SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
21 gennaio 2010 ( *1 )
«Libertà di stabilimento — Libera circolazione dei capitali — Fiscalità diretta — Normativa in materia di imposta sul reddito — Determinazione del reddito imponibile delle società — Società che si trovano in una situazione d’interdipendenza — Beneficio straordinario o senza contropartita che una società residente concede ad una società stabilita in un altro Stato membro — Aggiunta dell’importo del beneficio di cui trattasi agli utili propri della società residente che lo ha concesso — Ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri — Lotta contro l’elusione fiscale — Prevenzione delle pratiche abusive — Proporzionalità»
Nel procedimento C-311/08,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Tribunal de première instance de Mons (Belgio), con decisione 19 giugno 2007, pervenuta in cancelleria il , nella causa
Société de Gestion Industrielle SA (SGI)
contro
Stato belga,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, presidente della Seconda Sezione, facente funzione di presidente della Terza Sezione, dalla sig.ra P. Lindh, dai sigg. A. Rosas (relatore), U. Lõhmus e A. Ó Caoimh, giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 4 giugno 2009,
considerate le osservazioni presentate:
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per la Société de Gestion Industrielle SA (SGI), dagli avv.ti R. Forestini e J. F. Libert, avocats; |
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per il governo belga, dal sig. J.-C. Halleux, in qualità di agente; |
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per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e C. Blaschke, in qualità di agenti; |
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per il governo svedese, dalle sig.re A. Falk e S. Johannesson, in qualità di agenti; |
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per la Commissione europea, dai sigg. R. Lyal e J.-P. Keppenne, in qualità di agenti, |
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 settembre 2009,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
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La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 12 CE, 43 CE, 48 CE e 56 CE. |
2 |
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Société de Gestion Industrielle SA (SGI) (in prosieguo: la «SGI»), società di diritto belga, e lo Stato belga, in quanto l’amministrazione tributaria nazionale ha aggiunto agli utili propri di tale società l’importo dei benefici straordinari o senza contropartita che quest’ultima ha concesso a società ad essa collegate da vincoli d’interdipendenza e stabilite in altri Stati membri. |
Contesto normativo nazionale
3 |
L’art. 26 del codice delle imposte sui redditi, coordinato dal regio decreto 10 aprile 1992 e confermato con legge (supplemento al Moniteur belge del , pag. 17120), nella versione applicabile alla causa principale (in prosieguo: il «CIR 1992»), è formulato nel seguente modo: «Fatto salvo quanto stabilito dall’art. 54, qualora un’impresa con sede in Belgio conceda benefici straordinari o senza contropartita, questi sono sommati agli utili propri di detta impresa, a meno che i benefici siano considerati per determinare i redditi imponibili dei beneficiari. Ferma restando la limitazione prevista al primo comma, sono sommati agli utili propri i benefici straordinari o senza contropartita che l’impresa concede:
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Dalla decisione di rinvio emerge che, secondo la giurisprudenza nazionale, il beneficio concesso, per essere «straordinario» ai sensi dell’art. 26, secondo comma, n. 1, del CIR 1992, deve essere contrario al normale ordine delle cose, alle regole e agli usi commerciali invalsi, tenuto conto delle circostanze economiche del momento e della situazione economica delle parti. Deve essere considerato «senza contropartita» il beneficio che viene concesso senza obblighi o a titolo grazioso, senza ricompensa. |
5 |
L’art. 49 del CIR 1992 così dispone: «Sono deducibili a titolo di spese professionali le spese che il contribuente ha effettuato o sostenuto durante il periodo imponibile per acquisire o mantenere redditi imponibili, e di cui l’esistenza e l’importo vengono dimostrati dal contribuente attraverso documenti o, se ciò non fosse possibile, tramite ogni altro mezzo di prova ammesso dal diritto comune, escluso il giuramento. Sono considerate spese effettuate o sostenute durante il periodo imponibile quelle effettivamente corrisposte o sopportate durante questo periodo o che hanno acquisito la natura di debiti o di perdite comprovati e certi, e sono contabilizzate come tali». |
6 |
Ai sensi dell’art. 79 del CIR 1992: «Non può essere effettuata alcuna deduzione per perdite di esercizio sulla parte degli utili o dei profitti derivanti da benefici straordinari o senza contropartita che il contribuente ha tratto, direttamente o indirettamente, in qualsiasi forma o mediante qualsiasi mezzo, da un’impresa nei cui confronti sia collegato direttamente o indirettamente da vincoli d’interdipendenza». |
7 |
L’art. 207 del CIR 1992 esclude la possibilità di effettuare un certo numero di deduzioni sulla parte dell’utile derivante da benefici straordinari o senza contropartita. |
8 |
L’art. 227, secondo comma, del CIR 1992 definisce le società non residenti nel seguente modo: «Le società straniere (…) che non hanno la sede sociale, lo stabilimento principale o la sede della direzione o amministrazione in Belgio». |
Causa principale e questioni pregiudiziali
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La SGI è una società holding di diritto belga. Essa detiene una partecipazione del 65% nel capitale della società di diritto francese RECYDEM SA (in prosieguo: la «Recydem») ed è anche uno degli amministratori di quest’ultima. |
