Parole chiave
Massima

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Diritto dell’Unione — Effetto diretto — Diritti soggettivi — Tutela da parte dei giudici nazionali — Modalità processuali nazionali — Presupposti di applicazione — Rispetto dei principi di equivalenza e di effettività

Massima

Il diritto dell’Unione non osta ad una normativa che sottopone ad un termine di prescrizione di tre anni le domande di pagamento delle indennità speciali di anzianità di cui un lavoratore che abbia esercitato il proprio diritto alla libera circolazione sia stato privato, prima della pronunzia della sentenza 30 settembre 2003, causa C‑224/01, Köbler, in forza dell’applicazione di una normativa interna incompatibile con il diritto comunitario.

Spetta infatti all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro disciplinare una simile modalità procedurale, purché tale modalità, da un lato, non sia meno favorevole di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) e, dall’altro, non renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività).

A questo proposito, una norma sulla prescrizione non può ritenersi contraria al principio di equivalenza allorché esiste, oltre ad una disposizione sulla prescrizione applicabile ai ricorsi intesi a garantire nel diritto interno la salvaguardia dei diritti che il diritto dell’Unione conferisce ai singoli, una disposizione sulla prescrizione applicabile ai ricorsi di natura interna e allorché, alla luce del loro oggetto e dei loro elementi essenziali, le due norme sulla prescrizione possono essere considerate simili.

Per quanto concerne il principio di effettività, è compatibile con il diritto dell’Unione la fissazione di ragionevoli termini di ricorso a pena di decadenza, nell’interesse della certezza del diritto, a tutela sia dell’interessato sia dell’amministrazione coinvolta. Infatti, termini del genere non sono tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione. A tal proposito appare ragionevole un termine nazionale di decadenza triennale.

Siffatta interpretazione non è inficiata dalla circostanza che gli effetti della sentenza Köbler retroagiscano alla data di entrata in vigore della norma interpretata, dal momento che detti effetti non sono stati limitati nel tempo dalla Corte. Infatti, l’applicazione di una modalità procedurale, quale un termine di prescrizione, non può essere confusa con una limitazione degli effetti di una sentenza della Corte avente ad oggetto l’interpretazione di una disposizione di diritto dell’Unione.

Peraltro, il diritto dell’Unione non vieta ad uno Stato membro di opporre un termine di decadenza ad una domanda diretta ad ottenere un’indennità speciale di anzianità che, in violazione di disposizioni del diritto dell’Unione, non sia stata accordata, anche se questo Stato membro non ha ancora modificato la normativa interna per renderla compatibile con tali disposizioni. Ciò non vale, al contrario, soltanto nel caso in cui il comportamento delle autorità nazionali, unitamente all’esistenza di un termine di decadenza, sia giunto al punto di privare totalmente un singolo della possibilità di far valere i propri diritti dinanzi ai giudici nazionali.

(v. punti 17, 20, 27-30, 33, 41 e dispositivo)