SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

22 ottobre 2009 ( *1 )

«Inadempimento di uno Stato — Libertà di stabilimento — Direttiva 96/96/CE — Normativa nazionale — Condizioni restrittive di accesso all’attività di revisione di veicoli — Art. 45 CE — Attività che partecipano all’esercizio dei pubblici poteri — Sicurezza stradale — Proporzionalità»

Nella causa C-438/08,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 3 ottobre 2008,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. E. Traversa e dalla sig.ra M. Teles Romão, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica portoghese, rappresentata dal sig. L. Fernandes e dalla sig.ra A. Pereira de Miranda, in qualità di agenti,

convenuta,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts, presidente della Terza Sezione, facente funzione di presidente della Quarta Sezione, dai sigg. E. Juhász, G. Arestis, J. Malenovský e T. von Danwitz (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. Y. Bot

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con il suo ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica portoghese, avendo imposto restrizioni alla libertà di stabilimento di organismi di altri Stati membri che intendano esercitare in Portogallo l’attività di revisione di veicoli, in particolare mediante la subordinazione all’interesse pubblico della concessione di autorizzazioni, il requisito di un capitale sociale minimo di EUR 100000, la limitazione dell’oggetto sociale delle imprese e l’imposizione di norme di incompatibilità ai loro soci, gestori e amministratori, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 43 CE.

Contesto normativo

La normativa comunitaria

2

Il trentatreesimo ‘considerando’ della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1996, 96/96/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al controllo tecnico dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (GU 1997, L 46, pag. 1), dispone quanto segue:

«(…) le misure comunitarie previste dalla stessa sono necessarie per giungere ad un’armonizzazione della normativa in materia di controllo tecnico, al fine di evitare distorsioni di concorrenza fra i trasportatori e di garantire che i veicoli siano [controllati] e sottoposti a manutenzione in modo corretto; (…)».

3

L’art. 1, n. 1, della direttiva 96/96 così prevede:

«In ciascuno Stato membro i veicoli a motore immatricolati in tale Stato, nonché i loro rimorchi e semirimorchi, sono sottoposti ad un controllo tecnico periodico in base alla presente direttiva (…)».

4

L’art. 2 di tale direttiva è così formulato:

«Il controllo tecnico previsto dalla presente direttiva deve essere effettuato dallo Stato o da organismi a vocazione pubblica incaricati di tale compito oppure da organismi o impianti da esso designati, di natura eventualmente privata, debitamente autorizzati e che agiscono sotto la sua diretta sorveglianza. Quando impianti designati quali centri di controllo tecnico dei veicoli operano anche come officine per la riparazione dei veicoli, gli Stati membri si adoperano in modo particolare affinché siano garantite l’obiettività e l’elevata qualità di tali controlli».

La normativa nazionale

5

Ai sensi dell’art. 3 del decreto-legge 15 dicembre 1999 n. 550, concernente l’attività di controllo tecnico dei veicoli a motore (in prosieguo: il «decreto-legge»):

«1.   L’autorizzazione ad esercitare l’attività di revisione di veicoli è accordata con decisione del Ministro dell’Interno, su proposta della direzione generale della viabilità, a persone giuridiche, nazionali o straniere, purché, in quest’ultimo caso, siano stabilite regolarmente nel territorio nazionale.

2.   La direzione generale della viabilità può presentare la proposta di cui al precedente numero solo se l’interesse pubblico a effettuare la revisione giustifica la concessione della detta autorizzazione».

6

Poiché nel frattempo non esiste più la direzione generale della viabilità, le sue competenze in materia di controllo dei veicoli sono state trasferite all’Istituto pubblico della mobilità e dei trasporti terrestri.

7

L’art. 6 del decreto-legge dispone quanto segue:

«1.   Sono considerati possedere capacità tecnica, economica e finanziaria gli enti che presentino uno studio di fattibilità e che dimostrino di avere le risorse necessarie a garantire l’apertura e la buona gestione dei centri di revisione.