10 |
La SGI annovera tra i propri azionisti la società di diritto lussemburghese COBELPIN SA (in prosieguo: la «Cobelpin»). Nella propria risposta 7 aprile 2009 ad un quesito scritto della Corte del , la SGI ha precisato che la partecipazione di detta società nel suo capitale è pari al 34%. La Cobelpin è amministratore e amministratore delegato della SGI. |
11 |
Il sig. Leone è amministratore delegato della SGI nonché uno degli amministratori della Cobelpin e della Recydem. |
12 |
Il 31 dicembre 2000 la SGI ha prestato alla Recydem la somma di BEF 37836113 (EUR 937933) senza reclamare alcun interesse. Secondo l’amministrazione tributaria belga, in riferimento all’esercizio d’imposta 2001, era necessario aggiungere agli utili propri della SGI, in applicazione dell’art. 26, secondo comma, n. 1, del CIR 1992, una somma pari a BEF 1891806 (EUR 46897) a titolo di benefici straordinari o senza contropartita concessi da quest’ultima a detta controllata. Tale somma corrisponderebbe agli interessi fittizi calcolati ad un tasso annuo del 5%. |
13 |
A partire dal 1o luglio 2000 la SGI ha versato alla Cobelpin i compensi per l’ufficio di amministratore per un importo di LUF 350000 (EUR 8676) al mese. L’amministrazione tributaria belga, ritenendo non soddisfatte le condizioni previste dall’art. 49 del CIR 1992, ha rifiutato di dedurre tali compensi a titolo di spese professionali per gli esercizi d’imposta 2001 e 2002. Gli importi pagati sarebbero manifestamente sproporzionati e privi di nesso con l’utilità economica delle prestazioni di cui trattasi. Il rappresentante della Cobelpin nel consiglio di amministrazione della SGI farebbe parte di tale consiglio anche a titolo personale. |
14 |
Di conseguenza, alla SGI è stato notificato un avviso di accertamento in rettifica per gli esercizi d’imposta 2001 e 2002. Dato che i reclami presentati da quest’ultima il 28 gennaio e il avverso tali decisioni fiscali sono stati respinti con decisione amministrativa , detta società, il , ha proposto ricorso dinanzi al Tribunal de première instance de Mons (Tribunale di primo grado di Mons). |
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Il giudice del rinvio ritiene che l’amministrazione tributaria belga abbia correttamente applicato l’art. 26, secondo comma, n. 1, del CIR 1992, aggiungendo agli utili propri della SGI gli interessi fittizi del prestito concesso da quest’ultima alla Recydem. La concessione di detto prestito non sarebbe giustificata da alcun motivo economico. Mentre detta controllata, durante il periodo in oggetto, si sarebbe trovata in una situazione finanziaria sicura e avrebbe realizzato utili, la SGI sarebbe stata gravata pesantemente dagli elevati prestiti concessi. |
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Quanto ai compensi per l’ufficio di amministratore concessi dalla SGI alla Cobelpin, il giudice del rinvio ritiene che questi ultimi non siano deducibili a titolo di spese professionali, in forza dell’art. 49 del CIR 1992. Tali benefici dovrebbero essere aggiunti agli utili propri della SGI in applicazione dell’art. 26, secondo comma, n. 1, del CIR 1992. |
17 |
Detto giudice, tuttavia, s’interroga sulla conformità di quest’ultima disposizione al principio della libertà di stabilimento ai sensi degli artt. 43 CE e segg., nonché a quello della libera circolazione dei capitali sancito agli artt. 56 CE e segg.. Infatti, gli utili propri di una società residente sarebbero maggiorati dell’importo dei benefici straordinari o senza contropartita concessi da quest’ultima qualora la società beneficiaria sia collegata a questa prima società da un vincolo d’interdipendenza e sia stabilita in un altro Stato membro, mentre ciò non si verificherebbe quando siffatti benefici sono stati concessi ad un’altra società residente che si trovi in una situazione simile e qualora essi siano considerati per determinare i redditi imponibili di quest’ultima. |
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In tale contesto, il Tribunal de première instance de Mons ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
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Sulle questioni pregiudiziali
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Con le sue due questioni, poste in termini quasi identici, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 43 CE, in combinato disposto con l’art. 48 CE, e/o con l’art. 56 CE, debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa di uno Stato membro come quella di cui trattasi nella causa principale in forza della quale un beneficio «straordinario» o «senza contropartita» viene assoggettato ad imposizione in capo alla società residente qualora quest’ultima lo abbia concesso ad una società stabilita in un altro Stato membro, nei cui confronti tale prima società sia collegata, direttamente o indirettamente, da vincoli d’interdipendenza, quando invece una società residente non può essere assoggettata a imposizione su un beneficio siffatto qualora quest’ultimo sia stato concesso ad un’altra società residente, rispetto alla quale questa prima società sia collegata da tali vincoli. |
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Dalla decisione di rinvio emerge che la prima questione pregiudiziale, riguardante essenzialmente l’esercizio della libertà di stabilimento ai sensi degli artt. 43 CE e 48 CE, concerne, in sostanza, la concessione da parte della SGI di un prestito senza interessi alla propria controllata di diritto francese, la Recydem, e, in particolare, l’aggiunta da parte delle autorità tributarie belghe agli utili propri di questa prima società, al fine di determinare i redditi imponibili di quest’ultima, dell’importo degli interessi fittizi di tale prestito, in forza dell’art. 26, secondo comma, n. 1, del CIR 1992. |
