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Massima

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1. Impugnazione — Motivi — Mera ripetizione dei motivi ed argomenti dedotti dinanzi al Tribunale — Irricevibilità — Contestazione dell’interpretazione o dell’applicazione del diritto comunitario effettuata dal Tribunale — Ricevibilità

[Art. 225 CE; Statuto della Corte di giustizia, art. 58, primo comma; regolamento di procedura della Corte, art. 112, n. 1, lett. c)]

2. Impugnazione — Motivi — Motivo dedotto per la prima volta in sede di impugnazione — Irricevibilità

(Regolamento di procedura della Corte, art. 113, n. 2)

3. Ricorso per inadempimento — Diritto di azione della Commissione — Esercizio discrezionale

(Artt. 81 CE, 82 CE e 226 CE)

4. Concorrenza — Posizione dominante — Abuso — Compressione del margine tra prezzo e costo — Servizi di accesso alla rete di telecomunicazione forniti dall’operatore proprietario dell’unica struttura disponibile — Decisione della Commissione che constata l'esistenza di un abuso, malgrado l'approvazione delle tariffe da parte dell'autorità di regolamentazione nazionale — Imputabilità dell’infrazione

(Artt. 81 CE e 82 CE)

5. Impugnazione — Motivi — Motivazione insufficiente — Ricevibilità

(Statuto della Corte di giustizia, art. 58, primo comma)

6. Concorrenza — Norme comunitarie — Infrazioni — Azione dolosa o colposa — Nozione — Compressione del margine tra prezzo e costo causata dalle tariffe praticate da un'impresa in posizione di monopolio sul mercato dei servizi per l'accesso all'anello locale e in posizione di quasi monopolio sul mercato dei servizi al dettaglio

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2, primo comma)

7. Atti delle istituzioni — Obbligo di motivazione — Oggetto — Portata

(Art. 253 CE)

8. Concorrenza — Posizione dominante — Abuso — Compressione del margine tra prezzo e costo — Servizi di accesso alla rete di telecomunicazione forniti dall’operatore proprietario dell’unica struttura disponibile — Margine negativo o insufficiente tra le tariffe per i concorrenti e le tariffe al dettaglio

(Art. 82 CE)

9. Concorrenza — Posizione dominante — Abuso — Compressione del margine tra prezzo e costo — Nozione

(Art. 82 CE)

10. Concorrenza — Posizione dominante — Abuso — Compressione del margine tra prezzo e costo — Servizi di accesso alla rete di telecomunicazione forniti dall’operatore proprietario dell’unica struttura disponibile — Calcolo della compressione dei margini per i concorrenti

(Art. 82 CE)

11. Concorrenza — Posizione dominante — Abuso — Compressione del margine tra prezzo e costo — Pari opportunità — Insussistenza — Rilevanza dei profitti derivanti dagli altri servizi di telecomunicazione — Esclusione

(Art. 82 CE)

12. Concorrenza — Posizione dominante — Abuso — Nozione — Comportementi aventi effetto restrittivo sulla concorrenza

(Art. 82 CE)

13. Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Infrazione grave — Compressione del margine tra prezzo e costo causata dalle tariffe praticate da un'impresa in posizione di monopolio — Circostanze attenuanti

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1, parte A, secondo comma)

14. Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Poteri della Commissione — Modifica della prassi precedente — Violazione del divieto di discriminazione — Insussistenza

(Regolamento del Consiglio n. 17)

Massima

1. Dagli artt. 225 CE, 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia e 112, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura della Corte risulta che un'impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui si chiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda. Non è conforme a tali precetti il ricorso che, senza neppure contenere un argomento specificamente diretto ad individuare l’errore di diritto che vizierebbe la sentenza impugnata, si limiti a riprodurre i motivi e gli argomenti già presentati dinanzi al Tribunale. Infatti, un ricorso di tal genere costituisce, in realtà, una domanda diretta ad ottenere un semplice riesame dell’atto introduttivo presentato dinanzi al Tribunale, il che esula dalla competenza della Corte.

Tuttavia, una volta che un ricorrente contesta l’interpretazione o l’applicazione del diritto dell’Unione effettuata dal Tribunale, i punti di diritto esaminati in primo grado possono essere di nuovo discussi nel corso di un’impugnazione. Infatti, se un ricorrente non potesse basare l’impugnazione su motivi e argomenti già utilizzati dinanzi al Tribunale, il procedimento d’impugnazione sarebbe privato di una parte di significato.