2.   La portata e la struttura dello studio nonché gli indicatori di capacità finanziaria di cui al precedente numero sono definiti con decreto del Ministro dell’Interno».

8

Sulla base del n. 2 di tale articolo, è stato adottato il decreto 9 dicembre 2000, n. 1165, recante approvazione del regolamento del bando pubblico di gara per l’istallazione di centri di revisione di veicoli (in prosieguo: il «decreto»), il cui n. 1 dispone quanto segue:

«La concessione dell’autorizzazione per l’esercizio dell’attività di revisione di veicoli dipende dalla verifica della capacità tecnica, economica e finanziaria prevista agli artt. 4 e 6 del decreto-legge n. 550/99 del 15 dicembre 1999, sulla base della presentazione, da parte dell’interessato, dei seguenti elementi:

(…)

e)

Documento attestante che l’interessato dispone di un capitale sociale minimo di EUR 100000, o del suo equivalente in scudi (…)».

9

L’art. 7 del decreto-legge prevede quanto segue:

«Non possono essere autorizzati ad esercitare l’attività di revisione di veicoli gli enti che si trovano in una delle situazioni seguenti:

a)

il loro oggetto sociale non si limita all’esercizio dell’attività di revisione di veicoli;

b)

I loro soci, gestori o amministratori si dedicano alla produzione, riparazione, noleggio, importazione o vendita di veicoli, componenti o accessori, oppure all’esercizio di attività di trasporto».

Fase precontenziosa del procedimento

10

La Commissione, reputando che la normativa nazionale che stabilisce le condizioni per ottenere l’autorizzazione ad esercitare l’attività di revisione di veicoli sollevasse problemi di compatibilità con il principio di libertà di stabilimento sancito all’art. 43 CE, ha deciso di avviare il procedimento previsto all’art. 226 CE e ha diffidato la Repubblica portoghese con lettera del 18 ottobre 2005.

11

Dopo aver ottenuto una proroga del termine per la risposta fino al 18 febbraio 2006, la Repubblica portoghese ha risposto con una lettera in data . La Commissione continuando a reputare che, a seguito di tale risposta, la normativa de qua non fosse conforme all’art. 43 CE, il ha inviato un parere motivato a tale Stato membro invitandolo ad adottare i provvedimenti necessari per conformarsi a tale parere entro due mesi dalla notifica.

12

La Repubblica portoghese ha dapprima risposto a tale parere motivato con lettera del 29 gennaio 2007, con la quale faceva presente che era stato elaborato un progetto di testo normativo di modifica del decreto-legge per eliminare le disposizioni contestate. Con lettera , essa ha affermato che detto procedimento doveva terminare entro la fine del mese di gennaio 2008, poi, in una lettera del , che era in fase di ultimazione. La Commissione, non essendo potuta giungere alla conclusione che erano stati adottati tutti i provvedimenti necessari per conformare la normativa nazionale controversa all’art. 43 CE, ha deciso di proporre il presente ricorso.

Sul ricorso

Argomenti delle parti

13

La Commissione ritiene, innanzitutto, che la clausola derogatoria prevista all’art. 45, primo comma, CE, richiamata dalla Repubblica portoghese per dimostrare la compatibilità della sua normativa con l’art. 43 CE, non sia applicabile al caso di specie.

14

Da un lato, la deroga attinente all’esercizio dei pubblici poteri può essere fatta valere solo in relazione a misure discriminatorie, mentre il sistema di autorizzazione di cui trattasi si applicherebbe esplicitamente sia agli enti nazionali sia agli enti stranieri. Dall’altro, tale deroga dovrebbe essere interpretata restrittivamente e la sua applicazione dovrebbe limitarsi alle attività che, di per sé, costituiscono una partecipazione diretta e specifica all’esercizio dei pubblici poteri.