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Da detta decisione emerge che la seconda questione pregiudiziale, riguardante, in sostanza, l’interpretazione dell’art. 56 CE che disciplina la libera circolazione dei capitali, si ricollega al versamento da parte della SGI al proprio azionista di diritto lussemburghese, la Cobelpin, dei compensi per l’ufficio di amministratore, considerati irragionevolmente elevati, e al trattamento fiscale di questi ultimi in capo alla prima società. Alla luce della stessa decisione sembra che l’amministrazione tributaria belga, basandosi sull’art. 49 del CIR 1992, abbia rifiutato di dedurre questi ultimi pagamenti a titolo di spese professionali. Gli elementi contenuti nel fascicolo non consentono di stabilire che quest’ultima abbia applicato, in tale contesto, l’art. 26, secondo comma, n. 1, di detto codice. |
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Tuttavia, anche supponendo che l’art. 49 del CIR 1992 possa essere pertinente ai fini della soluzione della controversia nella causa principale, resta cionondimeno il fatto che il giudice del rinvio si è limitato a chiedere alla Corte l’interpretazione delle libertà di cui trattasi con riferimento all’art. 26, secondo comma, n. 1, del CIR 1992. Al riguardo, è sufficiente rilevare che detto giudice, il quale deve assumersi la responsabilità della futura pronuncia giurisdizionale, è nella posizione migliore, alla luce delle peculiarità della causa di cui è investito, per definire il contesto giuridico nazionale pertinente e per delimitare la sua domanda di pronuncia pregiudiziale in funzione di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza 23 aprile 2009, cause riunite da C-378/07 a C-380/07, Angelidaki e a., Racc. pag. I-3071, punto 48, e la giurisprudenza ivi citata). |
Sulla libertà applicabile
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Si deve preliminarmente determinare se, ed in quale misura, una normativa nazionale quale quella controversa nella causa principale possa compromettere l’esercizio della libertà di stabilimento ai sensi degli artt. 43 CE e 48 CE e/o quello della libera circolazione dei capitali di cui agli artt. 56 CE e segg.. |
24 |
Tutti gli interessati che hanno presentato osservazioni alla Corte ritengono necessario esaminare la prima questione sottoposta alla luce della libertà di stabilimento. Quanto alle circostanze di fatto che sottendono la seconda questione pregiudiziale, la SGI, nonché i governi belga e tedesco, sostengono che si applicano le disposizioni disciplinanti la libera circolazione dei capitali. Gli altri interessati, per contro, affermano che tale questione va risolta nei medesimi termini della prima. La SGI richiama l’art. 12 CE nell’ambito di entrambe le questioni. |
25 |
Secondo costante giurisprudenza, per stabilire se una normativa nazionale ricada nell’una o nell’altra delle libertà di circolazione, occorre prendere in considerazione l’oggetto della normativa in discussione (v., in tal senso, sentenze 12 settembre 2006, causa C-196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, Racc. pag. I-7995, punti 31-33; , causa C-452/04, Fidium Finanz, Racc. pag. I-9521, punti 34 e 44-49, nonché , causa C-182/08, Glaxo Wellcome, Racc. pag. I-8591, punto 36). |
26 |
Secondo il governo belga, la normativa di cui trattasi nella causa principale si riferisce alla determinazione dell’utile lordo delle società residenti per l’imposizione dei loro redditi. Al fine d’impedire l’elusione fiscale, vengono reintegrati negli utili di queste ultime i redditi non realizzati a seguito della concessione dei benefici straordinari o senza contropartita a società non residenti collegate a queste ultime da un vincolo d’interdipendenza. Detto regime, in tali circostanze, consentirebbe alle autorità tributarie nazionali di assoggettare ad imposizione, in capo alla società residente, gli importi che, a seconda dei casi, equivalgono all’eccedenza pagata da quest’ultima rispetto al prezzo di piena concorrenza o al mancato guadagno subito da tale società. |
27 |
Il governo belga, nella sua risposta 24 aprile 2009 ad un quesito scritto della Corte del , ha precisato che la normativa di cui trattasi nella causa principale riguarda le situazioni in cui le società interessate sono mosse nei loro rapporti da condizioni diverse da quelle esistenti tra imprese indipendenti. Un «vincolo d’interdipendenza» ai sensi di tale normativa esisterebbe, in particolare, qualora una delle società interessate detenga nel capitale dell’altra una partecipazione tale da consentirle di esercitare una sicura influenza sulle decisioni di quest’ultima e di indirizzarne le attività ai sensi della giurisprudenza derivante dalla sentenza , causa C-251/98, Baars (Racc. pag. I-2787, punto 22). |
28 |
Orbene, la Corte ha più volte dichiarato che le normative nazionali applicabili in circostanze siffatte rientrano nell’ambito di applicazione materiale delle disposizioni del Trattato CE relative alla libertà di stabilimento (v., in particolare, citate sentenze Baars, punti 21 e 22; Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, punto 31, nonché Glaxo Wellcome, punto 47). |
29 |
Tuttavia, secondo il governo belga, la normativa di cui trattasi nella causa principale non è diretta ad applicarsi alle sole situazioni rientranti nell’ambito di applicazione della citata giurisprudenza Baars. L’esistenza di un vincolo d’interdipendenza tra le società interessate non dipenderebbe infatti dall’entità della partecipazione di una di queste nel capitale dell’altra. Tale governo, nella sua risposta di cui al punto 27 della presente sentenza, ha precisato che detta normativa riguarda tutti i vincoli che, considerati i fatti e le circostanze, stabiliscono un’interdipendenza di qualsiasi genere, diretta o indiretta, tra società interessate. Potrebbe trattarsi di una partecipazione nel capitale dell’altra società interessata che non è caratterizzata dall’esercizio di una «sicura influenza» ai sensi di detta giurisprudenza, ma anche, per esempio, di una dipendenza relativa alle materie prime o di una dipendenza in materia di cooperazione tecnica e di garanzie. |