(v. punti 24, 25)

2. L’impugnazione non può modificare l’oggetto del giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale. La competenza della Corte, nell’ambito dell’impugnazione, è infatti limitata alla valutazione della soluzione giuridica che è stata fornita a fronte dei motivi discussi dinanzi al giudice di primo grado. Una parte non può dunque sollevare per la prima volta dinanzi alla Corte un motivo da essa non dedotto dinanzi al Tribunale, in quanto questo equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte, la cui competenza in materia di impugnazione è limitata, una controversia più ampia di quella di cui è stato investito il Tribunale.

(v. punti 34, 42, 49)

3. Spetta a ciascuno Stato membro adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l’adempimento da parte delle autorità di regolamentazione nazionali degli obblighi imposti dal diritto dell’Unione. Gli artt. 81 CE e 82 CE, letti in combinato disposto con l’art. 10 CE, obbligano gli Stati membri ad astenersi dall’emanare o dal mettere in vigore provvedimenti, anche di natura legislativa o regolamentare, che possano rendere praticamente inefficaci le norme in materia di concorrenza applicabili alle imprese.

Tuttavia, per quanto attiene alla possibilità per la Commissione di proporre un ricorso per inadempimento nei confronti di uno Stato membro, dato che la sentenza oggetto di impugnazione verte unicamente sulla legittimità di una decisione adottata dalla Commissione ex art. 82 CE nei confronti di una società ricorrente, la Corte deve limitarsi, nell’ambito dell'impugnazione, a verificare se i mezzi dedotti a sostegno di quest’ultima siano tali da rivelare che l’esame della legittimità di detta decisione, condotto dal Tribunale, sia viziato da errori di diritto, e ciò a prescindere dal verificare se la Commissione potesse, parallelamente o alternativamente, emanare una decisione nei confronti dello Stato membro interessato per violazione del diritto dell’Unione.

Di conseguenza, anche se non si può escludere che le autorità di regolamentazione nazionali abbiano violato il diritto dell’Unione e pur se la Commissione avesse potuto optare per l’avvio di un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE nei confronti dello Stato membro, tali circostanze restano irrilevanti nell’ambito della presente impugnazione. Nel sistema istituito dall’art. 226 CE, la proposizione del ricorso per inadempimento rientra nel potere discrezionale della Commissione, il cui esercizio non può essere oggetto di valutazione di opportunità da parte dei giudici dell’Unione.

(v. punti 45-47)

4. È solo qualora un comportamento anticoncorrenziale venga imposto alle imprese da una normativa nazionale, o quest’ultima crei un contesto giuridico che di per sé elimini ogni possibilità di comportamento concorrenziale da parte loro, che gli artt. 81 CE e 82 CE non trovano applicazione. In una situazione del genere, infatti, la restrizione alla concorrenza non trae origine, come queste norme implicano, in comportamenti autonomi delle imprese.

Gli artt. 81 CE e 82 CE possono applicarsi, invece, nel caso in cui la normativa nazionale lasci sussistere la possibilità di una concorrenza che possa essere ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese. La possibilità di escludere un determinato comportamento anticoncorrenziale dalla sfera di applicazione degli artt. 81 CE e 82 CE, per il fatto che esso sia stato imposto alle imprese in questione dalla normativa nazionale esistente ovvero per il fatto che quest’ultima abbia eliminato ogni possibilità di comportamento concorrenziale da parte loro, è stata ammessa solo in maniera restrittiva dalla Corte. Qualora una legge nazionale si limiti a sollecitare o a facilitare l’adozione di comportamenti anticoncorrenziali autonomi da parte delle imprese, queste rimangono soggette agli artt. 81 CE e 82 CE. Le imprese dominanti sono infatti tenute in modo particolare a non compromettere, con i loro comportamenti, lo svolgimento di una concorrenza effettiva e leale nel mercato comune.

A tal riguardo, la sola circostanza che un'impresa dominante nel settore delle telecomunicazioni sia stata sollecitata, per effetto degli interventi di un’autorità di regolamentazione nazionale quale l'autorità per la regolamentazione delle telecomunicazioni e delle poste, a mantenere l’applicazione delle proprie prassi tariffarie da cui sia derivata la compressione dei margini dei suoi concorrenti quantomeno altrettanto efficienti non può, di per sé, eliminare affatto la sua responsabilità ex art. 82 CE.