15

Orbene, la Repubblica portoghese nella sua risposta alla lettera di diffida avrebbe confermato che la revisione di veicoli era un’attività economica e che la responsabilità degli impianti di revisione per danni causati nel corso o a seguito di una revisione rientrava nel campo del diritto privato. Il rilascio di una scheda di revisione o di una vignetta non costituirebbe una prova dell’esercizio di pubblici poteri. Sarebbe altresì irrilevante il fatto che possano essere erogate sanzioni per la mancata osservanza delle norme relative alla revisione di veicoli. L’erogazione di simili sanzioni sarebbe, infatti, di esclusiva competenza delle autorità di polizia e giudiziarie, poiché le imprese di revisione mancano di qualunque potere coercitivo.

16

Di conseguenza, la Commissione sostiene che i requisiti per ottenere l’autorizzazione ad esercitare l’attività di revisione di veicoli costituiscono una restrizione alla libertà di stabilimento incompatibile con l’art. 43 CE. In primo luogo, il fatto di subordinare la concessione di nuove autorizzazioni all’interesse pubblico, come previsto all’art. 3, n. 2, del decreto-legge, assoggetterebbe le persone giuridiche di altri Stati membri intenzionate a esercitare tale attività in Portogallo al potere discrezionale delle autorità nazionali competenti. Pertanto, tale normativa non soddisferebbe i requisiti stabiliti dalla giurisprudenza della Corte, secondo la quale, per essere giustificato, un regime di previe autorizzazioni amministrative deve essere fondato su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo, in modo da circoscrivere l’esercizio del potere discrezionale delle autorità nazionali.

17

Il criterio dell’interesse pubblico non sarebbe peraltro giustificato da motivi di tutela della sicurezza stradale e a questo proposito la Commissione precisa che il requisito di proporzionalità non sarebbe soddisfatto. Infatti, non tenendo conto del funzionamento dei centri di revisione, il regime nazionale di cui trattasi non sarebbe idoneo a garantire il conseguimento di tale obiettivo. Inoltre, la concessione dell’autorizzazione in base al criterio incerto dell’interesse pubblico andrebbe oltre quanto necessario per raggiungere l’obiettivo della sicurezza stradale.

18

In secondo luogo, la Commissione sostiene che il requisito di cui all’art. 6, n. 1, del decreto-legge, in combinato disposto con il n. 1, lett. e), del decreto, di un capitale sociale minimo di EUR 100000, secondo la sentenza 29 aprile 2004, causa C-171/02, Commissione/Portogallo (Racc. pag. I-5645, punto 54), impedirebbe a un operatore comunitario che dispone di un capitale sociale inferiore di stabilirsi nel territorio portoghese. Essa sostiene, inoltre, che l’argomento della Repubblica portoghese secondo il quale tale requisito sarebbe volto ad assicurare la solvibilità finanziaria degli enti riconosciuti non è valido. Esisterebbero, infatti, mezzi meno restrittivi per tutelare i creditori, quali la costituzione di una garanzia o la sottoscrizione di un contratto di assicurazione (sentenza Commissione/Portogallo, cit., punto 55).

19

In terzo luogo, secondo la Commissione, neanche l’art. 7, lett. a), del decreto-legge, che limita l’oggetto sociale delle imprese di revisione di veicoli a questa sola attività, è compatibile con l’art. 43 CE. Infatti, gli operatori che forniscono legalmente altri servizi nel loro Stato membro di stabilimento sarebbero costretti, per poter esercitare la loro attività in Portogallo, a modificare l’oggetto dell’impresa, o addirittura la propria struttura interna. L’obiettivo di sicurezza stradale non può essere invocato, dal momento che la disposizione di cui trattasi non sarebbe idonea a conseguire tale obiettivo e la qualità delle revisioni potrebbe essere garantita attraverso procedure di controllo di qualità. Quanto infine all’obiettivo di ridurre al minimo le revisioni fraudolente, la Commissione fa notare che il carattere fraudolento delle revisioni non può essere semplicemente presunto in caso di esercizio di attività associate mentre il rischio di simili revisioni non esiste nel caso di attività non collegate alla revisione di veicoli. Inoltre potrebbero essere prese in considerazione misure meno restrittive.

