente le domande di riapertura proposte dalla madre e dal procuratore generale. |
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30/4/2008 |
Il Lietuvos apeliacinis teismas conferma il rigetto delle domande di riapertura. Il Lietuvos Aukščiausiasis teismas decide di sottoporre sei questioni pregiudiziali nell’ambito del ricorso in cassazione contro la decisione del 14/9/2007. |
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14/5/2008 |
Le questioni pregiudiziali vengono ricevute dalla Corte di giustizia. |
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21/5/2008 |
Il Lietuvos Aukščiausiasis teismas chiede il trattamento urgente della domanda di pronuncia pregiudiziale. |
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26/5/2008 |
Il Lietuvos Aukščiausiasis teismas dichiara ricevibile il ricorso in cassazione della madre contro le decisioni del 21/3/2008 e del 30/4/2008 e sospende l’esecuzione dell’ordinanza del Lietuvos apeliacinis teismas del 15/3/2007. |
4. Nel procedimento che ha dato origine al rinvio pregiudiziale il Lietuvos Aukščiausiasis teismas della Lituania deve decidere se si debba annullare la decisione del Lietuvos apeliacinis teismas del 14 settembre 2007 che ha respinto la domanda della madre diretta a ottenere una decisione di non riconoscimento della sentenza di divorzio, nella parte in cui affida la minore al padre e ne ordina il ritorno in Germania.
5. Per quanto riguarda il ritorno della minore, il Lietuvos apeliacinis teismas aveva rilevato che, ai sensi dell’art. 11, n. 8, del regolamento, nonostante l’emanazione di un provvedimento (5) contro il ritorno in base all’art. 13 della Convenzione dell’Aia, una successiva decisione che prescrive il ritorno del minore emanata da un giudice competente è esecutiva conformemente alla sezione 4 del capo III. In forza dell’art. 42, n. 1, che fa parte di detta sezione, una siffatta successiva decisione è eseguibile in un altro Stato membro senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al riconoscimento, a condizione che sia stata certificata nello Stato membro d’origine. L’Amtsgericht Oranienburg ha rilasciato il certificato in questione, precisando che sussistevano tutte le condizioni necessarie a tale scopo. Poiché detta decisione avrebbe dovuto essere eseguita direttamente, senza apposita procedura di exequatur, l’istanza diretta a ottenerne il non riconoscimento era irricevibile.
6. Il Lietuvos apeliacinis teismas ha inoltre ricordato di avere prescritto, il 15 marzo 2007, il ritorno della minore sul fondamento del regolamento e della Convenzione. Il provvedimento dell’Amtsgericht Oranienburg del 20 giugno 2007 era quindi direttamente eseguibile secondo le disposizioni del capo III, sezione 4, del regolamento, senza apposita procedura di exequatur. Il Lietuvos apeliacinis teismas ha respinto l’argomento secondo cui risulterebbe dall’art. 11, n. 8, del regolamento che il ritorno del minore, in assenza di una procedura di riconoscimento della decisione giurisdizionale, possa essere ordinato solo qualora venga adottato un provvedimento giudiziario contrario al ritorno ai sensi dell’art. 13 della Convenzione. Secondo il Lietuvos apeliacinis teismas, l’espressione «nonostante l’emanazione di un provvedimento contro il ritorno» dimostra che, anche nel caso in cui venga emanato siffatto provvedimento, il ritorno è possibile in forza del regolamento, senza applicare alcuna procedura di riconoscimento del provvedimento giudiziario. Quando sia già stato adottato un provvedimento contro il ritorno in forza della Convenzione, esso dev’essere eseguito entro gli stessi termini previsti per l’analoga decisione adottata in forza del regolamento, senza previa procedura di riconoscimento (art. 42, n. 1, del regolamento).
7. Per quanto riguarda l’affidamento della minore, il Lietuvos apeliacinis teismas ha dichiarato che, in assenza di una domanda di riconoscimento di tale parte della sentenza, la domanda di non riconoscimento non poteva essere esaminata.
8. In sede di esame dell’impugnazione si sono posti al Lietuvos Aukščiausiasis teismas alcuni problemi di natura interpretativa.
9. Anzitutto, l’art. 21, n. 3, del regolamento dispone che ogni parte interessata può far dichiarare che la decisione deve essere o non può essere riconosciuta. Secondo l’art. 31, n. 1, la parte contro la quale viene chiesta l’esecuzione non può presentare osservazioni in questa fase. Nella specie, la parte che ha chiesto un provvedimento di non riconoscimento è quella contro la quale verrebbe eseguita la decisione, mentre l’altra parte non ha presentato alcuna domanda di riconoscimento. In tali circostanze, può la parte contro la quale dev’essere eseguita la decisione chiedere che essa non venga riconosciuta e, in caso di risposta affermativa, come si deve interpretare l’art. 31, n. 1?
10. Inoltre, secondo l’art. 40, n. 2, del regolamento, le disposizioni della sezione 4 non ostano a che il titolare della responsabilità genitoriale chieda il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione. Nella specie, la madre ha adito il Lietuvos apeliacinis teismas con un’istanza di non riconoscimento. Si può presentare siffatta domanda e, in caso di risposta affermativa, il giudice adito deve controllare i motivi di non riconoscimento sulla base dell’art. 23 del regolamento? Qual è il significato della condizione di cui all’art. 21, n. 3, secondo cui è possibile far dichiarare che la decisione deve essere o non può essere riconosciuta, fatta salva la sezione 4, diretto a disciplinare l’esecuzione di talune decisioni che prescrivono il ritorno del minore?
11. Mentre il regolamento non determina direttamente il giudice competente ad esaminare la questione del ritorno del minore, l’art. 11, n. 6, del medesimo regolamento dispone che, se un’autorità giurisdizionale ha emanato un provvedimento contro il ritorno in base all’art. 13 della Convenzione, essa deve immediatamente trasmetterne una copia al giudice competente dello Stato membro in cui il minore aveva la residenza prima del suo mancato ritorno illecito. Ne conseguirebbe nella specie che il giudice tedesco potrebbe statuire in ordine alla questione del ritorno del minore solo qualora il giudice lituano si pronunciasse contro tale ritorno. Se il giudice tedesco prescrivesse il ritorno del minore e rilasciasse un certificato, tale provvedimento sarebbe direttamente riconosciuto ed esecutivo in Lituania senza procedimento speciale di exequatur (artt. 11, n. 8, e 42 del regolamento). Orbene, poiché il Lietuvos apeliacinis teismas aveva già ordinato il ritorno del minore, il giudice tedesco era competente ad esaminare tale questione ai sensi dell’art. 11 e a rilasciare un certificato a norma dell’art. 42? L’adozione del provvedimento di ritorno del minore e il rilascio del certificato erano conformi agli obiettivi e alle procedure del regolamento?
12. Infine, in virtù dell’art. 24 del regolamento, un giudice lituano non può verificare la competenza di un giudice tedesco né accertare se tale competenza sia conforme all’ordine pubblico. Tuttavia, il giudice adito con l’istanza di non riconoscimento, dopo avere controllato i motivi di non riconoscimento enunciati all’art. 23 del medesimo regolamento, deve adottare una decisione. Se non constata motivi contrari al riconoscimento, dovrà riconoscere la decisione tedesca. In tal caso, saranno esecutive in Lituania due decisioni che prescrivono il ritorno del minore – quella del tribunale tedesco e quella del Lietuvos apeliacinis teismas. In tali circostanze, il giudice adito con l’istanza di non riconoscimento deve riconoscere la decisione che prescrive il ritorno anche se il giudice dello Stato membro d’origine non ha rispettato una procedura definita nel regolamento?
13. Il Lietuvos Aukščiausiasis teismas sottopone quindi alla Corte le seguenti questioni:
«1) Se una parte interessata, ai sensi dell’art. 21 del regolamento n. 2201/2003, possa domandare il non riconoscimento di una decisione giudiziaria, senza che sia stata proposta un’istanza di riconoscimento della decisione.
2) In caso di soluzione affermativa alla prima questione, in che modo il giudice nazionale, nel momento in cui esamina l’istanza di non riconoscimento della decisione presentata dalla persona nei confronti della quale la decisione è esecutiva, debba dunque applicare l’art. 31, n. 1, del regolamento n. 2201/2003, il quale dispone che, “[i]n questa fase del procedimento, né la parte contro la quale l’esecuzione viene chiesta né il minore possono presentare osservazioni”.
3) Se il giudice nazionale dinanzi al quale il titolare della responsabilità genitoriale ha presentato l’istanza di non riconoscimento della decisione del giudice dello Stato membro d’origine che prescrive il ritorno del minore, con lui residente, nello Stato d’origine, per la quale è stato rilasciato un certificato ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 2201/2003, la debba esaminare ai sensi delle disposizioni del capo III, sezioni 1 e 2, del regolamento n. 2201/2003, come previsto dall’art. 40, n. 2, del suddetto regolamento.
4) Chiarire il significato della condizione stabilita all’art. 21, n. 3, del regolamento n. 2201/2003 “fatta salva la sezione 4 del presente capo”.