Difatti poiché, nonostante tali interventi, l'impresa disponeva di un margine di manovra per modificare i propri prezzi al dettaglio per i servizi di accesso agli abbonati, la compressione dei margini le è imputabile. Il carattere scorretto o meno di un comportamento consistente nel non utilizzare detto margine di manovra non può rimettere in discussione la constatazione secondo cui l'impresa disponeva di un margine di manovra per effettuarla, ma può unicamente essere preso in considerazione nell’ambito dell’accertamento dell'illiceità di tale comportamento nonché in sede di fissazione dell’importo delle ammende.

(v. punti 80-85, 88, 89)

5. Porre in dubbio la sussistenza di una sufficiente motivazione di una sentenza del Tribunale costituisce una questione di diritto che può essere, in quanto tale, invocata nell’ambito di un’impugnazione.

(v. punto 123)

6. Per quanto riguarda la questione del carattere doloso o colposo delle infrazioni alle disposizioni sulla concorrenza e della loro conseguente punibilità mediante ammenda ai sensi dell’art. 15, n. 2, primo comma, del regolamento n. 17, tale condizione è soddisfatta qualora l’impresa non possa ignorare il carattere anticoncorrenziale della propria condotta, a prescindere dalla consapevolezza o meno di violare le norme in materia di concorrenza poste dal Trattato.

Tale è il caso di un'impresa del settore delle telecomunicazioni che non poteva ignorare, da un lato, di disporre, malgrado le autorizzazioni dell'autorità di regolamentazione delle telecomunicazioni e delle poste, di un reale margine di manovra per fissare le proprie tariffe al dettaglio per i servizi di accesso agli abbonati e, dall’altro, che la compressione dei margini comportava, tenendo conto della sua posizione monopolistica sul mercato dei servizi all’ingrosso di accesso all’anello locale e della sua posizione quasi monopolistica sul mercato dei servizi al dettaglio di accesso agli abbonati, gravi restrizioni alla concorrenza.

(v. punti 124, 125)

7. L’obbligo di motivazione previsto dall’art. 253 CE costituisce una formalità sostanziale che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, in quanto questa è attinente alla legittimità nel merito dell’atto controverso. Sotto tale profilo, la motivazione prescritta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui l'atto promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo.

L'obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo coinvolte direttamente e individualmente possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto l’accertamento della conformità della motivazione di un atto ai precetti di cui all’art. 253 CE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia.

(v. punti 130, 131)

8. L’art. 82, secondo comma, lett. a), vieta esplicitamente ad un’impresa in posizione dominante di imporre, in modo diretto o indiretto, prezzi iniqui e, in particolare, di porre in essere pratiche tariffarie che producano effetti preclusivi per concorrenti, effettivi o potenziali, di efficienza quantomeno pari alla propria, vale a dire pratiche tali da rendere più difficile, se non impossibile, a questi ultimi l’accesso al mercato, nonché a rendere più difficile, se non impossibile, per i suoi contraenti la scelta tra differenti fonti di approvvigionamento o controparti commerciali, rinforzando in tal modo la propria posizione dominante mediante il ricorso a strumenti diversi da quelli appartenenti ad una concorrenza fondata sui meriti. Su tali premesse, non ogni forma di concorrenza fondata sui prezzi può essere considerata legittima.

Se e in quanto un'impresa in posizione dominante nel settore delle telecomunicazioni dispone di un margine di manovra per ridurre o eliminare tale compressione dei margini dei suoi concorrenti, efficienti almeno tanto quanto essa, mediante la modifica delle proprie tariffe al dettaglio per i servizi di accesso agli abbonati, tale compressione dei margini, considerati gli effetti preclusivi che può produrre per i suddetti concorrenti, è di per sé idonea a costituire un abuso ai sensi dell’art. 82 CE.

Il citato art. 82 CE mira, in particolare, alla tutela dei consumatori garantendo una concorrenza leale. A tal proposito è irrilevante che l'impresa dominante debba aumentare le proprie tariffe al fine di evitare l'abuso.