30 |
Alla luce di queste indicazioni si deve considerare che la normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale può altresì pregiudicare, in linea di principio, l’esercizio di altre libertà di circolazione e, in particolare, quello della libera circolazione dei capitali ai sensi dell’art. 56 CE. |
31 |
Per quanto riguarda l’applicabilità dell’art. 12 CE, il quale enuncia il principio generale del divieto di discriminazioni fondate sulla nazionalità, va rilevato che tale disposizione tende ad applicarsi autonomamente solo nelle situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione per le quali il Trattato non stabilisca regole specifiche di non discriminazione (v., in particolare, sentenze 8 marzo 2001, cause riunite C-397/98 e C-410/98, Metallgesellschaft e a., Racc. pag. I-1727, punti 38 e 39; , causa C-443/06, Hollmann, Racc. pag. I-8491, punti 28 e 29, nonché , causa C-105/07, Lammers & Van Cleeff, Racc. pag. I-173, punto 14). |
32 |
Orbene, gli artt. 43 CE e 56 CE prevedono tali regole specifiche di non discriminazione negli ambiti della libertà di stabilimento e della libera circolazione dei capitali. |
33 |
Quanto alle disposizioni del Trattato applicabili in circostanze come quelle di cui trattasi nella causa principale, si deve rilevare che l’esistenza di un «vincolo d’interdipendenza», ai sensi della normativa considerata, tra la SGI e la Recydem, da un lato, e la SGI e la Cobelpin, dall’altro, non è contestata dinanzi al giudice del rinvio. |
34 |
Per quanto riguarda la natura di tali vincoli, emerge dalla decisione di rinvio che la SGI detiene una partecipazione del 65% nel capitale della Recydem. In base alla risposta di cui al punto 10 della presente sentenza, la partecipazione della Cobelpin nel capitale della SGI è del 34%. La Corte non dispone di elementi che consentono di stabilire se esistano altri vincoli di partecipazione tra tali società. |
35 |
Siffatte partecipazioni, in linea di principio, sono atte a conferire rispettivamente alla SGI una «sicura influenza» ai sensi della giurisprudenza Baars, richiamata ai punti 27 e 28 della presente sentenza, sulle decisioni e sulle attività della Recydem e alla Cobelpin una siffatta influenza sulle decisioni e sulle attività della SGI. Inoltre, in base alla decisione di rinvio, tra tali società esistono vincoli a livello della loro amministrazione. |
36 |
Di conseguenza, dato che la causa principale riguarda esclusivamente l’impatto della normativa considerata sul trattamento fiscale di una società collegata alle altre società interessate da un vincolo d’interdipendenza, caratterizzato dall’esercizio di una «sicura influenza» ai sensi di detta giurisprudenza Baars, si applicano gli artt. 43 CE e 48 CE relativi alla libertà di stabilimento. |
37 |
Pertanto, occorre risolvere le questioni sottoposte solo alla luce degli artt. 43 CE e 48 CE. Queste ultime vanno esaminate congiuntamente. |
Sull’esistenza di una restrizione alla libertà di stabilimento
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La libertà di stabilimento, che l’art. 43 CE attribuisce ai cittadini comunitari, implica per essi l’accesso alle attività non subordinate ed il loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese, alle stesse condizioni previste dalle leggi dello Stato membro di stabilimento per i propri cittadini. Essa comprende, per le società costituite a norma delle leggi di uno Stato membro e che abbiano la sede sociale, l’amministrazione centrale o la sede principale all’interno della Comunità europea, il diritto di svolgere la loro attività nello Stato membro di cui trattasi mediante una controllata, una succursale o un’agenzia (v., in particolare, sentenze 23 febbraio 2006, causa C-471/04, Keller Holding, Racc. pag. I-2107, punto 29, e Glaxo Wellcome, cit., punto 45). |
39 |
Anche se, in base al loro tenore letterale, le disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento intendono assicurare il beneficio del trattamento nazionale nello Stato membro ospitante, esse ostano parimenti a che lo Stato membro d’origine ostacoli lo stabilimento in un altro Stato membro di uno dei suoi cittadini o di una società costituita conformemente alla propria legislazione (v., in particolare, sentenze 16 luglio 1998, causa C-264/96, ICI, Racc. pag. I-4695, punto 21; , causa C-446/03, Marks & Spencer, Racc. pag. I-10837, punto 31; , causa C-298/05, Columbus Container Services, Racc. pag. I-10451, punto 33, nonché , causa C-418/07, Papillon, Racc. pag. I-8947, punto 16). |
40 |
Per quanto riguarda le società, occorre rilevare che la loro «sede» ai sensi dell’art. 48 CE serve per determinare, come la cittadinanza delle persone fisiche, il loro collegamento all’ordinamento giuridico di uno Stato membro. Ammettere che lo Stato membro di stabilimento possa liberamente riservare un trattamento diverso per il solo fatto che la sede di una società si trova in un altro Stato membro svuoterebbe di contenuto l’art. 43 CE (v., in tal senso, sentenze 28 gennaio 1986, causa 270/83, Commissione/Francia, Racc. pag. 273, punto 18; , causa C-330/91, Commerzbank, Racc. pag. I-4017, punto 13, e , causa C-303/07, Aberdeen Property Fininvest Alpha, Racc. pag. I-5145, punto 38). |
41 |
La SGI, il governo svedese e la Commissione ritengono che la normativa di cui trattasi nella causa principale costituisca una restrizione ai sensi del diritto dell’Unione. I governi belga e tedesco sostengono la tesi opposta. Tenuto conto del contesto generale, detta normativa non sarebbe idonea a sfavorire le società residenti che concedono benefici straordinari o senza contropartita a società collegate a queste ultime da un vincolo d’interdipendenza e stabilite in altri Stati membri rispetto alle società residenti che attribuiscono siffatti benefici ad altre società residenti che si trovano in una situazione del genere. Di conseguenza, detto regime non darebbe luogo ad una restrizione. |