20

La Commissione sostiene, in quarto luogo, che le norme di incompatibilità imposte ai soci, ai gestori e agli amministratori di impianti di revisione di veicoli, in forza dell’art. 7, lett. b), del decreto-legge, possono avere analoghi effetti restrittivi, in quanto obbligherebbero gli operatori già stabiliti legalmente in un altro Stato membro, ove si dedicano ad altre attività, a modificare la loro struttura interna, a separarsi dai soci o ad abbandonare le attività incompatibili. Per di più, secondo la Commissione, norme del genere non sono proporzionate ai richiamati obiettivi di sicurezza stradale, di oggettività delle revisioni e di prevenzione della frode. Esisterebbero soluzioni meno restrittive, quale l’obbligo di far ispezionare da un’altra impresa i veicoli riconducibili ad attività connesse dei soci, dei gestori o degli amministratori dell’impresa e, viceversa, l’obbligo di far effettuare le riparazioni, dopo una revisione negativa, da uno stabilimento indipendente, il divieto di controllare i veicoli dei propri dirigenti, del proprio personale e dei loro parenti, sottoporre gli impianti a controlli sistematici o ancora la messa in atto di un sistema di sanzioni civili o penali.

21

La Repubblica portoghese afferma che risulta indubbio che l’attività di revisione tecnica di veicoli rientra nell’interesse generale della sicurezza stradale. Essa sostiene che, da un lato, tale attività costituisce una competenza propria dello Stato, il quale tuttavia può ricorrere alla collaborazione di organismi privati, il che sarebbe confortato dall’art. 2 della direttiva 96/96. La delega ad organismi del genere non costituirebbe tuttavia in nessun caso una privatizzazione sostanziale di tale missione propria dello Stato. Sarebbe la necessità di un controllo specifico dello Stato sugli operatori privati autorizzati ad esercitare tale attività mediante delega che giustificherebbe l’adozione dei criteri controversi.

22

Dall’altro lato, tali organismi privati delegatari realizzerebbero atti d’esercizio del potere pubblico. Esisterebbero in teoria due possibilità di attuare l’attività di cui trattasi. O l’atto preparatorio di revisione è effettuato da organismi privati e seguito da una certificazione da parte dell’autorità pubblica, o la revisione e la certificazione sono affidate all’organismo privato, sotto il controllo dell’autorità pubblica. Nel sistema portoghese, il procedimento di revisione, che avrebbe una funzione meramente preparatoria, culminerebbe nella decisione di certificare o meno la conformità dei veicoli con le norme applicabili, senza alcun intervento dell’autorità pubblica amministrativa. Queste decisioni, a causa degli effetti prodotti sulla sfera giuridica del proprietario del veicolo, sarebbero associate all’esercizio del potere pubblico.

23

Conseguentemente, la Repubblica portoghese ritiene che l’attività di revisione di veicoli sia direttamente legata all’esercizio dei pubblici poteri. Quindi, anche supponendo che si possa prendere in considerazione l’ipotesi di un’incompatibilità delle norme di cui trattasi con l’art. 43, queste sarebbero giustificate ai sensi dell’art. 45, primo comma, CE.

24

Comunque, la Repubblica portoghese sostiene di avere avviato un procedimento di revisione del decreto-legge, diretto sostanzialmente a sostituire il regime di previa autorizzazione con un sistema di concessioni rilasciate su concorso. Con l’adozione e la promulgazione di questo nuovo testo, inizialmente previste per la fine del primo trimestre 2009, poi per il mese di luglio 2009 secondo la controreplica, i requisiti per l’autorizzazione imposti dal decreto-legge e le eventuali restrizione alla libertà di stabilimento scomparirebbero.