Tale compressione dei margini, riducendo anzitutto il grado di concorrenza esistente sul mercato, che è quello dei servizi di accesso agli abbonati, già indebolito proprio a causa della presenza di detta impresa, e rafforzando in tal modo la posizione dominante da quest'ultima detenuta sul mercato medesimo, produce parimenti l’effetto che i consumatori subiscono un danno a causa della limitazione delle loro possibilità di scelta e, conseguentemente, della prospettiva di una riduzione, a più lungo termine, delle tariffe al dettaglio per effetto della concorrenza esercitata da concorrenti quantomeno altrettanto efficienti sul mercato medesimo.

Il Tribunale non è minimamente tenuto ad accertare se le tariffe all’ingrosso dei servizi di accesso all’anello locale o le tariffe al dettaglio per i servizi di accesso agli a bbonati siano di per sé abusive in considerazione del loro carattere, a seconda dei casi, eccessivo o predatorio.

(v. punti 172, 177, 180-183)

9. Per valutare se le pratiche tariffarie di un’impresa dominante siano tali da poter eliminare un concorrente in violazione dell’art. 82 CE, occorre accogliere un criterio fondato sui costi e sulla strategia dell'impresa dominante. In proposito, un’impresa dominante non può estromettere dal mercato imprese che possano essere altrettanto efficienti ma che, per via delle loro più modeste capacità finanziarie, siano incapaci di resistere alla concorrenza esercitata nei loro confronti.

Nel caso in cui il carattere abusivo delle pratiche tariffarie di un’impresa dominante risulti dal loro effetto preclusivo nei confronti dei concorrenti di questa, occorre fondare l'analisi relativa al detto carattere abusivo facendo unicamente riferimento alle tariffe e ai costi dell’impresa dominante. Infatti, un criterio di tal genere consente di verificare se un’impresa dominante nel settore delle telecomunicazioni fosse essa stessa in grado di offrire i propri servizi al dettaglio agli abbonati senza operare in perdita, qualora fosse stata previamente obbligata a pagare le proprie tariffe all’ingrosso per i servizi di accesso all’anello locale. Tale criterio è quindi idoneo per determinare se le pratiche tariffarie di un'impresa dominante producano effetti preclusivi nei confronti dei concorrenti per effetto della compressione dei loro margini.

Un approccio del genere risulta tanto più giustificato in quanto esso risulta parimenti conforme al principio generale della certezza del diritto, dato che prendere in considerazione i costi dell’impresa dominante consente a quest’ultima, in considerazione della particolare responsabilità ad essa incombente ex art. 82 CE, di valutare la liceità della propria condotta. Infatti, se un’impresa dominante conosce i propri costi e le proprie tariffe, non conosce, in linea di principio, quelli dei suoi concorrenti.

Tali rilievi non possono essere rimessi in discussione dalla circostanza secondo cui i concorrenti dell'impresa dominante sono soggetti a condizioni giuridiche e materiali meno vincolanti nella fornitura dei loro servizi di telecomunicazione agli abbonati. Infatti tale circostanza, anche ammesso che risultasse provata, non può incidere né sul fatto che un’impresa dominante non può porre in essere pratiche tariffarie idonee ad estromettere dal mercato interessato concorrenti quantomeno altrettanto efficienti, né sul fatto che tale impresa dev'essere in grado, alla luce delle sue particolari responsabilità risultanti dall’art. 82 CE, di determinare essa stessa se le sue pratiche tariffarie siano conformi alla menzionata disposizione.

(v. punti 198-203)

10. Anche se, dal punto di vista dell’abbonato, i servizi di accesso e di comunicazione possono effettivamente costituire un tutt’uno, la Commissione può legittimamente esaminare la sussistenza di una compressione dei margini unicamente a livello dei servizi di accesso, senza includere i servizi di telefonia vocale, in virtù dei principi del riequilibrio tariffario e delle pari opportunità.

A tal proposito non incorre in nessun errore di diritto il Tribunale, se esso prende in considerazione il principio della ristrutturazione tariffaria, scaturente dalla normativa relativa al settore delle telecomunicazioni, al fine di esaminare la fondatezza dell’applicazione operata dalla Commissione dell’art. 82 CE alle pratiche tariffarie abusive di un'impresa dominante. Infatti la normativa relativa al settore delle telecomunicazioni, dato che definisce il quadro giuridico applicabile in materia e che, così facendo, contribuisce a determinare le condizioni di concorrenza in cui un’impresa dominante esercita le proprie attività sui mercati interessati, costituisce un elemento pertinente ai fini dell’applicazione dell’art. 82 CE alla condotta seguita dall’impresa stessa, vuoi per definire i mercati interessati, vuoi per valutare il carattere abusivo di tale condotta o, ancora, per fissare l’importo delle ammende.