5) Se l’adozione di una decisione che prescrive il ritorno del minore e il rilascio del certificato di cui all’art. 42 del regolamento n. 2201/2003 da parte del giudice dello Stato membro d’origine, dopo che il giudice dello Stato membro nel quale il minore è trattenuto illecitamente abbia emanato una decisione che prescrive il ritorno del minore nello Stato d’origine, sia conforme agli obbiettivi e alle procedure di cui al regolamento n. 2201/2003.
6) Se il divieto di riesame della competenza del giudice d’origine di cui all’art. 24 del regolamento n. 2201/2003 significhi che il giudice nazionale dinanzi al quale è stata presentata istanza di riconoscimento o di non riconoscimento della decisione emanata da un giudice straniero, che non può riesaminare la competenza del giudice dello Stato membro d’origine e che non ha individuato altri motivi di non riconoscimento delle decisioni stabiliti all’art. 23 del regolamento n. 2201/2003, debba riconoscere la decisione del giudice dello Stato membro d’origine che prescrive il ritorno del minore se il giudice dello Stato membro d’origine non ha rispettato la procedura stabilita dal regolamento ai fini di risolvere la questione del ritorno del minore».
14. Poiché la Corte ha deciso di sottoporre la causa a una procedura d’urgenza ai sensi dell’art. 104 ter del suo regolamento di procedura, hanno presentato osservazioni scritte la madre, il padre, il governo lituano e la Commissione delle Comunità europee, uniche parti autorizzate a intervenire in questa fase. Le medesime parti, nonché i governi tedesco, francese, lettone, dei Paesi Bassi e del Regno Unito hanno partecipato all’udienza tenutasi il 26 e 27 giugno 2008.
Analisi
Obiettivi e principi della Convenzione e del regolamento
15. La relazione Pérez‑Vera sulla Convenzione riassume gli obiettivi della stessa, enunciati come segue al suo art. 1: «poiché un elemento caratteristico delle situazioni considerate consiste nel fatto che il soggetto che sottrae il minore afferma che la sua azione è avallata dalle autorità dello Stato di rifugio, uno strumento efficace per dissuaderlo è che le sue azioni siano private di qualsiasi conseguenza pratica e giuridica. A tale scopo la Convenzione enuncia tra i propri obiettivi in primo luogo il ripristino dello statu quo, mediante l’“immediato rientro dei minori illecitamente trasferiti o trattenuti in qualsiasi Stato contraente”» (6).
16. Risulta chiaramente dal preambolo del regolamento e, in particolare, dal diciassettesimo, ventunesimo, ventitreesimo e ventiquattresimo ‘considerando’, nonché dalle disposizioni dell’art. 11, che esso persegue il medesimo scopo, essendo diretto a garantire, in linea di principio e salvo circostanze particolari, il rientro rapido ed automatico del minore nello Stato membro dal quale è stato trasferito e in cui aveva la residenza abituale prima del trasferimento (7).
17. Inoltre, risulta in particolare dal dodicesimo e dal diciassettesimo ‘considerando’, nonché dalle disposizioni degli artt. 8, 10 e 11, che il regolamento mira altresì a conferire ai giudici dello stesso Stato membro la competenza di merito per risolvere le questioni di affidamento e di visita e a mantenere tale competenza in ordine al rientro del minore, pur confermando il ruolo dei giudici dello Stato membro nel quale il minore è stato trasferito.
18. Un principio sotteso all’intero regolamento è quello della cooperazione e della fiducia reciproca tra i giudici e le autorità degli Stati membri, il che implica in linea di massima il riconoscimento e l’esecuzione automatiche delle decisioni dei giudici dello Stato membro di residenza abituale del minore (8) (v. in particolare il diciottesimo, ventunesimo, ventitreesimo e venticinquesimo ‘considerando’, nonché gli artt. 21, 24, 26 e 42).
19. L’importanza fondamentale di tale principio è stata evidenziata in udienza, allorché il legale della madre ha suggerito che i giudici lituani potrebbero ritenere che l’obiettività dei giudici tedeschi non fosse garantita in una controversia tra un padre tedesco e una madre lituana. È chiaro che ammettere un rifiuto di riconoscimento sulla base di tali dubbi (a prescindere dalla circostanza che i giudici lituani, in realtà, li nutrano o meno) metterebbe a rischio l’intero sistema voluto dal regolamento. Ciò sarebbe inoltre totalmente incompatibile con lo scopo di creare uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia che tutti gli Stati membri hanno sottoscritto nei Trattati.
20. Infine, il principio più importante cui si ispirano sia la Convenzione che il regolamento è indubbiamente quello del rispetto dell’interesse superiore del minore (v., in particolare, il preambolo della Convenzione e il dodicesimo e tredicesimo ‘considerando’, nonché gli artt. 12, 15 e 23 del regolamento; v. anche l’art. 3 delle Convenzione sui diritti del fanciullo delle Nazioni Unite (9) e l’art. 24, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (10)).
21. Tale principio è stato inoltre richiamato con forza in udienza e non posso che condividere l’affermazione secondo cui l’interesse superiore del minore deve effettivamente prevalere in qualsiasi circostanza.
22. Tuttavia, vorrei attenuare tale affermazione con riguardo al ritorno del minore nello Stato membro della sua residenza abituale. È evidente che la Convenzione e il regolamento si fondano sul principio secondo cui, in caso di illecito trasferimento o mancato ritorno di un minore, l’interesse superiore di quest’ultimo ne esige sempre il rientro, fatte salve alcune circostanze particolari, precisate agli artt. 13 [per quanto riguarda l’art. 13, lett. b), letto in combinato disposto con l’art. 11, n. 4, del regolamento], e 20 della Convenzione. Ciò mi sembra del tutto coerente e, anzi, necessario. Il minore non può avere alcun interesse a essere trascinato da uno Stato membro all’altro da un genitore in cerca del tribunale che egli ritiene maggiormente disposto a dargli ragione. Aggiungerei che il ritorno del minore nello Stato membro della sua residenza abituale non implica necessariamente il suo ritorno presso il genitore cui è stato sottratto e la sua separazione da quello autore della sottrazione. Si tratta di due questioni distinte, che devono essere risolte dal giudice competente tenendo conto di tutti gli aspetti affettivi, psicologici e materiali della situazione e facendo prevalere, nella propria decisione, l’interesse prevalente del minore.
23. Pertanto, a mio parere, le disposizioni del regolamento devono essere interpretate anzitutto alla luce di tali obiettivi e principi.
24. Tuttavia, occorre rilevare che nella specie lo scopo fondamentale di privare l’azione del genitore che ha sottratto il minore di qualsiasi conseguenza pratica e giuridica assicurando il ritorno immediato ed effettivo del minore è molto lontano dall’essere stato conseguito.
25. Anche se è impossibile, sulla base delle informazioni di cui dispone la Corte, individuare con precisione e certezza tutti i fattori che hanno contribuito a creare tale situazione, sembrerebbe, in ogni caso, che la cooperazione tra giudici e autorità centrali voluta dalla Convenzione e dal regolamento non abbia funzionato in maniera ideale. Peraltro, sembra chiaro che, in prospettiva, non si sarebbero frapposti gli stessi ostacoli al risultato voluto dalla Convenzione e dal regolamento se il padre si fosse rivolto direttamente all’Amtsgericht Oranienburg dopo che il Klaipėdos apygardos teismas aveva emanato il provvedimento contro il ritorno (11).
26. In ogni caso, mi sembra utile, prima di tentare di rispondere alle questioni poste dal Lietuvos Aukščiausiasis teismas, esaminare l’iter processuale alla luce delle disposizioni pertinenti della Convenzione e del regolamento.
L’iter processuale seguito, esaminato alla luce delle disposizioni pertinenti
27. Anzitutto, è pacifico e incontestabile che i giudici tedeschi fossero competenti a conoscere dell’azione di divorzio in forza dell’art. 3, n. 1, lett. a), del regolamento, dato che sussistevano tutte le condizioni di residenza ivi enunciate nel momento in cui è stata esercitata l’azione.
28. Inoltre, sembra acquisito che vi sia effettivamente stato un «mancato ritorno illecito» del minore ai sensi della Convenzione (art. 3) e del regolamento (art. 2, punto 11). Nel momento in cui la madre ha fatto sapere che non intendeva ritornare il Germania con il minore, la custodia veniva esercitata congiuntamente ed effettivamente da entrambi i genitori, in forza del diritto tedesco, ed il padre aveva prestato il proprio consenso solo a un trasferimento di due settimane in Lituania.
29. Pertanto, non sussistendo tutte le condizioni previste dall’art. 10 del regolamento per il trasferimento della competenza, la competenza sancita dall’art. 8 per risolvere qualsiasi questione relativa alla responsabilità genitoriale permaneva in capo ai giudici dello Stato membro della residenza abituale del minore prima del mancato ritorno illecito, vale a dire la Germania. Secondo una logica incontrovertibile – confermata, se ve ne fosse bisogno, dall’art. 12, n. 1, del regolamento – si trattava più precisamente del giudice dinanzi al quale era pendente il procedimento di divorzio, vale a dire l’Amtsgericht Oranienburg.