42 |
Nella fattispecie è pacifico che, in forza della normativa di cui trattasi nella causa principale, i benefici straordinari o senza contropartita concessi da una società residente ad una società collegata a quest’ultima da un vincolo d’interdipendenza vengono aggiunti agli utili propri di questa prima società solo se la società beneficiaria è stabilita in un altro Stato membro. Invece, una società residente non è assoggettata a imposizione su un beneficio siffatto qualora quest’ultimo venga concesso ad un’altra società residente rispetto alla quale esiste un tale vincolo, purché detto beneficio sia considerato per determinare i redditi imponibili di quest’ultima. |
43 |
Ne consegue che la situazione fiscale di una società residente in Belgio che concede, come la SGI, benefici straordinari o senza contropartita a società collegate a quest’ultima da un vincolo d’interdipendenza e stabilite in altri Stati membri, è meno favorevole di quella di cui godrebbe tale società se essa concedesse benefici siffatti a società residenti ad essa collegate. |
44 |
Una siffatta disparità di trattamento fiscale tra le società residenti in funzione del luogo della sede delle società che beneficiano dei vantaggi in oggetto può costituire una restrizione alla libertà di stabilimento ai sensi dell’art. 43 CE. Una società residente, infatti, potrebbe essere indotta a rinunciare all’acquisizione, alla creazione o al mantenimento di una controllata in un altro Stato membro ovvero all’acquisizione o al mantenimento di una partecipazione sostanziale in una società stabilita in quest’ultimo Stato a causa dell’onere fiscale che, in una situazione transfrontaliera, grava sulla concessione dei benefici previsti dalla normativa di cui trattasi nella causa principale. |
45 |
Inoltre, detta normativa può produrre un effetto restrittivo nei riguardi delle società stabilite in altri Stati membri. Una siffatta società, infatti, potrebbe essere indotta a rinunciare all’acquisizione, alla creazione o al mantenimento di una controllata in Belgio ovvero all’acquisizione o al mantenimento di una partecipazione sostanziale in una società stabilita in quest’ultimo Stato a causa dell’onere fiscale che, in tale Stato, grava sulla concessione dei benefici considerati da tale normativa. |
46 |
Questa conclusione non può essere inficiata dagli argomenti presentati dai governi belga e tedesco. |
47 |
Il governo belga sostiene che lo svantaggio fiscale risultante dall’applicazione di detta normativa non consiste nella reintegrazione negli utili propri della società residente da parte delle autorità tributarie belghe del beneficio straordinario o senza contropartita concesso da quest’ultima, ma, piuttosto, nel rischio che si verifichi una doppia imposizione nel caso in cui lo Stato membro di stabilimento della società beneficiaria non effettui un adeguamento fiscale correlativo. Tale rischio sarebbe fortemente ridotto dalla possibilità di applicare la convenzione 23 luglio 1990, 90/436/CEE, relativa all’eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate (GU L 225, pag. 10; in prosieguo: la «convenzione arbitrale»). |
48 |
Inoltre, tale governo sottolinea che gli artt. 79 e 207 del CIR 1992, nelle situazioni nazionali, limitano un certo numero di deduzioni fiscali a favore delle società residenti che hanno tratto profitti derivanti da benefici straordinari o senza contropartita. Di conseguenza, la disparità di trattamento fiscale delle società residenti in funzione del luogo in cui si trova la sede delle società beneficiarie sarebbe meno rilevante di quanto sembri. |
49 |
Secondo il governo tedesco, le autorità tributarie belghe non procedono ad alcuna ulteriore imposizione in una situazione transfrontaliera. Esse, non essendo competenti ad assoggettare ad imposta i redditi di una società beneficiaria stabilita in un altro Stato membro, assoggetterebbero ad imposta il beneficio straordinario o senza contropartita in capo alla società residente che lo ha concesso. Tale governo sottolinea che, nelle situazioni nazionali, lo stesso tipo di beneficio non è soggetto ad imposta a carico della società residente che lo ha concesso bensì a carico della società residente beneficiaria. Pertanto, sarebbe dubbio l’effetto restrittivo della normativa di cui trattasi nella causa principale. |
50 |
Anzitutto, occorre rilevare che, perché una normativa possa essere considerata come restrittiva della libertà di stabilimento, è sufficiente che essa sia tale da restringere l’esercizio di questa libertà in uno Stato membro da parte di società aventi sede in un altro Stato membro, senza che occorra dimostrare che la normativa di cui trattasi ha concretamente avuto l’effetto di indurre alcune di dette società a rinunciare all’acquisizione, alla creazione o al mantenimento di una consociata nel primo Stato membro (v. sentenze 13 marzo 2007, causa C-524/04, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, Racc. pag. I-2107, punto 62, e , causa C-231/05, Oy AA, Racc. pag. I-6373, punto 42). |
51 |
Quanto agli argomenti riguardanti il trattamento fiscale dei redditi della società residente beneficiaria, in una situazione nazionale, come fa notare l’avvocato generale al paragrafo 45 delle sue conclusioni, i governi di cui trattasi si basano su una considerazione complessiva del gruppo di società e partono dal presupposto che non è rilevante sapere a quale società all’interno del gruppo vengono imputati determinati redditi. |
52 |