Tale rilievo non è rimesso in discussione dal fatto che il principio del riequilibrio tariffario si applica unicamente all’impresa dominante e non ai suoi concorrenti, dal momento che il Tribunale, per determinare il carattere abusivo, riguardo all’art. 82 CE, delle pratiche tariffarie della suddetta impresa dominante, si è fondato sulla situazione e sui costi di essa conformemente al criterio del concorrente altrettanto efficiente.

Conseguentemente il Tribunale, avendo rilevato che il riequilibrio tariffario perseguito dalla normativa dell’Unione in materia di telecomunicazioni doveva tradursi, segnatamente, in una riduzione delle tariffe relative alle chiamate nazionali e internazionali e in un aumento dell’abbonamento mensile e del prezzo delle chiamate locali, poteva legittimamente dedurne che la considerazione distinta delle tariffe di accesso e delle tariffe al dettaglio di telefonia vocale ai fini della determinazione del carattere abusivo delle pratiche tariffarie dell'impresa dominante è contenuta nel principio del riequilibrio tariffario.

(v. punti 221, 223-226)

11. Un sistema di concorrenza leale può essere garantito unicamente se è assicurata la pari opportunità tra i singoli operatori economici

Ciò implica che un’impresa dominante nel settore delle telecomunicazioni e i suoi concorrenti quantomeno altrettanto efficienti siano posti su un piede di parità sul mercato al dettaglio dei servizi di accesso agli abbonati. Questa condizione non è soddisfatta se i prezzi all’ingrosso per i servizi di accesso all’anello locale versati all’impresa dominante non possono essere ripercossi dai concorrenti stessi sui loro prezzi al dettaglio per i servizi di accesso agli abbonati se non offrendoli in perdita.

Infatti dato che, da un lato, il mercato al dettaglio per i servizi di accesso agli abbonati costituisce un mercato distinto e che, dall'altro, i servizi di accesso all’anello locale sono indispensabili ai concorrenti, efficienti almeno tanto quanto la stessa impresa dominante, per poter entrare efficacemente in concorrenza su tale mercato con un’impresa che ivi detiene una posizione dominante derivante ampiamente dal monopolio legale goduto prima della liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni, la realizzazione di un sistema di concorrenza leale esige che tale impresa dominante non possa infliggere, con le sue pratiche tariffarie sul mercato al dettaglio, direttamente ai propri concorrenti quantomeno altrettanto efficienti uno svantaggio concorrenziale su tale mercato, idoneo ad impedire o a restringere il loro accesso al medesimo o a ivi sviluppare le loro attività.

Ciò vale a maggior ragione qualora si tenga presente che, poiché l’eventuale fornitura di altri servizi di telefonia vocale agli abbonati, da parte di tali concorrenti, tramite la rete fissa dell’impresa dominante esige parimenti l’acquisizione dei servizi di accesso all’anello locale presso la medesima, detto svantaggio concorrenziale sul mercato al dettaglio dei servizi di accesso agli abbonati si ripercuote necessariamente sui mercati relativi a tali altri servizi di telecomunicazione. Tuttavia, quest’ultima circostanza non implica che i proventi derivanti da tali altri servizi di telecomunicazione debbano essere presi in considerazione per esaminare se i concorrenti, di efficienza almeno pari a quella dell’impresa dominante, si trovino in una situazione di disuguaglianza riguardo alle condizioni di concorrenza sul mercato al dettaglio dei servizi di accesso agli abbonati. Infatti, tali altri servizi di telecomunicazione ricadono in mercati distinti rispetto a quest’ultimo mercato.

Di conseguenza, si deve constatare che le pratiche tariffarie dell'impresa dominante sul mercato al dettaglio dei servizi di accesso agli abbonati pongono direttamente i suoi concorrenti quantomeno altrettanto efficienti su un piano di disuguaglianza rispetto ad essa stessa su detto mercato, circostanza che implica una compressione dei margini di detti concorrenti riguardo ai servizi d'accesso.