30. Il minore sarebbe dovuto tornare in Germania il 6 agosto 2006. Poiché la madre aveva comunicato che intendeva restare in Lituania con il minore, il padre ha anzitutto adito il giudice competente in materia di responsabilità genitoriale (l’Amtsgericht Oranienburg), che, il 14 agosto 2006, gli ha affidato la custodia esclusiva del minore, in via provvisoria. In seguito al ricorso della madre, tale affidamento è stato confermato dal Branderburgisches Oberlandesgericht l’11 ottobre seguente.
31. Si può osservare in questa fase che, in virtù dell’art. 21, n. 1, del regolamento, tale affidamento provvisorio doveva beneficiare del riconoscimento in Lituania «senza che [fosse] necessario il ricorso ad alcun procedimento», ma che, in virtù del n. 3 del medesimo articolo, il padre avrebbe potuto chiederne il riconoscimento o la madre avrebbe potuto chiedere una decisione di non riconoscimento, «secondo il procedimento di cui alla sezione 2». Non è invece stata intrapresa alcuna di tali azioni.
32. Inoltre, il 30 ottobre 2006, sul fondamento, in sostanza, dell’art. 12 della Convenzione, il padre ha chiesto al giudice lituano competente (nella specie, il Klaipėdos apygardos teismas) di ordinare il ritorno del minore. Vorrei in proposito osservare che, sebbene tale azione sia stata esercitata dal padre solo dopo che gli era stata affidata e confermata la custodia esclusiva, nulla gli impediva di presentare tale domanda sin dal momento in cui si era concretizzato il mancato ritorno del minore.
33. Una volta adito, il giudice lituano era tenuto, in linea di principio, a prescrivere il ritorno del minore, non essendo ancora trascorso il periodo di un anno di cui all’art. 12 della Convenzione. Esso avrebbe inoltre dovuto emanare il provvedimento entro sei settimane dalla ricezione della domanda (art. 11, n. 3, del regolamento). Detto giudice avrebbe potuto rifiutare il ritorno solo per i motivi elencati all’art. 13 della Convenzione, integrato dall’art. 11, nn. 4 e 5, del regolamento, e all’art. 20 della Convenzione.
34. Nella specie, il tribunale lituano ha emanato il provvedimento – con cui ha negato il ritorno – il 22 dicembre 2006, poco più di sette settimane dopo aver ricevuto la domanda (12).
35. In tale fase, detto tribunale avrebbe dovuto, in forza dell’art. 11, n. 6, del regolamento, trasmettere immediatamente copia della propria decisione e dei documenti pertinenti al giudice competente o all’autorità centrale in Germania, affinché il giudice tedesco li ricevesse entro un mese. Secondo le spiegazioni fornite in udienza, sarebbe infatti stato anzitutto il legale del padre a notificare la decisione all’autorità centrale tedesca e successivamente sarebbe stata inviata una traduzione dall’autorità centrale lituana.
36. Inoltre, su domanda del padre, l’Amtsgericht Oranienburg avrebbe potuto, in forza dell’art. 11, n. 8, del regolamento, disporre il ritorno del minore. Tale Tribunale avrebbe quindi avuto l’ultima parola. Qualora, dopo avere esaminato la questione dell’affidamento conformemente all’art. 11, n. 7, esso avesse ordinato il ritorno e certificato la propria decisione ai sensi dell’art. 42 del regolamento, detta decisione sarebbe stata esecutiva in Lituania alle condizioni di cui agli artt. 42‑45.
37. Tuttavia, anziché avvalersi di tale possibilità, il padre ha impugnato il provvedimento contro il ritorno dinanzi al Lietuvos apeliacinis teismas, che, il 15 marzo 2007, l’ha annullato e ha ordinato il ritorno del minore entro un mese (13).
38. Sembra che quest’ultima ordinanza avrebbe dovuto essere eseguita entro il termine impartito, in quanto risulta dalla sentenza del Lietuvos Aukščiausiasis teismas 7 gennaio 2008 che l’art. 2, n. 6, della legge lituana che dà attuazione al regolamento vieta espressamente il ricorso in cassazione. La sua esecuzione immediata, peraltro, sarebbe stata conforme agli obiettivi fondamentali della Convenzione e a quelli del regolamento.
39. Invece, a seguito di una domanda di riapertura del procedimento proposta dalla madre e delle vicissitudini procedurali che ne sono conseguite, la situazione è entrata in una fase di stallo, nella quale si trova tuttora. Al contrario, l’esecuzione della decisione del Lietuvos apeliacinis teismas è stata sospesa a più riprese, anche dal Lietuvos Aukščiausiasis teismas, e ciò nonostante il fatto che lo stesso giudice (14) abbia dichiarato, nella sentenza con cui ha autorizzato la riapertura, che tale sospensione era esclusa.
40. Anche se l’esecuzione di una decisione di un giudice di uno Stato membro sul proprio territorio è soggetta al diritto interno, in questa fase non si può che concludere che la situazione risultante da tali sospensioni successive – il fatto che, quasi due anni dopo il mancato ritorno e oltre quindici mesi dopo la pronuncia della decisione che ne ordina il ritorno, il minore non sia ancora tornato in Germania – è totalmente incompatibile con gli obiettivi fondamentali della Convenzione e del regolamento.
41. Passo ora ad esaminare la sentenza dell’Amtsgericht Oranienburg 20 giugno 2007 che ha pronunciato il divorzio, affidando definitivamente la custodia esclusiva al padre e ordinando (nuovamente) il ritorno del minore (sentenza confermata il 17 febbraio 2008 dal Branderburgisches Oberlandesgericht). Tale sentenza è stata certificata conformemente all’art. 42 del regolamento, il che implica di regola che il ritorno «è riconosciuto ed è eseguibile» in Lituania «senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al riconoscimento».
42. Rilevo che il certificato che accompagna tale decisione utilizza il formulario previsto e contiene tutte le informazioni e affermazioni richieste e che la stessa decisione indica, conformemente all’art. 42, n. 2, del regolamento, che: a) non si è ritenuto opportuno sentire il minore in considerazione della sua età, b) le parti hanno avuto la possibilità di essere sentite (la madre non era presente ma era rappresentata (15)) e c) i motivi ostativi al ritorno indicati dal Klaipėdos apygardos teismas nella sua ordinanza (ordinanza 22 dicembre 2006, attualmente annullata, salvo riapertura del procedimento) sono stati esaminati e respinti. Pertanto, anche se la procedura di trasmissione di cui all’art. 11, n. 6, del regolamento non è stata rispettata formalmente sotto tutti gli aspetti, lo scopo perseguito con tale procedura è stato effettivamente raggiunto, e dalla decisione dell’Amtsgericht Oranienburg 20 giugno 2007, nonché dalla sentenza del Branderburgisches Oberlandesgericht 20 febbraio 2008 recante rigetto dell’impugnazione della madre, risulta chiaramente che questi due giudici si sono pronunciati con piena cognizione di causa.
43. Lo status, alla luce delle disposizioni del regolamento, di detta decisione e del certificato che l’accompagna suscita interrogativi nel giudice del rinvio, palesati nella quinta questione. Può essere utile esaminare anzitutto tale questione, poiché mi sembra la più importante e la sua soluzione può fornire la risposta a varie altre questioni.
Sulla quinta questione
44. Con tale questione, il Lietuvos Aukščiausiasis teismas intende sapere in sostanza se, nelle circostanze processuali del caso di specie, il giudice tedesco fosse autorizzato dalle disposizioni del regolamento a ordinare il ritorno del minore e a rilasciare il certificato di cui all’art. 42 del medesimo regolamento.
45. Occorre, a mio parere, mantenere distinti i due aspetti: provvedimento di ritorno e certificazione del provvedimento.
Provvedimento di ritorno
46. Per quanto riguarda la competenza del giudice dello Stato membro della residenza abituale ad ordinare il ritorno del minore, si devono distinguere due possibili fondamenti: gli artt. 8 (in combinato disposto con l’art. 10 e, eventualmente, con l’art. 12, n. 1) e 11, in particolare n. 8, del regolamento (in combinato disposto con le disposizioni della Convenzione).
47. In udienza è emerso che gli Stati membri e la Commissione hanno opinioni alquanto diverse, se non diametralmente opposte, sul significato di tali disposizioni. Da un lato, vi è l’interpretazione secondo cui, inizialmente, solo i giudici dello Stato membro in cui si trova il minore sono competenti, nell’ambito della Convenzione e dell’art. 11 del regolamento, a ordinarne il ritorno e tale competenza può essere esercitata dai giudici dello Stato membro della residenza abituale solo se, e dal momento in cui, esiste un provvedimento contro il ritorno definitivo ed esecutivo emanato da un giudice dello Stato membro in cui si trova il minore. Dall’altro, vi è il parere secondo cui i giudici dello Stato membro della residenza abituale sono del pari competenti, in qualsiasi momento, a disporre il ritorno del minore in forza dell’art. 8 del regolamento (in combinato disposto con l’art. 10), o nell’ambito della Convenzione e dell’art. 11 del regolamento (16).
48. Tenuto conto di tali divergenze interpretative, mi sembra essenziale che la Corte si pronunci molto chiaramente su questo aspetto del regolamento.
49. Da parte mia, respingerei anzitutto la tesi secondo cui i giudici degli Stati membri in cui si trova il minore disporrebbero di una competenza esclusiva fino al momento in cui adottino un provvedimento contro il ritorno.