Giudizio della Corte

Sull’esistenza di una restrizione

25

La Commissione contesta sostanzialmente alla Repubblica portoghese di imporre agli operatori privati intenzionati a esercitare nel suo territorio l’attività di revisione di veicoli norme d’accesso incompatibili con l’art. 43 CE.

26

Occorre rilevare, in limine, che la direttiva 96/96, ai sensi del suo trentatreesimo ‘considerando’, ha lo scopo di giungere ad un’armonizzazione della normativa in materia di controllo tecnico dei veicoli, individuando, in particolare, come indicato all’art. 1, n. 2, le categorie di veicoli da controllare, la periodicità del controllo tecnico e gli elementi da controllare obbligatoriamente. Tale direttiva tuttavia non contiene alcuna disposizione riguardante le norme relative all’accesso alle attività di revisione di veicoli.

27

Vero è che, in un settore non completamente armonizzato a livello comunitario gli Stati membri restano, in linea di principio, competenti a definire le condizioni di esercizio delle attività di tale settore. Ciò non toglie che essi devono esercitare i loro poteri in tale settore nel rispetto delle libertà fondamentali garantite dal Trattato CE (v. sentenze 29 novembre 2007, causa C-393/05, Commissione/Austria, Racc. pag. I-10195, punto 29, e causa C-404/05, Commissione/Germania, Racc. pag. I-10239, punto 31, nonché giurisprudenza citata).

28

Nel caso di specie si pone il problema della conformità con l’art. 43 CE di una normativa nazionale che impone taluni requisiti per ottenere l’autorizzazione ad esercitare l’attività di revisione di veicoli, in particolare il fatto di subordinare la concessione delle autorizzazioni amministrative al criterio dell’interesse pubblico, il requisito per le imprese intenzionate a stabilirsi in tale mercato di avere un capitale sociale minimo di EUR 100000, la limitazione dell’oggetto sociale di tali imprese e l’imposizione di norme d’incompatibilità ai loro soci, gestori e amministratori.

29

Secondo giurisprudenza costante, devono essere considerate restrizioni alla libertà di stabilimento tutte le misure che vietano, ostacolano o rendono meno attraente l’esercizio di tale libertà (v., in particolare, sentenze 17 ottobre 2002, causa C-79/01, Payroll e a., Racc. pag. I-8923, punto 26; , causa C-442/02, CaixaBank France, Racc. pag. I-8961, punto 11, nonché , causa C-157/07, Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt, Racc. pag. I-8061, punto 30).

30

Orbene, i requisiti previsti dalla normativa portoghese, sebbene si applichino in modo identico sia agli operatori stabiliti in Portogallo sia a quelli che vengono da altri Stati membri, possono far sì che agli operatori che non soddisfano i criteri ivi definiti sia impedito di stabilirsi in Portogallo per esercitarvi un’attività di revisione di veicoli. In particolare, come sottolinea la Commissione, il criterio dell’interesse pubblico, cui è subordinata la concessione dell’autorizzazione amministrativa in esame, può aprire la strada ad un utilizzo arbitrario del potere discrezionale delle autorità competenti, consentendo loro di rifiutare tale autorizzazione a taluni operatori interessati, quand’anche questi ultimi soddisfino gli altri requisiti stabiliti dalla normativa.

31

Pertanto, le controverse condizioni di accesso all’attività di revisione tecnica dei veicoli imposte dalla normativa portoghese costituiscono un ostacolo alla libertà di stabilimento.

Sull’applicabilità dell’art. 45, primo comma, CE

32

La Repubblica portoghese, la quale non contesta in modo circostanziato il carattere restrittivo della normativa in esame, sostiene che l’attività di revisione di veicoli è un’attività «che partecipa all’esercizio di pubblici poteri», ai sensi dell’art. 45 CE, e dunque si situa al di fuori dell’ambito di applicazione dell’art. 43 CE. La Commissione fa valere a questo proposito che si tratta di un’attività economica che non costituisce una partecipazione diretta e specifica all’esercizio dei pubblici poteri e che l’art. 45 CE si applica solamente a misure di natura discriminatoria.