Al riguardo va sottolineato che la società residente che concede un beneficio straordinario o senza contropartita e la società che ne beneficia sono persone giuridiche distinte, in quanto ciascuna è soggetta ad un’imposizione propria. In ogni caso, l’onere fiscale che grava sulla società beneficiaria, in una situazione nazionale, non può essere assimilato all’imposizione, in una situazione transfrontaliera, del beneficio di cui trattasi a carico della società che lo ha concesso. |
53 |
Anche supponendo che, in una situazione nazionale e in una fattispecie in cui le società interessate siano vincolate direttamente o indirettamente al 100% l’una all’altra, la ripartizione dell’onere fiscale tra queste ultime possa, a determinate condizioni, essere irrilevante dal punto di vista fiscale, occorre sottolineare che, in ogni caso, in una situazione transfrontaliera, sussiste il rischio di una doppia imposizione. Infatti, come giustamente rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 46 e 47 delle sue conclusioni, in una siffatta situazione i benefici straordinari o senza contropartita concessi da una società residente e reintegrati negli utili propri di quest’ultima possono essere assoggettati ad imposta nello Stato membro in cui è stabilita la società beneficiaria a carico di quest’ultima. |
54 |
Riguardo alla possibilità di applicare la convenzione arbitrale occorre rilevare, al pari dell’avvocato generale al paragrafo 48 delle sue conclusioni, che l’avvio di una procedura di composizione amichevole della controversia tra le amministrazioni tributarie interessate, di cui all’art. 6 della sezione 3 di tale convenzione, comporta oneri amministrativi ed economici supplementari per la società che sottopone il proprio caso a detta procedura. Peraltro, tale procedura, ed eventualmente una procedura arbitrale che la seguisse, si può protrarre per parecchi anni. Orbene, durante questo periodo, detta società deve sopportare l’onere della doppia imposizione. Inoltre risulta che, in particolare alla luce degli elementi ripresi al punto 29 della presente sentenza, la normativa di cui trattasi nella causa principale si applica in determinate situazioni che non rientrano nell’ambito di applicazione di detta convenzione. |
55 |
Ne consegue che una normativa di uno Stato membro quale quella in oggetto della causa principale costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento ai sensi dell’art. 43 CE, in combinato disposto con l’art. 48 CE. |
Su una giustificazione della normativa di cui trattasi nella causa principale
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Secondo costante giurisprudenza, una misura idonea a ostacolare la libertà di stabilimento sancita dall’art. 43 CE può essere ammessa solo se persegue uno scopo legittimo compatibile con il Trattato ed è giustificata da ragioni imperative di interesse generale. Anche in tale ipotesi, la sua applicazione dev’essere idonea a garantire il conseguimento dello scopo in tal modo perseguito e non deve eccedere quanto necessario per raggiungerlo (v., in particolare, sentenze 15 maggio 1997, causa C-250/95, Futura Participations e Singer, Racc. pag. I-2471, punto 26; , causa C-9/02, de Lasteyrie du Saillant, Racc. pag. I-2409, punto 49; Marks & Spencer, cit., punto 35, nonché Lammers & Van Cleeff, cit., punto 25). |
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Il governo svedese e la Commissione ritengono che la normativa di cui trattasi nella causa principale sia giustificata dalla necessità di garantire una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, dal timore dell’elusione fiscale e dalla lotta contro le pratiche abusive, considerati congiuntamente. La Commissione, tuttavia, sottolinea la necessità di rispettare il principio di proporzionalità. I governi belga e tedesco invocano, in subordine, gli stessi elementi giustificativi. |
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Il governo belga afferma che la normativa di cui trattasi nella causa principale, nel consentire di rettificare a fini fiscali situazioni in cui le società interessate sono mosse nei loro rapporti da condizioni non corrispondenti a quanto esse avrebbero applicato in un regime di piena concorrenza, è volta a combattere l’elusione fiscale. Tale governo, nel corso dell’udienza, ha precisato che il regime in esame ricalca l’art. 9 del modello di convenzione fiscale relativo ai redditi e al patrimonio elaborato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e l’art. 4 della convenzione arbitrale, i quali prevedono rettifiche di utili siffatti qualora le operazioni tra imprese collegate non corrispondano al criterio di piena concorrenza. |
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Secondo tale governo, la nozione di «beneficio» ai sensi della normativa in oggetto nella causa principale presuppone l’arricchimento del beneficiario e, per quanto riguarda la persona che concede questo vantaggio, la mancanza di un’effettiva contropartita, equivalente a tale beneficio. La condizione relativa al carattere «straordinario» di quest’ultimo riguarderebbe ciò che è contrario al normale ordine delle cose, alle regole e all’uso abituale o a ciò che è consueto in casi simili. Quanto al criterio della «[mancanza di] contropartita», esso presupporrebbe che il beneficio sia concesso senza che esso costituisca l’esecuzione di un obbligo o senza alcuna controprestazione. |
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In primo luogo, riguardo alla ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, si deve ricordare che una siffatta giustificazione può essere ammessa qualora, in particolare, il regime di cui trattasi sia inteso a prevenire comportamenti tali da violare il diritto di uno Stato membro di esercitare la propria competenza fiscale in relazione alle attività svolte sul suo territorio (v., in particolare, sentenze Marks & Spencer, cit., punto 46; 29 marzo 2007, causa C-347/04, Rewe Zentralfinanz, Racc. pag. I-2647, punto 42; Oy AA, cit., punto 54, nonché Aberdeen Property Fininvest Alpha, cit., punto 66). |