(v. punti 230, 233-236, 240)

12. Vietando lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante sul mercato, là dove ciò possa pregiudicare gli scambi commerciali tra Stati membri, l’art. 82 CE riguarda i comportamenti di un’impresa in posizione dominante che producono l’effetto di ostacolare, con il ricorso a strumenti differenti da quelli insiti nella normale competizione dei prodotti o dei servizi sulla base delle prestazioni degli operatori economici, il mantenimento del livello di concorrenza ancora esistente sul mercato ovvero lo sviluppo della concorrenza stessa. Ne consegue che l’esistenza di una pratica tariffaria di un’impresa dominante, da cui derivi una compressione dei margini dei suoi concorrenti quantomeno altrettanto efficienti, costituisce una pratica abusiva ai sensi dell’art. 82 CE solo se viene fornita la prova dell'effetto anticoncorrenziale.

Per quanto attiene alle pratiche tariffarie di un’impresa dominante nel settore delle telecomunicazioni da cui derivi la compressione dei margini dei suoi concorrenti quantomeno altrettanto efficienti, l'effetto anticoncorrenziale che la Commissione è tenuta a dimostrare riguarda gli eventuali ostacoli che dette pratiche tariffarie hanno potuto causare rispetto allo sviluppo dell’offerta sul mercato al dettaglio o dei servizi di accesso agli abbonati e, conseguentemente, sul livello di concorrenza esistente su questo mercato. Una simile pratica è abusiva ai sensi dell’art. 82 CE una volta che, producendo effetti preclusivi per i concorrenti dell'impresa dominante quantomeno altrettanto efficienti, essa è idonea a rendere più difficile, se non impossibile, l’accesso per tali concorrenti al mercato interessato, rafforzando in tal modo la posizione dell'impresa dominante sul medesimo, a detrimento degli interessi dei consumatori.

Quando un’impresa dominante pone in essere effettivamente una pratica tariffaria che determina una compressione dei margini dei suoi concorrenti quantomeno altrettanto efficienti allo scopo di estrometterli dal mercato interessato, la circostanza che, in definitiva, il risultato perseguito non venga raggiunto non può escludere la qualificazione di abuso ai sensi dell’art. 82 CE. Tuttavia, in assenza del ben che minimo effetto sulla situazione concorrenziale dei concorrenti, una pratica tariffaria siffatta non può essere qualificata come pratica preclusiva quando essa non rende minimamente più difficile la penetrazione di questi ultimi nel mercato interessato.

(v. punti 251-254)

13. La Commissione gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo delle ammende. Tale metodo, delimitato dagli Orientamenti, per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65 del Trattato CECA, prevede vari elementi di flessibilità che consentono alla Commissione di esercitare il proprio potere discrezionale in conformità alle suddette disposizioni. Spetta alla Corte verificare se il Tribunale abbia correttamente valutato l’esercizio, da parte della Commissione, di detto potere discrezionale.

La gravità delle infrazioni al diritto dell’Unione in materia di concorrenza dev’essere accertata in funzione di un gran numero di elementi quali, segnatamente, le circostanze proprie del caso di specie, il contesto in cui questo si inserisce e l’efficacia dissuasiva delle ammende, e ciò senza che a tal fine sia stato redatto un elenco vincolante o tassativo di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione. Tra i fattori che possono entrare nella valutazione della gravità dell’infrazione figurano il comportamento di ciascuna impresa interessata, il ruolo svolto dalla stessa nel porre in essere le pratiche concordate, il vantaggio che essa ha potuto trarre da tali pratiche, la sua dimensione e il valore delle merci in questione nonché la minaccia che infrazioni di questo tipo costituiscono per gli scopi dell’Unione.

(v. punti 271-274)

14. Il fatto che la Commissione abbia inflitto, in passato, ammende di una certa entità per determinati tipi di infrazioni non può impedirle di aumentare tale entità entro i limiti stabiliti dal regolamento n. 17, se ciò è necessario per garantire l’attuazione della politica dell’Unione in materia di concorrenza. L’efficace applicazione delle norme dell’Unione sulla concorrenza implica, infatti, che la Commissione possa sempre adeguare il livello delle ammende alle esigenze di questa politica.

(v. punto 294)