50. È vero che l’art. 12 della Convenzione prevede che detti giudici siano quelli che verranno aditi con una domanda diretta a ottenere che sia disposto il ritorno e appare infatti logico rivolgersi prima ad essi, dato che l’esecuzione del loro provvedimento non necessiterà in alcun caso di un procedimento di exequatur. È altresì vero che la formulazione dell’art. 11 del regolamento lascia supporre che venga prevista anzitutto una decisione nello Stato membro in cui si trova il minore.
51. Tuttavia, ricordo che la Convenzione non contiene norme in materia di competenza e rilevo che nessuna disposizione del regolamento riserva esplicitamente la competenza a disporre il ritorno ai giudici dello Stato membro in cui si trova il minore. Tale competenza è quindi innegabile, ma nulla impone che sia esclusiva.
52. Peraltro, la competenza generale in materia di responsabilità genitoriale comporta necessariamente una competenza a ordinare il ritorno del minore sottratto.
53. Infatti, secondo l’art. 2, punto 7, del regolamento, la responsabilità genitoriale comprende in particolare il diritto di affidamento e, secondo il punto 9 del medesimo articolo, il diritto di affidamento include segnatamente il diritto di intervenire nella decisione riguardo al luogo di residenza del minore. La sezione 2 del capo II è intitolata «Responsabilità genitoriale» e comprende, in particolare, l’art. 11, intitolato «Ritorno del minore». Inoltre, dato che l’art. 10, lett. b), sub iv), si riferisce all’ipotesi in cui «l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o del mancato ritorno [abbia] emanato una decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore» (17), occorre dedurne che gli stessi giudici possono anche emanare una decisione sull’affidamento che preveda il ritorno. Infine, se un giudice ha competenza, in virtù dell’art. 8 o dell’art. 12 del regolamento, su qualsiasi questione relativa alla responsabilità genitoriale, e quindi sull’affidamento (eventualmente connesso a una domanda di divorzio), è inconcepibile che tale competenza non includa il potere di assicurare la presenza effettiva del minore presso la persona cui è stata affidata la sua custodia. Tale potere deve includere, a sua volta, quello di adottare tutti i provvedimenti provvisori che risultino necessari nel corso del procedimento. Vietare al giudice competente in materia di responsabilità genitoriale di ordinare il ritorno del minore equivarrebbe a privarlo di qualsiasi competenza effettiva a decidere in merito all’affidamento provvisorio o definitivo.
54. Concludo quindi che inizialmente, in caso di sottrazione di un minore, è possibile chiedere una decisione che ne prescriva il ritorno al giudice competente dello Stato membro in cui si trova il minore, al giudice competente dello Stato membro della sua residenza abituale, o al giudice competente chiamato a statuire su una domanda di divorzio, di separazione o di annullamento del matrimonio, se detto giudice si trova in un terzo Stato membro (18).
55. Per contro, gli effetti del provvedimento richiesto possono variare in funzione del giudice adito.
56. Se la decisione comporta il ritorno del minore, essa sarà, per ipotesi, esecutiva nello Stato membro in cui si trova il minore nel caso in cui sia adottata da un giudice di tale Stato. Se viene adottata da un giudice di un altro Stato membro, la decisione sarà riconosciuta nello Stato membro in cui si trova il minore, in virtù dell’art. 21, n. 1, del regolamento, senza che occorra ricorrere ad alcun procedimento (fatta salva la possibilità di proporre un’istanza di non riconoscimento ai sensi dell’art. 21, n. 3, per uno dei motivi elencati tassativamente all’art. 23), ma la sua attuazione richiederà una dichiarazione di esecutività, richiesta conformemente alle procedure di cui al capo III, sezione 2, del regolamento (vale a dire gli artt. 28‑36). È dunque per tale motivo che le uniche decisioni dotate di esecutività in un altro Stato membro in assenza di tale dichiarazione sono quelle adottate in forza dell’art. 11, n. 8, del regolamento (vale a dire dopo una prima decisione contro il ritorno emanata ai sensi dell’art. 13 della Convenzione) e certificate conformemente all’art. 42, n. 2, del regolamento.
57. Se la decisione non prevede il ritorno del minore e viene adottata da un giudice di uno Stato membro diverso da quello in cui si trova il minore, non si cercherà evidentemente di farla riconoscere o eseguire in qualsiasi Stato, ma continueranno ovviamente ad essere disponibili i mezzi di ricorso, nel diritto nazionale, contro la decisione.
58. Se, invece, la decisione contraria al ritorno viene adottata da un giudice competente dello Stato membro in cui si trova il minore, si avvia la procedura di cui all’art. 11, nn. 6‑8, del regolamento: notifica della decisione al giudice competente dello Stato membro della residenza abituale, convocazione delle parti ad opera di detto giudice ed esame della questione dell’affidamento e, infine, possibilità per lo stesso giudice di adottare una decisione che disponga il ritorno del minore, decisione che, in qualsiasi altro Stato membro, sarebbe immediatamente esecutiva e inopponibile, se certificata conformemente all’art. 42, n. 2.
59. Pertanto, il giudice competente dello Stato membro della residenza abituale del minore può, in virtù della competenza già conferitagli dagli artt. 8, 10 ed eventualmente 12 del regolamento, ordinare il ritorno del minore ai sensi dell’art. 11, n. 8, qualora sia stato emanato un provvedimento contro il ritorno in forza dell’art. 13 della Convenzione. In un caso siffatto la sua decisione non necessiterà di una dichiarazione di esecutività secondo la procedura di cui alla sezione 2 del capo III.
60. Tuttavia, la questione posta dal giudice del rinvio presuppone la previa esistenza non di una decisione contro il ritorno ai sensi dell’art. 13 della Convenzione, bensì di un provvedimento di ritorno adottato a norma dell’art. 12 della medesima Convenzione da un giudice competente dello Stato membro in cui si trova il minore. In tal caso, il giudice competente dello Stato membro della residenza abituale può ordinare anch’esso il ritorno del minore?
61. È evidente che tale questione si potrebbe porre solo in circostanze eccezionali, come quelle del caso di specie. Va da sé che, in tutte le ipotesi di regola immaginabili, il minore verrà riportato nello Stato membro della sua residenza abituale a seguito della prima decisione di ritorno, a maggior ragione in quanto il termine alquanto ridotto entro il quale dev’essere adottata la decisione non favorisce il ricorso in appello (19). È quindi del tutto comprensibile, come ha osservato il governo dei Paesi Bassi in udienza, che il legislatore non abbia esplicitamente previsto nel regolamento l’improbabile situazione con cui la Corte è attualmente confrontata.
62. Tenterò comunque di trovare nelle disposizioni del regolamento, interpretate conformemente agli obiettivi fondamentali dello stesso, una risposta a tale situazione.
63. In primo luogo, si può consultare l’art. 19 del regolamento, concernente la litispendenza. Secondo i nn. 2 e 3 di tale articolo, quando vengono proposte azioni relative alla responsabilità genitoriale, aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, dinanzi a giudici di Stati membri diversi, il giudice successivamente adito sospende d’ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza del giudice preventivamente adito. Una volta accertata tale competenza, il giudice successivamente adito declina la propria competenza a favore del giudice preventivamente adito. Se ne deduce che, di norma, finché nello Stato membro in cui si trova il minore è in corso un procedimento diretto a ottenere un provvedimento di ritorno, il giudice dello Stato membro della residenza abituale non deve esaminare la medesima questione. Poiché si applica il termine di sei settimane prescritto dall’art. 11, n. 3, tale risultato non ritarda in alcun modo la procedura di ritorno, mentre la simultanea prosecuzione di due procedimenti aventi il medesimo oggetto potrebbe dare luogo a complicazioni.
64. Tuttavia, una volta che il giudice dello Stato membro in cui si trova il minore abbia emanato la propria decisione, non vi è più litispendenza né quindi alcun ostacolo all’esercizio della competenza del giudice dello Stato membro della residenza abituale. Questa competenza è espressamente confermata all’art. 11, n. 8, del regolamento qualora sia stata pronunciata una prima decisione contro il ritorno, e non vi è alcun motivo per escludere tale competenza (fondata sugli artt. 8 e 10) laddove sia stata emanata una prima decisione che ordina il ritorno del minore. L’unica differenza, in tal caso, consiste nel fatto che le disposizioni particolari dell’art. 11, n. 8, non sono applicabili e, di fatto, un secondo provvedimento che prescriva il ritorno è, di regola, superfluo.
65. Aggiungerei che, senza necessariamente accogliere il suggerimento della Commissione secondo cui, se il giudice dello Stato membro in cui si trova il minore non ha adottato alcuna decisione entro un certo termine, di fatto si è in presenza di un provvedimento contro il ritorno, idoneo a determinare l’applicazione dell’art. 11, n. 8, ritengo che la norma relativa alla litispendenza di cui all’art. 19 debba essere interpretata alla luce del termine di sei settimane prescritto dall’art. 11, n. 3, e che qualsiasi superamento di tale termine possa, quindi, rimuovere l’ostacolo all’esercizio della competenza, in forza degli artt. 8 e 10, del giudice dello Stato membro della residenza abituale.