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La Corte ha riconosciuto che la tutela della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri può rendere necessaria l’applicazione alle attività economiche delle società stabilite in uno dei detti Stati delle sole norme tributarie di quest’ultimo, sia per i profitti sia per le perdite (v., in particolare, sentenze Oy AA, cit., punto 54, e 15 maggio 2008, causa C-414/06, Lidl Belgium, Racc. pag. I-3601, punto 31). |
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Infatti, concedere alle società la possibilità di optare per la deduzione delle loro perdite o dei loro benefici nello Stato membro in cui sono stabilite o in un altro Stato membro potrebbe compromettere sensibilmente un’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, dato che la base imponibile risulterebbe aumentata in uno degli Stati interessati e ridotta nell’altro, considerate le perdite o i benefici trasferiti (v., in tal senso, citate sentenze Marks & Spencer, punto 46; Oy AA, punto 55, nonché Lidl Belgium, punto 32). |
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Nella fattispecie, è giocoforza constatare che il fatto di consentire alle società residenti di trasferire i loro utili sotto forma di benefici straordinari o senza contropartita a società collegate a queste ultime da un vincolo d’interdipendenza e stabilite in altri Stati membri rischierebbe di compromettere una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri. Ciò potrebbe pregiudicare il sistema stesso della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, poiché, a seconda della scelta operata dalle società collegate da vincoli d’interdipendenza, lo Stato membro della società che concede benefici straordinari o senza contropartita sarebbe costretto a rinunciare al suo diritto di assoggettare ad imposta, in quanto Stato di residenza di tale società, i redditi di quest’ultima, a vantaggio, eventualmente, dello Stato membro in cui ha sede la società beneficiaria (v., in tal senso, citata sentenza Oy AA, punto 56). |
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La normativa di cui trattasi nella causa principale, prevedendo l’imposizione fiscale di un beneficio straordinario o senza contropartita in capo alla società residente che lo ha concesso ad una società stabilita in un altro Stato membro, consente allo Stato belga di esercitare la propria competenza fiscale in relazione alle attività svolte sul suo territorio. |
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In secondo luogo, riguardo alla prevenzione dell’elusione fiscale, occorre ricordare che una misura nazionale che restringe la libertà di stabilimento è giustificabile se concerne specificamente le costruzioni di puro artificio finalizzate a eludere l’applicazione della normativa dello Stato membro interessato (v., in tal senso, citate sentenze ICI, punto 26; Marks & Spencer, punto 57; Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, punto 51, nonché Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, punto 72). |
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In tale contesto, una legislazione nazionale che non è specificamente diretta ad escludere dal vantaggio fiscale che essa prevede siffatte costruzioni di puro artificio, prive di effettività economica e create allo scopo di eludere l’imposta normalmente dovuta sugli utili generati da attività svolte nel territorio nazionale, può tuttavia considerarsi giustificata dall’obiettivo di prevenire l’elusione fiscale considerato congiuntamente a quello della tutela della ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri (v., in tal senso, citata sentenza Oy AA, punto 63). |
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Per quanto riguarda la pertinenza di tale elemento giustificativo in relazione a circostanze come quelle di cui alla causa principale, si deve rilevare che il fatto di consentire alle società residenti di concedere benefici straordinari o senza contropartita a società collegate a queste ultime da un vincolo d’interdipendenza e stabilite in altri Stati membri, senza prevedere alcuna misura fiscale correttrice, implica il rischio che, tramite costruzioni di puro artificio, vengano organizzati trasferimenti di redditi in seno a società collegate in direzione di quelle stabilite negli Stati membri che applicano le aliquote di tassazione più basse o negli Stati membri in cui tali redditi non sarebbero affatto tassati (v., in tal senso, citata sentenza Oy AA, punto 58). |
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La normativa di cui trattasi nella causa principale, prevedendo l’imposizione su un beneficio straordinario o senza contropartita in capo alla società residente che lo ha concesso ad una società stabilita in un altro Stato membro, è idonea a prevenire siffatte pratiche, che possono essere suggerite dalla constatazione di scarti sensibili tra le basi imponibili o le aliquote d’imposta applicate nei diversi Stati membri, le quali non avrebbero uno scopo diverso da quello di eludere l’imposta normalmente dovuta nello Stato membro in cui ha sede la società che ha concesso detto vantaggio (v., in tal senso, citata sentenza Oy AA, punto 59). |
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Alla luce di questi due elementi, congiuntamente considerati, relativi alla necessità di tutelare la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri e a quella di prevenire l’elusione fiscale, va constatato che una normativa come quella di cui trattasi nella causa principale persegue obiettivi legittimi compatibili con il Trattato e riconducibili a ragioni imperative di interesse generale ed è idonea a garantire la realizzazione di tali obiettivi. |