33

A proposito di quest’ultimo argomento, si deve tuttavia rilevare, com’è stato ricordato al punto 29 della presente sentenza, che, secondo costante giurisprudenza, l’art. 43 CE prevede non soltanto un divieto di discriminazione, ma anche un divieto di tutte le restrizioni che rendono meno attraente l’esercizio della libertà di stabilimento. Poiché l’art. 45 CE contiene una clausola di deroga generale al principio di libertà di stabilimento sancito dall’art. 43 CE, la sua applicazione non può di conseguenza essere limitata alle sole misure discriminatorie. Quindi, tale argomento della Commissione non può essere accolto.

34

Per contro, occorre ricordare che, in quanto deroga alla norma fondamentale della libertà di stabilimento, l’art. 45 CE deve essere interpretato in maniera che la sua portata si limiti a quanto è strettamente necessario per tutelare gli interessi che tale disposizione permette agli Stati membri di proteggere (v., in particolare, sentenze 15 marzo 1988, causa 147/86, Commissione/Grecia, Racc. pag. 1637, punto 7; , causa C-114/97, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-6717, punto 34, e , causa C-451/03, Servizi Ausiliari Dottori Commercialisti, Racc. pag. I-2941, punto 45).

35

Del pari, è pacifico che la valutazione delle deroghe alla libertà di stabilimento previste all’art. 45 CE deve tener conto del carattere comunitario dei limiti imposti da tale articolo alle eccezioni a detta libertà (v., in tal senso, sentenze 21 giugno 1974, causa 2/74, Reyners, Racc. pag. 631, punto 50, e Commissione/Grecia, cit., punto 8).

36

Così, secondo una giurisprudenza costante, la deroga prevista da detto articolo va limitata alle attività che costituiscono una partecipazione diretta e specifica all’esercizio dei pubblici poteri considerate di per sé (v. sentenze Reyners, cit., punto 45; 13 luglio 1993, causa C-42/92, Thijssen, Racc. pag. I-4047, punto 8, e , causa C-283/99, Commissione/Italia, Racc. pag. I-4363, punto 20), il che esclude che siano considerati una «partecipazione all’esercizio dei pubblici poteri» ai sensi di detta deroga i meri compiti ausiliari e preparatori nei confronti di un ente il quale effettivamente esercita pubblici poteri adottando la decisione finale (citate sentenze Thijssen, punto 22; Commissione/Austria, punto 36, e Commissione/Germania, punto 38).

37

La Corte ha inoltre precisato la distinzione tra attività di organismi privati che costituiscono meri compiti preparatori e quelle che costituiscono una partecipazione diretta e specifica all’esercizio dei pubblici poteri dichiarando che, anche se organismi privati esercitano prerogative proprie dei pubblici poteri traendo le conseguenze da controlli che essi effettuano, non si poteva invocare l’art. 45 CE allorché la normativa applicabile prevedeva un inquadramento di tali organismi privati da parte dell’autorità pubblica competente (v., in tal senso, citate sentenze Commissione/Austria, punto 41, e Commissione/Germania, punto 43). La Corte ha, infatti, dichiarato che organismi privati i quali esercitino la propria attività sotto la sorveglianza attiva dell’autorità pubblica competente, la quale è responsabile, in ultimo luogo, dei controlli e delle decisioni di detti organismi, non possono essere considerati fornire una «partecipazione diretta e specifica all’esercizio dei pubblici poteri» ai sensi dell’art. 45 CE (citate sentenze Commissione/Austria, punto 42, e Commissione/Germania, punto 44).