66. Pertanto, per riassumere la mia analisi di questa parte della quinta questione, l’adozione di una decisione che prescrive il ritorno del minore da parte del giudice dello Stato membro della residenza abituale dopo che il giudice dello Stato membro in cui si trova il minore abbia adottato un provvedimento di ritorno non è in alcun modo incompatibile con gli obiettivi e le procedure del regolamento.
Certificazione della decisione
67. Il giudice del rinvio chiede inoltre alla Corte se, una volta adottata tale decisione, il rilascio del certificato di cui all’art. 42 del regolamento sia conforme ai detti obiettivi e procedure.
68. La risposta a questa parte della questione è più semplice, quanto meno sul piano teorico. Il certificato in questione può essere rilasciato solo se la decisione è stata adottata nelle circostanze descritte all’art. 11, n. 8, del regolamento [l’art. 42 richiama l’art. 40, n. 1, lett. b), che, a sua volta, richiama l’art. 11, n. 8]. L’adozione di un provvedimento di ritorno in tali circostanze presuppone che sia già stata adottata una decisione contro il ritorno ai sensi dell’art. 13 della Convenzione. È vero che, presa isolatamente, l’espressione «nonostante l’emanazione di un provvedimento contro il ritorno in base all’articolo 13 della Convenzione» (il corsivo è mio) potrebbe essere interpretata nel senso di «a prescindere dalla circostanza che una siffatta decisione sia stata adottata o meno» (20). Tuttavia, la lettura sistematica dei nn. 6‑8 dell’art. 11 esclude tale interpretazione. Peraltro, il certificato di cui all’art. 42 può essere rilasciato solo se, in particolare, il giudice ha emanato la propria decisione tenendo conto dei motivi e degli elementi di prova sulla cui base aveva adottato la decisione ai sensi dell’art. 13 della Convenzione [art. 42, n. 2, lett. c)].
69. Concludo quindi che, in linea di principio, il rilascio del certificato di cui all’art. 42 del regolamento da parte del giudice dello Stato membro della residenza abituale del minore, in relazione a una decisione che prescrive il ritorno da esso emanata dopo che il giudice dello Stato membro in cui si trova il minore ha adottato a sua volta un provvedimento di ritorno, non è conforme alle procedure del regolamento.
Competenza a rilasciare il certificato di cui all’art. 42 nel caso di specie
70. Il testo della quinta questione pregiudiziale non menziona tuttavia un elemento del caso di specie che non può essere ignorato se si vuole fornire una risposta utile al giudice del rinvio.
71. Infatti, la decisione dell’Amtsgericht Oranienburg del 20 giugno 2007, che è quella contestata nel procedimento pertinente, è stata certamente preceduta da quella del Lietuvos apeliacinis teismas del 15 marzo 2007, che disponeva anch’essa il rientro del minore, ma è stata a sua volta preceduta da quella del Klaipėdos apygardos teismas del 22 dicembre 2006, che costituiva sicuramente un «provvedimento contro il ritorno in base all’articolo 13 della Convenzione», ai sensi dell’art. 11, n. 8, del regolamento.
72. Può tale circostanza incidere sulla compatibilità con il regolamento del certificato rilasciato dall’Amtsgericht Oranienburg in relazione al proprio provvedimento? In altri termini, l’Amtsgericht Oranienburg poteva ritenere che sussistessero le condizioni di applicazione dell’art. 11, nn. 6‑8?
73. È stato accertato in udienza che la maggior parte degli Stati membri che hanno presentato osservazioni riteneva che la soluzione dovesse essere negativa: solo un provvedimento contro il ritorno definitivo, esecutivo e che abbia acquisito forza di giudicato potrebbe determinare l’applicazione di tali disposizioni. Orbene, nella specie la decisione del Klaipėdos apygardos teismas del 22 dicembre 2006 era stata non solo impugnata, ma anche annullata prima dell’adozione della decisione dell’Amtsgericht Oranienburg del 20 giugno 2007. Si è inoltre sostenuto che la decisione del 22 dicembre 2006 non è mai divenuta esecutiva.
74. Non condivido questa analisi.
75. L’art. 11 utilizza le parole «l’autorità giurisdizionale (…) emana il provvedimento» (n. 3, seconda frase), «[s]e un’autorità giurisdizionale ha emanato un provvedimento contro il ritorno» (n. 6) e «nonostante l’emanazione di un provvedimento contro il ritorno in base all’articolo 13 della Convenzione» (n. 8) (21). In altre disposizioni, quando il regolamento intende precisare l’esecutività di un provvedimento, lo fa esplicitamente (v., in particolare, artt. 28, 36 e 44). Tuttavia, nulla nel testo dell’art. 11 indica che il provvedimento contro il ritorno debba essere esecutivo, o ancora in vigore, nel momento in cui il giudice dello Stato membro della residenza abituale si pronuncia nel contesto dell’art. 11, n. 8 (22).
76. Al contrario, detto articolo sembra disinteressarsi della sorte successiva di tale provvedimento. Esso non prevede, né esplicitamente né implicitamente, alcuna procedura di ricorso nello Stato membro in cui si trova il minore. Il n. 6 impone al giudice che l’ha emanato di trasmettere immediatamente il provvedimento e ogni altro documento pertinente alle autorità dello Stato membro della residenza abituale del minore, affinché vengano ricevuti dal giudice competente di detto Stato entro il termine tassativo di un mese a decorrere dalla data del provvedimento contro il ritorno. Detta notifica fa decorrere, secondo il n. 7, un nuovo termine di tre mesi entro il quale le parti possono presentare le loro osservazioni ai fini dell’esame, da parte del giudice dello Stato membro della residenza abituale, della questione dell’affidamento, il che consente a detto giudice di ordinare il ritorno del minore secondo le modalità previste dal n. 8, con la conseguente esecutività che discende dall’art. 42 nel caso in cui venga rilasciato un certificato.
77. Tale successione di obblighi e di procedure costituisce un tutt’uno e si avvia automaticamente con l’adozione di un provvedimento contro il ritorno. L’unico fattore previsto atto a interromperla è la mancata ricezione da parte del giudice dello Stato membro della residenza abituale di osservazioni delle parti (n. 7, secondo comma), il che equivarrebbe, infatti, a una desistenza del genitore cui è stato sottratto il minore.
78. Se il provvedimento contro il ritorno emanato dal giudice dello Stato membro in cui si trova il minore viene successivamente annullato da un giudice superiore, ciò non comporta alcuna variazione degli elementi essenziali, vale a dire che: a) tale provvedimento è stato adottato; b) il minore non è ancora stato restituito; c) il tempo passa, e d) il giudice dello Stato membro della residenza abituale rimane l’unico competente a decidere in merito all’affidamento del minore, il che implica necessariamente il potere di garantire la presenza effettiva di quest’ultimo presso la persona alla cui custodia è stato affidato, anche mediante un provvedimento provvisorio.
79. Risulta del tutto coerente con gli obiettivi e l’economia del regolamento per quanto riguarda i casi di sottrazione di minore interpretare i nn. 6‑8 dell’art. 11 nel senso che si applicano nonostante qualsiasi ricorso proposto contro la decisione iniziale contraria al ritorno nello Stato membro in cui tale decisione è stata emanata. Il loro scopo consiste nel trasferire la responsabilità definitiva della decisione sul rientro del minore al giudice competente ad adottare il provvedimento, sia in via provvisoria che in via definitiva, relativo all’affidamento (il che implica necessariamente il potere di garantire la presenza effettiva del minore presso la persona cui è stato affidato), e ciò entro termini brevissimi, affinché la decisione definitiva sul ritorno del minore venga adottata il più rapidamente possibile.
80. Tale interpretazione, peraltro, non lede i diritti o gli interessi processuali delle parti. Il genitore che ha sottratto il minore non ha alcun interesse a contestare un provvedimento contro il ritorno nello Stato membro in cui si trova quest’ultimo, e il genitore che ha subìto la sottrazione si trova normalmente nella posizione migliore per esporre i propri argomenti dinanzi al giudice dello Stato membro della residenza abituale del minore.
81. L’interpretazione contraria, invece, introdurrebbe necessariamente termini supplementari nel processo di ritorno del minore, la cui rapidità è una delle esigenze primarie sia della Convenzione che del regolamento. In casi estremi, come quello cui assistiamo nella presente causa, detta interpretazione potrebbe dare luogo a rinvii apparentemente infiniti, che comprometterebbero irrimediabilmente la corretta applicazione di questi due strumenti.
82. A mio parere, il testo delle disposizioni non obbliga a interpretare il regolamento in questo senso e tale interpretazione sarebbe contraria a uno degli obiettivi principali del regolamento stesso.
83. Di conseguenza, nella specie, il successivo annullamento della decisione del 22 dicembre 2006 del Klaipėdos apygardos teismas da parte del Lietuvos apeliacinis teismas, risalente al 15 marzo 2007, non impediva affatto all’Amtsgericht Oranienburg di ordinare, il 20 giugno 2007, il ritorno del minore ai sensi dell’art. 11, n. 8, del regolamento.
84. Ne consegue che detto giudice era competente a rilasciare il certificato di cui all’art. 42, il che implica che la sua decisione, debitamente certificata, fosse esecutiva in Lituania «senza che [fosse] necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che [fosse] possibile opporsi al riconoscimento».