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Ciò premesso, resta da verificare se una normativa come quella in oggetto nella causa principale non ecceda quanto necessario per raggiungere gli obiettivi perseguiti, congiuntamente considerati. |
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Si deve rilevare che una normativa nazionale che si fondi su un esame di elementi oggettivi e verificabili per stabilire se una transazione consista in una costruzione di puro artificio a soli fini fiscali va considerata come non eccedente quanto necessario per raggiungere gli obiettivi relativi alla necessità di salvaguardare la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri e a quella di prevenire l’elusione fiscale quando, in primo luogo, in tutti i casi in cui esiste il sospetto che una transazione ecceda ciò che le società interessate avrebbero convenuto in un regime di piena concorrenza, il contribuente sia messo in grado, senza eccessivi oneri amministrativi, di produrre elementi relativi alle eventuali ragioni commerciali per le quali tale transazione sia stata conclusa (v., in tal senso, citata sentenza Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, punto 82, e ordinanza 23 aprile 2008, causa C-201/05, Test Claimants in the CFC and Dividend Group Litigation, Racc. pag. I-2875, punto 84). |
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In secondo luogo, qualora la verifica di siffatti elementi porti alla conclusione che la transazione di cui trattasi eccede quanto le società interessate avrebbero convenuto in un regime di piena concorrenza, la misura fiscale correttrice deve limitarsi alla frazione che supera ciò che sarebbe stato convenuto in mancanza di una situazione d’interdipendenza tra queste ultime. |
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Secondo il governo belga, l’onere della prova dell’esistenza di un beneficio «straordinario» o «senza contropartita», ai sensi della normativa di cui trattasi nella causa principale, incombe all’amministrazione tributaria nazionale. Qualora quest’ultima applichi detta normativa, il contribuente sarebbe messo in condizione di produrre elementi relativi alle eventuali ragioni commerciali per le quali tale transazione è stata conclusa. Egli disporrebbe di un termine di un mese, prorogabile, per dimostrare che non si tratta di un beneficio straordinario o senza contropartita, tenuto conto delle circostanze nelle quali è avvenuta tale transazione. Anche se, nonostante tutto, detta amministrazione persistesse nella sua intenzione di effettuare l’accertamento in rettifica e non accettasse gli argomenti del contribuente, quest’ultimo potrebbe contestare tale imposizione fiscale dinanzi ai giudici nazionali. |
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Detto governo aggiunge che, in caso di applicazione della normativa di cui trattasi nella causa principale, solo la parte straordinaria o senza contropartita del beneficio considerato è reintegrata negli utili propri della società residente che lo ha concesso. |
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Ciò considerato, fatti salvi gli accertamenti da effettuarsi da parte del giudice del rinvio su questi due ultimi punti riguardanti l’interpretazione e l’applicazione del diritto belga, si deve concludere che, alla luce di quanto precede, una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale è proporzionata rispetto all’insieme degli obiettivi perseguiti da quest’ultima. |
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Pertanto, occorre risolvere le questioni sottoposte dichiarando che l’art. 43 CE, in combinato disposto con l’art. 48 CE, deve essere interpretato nel senso che esso non osta, in linea di principio, ad una normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nella causa principale, in forza della quale un beneficio straordinario o senza contropartita viene assoggettato ad imposizione in capo alla società residente qualora quest’ultimo sia stato concesso ad una società stabilita in un altro Stato membro, nei confronti della quale tale prima società sia collegata, direttamente o indirettamente, da vincoli d’interdipendenza, quando invece una società residente non può essere assoggettata a imposizione su un beneficio siffatto qualora quest’ultimo sia stato concesso ad un’altra società residente, rispetto alla quale questa prima società sia collegata da tali vincoli. Spetta, tuttavia, al giudice del rinvio verificare che la normativa di cui trattasi nella causa principale non ecceda quanto necessario per conseguire i suoi obiettivi, congiuntamente considerati. |
Sulle spese
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Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: |
L’art. 43 CE, in combinato disposto con l’art. 48 CE, deve essere interpretato nel senso che esso non osta, in linea di principio, ad una normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nella causa principale, in forza della quale un beneficio straordinario o senza contropartita viene assoggettato ad imposizione in capo alla società residente qualora quest’ultimo sia stato concesso ad una società stabilita in un altro Stato membro, nei confronti della quale tale prima società sia collegata, direttamente o indirettamente, da vincoli d’interdipendenza, quando invece una società residente non può essere assoggettata a imposizione su un beneficio siffatto qualora quest’ultimo sia stato concesso ad un’altra società residente, rispetto alla quale questa prima società sia collegata da tali vincoli. Spetta, tuttavia, al giudice del rinvio verificare che la normativa di cui trattasi nella causa principale non ecceda quanto necessario per conseguire i suoi obiettivi, congiuntamente considerati. |
Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il francese.