38

In base alle indicazioni contenute nel ricorso e nel controricorso, la realizzazione di controlli tecnici di veicoli in Portogallo rientra nella competenza di un istituto pubblico, l’Istituto pubblico della mobilità e dei trasporti terrestri, il quale può tuttavia fare ricorso a organismi privati per attuare tali controlli. La decisione di certificare o meno la conformità tecnica dei veicoli è adottata dall’organismo privato di revisione di veicoli senza alcun intervento dell’autorità pubblica amministrativa.

39

Come si evince inoltre dal controricorso, l’attività degli impianti di revisione di veicoli è organizzata in due fasi. In una prima fase, tale attività consiste nell’effettuare ispezioni tecniche, cioè nel verificare la conformità dei veicoli ispezionati con le norme tecniche applicabili e nel redigere un verbale di ispezione con i dettagli dei test effettuati e i risultati ottenuti. In una seconda fase, tale attività consiste nella certificazione del controllo effettuato mediante apposizione di una vignetta sul veicolo, o al contrario, nel rifiuto di una simile certificazione.

40

I compiti che rientrano nella prima fase sono esclusivamente di ordine tecnico, quindi estranei per natura all’esercizio dei pubblici poteri (v., in tal senso, sentenza 5 dicembre 1989, causa C-3/88, Commissione/Italia, Racc. pag. 4035, punto 13). La seconda fase, invece, che si riferisce alla certificazione del controllo tecnico, comporta l’esercizio di prerogative di pubblico potere, in quanto si tratta di trarre le conseguenze giuridiche dell’ispezione tecnica.

41

A tale proposito, bisogna tuttavia rilevare che la decisione di certificare o meno il controllo tecnico, poiché, in sostanza, si limita a constatare i risultati dell’ispezione tecnica, è, da un lato, priva dell’autonomia decisionale propria dell’esercizio di prerogative di pubblico potere e, dall’altro, adottata nell’ambito di una sorveglianza statale diretta.

42

Risulta, infatti, dall’art. 2 della direttiva 96/96 che, qualora lo Stato membro affidi la gestione di impianti di controllo tecnico ad organismi privati, esso continua tuttavia ad esercitare una sorveglianza diretta su di essi.

43

Spetta, infatti, allo Stato membro, ai sensi della prima frase di tale articolo, designare gli impianti competenti, mettere in atto una procedura di abilitazione e mantenere tale impianti sotto una sorveglianza diretta. Ai termini della seconda frase di detto articolo, che menziona le precauzioni da prendere in caso di conflitto di interessi tra l’attività di revisione e quella di riparazione di veicoli, gli Stati membri devono adoperarsi in modo particolare affinché siano garantite l’obiettività e l’elevata qualità del controllo. Si evince dall’utilizzo dell’espressione «in modo particolare» che la direttiva 96/96 ha in mente un fermo conseguimento di tali due obiettivi qualitativi concreti da parte dello Stato, ossia l’obiettività e un’elevata qualità del controllo tecnico di veicoli, nel caso di conflitto d’interessi, ma, a fortiori, anche nell’esecuzione della sua missione di inquadramento degli impianti privati di revisione di veicoli descritta alla prima frase dell’art. 2 della direttiva 96/96.

44

Per di più, come fa notare la Commissione senza essere contraddetta dalla Repubblica portoghese, gli organismi privati di revisione di veicoli non dispongono, nell’ambito delle loro attività, di un potere coercitivo, poiché le sanzioni in materia di inosservanza delle norme relative alla revisione dei veicoli rientrano nella competenza delle autorità di polizia e giudiziarie.

45

Di conseguenza, le attività degli organismi privati di controllo tecnico di veicoli di cui trattasi nel caso di specie non rientrano nella deroga prevista dall’art. 45 CE. È dunque necessario valutare se il regime di accesso all’attività di revisione dei veicoli attuato dalla Repubblica portoghese possa essere giustificato.