85. Per rispondere a una preoccupazione espressa dalla madre e ripresa dal giudice del rinvio, concernente il rapporto tra la decisione del Lietuvos apeliacinis teismas del 15 marzo 2007 e quella dell’Amtsgericht Oranienburg del 20 giugno 2007, entrambe implicanti il ritorno del minore, vorrei dire anzitutto che due decisioni aventi lo stesso oggetto di regola non dovrebbero ostacolarsi a vicenda. Se, tuttavia, tale situazione ponesse un problema per il diritto processuale dello Stato membro in cui si trova il minore, si dovrebbero adattare le disposizioni pertinenti oppure interpretarle e applicarle conformemente allo scopo del regolamento. E se le due decisioni prevedono modalità diverse per il ritorno, prevarrà quella del giudice dello Stato membro della residenza abituale, dato che è quest’ultimo ad avere competenza per risolvere qualsiasi questione relativa alla responsabilità genitoriale. Peraltro, né la Convenzione né il regolamento prevedono che il giudice dello Stato membro in cui si trova il minore ponga condizioni nella propria decisione. La sua funzione si limita a garantire (sempreché siano stati esclusi i motivi di diniego di cui agli artt. 13 e 20 della Convenzione) il ritorno del minore nello Stato membro della sua residenza abituale, le cui autorità e i cui giudici competenti adotteranno le misure necessarie per assicurare il benessere del minore e il rispetto dei suoi interessi.
Possibilità per il giudice dello Stato membro in cui si trova il minore di esaminare la validità di un certificato rilasciato ai sensi dell’art. 42
86. Rimane un ultimo aspetto di tale questione, che è stato dibattuto nelle osservazioni scritte e in udienza, ma che, se la Corte accogliesse la mia analisi, non avrebbe ripercussioni sul caso di specie: qualora il giudice dello Stato membro della residenza abituale prescriva il ritorno del minore e certifichi la propria decisione conformemente all’art. 42, n. 2, del regolamento, pur non essendo competente a farlo in quanto non sussiste la condizione dell’esistenza di un precedente provvedimento contro il ritorno, emanato dal giudice dello Stato membro in cui si trova il minore, quest’ultimo giudice può verificare tale competenza e, se del caso, non riconoscere la validità del certificato?
87. A mio parere, la soluzione dev’essere negativa.
88. Anzitutto, è evidente che il regolamento non prevede alcuna verifica di questo tipo. Anzi, il fatto che, quando sia stato rilasciato un certificato conforme alle disposizioni dell’art. 42, n. 2, la decisione «è riconosciut[a] ed è eseguibile in un altro Stato membro senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al riconoscimento» esclude esplicitamente tale controllo.
89. Questa esclusione è conforme all’obiettivo di garantire che la decisione adottata nelle circostanze di cui all’art. 11, n. 8, sia definitiva (ricordo che, quando viene emanata tale decisione, il termine ordinario di sei settimane previsto all’art. 11, n. 3, è necessariamente scaduto da molto tempo), nonché al principio della fiducia reciproca e del mutuo riconoscimento tra i giudici degli Stati membri.
90. Tale risultato non nuoce nemmeno ai diritti del genitore che ha sottratto il minore.
91. In primo luogo, l’art. 42 mette in atto un certo numero di garanzie procedurali prima che il giudice dello Stato membro d’origine sia in grado di rilasciare tale certificato.
92. In secondo luogo, benché l’art. 43 escluda qualsiasi ricorso contro il rilascio del certificato in quanto tale, il genitore che ha sottratto il minore può sempre proporre (secondo le norme processuali dello Stato membro d’origine) un ricorso contro la stessa decisione certificata. Se il giudice adito accoglie il ricorso – in ragione, ad esempio, del fatto che non erano stati presi in considerazione gli elementi di cui ai nn. 6 e 7 dell’art. 11 –, esso invaliderà la decisione e, pertanto, gli effetti del certificato.
93. Peraltro, lo stesso regolamento dispone che «[il] certificato ha effetto soltanto nei limiti del carattere esecutivo della sentenza» (art. 44). Inoltre, l’art. 47 precisa che «una decisione certificata conformemente (…) all’articolo 42, paragrafo 1, non può essere eseguita se è incompatibile con una decisione esecutiva emessa posteriormente». Una decisione in sede di appello che invalidasse la prima decisione soddisfarebbe tale condizione e impedirebbe, quindi, l’esecuzione della decisione certificata.
94. La parte che intende contestare il certificato non viene dunque privata della possibilità di ricorso; la procedura appropriata è chiedere l’annullamento della decisione da cui il certificato ha tratto origine.
95. A mio parere, tale possibilità è ampiamente sufficiente per tutelare il genitore che ha sottratto il minore contro qualsiasi decisione aberrante di un giudice dello Stato membro della residenza abituale.
96. Aggiungo che sebbene, nell’ipotesi in esame, il regolamento chieda al giudice dello Stato membro di esecuzione di dare prova di tale fiducia reciproca, da cui dipende lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, non si chiede tuttavia una cieca fiducia. Al contrario, il sistema istituito gli chiede semplicemente di riconoscere e rispettare l’integrità, l’obiettività e l’autonomia di un giudice di un altro Stato membro, la cui decisione può essere impugnata dalla parte contro la quale viene chiesta l’esecuzione, analogamente a quanto farebbe con i giudici del proprio Stato. In definitiva, non si chiede molto.
Sulla sesta questione
97. Poiché la mia analisi della quinta questione è sfociata nella conclusione che la decisione del 20 giugno 2007 è stata adottata nel rispetto del procedura prevista dal regolamento, la sesta questione pregiudiziale, che si fonda sull’ipotesi del mancato rispetto di tale procedura, diviene priva di oggetto nel caso di specie.
98. Tuttavia, si può rilevare che risulta chiaramente dagli artt. 21 e 31, n. 2, del regolamento che, in linea di massima, una decisione in materia di responsabilità genitoriale dev’essere riconosciuta ed eseguita in un altro Stato membro, a meno che sussista uno dei motivi di non riconoscimento enunciati all’art. 23 e che il controllo della competenza del giudice di origine sia espressamente escluso dall’art. 24.
99. Risulta inoltre dall’analisi svolta ai precedenti paragrafi 86‑96 che è parimenti esclusa la verifica del rispetto della procedura di cui all’art. 11 del regolamento.
Sulla quarta questione
100. Le prime quattro questioni riguardano la domanda della madre diretta a ottenere una decisione di non riconoscimento della decisione controversa dell’Amtsgericht Oranienburg del 20 giugno 2007, nella parte in cui statuisce sull’affidamento e sul rientro della minore. Mi sembra opportuno iniziare con la quarta di tali questioni.
101. Il giudice del rinvio chiede cosa significhi la condizione stabilita all’art. 21, n. 3, del regolamento, «fatta salva la sezione 4 del presente capo».
102. L’art. 21, n. 3, primo comma, dispone quanto segue:
«Fatta salva la sezione 4 del presente capo, ogni parte interessata può far dichiarare, secondo il procedimento di cui alla sezione 2, che la decisione deve essere o non può essere riconosciuta».
103. Esso prevede quindi una regola generale (l’art. 21 riguarda tutte le decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale), che consente a tutte le parti interessate di chiedere il riconoscimento o il non riconoscimento di una decisione rientrante nell’ambito di applicazione del regolamento, fatte salve, eventualmente, le disposizioni del capo III, sezione 4.
104. Detta sezione concerne talune decisioni relative al diritto di visita o che prescrivono il ritorno del minore. A tale riguardo, essa si applica al ritorno del minore ordinato in seguito a una decisione che prescrive il ritorno del minore di cui all’art. 11, n. 8 [art. 40, n. 1, lett. b)]. Nella specie si tratta di una decisione di quest’ultimo tipo.
105. Di conseguenza, ogni parte interessata può chiedere il non riconoscimento di una decisione che prescrive il ritorno del minore, adottata nelle circostanze di cui all’art. 11, n. 8, salvo che ciò risulti incompatibile con una disposizione del capo III, sezione 4, che, in quanto lex specialis, prevarrà in tal caso sulla regola generale.
106. In detta sezione, l’art. 42, n. 1, dispone in particolare quanto segue:
«Il ritorno del minore di cui all’articolo 40, paragrafo 1, lettera b), ordinato con una decisione esecutiva emessa in uno Stato membro, è riconosciuto ed è eseguibile in un altro Stato membro senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al riconoscimento, se la decisione è stata certificata nello Stato membro d’origine conformemente al paragrafo 2».
107. Pertanto, in un caso come quello in esame, in cui tale certificato è stato rilasciato, la condizione «fatta salva la sezione 4 del presente capo» enunciata all’art. 21, n. 3, del regolamento significa in concreto che non è possibile opporsi al riconoscimento della decisione certificata né, a fortiori, proporre un’autonoma istanza diretta a ottenere una dichiarazione di non riconoscimento.
Sulla terza questione
108. La mia conclusione in ordine alla quarta questione, che esclude la possibilità di proporre un’istanza di non riconoscimento in relazione a un provvedimento di ritorno del minore emanato nelle circostanze di cui all’art. 11, n. 8, del regolamento e certificato conformemente alle disposizioni dell’art. 42, n. 2, rende superflua la terza questione, che si fonda sull’ipotesi che tale domanda sia possibile.
