Causa C-337/08

X Holding BV

contro

Staatssecretaris van Financiën

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden)

«Artt. 43 CE e 48 CE — Normativa tributaria — Imposta sulle società — Unità fiscale composta da una società controllante residente e da una o più controllate residenti — Imposizione degli utili in capo alla società controllante — Esclusione delle controllate non residenti»

Conclusioni dell’avvocato generale J. Kokott, presentate il 19 novembre 2009   I ‐ 1218

Sentenza della Corte (Seconda Sezione) 25 febbraio 2010   I ‐ 1237

Massime della sentenza

Libera circolazione delle persone – Libertà di stabilimento – Normativa tributaria – Imposta sulle società

(Artt. 43 CE e 48 CE)

Gli artt. 43 CE e 48 CE non ostano alla normativa di uno Stato membro che offre ad una società controllante la possibilità di costituire un’entità fiscale unica con la sua controllata residente, ma che non consente la costituzione di una simile entità fiscale unica con una controllata non residente qualora gli utili di quest’ultima non siano soggetti alla normativa tributaria di tale Stato membro.

L’esclusione di un siffatto vantaggio per una società controllante che detiene una controllata con sede in un altro Stato membro determina senza dubbio una restrizione della libertà di stabilimento, dal momento che detta esclusione è tale da scoraggiare l’esercizio della libertà di stabilimento da parte della società controllante, dissuadendola dal creare controllate in altri Stati membri. A tale riguardo, la situazione di una società controllante residente che intende costituire un’entità fiscale unica con una controllata residente e quella di una società controllante residente che desidera costituire un’entità fiscale unica con una controllata non residente sono, alla luce dell’obiettivo di un simile regime fiscale, oggettivamente comparabili, dal momento che entrambe mirano a trarre vantaggio da tale regime, che consente, in particolare, di consolidare in capo alla società controllante gli utili e le perdite delle società comprese nell’entità fiscale unica e di attribuire carattere fiscalmente neutro alle operazioni intragruppo.

Tuttavia, un regime fiscale siffatto è giustificato alla luce dell’esigenza di tutelare la ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri. Infatti, poiché la società controllante può decidere a proprio piacimento di costituire un’entità fiscale con la propria controllata e, altrettanto liberamente, di sciogliere tale entità da un anno all’altro, la possibilità di includere nell’entità fiscale unica una controllata non residente finirebbe col lasciarle la libertà di scegliere il regime fiscale applicabile alle perdite di tale controllata ed il luogo di imputazione delle stesse. Potendo il perimetro dell’entità fiscale essere modificato in tale maniera, il fatto di consentire la possibilità di includervi una controllata non residente comporterebbe la conseguenza di permettere alla società controllante di scegliere liberamente lo Stato membro in cui dedurre le perdite di tale controllata.

Per quanto riguarda il carattere proporzionato di detto regime fiscale, la circostanza che uno Stato membro decida di consentire la temporanea imputazione delle perdite di una stabile organizzazione estera alla sede centrale dell’impresa non implica che tale possibilità debba essere concessa anche alle controllate non residenti di una società controllante residente. Le stabili organizzazioni situate in un altro Stato membro e le controllate non residenti non si trovano, infatti, in una situazione comparabile per quanto riguarda la ripartizione del potere impositivo, quale risultante da una convenzione come quella volta ad evitare la doppia imposizione, dal momento che la controllata, persona giuridica autonoma, è interamente soggetta ad imposizione nello Stato che ha aderito a siffatta convenzione ed in cui essa ha la propria sede, mentre la stabile organizzazione situata in un altro Stato membro rimane in via di principio e in parte soggetta alla competenza fiscale dello Stato membro di origine. Certamente, la libera scelta che l’art. 43, primo comma, seconda frase, CE lascia agli operatori economici nel determinare la forma giuridica più idonea per l’esercizio delle loro attività in un altro Stato membro non deve essere limitata da disposizioni tributarie discriminatorie. Lo Stato membro d’origine resta tuttavia libero di determinare i presupposti ed il livello di imposizione delle diverse forme di centri di attività delle società nazionali operanti all’estero, salvo accordare loro un trattamento che non sia discriminatorio rispetto ai centri di attività nazionali comparabili. Poiché le stabili organizzazioni situate in un altro Stato membro e le controllate non residenti non si trovano in una situazione comparabile per quanto riguarda la ripartizione del potere impositivo, lo Stato membro d’origine non è conseguentemente tenuto ad applicare alle controllate non residenti lo stesso regime fiscale applicato alle stabili organizzazioni estere. Pertanto, il regime fiscale di cui trattasi deve essere considerato proporzionato agli obiettivi che persegue.

(v. punti 19, 24, 31-33, 37-40, 42-43 e dispositivo)