Sulla sussistenza di una giustificazione

46

Dalla giurisprudenza della Corte risulta che una restrizione della libertà di stabilimento può essere ammessa solo se è giustificata da ragioni imperative di interesse generale. In un’ipotesi del genere, occorre inoltre che essa sia idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non vada oltre quanto è necessario per raggiungerlo (v., in tal senso, sentenze 27 ottobre 2005, causa C-158/03, Commissione/Spagna, punto 35; , causa C-518/06 Commissione/Italia, Racc. pag. I-3491, punto 72, e , causa C-531/06, Commissione/Italia, Racc. pag. I-4103, punto 49).

47

A tal proposito, spetta alle autorità nazionali competenti dimostrare, da un lato, che la loro normativa è necessaria per conseguire l’obiettivo perseguito e, dall’altro, che detta normativa è conforme al principio di proporzionalità (v., in tal senso, sentenze 15 marzo 2007, causa C-54/05, Commissione/Finlandia, Racc. pag. I-2473, punto 39, e , causa C-297/05, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-7467, punto 76).

48

Nel caso di specie la giustificazione addotta dalla Repubblica portoghese durante la fase precontenziosa del procedimento riguarda la necessità di assicurare la sicurezza stradale che, per giurisprudenza costante, costituisce una ragione imperativa di interesse generale (v., in particolare, sentenze Commissione/Paesi Bassi, cit., punto 77, e 10 febbraio 2009, causa C-110/05, Commissione/Italia, Racc. pag. I-519, punto 60).

49

Si deve tuttavia rilevare che la Repubblica portoghese non si è difesa dalle affermazioni della Commissione su tale punto al momento della fase precontenziosa del procedimento e che essa non ha dimostrato né la necessità né la proporzionalità, rispetto all’obiettivo perseguito, dei provvedimenti in esame. Di conseguenza, le disposizioni controverse non possono essere considerate giustificate da ragioni di tutela della sicurezza stradale.

50

La Repubblica portoghese fa inoltre presente di avere avviato un procedimento di revisione del decreto-legge, che doveva vedere la luce nel mese di luglio 2009, al fine di ridefinire il quadro tecnico e giuridico dell’attività di revisione di veicoli e eliminare le restrizioni alla libertà di stabilimento derivanti dal sistema in vigore.

51

Tuttavia, occorre rammentare che, secondo costante giurisprudenza, le modifiche introdotte nella normativa nazionale sono irrilevanti ai fini della pronuncia sull’oggetto di un ricorso per inadempimento, qualora non siano state effettuate prima della scadenza del termine impartito nel parere motivato (v., in particolare, sentenze 2 luglio 1996, causa C-173/94, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-3265, punto 16, e , causa C-66/06, Commissione/Irlanda, punto 91). La Repubblica portoghese non può dunque eccepire modifiche legislative che interverranno dopo tale data.

52

Ciò premesso, il ricorso proposto dalla Commissione deve ritenersi fondato.

53

Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve dichiarare che la Repubblica portoghese, avendo imposto restrizioni alla libertà di stabilimento di organismi di altri Stati membri che intendano esercitare in Portogallo l’attività di revisione di veicoli, ossia mediante la subordinazione all’interesse pubblico della concessione di autorizzazioni, il requisito di un capitale sociale minimo di EUR 100000, la limitazione dell’oggetto sociale delle imprese e l’imposizione di norme di incompatibilità ai loro soci, gestori e amministratori, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 43 CE.

Sulle spese

54

Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica portoghese, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

La Repubblica portoghese, avendo imposto restrizioni alla libertà di stabilimento di organismi di altri Stati membri che intendano esercitare in Portogallo l’attività di revisione di veicoli, ossia mediante la subordinazione all’interesse pubblico della concessione di autorizzazioni, il requisito di un capitale sociale minimo di EUR 100000, la limitazione dell’oggetto sociale delle imprese e l’imposizione di norme di incompatibilità ai loro soci, gestori e amministratori, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 43 CE.

 

2)

La Repubblica portoghese è condannata alle spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il portoghese.