109. Infatti, in tal caso, non è consentito alcun controllo sulla decisione o sul certificato emanati dal giudice dello Stato membro in cui si trova il minore, né d’ufficio né su richiesta della persona contro la quale viene chiesta l’esecuzione.
Sulla prima e sulla seconda questione
110. Lo stesso può dirsi per la prima e la seconda questione, nella misura in cui riguardano l’istanza di non riconoscimento della parte della sentenza che prescrive il ritorno del minore.
111. Tuttavia, a differenza delle altre questioni, la portata di queste prime due questioni non è stata espressamente limitata alla decisione che prescrive il ritorno del minore. Poiché la madre intende ottenere una decisione di non riconoscimento anche della parte della sentenza che affida la minore al padre, tali questioni possono ancora essere pertinenti. Infatti, a differenza della decisione che prescrive il ritorno, tale aspetto non è disciplinato dal capo III, sezione 4, del regolamento, che esclude qualsiasi opposizione al riconoscimento di un provvedimento di ritorno debitamente certificato conformemente all’art. 42, n. 2.
112. Il giudice del rinvio chiede se una parte interessata ai sensi dell’art. 21 del regolamento possa chiedere il non riconoscimento di una decisione giudiziaria, senza che sia stata proposta una domanda di riconoscimento e, in caso di soluzione affermativa, in che modo il giudice nazionale che esamina la domanda presentata dalla persona nei confronti della quale la decisione è esecutiva debba applicare l’art. 31, n. 1, secondo cui tale parte non può presentare osservazioni in questa fase del procedimento.
113. L’art. 21 del regolamento fa parte del capo III, sezione 1, intitolato «Riconoscimento». Il n. 1 di detto articolo dispone che le decisioni pronunciate in uno Stato membro «sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento». Tuttavia, secondo il n. 3 (fatta salva la sezione 4 del presente capo che, come si è già rilevato, non è pertinente per le decisioni relative all’affidamento del minore), «ogni parte interessata può far dichiarare, secondo il procedimento di cui alla sezione 2, che la decisione deve essere o non può essere riconosciuta». All’art. 23 sono elencati sette motivi di non riconoscimento delle decisioni in materia di responsabilità genitoriale.
114. La sezione 2 del capo III è intitolata «Istanza per la dichiarazione di esecutività». Il relativo art. 28, n. 1, dispone che «[l]e decisioni relative all’esercizio della responsabilità genitoriale su un minore, emesse ed esecutive in un determinato Stato membro, sono eseguite in un altro Stato membro dopo esservi state dichiarate esecutive su istanza della parte interessata, purché siano state notificate». L’art. 31, n. 1, prevede che l’autorità giurisdizionale adita decide senza indugio e che, «[i]n questa fase (…), la parte contro la quale l’esecuzione viene chiesta (…) [non può] presentare osservazioni». Il n. 2 precisa che «[l]’istanza può essere respinta solo per uno dei motivi di cui agli articoli 22, 23 e 24» – che sono tutti motivi di non riconoscimento. L’art. 33 prevede che ciascuna delle parti può proporre opposizione, entro un mese (n. 5), contro la decisione resa sull’istanza intesa a ottenere una dichiarazione di esecutività (n. 1) e che tale ricorso è esaminato secondo le norme sul procedimento in contraddittorio (n. 3).
115. Capisco le ragioni della perplessità del Lietuvos Aukščiausiasis teismas. Secondo l’art. 21, n. 3, sembra che la parte contro la quale potrebbe essere eseguita una decisione (che è evidentemente una «parte interessata») sia legittimata a chiedere il non riconoscimento di tale decisione, ma l’art. 31, n. 1, risulta negare alla medesima parte (23) la possibilità di presentare osservazioni in questa fase.
116. Per risolvere il dilemma, a mio parere si deve tenere conto della distinzione tra il «riconoscimento» e la «dichiarazione di esecutività» di una decisione. In alcuni contesti, queste due nozioni vanno necessariamente abbinate. Tale ipotesi ricorre, in particolare, nel caso di una decisione che implica il ritorno del minore, di cui non avrebbe senso riconoscere la validità senza dichiararne l’esecutività. Per contro, non vi è alcun bisogno di attribuire «esecutività» a una decisione di divorzio per consentire all’uno o all’altro coniuge di risposarsi; è sufficiente il semplice riconoscimento della validità. Per quanto riguarda la decisione sull’esercizio della responsabilità genitoriale, la risposta dipende dalle circostanze. In caso di disaccordo del genitore cui non è stato attribuito l’esercizio di tale responsabilità, sarà necessaria una dichiarazione di esecutività. In caso di accordo tra i genitori, è sufficiente il semplice riconoscimento.
117. Il capo III, sezione 1, del regolamento concerne il riconoscimento. L’art. 21, n. 1, prevede l’automaticità di tale riconoscimento per tutte le decisioni rientranti nell’ambito di applicazione del regolamento. È evidente che il legislatore comunitario ha voluto che tutte le suddette decisioni beneficiassero sistematicamente di un riconoscimento automatico fondato sul principio della fiducia reciproca (v. ventunesimo e ventitreesimo ‘considerando’ del regolamento). Il n. 3 del medesimo articolo consente tuttavia di far dichiarare che la decisione deve essere o non può essere riconosciuta «secondo il procedimento di cui alla sezione 2». Poiché la sezione 2 riguarda le domande di dichiarazione di esecutività, se ne deduce che si tratta di situazioni nelle quali il riconoscimento e l’esecuzione sono entrambi necessari. Tale ipotesi ricorre nel caso dell’affidamento della minore al padre nella presente causa, dato che la madre vi si è opposta.
118. Peraltro, risulta chiaramente dall’art. 31 del regolamento che la procedura relativa alla dichiarazione di esecutività (che è quindi applicabile alle istanze di riconoscimento e di non riconoscimento) dev’essere rapida e semplificata. Ciò sembra del tutto coerente con il principio dell’automaticità del riconoscimento sulla base della fiducia reciproca.
119. Pertanto, tutte le istanze di riconoscimento o di non riconoscimento di una decisione che affida la custodia di un minore devono essere conformi alle procedure della sezione 2. Il problema che sembra porsi in un contesto come quello del caso di specie riguarda l’apparente disparità delle armi tra le due parti, tenuto conto del tenore letterale dell’art. 31, n. 1. Se il genitore cui è stata affidata la custodia del minore intende far riconoscere ed eseguire la decisione, può presentare le osservazioni che ritiene opportune, mentre tale possibilità viene negata all’altro genitore. Per contro, se è l’altro genitore a chiedere una decisione di non riconoscimento, la situazione non viene rovesciata, quanto meno stando all’interpretazione letterale della disposizione.
120. Nelle osservazioni presentate alla Corte si è suggerito di interpretare l’art. 31, n. 1, che sembra riguardare soprattutto le istanze relative alla dichiarazione di riconoscimento o di esecutività, o nel senso che esso è applicabile mutatis mutandis alle istanze di riconoscimento (vale a dire interpretando l’espressione «la parte contro la quale l’esecuzione viene chiesta» come «la parte che si oppone alla domanda»), oppure che non è applicabile a tali istanze.
121. Da parte mia, ritengo che non sussista alcuna ragione imperativa per escludere un’interpretazione e un’applicazione letterali. L’esistenza di una disparità delle armi è innegabile, ma è conforme alla prevalenza attribuita alla fiducia e al riconoscimento reciproci, è minore di quanto si possa supporre e non è tale da privare la parte svantaggiata della possibilità di far valere i propri argomenti.
122. Da un lato, nel caso di un’istanza di riconoscimento e di esecutività proposta dal genitore cui è stata affidata la custodia, è evidente che il giudice adito deve accertare in ogni caso l’eventuale esistenza dei motivi di non riconoscimento cui fa riferimento l’art. 31, n. 2. Orbene, si tratta degli unici motivi che l’altro genitore avrebbe potuto sollevare. Quest’ultimo non viene quindi privato della possibilità di presentare i propri argomenti in ordine ai motivi di diniego.
123. Dall’altro lato, quando è quest’ultimo genitore a chiedere il non riconoscimento della decisione, l’istanza può essere proposta solo con un atto nel quale siano indicati gli asseriti motivi di non riconoscimento. Anche se tale genitore non può più esporre i propri argomenti in questa fase, mentre il genitore cui è stata affidata la custodia può presentare le osservazioni che ritiene utili, il suo punto di vista verrà in ogni caso preso in considerazione dal giudice adito. Si tratta infatti di una procedura limitata ad un unico scambio di argomenti tra le parti, il che non è eccezionale per una procedura rapida e semplificata.
124. In entrambi i casi le due parti possono proporre opposizione secondo le norme sul procedimento in contraddittorio, in forza dell’art. 33 del regolamento.
125. Il sistema istituito garantisce quindi un equilibrio ragionevole tra l’obiettivo di garantire il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni, in virtù del principio della fiducia reciproca, con una procedura rapida e semplificata, e il diritto a un processo equo, del quale, in definitiva, nessuna delle parti viene privata.
Conclusione
126. Per tutti i motivi sopra esposti, suggerisco alla Corte di risolvere come segue le questioni poste dal Lietuvos Aukščiausiasis teismas:
«Le disposizioni del regolamento (CE) del Consiglio 27 novembre 2003, n. 2201, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, devono essere interpretate nel senso che:
– l’adozione di un provvedimento di ritorno del minore da parte del giudice dello Stato membro della residenza abituale dopo che il giudice dello Stato membro in cui si trova il minore abbia adottato un provvedimento di ritorno non è in alcun modo incompatibile con gli obiettivi e le procedure del regolamento;
– in linea di principio, il rilascio del certificato di cui all’art. 42 del regolamento n. 2201/2003 da parte del giudice dello Stato membro della residenza abituale del minore, in relazione a un provvedimento di ritorno da esso emanata dopo che il giudice dello Stato membro in cui si trova il minore ha adottato a sua volta un provvedimento di ritorno, non è conforme alle procedure del regolamento;
– il fatto che il provvedimento contro il ritorno sia stato emanato dal giudice dello Stato membro in cui si trova il minore è sufficiente per avviare le procedure di cui all’art. 11, nn. 6‑8, del regolamento n. 2201/2003, a prescindere dalla sorte successiva di detto provvedimento, e in particolare anche nel caso in cui esso venga impugnato o annullato;
– qualora un giudice di uno Stato membro abbia emanato un provvedimento di ritorno di un minore e abbia certificato detto provvedimento conformemente alle disposizioni dell’art. 42, n. 2, del regolamento n. 2201/2003, la sua competenza in merito può essere contestata solo impugnando la decisione dinanzi al giudice superiore competente dello stesso Stato membro, il che esclude qualsiasi controllo da parte dei giudici dello Stato membro richiesto;
– qualora sia stato rilasciato il suddetto certificato, non è possibile opporsi al riconoscimento della decisione certificata né, a fortiori, proporre un’autonoma istanza diretta a ottenere una dichiarazione di non riconoscimento;
– qualora siano stati adottati altri provvedimenti giurisdizionali l’opposizione al riconoscimento dei quali non è esclusa dall’art. 42 del regolamento n. 2201/2003, una parte interessata ai sensi dell’art. 21 del medesimo regolamento può chiederne il non riconoscimento senza che sia stata previamente proposta un’istanza di riconoscimento;
– in tal caso, le disposizioni dell’art. 31, n. 1, del regolamento n. 2201/2003 autorizzano detta parte ad esporre nella sua domanda i motivi a sostegno del non riconoscimento, ma non a rispondere agli argomenti dell’altra parte in tale fase del procedimento».
1 – Lingue originali: il francese e l’inglese.
2 – Regolamento (CE) del Consiglio 27 novembre 2003, n. 2201, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU L 338, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento»).
3 – Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, conclusa il 25 ottobre 1980 (in prosieguo: la «Convenzione» o la «Convenzione dell’Aia»). Si può osservare che, a differenza del regolamento, la Convenzione non contiene norme in materia di competenza. A tal riguardo, il regolamento si ispira alle norme della Convenzione concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di potestà genitoriale e di misure di protezione dei minori, conclusa all’Aia il 19 ottobre 1996, che non è ancora entrata in vigore tra tutti gli Stati membri, in particolare tra la Repubblica federale di Germania e la Repubblica di Lituania. Si può osservare che, ai sensi del suo art. 60, il regolamento prevale sulla Convenzione, nei limiti in cui questa riguarda materie da esso disciplinate.
4 – Utilizzo tale denominazione, in maniera imprecisa, ma per scrupolo di brevità, per indicare sia il Klaipėdos apylinkės teismas (Tribunale distrettuale di Klaipėda), giudice di primo grado, sia il Klaipėdos apygardos teismas (Tribunale regionale di Klaipėda), giudice di secondo grado.
5 – Secondo l’art. 2, punto 4, del regolamento, «decisione» significa una decisione di divorzio, separazione personale dei coniugi o annullamento del matrimonio emessa dal giudice di uno Stato membro, nonché una decisione relativa alla responsabilità genitoriale, a prescindere dalla denominazione usata per la decisione, quale ad esempio «decreto», «sentenza» o «ordinanza».
6 – Relazione disponibile sul sito della Conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato (punto 16). Si può aggiungere quale giustificazione il fatto che «[i]l genitore che trasferisce il minore dispone di un alleato esclusivo: il tempo. Più passa il tempo, infatti, più si affievoliscono i legami con il precedente ambiente domestico, più sarà difficile pretendere il ritorno allo statu quo ante» (Hugues Fulchiron, «La lutte contre les enlèvements d’enfants», Le nouveau droit communautaire du divorce et de la responsabilité parentale, Dalloz, 2005). Il ritorno immediato ed effettivo del minore è quindi un’esigenza imperativa.
7 – V. anche la «Guida pratica all’applicazione del nuovo regolamento Bruxelles II» (documento redatto dai servizi della Commissione in collaborazione con la rete giudiziaria europea; in prosieguo: la «guida pratica»), sezione VII, pag. 37: «Il regolamento vuole essere un deterrente nei confronti della sottrazione di minori ad opera dei genitori e, se tuttavia ciò accade, intende assicurare l’immediato ritorno del minore al suo Stato membro di origine».
8 – Utilizzerò la formula abbreviata «Stato membro della residenza abituale» per designare quello dal quale il minore è stato trasferito e nel quale aveva la sua residenza abituale prima del trasferimento.
9 – Del 20 novembre 1989, ratificata da tutti gli Stati membri.
10 – GU 2000, C 364, pag. 1 (più recentemente, GU 2007, C 303, pag. 1).
11 – V. supra, paragrafi 34 e segg.
12 – Non disponiamo di tale decisione, ma sembra pacifico che il rifiuto fosse fondato sull’art. 13, lett. b), della Convenzione, che prevede tale possibilità se «sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile».
13 – Si può osservare che, secondo le informazioni fornite dall’agente del governo tedesco in udienza, tale decisione è stata comunicata dall’autorità centrale lituana all’autorità centrale tedesca, la quale l’ha trasmessa al legale del padre, ma, per errore, non all’Amtsgericht Oranienburg. Tuttavia, risulta dalla sentenza di detto Tribunale 20 giugno 2007, nonché dalla sentenza confermativa del Branderburgisches Oberlandesgericht 20 febbraio 2008, che tali giudici erano a conoscenza della decisione.
14 – Ma con una diversa composizione, secondo un’informazione fornita in udienza dal rappresentante del padre.
15 – Risulta dalle sentenze tedesche incluse nel fascicolo che la madre è stata rappresentata e ha potuto presentare le proprie osservazioni, anche se non era presente, nei procedimenti conclusisi con le sentenze dell’Amtsgericht Oranienburg 14 agosto 2006 e 20 giugno 2007, e che essa era presente personalmente ed è stata sentita nel procedimento sfociato nella sentenza confermativa del Branderburgisches Oberlandesgericht 20 febbraio 2008. Tali elementi sono stati confermati all’udienza dinanzi alla Corte di giustizia, in cui la madre era del pari presente.
16 – Dato che gli artt. 12 e 13 della Convenzione non contengono norme in materia di competenza, bensì istruzioni destinate a tutti i giudici competenti, e l’art. 11, nn. 1‑5, del regolamento vi fa riferimento.
17 – Il corsivo è mio.
18 – Risulta chiaramente dall’impiego dei termini «che si ricollegano a tali domande» che la domanda deve essere stata effettivamente proposta; non basta che il giudice possa, ipoteticamente, essere competente a statuire su tale domanda.
19 – La guida pratica della Commissione enuncia, al punto VII.2.4, che, per garantire il rispetto del termine di sei settimane prescritto dall’art. 11, n. 3, il diritto nazionale dovrebbe a) precludere la possibilità di appello contro la decisione che implica il ritorno del minore, oppure b) consentire la possibilità di appello, ma fare in modo che la decisione che implica il ritorno del minore sia esecutiva anche in pendenza di appello, o c) garantire un rapido svolgimento dell’appello. Si può inoltre osservare che, nella stessa ottica, il diritto lituano sembra escludere qualsiasi ricorso in cassazione contro la decisione adottata nella specie il 15 marzo 2007 dal Lietuvos apeliacinis teismas, che ha ordinato il ritorno del minore (anche se di fatto non sembrano escluse altre procedure volte a riaprire la controversia).
20 – La versione spagnola, «aun cuando se haya dictado una resolución de no restitución», sembrerebbe prestarsi ancor più facilmente a tale interpretazione.
21 – Il corsivo è mio. Al n. 8, alcune versioni linguistiche omettono l’equivalente del termine «rendue» in quanto non risulta grammaticalmente necessario.
22 – È chiaro tuttavia che deve esistere un provvedimento contro il ritorno – v. le osservazioni esposte al precedente paragrafo 64.
23 – Anche se può sembrare strano, quando una decisione comporta l’affidamento a uno dei genitori, parlare di esecuzione di tale decisione contro l’altro genitore, a mio giudizio dall’economia del capo III, sezione 2, del regolamento emerge chiaramente che la nozione di «parte contro la quale l’esecuzione viene chiesta» vada riferita al genitore cui è stato negato l’affidamento.